All’ombra di Kooij si è rivisto il Mareczko che punge

15.06.2023
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Di Jakub Mareczko si parla sempre abbastanza poco, pur facendo parte di un team WorldTour. Chiamato a correre lo ZLM Tour in Olanda, il corridore bresciano di origine polacca ha risposto presente alla sua maniera, con una vittoria e due podi, dimostrando di essere ancora un velocista di primissimo piano. Per lui non è ancora passato il valico dei trent’anni, eppure molti lo considerano uno dei più maturi sprinter del momento e in un ciclismo che punta sempre verso la giovinezza sfrenata, il termine “maturi” per qualcuno assume una concezione negativa.

Pochi si sono accorti ad esempio che con il successo olandese, Mareczko ha toccato quota 62 vittorie fra i professionisti e si ha un bel dire che fra queste non ci saranno grandi classiche, ma è pur sempre un traguardo che vale e che pochi possono vantare. La verità è che in Olanda Jakub ha raggiunto finalmente la forma, in un consesso non di poco conto.

«Lo ZLM Tour era una corsa con tracciati adatti a me, questo è certo – spiega Mareczko – sapevo che poteva essere foriero di soddisfazioni e volevo farmi trovare pronto, quindi mi sono preparato con cura. C’erano tutti percorsi pianeggianti salvo la prima tappa che era un cronoprologo e di fatto ha costruito la classifica».

La volata vincente di Mareczko a Buchten, con l’aiuto di Robbe Ghys (a sinistra) terzo
La volata vincente di Mareczko a Buchten, con l’aiuto di Robbe Ghys (a sinistra) terzo
Guardando le classifiche ci si accorge che, al di là del vincitore Kooij, c’erano molti velocisti di spicco e soprattutto molti sprinter italiani, essere riuscito a svettare in quel consesso vorrà pur dire qualcosa.

Assolutamente, quando ho tagliato il traguardo vittorioso ero davvero soddisfatto, ma anche i due podi successivi sono stati importanti perché hanno dimostrato la mia costanza di rendimento e la mia forma. Avevo già gareggiato lo scorso anno, ma non c’era il prologo quindi ci si giocava tutto con gli abbuoni, questa volta sono emersi velocisti capaci di far bene anche a cronometro.

Come Kooij, che ha confermato la sua predisposizione per le classifiche delle corse a tappe…

Non solo lui, anche l’australiano Welsford. Sapendo che i percorsi erano a loro congeniali, sia la Jumbo Visma che il Team DSM hanno tenuto la corsa molto chiusa, non dando grandi possibilità per andare in fuga, quindi ci si giocava tutto allo sprint e come detto c’era gente di peso, dagli stessi sopra nominati a Cavendish.

Per Mareczko finora poche apparizioni in gara ma con ottime percentuali di risultati
Per Mareczko finora poche apparizioni in gara ma con ottime percentuali di risultati
Tu finora hai gareggiato piuttosto poco, appena 20 giorni di gara con un bilancio statisticamente lusinghiero: 2 vittorie e altre 5 presenze nella Top 10. Come mai così poche apparizioni?

E’ una scelta del team, che è molto ampio come ogni squadra del WT. Considerando Philipsen e Groves come gli sprinter principali per i grandi Giri, per me è stato scelto un calendario ridotto, ma con appuntamenti adatti alle mie caratteristiche, ricalcando un po’ quello dello scorso anno, ma con differenze sostanziali.

Quali?

Il primo anno alla Alpecin è stato fondamentale per capire le gare alle quali partecipavo, le prove del Nord Europa che non sono certo quelle italiane o quelle che vai a fare in giro per il mondo. Pian piano sono entrato nel mood di questo modo di correre e infatti, se si va a guardare ci sono stati miglioramenti in quasi tutte le gare alle quali ho partecipato.

La doppietta vincente dell’Alpecin al Tour de Bretagne, con l’azzurro davanti a Dehairs (BEL)
La doppietta vincente dell’Alpecin al Tour de Bretagne, con l’azzurro davanti a Dehairs (BEL)
Vorresti gareggiare di più?

Il sistema dimostra di funzionare, quando sono stato chiamato in causa mi sono fatto trovare pronto. Nel team mi trovo molto bene, quando non sono in gara con loro posso allenarmi a casa oppure in Spagna per qualche ritiro ben posizionato nella stagione. Ora ad esempio farò il Giro di Polonia e poi staccherò dalle gare per un paio di settimane per poi preparare la seconda parte di stagione.

Parlando dei tuoi colleghi Philipsen e Groves, che velocisti sono?

Fortissimi e per Jasper direi quasi atipico, perché è uno che tiene bene anche in salita. Uno che vince sui Campi Elisi al Tour e giunge secondo alla Roubaix dietro Van Der Poel non puoi certo considerarlo un velocista comune, è davvero tanta roba.

Un altro centro per Olav Kooij, primo in classifica con 13″ su Welsford e 15″ su Eekhoff
Un altro centro per Olav Kooij, primo in classifica con 13″ su Welsford e 15″ su Eekhoff
Nella seconda parte di stagione speri di avere più occasioni di confronto?

Dipende dal calendario, considerando che Jasper e Kaden presumo si divideranno fra i grandi Giri. Io voglio continuare su questa strada, prendere parte a corse che si adattano alle mie caratteristiche, per aumentare le mie possibilità di vittoria e, perché no, potermi presentare alle trattative per il rinnovo del contratto con risultati, che ci sono, e con un rendimento costante e anche pienamente integrato nel gruppo.

Van der Poel cambia rotta, ma vuole sempre vincere

06.06.2023
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Mille domande a Mathieu Van der Poel, che si collega da La Plagne, dove si sta allenando con la squadra alla vigilia della prima corsa da due mesi a questa parte. Sabato infatti il vincitore della Sanremo e della Roubaix (foto di apertura) ripartirà dalla Duracell Dwars Door Het Hageland e poi andrà avanti con il Giro del Belgio. Anche lui ha capito che dopo i momenti ad altissima intensità è meglio recuperare piuttosto che continuare a sbuffare polvere e fatica. Così quest’anno ha sposato una linea più… moderna. Ha ridotto i giorni di gara, aumentando quelli dedicati all’allenamento. L’obiettivo è ritrovare la super condizione della Sanremo e della Roubaix e portarla al Tour e ai mondiali.

«Meglio le gare in Belgio – spiega – piuttosto del Giro di Svizzera, dove ci sono due prove a cronometro e anche tanta salita. Preferisco provare a vincere che fare gruppetto sulle Alpi. Sono lontano da casa già da un po’, quindi è bello correre su strade più familiari. Anche perché l’ultima parte dell’estate sarà in Francia e poi a Glasgow per i mondiali. Quindi abbiamo deciso così».

