Firma con la Work Service. Bardelli fa il salto di categoria

27.11.2023
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«Avevo deciso per uno stop. Volevo fermarmi. Poi è capitata questa opportunità, questo salto di categoria, che mi ha dato nuovi stimoli ed ora eccomi qui». Andrea Bardelli, uno dei direttori sportivi più noti della categoria juniores, è pronto a rimettersi in pista. E lo farà nella Work Service-Vitalcare-Dynatek, squadra continental (in apertura foto Work Service-Vitalcare).

Il tecnico toscano farà così la spola fra la categoria U23 e i professionisti, in quel mix che è appunto caratterizzante delle continental. La passione di Bardelli resta intatta, così come quella voglia di stare vicino ai ragazzi e magari riuscire a farli vincere. Per anni è stato uno dei diesse della Franco Ballerini e nella passata stagione del CPS Professional Team. Ancora prima già aveva avuto a che fare con i pro’ e gli U23. L’esperienza non manca, dunque.

Bardelli prepara i foglietti con le indicazioni che poi passerà in corsa ai ragazzi. Col salto di categoria tutto questo non ci sarà più
Bardelli prepara i foglietti con le indicazioni che poi passerà in corsa ai ragazzi. Adesso col salto di categoria tutto questo non ci sarà più
E quindi Andrea, raccontaci come è andata?

In estate ho avuto questa offerta dalla Work Service-Vitalcare-Dynatek. Dopo dieci anni tra gli juniores, direi con buoni risultati e un certo numero di ragazzi portati al professionismo, mi ritengo soddisfatto. Stavo giusto cercando squadra a due miei atleti che dovevano passare U23, Tommaso Farsetti e Tommaso Bambagioni. L’amicizia con Ilario Contessa, uno dei diesse, c’è sempre stata e proprio mentre cercavo squadra per i ragazzi, lui mi ha detto che alla Work Service serviva anche un tecnico.

Due piccioni con una fava, insomma…

Ci siamo visti al Giro di Toscana dei professionisti. Contessa mi ha detto della rivoluzione tecnica in seno al team. Il presidente Demetrio Iommi e il patron Massimo Levorato volevano qualcuno da affiancare al diesse dei pro’ Emilio Mistechelli. Non solo, ma in tutto questo quadro abbiamo fatto un accordo anche con una squadra laziale juniores, il Team Coratti (il gruppo Work Service ha anche il team juniores, ndr). Insomma, il mio inizialmente doveva essere un approccio soft, invece sarà totale.

Che squadra sarà la continental Work Service-Vitalcare-Dynatek?

Un bel mix di giovani e corridori più esperti. Ci sono dei ragazzi da rilanciare come i due che vengono dalla Green Project-Bardiani, Rastelli e Nieri. Poi penso a Ferrari, che vinse un Fiandre da junior. E poi ancora a Bonaldo, Belletta, Pierantozzi…

Mix di giovani e corridori “esperti”, la Work Service-Vitalcare-Dynatek del 2024 promette bene
Mix di giovani e corridori “esperti”, la Work Service-Vitalcare-Dynatek del 2024 promette bene
Che lavoro sarai chiamato a fare? Sarà tanto diverso rispetto a quello che facevi tra gli juniores?

Cambierà soprattutto l’approccio con i ragazzi. Non bisogna nascondere che ci sono corridori all’ultima chiamata. Dovrò lavorare pertanto anche sul fattore mentale, ma questo non mi spaventa. Chiaramente è un’altra categoria e ci sarà bisogno di altro. Ma essendo stato in passato molto vicino ad un direttore sportivo come Luca Amoriello, che nell’organizzazione è uno dei migliori in assoluto, credo di essere pronto.

Appunto, è diverso rispetto agli juniores. Le continental corrono di fatto in due categorie, gli U23 e gli elite, i pro’…

Sicuramente ci confrontiamo con squadre attrezzate, ma alla fine nel complesso sono sempre dei ragazzi giovani e tutto sommato i problemi sono gli stessi. Poi d’inverno, a casa e con gli allenamenti, sono tutti bravi, quello che conterà saranno le corse, anche per conoscere bene i ragazzi. Alcuni di loro, i primo anno, dovranno dare molto fino a maggio. Dovranno partire forte insomma, perché poi avranno la maturità. Tuttavia questa non deve essere un alibi per buttare via tutto il resto della stagione.

Andrea noi ti abbiamo visto lavorare dal vivo in corsa col tuo spirito focoso e da attaccante. Passiamo “dai bigliettini” a bordo strada con le indicazioni per i ragazzi, alle radioline: sarà un altro modo di correre immaginiamo.

Il ciclismo è uno e le gare sono quelle. Cambierà l’approccio con i ragazzi, come detto.

Okay, ma magari vi ritrovate ad un Giro di Sicilia con qualche WorldTour e non sarete voi a fare la corsa. Cambierà qualcosa?

In quel caso sarà diverso, certo. Ma se penso alle gare under 23 si potrà prendere la corsa in mano. Quelle sono gare nelle quali si cercherà di fare il meglio. In gare più importanti, con i pro’, bisognerà comunque mettersi in mostra. E questo serve. Non è che se parti a Laigueglia fai esperienza automaticamente. Non impari o migliori, solo perché sei in un contesto importante. Dico che non bisogna avere paura neanche in quelle corse. Non bisogna avere paura di stare davanti, di prendersi delle responsabilità: la crescita passa anche attraverso questi aspetti. Poi è chiaro che lì non spetta a noi impostare la corsa. E tutto sommato contro squadre più attrezzate per noi, è anche più semplice.

Nieri (in foto) e Rastelli vengono dalla Green Project-Bardiani: per Bardelli e colleghi sarà una scommessa farli tornare a livelli alti
Nieri viene dalla Green Project-Bardiani: sarà una scommessa farli tornare a livelli alti
Chiaro…

Diciamo che avremo due velocità diverse a seconda del livello delle gare che faremo. Io sono convinto che abbiamo tre o quattro ragazzi che possono fare bene anche nelle corse più importanti. Ricordiamoci che dopo il Covid è cambiato tutto. Anche in queste gare che per noi sono le più grandi e per altri sono le più piccole, c’è comunque un livello molto alto.

Hai parlato di non avere paura, c’è però qualcosa che spaventa il Bardelli direttore sportivo?

No, semmai sono spaventato da me stesso. Nel senso che in questi dieci anni mi ero abituato bene con i risultati e i ragazzi che ho aiutato a diventare professionisti. Una media di risultati che sarà difficile ripetere in questa categoria. Quindi non dovrò abbattermi o spaventarmi appunto, non si possono sempre vincere le corse. Quest’anno nel finale di stagione con il CPS eravamo quasi certi della vittoria in certe corse. Al netto delle vittorie spero che la meritocrazia, che in Italia non è molta, emerga. In tal senso mi hanno fatto piacere i messaggi di congratulazione che mi hanno mandato Martin Svrcek e Michael Leonard.

Ultima domanda. Farete dei ritiri?

In queste settimane i ragazzi si stanno allenando a casa. Poi nel periodo delle Feste e i primi di gennaio, approfittando della chiusura delle scuole, ci ritroveremo nelle Marche, a Montappone. Più in là, a febbraio, faremo un secondo ritiro. Riguardo alle gare stiamo aspettando delle conferme per alcune corse in Francia. Altri ragazzi debutteranno alla Firenze-Empoli e alla San Geo.

