Boaro: com’è cambiato il Team JCL Ukyo per il 2025?

17.02.2025
5 min
Salva

Manuele Boaro, diesse del Team JCL Ukyo ci risponde di ritorno dal Tour of Oman. E’ il giorno dopo l’ultima tappa, quella che ha consegnato la vittoria a Simon Yates. Frazione nella quale il corridore del UAE Team Emirates-XGR ha strappato la maglia di leader a David Gaudu sull’ultima salita a disposizione. La formazione continental giapponese ha colto invece un dodicesimo posto finale con Zeray, atleta appena arrivato dal devo team della Q36.5 Pro Cycling. Il giovane africano non è l’unico nuovo innesto per la squadra guidata da Alberto Volpi, tra ottobre e dicembre la rosa si è rinnovata parecchio.

JCL Ukyo alla partenza del Tour of Oman
JCL Ukyo alla partenza del Tour of Oman

Continuità

Il JCL Team Ukyo, complice la sua struttura per metà italiana, visto il lavoro svolto da Volpi e Boaro, ha rilanciato tre atleti che per altrettanti motivi erano alla ricerca di una spinta per tornare a mettere la testa fuori dall’acqua. Prima Malucelli è approdato alla XDS Astana Team, poi Pesenti è stato prelevato dal devo team della Soudal Quick-Step. Infine, è partito anche Carboni, arrivato alla professional olandese Unibet Tietema Rocket. Ora la curiosità intorno a questa nuova realtà è alta, soprattutto perché sono arrivati tanti altri ragazzi pronti per seguire le orme di chi li ha preceduti.

«Il gruppo cresce – ci racconta Boaro mentre in macchina viaggia verso casa – per qualcuno dei ragazzi era la prima corsa della stagione. Ci sono stati dei ricambi importanti a livello di rosa e ne siamo felici, perché abbiamo perso dei validi corridori, ma ne sono arrivati altri. Insieme ad Alberto (Volpi, ndr) ci siamo impegnati nel prendere ragazzi sui quali credere».

Alessandro Fancellu, a sinistra, è una delle punte del team continental giapponese
Alessandro Fancellu, a sinistra, è una delle punte del team continental giapponese
Come sono stati scelti?

Abbiamo cercato di guardare le caratteristiche tecniche e atletiche. Ci sono arrivate tantissime richieste durante la pausa di fine stagione, anche da corridori di formazioni WorldTour. E’ una cosa che ci fa sicuramente piacere. Ci siamo affidati a corridori giovani e con voglia di fare. I nuovi arrivati hanno tutti un’età compresa tra i 22 e i 25 anni. Secondo me sono ragazzi con qualcosa da dire.

Quali?

A mio modo di vedere Alessandro Fancellu è quello con maggiori garanzie a livello atletico. Garibbo, invece, penso abbia ancora tanto da esprimere e arriva da una stagione sfortunata. Raccani e D’Amato sono giovani, ma hanno tanto margine e su di loro puntiamo tanto. Sarà difficile replicare quanto fatto nel 2024, servirà ricreare un rapporto di fiducia reciproco.

Avete cercato di sostituire i corridori italiani con un rapporto uno a uno?

Siamo andati verso atleti con le stesse caratteristiche, o comunque simili. D’Amato è il nostro uomo più veloce, che non ha paura di buttarsi nella mischia. Con il nostro calendario potrà dire la sua. Penso che Raccani e Garibbo siano state le scelte giuste per sostituire Pesenti e Carboni.

Degli altri che ci dici?

L’arrivo di Zeray è stata una buona occasione colta al momento giusto. Lui sarebbe dovuto andare nella formazione principale della Q36.5 Pro Cycling, ma l’arrivo di Pidcock gli ha tolto spazio. Le sue qualità in salita ci potranno tornare molto utili.

Nahom Zeray, atleta eritreo classe 2002 arriva dal devo team della Q36.5 Pro Cycling
Nahom Zeray, atleta eritreo classe 2002 arriva dal devo team della Q36.5 Pro Cycling
Una rosa divisa a metà visto che ci sono sei ragazzi giapponesi.

Il progetto è di farli crescere per portarli a competere in gare di alto livello con la maglia della nazionale, come Olimpiadi e mondiali. Non sarà facile coordinare il tutto anche perché vogliamo portare i corridori a fare lo stesso numero di corse e coordinare gli impegni tra il calendario italiano e quello asiatico non sarà facile. Non vogliamo che a fine anno ci siano atleti con settanta giorni di gara e altri con trenta, non è la nostra filosofia.

Le prestazioni della scorsa stagione hanno accesso i riflettori sulla vostra realtà.

Se i tuoi corridori vengono selezionati e scelti da una formazione WorldTour vuol dire che lavoriamo bene. Ci notano e questo non può fare altro che piacere. Non nascondo che noi stessi abbiamo delle ambizioni, ad esempio nel 2026 vorremmo diventare una professional. E’ una cosa che si capirà nei prossimi mesi, però i ragazzi che sono qui hanno una bella chance. Non è stato semplice chiudere la rosa a dodici corridori e dover dire tanti “no” a dicembre. Avere così tante richieste è un segnale positivo, vuol dire che stiamo lavorando bene, d’altronde Alberto Volpi arriva dal WorldTour e ha portato con sé quel modo di fare.

Il vostro è un calendario di livello…

In Europa riusciamo a ritagliarci spazio, quest’anno saremo al via del Tour of the Alps per la seconda stagione consecutiva. Faremo, come già fatto nel 2024, anche una buona parte del calendario asiatico. Non dimentichiamoci che la squadra è giapponese, e abbiamo con noi anche il campione nazionale Marino Kobayashi.

La casa in Brianza è rimasta?

Sì, sarà di appoggio per i ragazzi asiatici, così che potranno rimanere in Italia e allenarsi per le gare europee.

Raccani afferra l’occasione JCL UKYO e guarda all’Asia

28.12.2024
5 min
Salva

La JCL Team UKYO nella passata stagione si è dimostrata tra le migliori formazioni continental al mondo, posizionandosi al terzo posto della classifica a loro dedicata. Davanti al team giapponese si sono piazzati i malesiani del Terengganu e il devo team della Lidl-Trek. Il salto in avanti fatto dalla squadra guidata da Alberto Volpi è sotto gli occhi di tutti. Nel 2024 le sue fortune erano arrivate da corridori italiani come Malucelli, Pesenti e Carboni. Tutti e tre gli azzurri hanno sfruttato il trampolino offerto dalla JCL Team UKYO per lanciarsi in formazioni più grandi e ambiziose

Nel progettare il 2025 Volpi e i suoi hanno così pensato di ritornare a cercare ragazzi dall’Italia. Sono arrivati così Simone Raccani, Andrea D’Amato, Nicolò Garibbo e Alessandro Fancellu. Tutti con ambizioni e motivazioni differenti. 

Raccani dovrebbe ricalcare il calendario fatto da Pesenti in maglia JCL Team UKYO
Raccani dovrebbe ricalcare il calendario fatto da Pesenti in maglia JCL Team UKYO

La voglia di Raccani

Chi ci ha stimolato maggiore curiosità è Simone Raccani, il veneto di Thiene dopo un passato recente molto difficile ha ritrovato la voglia di combattere e pedalare. Una grande mano gliela ha data la Zalf Fior, che però a fine stagione ha chiuso i battenti. Ma le motivazioni di Raccani sono tornate, più solide che mai, e allora si è gettato in questa avventura con entusiasmo. 

