Venturelli, Giaimi e quel chilometro che fa la differenza

24.01.2024
5 min
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Un chilometro in più nel velodromo di Apeldoorn significavano quattro giri oltre il limite della fatica abituale, dato che l’anello olandese misura 250 metri spaccati. E’ questa la distanza in più che sono stati chiamati a percorrere Federica Venturelli e Luca Giaimi, convocati da Marco Villa per gli europei dei grandi.

Non si parla di due atleti qualsiasi, ancorché molto giovani. Venturelli infatti era campionessa del mondo in carica dell’inseguimento juniores (le donne corrono sulla distanza di 2 chilometri), con tanto di record del mondo stabilito a Cali lo scorso anno in 2’15″678. Giaimi invece il record del mondo lo ha fatto registrare ugualmente nel 2023 agli europei di Anadia (gli juniores corrono sulla distanza di 3 chilometri) con il tempo di 3’07″596.

Agli europei 2023, Giaimi ha fatto il record del mondo in semifinale e lo ha poi abbassato in finale: 3’07″596
Agli europei 2023, Giaimi ha fatto il record del mondo in semifinale e lo ha poi abbassato in finale: 3’07″596

Un chilometro in più

Fra gli elite cambia tutto: 3 chilometri di gara per le ragazze, 4 chilometri per i ragazzi. E sebbene avessero fatto prove in allenamento, per i nostri due atleti al primo anno fra gli U23 si è trattato di un battesimo da capire. A monte di tutto, ci era rimasta per la mente la considerazione di Diego Bragato, responsabile dell’Area Performance della FCI.

«Si tratta di atleti così forti – ci aveva detto alla vigilia degli europei di Apeldoorn – che hanno vinto i mondiali del quartetto e dell’inseguimento individuale, da risultare già maturi fisicamente. Abbiamo iniziato a inserirli nelle nuove distanze e abbiamo scoperto che si trovano meglio a fare l’inseguimento con un chilometro in più, piuttosto che con le distanze da juniores. Per come lavoriamo, usciamo sempre alla distanza e quindi quei 4 giri in più per Giaimi e soprattutto per Venturelli sono stati un vantaggio più che un limite».

Federica ha fatto qualche prova sui 3 chilometri durante le sessioni di allenamento a Montichiari
Federica ha fatto qualche prova sui 3 chilometri durante le sessioni di allenamento a Montichiari

A un passo dal podio

E loro come hanno commentato il nuovo sforzo sperimentato agli europei? Entrambi corrono nelle file della UAE e sono all’alba della stagione su strada, con Venturelli che dopo gli europei in pista si è concessa un passaggio nel cross alla Coppa del mondo di Benidorm, chiusa in 21ª posizione (6ª fra le U23), poi forse al mondiale.

«Fare un chilometro in più nell’inseguimento fa cambiare totalmente la gestione della gara – spiega Federica – perché la gara di 2 chilometri non è neanche un vero e proprio inseguimento. L’importante è partire forte, perché è più il tempo che si perde in partenza di quello che si può perdere nell’ultima parte, anche se si rallenta un po’. Passando invece a 3 chilometri, la gestione della gara deve essere totalmente opposta. E’ importante partire non troppo forte, perché al contrario è più il tempo che si può perdere nell’ultima parte se non si riesce a mantenere l’andatura.

Dopo gli europei, Venturelli ha partecipato al cross di Benidorm, piazzandosi come 6ª miglior U23
Dopo gli europei, Venturelli ha partecipato al cross di Benidorm, piazzandosi come 6ª miglior U23

Una gara di resistenza

«E’ una gara più di resistenza – prosegue Venturelli – che forse si addice meglio alle mie caratteristiche. Però sicuramente ho bisogno di fare esperienza sulla nuova distanza. In qualifica, in particolare, sono partita troppo forte. Avevo l’esperienza degli scorsi due anni di inseguimenti di 2 chilometri e non sono riuscita a reggere fino alla fine. Infatti già dopo i primi 2 chilometri ho iniziato a rallentare. In finale invece sono riuscita a gestirla meglio. Sono arrivata all’ultimo chilometro con ancora un po’ di energia, per cercare di aumentare o comunque di non calare come avevo fatto in qualifica. Quindi è andata decisamente meglio. Qualche prova in allenamento l’avevamo fatta, appena ho scoperto che agli europei avrei fatto l’inseguimento».

Venturelli ha chiuso il suo primo inseguimento fra le elite al quarto posto, con il tempo di 3’27″475 (meno di 5″ dal podio): con 1’12” circa di gara più del suo miglior tempo da junior. Ha spinto il 60X15, sviluppo di 8,544 metri, come dire che per compiere il terzo chilometro di gara ha dovuto compiere 117 pedalate in più.

Giaimi ha fatto il suo esordio tra i grandi agli europei, finendo 12° nell’inseguimento
Giaimi ha fatto il suo esordio tra i grandi agli europei, finendo 12° nell’inseguimento

Tattica e condizione

Gli europei di Giami nell’inseguimento individuale si sono chiusi al dodicesimo posto con il tempo di 4’17″379, 1’10” circa per compiere quel chilometro in più: pressoché in linea con la prestazione della collega d’azzurro.

