SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5

05.12.2025
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BOLZANO – Q36.5 ed SRM danno forma ad un innovativo sistema pedale che si basa su tre elementi: pedale, tacchetta e calzatura.

Rivoluzionario perché riduce in modo esponenziale la distanza tra suola e asse del pedale, come mai prima d’ora. Innovativo ed efficiente, perché nasce dalla collaborazione di due brand trainanti per il settore, entrambi focalizzati a spingersi oltre, proprio in termini di resa tecnica. Entriamo nel dettaglio di SRM X-Power Direct, che avevamo già visto ai piedi di Oskar Winkler.

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Si accorcia in modo esponenziale la distanza tra battuta del pedale e suola (foto Alex Faedda)
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Si accorcia in modo esponenziale la distanza tra battuta del pedale e suola (foto Alex Faedda)

L’idea di Q36.5

Per contestualizzare ancora meglio il progetto, abbiamo fatto un po’ di domande a Luigi Bergamo, CEO e Fondatore di Q36.5.

«L’obiettivo principale – spiega – era quello di ridurre la distanza tra il pedale e la scarpa e al tempo stesso rendere proficua questa riduzione. Il progetto parte dalla Unique Pro, scarpa molto tecnica con lo stack più basso del mercato, arrivando al completo sviluppo del sistema grazie alla collaborazione con SRM. Sulla Unique Pro abbiamo aggiunto il quarto foro nella sezione posteriore, ma la suola resta perfettamente compatibile e la geometria esistente non ha subito variazioni.

«L’impiego del sistema completo Q36.5 Unique Pro e SRM X-Power Direct – conclude Bergamo – comporta una rivalutazione della biomeccanica del ciclista, che dovrebbe rivedere la posizione in bici, ma anche una maggiore efficienza aerodinamica, più stabilità e precisione nella guida».

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Luigi Bergamo, a destra, con Ulrich Schoberer: il fondatore di SRM
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Luigi Bergamo, a destra, con Ulrich Schoberer: il fondatore di SRM

Di cosa si tratta

Un nuovo pedale con un design altrettanto nuovo che porta in dote un’ampia superficie di appoggio. Una tacchetta specifica con forma dedicata e una calzatura con una suola con quattro fori per l’aggancio della tacchetta. Tutto molto semplice, ma in realtà c’è molto da spiegare.

Il pedale ha un corpo in alluminio 7075 e mostra una superficie di contatto con la suola di ben 1.653 millimetri quadrati (un’enormità). Rispetto ad un pedale Shimano riduce la distanza tra suola e battuta del pedale di 6 millimetri e mostra un fattore Q di 54. Per l’aggancio/sgancio utilizza delle molle posteriori con una linguetta (in stile Look). SRM X-Power Direct necessita di una tacchetta con disegno specifico che si abbina alla suola grazie a due viti, una anteriore e una posteriore, dando così una motivazione alla suola con quattro asole filettate. Le tacchette disponibili sono tre: quella fissa a 0 gradi di libertà angolare, poi a crescere – un grado per volta – fino a 3. Il valore dichiarato alla bilancia di SRM X-Power Direct è di 254 grammi.

Serve una scarpa con la suola dedicata. La collaborazione tra Q36.5 ed SRM ha portato l’azienda di Bolzano a sviluppare una suola con 4 fori, senza stravolgere la suola standard con i tre fori. E’ stata aggiunta una quarta asola filettata, posizionata alle spalle delle tre esistenti. Significa una scarpa sfruttabile su diversi fronti e direzioni. Il modello è la Q36.5 Unique Pro, dove può essere montata una tacchetta classica a tre fori (Shimano e Look ad esempio) e anche la nuova SRM.

Gli aspetti tecnici da considerare

A parità di lunghezza della pedivella, l’impiego del sistema SRM X-Power Direct comporta un abbassamento del seat-post, compreso tra i 4 e 7 millimetri (se messo a confronto con un sistema Shimano Dura Ace). C’è un delta da considerare ed è legato a fattori soggettivi, ma anche all’arretramento/avanzamento della tacchetta Shimano. Con l’adozione del binomio Q36.5/SRM X-Power Direct è da prevedere anche leggero aggiustamento dello scarrellamento (in avanti) della sella.

Quali benefici? Grazie alla combinazione tra la Unique Pro ed al nuovo pedale SRM, il piede si avvicina in modo esponenziale al punto di cui viene applicata la forza della pedalata. Si può sfruttare un sostegno maggiore al pari di un abbassamento del centro di gravità, fattore che si traduce anche in una maggiore stabilità in diverse fasi della guida. Inoltre, se consideriamo le tendenze attuali legate ad una riduzione della lunghezza delle pedivelle, il binomio scarpa/pedale permette di contenere, se non addirittura azzerare, le variabili legate all’aggiustamento dell’altezza della sella. Aumentano il comfort generale del piede e la forza espressa durante la pedalata.

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fondamentale adeguare la posizione in sella che, prima di tutto, si abbassa (foto Alex Faedda)
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fondamentale adeguare la posizione in sella che, prima di tutto, si abbassa (foto Alex Faedda)

Le primissime sensazioni

Per sfruttare a pieno il sistema Q36.5/SRM è fondamentale prendersi tempo, capire cosa cambia nella dinamica della pedalata e quanto è necessario abbassare la sella. Nel nostro caso è stato necessario un abbassamento di 7 millimetri, considerando una tacchetta spostata completamente in avanti ed un avanzamento della sella di 5 millimetri circa.

Gesto pieno, tanta forza da sfruttare sul comparto anteriore del piede e anche nella sezione mediana. Quest’ultima ci colpisce in modo particolare, in quanto con un sistema classico resta più scarica. Una pedalata rotonda che resta, con un movimento della caviglia ampio (che ci appartiene e fa parte del nostro modo di pedalare) che non viene strozzato. In senso generale la dinamica complessiva non cambia in modo importante, per lo meno questa è la sensazione, aumenta invece la forza in fase di spinta.

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fattore Q a 54 millimetri in linea con la categoria (foto Alex Faedda)
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fattore Q a 54 millimetri in linea con la categoria (foto Alex Faedda)

I prezzi di listino

Le calzature Q36.5 Unique Pro hanno un prezzo di listino di 550 euro, mentre il pacchetto SRM X-Power Direct ha un listino di 500 euro (sono incluse le tacchette con libertà laterale di 1,2°). Significa andare oltre i 1000 euro per un sistema completo, una cifra importante, ma che deve tenere conto di un sistema innovativo, destinato a porre nuovi limiti in questa categoria di strumenti dedicati alla ricerca della performance massima.

Q36.5

SRM

Roberto Amadio, nazionale

Zanatta ci racconta l’Amadio cittì: dai corridori all’ammiraglia

05.12.2025
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Un anno dopo in Federazione sono tornati a mescolare nuovamente le carte, Marco Villa riprende la pista femminile e seguirà il settore delle cronometro. Mentre Elia Viviani è stato nominato team manager per strada e pista, prendendo il posto di Roberto Amadio. Quest’ultimo è diventato il cittì della nazionale maschile. A più di dieci anni di distanza Roberto Amadio tornerà quindi a guidare l’ammiraglia e a gestire le dinamiche di corsa. La novità è interessante, anche se sono da capire i motivi che hanno portato al cambio di guida tecnica. 

Roberto Amadio ritrova un ruolo in ammiraglia dopo gli anni in Liquigas, con un’avventura partita nel 2005 e terminata nel 2014 quando la squadra prese il nome di Cannondale. Una figura che ha lavorato per diverso tempo accanto a lui è quella di Stefano Zanatta, così siamo andati direttamente dal diesse della Polti VisitMalta per farci raccontare i segreti e i particolari dell’Amadio tecnico. 

Roberto Amadio, nazionale, pista, campionato del mondo 1985
Roberto Amadio è stata una figura importante anche su pista, qui ai campionati del mondo del 1985
Roberto Amadio, nazionale, pista, campionato del mondo 1985
Roberto Amadio è stata una figura importante anche su pista, qui ai campionati del mondo del 1985

Di nuovo sulla macchina

Zanatta in questi giorni è alle prese con il percorso del Giro d’Italia, ne sta studiando il percorso e la logistica. La sua squadra non è ancora certa di ottenere la wildcard, anche se sembra esserci qualche certezza in più rispetto allo scorso anno. Basso e i suoi uomini sperano di ottenere una risposta nei primi mesi del 2026, nel frattempo ci si porta un po’ avanti con il lavoro

«Con Amadio ho lavorato tanto negli anni buoni – dice scherzando Stefano Zanatta – penso sia la persona più adatta e ricoprire il ruolo da cittì in questo momento. E’ stato tanti anni nell’ambiente e le dinamiche dell’ammiraglia le conosce bene. Il sistema è cambiato, non c’è dubbio, ma forse per chi ricopre il ruolo di cittì meno. Pensate solamente alle radioline, vero che c’erano anche ai tempi della Liquigas, ma erano strumenti meno potenti e precisi di quelli che ci sono ora».

