Terzo al Friuli, anche Garibbo rilanciato dal Team Ukyo

13.09.2025
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Terzo posto al Giro del Friuli per U23. Potrebbe sembrare un risultato come tanti. Per Nicolò Garibbo non è così. E’ l’apertura verso un mondo nuovo, prospettive diverse, una nuova realtà come corridore. Anzi, è quasi la scoperta di un nuovo se stesso, scaturito, lui come altri nel recente passato, dall’aver accettato la proposta di correre per una squadra del Sol Levante, il Team Ukyo.

Sembra diventato un ritornello, quello della formazione giapponese che rilancia corridori italiani ma sono i fatti a dimostrarlo. E il corridore ligure vuole inserirsi in questo fortunato filone, lanciandosi da un risultato internazionale di prestigio verso una nuova dimensione.

Il podio finale del Friuli U23, con Garibbo terzo dietro il vincitore Jasch (GER) e Umba (COL), (foto organizzatori)
Il podio finale del Friuli U23, con Garibbo terzo dietro il vincitore Jasch (GER) e Umba (COL), foto organizzatori)

«Io questo risultato non me lo aspettavo, non ero partito per questo. Sapevo di avere una buona condizione perché avevamo corso anche in Repubblica Ceca precedentemente e io non ero neanche selezionato per la corsa friulana. Poi un mio compagno ha avuto un problema fisico e quindi mi hanno inserito in squadra la settimana stessa. Il mio ruolo era quello di supportare il leader che era Fancellu o in alternativa Raccani o Zeray».

In quale maniera?

Le solite cose: entrare nelle fughe, i lavori nella prima parte, andare a prendere le borracce, ma poi la corsa si è evoluta in maniera inaspettata.

L’imperiese era già stato protagonista al Czech Tour, dopo una lunga e forzata sosta estiva
L’imperiese era già stato protagonista al Czech Tour, dopo una lunga e forzata sosta estiva
Quanto ha influito il fatto della cancellazione della terza tappa?

Secondo me tanto perché sicuramente quella tappa lì era veramente dura e avrebbe fatto dei bei distacchi. Non so se in quel caso sarei riuscito a fare classifica. Tra l’altro in quella tappa lì ero anche in fuga e quindi ci hanno ripreso poco prima della neutralizzazione. E’ l’unico rammarico, magari avendo avuto quella tappa lì più dura, potevamo vincere la generale con Fancellu perché era in una buona condizione. Alla fine si è deciso tutto l’ultima tappa, che era dura ma non abbastanza selettiva, quindi poi c’erano tanti rientri.

E’ stato un Giro del Friuli duro o meno duro degli altri anni, proprio considerando che è stata tolta la tappa principale?

Il livello era alto, considerando che c’erano praticamente tutti i devo team delle WorldTour e anche qualche corridore già titolare nelle squadre pro’. E’ chiaro però che la tappa annullata ha influito, sparigliando un po’ le carte perché la salita prevista era veramente impegnativa, quindi sarebbe rimasta nelle gambe per l’ultimo giorno.

Per tre volte Garibbo ha vinto la classifica di miglior scalatore: Tour de Kumano, Japan Tour e Czech Tour
Per tre volte Garibbo ha vinto la classifica di miglior scalatore: Tour de Kumano, Japan Tour e Czech Tour
La neutralizzazione è stata una decisione giusta?

Secondo me sì. Io non so esattamente dove sia avvenuto l’incidente, ma noi dovevamo anche rifare la salita, l’avevamo fatta in discesa per due volte, poi avremmo dovuto ripercorrerla in senso inverso. Nel caso in cui fosse stato lì l’incidente, mi sembrava abbastanza fuori luogo considerando anche la presenza di Carabinieri o comunque di chi era deputato a fare gli accertamenti e anche i sanitari. Per questo penso sia stata una decisione giusta, in certi casi l’aspetto sportivo deve passare in secondo piano.

Tu quest’anno sei nella formazione giapponese e anche tu stai raccogliendo bei risultati, sicuramente superiori a quella passata. Ma qual è il segreto del Team Ukyo, dove tanti italiani passano e rifioriscono?

Quando passiamo in questa squadra, troviamo un ambiente totalmente diverso da dove eravamo abituati prima, perché è molto professionale. Abbiamo già molto tempo prima il nostro calendario, i nostri preparatori, quindi riusciamo a programmare bene le gare e già quello è un vantaggio. Io ero abituato a correre sempre e a volte anche delle gare magari improvvisate all’ultimo, così non si riusciva mai ad arrivare agli appuntamenti importanti. Ma c’è anche altro…

Nel team giapponese il ligure ha trovato la sua dimensione ideale. E’ già confermato per il 2026
Nel team giapponese il ligure ha trovato la sua dimensione ideale. E’ già confermato per il 2026
Ad esempio?