Le difficoltà degli juniores e tanto altro: Bardelli tuona

24.08.2023
6 min
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«Non c’è una programmazione, così è difficile rispondere alle aspettative dei ragazzi. Perché poi tutti noi, tecnici, i ragazzi stessi, chi gestisce i ciclismo… vive sui loro sogni. Così li illudiamo». Andrea Bardelli, direttore sportivo della squadra juniores CPS Professional Team è un fiume in piena.

CPS Professional Team, Bardelli è il secondo da destra
CPS Professional Team, Bardelli è il secondo da destra

Secondo anno a rischio

Questa situazione d’incertezza sta facendo riflettere il tecnico toscano anche sul fare un personale passo indietro. Tante cose non sono più chiare secondo lui e per i ragazzi non c’è più prospettiva.

«Tolta quella manciata di talentini – dice Bardelli – per gli altri si fa dura… E si fa dura per ragazzi validi, che hanno vinto, che sono costanti nelle prime posizioni. Che hanno potenziale.

«Faccio un esempio, nella mia squadra ci sono tre atleti di secondo anno che sono tra i primi 20 in Italia. Sono tutti e tre bravi, hanno vinto (anche più di una gara ciascuno), hanno fatto diversi podi, sono costanti, abili in corsa… Insomma hanno del potenziale. Avrebbero persino i punteggi per approdare in una continental… eppure nulla. Tante promesse, test fatti ad aprile e ad agosto inoltrato ancora sento dirmi: “Vediamo, se parte quello forse te lo prendo”».

Spesso si guarda ancora solo l’ordine d’arrivo, ma per valutare un ragazzo alle corse bisogna andarci. Lo stesso Bardelli riporta il caso del suo Lorenzo Mark Finn. Quante telefonate da Ferragosto in poi a seguito delle sue vittorie, ma lui questo ragazzo lo aveva scoperto ben prima, quando addirittura neanche era ancora mai arrivato davanti. 

Bardelli invoca un cambiamento pertanto. E anche rapido. Ogni anno il cerchio si stringe. Qualcosa non va in questo sistema.

«Credo che in Italia tra gli juniores di secondo anno ci saranno appena dieci ragazzi che hanno trovato la squadra per l’anno prossimo. Qui diciamo che non ci sono le squadre italiane dei pro’, io dico che non ci sono proprio le squadre».

E su questo ultimo punto bisogna riflettere però. Quando andiamo alle corse, le stesse squadre U23, ci dicono delle difficoltà nel trovare i corridori di primo anno. Poi magari li prendono, ma all’ultimo. Fino alla fine tutti i ragazzi – influenzati da chissà chi – aspettano il colpo grosso, che nella maggior parti dei casi è un sogno.

Una dicotomia non facile: gli juniores passano sempre più spesso pro’, ma hanno le difficoltà di sempre
Una dicotomia non facile: gli juniores passano sempre più spesso pro’, ma hanno le difficoltà di sempre

Regole nuove

E allora come fare? Perché parlare va bene, ma poi serve anche una possibile soluzione. In questo caso molto deve fare il governo del ciclismo. UCI e soprattutto la FCI. Bisogna trovare più spazio per chi approccia la categoria U23.

«Per esempio – prosegue Bardelli – si potrebbe imporre ai team under 23 di prendere un numero minimo di primi anni, cioè di juniores che passano e con un vincolo di punti massimo. Un po’ come noi juniores non possiamo prendere più di quattro allievi di secondo anno con più di 20 punti. E se non c’è spazio, limitare il numero degli elite. Anche perché per loro diventa praticamente impossibile andare avanti».

In questo modo si darebbe a tutti i ragazzi, non solo a quella manciata di campioncini, la possibilità di crescere. Perché a 18-19 anni è diverso che a 24, visto che di spazio ce n’è sempre meno. E magari allo stesso tempo per stare nelle regole si eviterebbero tesseramenti fittizi, dalle Regioni meno battute».

«A 19 anni c’è ancora la crescita di mezzo, ci sono cose da imparare… Quando si fa questo discorso penso a Nicolò Buratti. Da juniores non entrava nei dieci, poi è cresciuto. Uno come lui oggi non sarebbe andato avanti. O lo avrebbe fatto con mille difficoltà».

Nell’assenza di programmazione, Bardelli imputa anche l’assenza di crono. Sempre rarissime in Italia (qui Giaimi – foto tornanti_cc)
Nell’assenza di programmazione, Bardelli imputa anche l’assenza di crono. Sempre rarissime in Italia (qui Giaimi – foto tornanti_cc)

Fci dove sei?

Bardelli mette sul piatto un discorso concreto. Un discorso di chi vive il ciclismo sul campo. Serve una svolta e come detto prima anche la FCI secondo lui deve fare qualcosa. Troppo spesso le cose sono lasciate al caso, si aspetta “fin che la barca va”…

Manca, per esempio, ancora un regolamento 2024: chi deve organizzare i team come e quando si muove? I dirigenti, i tecnici spesso si ritrovano “soli”.

«Ho dovuto chiamare io chi di dovere per sapere qualcosa sulle regole 2024 – spiega Bardelli – Ma nulla. Noi dobbiamo fare tutto, ma non abbiamo niente: regolamento, un calendario omogeneo (a volte due corse in tutta Italia, altre volte sette solo al Nord), procuratori di mezzo che ti tolgono il controllo dei ragazzi…. Spesso dobbiamo affidarci all’aiuto dei genitori, per andare alle corse. Muoversi e programmare così è difficile, credetemi».

La categoria juniores è (ed appare) sempre più importante negli eventi internazionali
La categoria juniores è (ed appare) sempre più importante negli eventi internazionali

Categoria fondamentale

Che ci sia in atto un rivoluzione di questa categoria è ormai noto. Addirittura si vocifera che presto potrebbe essere allungata di un anno, eliminando gli U23. Quella degli juniores è dunque una categoria fondamentale: si va da qui ai pro’ o nelle squadre development. A quel punto è normale che tra le categorie giovanili diventi quella più importante.

Anche in questo caso si punta il dito sui procuratori e sulla fame dei team WT di reperire talenti, ma il discorso non si può limitare a questo. Semmai quella è una conseguenza. Il quadro tecnico, organizzativo e prestativo si è rivoluzionato in pochissimi anni. E tante cose andrebbero riviste, se non altro per adattarsi.

«Se questa categoria è così importante, se è il “muro” di crescita e del futuro per i corridori, allora non voglio più sentire certe critiche: che spremiamo i ragazzi, che li portiamo a correre all’estero – perché mi sono sorbito anche questo – che fanno allenamenti eccessivi… Se poi il sistema porta avanti solo quei top dieci, va da sé che la sfida è tutta qui».

Sotto le spinte di De Fabritiis e di Simone De Zio soprattutto, i CPS lavorano da squadra
Sotto le spinte di De Fabritiis e di Simone De Zio soprattutto, i CPS lavorano da squadra

Serve unità

Se questa categoria è sempre più importante, allora serve un’azione corale. Bisogna fare sistema, tanto più in tempi di “vacche magre”: tra giovani sempre meno per numero, squadre che fanno fatica ad andare avanti, mancanza sempre più evidente di un team WorldTour nostrano…

«Ci vorrebbe anche un cambio di tecnici – conclude Bardelli – e mi ci metto anche io. Dobbiamo riflettere, porci delle domande… Mi rendo conto che alle corse vedo la stessa gente da 50 anni. Perché la Fci non è in grado di tenere quei ragazzi che ad una certa età non possono passare ma possono dare qualcosa ai più giovani? Perché non facciamo un’associazione dei direttori sportivi juniores? C’è Luca Colombo per esempio che sarebbe in grado di rappresentarla».