«E’ da un po’ che sono tornato ad allenarmi – racconta appena rientrato da un’uscita – esattamente dal 10 novembre scorso. Ora ho avuto modo di testare i materiali e i kit del prossimo anno. Non manca nemmeno tanto al rientro in gara, visto che dovrei partire per l’AlUla Tour a fine gennaio. Prima, però, andrò in ritiro con gli altri italiani della JCL in Spagna. Dovrei fare le stesse gare che l’anno scorso sono toccate a Pesenti e Malucelli. Vedremo quando arriverà la conferma, ma rimane il fatto che la squadra è parecchio ambiziosa».

Raccani è tornato a correre quest’anno nelle file della Zalf, che ha creduto in lui (photors.it)
Raccani è tornato a correre quest’anno nelle file della Zalf, che ha creduto in lui (photors.it)
Torniamo al 2024, che stagione è stata?

Riprendere le gare non è stato semplice. Non correvo da sei mesi, da agosto del 2023. Il ritorno in gruppo però è stato in crescendo e da aprile a fine stagione sono stato molto costante. Al Giro d’Abruzzo, gara dedicata ai professionisti, ho fatto bene terminando nei primi venti nella tappa di Prati di Tivo. 

Dopo due anni difficili essere ritornato alla Zalf come ti ha fatto sentire?

Ho corso con loro per due stagioni, nel 2021 e nel 2022, prima di fare lo stage con la Quick Step. Anche quando poi nel 2023 sono andato in Eolo ci siamo lasciati bene, mi conoscono bene. Grazie a Gianni Faresin ed Egidio Fior ho ritrovato la spinta che mi mancava. Pensare che nel 2025 non ci saranno più mi crea un grande dispiacere. 

Al Giro del Veneto, nell’ultima tappa arriva la vittoria e la classifica generale
Al Giro del Veneto, nell’ultima tappa arriva la vittoria e la classifica generale
Voi lo sapevate da un po’?

Da metà anno era arrivata la voce che non avremmo proseguito la prossima stagione. Poi nell’ultimo mese di gare c’è stata la conferma. La Zalf ha lanciato tanti corridori tra i professionisti e sono felicissimo di aver indossato i loro colori. 

Con loro hai trovato nuovo entusiasmo, cosa ti è rimasto degli ultimi due anni?

Diciamo che purtroppo sono stato molto sfortunato perché nel momento cruciale, nel 2022 durante lo stage con la Quick Step, sono caduto. Ho perso tutto il periodo con loro e una bella chance. E’ stata una batosta forte. 

Nel 2022 Raccani era stato selezionato dalla Quick Step per fare uno stage, opportunità terminata con una brutta caduta
Nel 2022 Raccani era stato selezionato dalla Quick Step per fare uno stage, opportunità terminata con una brutta caduta
Quando hai ripreso nel 2023 come ti sentivi?

Strano, perché non ero sicuro. In gara avevo paura di cadere e di farmi male. Non riuscivo a stare in gruppo. Quelli sono traumi che rischiano di restarti dentro. Poi correvo con una placca al polso. 

Tanto da fermarti per poi ripartire nel 2024. 

A inizio anno ho tolto la placca e mi è tornata un po’ di fiducia nel muovermi in corsa e sono migliorato. 

Quando è arrivata la proposta della JCL Team UKYO?

Dopo la vittoria al Giro del Veneto mi hanno fatto la proposta. La squadra l’avevo già sentita, poi una volta a casa ho controllato il calendario, i materiali con cui corrono e tutto il resto… Mi è sembrata fin da subito un’ottima scelta. Da quando è arrivato Volpi sono cresciuti parecchio, tanto da raccogliere parecchi risultati. 

Nel 2023 aveva corso in maglia Eolo, ma l’esperienza non fu positiva
Nel 2023 aveva corso in maglia Eolo, ma l’esperienza non fu positiva
Un passo ulteriore?

Sicuramente non è una formazione paragonabile a una continental italiana. Anzi, la considero una “falsa” continental visto che il calendario è paragonabile a quello di una professional. 

Cosa ti aspetti dalla prossima stagione?

Di mettermi al servizio del team e di provare a raccogliere dei buoni risultati personali. Nelle corse di casa, come il Tour del Giappone, mi piacerebbe fare bene. Così come negli arrivi in salita. Sulla carta avremo modo di fare gare di alto livello, come il Tour of the Alps. Sono arrivati anche sponsor importanti, come Mitsubishi. Mi è stata concessa una chance che in pochi hanno, voglio sfruttarla al massimo

Bisacce piene, morale alto: Volpi rilancia la corsa all’oro

03.12.2024
7 min
Salva

Con Carboni, Malucelli e Pesenti che hanno cambiato squadra, il JCL Team Ukyo riparte per la nuova stagione forte dei risultati del 2024 e la sensazione di aver trovato la chiave per farlo ancora. Alberto Volpi racconta e attraverso le sue parole la nuova squadra prende forma. Il comunicato diffuso ieri ha reso noti i nomi dei quattro italiani selezionati per la prossima stagione. D’Amato, Fancellu, Garibbo e Raccani saranno la spina dorsale italiana della continental giapponese, che nel 2024 ha conquistato 16 corse.

Alberto Volpi, classe 1962, all’inizio del secondo anno da team manager del JCL Ukyo
Alberto Volpi, classe 1962, all’inizio del secondo anno da team manager del JCL Ukyo
La squadra ha fatto la sua parte, anche abbondantemente…

Sì, anche io sono contento, con tutta onestà. Quando ti aspetti delle cose belle che poi non arrivano, dici di essere moderatamente insoddisfatto. Mentre io devo dire il contrario. Avevo previsto di fare bene, ma siamo andati meglio delle previsioni. E’ la legge della compensazione, a volte i corridori ti stupiscono. Però quello che è stato è stato, adesso dobbiamo guardare avanti e cercare di fare ancora bene. E’ la nostra condanna (sorride, ndr).

Ti aspettavi che l’anima europea e quella giapponese si integrassero così bene?

Lo staff e i corridori sono veramente di buona qualità umana. Quando hai questo ingrediente, è solo questione di tempo, aspettare che si conoscano e si mettano insieme. Poi è chiaro che avevo anche tre italiani – due su tre molto esperti – che ci hanno messo del loro. Hanno trovato terreno molto fertile nei ragazzi giapponesi, quindi non è stato difficile che si integrassero. In realtà non mi ero neanche posto il problema dell’integrazione, è venuto tutto naturale.

Volpi aveva visto giusto: Carboni aveva solo bisogno di pazienza e di rispolverare le sue doti (foto JCL Team Ukyo)
Volpi aveva visto giusto: Carboni aveva solo bisogno di pazienza e di rispolverare le sue doti (foto JCL Team Ukyo)
Avevi tre italiani, hanno ottenuto i migliori risultati, ma sono andati via…

Abbiamo cominciato una trattativa dall’inizio di luglio. Avevano delle richieste importanti da altre squadre che io non potevo soddisfare in termini economici. Come in tutte le aziende, ho dovuto fare i conti con il budget e mi è molto dispiaciuto non poterli riconfermare. Credo sia stato giusto che abbiano colto le occasioni. Sono venuti da noi con la voglia di rivalutarsi e rilanciarsi e ci sono riusciti in pieno. Hanno dato tanto, noi gli siamo stati vicini ed era giusto che proseguissero la loro strada. Quando inizialmente in Giappone ho detto che sarebbero andati via, anche Malucelli che aveva vinto tanto, è certamente dispiaciuto, ma hanno riconosciuto che avessimo fatto delle scelte giuste. Anche questo è un motivo di orgoglio. Perdere delle persone di valore non è così sempre negativo, vuol dire che hai dato loro qualcosa di importante.