Bisogna considerare anche il materiale: abbiamo delle belle biciclette, sicuramente performanti, leggere, doppia bici da allenamento e gara e poi credo che anche il direttore sportivo faccia la differenza. Emanuele è veramente portato per questo lavoro e alle gare comunque siamo un bel gruppo, ridiamo, scherziamo. C’è un bel clima e quello influisce molto. Boaro è davvero competente in quello che fa, noi arriviamo alle gare che sappiamo già lo svolgimento, la tattica da seguire, ma anche i punti importanti, ossia dove c’è il vento laterale, dove può esserci un punto pericoloso per le fughe. E’ un bel passo in avanti.

Tu per il prossimo anno che prospettive hai? Rimarrai nel team o stai guardando altrove?

In questo momento diciamo che il mio futuro è qua. La squadra mi ha confermato e io mi trovo bene. Poi da qua a fine stagione magari se riuscissi a ottenere qualche bel risultato e si facesse avanti qualche proposta di quelle veramente corpose, importanti, per salire di categoria allora la prenderò in considerazione. D’altronde anche per il team penso che l’obiettivo sia di cercare di farci salire ancora di livello. Qua diciamo che ho trovato la dimensione giusta, è un piacere alla fine correre per questa squadra.

Arrivato quest’anno al Team Ukyo, Garibbo ha corso 45 giorni, con 6 top 10 all’attivo
Arrivato quest’anno al Team Ukyo, Garibbo ha corso 45 giorni, con 6 top 10 all’attivo
Cambia molto per il vostro team correre in Italia, quindi dove è predominante la parte italiana, o quando correte invece in Estremo Oriente, quindi predomina la parte giapponese?

No, le uniche differenze sono magari il livello delle gare o comunque i corridori che ci sono, ma lo staff bene o male è quasi lo stesso in Italia e in Giappone. E’ un gruppo ben integrato, alla fine comunichiamo con l’inglese, è la lingua universale con cui possiamo intenderci anche con la parte nipponica.

Che cosa chiedi a quest’ultima parte di stagione?

Spero sicuramente di aver ritrovato un po’ la fortuna che quest’anno mi è un po’ mancata ad inizio stagione, quando mi ero rotto il gomito. Poi tante cadute, sembrava sempre che mi trovassi al posto sbagliato nel momento sbagliato. Nell’ultimo mese sembra che le cose girino meglio, quindi spero che da qua a fine stagione mi possa togliere qualche soddisfazione di quelle mancate quando ci speravo.

Eurobike in visita a IBF: con Reisinger sul truck di bici.PRO

13.09.2025
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MISANO ADRIATICO – Eurobike in visita all’Italian Bike Festival. E’ vero che ogni esposizione fa storia a sé ed è anche vero che nel concepire l’esposizione romagnola, che nacque a Rimini e poi si è spostata all’autodromo, si prese spunto dalla fiera nata a Friedrichshafen, ma la presenza di Stefan Reisinger a Misano non è passata inosservata. Il CEO di Fairamic, che organizza l’esposizione di Francoforte, era in vacanza con la famiglia sulle spiagge di qui, ma ne ha approfittato per un’immersione di giornata fra gli stand di IBF. Forse anche la scelta del luogo e della data per le vacanze con i due figli piccoli non è stata casuale.

Per cui quando lo accogliamo nel nostro truck e per tenere a bada i due bambini attingiamo alle scorte di cioccolata, l’occasione di porgli qualche domanda ci è parsa altrettanto ghiotta. Assieme a lui c’è Marco Rossignoli, amministratore di Expo Time che organizza fiere e agevola la presenza a Eurobike delle aziende italiane (i due sono insieme nella foto di apertura).

Lo stand di Guerciotti a IBF, fra tecnica, arte e tanto buon gusto: la fiera di Misano si svolge all’aperto
Lo stand di Guerciotti a IBF, fra tecnica, arte e tanto buon gusto: la fiera di Misano si svolge all’aperto
Il giorno prima dell’apertura si è tenuta una riunione sulla sicurezza stradale e si sbandierato il fatto che Berlino sia ormai una città sicura per le bici. Conferma?

Penso che alcune città tedesche siano già cambiate molto o che le persone abbiano cambiato molto i loro comportamenti. Ma ovviamente non siamo ancora arrivati al punto di paragonare Berlino a Copenaghen, per esempio, oppure ad Amsterdam. Ci sono altre città e altri Paesi piuttosto avanti e quando si organizza un’esposizione come Eurobike, bisogna pensare anche che questo tipo di sviluppo gioca un ruolo cruciale.

La mobilità è il fronte principale di interesse?