«La Federazione mi sembra più interessata ad esaltare questa o quella medaglia, che non ad agire su altri fronti: giovani, regole, tesserati… Io non sono un manager, ma metto sul piatto i problemi che vedo: magari insieme si può trovare una soluzione.

«E per fortuna che il cittì Salvoldi è bravo: è presente, si fa sentire… Ma poi il resto? Per fare un esempio, tra qualche giorno scatta il Giro della Lunigiana e ancora non si sa chi porterà il Comitato Toscano. Serve progettualità o presto correranno in dieci».

Tre gruppi, una squadra. Il CPS Professional Team punta in alto

17.11.2022
5 min
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Il CPS Professional Team 2023 che sta per nascere si annuncia come uno squadrone, per numero di atleti, qualità dell’organizzazione, ambizione. La squadra fa capo a Clemente Cavaliere, ma a presentarci il progetto tecnico è uno dei nuovi direttori sportivi che insieme al manager campano ha dato vita a questa interessante iniziativa multiregionale, se così possiamo dire: parliamo di Andrea Bardelli.

Il direttore sportivo toscano, lo avevamo già scritto, era uscito dal Team Franco Ballerini, che da tempo seguiva con passione. Lasciatosi alle spalle un momento difficile nel corso dell’estate sono bastate un’idea, le persone giuste e in breve è nato questo progetto.

Andrea Bardelli è stato per anni direttore sportivo del Team Franco Ballerini: in estate ha fatto un passo indietro e ora riparte con il CPS
Andrea Bardelli è stato per anni direttore sportivo del Team Franco Ballerini: in estate ha fatto un passo indietro e ora riparte con il CPS

Tre gruppi, un team

«Di fatto – spiega Bardelli – siamo tre gruppi che si uniscono. Quello di Cavaliere, con i suoi ragazzi in Campania, quello mio in Toscana con alcuni degli atleti che mi hanno seguito dalla Ballerini e altri nuovi, e quello di Luciano Cardone della Nuovaciclistica Arma Team Ballerini della Liguria».

Tutto ciò è stato possibile anche perché la Federazione ha tolto le squadre miste, di fatto le doppie affiliazioni in questa o quella regione e ogni ragazzo può passare liberamente da un comitato all’altro (pagando i punti al comitato di provenienza).

«I ragazzi saranno tesserati tutti in Campania. E sono un bel po’, ben 19. Una decina in Campania appunto e altri 9 costituiscono il gruppo del centro-nord di Toscana e Liguria. Fanno parte del roster  parecchi ragazzi di primo anno. E uno che mi viene in mente è Lorenzo Mark Finn, un ragazzino davvero promettente.

«E’ stato il migliore della Liguria: sei vittorie, molti podi e ottime doti di passista scalatore. In più ho preso uno slovacco, Matthias Schwarzbacher che già seguivo da due anni. Recentemente è stato ottavo agli europei di cross, un amico di Martin Svrcek. E anche un ragazzo ucraino, Dniil Shyrin. Loro per via della guerra si possono tesserare liberamente».

Doppia attività

Bardelli va avanti a spiegare il progetto CPS. Con 19 ragazzi il lavoro non manca ed anche per questo i direttori sportivi saranno quattro: oltre a lui ci saranno Pasquale Santoro e Maurizio Capossela storici diesse del Cps e Gianluca Oddone della Nuova Ciclistica Arma – Team Ballerini.

«L’idea è di fare la doppia attività – dice Bardelli – una più al Nord e una nel Centro-Sud. I ragazzi si scambieranno in base alla periodizzazione delle loro preparazioni e alle caratteristiche delle gare. Ma in generale vogliamo mettere tutti al meglio delle loro condizioni.

«I ritiri principali sono due: quello di Montoro, ad Avellino, e quello in Toscana, che ho individuato nella zona di Arezzo. E abbiamo anche un punto d’appoggio in Liguria. Faremo un calendario nazionale e internazionale e andremo anche all’estero. Sapete che a me piace. Abbiamo già ottenuto l’invito per l’Aubel, la più importante corsa a tappe in Belgio e altri per eventi come Liegi e Fiandre».

Clemente Cavaliere con i suoi ragazzi. «Immagine e maglie pulite, sono importanti per noi» ha detto il team manager
Clemente Cavaliere con i suoi ragazzi. «Immagine e maglie pulite, sono importanti per noi» ha detto il team manager

Parla il team manager

Dicevamo quindi 19 ragazzi che vanno da San Remo alla Puglia. Una grossa fetta d’Italia e questo apre a scenari ambiziosi, oltre che suggestivi.

«Non nascondo – interviene patron Cavaliere – che entro due anni, ma spero già dal prossimo, mi piacerebbe essere il miglior team nel ranking nazionale. Dopo tanti anni di attività è uno sfizio che vorrei togliermi e credo che abbiamo il potenziale per riuscirci. Mi aspetto una bella stagione da Saverio Russo, che al primo anno ha vinto due corse importanti. Mentre tra i “primo anno” potrà fare bene Luca Attolini».

«Come è nato questo progetto? Di fatto è nato tutto in un giorno. Con l’entusiasmo di Bardelli che si è coinvolto da solo! Sapevo che era un direttore sportivo che sa fare bene le cose con la sua passione. Ci siamo ritrovati presso un noto hotel di Montecatini: eravamo lui, Luciano Cardone ed io.

«Con il gruppo del centro-sud che comprende cinque campani, un pugliese e dei laziali ci vedremo alla fine di questo mese. Mentre tra Natale e Capodanno quando i ragazzi non hanno la scuola staremo tutti insieme»

Cambio della guardia al Team Ballerini: l’insolito addio di Bardelli

27.08.2022
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Il Team Franco Ballerini, squadra juniores toscana, perde un direttore sportivo e ne trova un altro. Esce Andrea Bardelli, subentra Luca Scinto (in apertura con il team al Tour du Lac Leman in Svizzera). La notizia era da un po’ nell’aria e in sé fa scalpore conoscendo la passione che Bardelli ha sempre messo nella squadra. Un po’ per il nome di Franco e un po’ per aver sempre raccontato i corridori quasi come figli suoi. Da Stoinic a Svrcek, passando per Iacchi e più di recente Michale Leonard, promettente talento canadese in orbita Ineos Grenadiers.

Marzo 2022, Michael Leonard vince la gara di apertura, dedicata a Franco Ballerini
Marzo 2022, Michael Leonard vince la gara di apertura, dedicata a Franco Ballerini

Questioni personali?

Intercettiamo Bardelli durante una pausa dal lavoro e capiamo dalle sue esitazioni che, qual che ne sia la ragione, parlarne è faticoso.