«Il chilometro in più – spiega il ligure – fa tanto la differenza soprattutto sulla gestione dello sforzo. In 3 chilometri ti puoi ancora permettere di partire forte senza avere un calo troppo gravoso nel finale. Sui 4 chilometri è tutto diverso. Bisogna partire con le giuste accortezze, senza forzare troppo. Altrimenti finisce come ho fatto io, che nell’ultimo chilometro ho avuto un calo drastico. L’ideale, da quanto ho appreso in questa mia prima gara, è che per riuscire al meglio bisogna fare una progressione per arrivare agli ultimi giri ancora con gambe e saltare anche l’ultimo chilometro.

Giaimi, come pure Venturelli, dice la sua anche nelle crono: qui all’europeo (che la cremonese ha conquistato)
Giaimi, come pure Venturelli, dice la sua anche nelle crono: qui all’europeo (che la cremonese ha conquistato)

Obiettivo 4’10”

«In allenamento – prosegue Giaimi – mi è capitato di provarlo ed ero alla ricerca della giusta sensibilità, che però purtroppo non ho ancora trovato. Sicuramente provando più volte e con le giuste accortezze, si migliora già di tanto. Tralasciando la condizione fisica, che a gennaio e da primo anno U23, era buona ma non ottimale come altri specialisti della pista. Il mio obiettivo di quest’anno sarebbe arrivare a un 4’10”, ma ci vorranno altre prove, accorgimenti su posizione e materiali, oltre a una condizione fisica ottimale che arriverà sicuramente con il proseguire della stagione».

Giaimi ha corso con il 60×14, sviluppo di 9,154 metri, questo significa che per percorrere il chilometro di differenza ha dovuto compiere 109 pedalate in più.

Come già scritto in un precedente editoriale, la WorldTour della pista azzurra sta lavorando con grande verticalità e notevole efficienza. Non ci stupiremmo affatto se Federica Venturelli di questo passo si ritrovasse, giovane e spaesata, nel trenino azzurro del quartetto alle Olimpiadi di Parigi.

La Bolide di Bianchi all’europeo? La vediamo con Guardini

17.01.2024
4 min
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Matteo Bianchi è nella storia e così anche la sua Bolide. Il primo italiano nella storia a vincere il titolo Europeo nel chilometro da fermo e anche Pinarello si fregia del titolo continentale.

Con Andrea Guardini entriamo nel dettaglio della bici del neo campione Europeo e cerchiamo di analizzare scelte e dettagli.

Vedremo Guardini anche con la casacca dell’Assistenza Tecnica Neutrale Shimano
Vedremo Guardini anche con la casacca dell’Assistenza Tecnica Neutrale Shimano
Come hai vissuto la trasferta europea?

Non ero la con la nazionale, ma è stato bello vedere vincere Matteo. Anche il podio di Moro mi ha emozionato parecchio. Io davanti alla tv a fremere, ma come se fossi stato là nel parterre… Che bello.

Eri a casa da spettatore?

In questa occasione sì. Dicembre e i primi giorni di gennaio mi hanno permesso di organizzare al meglio l’entrata ufficiale nel Servizio di Assistenza Tecnica Neutrale Shimano.

Sei in rampa di lancio, la tua passione per la bici e la meccanica vengono fuori!

Sì, è la mia passione. Una bella avventura, stimolante, motivante, mi voglio mettere in gioco e questa è una grande occasione. Ma la nazionale, inclusa la compagine paralimpica non le voglio sacrificare, per me vuol dire molto anche a livello umano.

Le protesi “orizzontali” non esistono più (foto UEC)
Le protesi “orizzontali” non esistono più (foto UEC)
Torniamo alla vittoria di Bianchi all’Europeo. La sua Pinarello Bolide ha qualcosa di particolare?

Nulla di particolare, diciamo pure che la bicicletta di Matteo fa parte del progetto Tokyo 2021.

Come era stata montata?

Il kit telaio è Pinarello Bolide, una taglia large. Il movimento centrale ha le calotte esterne. Le ruote sono le due lenticolari Campagnolo per i tubolari. Gli pneumatici sono i tubolari Vittoria Pista Oro con sezione da 23. Il manubrio è un progetto Aerocoach con le misure adatte per Bianchi. Ormai è una delle poche sezioni della bici che si possono modificare, ovviamente per rendere il mezzo adatto alle specifiche fisiche del corridore.

Rapporti?

Bianchi ha usato una combinazione 59×14. Le corone sono Miche in alluminio, così come le pedivelle. Il perno passante della guarnitura è di 24 millimetri. E’ stato montato il misuratore di potenza, SRM.

Bianchi ha un setting aggressivo, ma non estremo (foto UEC)
Bianchi ha un setting aggressivo, ma non estremo (foto UEC)
A quale pressione vengono gonfiati i tubolari?