Negli ultimi due anni ne abbiamo parlato molto, quindi Eurobike si è trasformata sempre più in una fiera che si occupa di queste tematiche. Penso che sarà ancora uno dei nostri obiettivi per il prossimo anno, ma non l’unico. Vogliamo anche tornare alle nostre radici e parlare di sport e performance, perché negli ultimi due anni questo aspetto è un po’ mancato.

Da Friedrichshafen, sul lago di Costanza, 4 anni fa Eurobike si è trasferita alla Fiera Di Francoforte
Da Friedrichshafen, sul lago di Costanza, 4 anni fa Eurobike si è trasferita alla Fiera Di Francoforte
Perché?

Perché dopo il Covid, la maggior parte dello sviluppo e delle innovazioni interessanti è derivata dal lato della mobilità. Pensiamo a quale rivoluzione siano state le e-bike. Questo ovviamente non significa che i prodotti sportivi e legati alla performance non siano più al centro dell’attenzione ed è un aspetto che vogliamo affrontare anche l’anno prossimo.

Anche perché il ciclismo sportivo in Germania sta tornando ai vertici della popolarità. Lidl è uno sponsor tedesco, Lipowitz è arrivato terzo al Tour, ci sono tanti segnali di risveglio, no?

Penso che il ciclismo stia guadagnando di nuovo popolarità, dopo alcuni anni in cui è rimasto un po’ sotto traccia. Penso che i fatti di doping abbiano danneggiato molto l’intero settore, ma ora sembra essere stato superato e c’è un nuovo interesse per il ciclismo e il ciclismo delle alte prestazioni. Il Giro di Germania è cresciuto, ma credo che siano ancora le grandi gare come il Tour de France, il Giro e la Vuelta ad essere al centro dell’attenzione anche in Germania.

Le bici da bikepacking di Gusoline sono ormai celebri grazie alle imprese e ai video di Jovanotti
Le bici da bikepacking di Gusoline sono ormai celebri grazie alle imprese e ai video di Jovanotti
Quale pensate sia il ruolo di Eurobike nel ciclismo europeo?

Penso che possiamo incidere non in termini di prestazioni nelle corse, ma in termini di unificazione dell’intero settore ciclistico. Penso che questo sia lo scopo principale e l’attrattiva principale di Eurobike: che tutto il mondo del ciclismo si unisca. Chi lavora nella catena di fornitura, ma anche i marchi e tutti i produttori e importatori di componenti da tutto il mondo, convergono sull’Europa. In un certo senso Eurobike è il più grande raduno del settore a livello globale.

Quattro anni fa vi siete spostati da Friedrichshafen a Francoforte: restate convinti della bontà della scelta?

E’ stato un passaggio positivo. Nel 2022, a Francoforte siamo riusciti a far ripartire il settore dopo la chiusura per il Covid. Certo, gli ultimi due anni sono stati difficili anche per noi, perché l’intero settore si è trovato in una situazione difficile. La fiera è sempre uno specchio del mercato. Quindi, se il mercato non va bene, la fiera non può avere un grande successo. Ma in generale, il cambiamento che abbiamo apportato spostando la fiera a Francoforte è stato positivo.

Che tipo di rapporto avete con le industrie italiane che partecipano a Eurobike?

Una lunga tradizione. Nel corso degli anni c’è sempre stata una grande partecipazione dall’Italia. Nelle ultime due stagioni, alcuni marchi di bici da corsa hanno abbandonato la partecipazione (fra essi Colnago, assente quest’anno anche a Misano, ndr), ma ora il nostro obiettivo principale è quello di far tornare alcuni dei migliori marchi italiani di bici da corsa.

Lo stand Cinelli è stato un vero tempio del made in Italy, richiamo per molti appassionati
Lo stand Cinelli è stato un vero tempio del made in Italy, richiamo per molti appassionati
Che cosa ti è parso di Italian Bike festival e della sua formula?

Penso che sia un evento fantastico. Sono arrivato da poco e ho visto che è davvero molto affollato di appassionati ed espositori. Sembra che ci siano tutti, quindi è sicuramente il più grande raduno della comunità ciclistica italiana.

Hai visto qualcosa che potresti pensare di esportare a Eurobike?

Forse è un po’ il contrario. Penso che siano stati bravi a riprendere molte cose che abbiamo iniziato a Eurobike tanti anni fa. Tutte le attività del festival all’aperto a Fredrichshafen le facevamo già 20 anni fa. E anche le opportunità di provare le bici, anche questo fa parte di Eurobike. E penso che sia anche la parte che qui funziona meglio, per giunta in un momento perfetto dell’anno. Il tempo è bello, c’è il sole, quindi è davvero bello. Un bel festival per i consumatori finali. Per questo, se i bambini me lo permettono, adesso andrò a farmi un altro giro anche io.