Liquigas, Daniele Bennati, Roberto Amadio
Una volta terminata l’avventura in bici per Amadio è iniziata quella in ammiraglia con la Liquigas
Liquigas, Daniele Bennati, Roberto Amadio
Una volta terminata l’avventura in bici per Amadio è iniziata quella in ammiraglia con la Liquigas
Avete lavorato gomito a gomito già da quando eravate corridori…

Ci siamo trovati in squadra insieme per la prima volta nel 1987 alla Supermercati Brianzoli-Chateau d’Ax, che poi divenne Chateau d’Ax e abbiamo corso insieme fino al 1990. Poi quando ha iniziato il progetto Liquigas, nel 2005, mi ha chiamato subito con lui in ammiraglia. In dieci anni abbiamo condiviso tantissime esperienze, insomma erano gli anni buoni (ride ancora, ndr). 

Ora gli tocca il ruolo da cittì della nazionale, che ne pensi?

Amadio ha le competenze e le conoscenze dalle quali può attingere per ricoprire al meglio questo nuovo incarico. Gli anni passati in ammiraglia gli torneranno sicuramente utili, senza dimenticare che come team manager della nazionale ha sempre mantenuto vivi i rapporti, anche se con sfumature professionali diverse. 

Liquigas, Giro 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso e Stefano Zanatta
Giro d’Italia 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso, Stefano Zanatta e Dario Mariuzzo
Liquigas, Giro 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso e Stefano Zanatta
Giro d’Italia 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso, Stefano Zanatta e Dario Mariuzzo
Quali sono le qualità che ti ricordi di lui in Liquigas?

E’ sempre stato una figura capace di vedere le problematiche e di trovare delle soluzioni adeguate. Inoltre ha una spiccata capacità di vedere le qualità e le caratteristiche di un atleta, sia fisiche che umane. 

In che senso?

Roberto (Amadio, ndr) ha sempre saputo capire se un atleta ha delle doti tecniche e se è in grado di andare di pari passo con le aspettative riposte in lui. Negli anni in Liquigas i corridori hanno sempre dato ciò che ci si sarebbe aspettato, e questo grazie alle scelte dello stesso Amadio. Ora con solamente due appuntamenti di un giorno in calendario sarà più complicato, ma rimango convinto che sia la persona giusta.

Liquigas, Vincenzo Nibali, Roberto Amadio
Amadio negli anni alla Liquigas ha lavorato con grandi atleti, mettendo il dialogo e il confronto al centro
Liquigas, Vincenzo Nibali, Roberto Amadio
Amadio negli anni alla Liquigas ha lavorato con grandi atleti, mettendo il dialogo e il confronto al centro
Lo hai detto anche tu, il ciclismo è cambiato tanto…

Vero, ma lui non è rimasto fuori dal tutto. Adesso le squadre hanno molte più figure al loro interno e si deve interagire con tutte loro, ma in questi anni Amadio lo ha sempre fatto. Inoltre lui ha una dote importante: sa parlare all’atleta e capire se questo vuole seguirlo davvero oppure no

Questo aspetto può tornare utile?

Sicuramente, pensate al prossimo mondiale in Canada. Non sempre i corridori amano fare lunghe trasferte e se non rifiutano lo fanno malvolentieri (lo stesso è accaduto in diverse Federazioni per il mondiale in Rwanda, ndr). Per lui sarà importante partire ora, fare il giro dei vari ritiri e capire con quali atleti iniziare un percorso di avvicinamento. Anche perché a volte gli obiettivi del team e della nazionale non combaciano perfettamente, di conseguenza Amadio dovrà essere bravo a dialogare con tutti.

Amadio negli anni come team manager della nazionale non ha perso la capacità di dialogo e confronto con i vari tecnici
Amadio negli anni come team manager della nazionale non ha perso la capacità di dialogo e confronto con i vari tecnici
E’ stato corridore, diesse, team manager, ha una visione d’insieme sui vari ruoli…

Conosce le dinamiche di ognuno e sa prendersi le responsabilità delle proprie scelte. Non dimentichiamoci che al suo fianco avrà anche gente come Elia Viviani, i due si conoscono dai tempi della Liquigas e hanno lavorato molto insieme. Viviani ha appena concluso la carriera, conosce le dinamiche del gruppo è può dare una mano ad Amadio nel rapportarsi con i giovani. Non è sempre facile rapportarsi con ragazzi di vent’anni. 

Quale lato di Amadio può tornargli utile?

Sa capire cosa ha tra le mani e riesce a dirigerlo al meglio. Ha uno spiccato lato umano, Roberto è grande e grosso ma è buono. Sa essere autoritario ma non evita mail il confronto, ascolta quello che il corridore ha da dire ma sa farsi rispettare e dare le giuste motivazioni per spiegare determinate scelte. Il cammino che inizia ora sembra lungo, ma il tempo passa in fretta e le Olimpiadi del 2028 sono dietro l’angolo. Amadio dovrà essere bravo a creare un gruppo con il quale lavorare anche in ottica impegni futuri. 

Campionati dle mondo pista 2025, Santiago del Cile, Roberto Amadio, Elia Viviani
Il ruolo di team manager verrà ricoperto da Elia Viviani, una figura che può fare da collante tra atleti e cittì
Campionati dle mondo pista 2025, Santiago del Cile, Roberto Amadio, Elia Viviani
Il ruolo di team manager verrà ricoperto da Elia Viviani, una figura che può fare da collante tra atleti e cittì
Portaci in ammiraglia con lui, che tecnico è?

Ha sempre lavorato di istinto in corsa. E’ uno con tempi di reazione davvero brevi, sa stravolgere le tattiche di gara in pochi secondi. Inoltre sa impostare bene la corsa e le dinamiche fin dalla riunione del mattino, aspetto fondamentale se poi una volta abbassata la bandierina non hai più modo di comunicare con gli atleti. 

NSN Cycling

Frassi: dai giorni bui con Israel alla rinascita con NSN Cycling

05.12.2025
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ROMA – Sulla sua maglia c’è già la scritta NSN. Vederlo entrare all’Auditorium fa piacere. Parliamo di Francesco Frassi, direttore sportivo in forza alla Israel – Premier Tech fino a pochi giorni fa e ora alla NSN Cycling, la nuova squadra che si è distaccata dai vessilli dello Stato mediorientale. Lo incontriamo a pochi minuti dalla presentazione del Giro d’Italia. Sta degustando un prosecco assieme a suo padre, Roberto, colui che gli ha trasmesso la passione per il ciclismo: quella da corridore prima, e quella direttore sportivo poi.

La mente vola subito alle proteste di qualche mese fa, specie quelle avvenute in Spagna durante la Vuelta. Ma non solo: anche in Italia e in Francia i gruppi “ProPal” si sono fatti sentire. Da Frassi ci facciamo raccontare quei giorni, il crescendo di ostilità nei loro confronti e come li hanno vissuti dall’interno (in apertura foto CAuldPhoto).

NSN Cycling
Francesco Frassi insieme a suo papà Roberto alla presentazione del Giro d’Italia 2026
NSN Cycling
Francesco Frassi insieme a suo papà Roberto alla presentazione del Giro d’Italia 2026
Finalmente Francesco, il periodaccio è alle spalle. La fine dell’estate è stata più che tosta per voi…

Sì, molto. Io non ero alla Vuelta: i miei colleghi mi hanno raccontato la parte più intensa della protesta e gran parte l’ho vissuta da remoto. Però tra di noi ci si sentiva di continuo.

E cosa ti dicevano?

Che c’era parecchio stress. Non essendo lì, non capivo fino in fondo com’era la situazione, anche se in televisione si vedeva chiaramente cosa succedeva. Io ero in Italia e per me il “bello” è iniziato dopo, con le classiche italiane.

Raccontaci, cosa è successo?

Ho avuto il mio bel da fare. Essendo un direttore sportivo italiano all’interno del team, ovviamente gli organizzatori telefonavano a me. Il primo è stato Adriano Amici, perché il problema vero è nato con le gare del GS Emilia. E poi, a catena, tutte le altre corse. Di nuovo altro stress, anche se meno rispetto alla Vuelta: alla fine io l’ho vissuta per telefono. Percepivo soprattutto la paura degli organizzatori di non poter far disputare la gara, perché quelle proteste avrebbero potuto fermare tutto.

Alla Vuelta le proteste maggiori: avevano capito che il ciclismo era un’ottima vetrina mediatica (foto EFE)
Alla Vuelta le proteste maggiori: avevano capito che il ciclismo era un’ottima vetrina mediatica (foto EFE)
E tu?

Facevo da tramite tra l’organizzazione e il management della squadra. Alla fine anche il team ha deciso che non era il caso di presentarci alla partenza. Fortunatamente eravamo tranquilli a livello di punteggio per tornare nel WorldTour.

Giusto, c’era anche questa sfida in atto…

Esatto. Perdere 6, 7, 8 gare di un giorno in Italia, gare ProSeries, poteva essere davvero rischioso. In quel caso non so cosa avremmo fatto.

Come l’hanno presa i ragazzi quando avete dovuto fare questo passo indietro?

Quelli con cui ho parlato l’hanno presa bene. Hanno iniziato il riposo un po’ prima! Anche se per qualcuno c’è stato un piccolo cambio di calendario: chi è andato alla Parigi-Tours, chi ha corso in Belgio, chi è andato al Guangxi. Hanno chiuso prima quelli che avevano il programma italiano. Ma l’hanno presa con professionalità, senza lamentele particolari.