Si utilizza un range di pressione compreso tra le 15 e 17 atmosfere, con l’ultimo controllo effettuato circa 20 minuti prima dello start.

Anche in pista c’è la tendenza di scaricare la sella tutta in avanti?

Sì, anche in pista come su strada la tendenza è quella di caricare il peso del corridore in avanti e molto sul piantone. Questo porta ad un avanzamento importante della sella. Con Matteo siamo al limite UCI, previsto a 5. Anche in pista ritroviamo gli attacchi più lunghi, soprattutto se facciamo un confronto con il passato.

Quanto pesa una bici come questa?

Circa 7,5/7,8 chilogrammi. Una grande variabile è legata all’utilizzo delle appendici.

La Bolide di Ganna datata 2021
La Bolide di Ganna datata 2021
E’ lecito dire che le Pinarello Bolide della Nazionale di oggi ruotano attorno attorno al progetto della bici di Ganna?

Sicuramente sì, un progetto evoluto che arriva dalle Bolide di Ganna, con le dovute personalizzazioni. Ma è necessaria una precisazione. La Pinarello Bolide di Bianchi è quella con la forcella grande e gli steli più voluminosi a differenza di quella usata dagli inseguitori che hanno la versione con i foderi più sottili.

Quanto tempo serve per mettere un coriddore su una bici da pista?

Non c’è una sola risposta, nel senso che oltre agli studi, l’ultima parola l’ha il corridore. E’ lui che deve stare sulla bici e fare la prestazione. Le sensazioni che trasmette agli staff e il suo feeling giocano un ruolo fondamentale ancora oggi, dove la tecnologia è entrata ovunque.

Pacchetto Miche e power meter SRM, la catena è specifica per la pista e rinforzata
Pacchetto Miche e power meter SRM, la catena è specifica per la pista e rinforzata
Il picco di watt di Bianchi?

Intorno ai 1.800 watt, 1.850 in partenza, ma per un atleta come lui è importante il wattaggio medio sul chilometro, che si attesta intorno agli 850 watt.

Atleti del genere mettono a dura prova bici e componenti in genere?

Eccome, ma i materiali usati oggi sono molto differenti da quelli usati anni addietro, direi migliori per efficienza e capacità di sostenere le performance. I corridori esprimono potenze da fenomeni. Poi ci siamo noi meccanici che dobbiamo utilizzare delle accortezze e attenzioni particolari. Tutto deve funzionare alla perfezione, non ci devono essere margini di errore e la cura al dettaglio è diventata maniacale.

EDITORIALE / L’Italia e la WorldTour della pista

15.01.2024
6 min
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L’Italia ha una squadra WorldTour: è quella della pista e funziona anche bene. Lo abbiamo appena sentito dalle parole di Salvoldi: il futuro del settore è in buone mani. Di certo lo si deve alle mamme dei ragazzi e alle loro società, ma anche al metodo di lavoro inaugurato con l’arrivo di Dino fra gli juniores e di Bragato alla guida del team performance federale. Il discorso va ovviamente allargato alle donne junior, seguite su pista direttamente da Villa. Sarà pure l’uovo di Colombo, ma avere lo stesso occhio tecnico in modo verticale, permette di fornire agli atleti un metodo di lavoro coerente, come accade appunto nei team WorldTour con i rispettivi devo team.

La presenza di Luca Giaimi (in apertura con Villa, durante l’inseguimento chiuso in 12ª posizione), Matteo Fiorin e Federica Venturelli agli europei di Apeldoorn, cui potremmo aggiungere anche Davide Boscaro con i suoi 23 anni, conferma che con il giusto metodo di lavoro, non è detto che la giovane età sia per forza un limite.

«Il coinvolgimento di questi giovani – ci ha confermato qualche giorno fa Bragato – andrà avanti fino a ridosso delle Olimpiadi, poi sarà fatta la selezione e ci saranno solo quelli che andranno a Parigi. Quando siamo a Montichiari per allenarci, i giovani da un lato servono anche come sparring partner, perché atleti che sanno girare a certi ritmi, anche se non per tutta la prova, ci aiutano in certi tipi di lavoro. Al contempo per loro è una grande esperienza, perché per ragazzi così giovani che fino a qualche giorno prima erano juniores, girare con probabili olimpici e con campioni olimpici è una grandissima scuola».

Gli sponsor inesistenti

In realtà però una WorldTour non ce l’abbiamo e neanche se ne scorgono all’orizzonte. Nei giorni scorsi abbiamo sentito svariate voci sul perché gli sponsor (italiani) più grandi stiano alla larga dalla strada. Più passa il tempo e più ci convinciamo del fatto che il fantasma del doping, che per anni ha inciso sicuramente sulle scelte, sia ormai un pretesto poco credibile. Durante la presentazione del Team Polti-Kometa tre opinioni ci hanno davvero incuriosito.