Piganzoli cerca un regalo per le ultime gare con la Polti

13.09.2025
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Tornato in corsa un mese esatto dopo l’ultima volta, Davide Piganzoli ha riallacciato il filo con la strada in maniera naturale. Nelle tre gare toscane che hanno aperto il calendario delle corse italiane di fine stagione l’atleta della Polti VisitMalta ha messo le cose in chiaro. Un terzo posto al GP Industria e Artigianato, ottavo al Giro della Toscana e decimo nella Coppa Sabatini. Tre top 10 che confermano le buone sensazioni avute nei giorni prima di rientrare in corsa e ben 190 punti UCI messi sul tavolo (in apertura foto Polti VisitMalta/Maurizio Borserini). 

La rincorsa alla top 30 del ranking UCI si fa agguerrita e ora è il momento di far vedere che al talento corrispondono anche risultati di peso. Davide Piganzoli lo sa e nelle ultime corse del 2025, nonché le ultime in maglia Polti VisitMalta, vuole fare tutto al meglio. Come sempre.

Non correvi da un po’, sei contento di com’è andata?

Sono felice, alla fine era da un mese che mancavo dalle corse, direi che era un po’ di tempo. Nel mese di assenza dalle gare ho lavorato tanto in altura, sono stato tre settimane in ritiro allenandomi bene. Una volta sceso avevo bisogno di capire a che punto erano le gambe e direi che posso ritenermi soddisfatto. Sicuramente in queste gare di fine stagione potrò utilizzare questo stato di forma per cercare di fare piazzamenti e portare punti alla squadra. 

Da dopo la pausa di metà stagione ti abbiamo visto solamente a Burgos…

Fino al campionato nazionale ho tirato dritto, come al solito, poi mi sono fermato per recuperare e riposare. Mi sentivo stanco e avevo necessità di fermarmi e rifiatare. Sono tornato in gara ad agosto alla Vuelta a Burgos, però non mi sentivo pimpante. Da lì ho resettato tutto e sono tornato ad allenarmi al meglio per questo finale di stagione. 

Altura ad agosto, dove sei andato?

Sono stato vicino a casa (Piganzoli è valtellinese, ndr) e ho diviso i giorni tra Livigno e Stelvio. Mi sono confrontato con la squadra perché non avevo molte gare in programma ad agosto, quindi abbiamo deciso di puntare alle gare di fine stagione. Sicuramente correrò fino al Giro di Lombardia, vedremo se avrò le gambe per arrivare anche alla Veneto Classic. 

Su cosa hai lavorato in questa altura di fine stagione?

Sentivo di aver bisogno di un altro blocco di chilometri e di ore da mettere nelle gambe. Era da un po’ che non facevo uscite lunghe, mi sono concentrato molto sul medio per poi fare dietro motore una volta tornato a casa.

Piganzoli cambierà squadra a fine stagione, le voci lo danno alla Visma Lease a Bike (foto Polti VisitMalta/Maurizio Borserini)
Piganzoli cambierà squadra a fine stagione, le voci lo danno alla Visma Lease a Bike (foto Polti VisitMalta/Maurizio Borserini)
Obiettivo? Solo fare punti?

Ci sono ancora delle possibilità da qui a fine stagione, non ultimo il Giro di Lussemburgo che inizierà il 17 settembre. Devo farmi trovare pronto, l’idea è quella di fare punti ma una vittoria non farebbe male, anzi sarebbe meglio per tutti. 

Saranno le ultime gare in maglia Polti?

Lo saranno, attendiamo l’ufficialità prima di dire tutto. Fa strano pensare di lasciare la squadra che mi ha cresciuto e che mi è stata sempre molto vicina. E’ una realtà italiana e spagnola, quindi molto vicina a me. Penso che questa cosa mi mancherà tanto, però credo sia arrivato il momento di salutarci. Rimarremo sempre in buoni, anzi buonissimi rapporti.

Le tappe italiane della Vuelta e i viaggi di Travelplan

12.09.2025
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Le tappe piemontesi della Vuelta hanno acceso i riflettori non solo sul ciclismo dei Grandi Giri ma anche sulla possibilità di tastarne i risvolti turistici e cicloturistici. Protagonista, tra i main sponsor della corsa spagnola, Travelplan, il tour operator del gruppo iberico Avoris, che proprio in questi mesi sta consolidando la propria presenza sul mercato italiano.

«Siamo partiti da poco in Italia – racconta Giovanni Castelli, responsabile commerciale di Travelplan Italia (il primo da sinistra nella foto di apertura) – ma volevamo presentarci con un’iniziativa capace di farci incontrare agenzie di viaggio e clienti in un contesto coinvolgente e autentico».

L’occasione è stata data proprio dalle tre tappe italiane della Vuelta, seguite da vicino grazie a spazi riservati agli ospiti del brand.