NSN Cycling
Giusto ieri è stata resa nota la partnership fra Scott e NSN Cycling. La nuova squadra è affiliata in Svizzera (foto CAuldPhoto)
NSN Cycling
Giusto ieri è stata resa nota la partnership fra Scott e NSN Cycling. La nuova squadra è affiliata in Svizzera (foto CAuldPhoto)
E invece Francesco, raccontaci com’è stato essere nell’occhio del ciclone dal lato negativo? Essere additati?

Non è stato bello. Alcune volte mi sono trovato, e ci siamo trovati, di fronte a brutti gesti nelle varie gare in cui andavamo. Anche in una corsa in Francia, il Grand Prix d’Isbergues, a settembre, e non solo alla Vuelta. Si passava sotto l’arrivo e ci facevano il dito medio, ci urlavano contro. Non era una bella situazione: ti dipingevano come una persona indecente quando non lo sei.

E aggiungeva stress, immaginiamo…

Più che stress dava fastidio. Anche perché noi cosa c’entravamo? Eravamo una squadra ciclistica. Sì, portavamo il nome Israel, ma dal punto di vista sportivo il proprietario ha una grande passione per il ciclismo. E’ grazie a lui se in questi anni si sono raggiunti ottimi risultati, se siamo diventati WorldTour, se c’è stata la Grande Partenza del Giro d’Italia. Alla fine, per una questione politica, ci rimettevamo noi. Si è capito che il ciclismo è più facile da colpire: mentre magari in una partita di qualificazione ai mondiali di calcio, come Italia-Israele, nessuno ha fatto nulla.

Il ciclismo non si fa a porte chiuse… Torniamo invece a voi. C’è stata paura per il futuro? Voglia di lasciare, come ha fatto Gee?

Quello no. Siamo sempre stati tranquilli riguardo al futuro. Devo essere sincero: il nostro manager Kjell Carlstrom ci ha parlato con chiarezza e ci ha sempre dato sicurezza. Ci ha sempre informato su tutto. Qualsiasi cosa ci fosse, poteva essere un problema o semplicemente un cambiamento, lui a tutti, dal primo corridore all’ultimo dello staff, ci teneva sempre aggiornati. Ed è sempre stato chiaro. Questo suo modo di comunicare ha contribuito a renderci tranquilli molto. Anche in chiave futura ci dava sicurezza e tranquillità.

Il momento forse più teso in assoluto per la Israel-Premier Tech: i manifestanti si gettano in mezzo alla strada durante la cronosquadre (screenshot a video)
NSN Cycling
Il momento forse più teso in assoluto per la Israel-Premier Tech: i manifestanti si gettano in mezzo alla strada durante la cronosquadre (screenshot a video)
E com’è stato questo passaggio verso NSN?

Ci ha spiegato l’idea della nuova squadra, ci ha mostrato il progetto della NSN Cycling e abbiamo capito che c’era una strada chiara, solida e pronta per il 2026. E’ stato dunque un passaggio naturale. Finalmente si usciva dall’occhio del ciclone politico e si tornava a parlare solo di ciclismo, che è quello che volevamo.

E si vede, indossi già i nuovi vestiti griffati NSN. Si sente già questa atmosfera di cambiamento?

Devo essere sincero, c’è tanto entusiasmo. Sono arrivato ora a Roma direttamente dal ritiro a Denia in Spagna. In squadra si lavora bene. Eravamo oltre 150 persone in ritiro, questo per far capire a quale livello di performance, management, staff, direttori sportivi e corridori possiamo essere. Siamo veramente attrezzatissimi e motivatisismi. E decisamente più rilassati di prima. Siamo approntati già sulla stagione, vogliamo fare i programmi e fissare gli obiettivi. In una parola: siamo felici.

Jayco AlUla, Filippo Conca, campione italiano 2025

Un viaggio nel motore di Conca: parola al preparatore

04.12.2025
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Il team Jayco-AlUla è già immerso nel primo ritiro di stagione, una settimana in Spagna, più precisamente a Denia. Un ritrovo per gettare le basi in vista del prossimo anno, nel quale si aprirà un triennio importante ed è fondamentale iniziare con il piede giusto. Tra coloro dai quali ci si attende una risposta c’è sicuramente Filippo Conca, il campione italiano che a Trieste ha messo nel sacco i professionisti. Dopo il titolo tricolore conquistato insieme allo Swatt Club per Conca è arrivata la chiamata della Jayco-AlUla. Un ritorno nel WorldTour per il corridore lecchese, che dopo quattro stagioni tutt’altro che facili era uscito dal professionismo. 

Fabio Baronti, preparatore Jayco AlUla
Fabio Baronti è entrato nello staff performance della Jayco AlUla come preparatore a inizio 2025
Fabio Baronti, preparatore Jayco AlUla
Fabio Baronti è entrato nello staff performance della Jayco AlUla come preparatore a inizio 2025

Cambiamenti e ritorni

Ora Filippo Conca sta vivendo la sua seconda chance e nel preparare la sua prima stagione con la Jayco AlUla sta lavorando con Fabio Baronti, preparatore che lo scorso anno è entrato nel team australiano dopo gli anni di formazione al Cycling Team Friuli

«Per me il 2025 – ci dice Baronti – è stato un anno importantissimo nel quale sono cresciuto tanto. Arrivavo con molta voglia di dimostrare che la fiducia riposta nelle mie capacità fosse giustificata. Personalmente ho fatto un grande passo in avanti e penso di poterne fare altri nella stagione che è alle porte. La squadra guarda avanti e ha già fatto dei cambiamenti. A capo del gruppo performance è arrivato, dal team femminile, Gene Bates. Ho avuto modo di lavorare con lui e sono felice di ritrovarlo anche nella formazione maschile. E’ tornato a far parte dell’organico anche Neil Stephens, diesse che era con il team agli inizi (poi passato in UAE Emirates e Bahrain Victorious, ndr) siamo consapevoli di doverci evolvere e guardare al futuro, per farlo però non vogliamo perdere un certo legame con il passato».

Conca ha conquistato il titolo italiano a fine giugno, durante l’inverno era rimasto senza squadra
Conca ha conquistato il titolo italiano a fine giugno, durante l’inverno era rimasto senza squadra
Nel tuo primo anno sei entrato in contatto con il campione italiano, Filippo Conca, com’è andata?

E’ entrato in squadra ad agosto, quindi il primo approccio è stato “soft”. Conca lavorava già con il suo preparatore, abbiamo deciso di non intervenire direttamente ma di seguirlo e dargli supporto. Alla base c’era un contatto giornaliero che serviva per coordinare allenamenti e gare. 

E’ stato semplice?

Abbiamo la fortuna di lavorare in uno sport che si basa molto sui numeri e dal quale riusciamo a raccogliere molti dati riguardo all’atleta. Riusciamo a monitorare i ragazzi a 360 gradi, tuttavia rimane fondamentale l’aspetto umano, anche nel lavoro del preparatore. 

Tre Valli Varesine 2025, Filippo Conca
La Jayco-AlUla lo ha riportato nel WordTour e metà 2025, i primi mesi sono serviti per riprendere le misure
Tre Valli Varesine 2025, Filippo Conca
La Jayco-AlUla lo ha riportato nel WordTour e metà 2025, i primi mesi sono serviti per riprendere le misure
Cosa si è guardato nei primi mesi?

A tutti e due gli aspetti. Dal punto di vista tecnico ci siamo coordinati per capire quali fossero la struttura di lavoro di Conca e gli elementi funzionali al suo interno. D’altro canto ci siamo interrogati su cosa potesse essere cambiato, al fine di lavorare al meglio insieme. Un aspetto molto importante è la conoscenza personale, capire quali fossero le convinzioni e le idee radicate nella testa del corridore. Per fare il salto fisico a volte non basta il solo allenamento, serve anche uno step mentale.

Conca arrivava da una situazione particolare, come hai approcciato questa situazione?

Solitamente un corridore professionista vive una certa routine di progressione costante negli anni, fino ad arrivare a un livello nel quale rimane per diverso tempo. La situazione di Conca, uscito dal professionismo e ripartito con lo Swatt Club l’ho giudicata al pari di un infortunio. Lui è uscito dalla zona di comfort ed è ripartito da solo. Si è trovato a rimettersi in discussione, senza punti di riferimento. Però se sei capace di rialzarti sono quelli i momenti in cui cresci e crei resilienza, alzando il tuo livello.

Jayco AlUla, Filippo Conca, campione italiano 2025
Il long Covid ha condizionato il finale di stagione di Conca, che ora è ripartito per costruire il 2026
Jayco AlUla, Filippo Conca, campione italiano 2025
Il long Covid ha condizionato il finale di stagione di Conca, che ora è ripartito per costruire il 2026
Così è stato?

Il dubbio c’era ed era legittimo, anche perché Conca nella prima parte del 2025 ha corso pochissimo. I dati raccolti ci hanno confermato che pur senza correre i suoi valori sono aumentati. 

Te lo saresti aspettato?

Da un certo punto di vista, sì. Filippo senza un calendario certo ha avuto modo di fare tantissima base durante l’inverno, cosa che da professionista è impossibile perché a gennaio già si corre. Lui, invece, si è allenato molto e questo gli ha dato dei benefici evidenti. E’ come se avesse resettato tutto. Certo, gli manca l’aspetto competitivo, ma quello si crea.