La fantastica primavera di Van der Poel si è aperta con l’assolo vincente di Sanremo
La fantastica primavera di Van der Poel si è aperta con l’assolo vincente di Sanremo
Non amavi i lunghi periodi di allenamento, come mai questo cambiamento?

Sono migliorato negli ultimi anni e ora mi diverto (sorride, ndr). Mi permettono di arrivare alle corse più fresco di qualche anno fa. Quando sei in posti come questo, non hai molto da fare oltre al ciclismo, quindi le giornate passano in modo facile e senza grossi stress. Mi sono allenato bene. Per due giorni a settimana sono andato in palestra per tenere sotto controllo il problema alla schiena che sta molto bene.

L’obiettivo è ricostruire la super condizione di primavera?

Esattamente. Le classiche sono andate davvero bene e quando è così, diventa più facile lavorare per l’obiettivo successivo. Ho già fatto una buona settimana di allenamento in Spagna e poi sono venuto qui a La Plagne con la squadra, mi sembra che tutto stia andando secondo i piani. Abbiamo deciso di dedicare più tempo all’allenamento e un po’ meno alle corse, ma sono certo che al momento opportuno sarò al livello che desidero. Mi sento bene e pronto per correre.

L’anno scorso arrivò al Tour dopo un Giro bellissimo, ma molto dispendioso. Si ritirò durante l’11ª tappa
L’anno scorso arrivò al Tour dopo un Giro bellissimo, ma dispendioso. Si ritirò durante l’11ª tappa
Ti convince questa gestione?

Funziona, come si è visto nelle classiche, ma di sicuro sono davvero ansioso di tornare a correre. In certi momenti può anche essere difficile. Se cadi, ad esempio, e ti fai qualcosa di serio, hai fatto una lunga preparazione per niente. Fa parte del ciclismo moderno, immagino. Quindi da una parte sono convinto del lavoro che sto facendo, dall’altra sono contento di aver già corso e vinto bene.

Classiche e Tour de France: si può fare una classifica?

Prima vengono le classiche, almeno per me, forse insieme ai campionati del mondo, che sono pure in cima alla mia lista. Ma di sicuro sono motivato anche per fare un buon Tour. Penso che questo sia il primo anno in cui mi preparo davvero bene, senza altre cose a cui pensare. Avremo una squadra forte e affiatata, queste corse in Belgio saranno un obiettivo e insieme una rifinitura.

La mountain bike entrerà in scena dopo i mondiali su strada di Glasgow, con l’obiettivo olimpico di Parigi
La mountain bike entrerà in scena dopo i mondiali su strada di Glasgow, con l’obiettivo olimpico di Parigi
Dopo il Tour ci saranno i mondiali di Glasgow: gareggerai anche nella mountain bike per qualificarti alle Olimpiadi?

Ne abbiamo parlato proprio in questi giorni e le farò entrambe, anche senza una grande preparazione specifica. Proverò ad andare alla gara di mountain bike senza alcuna pressione, ma certo con una buona condizione. Non sarà facile qualificarsi per le Olimpiadi, Glasgow sarà il primo passo. Abbiamo parlato anche di fare altre gare di mountain bike entro la fine dell’estate, ma non è stata ancora presa alcuna decisione. 

I mondiali arrivano due settimane dopo il Tour. Che cosa cercherai in Francia? 

Difficile dirlo, per certi versi spero che il Tour passi presto. Il mio livello non è paragonabile a quello dello scorso anno dopo il Giro, quando ho avuto pochissimo tempo per prepararmi. Comunque da una parte credo che non abbia senso buttare troppe energie durante il Tour, ma di sicuro non mi tratterrò troppo.

Il Tour torna sul Puy de Dome. Nel 1964 fu teatro del duello fra suo nonno Poulidor e Anquetil (foto R. Krieger/L’Équipe)
Il Tour torna sul Puy de Dome. Nel 1964 fu teatro del duello fra suo nonno Poulidor e Anquetil (foto R. Krieger/L’Équipe)
La maglia gialla, la verde, la tappa del Puy de Dome sulle strade di tuo nonno Raymond Poulidor dove sono attesi 500 mila spettatori…

La maglia gialla sarà difficile, perché sin dall’inizio nei Paesi Baschi ci saranno in ballo anche gli scalatori. La verde potrebbe essere un obiettivo per Philipsen. Il Puy de Dome invece sarà speciale. La tappa partirà dal villaggio dei miei nonni (Saint Leonard de Noblat, ndr), ci sono stato molte volte quando ero più giovane, quindi sarà sicuramente una gara che non vedo l’ora di affrontare. Non credo che per me sia realistico pensare di poter vincere lassù. Proverò solo a godermi la giornata il più possibile.

Il Tour è il solo modo per preparare il mondiale?

No, non credo, è solo una corsa in cui mi piacerebbe fare bene come lo scorso anno al Giro d’Italia. L’obiettivo sarà arrivare a Parigi e so già che in gruppo ci saranno altri corridori con la testa a Glasgow. Questo è certo.

La prima di Vergallito. La scelta era stata giusta

05.06.2023
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Primi mesi da professionista per Luca Vergallito e i risultati cominciano ad arrivare. Risultati utili per togliere quel velo di scetticismo che aveva coperto il suo ingaggio all’Alpecin Deceuninck (squadra Development) in virtù della vittoria nel concorso Zwift, esattamente come prima di lui aveva fatto Jay Vine. I commenti social tesi allo scetticismo ormai sono parte del passato, perché il venticinquenne milanese inizia a mostrare di che pasta è fatto.

Sesto alla Fleche Ardennaise e 15° al Giro di Norvegia, poi l’acuto all’Oberosterreich Rundfarth, prova a tappe austriaca dove in un sol colpo ha conquistato tappa finale e classifica generale, da vero “bandito” com’è il suo soprannome nel mondo delle due ruote. E’ il momento giusto per fare il punto della situazione, considerando che chi corre in una squadra devo è sempre soggetto a vincoli, come l’impossibilità a confrontarsi con i migliori nelle prove WorldTour.

Vergallito solo al traguardo, battuto lo spagnolo Carda, secondo in classifica a 1″, 3° Messmer (AUT) a 9″
Vergallito solo al traguardo, battuto lo spagnolo Carda, secondo in classifica a 1″, 3° Messmer (AUT) a 9″

«E’ stato tutto come mi aspettavo – racconta Vergallito di ritorno dall’Austria – mi trovo in una squadra molto ben organizzata dove gli atleti sono seguiti bene, sia dal punto di vista dell’allenamento che da quello logistico per le trasferte, esattamente quello che ci si aspetta da una formazione WorldTour (Vergallito è tesserato con il Development Team, ndr), quindi diciamo che le aspettative sono state rispettate».

Tu avevi messo un po’ da parte le tue aspirazioni ciclistiche prima del concorso, che ciclismo hai ritrovato?