Travelplan è uno dei patrocinatori ufficiali della corsa spagnola che si concluderà domenica a Madrid
Travelplan è uno dei patrocinatori ufficiali della corsa spagnola che si concluderà domenica a Madrid

Amore a prima vista

Non si è trattato di semplici momenti promozionali. Travelplan ha creato aree conviviali presso partenze e arrivi, con aperitivi, incontri con gli organizzatori e – soprattutto – contatti diretti con i corridori e i loro team. Lo stesso Castelli la racconta così.

«Io non ero un grande appassionato di ciclismo, ma ora credo proprio di esserlo. Alla partenza i corridori sono concentrati – dice – ma all’arrivo è un’altra cosa. Oltre ad aver potuto godere degli sprint a centimetri di distanza, la forza, l’impatto dello spostamento d’aria mi ha veramente scioccato. E poi anche il contatto con quelli che sono i team, gli equipaggiamenti, l’organizzazione, ti fa immergere in un mondo che non conoscevo e che mi ha fatto piacere conoscere».

La volata di Philipsen a Novara, prima tappa della Vuelta: un’adrenalina difficile da ignorare
La volata di Philipsen a Novara, prima tappa della Vuelta: un’adrenalina difficile da ignorare

Numeri contingentati

Chi ha potuto beneficiare di queste postazioni privilegiate sono state alcune agenzie viaggi tra le 1.700 che Travelplan ha come partner nel solo Nord-Est dell’Italia. La selezione della Vuelta, però, è stata ferrea. Come ogni main sponsor, anche Travelplan ha potuto beneficiare di 14 ingressi al mattino e 6 all’arrivo di tappa.

Un numero esiguo pensato proprio per dare esclusività e qualità all’esperienza. Non solo agenti: diverse agenzie hanno esteso l’invito ai propri clienti più affezionati. «Ad esempio – ricorda Castelli – è stato sorprendente vedere partecipanti arrivati persino dalla Toscana. Segno che la passione per la bici sa muovere le persone».

L’auto di Travelplan brandizzata per seguire la carovana della Vuelta 2025, partita da Torino
L’auto di Travelplan brandizzata per seguire la carovana della Vuelta 2025, partita da Torino

Turismo, sport e cultura

La scelta della Vuelta come palcoscenico non è casuale. Travelplan, pur avendo le sue radici in Spagna, punta a valorizzare anche in Italia un approccio al turismo che unisce relax e sport. Il cicloturismo, in particolare, è un segmento in forte crescita dopo la pandemia, con hotel e pacchetti sempre più attenti alle esigenze dei viaggiatori su due ruote.

«Non è ancora il nostro focus principale – spiega ancora Castelli – ma rientra pienamente nella nostra filosofia: integrare l’esperienza turistica con la dimensione sportiva e culturale».

Dietro l’evento, infatti, c’è una visione più ampia. Posizionare Travelplan come punto di riferimento B2B per le agenzie viaggi italiane, offrendo pacchetti verso i Caraibi e il Sud America (Messico, Cuba, Repubblica Dominicana, Costa Rica). Allo stesso tempo, aprendo a nuove nicchie legate a esperienze attive e autentiche.

A San Mauro Canavese, una delle prove di come il turismo che segue lo sport possa incontrare anche la cultura
A San Mauro Canavese, una delle prove di come il turismo che segue lo sport possa incontrare anche la cultura

L’esperienza sul campo

Le tappe italiane della Vuelta hanno così rappresentato un primo passo concreto di questa strategia: unire il calore delle relazioni umane al fascino dello sport, per farsi conoscere da vicino e creare legami duraturi.

«Credo che non ci sia modo migliore di presentarsi – conclude Castelli – che vivere insieme esperienze reali, sul campo. Alla fine è quello che rimane davvero».

Se la Vuelta è stata il battesimo, Travelplan sembra avere tutte le intenzioni di pedalare a lungo sul mercato italiano.

Travelplan

Confalonieri ai saluti. E lascia posto a due italiane

12.09.2025
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Per Maria Giulia Confalonieri queste sono le ultime gare. E’ in Francia, per due classiche di prestigio, poi ancora qualche impegno e alla fine di questa stagione chiuderà la sua lunga carriera. Una decisione maturata nel tempo, anche se poco strombazzata, tenendo fede d’altro canto al suo personaggio schivo, preciso, estremamente professionale in qualsiasi frangente.

Al suo terzo anno nella Uno-X, la Confalonieri lascia posto ad altre forze provenienti dall’Italia, come Alessia Vigilia e Laura Tomasi che l’anno prossimo terranno alto il vessillo italiano in terra norvegese. Forse avrebbe potuto esserci anche lei, la carta d’identità e soprattutto le prestazioni dicono che è ancora super competitiva, ma la decisione è stata presa.