«Per me è sempre stata una passione – dice – perché il mio vero lavoro è in una ditta di servizi a Firenze. Faccio le mie otto ore, non rischio di annoiarmi. E sto pianificando il futuro, perché dal ciclismo non esco di certo. Di solito le squadre del Sud cercano appoggio al Nord, stavolta potrebbe essere il contrario. Posso dire che ultimamente ho avuto un periodo difficile per un problema di salute di mio padre. Perciò ho preferito fare un passo indietro. Figurarsi, finiscono i matrimoni, poteva finire anche questo. Però mi è costato…».

Il passo indietro di Bardelli è avvenuto circa due mesi fa, in occasione della caduta di suo padre (foto Luccarini)
Il passo indietro di Bardelli è avvenuto circa due mesi fa, in occasione della caduta di suo padre (foto Luccarini)

Un nuovo progetto

Bardelli è stato a lungo uno dei nostri interlocutori nel mondo complesso degli juniores e non è un mistero che abbia in giro un ottimo credito. Ricordiamo il messaggio con cui proprio Leonard, colpito dal modo di lavorare del Team Ballerini, gli chiedeva di correre con lui in Toscana. Per cui, pur rispettando la sua voglia di non uscire dai limiti, qualche domanda abbiamo provato a fargliela. Nell’ambiente si dice che starebbe lavorando a un accordo con la CPS Professional, la squadra campana di Clemente Cavaliere, che ha già collaborato con la Hopplà-Petroli Firenze, in cui coinvolgere il gruppo ligure già in orbita al Team Ballerini. Ripiego o progetto precedente?

Il Team Ballerini alla Eroica Juniores, vinta nel 2021 con Svrcek e fatale a Leonard: caduto e fratturato
Il Team Ballerini alla Eroica Juniores, vinta nel 2021 con Svrcek e fatale a Leonard: caduto e fratturato
Che cosa è successo?

Non ero tranquillo. A un certo punto è entrato Luca (Scinto, ndr) e non si può dire che mi disturbasse. Però ho capito che sarebbe stato difficile convivere. E’ una squadra con cui avevo preso l’abitudine di andare all’estero, provando a farci vedere. E sono orgoglioso alla fine di aver portato Svreck alla Quick Step e Leonard alla Ineos. Alla base di tutto c’è aiutare questi ragazzi a trovare un posto, ma è chiaro che per farlo servono soldi.

Perché mollare?

Un po’ per il discorso di mio padre, che adesso per fortuna ne sta uscendo. Un po’ perché non mi sentivo più nel progetto. Non ho abbandonato i ragazzi. Ho sempre avuto carta bianca e nessuno si è mai lamentato. Abbiamo tirato fuori dei bei corridori e devo dire grazie a Citracca per l’attività che mi ha permesso di fare. Incluso la squadra di allievi. Servono soldi, siamo d’accordo, ma anche passione.

Si dice che per il prossimo anno, Bardelli starebbe lavorando a un nuovo progetto juniores fra Liguria e Campania
Si dice che per il prossimo anno, Bardelli starebbe lavorando a un nuovo progetto juniores fra Liguria e Campania
Va bene, ma perché mollare?

Sono andato un po’ fuori dal seminato, per due mesi non sono stato tranquillo e ho deciso di staccare, per quello che rappresenta la maglia con quel nome sopra. Non volevo tornare indietro e non parlo di vittorie, ma di immagine di una squadra in cui i corridori chiamavano per venire.

E’ vero che fra i problemi ci sarebbe stato proprio il passaggio di Leonard alla Ineos?

Michael è venuto qui scrivendomi un messaggio, senza procuratore né altro. Quando lo feci testare da Pino Toni, che ci ha sempre aiutato, vennero fuori dei numeri clamorosi. La notizia si è sparsa e si sono avvicinati dei manager, fra cui Piscina che collabora con Acquadro. Ma se anche ci fossero stati altri agenti interessati, l’obiettivo non è fare l’interesse del ragazzo?

Scinto con Sivok e Leonard, al Tour du Lac Leman dove nacque il contatto fra il canadese e il team
Scinto con Sivok e Leonard, al Tour du Lac Leman dove nacque il contatto fra il canadese e il team
C’era il progetto di portarlo alla Corratec?

Quello che so è che a un certo punto è intervenuta la sua famiglia e hanno deciso. Lui addirittura avrebbe voluto fare un anno da U23, ma gli hanno assicurato che lo inseriranno gradualmente, con 20 corse e un programma adeguato.

Capito il discorso, ma qualcosa non torna.

Non è il momento per dire altro, va bene così. Non voglio creare problemi. Il nome Ballerini significa troppo per me, ricordando Franco e la Sabrina che c’è dietro alla squadra. E comunque li ho lasciati in buone mani. Lo Scinto è stato professionista e sa fare il direttore sportivo. E’ un diesse esperto, questo lo sappiamo tutti.

La storia di Rajovic, salvato da un’amicizia

15.02.2022
5 min
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I serbi sono gente tosta, basta guardarli in faccia e Dusan Rajovic non fa eccezione. Il corridore del Team Corratec avrebbe tutte le ragioni per essere arrabbiato, dato che il Team Delko lo ha lasciato a piedi come tutti gli altri nonostante avesse ancora un anno di contratto. Invece si è rimboccato le maniche, si è fidato di un amico – Veliko Stoinic – ed è ripartito dal team toscano, nato dalle ceneri e dalla struttura della Vini Zabù. Un passo indietro per un corridore che era ormai arrivato al professionismo, ma auspicabilmente una passerella verso un futuro più importante.

«Alla Delko – diceva qualche giorno fa Fedeli, passato alla Gazprom-RusVelo proprio dalla Delko – lo tenevano in considerazione, tanto che aveva ancora un anno di contratto. E non guardate il fatto che l’anno scorso abbia corso poco, abbiamo corso poco tutti…».

Nel 2021 ha corso la Roubaix, ma si è ritirato. La Delko era già in chiusura
Nel 2021 ha corso la Roubaix, ma si è ritirato. La Delko era già in chiusura

L’occhio di Bardelli

Rajovic aveva già vinto tra i professionisti, quando aveva la faccia da bambino e indossava la maglia dell’Adria Mobil, ma era passato inosservato. A dire il vero qualcuno si era accorto di lui già nel 2015, quando il serbo aveva 18 anni, ed è lo stesso Andrea Bardelli che in Italia avrebbe portato di lì a poco l’altro serbo Veliko Stoinic. Si compiono piccoli miracoli nella sede del Team Franco Ballerini. E come fu Stoinic a scegliere di vivere in casa con Martin Svrcek, slovacco, agevolandone l’inserimento in Italia, così è stato ancora lui a fare il nome dell’amico.

«Lo conoscevo perché l’avevo trovato da juniores al centro mondiale di Aigle – racconta Bardelli – e aveva vinto una tappa o aveva fatto secondo, non ricordo bene adesso. Io guardo tutto, spulcio gli ordini di arrivo e da allora l’ho sempre seguito. Quando ho preso Stoinic da dilettante, sono andato per una settimana in Serbia ai campionati nazionali. E poi parlando con Veliko, visto che lui ha imparato benissimo l’italiano e conosce i ragazzi di tutte le categorie, veniva sempre fuori il nome di Rajovic. Ma lui era già alla Delko e guadagnava anche bene. Quando poi la Delko ha chiuso, ha parlato con Veliko che qui si è trovato benissimo e ci ha messo una parola anche lui».