E’ un ciclismo diverso, questo è indubbio. Io avevo gareggiato fino alla categoria under 23, era un modo di correre più anarchico con prove più nervose, qui invece c’è un copione che di regola viene rispettato. Nelle prove che ho fatto, il gruppo gestisce la fuga iniziale e poi ci si gioca quasi sempre la corsa nelle fasi finali, come si vede in televisione. Nelle categorie inferiori c’è molta più confusione nello svolgimento.

Vergallito aveva chiuso la sua carriera nel 2017, ora la ripresa grazie al concorso Zwift
Vergallito aveva chiuso la sua carriera nel 2017, ora la ripresa grazie al concorso Zwift
In Austria hai fatto saltare il banco nell’ultima tappa. Com’è andata?

Si è deciso tutto sull’ultima salita, di 10 chilometri, eravamo una decina davanti compreso il leader della classifica, il belga Timo Kielich che aveva vinto le ultime due tappe. Gli austriaci hanno fatto un gran ritmo e si è fatta selezione, poi ai -4 è partito lo spagnolo Oscar Cabedo Carda e mi sono accodato, per poi partire a mia volta a due chilometri dalla conclusione mantenendo sempre qualche metro di vantaggio. Alla fine ho scoperto che avevo recuperato tutto il distacco delle prime tappe facendo bottino pieno.

Rispetto agli inizi dell’anno sei andato sempre in crescendo. In squadra ti hanno dato un ruolo definito o si cambia in base alla gara?

Per ora ho ancora poche esperienze, ho corso ancora abbastanza poco e non saprei dare una risposta chiara. Molto dipende comunque da qual è la gara, da come ci si presenta, il profilo altimetrico, la forma raggiunta in quel periodo… Io ho iniziato in aprile con il Circuito delle Ardenne dove avevamo un paio di ragazzi messi bene in classifica e ho lavorato per loro. La Fleche era una corsa molto dura, inizialmente avevamo altre punte ma poi la corsa si è messa in modo che potevo giocarmi le mie carte e ho chiuso nel gruppetto davanti.

Il milanese si sta ambientando, ritagliandosi spazi sempre più importanti
Il milanese si sta ambientando, ritagliandosi spazi sempre più importanti
Con Van Der Poel hai mai corso?

No, abbiamo calendari diversi visto che come appartenente al Team Devo non posso fare gare del massimo circuito ma è chiaro che la squadra è improntata su di lui su uno schema definito. Comunque prima delle gare si decide con il direttore sportivo che cosa fare, come impostare la corsa e su chi puntare e si va avanti sul quel piano.

Tu hai corso il Giro di Norvegia che, fra quelle extra WT è una delle più importanti, che corsa è stata per te?

Intanto era la mia prima esperienza con la squadra maggiore, un po’ particolare perché praticamente il cronoprologo del primo giorno ha delineato la classifica senza che poi ci fossero grandi cambiamenti. La seconda tappa è stata accorciata per maltempo ed era la più dura, le altre invece non erano così selettive. Io mi sono trovato bene, una prova che mi ha soddisfatto e mi ha dato fiducia al di là del piazzamento. La cosa che mi ha fatto più piacere e vedere che con la prima squadra mi trovo bene e riesco a muovermi a mio agio in contesti sempre più grandi e qualificati.

Al Tour of Norway l’italiano è stato il migliore in classifica del team, pur lavorando per le volate di Planckaert
Al Tour of Norway l’italiano è stato il migliore in classifica del team, pur lavorando per le volate di Planckaert
Il fatto di aver scelto il concorso Zwift, aver fatto quella scelta è stata quella giusta, una svolta nella tua vita?

Per adesso sì. Sono felice di quello che sto facendo e di come la mia vita è cambiata e stia cambiando, è un po’ tutto da scoprire, un anno fa non avrei pensato di essere qui a girare il mondo in bicicletta con un team professionistico. Il sogno si è avverato, ora è una realtà.

Van der Poel, la mountain bike può attendere

28.04.2023
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Forse la parte più difficile sarà riconoscere che per ottenere i migliori risultati su strada ci sarà da accantonare, magari non definitivamente, tutto il resto. Non a caso la fantastica primavera di Mathieu Van der Poel è arrivata proprio nell’anno in cui l’olandese ha ridotto l’intensità dell’impegno nel cross. Adesso l’osso da lasciar andare è la mountain bike.

Il programma, annunciato da Mathieu dopo la vittoria della Sanremo, prevedeva infatti la partecipazione a due prove di Coppa del mondo: quella di Valkenburg e poi di Nove Mesto. Ma quando la data olandese è stata (inspiegabilmente) esclusa dal calendario della challenge UCI, la Alpecin-Deceuninck e lo stesso Van der Poel hanno ritenuto che non valesse la pena procedere con il progetto, avendo in palio soltanto la prova della Repubblica Ceca. Per cui, sebbene la rivincita olimpica a Parigi 2024 resti al centro dei suoi pensieri, si inizierà a riparlarne più avanti.

Tutti ricorderanno la brutta caduta alle ultime OIimpiadi, quando Van der Poel non tenne a mente che una passerella presente in prova fosse stata rimossa nel giorno della gara. Cadendo quel giorno, oltre a perdere la gara, ebbero inizio a tutti i problemi della sua schiena.

La caduta di Tokyo è costata cara a Van der Poel: il risultato immediato e il mal di schiena dei mesi successivi
La caduta di Tokyo è costata cara a Van der Poel: il risultato immediato e il mal di schiena dei mesi successivi

Caccia ai punti

«Sia noi che Mathieu – ha dichiarato in un comunicato Christoph Roodhooft, direttore sportivo della Alpecin – abbiamo pensato che non fosse opportuno cambiare tutto per una sola gara. Preferiamo lasciare che Mathieu si prepari adeguatamente per il Tour e i mondiali: i suoi più grandi obiettivi della prossima estate. Ma l’ambizione di arrivare ai Giochi è ancora lì».

L’accordo di saltare la Coppa del mondo di Nove Mesto è venuta anche dopo la valutazione del tecnico arancione della mountain bike, Gerben de Knegt. Nonostante il cammino di qualificazione di Van der Poel per le Olimpiadi sia tutto fuorché esente da rischi.

L’Olanda attualmente occupa il 30° posto nel ranking olimpico, che viene calcolato sulla base dei punti dei tre migliori corridori. I Paesi classificati fra la prima e l’ottava posizione hanno diritto a due atleti olimpici; quelli da nove a 19 possono schierarne uno solo. Per fare i punti necessari alla qualificazione, l’Olanda si stanno appoggiando allo specialista David Nordemann e Milan Vader della Jumbo Visma. I due si sono impegnati e si impegneranno ancora nella qualificazione e ovviamente l’arrivo di Van der Poel all’ultimo momento potrebbe essere utile e insieme provocare malcontento.