Jayco AlUla, Filippo Conca, campione italiano 2025, Tour de Slovaquie
Conca è un corridore dal fisico imponente, ma delle ottime qualità atletiche che gli permettono di essere competitivo sui percorsi duri
Jayco AlUla, Filippo Conca, campione italiano 2025, Tour de Slovaquie
Conca è un corridore dal fisico imponente, ma delle ottime qualità atletiche che gli permettono di essere competitivo sui percorsi duri
Come avete impostato il lavoro?

Serviva programmare il tutto, senza estremizzare. Si deve trovare l’equilibrio tra blocchi di allenamento e di gare. Nei primi costruisci, con i secondi finalizzi. Solo in questo modo si migliora la forma fisica. Ricordiamo che Conca ha subito anche gli effetti di un long Covid a fine 2025, la cosa importante era farlo recuperare. Gli abbiamo concesso tre settimane di riposo completo ed è ripartito due settimane dopo gli altri, a metà novembre. Meglio così per me, non ci sono differenze. 

Ultima domanda, che motore è quello di Conca?

E’ un corridore atipico, con una stazza importante. Parliamo di un ragazzo alto 192 centimetri e con un peso che oscilla tra i 75 e i 77 chilogrammi. Non ha le caratteristiche di uno scalatore, ma ha un motore ottimo, mettendo insieme le sue caratteristiche fisiche viene fuori un corridore capace di essere competitivo nelle corse impegnative. Per questo non mi ha sorpreso che abbia vinto l’italiano a Trieste.

Lo sviluppo del Team Amani, una rivoluzione per l’Africa ciclistica

Lo sviluppo del Team Amani, una rivoluzione per l’Africa ciclistica

04.12.2025
6 min
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Il progetto legato al ciclismo africano non si è fermato allo scorso settembre e agli storici mondiali in Rwanda. Le iniziative si moltiplicano e quella legata al Team Amani potrebbe avere una portata storica. Parliamo infatti della prima squadra continental femminile completamente africana, che nei propositi dei suoi responsabili vuole ripercorrere i passi del Team Qhubeka, ma mantenendo una forte identità legata al Continente. E’ stata fondata nel 2020 da Sule Kangangi, ciclista tragicamente scomparso in un incidente in una gara di gravel due anni dopo e dall’avvocato penalista Mikel Delagrange.

La guida tecnica del team femminile è stata affidata Tsagbu Grmay, che proprio per guidare le ragazze verso il grande obiettivo della partecipazione al Tour Femmes entro tre anni, ha lasciato una lunga carriera trascorsa nei team WorldTour: «L’idea – dice – è cercare di costruire una squadra che ruoti attorno solo a cicliste dell’Africa orientale. Seguivo la squadra maschile sui social ed ero un loro grande fan, perché cercano di mettere insieme atleti provenienti da diversi Paesi dell’Africa orientale e portarli a gare in America, in Europa e nel gravel. Non appena mi sono ritirato dalle corse su strada, ho contattato il proprietario della squadra e gli ho detto che volevo collaborare, perché è qualcosa a cui ho sempre pensato».

Tsgabu Gebremaryam Grmay, 34 anni, pro' nel WorldTour dal 2015 al 2023 e ancora protagonista nel gravel
Tsgabu Grmay, 34 anni, pro’ nel WorldTour dal 2015 al 2023 e ancora protagonista nel gravel (foto De Waele)
Tsgabu Gebremaryam Grmay, 34 anni, pro' nel WorldTour dal 2015 al 2023 e ancora protagonista nel gravel
Tsgabu Grmay, 34 anni, pro’ nel WorldTour dal 2015 al 2023 e ancora protagonista nel gravel (foto De Waele)
La squadra femminile può avere più spazio di quella maschile?

Dipende, bisogna considerarlo in due modi. Bisogna vedere a che punto è il ciclismo mondiale nella categoria maschile e femminile e anche che tipo di talento e tipo di strutture abbiamo in Africa. Credo che per quanto riguarda le donne, non siamo molto lontani dalla posizione del ciclismo femminile nel mondo in questo momento, perché abbiamo già delle ragazze molto talentuose. Dobbiamo solo avere opportunità, come stiamo facendo come Team Amani. Quindi raggiungeremo più velocemente il livello più alto con le donne che con gli uomini. Ma credo che in entrambi abbiamo talento: lo vediamo già con Biniam Girmay e dietro di lui vediamo già il potenziale negli atleti africani.

Perché pensi che fra le donne ci siano maggiori possibilità?

Perché abbiamo ragazze di grande talento e vedo anche il loro background, da dove provengono, quanto vogliono avere la loro libertà. Vogliono lottare per la vittoria, vogliono lottare per inseguire il loro sogno perché non è mai successo prima. Aggiungiamo a questo il fatto che il movimento mondiale femminile è ancora in forte crescita. E’ un grande salto, ma è tutta una questione di tempismo. Con gli uomini, ci arriveremo, ma con le donne lo sentiamo e stiamo davvero inseguendo il sogno realistico che è possibile realizzare in breve tempo.

I mondiali in Rwanda sono stati una forte spinta, ma ora bisogna continuare su quell'onda
Il Team Amani si dedica alla strada, ma anche al gravel con atlete dell’Africa orientale (foto team)
I mondiali in Rwanda sono stati una forte spinta, ma ora bisogna continuare su quell'onda
Il Team Amani si dedica alla strada, ma anche al gravel con atlete dell’Africa orientale (foto team)
La rassegna iridata in Rwanda secondo te avrà effetti a lunga durata sullo sviluppo del ciclismo in Africa?

Dipende da che tipo di progetti si vogliono portare avanti. Il Team Amani esisteva da anni e stiamo ancora crescendo lentamente, con grandi progetti e grandi obiettivi per i prossimi 10 anni. Abbiamo la tabella di marcia e sappiamo tutto ciò che serve per raggiungere il nostro obiettivo. E’ incredibile ciò che l’UCI ha fatto per l’Africa ed è stato uno dei punti di svolta per me e uno dei punti chiave che potrebbe avere un impatto significativo sul ciclismo africano.

Perché usi il condizionale?

Perché è un evento che si è svolto a settembre e dobbiamo vedere che tipo di progetto continuerà. L’Africa ha bisogno di più gare UCI, di più opportunità da offrire agli atleti. L’UCI si è presa un grosso rischio nel fare questo, ma la scommessa è stata vincente. Ora su quella bisogna costruire qualcosa di duraturo. E’ un processo a lungo termine.

Nei territori africani il ciclismo sta prendendo sempre più piede, anche se non in tutti i Paesi
Nei territori africani il ciclismo sta prendendo sempre più piede, anche se non in tutti i Paesi (foto team)
Nei territori africani il ciclismo sta prendendo sempre più piede, anche se non in tutti i Paesi
Nei territori africani il ciclismo sta prendendo sempre più piede, anche se non in tutti i Paesi (foto team)
In Paesi come il tuo dove calcio e atletica sono gli sport più amati dai ragazzi, il ciclismo comincia ad affermarsi?

Sì, in una parte dell’Africa orientale è importante. Ad esempio in Etiopia il ciclismo è davvero molto, molto importante, nascono squadre, come anche in Eritrea. Ma il mondo non sa che tipo di gare facciamo e come la gente le ama. Abbiamo una struttura di gare incredibile, almeno 40 all’anno e la gente le adora, ci sostiene. Ma è un mondo piccolo che ha bisogno di risalto per espandersi. Ad esempio, il Kenya è indietro, come se il ciclismo non fosse la priorità assoluta.

E’ importante avere una visione d’insieme?

Io seguo il ciclismo africano dal 2010, da quando ho iniziato a viaggiare per l’Africa, correndo gare UCI in Rwanda prima di diventare professionista. E ho potuto vedere i cambiamenti, come l’Uganda che sta già arrivando. La corsa a piedi è nelle nostre corde, hai solo bisogno di talento che qui non manca di certo. Il ciclismo invece è uno sport costoso, serve la bici, serve tutto. Se fornisci questo, penso che il talento ci sia e possa emergere.

Xaverine Nirere, che vincendo la terza tappa ha conquistato il Windhoek Women Tour
Xaverine Nirere, che vincendo la terza tappa ha conquistato il Windhoek Women Tour (foto team)
Xaverine Nirere, che vincendo la terza tappa ha conquistato il Windhoek Women Tour
Xaverine Nirere, che vincendo la terza tappa ha conquistato il Windhoek Women Tour (foto team)
Qual è il coinvolgimento di Ashleigh Moolman-Pasio nel team?

Voglio continuare a coinvolgere persone come Ashleigh, perché lei ne sa più di chiunque altro nel ciclismo femminile e sa cosa serve. C’è bisogno di persone come lei o anche come Biniam (Girmay, ndr), tutte queste persone che attraversano il ciclismo africano. Voglio che siano a bordo di questo progetto per sostenerlo, perché è qualcosa che ci accomuna tutti, in modo diverso, al livello più alto. Per me, l’idea è anche quella di dare potere alle persone per investire e lavorare come un unico progetto, su come possiamo rendere grande l’Africa nel ciclismo. Ashleigh ha cercato di aiutare le donne del Sudafrica e di altri Paesi, anche in Etiopia. E’ qualcosa in cui è coinvolta e lo sarà ancora di più quando si ritirerà, semplicemente gestendo la squadra, quindi siamo entusiasti di averla con noi.