La prima è venuta da Contador, in risposta alla domanda sulla differenza fra le squadre di un tempo e le corazzate di adesso. «C’è stato un cambio grande – ha risposto lo spagnolo – negli anni 90 bastava una famiglia appassionata e nasceva la squadra. Ora per fare una WorldTour serve avere una multinazionale, con interessi globali. E’ difficile tornare a com’era prima, ora si guarda al ritorno dell’investimento, perché il ciclismo è globale ed è arrivato anche in Paesi dove prima non c’era».

A Contador si è aggiunta la voce del suo sponsor Giacomo Pedranzini, di casa Kometa. «Il ciclismo funziona – ha detto – non credo che giganti come Lidl e Jumbo abbiano investito per il gusto di partecipare, ma perché le squadre che affiancano sono per loro un veicolo importante. In Italia questi grandi sponsor ci sono. Se restiamo nell’ambito della grande distribuzione, ci sono colossi come Esselunga oppure Conad e Coop che potrebbero benissimo trarne vantaggio».

Sul tema ha detto la sua anche Francesca Polti: «Come detto – ha spiegato durante l’evento – nel fare l’analisi sul perché non rientrare, abbiamo trovato solo voci favorevoli al rientro. Non credo che il tema del doping sia più sul tavolo, visti i tanti controlli cui le squadre sono sottoposte. La nostra speranza, che è anche una certezza è di trarre grande visibilità dal ritorno in gruppo, sperando di ispirare anche altre aziende. Siamo una multinazionale tascabile, nel senso che siamo a misura d’uomo, ma siamo anche in tutto il mondo. Magari non subito, ma credo e spero che durante il Giro d’Italia qualcuno inizi a mostrare interesse».

Se Francesca Polti ha ragione, l’estate potrebbe mostrare segni di risveglio negli sponsor italiani
Se Francesca Polti ha ragione, l’estate potrebbe mostrare segni di risveglio negli sponsor italiani

Tasse e fatture

Quasi contemporaneamente, confermando quello che ci aveva detto Philippe Mauduit, in un’intervista a Velo101 Marc Madiot ha risposto all’ipotesi di Lappartient di fissare un tetto agli ingaggi.

«I politici sono fatti per fare promesse – ha detto – ma a volte hanno grandi difficoltà a mantenerle. Però abbiamo anche un altro problema. Il costo del lavoro in Francia è più alto che altrove, abbiamo il 30% in più di tasse. Anche questo va tenuto in considerazione. Siamo nell’ultimo terzo delle squadre in termini di budget e abbiamo anche il 30% di spese in più. Se pur trovandoci in queste situazioni, abbiamo chiuso il 2023 come settima squadra nel mondo, vuol dire che abbiamo fatto un buon lavoro».

Qui da noi ci si sveglia solo quando la Finanziaria tocca i privilegi delle squadre di calcio: in quel caso i principali organi di informazione, per evidenti e mai negati conflitti di interesse, scoprono che il sistema fiscale italiano penalizza le società sportive di tutti i livelli. Il Governo ha cancellato gli sgravi fiscali per diverse categorie di lavoratori provenienti dall’estero, compresi gli sportivi. I club del calcio verranno dunque tassati più che nel recente passato e dovranno forse rivedere le loro strategie di mercato.

Forse è questo il motivo per cui si fa fatica a creare una squadra in Italia? Oppure una volta, oltre alla passione delle famiglie, la possibilità di fare fatture gonfiate rendeva il ciclismo un boccone appetibile?

Il ruolo verticale di Bragato permette di dare coerenza alle carriere degli atleti
Il ruolo verticale di Bragato permette di dare coerenza alle carriere degli atleti

La WorldTour della pista

Allora è meglio tornare col pensiero alla nostra WorldTour della pista, perché ci piace nell’anno olimpico raccontare quel che c’è di buono nel ciclismo italiano, cioè è la capacità di individuare il talento e valorizzarlo. Il coinvolgimento dei ragazzi negli eventi della nazionale maggiore, approfittando dell’assenza di quelli impegnati al Tour Down Under, trasmette lo stesso gusto di Alfredo Martini, che convocava sempre nelle sue squadre di campioni uno o due giovani di sostanza, fosse anche perché facessero le riserve.

«La regola generale – spiegava ancora Bragato – potrebbe prevedere che per questi ragazzi si aspetti la maturazione fisiologica. Il fatto è che si tratta di atleti così forti, che hanno vinto i mondiali del quartetto e dell’inseguimento individuale, da risultare già maturi fisicamente. Abbiamo iniziato a inserirli nelle nuove distanze e abbiamo scoperto che si trovano meglio a fare l’inseguimento sui 4 chilometri piuttosto che sui 3. Per come lavoriamo, usciamo sempre alla distanza e quindi il chilometro in più per Giaimi e soprattutto per Venturelli è stato un vantaggio più che un limite».