L’abbraccio con la polacca Malecki. Nel team norvegese la lombarda ha trovato un ambiente ideale e pieno di fiducia
L’abbraccio con la polacca Malecki. Nel team norvegese la lombarda ha trovato un ambiente ideale e pieno di fiducia

«Sì, praticamente già dall’anno scorso, infatti avevo firmato solo un anno, poi ovviamente andando ancora bene abbiamo parlato con la squadra e avrebbero voluto che continuassi, che restassi. Non avrei preso in considerazione altre soluzioni perché sarei rimasta qua dove ho trovato un bell’ambiente, un gruppo che piano piano sta crescendo. Ma non me la sono sentita di andare avanti, penso che sia anche il momento giusto».

Tu hai avuto una carriera lunga, ma chiudi anche abbastanza presto come età. Come lasci questo mondo, è un ambiente logorante secondo te?

Sicuramente sta diventando tutto più curato. Abbiamo fatto passi da gigante nel ciclismo femminile negli ultimi anni, ma l’impegno che ti richiede è maggiore. Poi sì, forse 32 anni non è chissà che età, ma sono passata dalle junior nel 2011, è stata una carriera molto lunga, credo che sia ora di guardare ad altro e mi piace chiudere vedendo che posso essere ancora protagonista.

Due anni alla Valcar per la ciclista di Giussano, unica sua esperienza nel nostro Paese (foto Valcar)
Due anni alla Valcar per la ciclista di Giussano, unica sua esperienza nel nostro Paese (foto Valcar)
Tu hai girato tante squadre, dov’è che ti sei trovata meglio?

Soprattutto nei primi anni era difficile fare contratti lunghi, quindi mi sono ritrovata in diverse situazioni in giro per il mondo. La stabilità ho iniziato a trovarla alla Valcar, poi la Ceratizit e l’Uno-X sono state altre due bellissime esperienze che hanno rappresentato il cuore della mia carriera, ma a quel biennio italiano sono rimasta legata, perché eravamo tutte italiane, tutte amiche, un gruppo fortissimo, ma fatto di ragazze giovanissime. Lì sono stati due bellissimi anni. Italia a parte, qua in Uno-X ho trovato il mio posto, sono stati anni che mi sono goduta.

Se ti guardi indietro, quali sono state le grandi gioie che hai vissuto nella tua carriera?

A livello personale non sono stata una gran vincente, i miei più grandi risultati li ho tenuti in pista, a partire dai due titoli europei consecutivi nella corsa a punti. Poi però ho avuto la fortuna di partecipare a tutte le più grandi gare e negli ultimi anni ad essere di supporto alle mie compagne. Penso che il giorno più bello in assoluto sia stato quando Elisa Balsamo ha vinto il titolo mondiale. In quella che è stata una giornata perfetta. E’ vero che sul podio non c’ero io, ma quel titolo l’ho sentito anche mio. L’esempio di quando la tua compagna vince perché tu lavori per qualcosa e contribuisci.

L’abbraccio con Elisa Balsamo, pilotata magistralmente verso la conquista del titolo iridato 2021
L’abbraccio con Elisa Balsamo, pilotata magistralmente verso la conquista del titolo iridato 2021
E ciclismo a parte, dal punto di vista personale, tutti questi anni di ciclismo, di attività internazionale, che cosa ti hanno dato?

Questa è una bella domanda. Una cosa che mi porto dietro è sicuramente il fatto che ho fatto amicizia con persone un po’ di tutte le parti del mondo, con culture diverse dalla nostra. Questo mi ha consentito d’imparare a vedere il mondo da più punti di vista.

Le due ragazze che arrivano adesso che cosa si troveranno di fronte?

Laura (la Tomasi, ndr) è già stata in organizzazioni abbastanza strutturate. Qui sia lei che Alessia Vigilia troveranno un ambiente molto ben organizzato, ma anche a livello umano è un bel gruppo, dove non si guarda solo all’atleta, ma anche tanto al benessere della persona. Poi come organizzazione, calendario, materiali, preparazione, parliamo di una squadra a livello WorldTour. Ma visto da dove vengono non credo che troveranno differenze. Io penso però che, come è stato importante per me, sarà importante anche per loro il il valore che danno anche alla persona, per farti sempre sentire considerato.

Apeldoorn 2019, secondo titolo europeo nella corsa a punti. Su pista anche un bronzo europeo e mondiale
Apeldoorn 2019, secondo titolo europeo nella corsa a punti. Su pista anche un bronzo europeo e mondiale
Loro ti hanno contattato, ti hanno chiesto qualche consiglio?

