Punto juniores, perché la nazionale non viaggia più?

13.09.2021
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E’ tutto un ribollire, una storia di pressioni e scarsa visione, solo che finora non se ne era accorto nessuno. La categoria juniores è nell’occhio del ciclone e non per una speculazione giornalistica. E’ bastato far notare che dalle medie si può passare dritti all’università del ciclismo (quindi da junior si può finire in una professional o in continental e di qui dritti al professionismo) per rendersi conto che si rischia ogni anno di mandare di là ragazzi non ancora pronti. Che vengono fatti correre oltre il dovuto, pensando alla performance e poco alla formazione. Quando poi sul mucchio ha sparato De Candido dopo gli europei, si è capito che le pressioni non si fermano all’ambito ristretto delle squadre, ma probabilmente nascono più in alto. Da un modo di inquadrare e gestire il movimento che non è più in linea con i tempi.

Secondo Bardelli, il confronto con il suo Svrcek ha aiutato tanti juniores italiani a crescere
Secondo Bardelli, il confronto con il suo Svrcek ha aiutato tanti juniores italiani a crescere

«Sono vent’anni che faccio gli juniores – dice Andrea Bardelli del Team Franco Ballerini – e sono vent’anni che sento De Candido fare gli stessi discorsi. Dei corridori che devono prendere più vento in faccia. Che sono viziati. E che fanno solo le corse del campanile. Noi quest’anno abbiamo corso in Austria, in Francia e in Slovacchia. Proprio ora sto mandando i bollettini per la Parigi-Roubaix, ma la nazionale italiana non l’abbiamo mai vista. Siamo gli unici ad avere il tecnico stipendiato. Come mai, visto che ad esempio in Austria ti pagavano tutto?».

Lo stress non aiuta

Si apre un altro capitolo e noi siamo pronti, per dare alla nuova federazione gli spunti necessari per riformare e gestire una categoria da cui dipende il futuro del professionismo. Lo ha detto Andrea Morelli e lo ha ribadito ieri Ivan Basso alla Coppa d’Oro: lo stress nelle categorie giovanili impedisce il trend di crescita dell’atleta. E non possiamo proprio permetterci di perdere per strada dei talenti a causa di tecnici che spingono troppo.

Nel gruppo degli juniores ci sono atleti seguiti bene e altri al centro di troppe pressioni (foto Scanferla)
Nel gruppo degli juniores ci sono atleti seguiti bene e altri al centro di troppe pressioni (foto Scanferla)
Siete davvero fra i pochi…

Siamo gli unici, grazie a Citracca e Scinto che ci danno la logistica e qualche soldo per fare le nostre trasferte. Girando per l’Europa si vedono tante cose. Ci siamo resi conto che i francesi nelle loro gare corrono senza i rapporti limitati. Noi non li abbiamo cambiati e ci andavano via in pianura e in discesa. Chiaro che quando poi vengono al Lunigiana, hanno quel guizzo di potenza in più che gli permette di fare la differenza in salita.

Si dice che da noi alcune squadre facciano allenare gli juniores con il 53×11…

Lo so anche io, ma noi non lo facciamo. E non sono a favore dell’apertura dei rapporti. A me va bene la limitazione, ma bisogna ragionare di tutto. Andare a vedere per capire. Gregoire che ha vinto l’europeo ha la doppia tessera, grazie alla federazione francese. Corre con la sua squadra di club e va a fare le trasferte con la AG2R, che prende i migliori da tutta Europa, al punto che quest’anno ha già fatto più di 60 corse. Confrontarsi con loro non è sempre utile, perciò prima di sparare sui ragazzi bisognerebbe sapere chi hanno davanti.

La prova dei nostri juniores a Trento non è dipesa soltanto dalla loro… distrazione
La prova dei nostri juniores a Trento non è dipesa soltanto dalla loro… distrazione
Secondo te perché la nazionale non fa più le trasferte di un tempo?

Bisognerebbe capirlo, soprattutto quelle pagate. La Coppa delle Nazioni ormai è ridotta a due sole prove e una non l’abbiamo fatta. Il confronto fa crescere. Credo che doversi confrontare tutte le settimane con il nostro Martin Svrcek abbia fatto bene anche ai corridori italiani. Se ieri Pinarello ha vinto il Buffoni (in apertura il veneto vince a Monte Corno, foto Scanferla, ndr) è anche grazie a questo confronto ad alto livello. Per cui, se non andiamo fuori noi, permettiamo agli stranieri di venire a correre in Italia.