Questa foto così sgranata racconta però tanto: sono Rajovic e Stoinic in allenamento in Toscana prima del Tour of Antalya
Questa foto sgranata racconta tanto: sono Rajovic e Stoinic in allenamento in Toscana prima del Tour of Antalya

Una bella storia

Le foto lo ritraggono con Stoinic insieme agli juniores del team toscano, poco prima della partenza per la Turchia. Rajovic aveva già vinto la seconda tappa alla Vuelta al Tachira e di lì a poco avrebbe concesso il bis nella seconda di Antalya.

«Anche se a settembre sono andato a prenderlo all’aeroporto – prosegue Bardelli – sulla scelta della squadra non ci ho messo bocca, però il ragazzo è forte. Fa parte del mio passatempo scovare corridori senza procuratori fin dagli juniores. Ha deciso per l’amicizia con Stoinic e perché ha deciso di fidarsi. E’ una bella storia e conferma che quando giri, conosci. Quest’anno avremo un paio di stranieri che non hanno vinto 10 corse l’anno scorso, ma vedrete come vanno. Dusan è molto forte e molto giovane e gli auguro tutto il futuro».

Delko da dimenticare

Forti di queste informazioni, alla fine della corsa turca abbiamo parlato con il campione serbo, tipo di poche parole, ma molto chiare. I capelli cortissimi, fisicamente non dà l’idea del velocista, quanto piuttosto dell’uomo da classiche dotato di grande spunto.

«Quelli alla Delko – ci ha detto – non sono stati due anni belli, prima per il Covid e poi per la situazione della squadra. Non ho fatto molte corse e in quelle che ho fatto non ho avuto grandi opportunità. La verità è che l’esperienza non ha funzionato bene per me. Ora un po’ ho cambiato mentalità e un po’ sto trovando le cose più facili.

«Conosco Bardelli – conferma – lo conoscevo da prima, appunto perché Veliko Stoinic era con lui nella sua squadra di U23 e me ne parlava. Ho cominciato a correre nel 2011 a 14 anni. All’inizio era per divertimento, poi fra il 2014 e il 2015 ho cominciato a pensare di farne una professione. Non sono un velocista puro, tanto che la tappa che ho vinto aveva parecchia salita. I primi sono andati forte, ma non fortissimo, e io ho tenuto. E’ difficile dire quale tipo di sprint mi piaccia. Quello è stato molto lungo perché avevo perso molte posizioni e sono dovuto risalire». 

In festa con la squadra dopo la vittoria colta ad Antalya
In festa con la squadra dopo la vittoria colta ad Antalya

Scommessa con Parsani

Il resto è la storia di tanti ragazzi che dall’Est sono costretti a partire per trovare una squadra e scommettere su di sé.

«Sono partito da junior – conferma – e sono arrivato al centro Uci di Aigle. Poi sono andato in Adria Mobil continental e da lì alla Delko. Qua si scherza. E Parsani, il nostro capo, si è accorto che ho vinto la seconda tappa in Venezuela e la seconda in Turchia. Così ora si è messo a dirmi che dovrò vincere la seconda anche alla Coppi e Bartali e abbiamo scommesso. Per me va bene, ma quella tappa almeno avrà l’arrivo in volata? Per il resto andiamo avanti. Qualche sogno ce l’ho anche io ed è correre il Tour de France».

Era in una squadra francese, credeva di esserci vicino. Ora è in Italia, in una continental appena nata. Ricomincerà da capo. E se ha ragione Bardelli, magari una WorldTour o una professional arriverà prima o poi per portarselo via. 

Pianeta juniores: Bardelli replica a Brilli

19.01.2022
5 min
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Non si ferma la querelle che riguarda i comitati regionali e l’attività juniores. A quanto pare è un tema che ha infiammato gli addetti ai lavori e di questo siamo anche un po’ orgogliosi perché portiamo il dibattito su argomenti che spesso restano nascosti, ma le cui problematiche sono invece reali e concrete. E alla lunga si ripercuotono sul ciclismo dei professionisti.

Da Cazzaniga a Cavaliere, dunque. Da Cavaliere a Brilli. E adesso da Brilli a Bardelli, diesse della Franco Ballerini, team toscano. Bardelli ci ha contattato, dicendoci che avrebbe voluto chiarire alcune cose. Ecco quindi il suo pensiero in quattro punti principali.

Andrea Bardelli (qui con un suo atleta, Lorenzo Iacchi)
Andrea Bardelli (qui con un suo atleta, Lorenzo Iacchi)

Sui numeri

«Vorrei rispondere al presidente del comitato regionale del Lazio, Maurizio Brilli – dice Bardelli – tra l’altro, lo dico subito, con Brilli non ho nessun problema. Lui è stato uno di coloro che i corridori li ha fatti uscire effettivamente. Anche quest’anno ci sono degli atleti che sono venuti in Toscana. L’anno scorso per far correre dei ragazzi del Lazio ho dovuto fare un’affiliazione in questa regione. Adesso invece sono stati svincolati. Anche se poi le selezioni le faranno appunto col comitato regionale.

«Detto questo, capisco che si voglia difendere il proprio territorio, però ormai è chiaro che se si vuole alzare l’asticella bisogna correre in altre zone. Perché, sarà brutto da dire, ma un conto è vincere tre gare al Sud in cui ci sono 30 partenti della tua categoria se va bene e un conto è vincerle al Nord o fare i piazzamenti in determinate gare.

«Un secondo aspetto sul quale non mi trovo d’accordo con quanto detto da Brilli riguarda i numeri. Qui si parla di tesserati, Brilli ha detto che solo nel Lazio ce ne sono 82, ma cosa significa? I tesserati comprendono tutti, anche quelli di altre specialità (mtb, bmx, ndr).

«Si vede dai numeri – riprende Bardelli mentre snocciola i file dal computer – lo scorso 13 giugno è stato organizzato il Trofeo Città di Formello, campionato regionale del Lazio. In questa gara, numeri alla mano, c’erano 92 iscritti. Di questi 92 iscritti se si va a vedere il codice 011, quello relativo al Lazio, si contano 32 corridori. Capito? Sono 32 juniores iscritti, magari i partenti saranno stati anche meno.

«Nel 2021 nessuna gara del Lazio ha visto più di 30 partenti con codice 011. Ho ricontrollato. E questa situazione non riguarda solo il Lazio, anche altre regioni del Centro-Sud, quindi Cavaliere non ha detto cose infondate».

Spesso al Sud i partenti per singola categoria non sono molti (foto Instagram)
Spesso al Sud i partenti per singola categoria non sono molti (foto Instagram)

Sui calendari

«Lo scorso anno nel Lazio ci sono state 6 gare juniores, escludendo il Liberazione che è una prova nazionale. In Puglia ce ne sono state meno addirittura. Qualcuna in più c’è stata in Sicilia, ma lì le categorie spesso corrono tutte insieme.

«Non solo, ma queste gare spesso sono state organizzate in concomitanza con altre corse in regioni limitrofe. I calendari juniores andrebbero fatti su scala nazionale. Già questo aiuterebbe molto le società, anche più piccole, a mantenere i propri atleti. Ci sarebbero più possibilità che anche gli altri possano venire a gareggiare in regioni meno battute».