Con Laura non ci conosciamo molto. Con Alessia ogni tanto ci sentiamo, mi ha chiesto un po’ come si sarebbe trovata e le ho detto le stesse cose. Non credo proprio avranno problemi di ambientamento.

Chiudendo adesso la tua carriera, hai già idea di che cosa fare?

Sono da 10 anni all’interno del gruppo sportivo delle Fiamme Oro e mi piacerebbe continuare a farne parte, cercando di dare il mio contributo, rimanendo in questo mondo al quale credo di poter dare ancora qualcosa, anche se non più pedalando…

Van Der Poel: i passi verso il mondiale di mountain bike

12.09.2025
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L’appuntamento iridato di Mathieu Van Der Poel si avvicina, il corridore olandese cercherà la vittoria al mondiale di mountain bike in Svizzera questa domenica, il 14 settembre. La caccia alla sua quarta maglia iridata si è aperta già da qualche mese. Van Der Poel ha rinunciato all’idea di andare a correre in Rwanda, così come tanti altri atleti, e tra sé e sé avrà fatto i conti con gli obiettivi che ancora può raggiungere in una carriera unica. Il fuoristrada è il suo grande amore. E’ arrivato dal ciclocross, dove ha saputo conquistare tutto, per poi passare alla strada e replicare. Un altro tassello è arrivato con il gravel, dove Van Der Poel ha conquistato il titolo iridato lo scorso anno. 

La nuova, o per meglio dire vecchia sfida è la mountain bike. L’atleta dell’Alpecin-Deceuninck si era messo alla caccia di un titolo importante alle Olimpiadi di Tokyo 2021, andando però lontano dall’ottenerlo. Tuttavia la sensazione è che il campionato del mondo in palio in Svizzera domenica prossima sia qualcosa sul quale Van Der Poel non è disposto a scendere a patti. 

Van Der Poel è tornato a correre in mtb a Les Gets dopo un periodo di pausa (foto Alpecin-Deceuninck)
Van Der Poel è tornato a correre in mtb a Les Gets dopo un periodo di pausa (foto Alpecin-Deceuninck)

Stop e ripresa

Se l’obiettivo era già settato da parecchio tempo non lo è stato il cammino di avvicinamento. L’iridato di Glasgow si è dovuto ritirare dal Tour de France a causa di una polmonite, uno stop forzato che lo ha costretto a rivedere i suoi piani di allenamento. 

Una volta ristabilito è tornato in corsa al Renewi Tour. In Belgio ha fatto vedere di essere in crescita, conquistando un secondo posto finale alle spalle di un ottimo Arnaud De Lie. Sull’ammiraglia della Alpecin, in quei giorni c’era, Christoph Roodhooft, sport director del team. A lui ci siamo rivolti per farci raccontare questi ultimi mesi di Van Der Poel, dal ritiro al Tour al mondiale di Valais 2025

Al Tour l’olandese è stato costretto al ritiro da una polmonite (foto Leon van Bon)
Al Tour l’olandese è stato costretto al ritiro da una polmonite (foto Leon van Bon)
Ripartiamo dal Tour, come si è ripreso Van Der Poel dalla polmonite?

Ha dovuto prendersela comoda per diversi giorni. Riposo, allenamenti leggeri quando possibile e grande attenzione al recupero sono stati fondamentali. Soprattutto, è stata una questione di pazienza: il suo corpo aveva bisogno di riprendersi completamente prima di poter tornare a gareggiare ad alti livelli.

Come si è allenato durante quelle settimane? Che tipo di allenamento ha fatto? Più specifico per la mtb?

E’ andato in Spagna, la sua solita base di allenamento, dove ha combinato lunghe uscite di resistenza con alcuni lavori a intervalli man mano che progrediva. Non c’era abbastanza tempo per fare allenamenti specifici in vista degli impegni di mountain bike, per questo abbiamo aspettato dopo il Renewi Tour. 

Nel mese di agosto Van Der Poel si è riposato e ha ricostruito la condizione (foto Instagram)
Nel mese di agosto Van Der Poel si è riposato e ha ricostruito la condizione (foto Instagram)
Quanto è stato importante il Renewi Tour per le sue future gare? E perché?

Il Renewi Tour lo ha aiutato a ritrovare il senso del ritmo e l’intensità della gara. E’ stato importante per ricostruire la competitività e la fiducia senza rischiare immediatamente con una gara in mtb. In altre parole, è servito da ponte verso una preparazione più specifica per il fuoristrada.

La forma era quella che vi sareste aspettati?

Per un ciclista che stava tornando da una polmonite la sua forma era già abbastanza buona. Non al massimo come a luglio, ovviamente, ma fisicamente era vicino al suo miglior potenziale. Mentalmente, ritrovare la fiducia sulla bici era altrettanto fondamentale.