Che cosa ha rappresentato per la squadra giapponese aver vinto il Giro del Giappone con Carboni?

E’ stato un ottimo risultato. Subito prima, abbiamo vinto con Atsushi il Tour de Kumanu, la gara di preparazione. Vincere con un ragazzo giapponese a me fa super piacere, perché la matrice della squadra è chiara. Per cui i ragazzi europei servono per dare più qualità e questo l’hanno fatto. La mission sarebbe quella di portare fuori l’Arashiro del futuro. C’è da lavorare, però quando vince un corridore giapponese puoi essere davvero soddisfatto.

Malucelli ha vinto dieci corse: il miglior biglietto da visita per approdare all’Astana. Per Volpi impossibile trattenerlo
Malucelli ha vinto dieci corse: il miglior biglietto da visita per approdare all’Astana. Per Volpi impossibile trattenerlo
Come si rimpiazzano gli europei che sono partiti?

Adesso è complicato. Vivo in questo ambiente da tantissimi anni. Le cose sono cambiate per via delle varie categorie e degli sviluppi che ci sono stati nelle squadre WorldTour, che hanno integrato nella loro galassia anche i team di sviluppo. Noi siamo una continental un po’ anomala, ci vedono quasi come una professional perché riusciamo a partecipare a gare di livello. Per questo ci dicono che abbiamo un buon appeal, ma nonostante ciò è sempre più difficile trovare corridori giovani di un certo livello, perché se li accaparrano tutti i devo team, a partire da Redbull e Visma.

Quindi come si fa?

E’ un lavoro lungo, hai le amicizie, qualche valutazione fatta con dei test che permettono di individuare se il motore ha una certa portata, ma non sono tutto. Basarsi solo sui numeri non è la ricetta gusta. Possono pure avere un buon motore, ma se li porti su strada e non sanno stare in gruppo e far fruttare le loro doti oppure usare la testa, non vanno lontano. I numeri devono coincidere con la vera identità del corridore, altrimenti rischi che ti aspetti tanto e non ti danno niente.

Volpi soddisfatto: Pesenti si è messo in luce in gare dure come l’Abruzzo e il Romagna
Volpi soddisfatto: Pesenti si è messo in luce in gare dure come l’Abruzzo e il Romagna
Su cosa avete puntato per fare le vostre scelte?

Abbiamo deciso di avere fiducia nei giovani, sapendo che hanno bisogno del loro tempo. Aleotti, per fare l’esempio di un corridore che cresce in uno squadrone, sta venendo fuori gradualmente e con sostanza: non sono tutti come Evenepoel. Ne abbiamo cercati alcuni che per caratteristiche e voglia di dimostrare, possono fare il salto di qualità. Devi lavorare solo su quello, perché il giovane fenomeno ha addosso gli occhi dei procuratori. I ragazzi che sono andati via avevano le loro motivazioni forti e quelle fanno la differenza. Pesenti ad esempio…

Cosa avete visto in lui?

Thomas veniva dalla Beltrami, me ne avevano parlato bene, però non aveva ancora fatto corse di alto livello tecnico. Qui si è integrato bene anche nelle gare più toste e si è guadagnato un posto nel devo team della Soudal. Malucelli ha sempre vinto, era il più affidabile sotto il profilo del rendimento e sapevamo che in certi contesti poteva fare egregiamente la sua parte. Carboni veniva da un periodo difficile, ma si vedeva che avesse dentro qualcosa. Bisognava avere un po’ più di pazienza e fortuna e sperare che tirasse nuovamente fuori le sue qualità, cosa che ha puntualmente fatto. Si è sempre fatto trovare pronto nelle gare in cui era leader e ha lavorato molto bene con il gruppo giapponese.

La carriera di Fancellu non è stata lineare: il team giapponese è una sorta di ultima chance? Volpi ci crede
La carriera di Fancellu non è stata lineare: il team giapponese è una sorta di ultima chance? Volpi ci crede
Ci sono quattro nuovi italiani. 

Simone Raccani viene dalla Zalf. Due anni fa era stato preso dalla Quick Step come stagista a Burgos, ma è caduto e si è rotto un gomito. E’ andato alla Eolo-Kometa, invece l’anno scorso è tornato dilettante. Non tutti sono pronti per il salto a vent’anni, ma resta che ha fatto dei buoni risultati in salita. D’Amato viene dalla Biesse-Carrera, è un buon corridore, anche molto veloce. Non quanto Malucelli: si avvicina di più alle qualità di un Colbrelli, fatte tutte le distinzioni possibili. Poi abbiamo Garibbo, che arriva dalla Technipes, la squadra di Cassani, e quanto ai punteggi è stato uno dei più bravi dilettanti del 2024. Infine Fancellu, che arriva dalla Q36.5.

Una scommessa come quella su Carboni?

La squadra non lo ha confermato, ma resta un ragazzo che da junior si piazzò terzo al mondiale vinto da Evenepoel, è stato quinto a un Tour de l’Avenir, per cui un po’ di qualità le ha, vediamo se riusciamo noi a regolare la centralina. Ne ho parlato con Zanatta per un mese e mezzo, dato che ho cominciato a pensare a lui ad agosto. Ci sentiamo spesso e Stefano ci ha lavorato tanto. Mi ha detto che gli darebbe ancora una chance, per cui alla fine abbiamo deciso di crederci.

Al JCL Team Ukyo di Alberto Volpi arriva anche Garibbo, qui primo al Matteotti di Marcialla (foto Fruzzetti)
Al JCL Team Ukyo di Alberto Volpi arriva anche Garibbo, qui primo al Matteotti di Marcialla (foto Fruzzetti)
Questo è il quadro?

Ci sono altri nomi in arrivo, ma li sveleremo nei prossimi giorni. Il ciclismo è cambiato anche in questo, non è come prima che si diceva tutto subito, anche la comunicazione ha i suoi tempi. Per il resto i materiali restano gli stessi, le bici Factor, le ruote Shimano e le gomme Vittoria. Iniziamo fiduciosi, perché abbiamo visto che il nostro metodo di lavoro funziona. Gli anni non sono mai tutti uguali, lavoreremo perché anche questa sia un’ottima stagione.

L’exploit della JCL Ukyo, tra metodo di lavoro e futuro

12.10.2024
5 min
Salva

Tre vittorie di tappa, secondo posto nella generale e maglia arancione della classifica a punti. Non è il bottino di una squadra WorldTour ma del JCL Team UKYO al Tour de Langkawi. Parliamo quindi della continental gestita da Alberto Volpi.

Prestazioni che non potevano certo passare inosservate, come quel che nel complesso la squadra ha ottenuto nel corso della stagione: ben 16 vittorie (per ora), e queste ultime della Malesia sono state ottenute in una gara di classe .Pro, vale a dire inferiore solo a quelle del WorldTour.

Alberto Volpi da questo inverno è team manager della squadra giapponese (foto Team JCL Ukyo)
Alberto Volpi da questo inverno è team manager della squadra giapponese (foto Team JCL Ukyo)
Alberto, si può dire che per questa prima vostra stagione si può essere soddisfatti…

E come potrei non esserlo? A “tre minuti” dalla fine della partita siamo andati oltre quel che mi aspettavo. Siamo al secondo posto nel ranking dell’Asia Tour (la classifica UCI continentale, ndr). Non riusciremo a vincere perché c’è troppo gap con la Terenggannu ma siamo contenti.