Quanto costa fare una squadra come la WorldTour della nazionale? Quanto costerebbe renderla attiva per tutta la lunghezza del calendario? Sono i numeri che davvero interessano chiunque voglia fare del ciclismo il proprio biglietto da visita. Abbiamo i corridori, i tecnici, i preparatori, i nutrizionisti, i dottori, i massaggiatori, i meccanici e i produttori di biciclette. Non ci manca niente, forse solo un po’ di coraggio.

L’oro di Bianchi, gigante buono, lancia la rincorsa a Parigi

12.01.2024
6 min
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Matteo Bianchi è stato il primo italiano nella storia del ciclismo a vincere il titolo europeo nel Chilometro da fermo. Considerando che il settore velocità azzurro era da anni sott’acqua e che solo di recente, con l’intuizione di Villa di coinvolgere Quaranta, ha ripreso vigore, il segnale è notevole a prescindere dalla medaglia che da ieri sera risplende al collo dell’atleta bolzanino. La rincorsa è nel pieno, i progressi sono tangibili e, andando ad approfondire, anche nelle prove veloci ormai è tutto un fatto di tattica e tecnica, calcoli e proiezioni. Lo è sempre stato, ma dominare la materia fa sì che anche l’Italia sia ormai degna di un posto al tavolo dei grandi.

Quaranta ha la voce delle feste più belle, come quando batteva Cipollini al Giro d’Italia. Come quando, poco più giovane di Bianchi, vinse il mondiale juniores della velocità.

«Intendiamoci – dice – si è parlato tanto, quando questi ragazzi avevano solo bisogno di riferimenti. Il DNA dell’uomo italiano è ancora veloce, io vengo dalla velocità, certe cose non cambiano. Bisognava solo rimboccarsi le maniche. I complimenti vanno fatti agli atleti, io al massimo li ho ispirati, ma la fatica sulla bici la fanno loro».

Alle spalle di Bianchi sul podio, l’olandese Kool e il francese Landerneau
Alle spalle di Bianchi sul podio, l’olandese Kool e il francese Landerneau
Andiamo con ordine: che differenza c’è fra sapere di meritare una medaglia e vincerla?

Una grossa differenza. A volte i sogni si avverano. Abbiamo messo insieme un bel gruppo, in cui ognuno sta diventando forte per le sue caratteristiche. Bianchi, certo, ma anche Napolitano, Predomo e gli altri. Già prima della qualifica, sapevamo di poter prendere una medaglia, Matteo era già arrivato secondo a Monaco. L’assenza di Hoogland aveva liberato un posto sul podio. Poi è venuto il miglior tempo in qualifica, ma quello è indicativo fino a un certo punto.

In che senso?

Nel senso che si usano rapporti diversi, non si spinge a tutta. Da quando il Chilometro si disputa su due prove, vince chi recupera meglio. Se fai subito un tempone e poi te lo trovi nelle gambe, non ti serve a niente. Sanno tutti che la prima prova viene meglio, anche se sei più agile. Forse se Mattia avesse usato un dente in meno, avrebbe potuto fare il record italiano, però magari l’avrebbe pagata nella seconda prova. La medaglia la vince chi peggiora meno: sembra strano da dirsi, ma funziona così.

Come ha passato il tempo fra la prima e la seconda prova?

L’ho visto tranquillo, sapeva di essere fra quelli che se la giocavano, ma non credevamo di vincere. Era già arrivato secondo dietro Landerneau, il francese che ha preso il bronzo. E poi c’èra Kool, l’olandese che correva in casa. Cosa ne sai se mette sotto il padellone e spara un tempo mondiale? Noi sapevamo che Bianchi è migliorato molto. In questo mondo di numeri, sapevamo che ce la saremmo giocata. Per cui non è voluto tornare in hotel e ha messo in atto il protocollo di defaticamento e recupero che abbiamo studiato. E’ stato anche dall’osteopata, poi ha atteso sul pullman.

Adesso si deve ragionare sulla velocità olimpica, che non è solo la somma di tre velocisti…

No, è molto più complessa. Per un tecnico è la specialità più difficile. Ci sono tre corridori diversi con tre rapporti diversi. Se il primo è troppo agile, mette in crisi il secondo, che a sua volta mette in crisi il terzo. Siamo arrivati a meno di 30 centesimi dai tedeschi, che girano da due anni su questi tempi, mentre noi gli abbiamo guadagnato terreno in continuazione. Peccato che non abbia funzionato bene il cambio fra Bianchi e Predomo, perché avremmo potuto limare 10 centesimi. Ma sono giovani, gli altri girano così forte da anni…

Cosa si può fare per puntare alla qualifica olimpica?

Io voglio sempre vincere, ma va bene così. Dobbiamo lavorare sul nostro tempo, sapendo che il gap non è più altissimo come tre anni fa. Fra qualche anno con questi ragazzi parleremo di medaglie fra gli elite, ma teniamo conto che abbiamo cominciato il ciclo olimpico con Predomo che era ancora junior. C’è una cosa che mi scoccia, che tutti i più forti sono in Europa e quindi col nostro tempo rischiamo di stare fuori. Mentre per la Cina basta a vincere nel circuito Asiatico e al Canada per qualificarsi in quello americano. Ma la nostra rincorsa resta entusiasmante.