Come sarà composto il roster, quante ragazze avrà e saranno solo cicliste africane?

Saremo aperti a tutti i Paesi africani e avremo solo atlete africane nere su cui vogliamo concentrarci. Tra le donne, abbiamo un minimo di 8 atlete, come richiesto dall’UCI perché stiamo anche lottando con il budget per riuscire ad allargarla e avere più opportunità. Ma vogliamo arrivare a circa 12 atlete. Tra Rwanda, Etiopia, Uganda, Kenya, abbiamo già circa 50 atleti tra i 14 e i 18 anni che seguiamo. Abbiamo molti progetti in corso dietro le quinte, ragazzi giovani da allenare, da far pedalare, da insegnare loro le tecniche, l’alimentazione e tutte queste cose. E’ un progetto a lungo termine.

La squadra femminile sarà composta nel 2026 da 12 ragazze, tutte provenienti dall'East Africa
La squadra femminile sarà composta nel 2026 da 12 ragazze, tutte provenienti dall’Africa orientale
La squadra femminile sarà composta nel 2026 da 12 ragazze, tutte provenienti dall'East Africa
La squadra femminile sarà composta nel 2026 da 12 ragazze, tutte provenienti dall’Africa orientale
L’obiettivo è arrivare al Tour nel 2028. Intanto dalla prossima stagione che cosa vi attendete?

La prossima stagione consiste semplicemente nel venire in Europa e mostrare il potenziale, che tipo di atleti abbiamo e qual è il talento di cui disponiamo. Se vuoi partecipare al Tour, nel 2028, devi mostrare il potenziale, perché il ciclismo non è solo questione di watt per chilo, non è solo questione di velocità in salita. Ci sono molte cose su cui stiamo cercando di lavorare. Per il prossimo anno, non ci sono aspettative legate al risultato. Se centreremo una Top 10 in quelle gare importanti a cui parteciperemo, è fantastico. E’ un bonus, ma la cosa più importante è dare esperienza alle ragazze, in modo che possano essere in grado di gareggiare davanti. Quindi questo è il nostro obiettivo per il prossimo anno: dimostrare al mondo che è possibile arrivare fino al 2028, perché è un obiettivo realistico.

Piruvato e lattato

Integrazione: piruvato e lattato fra ricerca e nuove frontiere

04.12.2025
7 min
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Pino Toni, uno dei preparatori che più spesso coinvolgiamo nei nostri articoli tecnici, rimarca come tante volte bisogna essere visionari, sperimentatori, andare oltre il conosciuto per cercare di restare sull’onda e magari anche di migliorare. E’ quel che oggi stanno facendo più di tutti Visma-Lease a Bike e UAE Emirates. In particolare nel settore della nutrizione e dell’integrazione questi due team hanno fatto passi da gigante. Non ultimi, gli elementi che sono emersi sono il piruvato e il lattato.

Piruvato e lattato di cui parliamo con due esperti del settore, Cristina Giusto e Paolo Gallo. La prima è una biologa nutrizionista, fondatrice del Centro Nutrizione Funzionale Evoluta, con sede a Udine e Precenicco; il secondo è un erborista e biologo nutrizionista. Entrambi sono sportivi e seguono atleti élite non solo nel ciclismo. Qualche giorno fa hanno partecipato a un seminario tenuto a Gemona del Friuli da Inigo San Millan e dal collega George Brooks. San Millan lavora proprio nel team UAE Emirates. Con il loro aiuto cerchiamo dunque di saperne di più.

Piruvato e lattato
La dottoressa Cristina Giusto, fondatrice del centro friulano
Piruvato e lattato
La dottoressa Cristina Giusto, fondatrice del centro friulano

Il piruvato

Partiamo dal piruvato e lo facciamo con la dottoressa Giusto, cercando di capre innanzitutto di cosa stiamo parlando. «Sono molecole prodotte dal nostro corpo – spiega – che quindi si stanno studiando sempre di più per capire come riuscire a ottimizzare l’efficienza mitocondriale dell’atleta professionista. Noi ci occupiamo di alimentazione, nutrizione sportiva e integrazione in medicina funzionale, quindi siamo entrambi molto interessati a capire i meccanismi fisiologici e come migliorarli, individuando le molecole che possono ottimizzare determinati processi. Sicuramente, in ambito sportivo, negli ultimi anni si stanno facendo progressi enormi: si è arrivati anche a quantitativi di carboidrati molto alti».

E cosa si sta facendo in base a questa considerazione?

Si sta cercando di capire quali molecole affiancare al carboidrato per ottimizzare i processi. Il piruvato e il lattato sono due di queste. Ci sono studi in fisiologia, anche di qualche anno fa, condotti da Brooks e da San Millan, che parlano proprio della capacità di migliorare l’efficienza mitocondriale. Poi loro sono riusciti ad applicare queste conoscenze anche nelle squadre professionistiche, in particolare nella UAE, e speriamo che ci portino qualche novità. San Millan e Brooks hanno tenuto una conferenza proprio su lattato e piruvato: sono molecole sicuramente interessanti anche nell’attività sportiva.

Perché “anche”? Si usano in altri settori?

Sì, sono interessanti in fisiologia nel momento in cui vanno a migliorare l’attività mitocondriale. Solitamente il loro campo di applicazione è ottimale per il diabetico, per la persona obesa: sono molecole che servono a migliorare la parte nutrizionale anche in molte patologie. Ma possono risultare utili anche agli atleti.

Il piruvato, più facilmente del lattato, si trova in commercio
Il piruvato, più facilmente del lattato, si trova in commercio
Quindi, indirettamente, si fa anche un po’ di ricerca per tutti?

Non indirettamente: la ricerca parte sempre dalla fisiologia. Poi lo sportivo è la persona che porta l’organismo all’estremo; quindi, si possono applicare dei protocolli e monitorarli. Ma la fisiologia è alla base di tutto e l’obiettivo della ricerca è portare risultati utilizzabili tutti i giorni, soprattutto in campo patologico.

Il discorso è complesso. Faccio un esempio: gli amminoacidi servono per il recupero muscolare, il carboidrato per l’energia… il piruvato invece per cosa si assume?

Cerco di spiegarlo facilmente perché si tratta di reazioni metaboliche abbastanza complicate. Il piruvato è normalmente presente nel nostro corpo ed è un metabolita del glucosio: per utilizzare il glucosio dobbiamo trasformarlo in piruvato. Il piruvato entra direttamente nel metabolismo energetico a livello cellulare, quindi è una molecola che massimizza l’efficienza energetica. E’ come se, vicino ai carboidrati, potessimo aggiungere un’altra “benzina” per aumentare l’efficienza. Si è visto che il piruvato fa lavorare meglio le centraline mitocondriali a livello muscolare e, attraverso un allenamento mirato, una corretta alimentazione e questa supplementazione, possiamo migliorare anche l’efficienza glicolitica del soggetto. In pratica, l’atleta si trova a bruciare molti più grassi rispetto a chi non è allenato o integrato nello stesso modo.

Quindi l’obiettivo non è tanto il recupero, quanto usufruire meglio della “benzina” del proprio corpo, attingendo ai grassi. E’ così?

Noi abbiamo scorte di grassi illimitate, anche il ciclista molto magro. Il problema è che spesso non riusciamo a utilizzare queste scorte in modo efficiente. Il piruvato, inserito in un contesto di allenamento ben strutturato e di una nutrizione adeguata, aiuta a farlo: rende più rapido ed efficace il passaggio dei substrati energetici nei mitocondri, migliorando la capacità dell’atleta di ossidare i grassi. L’obiettivo non è tanto recuperare – per quello ci sono altri strumenti – ma potenziare il motore metabolico, rendendo l’atleta capace di sostenere sforzi prolungati consumando meno glicogeno e risparmiando così la “benzina” più preziosa nelle fasi decisive della gara.

Piruvato e lattato
Il dottor Paolo Gallo
Piruvato e lattato
Il dottor Paolo Gallo

Il lattato

Dopo il piruvato, entriamo nel tema del lattato, questa volta con il contributo del dottor Gallo. E anche con lui partiamo da una premessa su cosa sia il lattato. «Il lattato – dice – è una molecola fondamentale nel nostro metabolismo. Non è il “nemico” che per anni si è creduto, anzi: è un carburante a tutti gli effetti. Viene prodotto durante lo sforzo e può essere riutilizzato dai muscoli, dal cuore e perfino dal cervello. Quello che emerge sempre più dalla fisiologia moderna è che il lattato non rappresenta uno scarto, ma una via metabolica rapida ed efficiente per produrre energia. Oggi stiamo imparando a sfruttarlo meglio, sia con l’allenamento sia con l’integrazione.

«Brooks ha fatto degli studi proprio sui pazienti con con danni cerebrali ed infatti in questo corso si verificava come il cervello fosse molto “affamato” appunto di lattato quando veniva introdotto per via endovenosa fondamentalmente. D’altro canto anche a livello muscolare e a livello cardiaco proprio i miociti, che sono le cellule del cuore, quando viene introdotto del lattato effettivamente loro si nutrono poi di questa sostanza, quindi questa nasce un po’ la curiosità dell’applicabilità poi anche a livello dello sport. 