Boaro, il tuo diesse, in Malesia ci parlava di una squadra dalla “burocrazia semplice”, che per certi aspetti è anche normale visto che è una continental. Però poi le cose devono funzionare…

La squadra in effetti è impostata in modo semplice ma professionale. Ognuno ha il suo ruolo. Chiaro che non è facile ogni anno reperire corridori di livello e far crescere molto gli atleti giapponesi. Quest’anno siamo riusciti a inserire atleti italiani che ci hanno fatto fare un salto di qualità. 

Qual è il vostro metodo di lavoro?

Premetto che alla base servono i corridori. Ma abbiamo ottime bici, le Factor, le stesse che usa la Israel-Premier Tech, componentistica Shimano, specie per quel che concerne le ruote. A questo elemento nel suo insieme abbiamo dedicato molta attenzione. Non è stato un caso che abbiamo scelto Vittoria per le gomme. Potevamo averle gratis di un’altra marca, ma le abbiamo acquistate perché crediamo nella bontà del prodotto, del marchio. Sappiamo che questa gomma è sicura, prima cosa, e che è performante. E lo stesso vale per l’abbigliamento, per i nostri body. Nessun segreto particolare quindi: lavoro e umiltà. Inoltre credo che abbiamo fatto un calendario all’altezza del nostro livello. E per questo abbiamo i ragazzi per organizzarci bene. Ognuno ha il suo preparatore e noi un coordinatore. C’è a disposizione un nutrizionista.

La Factor Ostro di Malucelli…
La Factor Ostro di Malucelli…
Come mai la scelta di prendere un diesse fresco di gruppo?

Ho scelto Manuele, che di vento in carriera ne ha mangiato tanto, cosa che insegna molto. Lui vede delle cose dal basso, con umiltà. Parliamo la stessa lingua. C’è un problema? Lo comprendiamo, lo affrontiamo, lo risolviamo. E’ come se avessimo confezionato un vestito su misura a questo team. Posto l’atleta al centro, cerchiamo di tirare fuori al massimo le sue qualità e gli costruiamo attorno un calendario idoneo. Il livello di comunicazione, per forza di cose, è molto stretto e funzionale. 

Chiaro…

Abbiamo tre europei, un australiano e una grossa parte di giapponesi, i quali sono educatissimi. Loro si sono messi subito a disposizione. E nel farlo sono cresciuti. Certo, per arrivare a tutto questo c’è un bel lavoro dietro!

Tra l’altro la tua finestra lavorativa con il Giappone è molto breve per via del fuso orario…

Alle 6 del mattino sono già in pista, mentre a Tokyo sono le 13. Ma per i vari feedback e relative organizzazioni riusciamo ad essere efficienti. La rete di comunicazione, come dicevo, è breve e non c’è dispersione di informazioni.

Importante l’apporto dei corridori giapponesi, che sono cresciuti molto
Importante l’apporto dei corridori giapponesi, che sono cresciuti molto
Alberto, hai parlato di calendari, come fate a tesserli? Voi team continental siete legati agli inviti e spesso questi arrivano all’ultimo. E di conseguenza come fanno i ragazzi a prepararsi?

Vero e infatti bisogna partire prestissimo. Noi non abbiamo diritti di partecipazione, quindi se voglio che la JCL Ukyo vada alla Coppi e Bartali mi devo muovere molto, molto prima e ovviamente aspettare le decisioni delle WorldTour, poi delle professional… So come funziona, magari ti rispondono a gennaio. Per 27 anni sono stato in top team. Va un po’ meglio con le gare in Asia.

Anche perché ormai con Terenggannu siete dei team importanti… A proposito di 27 anni in grandi team: ti manca l’ammiraglia?

No, ma vado quando posso a vedere le corse dal vivo. Il ciclismo è e resta anche una passione. Ci andavo sin da piccolo. Ma si è presentata questa opportunità di fare il team manager, c’è un bel progetto e l’ho colto al volo. E poi dopo tanto tempo era giusto cambiare. E’ giusto che ci sia un cambio generazionale e che ora in ammiraglia ci sia Boaro.

La domanda più importante Alberto: c’è l’idea di diventare una professional?

Abbiamo l’obiettivo, l’esperienza e le persone per fare una professional. Tuttavia io non ho mai fatto proclami neanche quando dirigevo Sagan e Nibali figuriamoci adesso. Questa cosa riguarda più il Ceo del team, Ukyo Katayama. Lui ha detto che in pochi anni vorrebbe essere al via del Tour. Io gli ho spiegato che è un percorso lungo e difficile e che in tanti hanno fallito. Penso, per esempio alla Uno-X, quanto ci ha messo per arrivare al Tour? Diciamo che c’è un ragionamento in essere per fare la professional nel 2026 e da lì lavorare per andare ad un grande Giro. Ma bisogna presentarsi bene, sotto ogni punto di vista per avere appeal. Servono buoni rapporti con le grandi organizzazioni, vedi Rcs e Aso: loro guardano molto a questi aspetti.

La potenza di Malucelli che con le sue volate ha portato 10 vittorie al team
La potenza di Malucelli che con le sue volate ha portato 10 vittorie al team
Certo, una buona immagine oggi è fondamentale…

Poi è chiaro, e lo ripeto, alla base servono i corridori e un buon budget. Già da professional cambia tutto: servono più medici, più atleti, più personale, più mezzi. Vediamo se Ukyo riuscirà a reperire sponsor importanti. Io mi devo occupare del funzionamento della squadra.

Il prossimo anno che JCL Ukyo vedremo?

Per prima cosa una JCL Ukyo senza Malucelli, Carboni e Pesenti: loro ci lasciano, tra chi ha avuto offerte importanti e chi si sta muovendo per altre vie. Da una parte il loro addio mi dispiace, dall’altra mi rende contento perché significa che abbiamo fatto le scelte giuste nel prenderli. Pertanto senza di loro dovrò ridiscutere la parte italiana del team. E non è facile rimpiazzare atleti così. Ripartiremo da ragazzi giovani, ragazzi che ad intuizione abbiano determinati margini di crescita.

Volpi si fa in quattro (tra Giappone e Italia) per il JCL Team UKYO

20.02.2024
6 min
Salva

Il team JCL UKYO ha iniziato la sua stagione, viaggiando e correndo in giro per il mondo. La continental nipponica, che da quest’anno vede una grande matrice italiana e un progetto di crescita ben delineato, ha trovato la sua dimensione. La vita di Alberto Volpi, manager della squadra, è diventata ancor più frenetica di quando lavorava nel WorldTour (foto apertura JCL Team UKYO). Le cose da fare sono le stesse, ma la macchina organizzativa non prevede lo stesso numero di bulloni, e far girare gli ingranaggi non è sempre semplice. 

«Sono di ritorno da Colle Brianza (provincia di Lecco, ndr) – ci dice subito Volpi al telefono – sono stato con i ragazzi e ho mostrato loro la casa dove si appoggeranno per i prossimi mesi. Per il momento ci sono tre giapponesi, rientrati giovedì dall’Oman. In questi giorni con loro ci saranno delle persone di fiducia che gli mostreranno le strade sulle quali allenarsi. Assieme a loro vivono un meccanico, un massaggiatore e il fotografo».

Due mondi, due staff

L’esordio del JCL Team UKYO è avvenuto tra le dune del deserto saudita, poi si sono spostati in Oman e ora tocca al calendario europeo. Non ci si ferma mai, il tempo per riprendere fiato è davvero poco

«Le trasferte sono sempre complicate – continua Volpi – devi pensare al trasporto delle bici, dei materiali, preparare i documenti per le dogane, i visti. Sono sempre procedure impegnative, c’è tanto da fare ed è un compito che ricade su di me, ma grazie alla mia esperienza so come destreggiarmi. Certo, ora siamo in pochi, ma tutti ci diamo una grande mano.