Come si fa per qualificarsi?

Con i ragazzi restano le quattro prove di Coppa, mentre Miriam Vece è qualificata al 99 per cento. Le prime due prove di Coppa, sin dalla prossima in Australia, avranno un livello pazzesco. Nelle ultime due, soprattutto a Milton, andranno a giocarsela quelli che devono qualificarsi. E con loro non ci sono storie: dobbiamo vincere. Bisognerà fare 43.200-43.300. Ci stiamo avvicinando, lavorando sulla preparazione e sui materiali. Non so come finirà per Parigi, ma se devo essere eliminato, spero di non finire 15°, ma di essere il primo fra gli esclusi. Almeno ci darebbe una motivazione in più per puntare alla prossima volta. Ora si festeggia, domenica si parte per l’Australia: questo sarà un anno ad altissima tensione.

Europei pista, azzurri all’80 per cento. Parla coach Bragato

11.01.2024
6 min
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Il mare non è lontano e nemmeno il confine con la Germania. Fuori dalla Omnisport Arena di Apeldoorn il vento è gelido, ma non c’è l’umidità che in Italia renderebbe la temperatura impossibile da sopportare. Diego Bragato ha appena concluso un’altra sessione di allenamento in pista con gli azzurri e racconta che, quando a breve andrà verso l’hotel, fare quei pochi passi non sarà poi così drammatico.

Per il responsabile del settore performance della Federazione è iniziato l’anno più importante, quello per cui sinora si è lavorato, progettato, programmato: l’anno delle Olimpiadi di Parigi 2024. I campionati europei su pista sono il primo passo, anche se le grandi manovre sono riprese ufficialmente con il ritiro di Noto e sono andate avanti per tutto il periodo delle Feste

Europei a gennaio, come avete gestito l’avvicinamento?

Abbiamo lasciato che ragazzi e ragazze staccassero, perché la stagione 2023 è stata lunghissima. Con alcuni abbiamo fatto un primo periodo a Calpe, mentre altri erano in zona con le squadre e per questo ci siamo fatti vedere nei loro ritiri, per trovarci, programmare e parlare. Quindi abbiamo fatto due blocchi in pista: poco prima di Natale, fino al 23 dicembre, e poi dal 27 al 31, dove abbiamo cominciato a mettere insieme i vari pezzi.

In che modo hanno lavorato i ragazzi e le ragazze che erano con le squadre, perché la preparazione su strada fosse funzionale alla pista?

Ormai si inseriscono lavori specifici anche nei primi ritiri. Una parte di intensità non per forza in funzione pista, ma a quello abbiamo provveduto noi a Montichiari. Quello che ci premeva era che ci fosse lavoro in palestra, dall’inizio del programma e in maniera abbastanza decisa. Avevamo bisogno che quei volumi ci fossero e per questo ho seguito personalmente i ragazzi e le ragazze.

Si è trattato di uno strappo richiesto alle squadre oppure la palestra fa parte anche della loro routine?

In realtà tutte le squadre si stanno allineando su questi aspetti, anche se noi chiediamo qualcosa in più. Più che altro, nell’affrontare i lavori di intensità, abbiamo tenuto in considerazione il periodo dell’anno. Non potevamo fare i soliti volumi, non avendo il fondo delle gare, quindi li abbiamo ridotti prevedendo tempi di recupero adeguati.

La sensazione di Bragato era azzeccata: azzurre oro nel quartetto con Fidanza, Paternoster, Balsamo e Guazzini
La sensazione di Bragato era azzeccata: azzurre oro nel quartetto con Fidanza, Paternoster, Balsamo e Guazzini
Questo inciderà sulle prestazioni degli azzurri qui agli europei?

Ne risentiranno di sicuro, non abbiamo atleti al top ed è normale che sia così. Siamo intorno a un 80 per cento e misurarci con gli altri ci permetterà di raccogliere delle utili informazioni. Le nazionali che invece non devono programmare una stagione su strada fatta di Sanremo, Roubaix e Giro d’Italia e possono preparare solo eventi su pista, si troveranno avvantaggiate. Parlo dei danesi e altre squadre che non hanno un calendario su strada come Ganna, Milan oppure Balsamo e Guazzini, Paternoster e Consonni, fratello e sorella. Noi dobbiamo per forza mettere assieme strada e pista, quindi sappiamo cosa abbiamo fatto e vediamo quanto vale in gara.

La Francia a dicembre era già sul Teide…

Secondo me hanno fatto un blocco di lavoro importante, anche perché fino a domenica scorsa hanno avuto i campionati nazionali e ho visto prestazioni interessanti. Secondo me sono arrivati qui forti, probabilmente per costruire un primo picco e averne poi un altro per le Olimpiadi.

Dopo i mondiali si è dovuto mettere il punto sulla partecipazione delle ragazze ai vari stage di allenamento.