Si potrebbe pensare che siano discorsi di uno che vuole fare risultati fini a se stessi…

Ma è l’esatto opposto. Stiamo portando Martin in giro per l’Europa perché passerà in una WorldTour e deve essere pronto. Ma qualsiasi ragazzo che vada a correre fuori impara come si sta in un albergo e cosa sia la borsa del freddo. Il problema di chi li spreme è nel direttore sportivo. Se ne trovi uno che li porta a fare 20 corse al mese, la Federazione deve intervenire. Limitare il numero di corse. Durante l’inverno si parla di salvaguardare i talenti, poi invece…

Cosa?

E poi scopri che fino a cinque giorni prima dell’europeo non sai chi lo correrà. Stessa cosa per il mondiale. La Francia aveva individuato a giugno il gruppo di lavoro, coni ragazzi per europei e mondiali. E non c’entra il fatto delle corse di campanile.

Il livello di prestazione fra gli juniores non vale quanto costruire una buona esperienza (foto Scanferla)
Il livello di prestazione fra gli juniores non vale quanto costruire una buona esperienza (foto Scanferla)
Il confronto superiore aiuta di certo, però.

Ma cosa devono fare i ragazzi? Se i direttori sportivi sono vecchi e non ci pensano oppure non hanno budget, la colpa è degli atleti? Allora perché non raccogliere un po’ di soldi dalle professional italiano per mandare a correre all’estero gli italiani migliori? Trovo io le corse. Ma i corridori ci sono. lo stesso Svrcek me lo dice sempre.

Cosa ti dice?

Che ci sono almeno sei o sette italiani di altissimo livello.

Ma allora il punto è cosa si vuole da uno junior…

Esatto, la mia domanda da un pezzo. Lo vuoi tutelare? Allora non lo porti a fare il mondiale in pista e poi a correre su strada senza dargli riposo. Lasciamo stare le prestazioni della domenica e facciamoli crescere globalmente. Con le gambe e con la testa. Io non so se cambierà qualcosa e se la Federazione sarà gestita come un’azienda. Ma gli juniores non si possono gestire come operai. Di questo sono sicuro.

Correre all’estero serve e si può fare. La Ballerini insegna

30.07.2021
5 min
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Fatti, non parole. La Franco Ballerini, squadra juniores diretta dal diesse Andrea Bardelli, è una delle “mosche bianche” che va a correre anche all’estero. E così facendo mette in pratica quello che in tanti declamano: cioè fare attività internazionale.

Proprio qualche giorno fa il cittì degli U23, Marino Amadori ci aveva detto della necessità che le nostre continetal andassero di più oltre confine. «E’ anche da lì che passa la crescita», ci aveva detto Amadori. Ed è lo stesso concetto che sostiene Bardelli.

Martin Svrcek (a destra) ha vinto la 3ª tappa. Sfortunato nella crono iniziale: tra i pochissimi a correre sotto la pioggia
Martin Svrcek (a destra) ha vinto la 3ª tappa. Sfortunato nella crono iniziale: tra i pochissimi a correre sotto la pioggia

In Slovacchia…

Qualche settimana fa la Franco Ballerini ha caricato nel furgone quattro ragazzi, tra cui lo slovacco Martin Svrcek, e li ha portati proprio in Slovacchia per la Medzinárodné Dni Cyklistiky. Sei giorni di trasferta, tre di gara: emozioni per i ragazzi, esperienza per il corridore che c’è in loro.

«Sono 20 anni che faccio il tecnico tra gli juniores – spiega Bardelli – ed è dal 2008 che andiamo all’estero. Fu proprio Franco Ballerini a darci questo imput, a trasmetterci l’esigenza di aprirci. Pensate, quell’anno in Slovenia vidi un giovanissimo Sagan, correva con delle scarpe che sembravano ciabatte. Questo nostro fare è la famosa crescita di cui tanti parlano, ma pochi fanno. E non lo si fa per i risultati, ma per accumulare esperienza, per saggiare nuovi terreni e altri modi di correre. E’ la nostra politica, ma posso dire che così facendo ho 15 ragazzi che sono passati da noi e che sono arrivati fino alle WorldTour».