«L’impatto è stato buono – racconta – siamo tutti soddisfatti. Organizzare la vita di tutti non è semplice, ma dall’altra parte ho trovato persone volenterose e che hanno grande rispetto. I ragazzi e lo staff che vive a Colle Brianza rimarrà per tre mesi. Una volta finito questo periodo, torneranno in Giappone e affronteremo qualche gara lì. Abbiamo due staff praticamente: quello in Italia e l’altro, ridotto, in Giappone. Quest’ultimo è composto da un meccanico e due massaggiatori».

Il materiale per le gare arriva dal Giappone o lo avevate già qui in Italia?

Un mix delle due cose. Alcune cose dal Giappone, come il materiale meccanico, le ruote e le bici. La parte di alimentazione e dell’integrazione, invece, dall’Italia. Assemblare il tutto non è stato semplice a causa del viaggio.

Cosa vuol dire avere una squadra divisa in due?

Che tutto va organizzato al meglio. In questo momento è semplice, facciamo arrivare i corridori con il visto da turista, della durata di tre mesi. Una volta finito questo periodo loro sono costretti a tornare in Giappone per i successivi tre. Il massimo di giorni consecutivi che possono fare in Italia con questo visto è 180. Con il calendario che abbiamo è fattibile, ma in futuro potrebbe servire un altro genere di visto. 

Quello lavorativo?

Esatto, che però burocraticamente è più complicato da ottenere. Dovresti avere una società in Italia che si prenda la responsabilità delle persone e dei corridori. 

I contatti con la parte giapponese sono semplici?

Mi devo svegliare presto, ma si fa tutto con mail e videochiamate. La finestra per lavorare insieme è corta, a causa del fuso orario. Quando da noi sono le 7 del mattino da loro sono le 15. Quindi la prima cosa che faccio al mattino è mettermi in contatto con loro. 

L’abbigliamento, i caschi, le bici, tutto era in ordine per i primi appuntamenti?

Siamo partiti con tutti i prodotti ufficiali, senza problemi. Ora stiamo attendendo che ci inviino del materiale come caschi, occhiali e divise. La fornitura è annuale, ma a breve servirà un’integrazione, soprattutto per i materiali di usura: come le divise. Siamo in attesa che il nostro fornitore, Santic, ci dia risposta.

Il calendario è stato assemblato bene?

Siamo davvero felici di questo inizio. Andare a fare una corsa di Aso come il Tour of Oman non è scontato per un team continental. Il 28 febbraio ci sarà la prima gara del calendario italiano: il Trofeo Laigueglia. Per noi è un appuntamento importante, si tratta di una corsa 1.Pro. Successivamente andremo al Tour de Taiwan. Avevamo anche l’invito per il Giro di Sicilia e di Calabria, ma sembra che non saranno organizzate. Uno degli appuntamenti più importanti sarà il Tour of the Alpes, saremo l’unica continental presente. 

In Oriente quando andrete?

Dopo Taiwan correremo il Tour de Kumano e Giro del Giappone, due corse in casa. Infine abbiamo il Giro di Korea, finiti questi appuntamenti ognuno tornerà a casa per correre i propri campionati nazionali.

Avrai altri appuntamenti in Giappone?

Proprio in occasione del Giro del Giappone. Avrò modo di incontrare la parte organizzativa e pianificare il futuro, in vista anche di altri investimenti. Ho un grande margine di manovra all’interno del team, tanto che sono io che gestisco il budget, ma poi serve dare conto ai vertici. Siamo fiduciosi e lanciati in questa prima stagione, vi faremo sapere come andrà!

Boaro e l’ammiraglia: la somma di tante esperienze diverse

19.02.2024
5 min
Salva

Una volta scesi dalla bici ci si accorge che la vita e il mondo del ciclismo sono diversi da come li si è sempre visti. Anzi, assume sfumature differenti: ci si accorge di cose che magari prima erano solamente un contorno sfocato. Manuele Boaro ha terminato la sua carriera a ottobre e un mese dopo era già nei panni del diesse (foto di apertura JCL Team UKYO). La squadra è la continental giapponese JCL Team UKYO della quale vi abbiamo raccontato obiettivi e i progetti. Ma com’è cambiata la vita di Boaro?

«Dalla macchina – ci dice subito – è un’altra prospettiva, qui da noi ci sono atleti che hanno tanta voglia, chiedono e imparano in fretta. In Oman stavamo anche per vincere, peccato abbiano ripreso Earle negli ultimi 150 metri. Devo ammettere che dietro il traguardo avevo il cuore a mille, pensare di vincere alla prima corsa dove ero da solo come diesse mi ha emozionato parecchio. Se mi fermo ancora, mi sale l’adrenalina del momento». 

La prima gara della stagione Volpi e Boaro, a destra dei corridori, l’hanno fatta insieme (foto team JCL UKYO)
La prima gara della stagione Volpi e Boaro, a destra dei corridori, l’hanno fatta insieme (foto team JCL UKYO)
Com’è andata la prima gara?

Bene, per fortuna all’AlUla Tour c’era Volpi che con la sua enorme esperienza mi ha aiutato tanto. Poi io ho fatto del mio meglio, cercando di assimilare il più possibile, ma è un modo completamente nuovo.

Cosa ti ha insegnato Volpi?

Nelle prime gare mi ha aiutato a capire l’ordine delle ammiraglie, come comportarsi con la giuria, le regole… Ci sono da imparare tante cose e molte sono dei dettagli. Alberto è bravo a spiegare sia prima che dopo la corsa. Ho tanta esperienza in gara, ma la mia più grande fortuna è quella di aver avuto diesse e manager che mi hanno passato qualcosa. Questo l’ho notato anche in Volpi.

Al Tour of Oman Boaro si è ritrovato da solo a gestire le dinamiche di corsa: test superato (foto team JCL UKYO)
Al Tour of Oman Boaro si è ritrovato da solo a gestire le dinamiche di corsa: test superato (foto team JCL UKYO)
In che senso?

Alberto ha la sua impronta, come tutti, però ha molte cose che gli sono state passate da Ferretti.

Tu hai qualche diesse che ti ha trasmesso più di altri? 

Bjarne Riis, lui come diesse aveva una marcia in più che mi ha lasciato. Ha trasmesso tanto: il modo di lavorare, di fare squadra e altro ancora. I ragazzi devi cercare di conoscerli anche al di fuori della bici, così diventa facile fare gruppo e costruire qualcosa. 

Hai qualche ricordo particolare di Bjarne Riis?

Aveva la passione, se così possiamo dire (fa una risatina, ndr) di fare dei ritiri particolari e stravaganti. Una scelta che poi tornava utile, perché con certe esperienze la squadra si unisce, si fortifica. Io non sono ancora riuscito a proporre dei ritiri diversi, ma ci penseremo, bisogna chiedere a Volpi (ride, ndr).

Creare un gruppo coeso si sta rivelando semplice, grazie alla curiosità dei nuovi (foto team JCL UKYO)
Creare un gruppo coeso si sta rivelando semplice, grazie alla curiosità dei nuovi (foto team JCL UKYO)
La prima gara da solo è stata in Oman, com’è andata?