Van der Poel ha dovuto ridurre il suo programma MTB, saltando due prove di Coppa del mondo (foto Instagram)
Van der Poel ha dovuto ridurre il suo programma MTB, saltando due prove di Coppa del mondo (foto Instagram)

Due mondiali in 6 giorni

Per questo si stima che per Mathieu la strada più breve e sicura verso Parigi 2024 sia il campionato mondiale di mountain bike. Nel gigantesco carosello dei prossimi mondiali scozzesi, la gara maschile di cross country si disputerà il 12 agosto. Se Van der Poel si piazzasse primo o secondo, strapperebbe la qualificazione olimpica. E’ indubbio che Mathieu sia in grado di farlo, il guaio per lui è che sei giorni prima ci siano in programma i mondiali su strada, che per l’olandese sono un obiettivo altrettanto importante su un percorso che gli si addice come un guanto. E’ possibile rendere al meglio su due bici diverse e in due discipline che richiedono preparazioni differenti, con così poco tempo per adattarsi? Alla Alpecin-Decenunick aspettano di sapere se davvero Van der Poel voglia tentare il doppio assalto. Dal loro punto di vista, corsi il Tour e il mondiale su strada, il grosso dell’estate sarebbe al sicuro e Mathieu potrebbe… divertirsi come meglio crede.

In azione ai mondiali MTB del 2022, Pidcock è il campione olimpico in gara (foto Instagram)
In azione ai mondiali MTB del 2022, Pidcock è il campione olimpico in gara (foto Instagram)

La scelta di Pidcock

Al contrario, la primavera di Tom Pidcock non è ancora finita. Dopo il secondo posto alla Liegi-Bastogne-Liegi, il britannico della Ineos Grenadiers ha scelto di iniziare con la mountain bike già dal prossimo fine settimana in Francia.

Nello specifico, venerdì e domenica Pidcock correrà in Coppa di Francia a Gueret: prima in una gara di short track e poi nel cross country. Domenica 7 maggio invece, il campione olimpico ed europeo in carica si sposterà in Svizzera, a Coira. Almeno da quanto si è saputo attraverso il comunicato della Ineos di martedì scorso.

Entrambe le gare sono classificate Hors Categorie, per cui Pidcock potrebbe raccogliere subito parecchi punti e trovare la condizione per partecipare alla Coppa del mondo di Nove Mesto del 12-14 maggio, dove lo scorso anno vinse nel cross country. Come Pidcock, farà Pauline Ferrand Prevot, anch’essa in forza alla Ineos Grenadiers. 

La sensazione è che Pidcock in questo momento goda di maggiore libertà rispetto a Van der Poel nell’organizzarsi la rincorsa olimpica, che presto potrebbe interessare anche Peter Sagan. L’olandese pertanto è in procinto di ripartire con la preparazione verso l’estate. E’ diventato testimonial di Lamborghini ad Anversa, da cui ha ricevuto una Urus S (Suv da 300 mila euro, foto in apertura) e ha messo nel mirino il Giro di Svizzera. Conoscendolo, nessuno si sente tuttavia di escludere che a Glasgow giocherà la doppia carta.

Groves, la freccia Alpecin puntata sul Giro

19.04.2023
5 min
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L’Alpecin non è solo Van der Poel. Trascinata dai successi classici dell’olandese, la squadra appena entrata nel WorldTour sta scalando rapidamente le gerarchie, anzi è già considerata uno dei capisaldi del movimento e a questo ha contribuito anche Kaden Groves. Australiano di 24 anni, su di lui erano cadute le attenzioni dei dirigenti del team quando era ormai certa la partenza di Tim Merlier, il velocista di punta del team.

Groves ha risposto presente, sfruttando Tour Down Under e Parigi-Nizza per prendere le misure con il nuovo treno e poi scatenandosi, con due vittorie alla Vuelta a Catalunya e il successo nella Volta Limburg Classic. Ancora poco conosciuto alle grandi folle, Groves chiarisce subito qual è stata la vittoria che gli ha fatto fare il salto di qualità e prendere in mano le redini della squadra.

«Probabilmente la prima che ho ottenuto, in Catalogna – dice – proprio perché era la prima con la nuova maglia. A dir la verità ho avuto un inizio di stagione difficile, non avevo ancora vinto e sapevo che dovevo rompere il ghiaccio, poi sarebbe stato tutto più semplice. Per questo a quella vittoria tengo molto».

La vittoria nella quarta tappa della Volta a Catalunya ha dato una svolta alla sua stagione
La vittoria nella quarta tappa della Volta a Catalunya ha dato una svolta alla sua stagione
Quali differenze hai trovato passando dal Team Jayco alla Alpecin?

Qualcosa è cambiato. E’ una squadra belga con un roster più internazionale della Jayco, dove c’è una maggioranza di ragazzi australiani, quindi è stata ovviamente la scelta più ovvia per alcuni anni. Era però arrivato il momento di cambiare, di cercare altre strade per affermarmi. Mi sono sistemato molto bene, mi hanno messo subito a mio agio e ho trovato la mia dimensione qui.

Hai preso il posto di uno sprinter puro come Merlier: ti ritieni anche tu un velocista o pensi di poter emergere anche in altre situazioni di corsa?

Certamente mi identifico come un velocista. Voglio dire, ho vinto un certo numero di sprint in passato, anche se penso di aver comunque dimostrato di avere la capacità di sopravvivere a giorni più difficili e forse in futuro essere bravo anche in alcune classiche. Diciamo che mi sento ancora un cantiere aperto…

Quanto influiscono nel vostro team i successi di Mathieu Van Der Poel?

Molto perché solleva lo spirito di squadra, forse togliendo un po’ di pressione a noi altri ragazzi. Ma voglio dire, personalmente, mi sto solo concentrando sulle gare a cui partecipo. Un effetto però c’è, per molti versi i suoi trionfi ci danno la carica e siamo portati a immergerci in questo feeling, a sentire le sue vittorie come nostre anche se magari in quella gara neanche c’eravamo. E questo comporta anche un certo spirito di emulazione che ci porta a dare sempre tutto per vincere. Quindi penso che faccia una differenza enorme, specialmente la stagione che sta vivendo Mathieu con due classiche Monumento già in carniere.

Con Philipsen, Groves costituisce una delle coppie di velocisti più forti del WorldTour
Groves è passato all’Alpecin dopo quattro anni al Team Jayco, formazione di casa
Tu sei stato 4 anni nel Team Jayco, della tua nazione: quanto è importante per il ciclismo australiano avere un proprio team nel WorldTour?

Penso che sia molto importante perché quella squadra è un obiettivo anche per i giovani australiani. La situazione da noi, ciclisticamente parlando, non è così rosea. Non c’è nemmeno una squadra negli under 23, quindi non è facile per i corridori diventare professionisti. Devono trovare i propri trampolini di lancio, sia attraverso l’Asia che l’Europa. Sapere di avere questo approdo è importantissimo, dà spinta a tutto il movimento.