La Medzinárodné Dni Cyklistiky si correva quasi al confine con la Repubblica Ceca
La Medzinárodné Dni Cyklistiky si correva quasi al confine con la Repubblica Ceca

Sognando la Roubaix

«Quest’anno – continua Bardelli – chiuderemo la stagione con quattro gare all’estero: che poi in realtà saranno ufficialmente tre perché in Austria ci si è andati con la Nazionale. Dovevamo fare la Kuurne-Bruxelles-Kuurne in Belgio in primavera, ma è stata annullata. Siamo stati in Slovacchia e poi andremo in Svizzera ad Aigle. Il regolamento della nostra Federazione ci limita a quattro giorni di gara oltre confine per ragazzo. Facendoli girare li ho portati quasi tutti. Ma è una regola che vale solo da noi. Le chiamano corse a tappe, ma di fatto sono delle due, tre giorni.

«Dovrebbero venire anche i tecnici a vedere cosa c’è oltre le nostre gare. Il ciclismo va avanti. E’ cambiato. Abbiamo visto un livello organizzativo elevato. Il ciclismo non è più solo da noi. Anzi, forse siamo rimasti anche un po’ indietro. Che poi è bello, perché andando fuori, conosci gente, fai amicizie e ti arriva anche qualche invito».

Bardelli inoltre ci confida che le trasferte 2021 potrebbero non essere finite qui. La Parigi-Roubaix infatti ha annunciato la gara juniores per il 3 ottobre e loro hanno fatto richiesta. Si spera che con questo nome gli organizzatori della corsa del pavé non restino insensibili.

Grande impegno e passione da parte dello staff nel seguire gli atleti
Grande impegno e passione da parte dello staff nel seguire gli atleti

Costi non elevati

«A me – riprende Bardelli – criticano perché ogni anno prendo un corridore straniero. Mi dicono che lo faccio per i risultati, ma non è per quello. All’estero, soprattutto le squadre che sono legate alle WorldTour, ne hanno tanti di atleti stranieri. L’Ag2R per esempio ha corridori juniores di 8 nazionalità differenti.

«E anche sui costi si deve fare qualcosa. Per andare a fare il Liberazione, un giorno di gara, dalla Toscana a Roma, tra viaggio, vitto e alloggio abbiamo speso 1.000 euro. Per andare a correre a Pisa, un’ora di macchina dalla nostra sede, si spenderanno domenica prossima 100 euro solo di pranzo (12 euro a pasto, tra corridori e tecnici, ndr). Per andare in Slovacchia ho speso meno. Vitto e alloggio erano compresi e ci hanno dato anche un piccolo rimborso. Non è possibile che all’estero una tessera juniores costi 5 euro e da noi ne servano 80. Oltre ai 700 euro per l’affiliazione e ai 120 euro per la tessera di un tecnico. Le federazioni straniere danno degli incentivi perché le squadre juniores facciano attività internazionale».

La Ballerini non era l’unico team straniero presente in Slovacchia. Ecco per esempio la Lux Specialized, una U19 statunitense
La Ballerini non era l’unico team straniero presente in Slovacchia. Ecco per esempio la Lux Specialized, una U19 statunitense

E i ragazzi?

E in tutto ciò a guadagnarci una volta tanto sono i ragazzi. Quando superano i confini italiani sono emozionati e gasati.

«Sono eccitati quando li porti fuori – conclude Bardelli – Per loro sono le prime esperienze lontani da casa. Sembrano partano per il Tour! Sono tesi, ci tengono a fare bene. E poi è un modo per confrontarsi con altri ragazzi. Se corri costantemente in Italia o nelle regioni limitrofe gli iscritti sono sempre quelli.

«Io invece voglio che imparino a stare in giro, ad avere dimestichezza con gli hotel, con gli orari da rispettare, sul cosa portarsi dietro, a prepararsi la borsa del freddo… Senza contare i benefici che ne traggono sul piano fisico. Un ragazzo in Slovacchia non è andato benissimo, anche se ha lavorato molto per la squadra, ma quando è tornato in Italia nella corsa successiva è andato molto forte».

Ecco Svrcek, junior volante dal paese di Sagan

15.05.2021
5 min
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Dovremmo imparare a pronunciare il suo nome e non è facile! Il ragazzo di cui parliamo si chiama Martin Svrcek, è uno juniores e corre nella fila della Franco Ballerini, diretta da Andrea Bardelli. E’ arrivato in Italia quest’anno e ha praticamente sbaragliato la concorrenza con otto podi in nove gare. Con Alberto Bruttomesso e Dario Igor Belletta si sta spartendo il bottino della categoria.

La squadra si è messa volentieri al suo servizio (Martin ha la mantellina in bocca)
La squadra si è messa volentieri al suo servizio (Martin ha la mantellina in bocca)

Alla Strade Bianche

L’altroieri il giovane corridore era a provare la Strade Bianche. Domani andrà in scena la prima edizione per gli juniores, da Siena a Montalcino, e potrebbe quasi essere una micro anticipazione di quel che succederà pochi giorni dopo con i pro’ del Giro d’Italia.