Bene, ero un po’ teso ma ho cercato di rimanere sereno e trasmettere tranquillità alla squadra. Ho seguito i consigli di Volpi, ma ho messo anche del mio, soprattutto nelle piccole cose, nei dettagli.

Ad esempio?

Cercavo di non stressare troppo i corridori via radio, oppure nelle riunioni la sera dicevo le cose essenziali, così da tenerli concentrati. Poi ho commesso i miei errori, ma è giusto così, fa parte della crescita come diesse.

Gli insegnamenti passano da tutte le fasi di gara: dallo scegliere la fuga giusta al rifornimento
Gli insegnamenti passano da tutte le fasi di gara: dallo scegliere la fuga giusta al rifornimento
Quali errori hai commesso?

Magari nel passare qualche borraccia o nel dare indicazioni via radio. Ad una tappa ho sbagliato a dare un’indicazione per una curva. Oppure a una delle prime frazioni sono partito con i fogli sul cruscotto, la radio appoggiata e alla prima curva è volato tutto in giro. Cose piccole, ma che si imparano con l’esperienza. 

Com’è approcciarsi alle corse da diesse?

Diverso. Devi preparare tutto a casa: piani, slide e tutto il resto. Così una volta che si è alle corse devi pensare solo alle cose piccole, ai dettagli. Volpi dice sempre che prevenire è meglio che curare. Alle corse devi pensare a tutti: massaggiatori, meccanici, corridori. 

Il gruppo dei giapponesi si dimostra curioso e ha tanta voglia di imparare
Il gruppo dei giapponesi si dimostra curioso e ha tanta voglia di imparare
E’ stato facile creare il gruppo squadra?

In realtà sì. La parte di corridori giapponesi è davvero molto curiosa. Averli insieme e parlarci è un piacere, hanno tanta voglia di fare e imparare. A volte avevano anche troppa fretta di andare in fuga, ho spiegato loro che dovevano avere pazienza. Ci sono tappe dove non ha senso spingere per uscire dal gruppo, meglio risparmiare e provare a quella successiva, che magari è più favorevole. 

Cosa hai capito da corridore che ti porti in ammiraglia?

Che gli atleti sbagliano, è giusto rimproverarli e far vedere dove si può migliorare, ma non si deve creare l’assillo. I miei 13 anni di carriera sono volati, bisogna fare in modo di preservarli e viverli con serenità.

Carboni all’AlUla Tour. Il debutto in mezzo al deserto

04.02.2024
5 min
Salva

C’è voluto un po’ perché Giovanni Carboni si aprisse dopo il cambio di squadra e la nuova avventura che sta vivendo al JCL Team Ukyo. Per tutto l’inverno aveva scelto la via del silenzio, del lavoro, tenendo strette per sé le sue sensazioni e conoscendo la sua storia non si può che comprenderlo. Il corridore di Fano è uno di quelli che ha vissuto sulla propria pelle la disastrosa gestione (da parte dell’Uci in primis) della vicenda Gazprom Rusvelo dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e per mesi è rimasto fermo al palo, trovando un ingaggio in Spagna solo quasi a fine stagione 2022.

Quell’esperienza ha lasciato cicatrici. Alla fine dello scorso anno Carboni ha accettato la proposta del team giapponese fidandosi della competenza e del prestigio di Alberto Volpi, ma c’è voluto tempo per vincere la naturale diffidenza. Poi la stagione è iniziata, il marchigiano è volato nel deserto per fare il suo esordio con la squadra all’AlUla Tour e anche la sua voglia di parlare ha trovato sfogo.

Carboni fra Koishi e Malucelli: il loro esordio stagionale è stato finora promettente
Carboni insieme a Malucelli: il loro esordio stagionale è stato finora promettente
Una gara sicuramente diversa dal solito per iniziare il tuo cammino…

Molto meno semplice di quanto si possa pensare. Certo, non ci sono grandi asperità, le tappe per la maggior parte si concludono in volata, ma le difficoltà non mancano e sono legate soprattutto al vento che da queste parti imperversa.

Come influisce?

Basta una folata che possono crearsi ventagli. Bisogna stare continuamente all’erta, è una corsa che si disputa soprattutto di testa, a livello di concentrazione. Nella seconda e terza tappa ci sono state folate che hanno letteralmente spaccato il gruppo e c’è stato da lavorare per ricomporlo, le squadre dei velocisti hanno fatto un gran lavoro.

Il vento e la formazione dei ventagli sono stati i maggiori ostacoli nell’a corsa egiziana’AlUla Tour
Il vento e la formazione dei ventagli sono stati i maggiori ostacoli nell’a corsa egiziana’AlUla Tour
Che paesaggi avete affrontato?

E’ una gara diversa dal solito, questo è certo. Esci dalle città e ti ritrovi in mezzo al deserto. Strade molto ampie, che non cambiano mai, dove la direzione è sempre la stessa. Se c’è battaglia diventa tutto molto difficile perché si fa fatica soprattutto mentalmente. Non che ci sia da stupirsi, siamo nella nazione tra le più caratterizzate da questo tipo di ambiente.

Giustamente dici che l’ambientazione influisce sull’aspetto mentale. Che effetto fa?

Diciamo che devi abituarti. Poi quando la corsa parte devi concentrati su quel che avviene e non ci si accorge più di tanto di quanto c’è intorno. A me fa molto effetto dopo, durante i trasferimenti. Noti la desolazione, pensi alle difficoltà di chi è nato e vive in un ambiente ostile. E’ davvero difficile, è qualcosa che ti dà da pensare.

Tim Merlier, forse il più famoso dei corridori in gara, vincitore di due tappe
Tim Merlier, forse il più famoso dei corridori in gara, vincitore di due tappe
Trovate pubblico?

Questo è un aspetto interessante. Nei ritrovi di tappa e soprattutto negli arrivi c’è, ma è facile accorgersi che si tratta soprattutto di gente molto abbiente, che ha tempo per assistere, non ha obblighi di lavoro. Altrimenti vedi che la gente normale è quasi disinteressata, troppo presa dalle proprie attività. Lungo i percorsi, poi, non c’è proprio nessuno ma è facile capire il perché…

Tu hai fatto il tuo esordio nel team proprio in quest’occasione. E’ una squadra più giapponese o italiana?

Io direi che entrambe le nature coesistono. Io ho trovato una professionalità e una mentalità prettamente europea, Alberto Volpi e Manuele Boaro hanno dato già un’impronta decisa alla squadra. Al contempo però c’è una forte matrice giapponese: il peso dello sponsor è molto accentuato, c’è un’attenzione al dettaglio quasi maniacale. Io penso che siano due realtà che possono davvero coesistere e far crescere la squadra.

Alberto Volpi è il team manager del team giapponese. Anche per lui è stato un esordio
Alberto Volpi è il team manager del team giapponese. Anche per lui è stato un esordio
Già all’inizio dell’avventura vi trovate a gareggiare contro team del WorldTour. Si vede la differenza?

Non potrebbe essere altrimenti, i budget a disposizione non sono neanche paragonabili. Se parliamo però di attenzione e disponibilità verso i propri corridori, Alberto non ci fa mancare davvero nulla e mette a disposizione tutta la sua esperienza. E’ un valore in più per noi, soprattutto per noi italiani (con Carboni corrono Pesenti e Malucelli, ndr) che conosciamo bene la sua storia e la sua competenza.

Tu sei partito con quale ruolo?