Però ricordiamo che la via endovenosa non è consentita nel ciclismo. Qui parliamo di medicina più generale. Di ricerca. E’ bene ribadirlo…

Sì, certamente. In generale il lattato s’introduce nell’insieme dell’alimentazione-integrazione di un atleta con lo discorso fatto con per esempio dei chetoni di cui avete parlato qualche giorno fa. Nel senso che che anche i chetoni vanno poi messi all’interno di un contesto di nutrizione e integrazione personalizzata. 

La dottoressa Gallo ha parlato di supplementazione, dettagli che possono fare la differenza nei momenti di massimo sforzo
La dottoressa Gallo ha parlato di supplementazione, dettagli che possono fare la differenza nei momenti di massimo sforzo
Perché integrare il lattato? Che vantaggio dà a un atleta d’élite?

L’idea è simile a quella del piruvato: fornire al corpo una molecola già pronta per essere utilizzata a livello energetico, riducendo il carico sui processi più lenti e aumentando l’efficienza complessiva. Il lattato esogeno, inserito correttamente nella nutrizione dell’atleta, potrebbe permette di risparmiare glicogeno e di mantenere più stabile l’energia soprattutto negli sforzi intensi o ripetuti. Non è un caso se le squadre più evolute, come UAE appunto, stiano investano moltissimo nella ricerca in questo particolare settore dell’integrazione.

La domanda che molti si fanno: il lattato c’entra qualcosa con l’acido lattico?

Assolutamente no, ma spesso vengono confusi. Questa è una delle idee che il seminario di Gemona ha cercato di chiarire una volta per tutte. Quando parliamo di acido lattico, in realtà parliamo di un concetto ormai superato: quello che circola nel sangue è il lattato, che è una sostanza tampone e non acidifica il muscolo. La fatica deriva piuttosto da altri processi, come l’accumulo di ioni idrogeno o l’esaurimento del glicogeno. Integrare lattato, se fatto correttamente, potrebbe aiutare a sostenere meglio la produzione di energia e a ritardare l’affaticamento.

In poche parole non è come prendere i sali minerali a fine tappa, se abbiamo ben capito. E allora come è somministrato?

Questa è la domanda da farsi! Sono sostanze usate anche nell’industria alimentare come dei conservanti, fondamentalmente perché sono degli antiossidanti molto forti. In ambito sportivo ci sono degli esami fatti in laboratorio con determinate somministrazioni, però per via endovenosa che chiaramente non sono applicabili nel mondo dello sport moderno. 

Piruvato e lattato, ma anche altri prodotti dedicati all’integrazione, vanno a braccetto con l’alimentazione
Piruvato e lattato, ma anche altri prodotti dedicati all’integrazione, vanno a braccetto con l’alimentazione
In che modo si inserisce nella preparazione di un corridore?

Gli atleti d’elite hanno profili metabolici molto diversi tra loro, e dosi, tempi e modalità di assunzione devono essere calibrati con precisione. In generale, il lattato pero, concettualmente potrebbe essere utilizzato nelle fasi di carico in avvicinamento alla gara o nei momenti in cui si vuole stimolare una miglior capacità di recuperare e riutilizzare velocemente gli scarti metabolici. Bisogna però abbinarlo all’allenamento giusto: l’integrazione funziona solo se inserita in un contesto tecnico ben strutturato.

Possiamo dire che piruvato e lattato rappresentano un nuovo passo nella nutrizione sportiva?

Direi che rappresentano una nuova consapevolezza. Per anni abbiamo pensato in modo troppo rigido: carboidrati per l’energia, grassi per la resistenza, proteine per il recupero. Oggi capiamo che il metabolismo è una rete estremamente dinamica. Molecole come piruvato e lattato permettono all’atleta di “dialogare” meglio con i propri sistemi energetici, di risparmiare carburante e di essere più efficiente. Non sono miracoli, non sostituiscono l’allenamento, ma possono fare la differenza nei dettagli che decidono una corsa.

Il 2026 di Uijtdebroeks si è chiuso con il Tour of Guangxi, pria del cambio di squadra

Un altro contratto risolto, Uijtdebroeks va in Spagna

04.12.2025
5 min
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Chissà se alla fine, avendo avuto meno fretta, Cjan Uijtdebroeks sarebbe già arrivato ai traguardi che sognava, restando in quella che sarebbe poi diventata la Red Bull-Bora-Hansgrohe. Invece nell’autunno fra il 2023 e il 2024, con un colpo di mano di avvocati e procuratori che provocò reazioni di vario fastidio nel gruppo, il talento belga indicato come il nuovo Evenepoel passò alla Visma con un contratto di quattro anni fino al 2027. Purtroppo però i contratti sono ormai una via di mezzo fra la carta straccia e una tutela dell’investimento, per cui nessuno si è stupito quando Uijtdebroeks ha risolto anche il contratto con gli olandesi per diventare uno dei leader del Movistar Team.

Il 43 per cento della squadra spagnola è stato acquisito da, Quantum Pacific Management, un fondo di investimento guidato dal miliardario israeliano Idan Ofer. Così, appena si sono trovati in casa le risorse per puntare su un top rider, gli uomini di Unzue si sono prima mossi sulle tracce di Ayuso, che però ha preferito la Lidl-Trek. E a quel punto, dato che tutti i migliori erano ormai blindati e dovendo comunque pagare per rompere un contratto, gli spagnoli si sono orientati sul belga. Uijtdebroeks alla Visma si trovava stretto e ha scelto di cambiare nuovamente maglia.

A dicembre 2023, Uijtdebroeks si allenava con la Jumbo-Visma, nonostante ci fosse ancora il contratto con la Bora (foto Het Laatste Nieuws)
A dicembre 2023, Uijtdebroeks si allenava con la Jumbo-Visma, nonostante ci fosse ancora il contratto con la Bora (foto Het Laatste Nieuws)

Tra Uijtdebroeks e Lipowitz

La Bora-Hansgrohe nel 2023 accolse come stagista anche Florian Lipowitz, che si è fidato, è cresciuto e lo scorso luglio è salito sul podio del Tour. Mentre Uijtdebroeks, entrato in squadra nello stesso anno, vaga ancora da un team all’altro. Forse a fare la differenza c’è stata la capacità di dare fiducia ai tecnici prescelti: il belga non è stato capace di farlo oppure ha preferito ascoltare anche altre voci. 

«La Visma è una squadra importante, con molte vittorie nei Grandi Giri – ha dichiarato Cian allo spagnolo Marca – ma i miei obiettivi non erano in linea con i loro. Sono convinto che il passo che sto facendo sia quello giusto. In Visma ci sono così tanti corridori forti che le opportunità sono minime. E nel mio ultimo anno, tra infortuni e problemi, sono rimasto indietro molto rapidamente. La visione che io e Alex Carera (il suo agente, ndr) avevamo per il mio sviluppo era diversa da quella della squadra. Sono già arrivato tra i primi 10 alla Vuelta a Espana 2023, ma voglio di più. E’ lì che è nata la differenza di visione. Movistar mi ha offerto questa possibilità fin dal primo minuto».

Vuelta Espana 2023, Uijtdebroeks chiude all’ottavo posto. Evenepoel iridato sarà dodicesimo
Vuelta Espana 2023, Uijtdebroeks chiude all’ottavo posto. Evenepoel iridato sarà dodicesimo

Il Tour de l’Avenir a 19 anni

La Movistar è convinta di poter ritrovare il ragazzino terribile che si presentò al professionismo con la vittoria al Tour de l’Avenir, ottenuta quando già correva con la Bora-Hansgrohe.

«Penso di poter fare ancora meglio – ha sottolineato Uijtdebroeks – quel livello è ancora nel mio corpo e voglio superarlo. La prima cosa è conoscere bene la squadra, ma so che ci arriverò. Al momento, potrei non essere pronto a vincere un Grande Giro, ma forse in futuro sarà possibile. Sono passato per momenti incredibilmente difficili. Sono passato dalle top 10 ai ritiri ed è stato davvero doloroso. La parte peggiore era non sapere perché, così quando abbiamo scoperto che tutto dipendeva dalla posizione in sella e da come questa influenzava un muscolo, ho tirato un sospiro di sollievo. Abbiamo cambiato le cose e sono tornato. Ma quel vuoto è stato terribile, una brutale sensazione di impotenza».

Bocca della Selva, arrivo in salita vicino Caserta al Giro 2024. Uijtdebroeks salva la maglia bianca, ma l’indomani di ritirerà
Bocca della Selva, arrivo in salita vicino Caserta al Giro 2024. Uijtdebroeks salva la maglia bianca, ma l’indomani di ritirerà

La lezione di Vingegaard

Il ragazzino è sveglio. Ha 22 anni e ha già cambiato tre squadre, ma non se ne è andato senza essersi guardato intorno e aver preso gli… appunti più utili.

«Alla Visma ho imparato moltissimo – ha spiegato al giornale spagnolo – ho imparato a conoscere la mia posizione in bici e i problemi collegati. Ma anche l’alimentazione, il tipo di allenamento più adatto a me e anche come i grandi leader affrontano le giornate negative. Condividere una corsa con Vingegaard e vedere la calma con cui gestisce tutto è stata una grande lezione.