Il passo falso di Glasgow è servito a noi per aggiustare il tiro e a loro per capire a che punto fossero e dove possiamo andare. Ora c’è tutto un altro clima, sin dall’inizio della stagione e si è visto (le ragazze proprio stasera hanno vinto l’oro nel quartetto battendo la Gran Bretagna, ndr).

Viviani, Ganna e Moro sono in Australia e faranno la prima prova di Nations Cup: avrebbe fatto comodo averli qui agli europei?

Fare una corsa a tappe su quei percorsi, seguita da una da un full immersion in pista è un buonissimo lavoro. Mi dispiace non aver messo assieme qui i 5-6 Probabili Olimpici, come invece abbiamo fatto con le ragazze, però nel giro di un mese riusciamo a vedere quasi tutti sul campo, quindi va bene così.

Ad Apeldoorn ci sono anche i velocisti di Ivan Quaranta, il cui percorso di preparazione è a se stante
Ad Apeldoorn ci sono anche i velocisti di Ivan Quaranta, il cui percorso di preparazione è a se stante
Successivi momenti di verifica ci saranno nelle varie prove di Nations Cup?

Purtroppo le Coppe sono nel periodo delle classiche, quindi sarà difficile. Con le ragazze riusciremo a fare bene l’ultima prova a Milton, con i ragazzi invece no, perché tra il Belgio e la preparazione del Giro non si riuscirà a prevedere trasferte con il gruppo unito. Lavoreremo a Montichiari, con ritiri in altura e tutto quello che abbiamo programmato da Milton fino alle Olimpiadi. In ogni caso per tutti resta la necessità di mantenere la palestra: è troppo importante visti gli standard cui puntiamo.

A margine di tutto c’è il lavoro sui materiali, che compete anche a te, giusto?

Allo staff performance, esatto. Insieme a Pinarello, abbiamo fatto un gran bel lavoro di test sulle bici. Loro ci hanno proposto delle soluzioni e noi abbiamo scelto. Idem con Vittoria per le gomme, stiamo collaborando per capire quale sia l’assetto migliore per pressioni e scelta fra tubolari o tubeless. Si valuta soprattutto la scorrevolezza, che varia a seconda delle specialità. 

Quanto conta la sensazione dell’atleta da questo punto di vista?

Tantissimo, il feeling è fondamentale. Certe volte arriviamo a delle situazioni in cui dal punto di vista numerico le differenze sono minime ed è il loro feedback che guida la scelta. E dirò di più, se anche non partiamo dai numeri ma dalle loro sensazioni, una volta che si fanno i test scientifici, si scopre che i numeri confermano i feedback degli atleti. 

Tubeless o tubolari?

La teoria è la stessa che si usa su strada, ma qui ci sono masse, velocità e un terreno completamente diverso, quindi serve qualcosa che nasca appositamente per la pista. Stiamo ancora valutando, ma qui usiamo i tubolari, anche perché le ruote e i telai che abbiamo non permettono ancora il tubeless. E comunque sono test che si fanno in allenamento e non in gara.

Quindi ad Apeldoorn non si usano le bici nuove?

Manca una settimana circa perché ci arrivino tutte. Derivano dalla bici del record di Ganna, ma non posso dire altro perché Pinarello ci tiene a uscire con una sua comunicazione. Però i ragazzi hanno apprezzato molto la novità. Abbiamo fatto delle prove con gli accelerometri per vedere come si comporti il telaio in ogni situazione e siamo molto contenti. Telai e anche nuovi manubri: cambia tutto.

Guarniture ancora Miche?

Esatto, senza variazioni di lunghezza della leva, come invece so che accade su strada. Abbiamo lasciato la scelta alla sensazione dell’atleta, supportato anche dei dati della galleria del vento, ma tutti su questo fronte hanno confermato la loro scelta.

Samuele Bonetto: «Tra strada e pista quante emozioni nel 2021»

09.02.2022
5 min
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Il primo anno da under 23 è il più complicato, si approccia un mondo nuovo fatto di avversari forti e metodi di allenamento diversi. Samuele Bonetto, appena approdato alla Zalf Euromobil Desirée Fior (in apertura foto Instagram – PhotoRS), nonostante i cambiamenti ha il morale a mille.

E come dargli torto dopo il 2021 che ha vissuto? Il giovane trevigiano ha assaporato per la prima volta il parquet dei velodromi ed è subito andato forte: una medaglia d’oro nell’inseguimento individuale al mondiale in Egitto e all’europeo di Apeldoorn in Olanda.

Samuele Bonetto neo campione mondiale junior d’inseguimento e Andrea Violato, medaglia di bronzo
Samuele Bonetto neo campione mondiale junior d’inseguimento e Andrea Violato, medaglia di bronzo
Partiamo dalla strada, come vivi questo passaggio di categoria?

Essendo un cambio forzato ero mentalmente pronto. E’ una categoria in cui cambiano tante cose: le distanze, il dislivello, la velocità e, cosa non meno importante, gli avversari.