Quanto è stata importante la vittoria alla Vuelta dello scorso anno?

Penso che probabilmente sulla carta sia il mio più grande risultato, soprattutto essendo stato il mio primo grande Giro. Ovviamente ora voglio vincere tappe in tutti e tre le massime corse. Quindi è stata una vittoria molto importante anche per finire bene la mia ultima stagione con il Team Bike Exchange. Ottenere una vittoria nella mia ultima gara con loro è stato davvero speciale, volevo dimostrare che ero ancora motivato anche alla fine della stagione.

La tappa di Capo de Gata alla Vuelta ’22 per Groves è stata il modo per salutare il Team Jayco
La tappa di Capo de Gata alla Vuelta ’22 per Groves è stata il modo per salutare il Team Jayco
Ora ti aspetta il Giro d’Italia…

Penso che il Giro di quest’anno mi si addica molto bene con un sacco di tappe con possibile soluzione allo sprint, ma più difficili di quel che si pensa, il che potrebbe togliere di scena nel momento clou alcuni degli altri velocisti. La squadra potrà aiutarmi molto bene in questi finali. L’obiettivo per me è ovviamente vincere: una tappa sarebbe bello, ma io non voglio accontentarmi. Quindi, non vedo l’ora di passare tre settimane buone in Italia.

Domenica hai corso la Parigi-Roubaix: come la descriveresti?

E’ stata una giornata brutale per il corpo, ma con un bel po’ di fortuna per il nostro team. Abbiamo ottenuto un risultato fantastico con Mathieu, tutti erano felici. Personalmente è stata un’esperienza che mi ha aperto gli occhi e non vedo l’ora che arrivi la prossima, per recitare un ruolo più importante.

L’australiano ha trovato all’Alpecin il suo ambiente ideale, prendendo il posto di Tim Merlier
L’australiano ha trovato all’Alpecin il suo ambiente ideale, prendendo il posto di Tim Merlier
Il mondiale di Glasgow può essere adatto alle tue caratteristiche?

Non se n’è ancora parlato, ovviamente, ma vorrei avere l’opportunità di farlo. Insieme a gente come Ewan e Matthews potremmo andare lì con alcune buone opzioni per portare a casa il risultato. Saremo in agosto, ma non è detto che faccia così caldo e io con il clima più freddo di solito vado abbastanza bene, quindi è qualcosa che non vedo l’ora di fare più avanti nel corso dell’anno.

C’è una gara che sembra disegnata su misura per te?

Se esiste la gara perfetta, non ne sono ancora sicuro. Dovremo vedere in futuro come posso crescere, ma il mio sogno sarebbe vincere proprio la Roubaix, come ha fatto Mathieu…

Alla ricerca dei fuorigiri mancanti. Oldani in rotta sul Giro

13.04.2023
4 min
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Stefano Oldani è da oggi in altura sul Teide. Il corridore della Alpecin-Deceuninck  sta preparando il Giro d’Italia, il quarto della sua carriera. Ed è un Giro molto importante per il lombardo. Dopo la vittoria a Genova dell’anno scorso, può essere il Giro della consacrazione, perché la sua squadra, orfana, di Mathieu Van der Poel apre a molti scenari con il resto della ciurma.

Dall’inizio della stagione Oldani si è visto poco. Ma non perché sia andato piano, ma nel vero senso della parola. Per il 2023 hanno provato un approccio differente, che prevede meno corse. All’attivo Stefano ha solo tre gare, tutte a tappe. E proprio da questo punto partiamo.

Oldani (classe 1998) alla ricerca della condizione ottimale dopo un approccio stagionale differente
Oldani (classe 1998) alla ricerca della condizione ottimale dopo un approccio stagionale differente

Stefano, dicevamo: poche corse…

E’ stato un inizio di stagione molto particolare in effetti. L’idea della squadra era di farmi correre poco per arrivare più fresco possibile al Giro, convinti che così sarei stato più brillante. Io ci ho provato, però sapevo che per essere brillante avrei avuto bisogno delle gare stesse. C’è stato un piccolo fraintendimento sull’approccio stagionale con la squadra e così ho preso il via solo all’Andalucia, al Catalunya e ai Baschi… Ma resto fiducioso, anche perché davvero al Giro ci arriverò più fresco di altri che hanno già corso molto.

Ai Baschi come è andata?

Mi sono ritirato perché proprio non stavo bene. In pratica nella frazione in cui mi sono fermato ero anche andato in fuga, poi ci hanno ripreso. Ma avevo fatto dei fuorigiri talmente grandi che poi ho avuto una fase “down” pazzesca. Una fatica incredibile e così in corsa, parlando con la squadra, abbiamo deciso di fermarci, altrimenti sarebbe stato controproducente, anche perché sapevano che sarei andato in altura. Quando sono rientrato in Italia ho fatto anche degli esami per scongiurare dei virus o altri malanni, ma fortunatamente era tutto okay.

Come ti spieghi questa grande fatica?

Io credo sia dovuta proprio alle poche corse fatte. Quei fuorigiri li ho pagati parecchio. Lo scorso anno ero partito molto meglio e sin da subito avevo colto più risultati. E a me piace fare risultato, dà morale. E’ stato tutt’altro approccio.

Sei dunque preoccupato per questo Giro?

Da una parte dico di sì, ma dall’altra sono fiducioso e tranquillo. Di certo non parto sconsolato. E poi adesso vado sul Teide e di solito reagisco molto bene all’altura e quest’anno ancora non l’avevo fatta. Sono fiducioso di ritrovare la brillantezza necessaria.

Ai Baschi un buon inizio, poi è subentrata la fatica. A quel punto Oldani e il team hanno optato per il ritiro
Ai Baschi un buon inizio, poi è subentrata la fatica. A quel punto Oldani e il team hanno optato per il ritiro
Quanti giorni ci resterai?

In tutto 17, fino al 29 aprile. Quindi vado diretto al Giro.

Come lavorerai? Curerai la brillantezza?

Nella prima settimana dedicherò più spazio all’endurance, anche per adattarmi alla quota, e vorrei anche riprendere il discorso con la forza. Poi sì: conto di lavorare sulla brillantezza. Quindi Vo2 Max, fuorisoglia… che poi è quello che appunto mi è mancato in corsa.

E farai anche dietro motore?

Sfortunatamente no, perché vado sul vulcano da solo, senza staff. Con me ci sarà anche Nicola Conci. Resta una piccola speranza perché forse la mia famiglia verrà a Tenerife per qualche giorno di vacanza. A quel punto noleggiando uno scooter potrebbe farmi un po’ di dietro motore mio papà Andrea, ma è da vedere. E’ molto più probabile che lavorerò con dei 40”-20”, delle fiammate fuorisoglia, dei lavori intermittenti…

All’inizio abbiamo detto che per voi della Alpecin, senza Van der Poel, si profila un Giro d’Italia diverso. Potreste avere più libertà. Come correrete?