«Ho capito che sarebbe stato meglio andare via alla fine di questa stagione, quando abbiamo discusso il programma per l’anno prossimo. Prima abbiamo affrontato i miei problemi fisici, poi siamo entrati negli aspetti sportivi. E mi hanno detto che sarebbe stato difficile per me correre un Grande Giro nel 2026. Quello è stato il punto di svolta: le nostre visioni non erano più allineate».

A Kigali per Uijtdebroeks una corsa i supporto di Evenepoel e poi il 26° posto finale
A Kigali per Uijtdebroeks un mondiale in supporto di Evenepoel e poi il 26° posto finale
A Kigali per Uijtdebroeks una corsa i supporto di Evenepoel e poi il 26° posto finale
A Kigali per Uijtdebroeks un mondiale in supporto di Evenepoel e poi il 26° posto finale

Un ambiente familiare

E così, dopo aver snocciolato la necessità di guadagnare in esplosività e a cronometro, aver ammesso che gli piace il Giro d’Italia perché è il primo e che gi piace la Vuelta perché è dura, Uijtdebroeks si appresta a scoprire la serenità della Movistar. Seguirà il percorso inverso di Jorgenson che la lasciò per la Visma, cercando un livello tecnico superiore. Ha la stessa età di Pellizzari e Del Toro, ma complici gli infortuni e le sue scelte, deve ancora trovare una dimensione.

«Alla Bora e alla Visma ho conosciuto culture diverse – ha detto – ora ho scoperto di aver bisogno di un ambiente professionale, sì, ma anche umano, qualcosa che mi faccia sentire a mio agio. A Pamplona, durante il ritiro, mi sentivo già parte di una famiglia. Ecco perché sono sicuro di aver fatto la scelta giusta. Sebastián (Unzue, ndr) e io condividiamo la stessa visione. Il piano è perfetto».

Alexander Konychev vive a San Marino ed è stato ospite d'onore della festa del Comitato Provinciale FCI di Rimini (foto facebook)

Konychev “torchiato” dai più piccoli: loro chiedono, lui risponde

03.12.2025
7 min
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C’è sempre un momento in cui un adulto torna bambino grazie proprio al loro modo di vedere le cose. E’ stato così anche per Alexander Konychev durante la festa di fine stagione del Comitato Provinciale FCI di Rimini (foto in apertura). Sono appuntamenti sempre attesi dai ciclisti più giovani non solo per gli eventuali riconoscimenti, ma anche per poter avvicinare chi è una loro fonte di ispirazione. E per un pro’ è altrettanto bello rivedersi in chi sogna di diventare come lui.

Si è calato molto bene nella parte il 27enne della Voralberg, nonostante nei suoi inizi sportivi non ci sia stato quel ciclismo di cui suo padre Dimitri è stato uno dei migliori interpreti tra fine anni ‘80 e inizi 2000. Alexander infatti ha giocato a calcio fino a 16 anni. Era un mediano dai piedi buoni tanto da guadagnarsi provini per le giovanili dell’Hellas Verona, squadra per la quale simpatizzava.

Poi è scattata la scintilla per la bici, la stessa che ha ritrovato negli occhi dei suoi giovani interlocutori riminesi anche quando ha messo in palio diversi capi del suo abbigliamento da corridore. A rendere l’atmosfera più magica una lotteria gratuita messa in atto dallo zampino dello speaker Ivan Cecchini. Ogni ragazzino con un tagliando numerico, un’urna per le estrazioni e maglie, guanti, cappellini, calzini e gabbe come premi. E all’orizzonte Konychev – che nel 2026 correrà con un team continental in estremo Oriente – vuole coinvolgere tanti suoi colleghi in iniziative verso i più giovani.

Dopo due anni alla Voralberg, Konychev nel 2026 correrà nella continental China Anta-Mentech Cycling Team (foto MWG)
Dopo due anni alla Voralberg, Konychev nel 2026 correrà nella continental China Anta-Mentech Cycling Team (foto MWG)
Dopo due anni alla Voralberg, Konychev nel 2026 correrà nella continental China Anta-Mentech Cycling Team (foto MWG)
Dopo due anni alla Voralberg, Konychev nel 2026 correrà nella continental China Anta-Mentech Cycling Team (foto MWG)
Alexander com’è andato il botta e risposta con i giovani corridori?

E’ andato molto bene, ho risposto a tante cose. Le società presenti si erano organizzate in modo da avere una serie di domande diverse fra loro. Mi hanno chiesto aspetti legati al mondo dei pro’, le gare che mi ricordo di più, le mie esperienze in generale. Diciamo che erano le classiche curiosità da ragazzini, in particolare su come ci si allena in inverno.

Che effetto fa essere ospite di eventi del genere?

Mi ha fatto davvero tanto piacere, innanzitutto perché c’erano tutte le categorie di Rimini e perché ci sono tanti giovanissimi che vanno in bici a fronte di alcune società che purtroppo hanno chiuso. E’ sempre bello confrontarsi con i più piccoli perché hanno tante ambizioni e ti accorgi che basta poco per renderli felici o dargli una motivazione in più. Vivo a San Marino dal 2022, come tanti altri pro’ e per la prossima primavera mi piacerebbe organizzare una pedalata assieme tra noi e loro.

In un certo qual modo ti sei rivisto in loro?

Ho iniziato a correre in bici da junior del primo anno, quindi relativamente tardi, specie per i tempi attuali. Però mi sono ricordato di quando ero un piccolo calciatore che aveva David Beckham come idolo, malgrado non giocassi nel suo ruolo. Tuttavia devo dire che anche il ciclismo giovanile è cambiato in modo esponenziale negli ultimi anni. Quando ero junior ho avuto la possibilità e il privilegio di correre mondiale ed europeo. Ricordo che ci allenavamo dopo la scuola quasi come se fosse uno svago, intensificando più seriamente gli allenamenti solo sotto data per le gare più importanti.

Hai trattato anche questo argomento con i ragazzini?

Certo, è quasi impossibile non farlo. Non sono vecchio, ma quando ho iniziato a correre tutti riuscivano a passare junior e di conseguenza uno sbocco tra gli U23 lo trovavi sempre. Ora gli allievi devono fare risultato, altrimenti non riescono a trovare una squadra tra gli juniores. E se consideriamo che molte squadre chiudono, ti ritrovi che questi ragazzi per non smettere devono andare fuori provincia o regione per correre. E tutto ciò diventa molto impegnativo anche per i genitori.

E’ solo una questione di aspettative?

Sicuramente le differenze delle disponibilità economiche nelle categorie giovanili fra le varie società condizionano molte cose. Avendo fatto diversi anni tra i pro’ temo per il futuro di questi ragazzini. Hanno tante, troppe pressioni. Se poi un allievo mostra doti da corridore a tappe, che sono sempre meno a differenza di altri tipi di corridori, iniziano ad instradarlo su ogni cosa fin da subito col rischio che poi arrivi agli anni decisivi già stanco di un certo tipo di vita. E nessuno si ricorda che hanno 16 anni.

Difficile essere adolescenti in questo ciclismo, non trovi?

Secondo me sì. Juniores e U23 vivono un’età particolare, dove fai fatica a rinunciare agli amici o alla ragazza. Oppure molti mollano la scuola per inseguire il sogno di diventare pro’, senza pensare alle conseguenze. So che è così perché anch’io avevo avuto pensieri del genere, ma il diploma di maturità l’ho conseguito.

Hai fatto bene perché la scuola è importante, ma perché non hai “ceduto” a quella tentazione?

Perché devi riflettere anche quando ti va tutto bene in bici. Tutte le cose prima o poi finiscono, a volte anche all’improvviso e devi sapere cosa potrai fare quando non correrai più in bici. Un diploma della maturità serve sempre, tante volte mi sono ritrovato a parlare di questo con molti miei colleghi. Alcuni mi dicono che non saprebbero cosa andare a fare, anche perché dopo tanti anni che sei in questo mondo, è difficile uscirne o pensare di trovare un lavoro diverso o lontano dalle gare.

Alexander Konychev ha pensato al “piano B” in questi anni?

Mi sono messo avanti in questo senso. Assieme ad Alessandro Fedeli abbiamo un’attività di bike-fitting e preparazione atletica sia a Bussolegno che a San Marino (FBLab studio, ndr), però non mi dispiacerebbe lavorare nell’ambito turistico visto che parlo molto bene diverse lingue. Vivo in una zona in cui ci sono tanti bike-hotel e a Rimini ci sono le persone giuste che potrebbero aiutarmi per questo lavoro. Nel frattempo però ho capito che mi piace ancora pedalare e correre.

Appunto, l’anno prossimo correrai col China Anta-Mentech Cycling Team. Raccontaci di questa nuova avventura?

Quest’anno sono riuscito a vincere quattro gare e, seppur siano minori, vi garantisco che ormai è difficile vincere in qualsiasi corsa. Ho ritrovato quelle motivazioni che avevo smarrito dopo la stagione in Corratec. Mi spiace lasciare la Voralberg, che mi ha accolto bene, dopo due annate molto belle nelle quali c’è stata una grande armonia. Fino a settembre ho assaporato la possibilità di ritornare in un formazione professional, ma non più sentito nessuno. Ho dovuto quindi resettare cercando nuovi stimoli ed anche un calendario più adatto a me.