Noi corriamo tutti in appoggio a Malucelli che è il più veloce, con noi ci sono anche 3 giapponesi e l’esperto australiano Earle. Io vengo da un inverno un po’ difficile, tra covid e influenza in pratica ho perso tutto dicembre e questo sulla condizione si fa sentire. L’AlUla Tour non è poi una corsa che si confà alle mie caratteristiche, ma io la sto interpretando un po’ “vecchio stile”, ossia per raggiungere la miglior forma, facendo quel che posso per i compagni.

Carboni alla Gazprom: un’avventura durata poche settimane e chiusa con 6 mesi di sofferenza per trovare un team
Carboni alla Gazprom: un’avventura durata poche settimane e chiusa con 6 mesi di sofferenza per trovare un team
Che obiettivi ti sei posto per questa stagione?

Nessuno in particolare, vivo un po’ alla giornata. Qui come detto l’importante è chiudere con una forma migliore di quella che avevo alla partenza, poi andremo al Tour of Oman che ha percorsi molto più adatti alle mie caratteristiche e dove spero di avere qualche occasione per mettermi maggiormente in mostra.

Che livello hai trovato in questa corsa?

E’ molto buono. Considerate che di squadre continental con noi ce ne sono solamente un paio, le altre sono tutte WorldTour o professional e sono tutte venute con un velocista di punta e un uomo per la classifica. Ciò ha portato la corsa a un valore notevole. Quel che ci voleva per iniziare.

Malucelli riparte dal Giappone: un reset totale per rinascere

10.11.2023
5 min
Salva

Come quando sbagli il primo bottone e tutto il resto si storce, la carriera di Matteo Malucelli si è inceppata sulla chiusura della Gazprom. Quei pochi mesi di ciclismo ad alto livello sono stati la sua fortuna e la sua condanna, perché nulla di tutto quello che è venuto in seguito gli è parso all’altezza. Per cui al momento di ripartire e ritenendo chiuso il suo periodo alla Bingoal, l’ingegnere romagnolo si è trovato davanti a un bivio. Da un lato, la scelta di smettere. Dall’altro la possibilità di un reset totale, andando a correte nel JCL Team Ukyo di Alberto Volpi. Una continental che farà prevalentemente attività in Oriente.

«Il paragone del primo bottone – riflette Malucelli , in apertura con la compagna Martina durante le recenti vacanze – calza a pennello. Vengo da due anni di camicie storte. Adesso che l’ho sbottonata tutta, proverò a chiuderla dritta. La sfortuna più grande che ho avuto non è stato che abbiano fermato la Gazprom, ma il fatto che io abbia toccato con mano che cos’è una squadra che funziona. Da lì, dovunque andassi, vedevo solo le cose negative e quando entri in quel vortice, è finita. Sono convinto che se non avessi fatto quei due mesi con loro, probabilmente sarei rimasto in piccole squadre senza avere metri di paragone così diversi. E’ stato come avere fra le mani un’auto di lusso e poi farsela portare via senza averla usata davvero».

Il 10 febbraio 2022, Malucelli debutta ad Antalya in maglia Gazprom e vince
E’ il 10 febbraio 2022: Malucelli debutta ad Antalya in maglia Gazprom e vince
Come è arrivato il Team Ukyo?

Moreno Nicoletti, il mio procuratore, me ne aveva parlato già a settembre. Io avevo capito che alla Bingoal non sarei andato avanti, per cui sapeva che avrei voluto cambiare. Abbiamo sentito altre squadre, ma alla fine quella è stata la proposta rimasta nel piatto. Ho voluto parlare con Volpi per togliermi tutti i dubbi e lui mi ha illustrato il progetto, che mi è piaciuto.

Che cosa ti ha convinto?

E’ un progetto nuovo e io ho voglia di rimettermi in gioco, perché secondo me valgo più di quello che ho dimostrato. In vita mia ho avuto due mesi per provare ad essere a un certo livello e mi sembra di averlo dimostrato. Volpi non lo conoscevo tanto. Ci eravamo salutati qualche volta in giro per aeroporti, ma nulla di più. Mi ha convinto perché è stato molto trasparente.

In azione sul Muro di Grammont al Renewi Tour, accanto a Martinelli: la parentesi belga si è chiusa
In azione sul Muro di Grammont al Renewi Tour, accanto a Martinelli: la parentesi belga si è chiusa
Che cosa ti ha detto?

Intanto mi ha ringraziato per avergli voluto parlare. Poi mi ha detto: abbiamo questi materiali, questo è il budget, queste le corse che possiamo fare, anche se cercheremo di farne anche in Europa. Non mi ha raccontato favole. La squadra è continental, ha il progetto di diventare professional, ma non si sa in che tempi. E’ stato molto chiaro e a me, da ingegnere, questa cosa piace.

Di quali materiali ti ha parlato?

Le bici Factor montate in tutto e per tutto con Shimano, ruote, caschi e scarpe compresi. Avremo pneumatici Vittoria. Mi ha parlato dei pedali e dei direttori sportivi. Ha detto tutto quello che mi doveva dire e mi ha fatto sentire importante. Non che ne avessi bisogno, non mi devo sentire una prima donna. Sono stato in squadre con gente molto più forte di me e questo tante volte è stato uno stimolo. Ma è gratificante che un direttore sportivo che nemmeno conosci dimostri che si era davvero accorto di te, parlando di questa o quella volata. E poi non mi ha chiesto niente, vittorie o altro. E devo dire che il suo peso nella decisione di accettare l’ha avuta anche la presenza di Boaro.

Nel 2023 la squadra giapponese ha corso su bici Factor montate 100 per cento Shimano: così anche il prossimo anno (foto Team Ukyo)
Nel 2023 la squadra giapponese ha corso su Factor montate 100 per cento Shimano: così anche nel 2024 (foto Team Ukyo)
Che cosa significa che correrai prevalentemente in Oriente?

Da quello che mi hanno detto, non dovremmo correre in Cina, perché fra i giapponesi e i cinesi non c’è un grande feeling. Quest’anno, hanno corso in Corea, Taiwan, Giappone, Langkawi, Filippine, poi Saudi Tour e Oman. Cercheranno di inserire qualche corsa in Europa, ma alla fine devi averne 60 adatte alle tue caratteristiche, non c’è bisogno che ce ne siano 120. In ogni caso, dopo aver parlato con Volpi, un po’ sono stato titubante. Per cui ho detto a Moreno che sarei andato in vacanza e avrei deciso quando fossi tornato, perché con la mente fresca si decide meglio. E alla fine ho deciso di fare questo vero reset. Guadagnerò meno, ma penso che solo ripartendo dal basso potrò tornare al livello migliore. Ho pensato a Finetto, che era con me alla Trevigiani e aveva già 30 anni. Poi è passato ancora e ne ha fatti altri quattro alla Delko, vincendo corse.

Perché ripartire da un team più piccolo ti dà motivazione?

Ho il desiderio di rimettermi in discussione, come da neoprofessionista. Sono all’anno zero, tutto quello che ho fatto finora mi ha portato in Giappone, evidentemente non è stato così grande. Perciò riparto da una piccola squadra. Se va bene, potrò correre ancora. Se va male, andrò a lavorare un anno più tardi.

Malucelli ha preso la decisione di firmare con il Team Ukyo al ritorno dalle vacanze, a mente fresca
Malucelli ha preso la decisione di firmare con il Team Ukyo al ritorno dalle vacanze, a mente fresca
La nuova bici è arrivata?

Dovrebbe arrivare in settimana, non vedo l’ora. E’ questo che mi dà morale, la voglia di quando sei giovane che negli ultimi anni era un po’ calata.

Ci saranno altri italiani in squadra?