Ma ci sarà Kaden Groves, che è molto, molto veloce e va bene anche in salita. Lui ha fatto vedere cose importanti in queste prime corse della stagione, magari ci sarà da aiutarlo soprattutto nelle volate.

Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia. Quest’anno l’obiettivo è ripetersi
Genova, 19 maggio: Oldani vince la 12ª tappa del Giro d’Italia. Quest’anno l’obiettivo è ripetersi
Col team avete già fatto un briefing su come gestirete la corsa?

In realtà ancora non ne abbiamo parlato. Non abbiamo fatto un’analisi specifica del percorso. Sì, io ho dato uno sguardo alle tappe e ho visto che ce ne sono diverse di mosse, adatte a gruppi ristretti e fughe. Ed è in quell’ottica che ci muoveremo, visto che non abbiamo l’uomo di classifica.

Con Conci e Sbaragli… potreste avere dunque più spazio?

“Sbara” deve recuperare dall’infortunio e se starà bene è una pedina su cui contare. Lui può fare belle cose. Nicola invece è con me sul Teide. Comunque anche per loro vale il discorso delle fughe, dell’assalto alle tappe come per tutti noi.

C’è qualche frazione che ti stuzzica particolarmente e che hai studiato?

Non sono il tipo che sta lì a guardarle e riguardarle, altrimenti poi ti fai troppi “film”, troppe aspettative. Anche quando lo scorso anno ho vinto a Genova, non conoscevo il finale. Solo alla fine mi sono reso conto e ho detto: «Ma questo sembra tanto il finale del Giro dell’Appennino!».

Come una moto: a Roubaix, un super Van der Poel

09.04.2023
5 min
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Lui non voleva vincere. Voleva stravincere. Curve tirate al limite ed oltre. Anche quando aveva un buon vantaggio. In particolare una derapata, con l’anteriore in pieno controsterzo, nell’ultimo vero settore di pavé, ha esaltato la sua guida al limite. Per qualche millimetro quella svolta non si è consumata addosso ad uno dei blocchi di plastica gialli, messi lì per far sì che gli atleti pedalino sulle pietre. Mathieu Van der Poel, signori, è fatto così. 

Ad ogni sua curva il velodromo di Roubaix sussultava e si alzava un coro di “ohh” increduli. II finale dell’olandese è stato un misto di MotoGp (per la velocità) e Motard (per le curve). E in quelle curve ti salvi solo sei un biker. «Solo Mathieu può fare quelle curve», ha detto il compagno della Alpecin-Elegant, Jasper Philipsen, secondo, dopo l’arrivo.

Mathieu Van der Poel (classe 1995) conquista la sua prima Parigi-Roubaix e porta così a tre i Monumenti in bacheca
Mathieu Van der Poel (classe 1995) conquista la sua prima Parigi-Roubaix e porta così a tre i Monumenti in bacheca

Doppietta Alpecin

Dopo la Sanremo, dunque, VdP si prende anche la Roubaix. Chapeau, ragazzi. Perché è vero che il suo storico rivale ha forato quando avevano scavato il vuoto con una manciata di pedalate. Ma è anche vero che oggi è stato molto più attivo. Sembrava che i consueti ruoli tra i due si fossero invertiti. Van Aert “sulle ruote” e Van der Poel “a fare la corsa”.

Ma va così, quando stai bene. Molto bene. «Oggi la gamba girava benissimo – ha detto raggiante Van der Poel dopo l’arrivo – tutto è andato per il meglio. Siamo sempre stati dove volevamo essere, nel momento in cui volevamo essere. Io e la squadra. I ragazzi sono stati eccezionali. Abbiamo offerto un grande show. Eravamo in tre davanti.

«Fare di più era davvero impossibile. Siamo andati ad un ritmo pazzesco e posso dire che oggi è stato uno dei miei giorni migliori in assoluto in bici. Ho pensato solo a divertirmi il più possibile».

VdP taglia il traguardo. Dietro Philipsen esulta, solo che lui il suo sprint lo deve ancora fare. A Jasper e Van Aert manca un giro
VdP taglia il traguardo. Dietro Philipsen esulta, solo che lui il suo sprint lo deve ancora fare. A Jasper e Van Aert manca un giro

VdP attento

Nonostante tutto, staccare gli avversari non è stato facile. Wout Van Aert lo ha addirittura attaccato e  resta il dubbio per quella foratura: magari lo avrebbe staccato lo stesso. O forse no. Un peccato perché il problema meccanico, di cui Van Aert si è accorto nel momento stesso in cui Van der Poel lo superava, ha mozzato il duello. Un duello sempre più epico e coinvolgente.

«All’inizio non mi sono accorto che Wout avesse forato – ha proseguiti Van Aert – ma avevo visto che la sua gomma era sgonfia. Ho capito che aveva un problema, ma non sapevo fosse una foratura. Purtroppo la sfortuna fa parte delle corse. Come dicevo, servono buone gambe e un po’ di fortuna, oggi le ho avute entrambe».

Quali gomme?

Il fatto che Van der Poel si fosse accorto che la gomma del rivale della Jumbo-Visma fosse sgonfia è segno di grande lucidità. Spesso si è visto pedalare con la bocca chiusa. Sempre in pieno controllo della situazione. Anche in quelle curve oltre il limite. 

Stamattina al via era l’unico del suo team ad avere gomme da 28 millimetri, mentre tutti i suoi compagni utilizzavano il 30 e tanti avversari il 32. In pochi credevano corresse così, pensavano che fosse pretattica.

Però dando un rapido occhio, sembra proprio che VdP abbia davvero corso con tubeless da 28. Un dettaglio che la dice lunga sulla sua determinazione e la consapevolezza delle sue doti di guida.

Un lavoro da lontano

Se Mathieu ha vinto e Philipsen ha fatto secondo, il merito è stato anche di Gianni Vermeersch e Silvan Diller. Vermeersch ha tirato moltissimo dopo l’Arenberg, Dillier prima. Lo svizzero è impolverato e raggiante e ci racconta che se non hanno avuto forature o guai tecnici è perché ci lavorano da tanto.

«La scelta dei materiali, il grande lavoro sulle pressioni, la preparazione – ha spiegato Diller – non è qualcosa che s’improvvisa. E’ da questo inverno che si fanno prove. Non noi, ma lo staff. E quando siamo arrivati qui, sapevamo benissimo cosa utilizzare. E lo stesso l’altura. La programmazione delle gare. Siamo arrivati a queste corse al meglio.