Una chiacchiera e una stretta di mano con un pro'. Basta poco per rendere magici certi momenti dei giovani ciclisti
Una chiacchiera e una stretta di mano con un pro’. Basta poco per rendere magici certi momenti dei giovani ciclisti
Una chiacchiera e una stretta di mano con un pro'. Basta poco per rendere magici certi momenti dei giovani ciclisti
Una chiacchiera e una stretta di mano con un pro’. Basta poco per rendere magici certi momenti dei giovani ciclisti
Cosa intendi?

La Voralberg è una buona formazione che ha sempre disputato gare dure, seguendo la sua indole, ed io le ho corse volentieri, anche mettendomi al servizio dei compagni nonostante le mie caratteristiche siano altre. Ad esempio lo scalatore tedesco Jannis Peter passerà alla Unibet Rose Rockets grazie alle sue prestazioni, ma per me sarebbe stato più difficile restare e cercare di mettermi in mostra. Così ho accettato la buona proposta della squadra cinese che correrà tanto in Europa in gare più inclini a me. L’obiettivo è di provare a guadagnarmi ancora l’attenzione di qualche ProTeam.

Cyclocross World Championships 2023, Wout Van Aert, Mathieu Van der Poel

Cinque testa a testa: Wout e Mathieu col contagocce

03.12.2025
6 min
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Van der Poel è arrivato per primo anche nel comunicare le sue presenze nel cross. Appena pochi giorni però ed è arrivata anche la lista della… spesa di Wout Van Aert e fra Belgio e Olanda è iniziato il gioco degli incroci. Ebbene, rispetto a quello che è accaduto negli inverni immediatamente successivi al Covid (quando quei due sembravano macchine infaticabili), i testa a testa saranno soltanto cinque.

Anversa (Coppa del mondo) il 20 dicembre.

Hofstade (X2O) il 22 dicembre.

Louenhout (X2O) il 29 dicembre.

Mol il 2 gennaio.

Zonhoven (Coppa del mondo) il 4 gennaio.

Sono otto le gare di cross scelte da Wout Van Aert per l’inverno, poi si concentrerà sulla strada
Sono otto le gare di cross scelte da Wout Van Aert per l’inverno, poi si concentrerà sulla strada

Van Aert a piccole dosi

Per entrambi l’annuncio è stato accompagnato da una serie di annotazioni da cui si capisce che i tempi sono cambiati: probabilmente l’età della spensieratezza è finita. Uno deve fare i conti con l’invadenza di Pogacar, l’altro con risultati non sempre all’altezza.

«Wout ci ha sottoposto la sua proposta abbastanza presto – spiega Mathieu Heijboer, capo dei tecnici alla Visma Lease a Bike – e non c’è stato tanto da discutere. Sappiamo cosa serve per fare bene, senza che questo sminuisca la stagione su strada. C’è un tacito accordo sul rispetto dei ritiri, ma ad esempio, non sarà possibile che partecipi a quello in Spagna fra l’8 e il 16 dicembre.

«Abbiamo pianificato otto gare di ciclocross, tutte in Belgio. Non è una coincidenza: vogliamo ridurre al minimo i tempi di viaggio per non aumentare carico e affaticamento. Allo stesso modo pensiamo che tre giorni di gara di fila siano eccessivi, come sforzo e per la salute, per cui Wout si concentrerà al massimo su doppiette. In questo periodo dell’anno, è necessario anche allenarsi con molto volume e deve esserci il tempo per farlo».

Van der Poel indosserà anche quest’anno la maglia iridata, riconquistata a Lievin lo scorso anno
Van der Poel indosserà anche quest’anno la maglia iridata, riconquistata a Lievin lo scorso anno

La polmonite di Van del Poel

Per quanto riguarda Van der Poel, pare che l’olandese abbia ancora gli strascichi della polmonite del Tour o così ha detto suo padre Adrie per spiegare il fatto che da luglio in poi, Mathieu abbia vinto una tappa al Renewi Tour e poi si sia fermato che era ancora agosto.

«Ci lotta da molto tempo – ha detto Adrie – non era solo un raffreddore. Dopo il Tour, si è riposato per due settimane. Quando ha ripreso, continuava a lamentarsi di non sentirsi ancora come prima e in gara era molto deluso. Al Renewi Tour, ad esempio, è arrivato secondo, ma continuava a non essere brillante. Anche per questo si è fermato e ha ripreso ad allenarsi molto lentamente. Ci sono obiettivi importanti l’anno prossimo ed è meglio recuperare a dovere prima di ricominciare.

«Mathieu si sente molto meglio da qualche settimana, lo capisco dai messaggi che mi manda. Sono andato a trovarlo in Spagna tre settimane fa e si vede che ha un obiettivo. Aveva un bel sorriso, esce in maglia e pantaloncini. Tornerà quando si sentirà in grado di competere per la vittoria».

La presenza dei due campioni fa schizzare il numero dei tifosi (tutti paganti) che seguono le gare di cross
La presenza dei due campioni fa schizzare il numero dei tifosi (tutti paganti) che seguono le gare di cross

Miracoli al botteghino

A queste considerazioni di ordine tecnico devono attenersi gli organizzatori. Una volta ricevuti i calendari, che si tratti di Flanders Classics o di Golazo, sta a loro contattare i team manager dei campioni e cercare di capire in quali condizioni arriveranno e come le loro gare si incastreranno con il fitto programma dei ritiri invernali. Poi si mettono in contatto con i sindaci dei comuni in cui si svolgeranno le gare, perché è ovvio che tutti vogliano ospitare la sfida dei due. Questo da un lato significa spendere di più, ma anche avere una presenza di pubblico sensibilmente superiore.

«Se c’è al via uno fra Wout e Mathieu – ha spiegato a Het Nieuwsblad Christoph Impens di Golazo – il numero di spettatori cresce. Se si hanno entrambi, l’effetto è ancora maggiore. La gara di Mol senza di loro ha abitualmente intorno a 1.500 spettatori. Un anno l’abbiamo spostata al venerdì sera, all’inizio delle vacanze di Natale, e Wout e Mathieu sono partiti entrambi. Gli spettatori sono diventati 6.000. Lo scorso anno a Loenhout sono stati 15.800, un record».

Sul fronte dei costi, l’ingaggio dei due si aggira fra i 15 mila e i 20 mila euro ciascuno per ogni gara. «Devi potertelo permettere – commenta ancora Impens – ma i ricavi extra generati da Van Aert e Van der Poel di solito coprono i costi aggiuntivi. Potrebbero chiedere molto di più, ma non lo fanno e gliene siamo grati. Sono molto ragionevoli: dopo la pandemia, hanno fissato il prezzo e da allora non è cambiato quasi per niente».

Wout Van Aert non ha svolto allenamenti specifici per il cross, ma ha usato parecchio la bici da gravel
Wout Van Aert non ha svolto allenamenti specifici per il cross, ma ha usato parecchio la bici da gravel

Van Aert, mondiale forse

L’ultimo nodo da sciogliere riguarda il mondiale di Hulst. Lo scorso anno Wout escluse che avrebbe partecipato alla sfida di Lievin, invece si infilò nel gruppo all’ultimo momento e ottenne il secondo posto a 45 secondi da Van der Poel.

«Non è stato certo un gioco da parte nostra – dice Heijboer – la porta era chiusa finché Wout non l’ha improvvisamente aperta. Onestamente, in questo momento è socchiusa. Non ci stiamo concentrando sui campionati del mondo e non vogliamo nemmeno prendere una decisione definitiva al riguardo. Wout ha ricominciato ad allenarsi un po’ prima ed è in una forma migliore rispetto all’anno scorso. Allo stesso tempo, non ha ancora svolto molti allenamenti specifici per il cross, al massimo un po’ di gravel. Tecnicamente, non dovremo aspettarci troppo da lui nelle prime gare, ma sta migliorando».

Van der Poel si sta allenando in Spagna, in cerca della condizione migliore (immagine Instagram)
Van der Poel si sta allenando in Spagna, in cerca della condizione migliore (immagine Instagram)
Van der Poel si sta allenando in Spagna, in cerca della condizione migliore (immagine Instagram)
Van der Poel si sta allenando in Spagna, in cerca della condizione migliore (immagine Instagram)

Van der Poel, mondiale certo

Van der Poel invece concluderà la sua stagione di cross proprio ai mondiali, per andare a caccia dell’ottavo titolo iridato. Il percorso di Hulst, fa sapere suo padre, gli piace molto.

«Ci sono dei tratti nei prati – ha spiegato Adrie Van der Poel, vincitore a sua volta di un mondiale di cross – che quando piove possono diventare molto fangosi e sono sicuramente un problema per Wout. Ma a parte questo e le sfide fra i tifosi, il percorso deve essere buono e sicuro, e questi sono aspetti che a volte vengono trascurati».

Il debutto di Van der Poel sarebbe previsto per il 14 dicembre a Namur, prova di Coppa del mondo, ma è in forse per le condizioni di salute del campione del mondo. Peccato che nessuno dei due sarà presente domenica prossima alla prova di Terralba, in Sardegna. Il pubblico italiano lo avrebbe certamente apprezzato.