Anche i compagni, ora sei alla Zalf, il primo approccio com’è stato?

Mi sono trovato subito bene, essendo trevigiano indossare la maglia della Zalf è davvero un grande onore ed un’emozione. Con i compagni mi trovo bene, sono gentili, simpatici e sempre pronti a dare una mano. Anche con lo staff ed i dirigenti mi trovo a mio agio. Devo dire che è un ambiente molto familiare dove nessuno mi mette eccessiva pressione.

La Zalf è una squadra che punta molto sull’esperienza dei corridori elite, con loro il rapporto com’è?

E’ bello avere accanto corridori che hanno tanta esperienza nella categoria, mi danno dei consigli su come approcciarmi al mondo degli under 23… A volte ho dei dubbi su come allenarmi o su come fare dei lavori specifici e posso tranquillamente chiedere a loro.

Samuele Bonetto ha corso i due anni da juniores nella UC Giorgione, qui la vittoria alla terza tappa del Giro del Friuli (foto Scanferla)
Samuele Bonetto ha corso nella UC Giorgione, qui la vittoria alla terza tappa del Giro del Friuli (foto Scanferla)
Cambiano anche i rapporti, passi dal 52 al 53 davanti e dal 14 all’11 dietro, come ti se trovato?

Devo dire che pensavo fosse peggio. Con questi rapporti si sviluppa una pedalata diversa, fatta più di “gamba”. Hai bisogno di maggiore potenza. Avendo fatto pista nel 2021 però avevo già provato rapporti simili.

Su pista con che rapporti hai gareggiato?

Agli europei il 58×14, mentre ai mondiali in Egitto avevo il 64×16.

Come mai questa differenza?

Parto ancora piano dai blocchi e quindi si era optato per un rapporto un po’ più leggero ma si è visto che arrivavo troppo in fretta al numero massimo di pedalate. Nelle qualificazioni dei mondiali avevo il 63 e Bragato, che mi ha visto pedalare, mi ha detto di mettere il 64 e devo dire che mi ha aiutato.

Samuele Bonetto ha corso la prova a cronometro degli europei e dei mondiali nel 2021, dove ha ottenuto un 5° ed un 9° posto
Samuele Bonetto ha corso la prova a cronometro degli europei e dei mondiali nel 2021: ha ottenuto un 5° ed un 9° posto
Ma partiamo dal principio, tu in pista ci sei salito solamente nel 2021

Inizialmente in pista non ci volevo andare, mi faceva troppa paura: lo scatto fisso, l’assenza dei freni, il pendio della pista, le balaustre… Ce ne ha messo di tempo Marco Villa per convincermi a provare (dice ridendo, ndr).

Su cosa ha fatto leva Marco Villa?

Sulla mia curiosità di fondo, nonostante avessi paura comunque mi spingeva un senso di curiosità e di voglia di scoprire. Marco mi ha detto che mi avrebbe provato agli europei e poi avremmo visto passo dopo passo dove saremmo arrivati…

Quando però hai indossato la maglia iridata che emozioni hai provato?

E’ il sogno di ogni ragazzo che corre in bici, in qualsiasi disciplina. Quando mi sono visto allo specchio mi sono scese anche due lacrime, tra mondiali ed europei ho provato un mix di emozioni difficilmente ripetibili.

Oggi con la Zalf è partito per il terzo ritiro stagionale, l’ultimo in vista dei primi appuntamenti in gara (foto Instagram – PhotoRS)
Oggi con la Zalf è partito per il terzo ritiro stagionale, l’ultimo in vista dei primi appuntamenti in gara (foto Instagram – PhotoRS)
In un solo anno hai ottenuto tanto, dove pensi di poter migliorare ancora?

Tanto e in tanti ambiti, la partenza su tutti. Mi piacerebbe fare anche l’inseguimento a squadre, mi piace lo spirito di gruppo, ma devo imparare a stare a ruota. Sembra facile ma non lo è. Serve affiatamento e tanta capacità di guidare il mezzo.

Nella nuova stagione sei già tornato in pista?

Ho partecipato al ritiro a Gran Canaria con la nazionale, è stata la prima volta che ho pedalato con gli elite. Ho vissuto un’emozione fortissima: avere accanto Ganna, Lamon… Ho avuto modo di confrontarmi con loro, anche se non facevo domande mi davano consigli e suggerimenti anche sulle piccole cose e questo è davvero speciale. Nonostante abbiano vinto tutto sono umili e disponibili. E questo aiuta a creare un bel gruppo dentro e fuori dal velodromo. Sono stato dieci giorni, ma sono davvero volati.

Gli obiettivi del 2022?

In pista ci ho preso gusto e voglio portarla avanti bene, impegnandomi ed allenandomi sempre al massimo. Su strada l’esordio ufficiale non so ancora di preciso quando avverrà. Oggi siamo partiti per il terzo ritiro con la squadra e stabiliremo qualche corsa. Non ho fretta, il bello deve ancora venire.