«E’ un percorso che mi piace e mi sembra molto duro – ci dice Svrcek di ritorno dal sopralluogo –  è davvero un bel tracciato con panorami bellissimi ma penso che sia il più difficile su cui abbia mai corso. Ci sono molte salite su strade sterrate, ma credo che anche che il vento giocherà un ruolo importante.

«A me piacciono le salite, ma se mi chiedete se sono uno scalatore rispondo che non sono sicuro di cosa sia. Credo che nella categoria junior devi essere tutto».

Poche parole ma sicure quelle dello slovacco, che sembra già sapere cosa vuole.

Svrcek è nato il 17 febbraio del 2003
Svrcek è nato il 17 febbraio del 2003

Dall’hockey alla bici 

La sua storia con il ciclismo inizia per caso. Durante un’estate la bici è piombata nella sua vita in quanto mezzo di preparazione a quello che all’epoca era il suo sport, l’hockey. 

«Giocavo ad hockey sul ghiaccio, durante un’estate stavo andando in bicicletta per allenarmi, ma ho capito che forse mi piaceva anche più dell’hockey. Per due anni ho conciliato tutte e due gli sport e quando avevo 13 anni ho ha deciso di praticare solo ciclismo».

Hockey su ghiaccio, quindi pattinaggio, quindi grande equilibrio. Di sicuro Martin ha sviluppato grandi doti propriocettive, un po’ come se fosse andato in Mtb e si potrebbe quasi azzardare un paragone con il passato di Roglic.

Il connazionale Peter Sagan è l’idolo di Svrcek
Peter Sagan è l’idolo di Svrcek

Sulle tracce di Sagan

Martin viene da Zilina, il paese di un certo Peter Sagan. E quando ha iniziato a correre lo ha fatto proprio con l’Academy del tre volte campione del mondo.

«Chiaramente Peter è il mio idolo, è slovacco come me ed è il miglior ciclista del mondo! L’ho conosciuto quando ero nella sua Academy. Non ho una foto qui sullo smarthopne, ma ce l’ho a casa».

Tutto sembra facile per Martin. Una grande potenza, facilità d’azione e risultati che arrivano. Anche se nella prima gara qualche difficoltà l’ha avuta. Secondo Bardelli perché il nostro modo di correre era un po’ diverso. «Un po’ troppo da professionisti e forse non è un bene – commenta il diesse toscano – ma è così. Svrcek invece era abituato a correre in modo più garibaldino». 

«Vero – replica lui – ma niente di importante. Solo che tutti mi stavano guardando e quando attaccavo, mi hanno inseguito. Quando invece attaccavano gli altri, non li seguiva nessuno. Poi però ho capito meglio». E infatti dalle gare successive la squadra si è messa a lavorare per lui.

I compagni lo apprezzano, anche perché Martin nonostante parli ancora poco italiano cerca di sforzarsi, di stare insieme, di condividere. E’ conviviale. Per esempio spartisce i premi che si conquistano alle corse anche se il finalizzatore è lui.

«Mi sento davvero alla grande in Italia, tutto è perfetto. Mi piace anche la pizza, ma per me la cosa migliore sono il caffè e il gelato, soprattutto quello al pistacchio».

La Franco Ballerini a Roma prima del Gp Liberazione
La Franco Ballerini a Roma prima del Gp Liberazione

Parola al ds Bardelli

Già ma come ci è arrivato Martin in Italia? Ce lo spiega Bardelli.

«Ero su internet a curiosare tra gli ordini d’arrivo all’estero – dice il tecnico – una cosa che faccio spesso. E avevo notato questo ragazzo che già da allievo andava bene. Da quelle parti le gare di allievi sono già di buon livello e così tramite Stojnic (il pro’ della Vini Zabù, team vicino alla Ballerini, ndr), slovacco anche lui, abbiamo avviato i contatti. Era intorno al 10 di novembre e praticamente in 5-6 ore abbiamo fatto tutto. Aveva trovato un accordo con un’altra squadra ma quando gli si è proposto di venire in Italia, ha cambiato subito idea».

Adesso Svrcek vive a Rufina, in un appartamento che gli ha preso la squadra, sta con Alessandro Iacchi altro pro’ alla corte di Luca Scinto. I due escono praticamente sempre insieme e si aiutano anche per fare il dietro motore: una volta guida uno e una volta tocca all’altro.