Bardelli richiama alla realtà. Secondo lui, se le società non fanno attività o ne fanno poca e non hanno i soldi per andare a correre, è legittimo che il ragazzo cerchi di andare altrove per inseguire il suo sogno. Alla fine i Nibali e i Visconti uscivano dalla Sicilia.

«Gli juniores sono una categoria internazionale – riprende il diesse – Per me va bene che fino agli allievi si ragioni in un certo modo, che si coltivi il tessuto sociale, ma oltre no.

«Altra cosa: Brilli dice che dopo un anno tornano indietro. Non è vero. Arrivati ad un certo punto, chi deve fare le squadre under 23 cosa guarda? I piazzamenti: dove e come sono stati fatti. Ed è probabile che quel corridore smetta se è rimasto sempre nel suo “guscio”».

Sardegna: al Città di Sarroch sono arrivati 6 juniores nella gara mista juniores/allievi. E alla Vivet Cup solo 2 (foto Instagram Guspini)
Sardegna: al Città di Sarroch sono arrivati 6 juniores nella gara mista juniores/allievi. E alla Vivet Cup solo 2 (foto Instagram Guspini)

Sui punti

Si passa poi a parlare dei punti e dei costi per il passaggio da Comitato a Comitato.

«Il regolamento – continua Bardelli – dice che nel passaggio da allievi a juniores si debbano versare 21 euro a punto alla società di provenienza, più la metà (10,5 euro, ndr) al Comitato regionale sempre di partenza. E ancora un bonus di trasferimento che va riconosciuto sempre alla società, che però trovo giusto visto che la squadra ha valorizzato quel ragazzo».

«Quello che invece trovo assurdo è il passaggio da juniores alle continental. Le continental possono prendere juniores che abbiano almeno 10 punti. E cosa succede? Vanno a cercare i ragazzi in Sardegna o in Sicilia, i quali correndo sempre tra loro stessi ed essendo il livello più basso, chiaramente riescono ad accumulare il punteggio necessario.

«Riporto l’esempio di Matteo Severa, un buon prospetto. Lui poteva passare in una squadra continental, il problema è che Matteo avendo corso tra Lazio, Toscana e Nord Italia (grazie al Team Coratti) in queste gare di qualità ha accumulato “solo” 8 punti, pertanto non poteva essere tesserato. Molto probabilmente questo ragazzo smetterà, mentre altri di Sardegna e Sicilia, che magari neanche corrono più, hanno questa possibilità».

Ecco Martin Svrcek alla Roubaix juniores l’anno scorso: la Franco Ballerini va spesso anche all’estero
Ecco Martin Svrcek alla Roubaix juniores l’anno scorso: la Franco Ballerini va spesso anche all’estero

Sui vincoli

«E poi abbiamo ancora troppi vincoli, troppi regolamenti restringenti. Io per esempio ho un invito per due gare in Francia il 26-27 marzo, ma entrambe non le possiamo fare se non con una deroga. Non ci possiamo andare perché il regolamento italiano ce lo impedisce.

«Noi organizziamo una gara il 20 marzo, ma per questioni di sicurezza più di 120 corridori non possiamo prenderli e alla fine succederà che ci saranno quasi esclusivamente corridori toscani. Per me deve passare il concetto che gli juniores devono essere liberi. Bisogna fare attività, bisogna andare anche fuori, i numeri si giocano a tombola».

Come ripetiamo, noi di bici.PRO riportiamo le dichiarazioni dei diretti interessati. E la porta resta aperta. Questo ormai è quasi uno “spazio di servizio”. Fare attività in certe zone d’Italia non è facile. Non si può certo condannare chi insiste nonostante i numeri bassi e dà comunque una possibilità ai ragazzi, ma certo il gap con altre regioni è sempre più ampio.

La storia di Svrcek, nato in Slovacchia, cresciuto in Toscana

13.11.2021
7 min
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Questa è la favola di Martin Svrcek e del Team Franco Ballerini (di cui vi avevamo già accennato), iniziata il 10 novembre 2020 anno quando Andrea Bardelli, direttore sportivo, si mise a curiosare sul web fra i risultati del 2019. Si era accorto di lui agli europei di Plouay del 2020, dove era andato con Ponomar. La squadra non voleva uno straniero per il 2021, ma da allievo il piccolo slovacco aveva ottenuto dei buoni risultati nella corsa della Pace che si corre in Austria. Perciò Bardelli si mise a cercarlo su Facebook e scoprì che viveva a Zilina. Così contattò un ragazzo di lì che aveva avuto due anni prima all’Hopplà. I due erano amici. Perciò il… gancio fece da tramite e il giorno dopo ci fu il primo contatto. Davvero nessuno poteva immaginare come sarebbe andata a finire.

«Probabilmente avrebbe smesso di correre – sorride il tecnico toscano – perché in Slovacchia ci sono poche gare. Venne fuori che abita a 10 chilometri da Zilina e che conosceva Juray Sagan, il fratello di Peter che si occupa delle squadre giovanili. Devo dire che al momento di prendere le decisioni, la famiglia Sagan è stata molto presente. Ed è stato utile, perché ci siamo ritrovati in un mondo di squadre WorldTour e procuratori, in cui non avremmo saputo come muoverci».

Da che famiglia viene Martin Svrcek?

Sono cinque fratelli, tutti fenomeni dello sport. Un fratellino di 14 anni è un talento dell’hockey e presto andrà in America. Sono cinque ragazzi splendidi e autonomi. Il padre è un manager ed è venuto con lo zio per conoscerci. Sono rimasti per due giorni a Montecatini. Hanno fatto mille domande, visto dove avrebbe alloggiato Martin, poi sono risaliti in macchina e via. Del padre non ho neppure il numero di telefono, ma si è fidato. Martin è arrivato a gennaio. E noi ci siamo ritrovati in casa un ragazzo umile, con voglia di lavorare e la maturità per stare sette mesi via da casa.

E’ stato semplice?

L’ho trattato come un figlio, ma devo tutto alla famiglia Iacchi. Hanno due figli corridori, Alessandro e Lorenzo, ma già si prendevano cura di Stojnic. Poi lui si è rotto il femore e Martin si è ritrovato da solo. La mossa vincente è stato far venire giù la sua ragazza, che corre in bici. In quel momento Martin si è sentito a casa sua e ha capito che ci fidavamo di lui.

Quando ti sei accorto che fosse uno buono?

Al primo allenamento a Barberino del Mugello, di gennaio. Aveva viaggiato tutta la notte in macchina col padre. C’era un nebbione che metteva paura. Aveva 5-6 chili più del giusto. Facemmo un allenamento e i due ragazzi che erano con lui, mi dissero che quello lì avrebbe vinto 25 corse. C’era da scoprirne il carattere e se si sarebbe inserito, ma il corridore lo vedi subito. 

Svrcek e Alessandro Iacchi, come fratelli, hanno vissuto e si sono allenati insieme per un anno
Svrcek e Alessandro Iacchi, come fratelli, hanno vissuto e si sono allenati insieme per un anno
Cinque o sei chili di troppo?

Quando è arrivato (Bardelli ride, ndr) aveva l’abitudine slovacca di bere qualche birretta. Ma non siamo andati dal dietista o dal dottore, gli è bastato stare accanto ai ragazzi e mangiare in casa da corridore. Poi, siccome è molto sveglio, ha capito che la giusta alimentazione iniziava a fare la differenza. E’ veramente partito da zero.