«Com’è stato Mathieu in corsa? Molto tranquillo come sempre. Io dovevo cercare di portarlo un po’ avanti, ma lui è molto bravo e a dire il vero non è un compagno di molte parole! Parla sempre molto poco e di solito quando è così è perché sta bene. Ed oggi era super tranquillo».

Sbaragli, in 48 ore dalla Sanremo all’ambulanza

23.03.2023
6 min
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Oltre a togliere di mezzo Dario Cataldo, la prima tappa della Volta a Catalunya è costata la frattura dello scafoide a Kristian Sbaragli, che appena due giorni prima aveva aiutato Van der Poel a vincere la Sanremo. Dalle stelle alla polvere in meno di 48 ore. Domattina il toscano, che sta ingannando l’attesa in famiglia con Camilla e il figlio Lorenzo, finirà in sala operatoria e da lì inizierà la rincorsa.

Cosa è successo in Spagna?

A quattro chilometri dall’arrivo eravamo nelle prime posizioni. Io ero sulla destra e Yates si è infilato ancora a destra e mi ha chiuso davanti. Io in quella frazione di secondo stavo guardando leggermente dietro, perché avevo Kaden Groves a ruota. Yates m’ha preso la ruota davanti. Andando giù, col manubrio ho agganciato la sua ruota dietro e siamo caduti. Il problema è che era leggera discesa, mi sembra dal computerino che si andasse a 72-73 all’ora. Quindi c’è stata la maxi caduta.

Al traguardo con il polso dolorante e escoriazioni: il Catalunya finisce così (foto Charlotte Pudepiece)
Al traguardo con il polso dolorante e escoriazioni: il Catalunya finisce così (foto Charlotte Pudepiece)
La stessa di Cataldo?

Sì. In 7-8 siamo finiti sulla parte destra della strada e poi di conseguenza anche sulla parte sinistra sono caduti altri 5-6, fra cui Dario, che penso abbia preso il marciapiede. C’era un marciapiede bello alto e ho visto che si è fatto parecchio male

Quanto dura la convalescenza per uno scafoide rotto?

Sono andato in ospedale e mi hanno ingessato. La procedura normale va dalle sei alle otto settimane di gesso. Però con l’operazione, anche se è abbastanza soggettivo, spero in tre settimane di potermi allenare su strada.

Quindi comunque la primavera è andata?

Abbastanza. Quest’anno con la squadra si era fatta una preparazione incentrata sui Giro. Io avrei dovuto fare il Catalunya, con la Sanremo venuta fuori in extremis. Poi i Paesi Baschi, un po’ di Ardenne e poi avrei dovuto fare due settimane di altura prima del Giro. Adesso bisogna prima vedere se recupero. L’obiettivo Giro resta, però naturalmente i Paesi Baschi è impossibile farli. Forse la prima corsa utile, se riesco a recuperare, potrebbe essere il Romandia.

Al via del Catalunya, primo da sinistra, dopo la vittoria di Sanremo: la trasferta spagnola dura il tempo di una tappa
Al Catalunya, primo da sinistra, dopo la vittoria di Sanremo: la trasferta spagnola dura il tempo di una tappa
Che comunque è una corsa di un certo livello…

Infatti oramai con il ciclismo di oggi, per arrivarci un po’ presentabile, entro il 10 di aprile devo essere in grado di allenarmi bene su strada. Perché se ci vai senza allenamento, fai due o tre tappe e torni a casa. Il livello è altissimo. 

Era programmato questo inizio con poche gare?

Fin nei dettagli. Tutto il gruppo Giro, con Conci, Oldani ed io, ha ricevuto lo stesso programma. A me hanno chiesto di fare in più la Sanremo.

Un programma piuttosto preciso, quindi? 

Visto che siamo saliti di categoria, quest’anno si fa il 99 per cento di gare WorldTour, quindi la squadra è divisa sempre in base agli obiettivi. Non si va a correre a caso, abbiamo tutti il programma da gennaio sino a fine stagione. Poi succedono certe cose e un po’ cambia. Per cui ora siamo rimasti che il primo passo è operarsi e naturalmente ho cercato di farlo il prima possibile. Poi, una volta fatta l’operazione e sperando che vada tutto bene, si valuta quando risalire in bici. E poi da lì, spero di poter fare perlomeno il Romandia.

Conci sta seguendo lo stesso programma di Sbaragli, con l’obiettivo del Giro d’Italia
Conci sta seguendo lo stesso programma di Sbaragli, con l’obiettivo del Giro d’Italia
Dopo l’intervento potrai andare sui rulli?

Direi di sì e infatti si sta valutando con la squadra che potrei approfittarne per andare una settimana o dieci giorni in altura a Livigno. E’ freddo, ma se si tratta di pedalare al chiuso, posso andare su con la famiglia ed evitare di stare fermo. Questa frattura capita nel periodo peggiore, in cui dovevo correre ininterrottamente fino al campionato italiano, poi avrei staccato per preparare il finale. Invece sono uscito da quella Sanremo trionfale, sono salito in macchina con il massaggiatore per andare al Catalunya e dopo 48 ore ero su un’ambulanza…

Come la mettiamo con il peso?

Il programma seguito in questo inizio di stagione serviva a lavorare solo sulla condizione e non sul peso, cercando le qualità che vengono fuori dalle gare. Quindi sulla bilancia ero a posto. Naturalmente ora è importante riguardarsi. Voglio salire subito sui rulli per non perdere il tono muscolare. Perché se quello cala e insieme metti su 2 chili, poi non recuperi più.

Come è stato vincere la Sanremo con Mathieu?

E’ stato bello, la squadra ci teneva e abbiamo fatto tutto al 100 per cento. Durante la Tirreno ero in ritiro, perciò mi hanno fatto andare direttamente a Sanremo. Abbiamo fatto tre giorni di ricognizioni e ci siamo allenati tutti insieme. La Sanremo era il primo obiettivo vero per Mathieu e anche per la squadra. Okay le corse del Nord, però la Sanremo è sempre un rebus. Per cui sabato è stata una grande giornata per tutti. 

La prima corsa 2023 di Sbaragli è stata la Volta ao Algarve, da cui sarebbe passato al Catalunya, via Sanremo
La prima corsa 2023 di Sbaragli è stata la Volta ao Algarve, da cui sarebbe passato al Catalunya, via Sanremo
Ti abbiamo visto tirare fino alla Cipressa.

Sulla carta avevamo una squadra molto competitiva. Mathieu è partito come capitano, però avevamo Philipsen che doveva provare a reggere sul Poggio. Più c’erano Soren Kragh Andersen e Quinten Hermans che dovevano essere presenti se c’era qualche azione fra Cipressa e Poggio, oppure anche all’inizio del Poggio. Il mio lavoro è stato tenere la squadra davanti dai Capi all’imbocco della Cipressa e assicurarsi di non perdere la corsa proprio lì. Ho fatto le mie 10 Sanremo e in quel punto la Sanremo si può perdere.