Oltre a Volpi e Boaro qualcuno dello staff e anche un corridore giovane, che è stato inserito nel gruppo Whatsapp, ma ancora non è stato annunciato. Sono appena tornato dalle vacanze e anche se ho trent’anni e per qualcuno potrei essere vecchio, non vedo l’ora di ripartire. Ho fatto sette anni da pro’, chi dice che non potrò farne altri sette?

Boaro: il tempo di dire addio, poi quella telefonata…

29.10.2023
6 min
Salva

Neanche il tempo di appendere la bici al chiodo, di assimilare un totale cambio di vita che Manuele Boaro si è subito rituffato nel mondo del ciclismo. «Il giorno dopo la mia ultima corsa, la Veneto Classic, è squillato il telefono. Dall’altra parte c’era Alberto Volpi che mi ha chiesto se me la sentissi di affiancarlo nella guida del JCL Team Ukyo, il team giapponese del quale è diventato manager. Non ci ho pensato un attimo, gli ho detto subito sì. Mi sono tuffato in una nuova avventura con lo stesso entusiasmo di quando 13 anni fa ho iniziato il mio cammino fra i pro’».

Boaro ha chiuso a 36 anni con convinzione. Non perché il fisico gli dicesse di smettere, anche se le varie stagioni passate in giro per il mondo si facevano sentire. Questo ciclismo però non riusciva più a gestirlo dal di dentro.

«Sapendo che avevo il contratto in scadenza – spiega – ho provato a muovermi. Dopo anni i manager li conosco tutti, li ho contattati personalmente. Ma al di là di un po’ di “vediamo, ti faccio sapere” non avevo avuto nulla. Qualcosa magari sarebbe anche saltato fuori, ma mi sono chiesto se avrebbe avuto un senso. Poi ho saputo che la Veneto Classic passava proprio per il mio paese, davanti casa mia. Allora ho pensato che sarebbe stata la maniera migliore per chiudere».

La grande festa per il suo ritiro all’ultima Veneto Classic, con il fans club schierato al completo
La grande festa per il suo ritiro all’ultima Veneto Classic, con il fans club schierato al completo

L’ultimo dei veri gregari?

Una decisione presa proprio qualche giorno prima, ma il poco tempo è bastato per allestire una grande festa per salutarlo come si conveniva: «Sono venuti in tanti, il fans club si è mobilitato alla grande e quel giorno è stato un turbinio di emozioni. Posso dire di aver chiuso in bellezza, credevo che la mia storia ciclistica si sarebbe chiusa lì. Invece neanche poche ore dopo rieccomi coinvolto, ma in maniera completamente diversa».

L’addio di Boaro è anche l’addio di uno degli ultimi veri gregari. Il suo racconto della ricerca vana di un contratto non fa che confermare la sensazione che questa figura stia ormai sparendo: «In questo ciclismo, fatto di numeri, siamo noi quelli che vengono penalizzati. Le squadre chiedono corridori che portino punti, il principio del “siamo tutti capitani” è ormai imperante. Ma attenzione: chi lavora per la squadra nella prima parte di gara, quando non ci sono le telecamere, quando si gettano le basi della corsa e bisogna proteggere e stare vicino al capitano di turno?

«Il risultato è che le corse professionistiche stanno diventando come quelle dei dilettanti – prosegue Boaro – pronti via ed è subito bagarre. Ma a lungo andare questo modo di correre logora, bisognerà vedere come l’intero ambiente reagirà quando corridori come me o come Puccio non ci saranno più».

L’esempio di Rijs

Boaro è sempre stato molto convinto della sua scelta: «Non ero un campione quando sono passato professionista e ho capito presto che dovevo trovare una mia dimensione. Ho avuto la fortuna di correre insieme a grandi campioni come Contador, Nibali, Sagan e posso dire di aver contribuito ai loro successi. Il che mi ha permesso di vivere una carriera densa di bei momenti e di soddisfazioni, ma anche di contatti umani, il che è fondamentale».

Ripercorriamo allora la sua carriera, fatta di poche squadre perché quando Manuele era nel team, ne diventava una colonna: «Ho iniziato con la Saxo Bank diventata poi Tinkoff, ben 6 anni in quel gruppo. Avevo Bjarne Riis come manager ed è stato preziosissimo, mi ha insegnato tanto su come vivere questo ambiente, tutte nozioni che mi saranno ancora utili ora che passo dall’altra parte… Era davvero un numero 1 nel ciclismo, ma anche fuori sapeva far gruppo. Alla sera ad esempio, se si poteva ci faceva anche andare in discoteca, oggi quando mai? Mi dispiace che non sia più nell’ambiente. Poi le cose con la Tinkoff non sono cambiate: era un gruppo bellissimo, andare in ritiro era un piacere».

Nel 2017 Boaro approda alla Bahrain-Merida, per due anni, ma quella era una squadra ben diversa da quella di oggi: «Stava nascendo allora, dal niente. Mi ritrovai in una squadra tutta da impostare, non fu facile. Di quegli anni ricordo il primo Giro al fianco di Nibali: mamma mia quanta gente, quanto entusiasmo. Peccato che finimmo terzi e uso il plurale volutamente perché con Vincenzo era davvero un lavoro di gruppo e mi dispiacque tanto che non riuscì a cogliere il risultato pieno, la gente l’avrebbe meritato. Con lo Squalo siamo rimasti sempre in contatto, ritrovandoci all’Astana e ancora adesso ci sentiamo spesso».

Sul palco con le piccole Matilde e Sofia. Ora inizia la sua nuova carriera da diesse
Sul palco con le piccole Matilde e Sofia. Ora inizia la sua nuova carriera da diesse

Lopez, talento cristallino

Astana, un’avventura iniziata nel 2019 e portata avanti fino a qualche giorno fa: «E’ una squadra in forte cambiamento. Io arrivai che avevano Fuglsang che era uno dei grandi per le classiche e Lopez per le corse a tappe e a proposito del colombiano devo dire che è un corridore fortissimo. Abbiamo condiviso anche la camera insieme, io ho provato a consigliarlo, a stargli vicino, può ancora fare tanto. Purtroppo ha cambiato numero e ci siamo persi di vista, ma io non posso dirne che bene».

Torniamo però al cambiamento: «L’Astana è un team in cerca d’identità, era nato per i grandi Giri ma ora sta progressivamente diventando una squadra per le corse d’un giorno. Anche per questo non avevo più molto spazio. Io però le sono ancora molto legato».

Boaro ha sempre avuto grande predisposizione per le cronometro, finendo 2° ai tricolori 2012
Boaro ha sempre avuto grande predisposizione per le cronometro, finendo 2° ai tricolori 2012

In Giappone per imparare

Ora comincia una nuova avventura: «E’ la dimensione giusta, una squadra piccola, ma che ha una lunga storia alle spalle. Io devo imparare tutto, farlo in un team continental che ha però prestigio e ambizioni è la cosa giusta. Starò al fianco di Alberto per imparare ma lo farò in prima linea. Avrei potuto farlo anche all’Astana, ma sarei stato il nono diesse, in fondo alla gerarchia, non era giusto per loro e per me».

Chiudendo c’è qualche rammarico? «Se mi guardo indietro no, sono contento di come sono andate le cose. Forse l’unica che mi manca è una maglia tricolore nella cronometro, perché quando ho iniziato da pro’ andavo piuttosto bene, ma nel 2012 persi con Malori per soli 7”. Vestire il tricolore sarebbe stato bellissimo. Ma va bene così: molti mi dicono che nessuno farà più quello che ho fatto e forse, visto il ciclismo di oggi, sarà proprio così».