Parlava italiano?

Il primo mese, in appartamento con Stojnic, cominciava a parlarlo. Quando poi Veliko si è infortunato ed è arrivata la sua ragazza, ha un po’ smesso. Lo studiava e lo studia ancora, ma è timido ed esigente, per cui con me in ammiraglia ci prova, ma nelle interviste non si fida. Alle prime corse, noi dicevamo le cose alla ragazza in inglese e lei da bordo strada traduceva in slovacco. Diciamo che alla fine (dice sorridendo, ndr) s’è messo a punto un dialetto tosco-anglo-slovacco.

Sedici vittorie, un bel bottino…

Negli ultimi tre anni abbiamo fatto tanta attività internazionale. Ci siamo fatti un nome e correre da noi è una bella vetrina, soprattutto se poi finisci nel WorldTour. Portare questo nome (Franco Ballerini, ndr) è un orgoglio, abbiamo tutti gli occhi addosso.

Svrecek ha chiuso i mondiali al quarto posto. Eccolo nello sprint accanto all’azzurro Oioli
Svrecek ha chiuso i mondiali al quarto posto. Eccolo nello sprint accanto all’azzurro Oioli
Sì però un ragazzino che parte da zero e dopo un anno passa nel WorldTour non ti suona un po’ strano?

I primi contatti sono iniziati a maggio, aveva vinto sette corse fra cui l’Eroica Juniores. Io non sono d’accordo, ma il ciclismo è cambiato. Sono contento perché abbiamo preso il manager belga che segue anche Alaphilippe e concordato un avvicinamento graduale. Martin farà prima sei mesi nella Biesse-Carrera di Milesi e Nicoletti.

Non è presto?

E’ pronto di testa. Qui lavoriamo in modo diverso, ho cambiato dopo aver lavorato nei dilettanti. Durante la settimana, i nostri si allenano da soli. Gli diamo il supporto di un allenatore come Pino Toni e poi sta a loro imparare a gestirsi le giornate. Anche se abitiamo a un chilometro di distanza, non ho mai seguito Martin in allenamento. Non mi piace coccolarli come si fa in Italia.

Perché è pronto di testa?

Dopo aver firmato il contratto a luglio, temevo che mollasse. Invece ha tenuto duro fino al mondiale. E a quel punto, invece di fare festa, sapeva quanto io tenessi alla Roubaix per il ventennale dalla morte di Franco (Ballerini, ndr) e ha tenuto duro fino lì. Ha la capacità di restare concentrato e grande correttezza.

Cosa sa di Franco Ballerini?

Il 7 febbraio scorso venne alla commemorazione e si accorse di quanta gente ci fosse a Casalguidi. Poi ha visto i video e ha capito il perché di tanta attenzione all’estero. Un giorno mi ha chiesto: «Come avete fatto a prendere uno sconosciuto come me?». Davvero non gli tornava che la squadra di Tiberi e Ponomar lo avesse cercato. Non si sentiva all’altezza di correre in Italia

Un bell’esempio di umiltà…

Al di là delle 16 vittorie, ha insegnato tanto a quelli di primo anno. Erano abituati a mille attenzioni e ad uscire solo con il direttore sportivo dietro. All’inizio è stato duro, poi però sono arrivati i risultati. Noi direttori dobbiamo farli crescere, non pensare solo ai risultati. Perché quando poi arrivano nei dilettanti, sono da soli e non sanno come gestirsi.

Parigi-Roubaix juniores, l’ultima corsa 2021 di Martin Svrcek, in onore di Ballerini
Parigi-Roubaix juniores, l’ultima corsa 2021 di Martin Svrcek, in onore di Ballerini
Cosa farete nel 2022 senza Svrcek?

Avremo 16-17 juniores e 7 allievi. Senza un’individualità così forte, ma una delle squadre più forti che ho mai avuto. C’è un canadese che sarà la rivelazione e fra gli allievi, un secondo anno ligure che sarà il nuovo Tiberi. Con gli junior dovremmo cominciare il 27 febbraio alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne e abbiamo già l’invito per il Giro delle Fiandre. Mi piacerebbe portare fuori anche gli allievi, ma è tutto in fase di programmazione. Eppure la vittoria più bella…

Qual è stata?

La cena di fine anno. Martin non c’era, ma ha mandato un video. Lorenzo Iacchi ha fatto un discorso sulla stagione e su Franco che ha commosso tutti. Si è messo a piangere e ha pianto anche la Sabrina (moglie di Ballerini, ndr). Lui è il nostro asso nella manica. A 18 anni ha già tutti i tesserini da direttore sportivo, tutti i contatti con i nuovi corridori li ha presi lui. Ora va negli under 23, ma per il futuro credo di aver già trovato il mio successore.

Segaert, stagione superba, conclusa col botto

26.10.2021
4 min
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Il punto esclamativo lo ha messo domenica 24 ottobre a Lendelede, il suo paese, vincendo la gara di casa. Sessanta chilometri di fuga solitaria e traguardo tagliato sollevando la bici al cielo per il suo decimo successo stagionale. Non un gesto irriverente quanto più di congedo dalla categoria che lo ha fatto conoscere al mondo. E al Cafe de Kluisberg, il pub del paese e sede del suo fans club, si prepara già la festa di fine stagione.

Il belga Alec Segaert – junior della Gaverzicht Be Okay, che il prossimo 16 gennaio compirà diciannove anni – quest’anno è stato una delle rivelazioni giovanili. Lo abbiamo scoperto proprio qui in Italia, a Stradella, il 30 maggio mentre conquistava il Memorial Cinerari-Siori. L’8 settembre poi, sempre qui da noi, a Trento, è diventato campione europeo a cronometro, venendo ingaggiato per il 2022 dalla Lotto-Soudal U23. Aveva riempito lo spazio tra queste due date con altre vittorie e dopo il titolo continentale ha progressivamente scalato un proprio podio personale in tre gare di portata internazionale: terzo nella crono mondiale, secondo alla Parigi-Roubaix e primo nella Chrono des Nations.

Da quel giorno di fine maggio abbiamo continuato a seguire questo ragazzo fiammingo nato a Roeselare grazie alle parole di Andrea Bardelli (ds del Team Franco Ballerini) che già lo conosceva bene. 

A Trento ha vinto la crono, malgrado la brutta caduta delle settimane precedenti
A Trento ha vinto la crono, malgrado la brutta caduta delle settimane precedenti
Alec che tipo di stagione è stata per te? 

La stagione in Belgio è partita tardi a causa del Covid, ma l’ho iniziata molto bene in Italia. Ho corso fino a pochi giorni fa e ho centrato la decima vittoria su 36 gare. Compresa quella all’europeo, non potrei essere più felice.

Il momento migliore e quello peggiore di quest’anno? 

Il migliore è il connubio tra gli europei e i mondiali. In Trentino per il risultato ovviamente, nelle Fiandre per l’atmosfera pazzesca e anche per una bellissima medaglia di bronzo. Il momento più brutto della stagione è stato probabilmente il mio incidente alla Course de la Paix (il 26 agosto, ndr) appena due settimane prima del campionato europeo. Lì mi sono rotto la spalla quindi avevo un po’ paura per le gare imminenti, ma è andato tutto abbastanza bene (lo afferma ridendo felice, ndr).