Ti aspettavi che Philipsen andasse così forte?

Dal Tour de France in poi, Philipsen ha fatto un grande salto di qualità, più che altro a livello mentale. E così la squadra ha investito sui corridori giusti per aiutarlo ed è diventato il secondo uomo di riferimento insieme a Mathieu. Si è preso la responsabilità giusta e adesso da velocista si sta trasformando in corridore da classiche

Per te non si tratta della prima vittoria a Sanremo, giusto?

Eh sì, è vero, la prima l’ho fatta 10 anni fa. C’ero anche nel 2013 in squadra con Ciolek quando vinse la Sanremo accorciata per la neve. Eravamo compagni di squadra.

E allora in bocca al lupo per l’operazione.

Evviva il lupo. Vado domattina a Firenze. Certe cose sono sempre una scocciatura, ma quando si raccontano, bisogna pensare a chi sta peggio, come Cataldo. Oggi c’è il sole, sono con la famiglia, vediamo il positivo delle cose…

Il colpo di un artista: Van der Poel conquista via Roma

18.03.2023
5 min
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Quando gli chiediamo se alla Tirreno abbia finto, Van der Poel fa un sorriso divertito. Ha vinto la Sanremo da meno di un’ora e non ha ancora fatto in tempo a mettere in ordine i pensieri. Sul traguardo ha abbracciato la sua compagna ad un’intensità pazzesca, poi è stato risucchiato da premiazioni e protocollo. Ora si siede, allaccia le scarpe e racconta.

«Sarei stato un grande attore – dice – ma la verità è che non ero per niente soddisfatto del livello che avevo alla Tirreno. Non faccio certi giochini. Nel giorno dei muri mi sono messo alla prova, ma ho avuto sensazioni pessime. Mi sono risollevato quando ho tirato la volata l’ultimo giorno a Philipsen, perché ho sentito di avere forza nelle gambe. Lo avevo detto prima della Strade Bianche: avevo bisogno di una corsa in cui soffrire e fare fatica. E la Tirreno-Adriatico è stata lo step perfetto per arrivare bene alla Sanremo».

Da solo sul traguardo di via Roma: per Van der Poel la vittoria nella corsa più difficile da vincere
Da solo sul traguardo di via Roma: per Van der Poel la vittoria nella corsa più difficile da vincere

Discesa all’80 per cento

E adesso venite a prendermi: deve aver pensato questo quando la discesa lo ha inghiottito, nascondendolo alla vista degli inseguitori. Come sia che cinque secondi diventino all’improvviso un gap incolmabile rientra fra i mille significati di una gara di 300 chilometri.

«Sono sceso dal Poggio all’80 per cento – spiega – perché non ho voluto prendere nessun rischio. Se fossi caduto, non me lo sarei perdonato. Perché per un rischio troppo grande, avrei visto il gruppo giocarsi la corsa senza di me. Era la mia quarta Sanremo, sapevo che avrei dovuto difendermi fino alla cima del Poggio per poi attaccare. La nostra tattica è cambiata dopo la Cipressa…».

Cima del Poggio, scatta il piano: Van der Poel allunga
Cima del Poggio, scatta il piano: Van der Poel allunga

Cipressa troppo facile

Quando la UAE Emirates ha preso in mano la corsa sulla penultima salita, la previsione è stata infatti che i corridori più a corto di condizione sarebbero saltati. Non che si temesse per Van der Poel, ma di certo avrebbe potuto spendere più del dovuto, ritrovandosi poi con le gambe in croce. Come leggerete anche nell’intervista agli uomini del team emiratino, qualcosa però non ha funzionato e alla fine della Cipressa, guardandosi allo specchio, tanti hanno capito di avere ancora ottime gambe. Come Van der Poel, appunto, che in cima alla salita è passato davanti con un compagno e ha condotto tutta la discesa, lasciandosi riprendere soltanto in fondo.

«La Cipressa è venuta più facile di quanto pensassi – spiega – per cui quando sono sceso, ho parlato con la squadra, chiedendo che mi mettessero sul Poggio nella miglior posizione possibile. E loro hanno fatto un ottimo lavoro. Quando Pogacar ha accelerato ero nel primo gruppo ed è stato facile seguirlo».

La fidanzata Roxanne ha aspettato Mathieu al centro del rettilineo: accoglienza più che meritata
La fidanzata Roxanne ha aspettato Mathieu al centro del rettilineo: accoglienza più che meritata

Senza mai voltarsi

Il resto è un flashback di immagini, che di curva in curva lungo la discesa del Poggio, hanno portato l’olandese della Alpecin-Deceuninck fino all’arrivo di via Roma, felice come un bambino. Ben più felice di quando a fine gennaio ha vinto il mondiale di cross che ora nelle sue parole diventa piccolo come una corsetta di paese.

«Hoogerheide – dice – era importante perché era un mondiale vicino casa, ma vincere una Monumento è un’altra cosa. Avevo detto che la Sanremo non mi piaceva, aggiungendo di amare soltanto gli ultimi 100 chilometri. La verità è che è difficilissima da vincere, a volte non basta essere il più forte. Per questo nella discesa non mi sono mai voltato e a volte è la tattica migliore. Ho buttato l’occhio indietro soltanto quando sono arrivato sull’Aurelia e poi sono rimasto concentrato su me stesso».

Podio per metà inatteso: Van der Poel era prevedibile, Van Aert pure, ma il secondo posto di Ganna vale un successo
Podio per metà inatteso: Van der Poel era prevedibile, Van Aert pure, ma il secondo posto di Ganna vale un successo

«La verità – prosegue – è che oggi avevo ottime gambe e sono servite tutte, per battere corridori come Ganna, Van Aert e Pogacar. Solo una corsa come questa può avere un ordine d’arrivo del genere. Ganna è davvero un ragazzo gentile, l’ho conosciuto meglio alla Tirreno, abbiamo parlato un po’. Questa è la corsa perfetta per lui e sono certo che un giorno potrà vincerla. Sotto al podio, gli ho anche chiesto il suo programma per le corse del Nord. Uno così merita parecchio rispetto».

Una storia di famiglia

L’ultimo pensiero va a suo nonno Raymond Poulidor, scomparso nel 2019, che non vinse mai un Tour né mai indossò la maglia gialla: cosa che suo nipote vendicò due anni fa fra le lacrime. Poupou vinse una sola classica Monumento, la Milano-Sanremo del 1961 e Mathieu lo sapeva. Per questo sorride dolcemente, prima di riprendere le sue cose a andare finalmente a farsi una doccia. Sono passati 62 anni, anche questa volta suo nonno sarebbe stato orgoglioso di lui. E forse lo sarà lo stesso…