«E’ un bello sforzo per noi della Franco Ballerini – spiega Bardelli – ma anche il Comune di Rufina ci dà una mano. Ne vale la pena però. Oltre che molto forte – io uno così non l’ho mai avuto – è anche un ragazzo d’oro. Non si lamenta mai, sa adeguarsi, s’impegna molto. Se qualche procuratore non gli girerà troppo intorno e non si brucia, potrà fare molto bene. Guardate come è andata con il nostro Ponomar che adesso è al Giro».

Franco Ballerini: all’estero per crescere

02.11.2020
3 min
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Franco Ballerini – Due C è la squadra juniores che sorge nel cuore della Toscana e che porta avanti il nome del grande campione. Una società legata a doppio nodo alla squadra Professional Vinzi Zabù Ktm di Angelo Citracca e del ds Luca Scinto. A dirigere questa piccola corazzata juniores è Andrea Bardelli, direttore sportivo con esperienza ventennale dai Giovanissimi ai professionisti.

Bilancio Positivo

«Finiamo bene questa stagione – dice Bardelli – abbiamo raccolto molto in questi tre mesi intensi di gare. Andrii Ponomar è un vero talento (su di lui già gravitano squadre WorldTour, ndr),  Gregorio Butteroni è molto forte e tutti gli altri sono stati davvero bravi. Abbiamo vinto il Grand Prix Ruebliland che  è stato un po’ il mondiale di quest’anno. Dopo il mondiale di Antonio Tiberi è un’altra perla che si aggiunge alla nostra bacheca.

L’ucraino Andrii Ponomar ha vinto l’europeo 2019
Andrii Ponomar ha vinto l’europeo 2019

«Purtroppo non avendo ragazzi veloci ed essendoci state spesso gare a circuito abbiamo fatto qualche vittoria in meno, ma non sono i numeri che ci interessano. Quel che vogliamo è far crescere i ragazzi, farli arrivare (pronti) al professionismo e portare avanti lo spirito di Franco».

Esperienze all’estero

La Franco Ballerini è una delle poche squadre italiane juniores a fare attività all’estero. Questi viaggi sono un bagaglio eccezionale per gli atleti e danno molto al movimento italiano di questa categoria.

«Vado all’estero dal 2008. Ho visto i Sagan e i Pogacar quando erano poco più che bambini. Siamo consapevoli che spesso andiamo a prendere delle “briscole” come diciamo in Toscana, ma quando tornano i ragazzi sono diversi. Prima non sapevano neanche muoversi in un aeroporto. Crescono, acquisiscono consapevolezza. Senza contare che comunque poi arrivano anche i risultati. Nel 2013 Matteo Trippi vinse il campionato italiano di ritorno da una gara a tappe in Svizzera».

Bardelli racconta che all’estero non c’è un ciclismo di “campanile” come in Italia. Con la categoria juniores si ha un taglio netto, una selezione importante. Non ci sono 50 squadre, né due gare per regione a domenica. 

«In Francia i tesserati juniores sono 250 – riprende il tecnico toscano – In Belgio fanno una o due gare su tutta la Nazione a domenica. Addirittura in Francia alcune corse sono promiscue junior e U23, poi ognuna ha la sua classifica. L’Ag2R ha un team juniores e si è presentato in una corsa in Italia con 6 atleti di 6 nazionalità diverse. Non voglio sembrare duro e passare come colui che non vuol dare ai ragazzi la possibilità di correre, però una selezione in questa categoria c’è ed è un dato di fatto. E secondo me serve. All’estero si va in un’altra direzione. Se c’è una cosa buona del covid è che essendoci state meno corse il livello qualitativo si è alzato». 

Rapporti stretti tra il team juniores e i professionisti della Vini Zabù
Rapporti stretti tra con la Vini Zabù

Un 2021 di speranza 

La Franco Ballerini riparte da 10 atleti: 4 di secondo anno e 6 di primo. Più due corridori stranieri che potrebbero aggiungersi alla rosa.

«Una scelta che è anche legata alla situazione del covid. Così come quella di ripartire dall’estero alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne. Preferiamo evitare i ritiri nei periodi durante la scuola e dedicare quel budget a quelle due e o tre trasferte fuori confine. Devo ringraziare Scinto e Citracca che ci danno una mano con il loro budget e anche un supporto logistico per questi viaggi. Si parla tanto dei vivai giovanili delle WorldTour ma qui non siamo da meno, siamo una famiglia».