Chi è il tuo idolo? 

Il mio idolo è Mathieu Van der Poel. E’ incredibile quanto sia forte in ogni disciplina e lo fa sembrare così facile.

Alla fine di una stagione come questa, che tipo di corridore pensi di essere?

Credo di essere abbastanza versatile. Ho vinto delle gare collinari, come a Stradella, e una delle gare più dure del Belgio, la Course de côte Herbeumont, che ha un albo d’oro importante e che ha vinto anche Van der Poel (nel 2012, ndr). Ho anche vinto una classifica generale in Austria, due prove a cronometro e sono arrivato davanti in una classica come la Parigi-Roubaix.

Secondo alla Roubaix in una giornata di tregenda: risultato enorme (foto @grandducalcycling)
Secondo alla Roubaix in una giornata di tregenda: risultato enorme (foto @grandducalcycling
Dove ti senti migliorato e dove devi migliorare?

Penso di essere migliorato nella tattica di gara. Spesso ho attaccato nei momenti giusti per cercare la vittoria. Spero invece di poter migliorare il mio sprint nei prossimi anni.

Ti aspettavi una stagione come questa? 

Sapevo che se tutto si fosse evoluto normalmente, sarei potuto stare con i migliori corridori belgi. Non vedevo l’ora che arrivassero le gare nelle Fiandre, ma sono state cancellate per Covid. Poi ho iniziato la stagione con una vittoria in Italia a fine maggio. Sapevo di essere in buona forma e che potevo solo migliorare durante la stagione. A luglio ho vinto la mia prima gara Uci, la Juniorenrundfahrt in Austria. A settembre e ottobre i risultati hanno continuato a venire. Non mi aspettavo di vincere tutte queste grandi gare e questo ora mi rende ancora più orgoglioso.

Com’è tuo fratello come allenatore?

Loic è un allenatore fantastico. Investe molto tempo su di me e mi dà le tattiche prima di ogni gara. Sa tutto sugli avversari e sui percorsi di ogni gara in cui parto. Ma soprattutto mi conosce molto bene e sa di che cosa sono capace. Mi imposta sempre il perfetto ritmo da tenere in una cronometro.

Suo fratello Loic (a destra) è ora il suo allenatore, dopo aver corso a sua volta
Suo fratello Loic (a destra) è ora il suo allenatore, dopo aver corso a sua volta
L’anno prossimo che cosa ti aspetti?

Il prossimo anno sarà un’altra sfida. Una nuova categoria e gare più lunghe. Sono molto motivato a tirare fuori il meglio di me con la Lotto Soudal.

Qual è la gara dei sogni?

Ho sempre amato le classiche con pavé e brevi salite. Mi è dispiaciuto non poterle correre per due anni per colpa del Covid. Fortunatamente il 3 ottobre sono partito nella leggendaria Parigi-Roubaix finendo secondo. E’ una gara fantastica, penso di avere il profilo giusto per farla e spero in futuro di tornare sul podio di Roubaix, possibilmente sul gradino più alto.

A Roubaix col Ballero nel cuore, la commozione di Bardelli

03.10.2021
5 min
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«Ci siamo svegliati alle sei e mezza – dice Bardelli con le lacrime agli occhi – c’era il diluvio universale. E ho visto questi ragazzini mettersi il taping come faceva Franco e prepararsi per la Roubaix. Mi viene da piangere perché so che stanno cercando di finirla a tutti i costi, mentre qua davanti Martin s’è giocato la corsa. E andava così forte, da pensare che da lassù lo guidasse qualcuno…».

Davide Buconi del quartetto era uno di quelli con la miglior condizione
Davide Buconi del quartetto era uno di quelli con la miglior condizione

Vittoria a Fredheim

Stiam Fredheim ha vinto la Roubaix juniores, alle sue spalle al fotofinish Alec Segaert campione europeo della crono, terzo Hagenes campione del mondo. Il quarto non s’è ancora capito. Quinto il campione d’Europa Gregoire e sesto Martin Svrcek, corridore slovacco del Team Franco Ballerini (foto di apertura). C’era lui dall’alto a guidarlo, il nostro amico Franco. Che qui vent’anni fa concluse la carriera con quella maglietta bianca con su scritto Merci Roubaix.

Bardelli piange, ma grazie alla pioggia battente se ne accorgono in pochi. La squadra toscana è arrivata a Roubaix all’ultimo momento, grazie all’invito ricevuto. Dopo il mondiale, avevano deciso di chiudere bottega e dare appuntamento al 2022. Svrcek aveva già firmato per la Deceuninck-Quick Step, gli altri erano già a scuola.

«Ma quando è arrivato l’invito – prosegue il tecnico del team – Martin mi ha detto di venire a correre. E io sapevo che se lui dice di partire, lo fa per vincere. Avevo paura del pavé, ma si è mosso benissimo. Si è staccato per un errore, ma era con i migliori».

Il Ballero nel cuore

I francesi per i campioni hanno cuore. E quando ieri alla presentazione delle squadre hanno visto le maglie del Team Ballerini con quella stessa scritta, li hanno adottati. Franco quassù era un dio, come lo sono tutti coloro che su queste pietre hanno lottato, perso e poi vinto.

Sesto posto finale per Martin Svrcek, al primo assaggio di pavé
Sesto posto finale per Martin Svrcek, al primo assaggio di pavé

«Quassù Franco è Franco – dice Bardelli e ancora si commuove – e quando ci hanno visto hanno iniziato a fotografarci. Io ho seguito tutte le sue Roubaix ed essere qui vent’anni dopo è un sogno. Per Martin è il primo anno che corre sul serio, ma ci tenevamo per la Sabrina (mogie di Franco Ballerini, ndr) a onorare questo invito. Martin ha il suo futuro alla Deceuninck-Quick Step, agli altri resterà per la vita. Chi sia Ballerini ci penso io a dirglielo e credo che Martin abbia fatto questa corsa per restituirci qualcosa. Lo abbiamo cresciuto passo dopo passo e anche per questo la giornata si concluderà con un magone. Perché con la stagione finirà anche la nostra collaborazione. Anche se continueremo a essere in contatto».

Il lavoro e la passione

Nel programma dei ragazzi di Bardelli c’era anche assistere all’arrivo dei professionisti, poi la notte al solito hotel col tucano a Charleroi e domattina il volo per l’Italia. Segnate i loro nomi. Alcuni diventeranno corridori, altri porteranno questa giornata per sempre nei ricordi.

Lorenzo Iacchi era fra i primo trenta, ma ha bucato a 20 chilometri dall’arrivo e si è fermato. Comunque il miglior italiano

«E’ un’emozione indescrivibile – ripete Bardelli – ho portato tre corridori di secondo anno, Gianmarco Coppini, Lorenzo Iacchi e Martin Svrcek, e ho aggiunto Davide Buconi che nelle ultime gare si è dimostrato in crescita. A tutti loro e a chi vorrà leggere questa storia porto l’esempio di Franco Ballerini. Un uomo che con il lavoro e la passione ha raggiunto dei risultati bellissimi. Poi ha raccolto il testimone di Alfredo Martini e dopo di lui è stato il commissario tecnico migliore che l’Italia abbia mai avuto. Il lavoro e la passione, basta chiacchiere. Con gli juniores serve fare così. I miei ragazzi non lo dimenticheranno mai».