Il ritorno in gara è avvenuto a fine agosto al Renewi Tour, dove VDP ha vinto una tappa a Geraardsbergen (foto Rhode Photos)
Il ritorno in gara è avvenuto a fine agosto al Renewi Tour, dove VDP ha vinto una tappa a Geraardsbergen (foto Rhode Photos)
La vittoria a Geraardsbergen è stata importante?

Assolutamente sì. Ha confermato che era tornato competitivo e in grado di vincere. E’ stata una spinta sia fisica che mentale, che gli ha dato fiducia per i suoi obiettivi più ambiziosi, ovvero il mondiale di mountain bike.

La decisione di partecipare al campionato del mondo di mtb è stata condivisa con la squadra?

Sì. In una squadra come la Alpecin-Deceuninck, queste decisioni vengono sempre discusse. Gli atleti, in questo caso Van Der Poel, la direzione e il management della squadra valutano insieme i rischi e le opportunità. È una decisione di squadra, mai individuale.

Van Der Poel ha corso a Les Gets come ultima gara prima del mondiale arrivando sesto (foto UCI MTB World Series)
Van Der Poel ha corso a Les Gets come ultima gara prima del mondiale arrivando sesto (foto UCI MTB World Series)
Quanto è stata importante la gara di Les Gets in vista del mondiale di domenica?

Les Gets è stata importante. Il percorso era tecnico e impegnativo, paragonabile a quello del prossimo campionato del mondo ( in apertura foto UCI MTB World Series). E’ stata un’occasione per ritrovare la fiducia e le capacità tecniche, cosa che ha fatto. Ha anche affrontato la gara con cautela, costruendo un buon risultato senza correre rischi inutili.

Van Der Poel ha mostrato alcune lacune tecniche rispetto ai corridori che si concentrano regolarmente sulla mountain bike, riuscirà a colmare questo divario?

Dipende da un po’ più di allenamento tecnico, più tempo sulla mtb ed esperienza su percorsi simili. Impara in fretta, ma serve tanta concentrazione. I migliori biker sono tecnicamente molto forti, ma questo può essere compensato da una condizione fisica ottimale. E non è che Mathieu non sia tecnicamente capace!

Il percorso iridato sarà molto tecnico, per VDP sarà importante arrivarci al top della condizione (foto UCI MTB World Series)
Il percorso iridato sarà molto tecnico, per VDP sarà importante arrivarci al top della condizione (foto UCI MTB World Series)
L’assenza di ciclisti di alto livello come Pidcock apre la strada a Mathieu per vincere l’ultima maglia iridata che gli manca?

Sicuramente aiuta, ma non è una garanzia. Il parterre che si troverà ad affrontare domenica è eccezionalmente forte e imprevedibile. Le condizioni del percorso, il tempo e i piccoli errori sono tutti fattori importanti. Anche se l’assenza di Pidcock aumenta le possibilità di Mathieu, il resto della concorrenza non deve essere sottovalutato. Dovrà essere al top della forma, ed è proprio su questo che ha lavorato nell’ultima settimana prima della gara.

L’estate d’oro di Fiscarelli, 17 anni di grinta e talento

12.09.2025
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MISANO ADRIATICO – «Vengo dalla scuola Fiorin – dice Rebecca Fiscarelli, 17 anni – dove la multidisciplina è all’ordine del giorno. Ho sempre fatto strada, pista e ciclocross. Preferisco la pista perché mi è sempre piaciuta, però penso che al giorno d’oggi per crescere si debba provare tutto. Anche perché da una specialità impari cose nuove che puoi applicare nell’altra. Il ciclocross per guidare in pista, la strada per avere resistenza nel cross. Da ognuna hai un beneficio, per cui mettendo tutto insieme, hai sicuramente una marcia in più».

Era sabato 11 marzo 2023, quando incontrammo per la prima volta Rebecca Fiscarelli, tricolore al primo anno da allieva
Era sabato 11 marzo 2023, quando incontrammo per la prima volta Rebecca Fiscarelli, tricolore al primo anno da allieva

Il cerchio che si chiude

Parla così la neo campionessa del mondo della velocità a squadre juniores ad Apeldoorn – titolo conquistato con Cenci e Trevisan (Campana ha corso le qualifiche, in cui l’Italia ha anche stabilito il miglior tempo) – già campionessa europea ad Anadia. In un certo senso è un cerchio che inizia a chiudersi. Sorridiamo entrambi ricordando il primo incontro, in un sabato di marzo del 2023, quando i suoi anni erano appena 15. La Tirreno-Adriatico arrivava a Osimo, Roglic stava per vincere un’altra tappa, quando nello stand di Alé facemmo la conoscenza della giovanissima marchigiana in maglia tricolore. Con lei sua sorella Ylenia, che le faceva e ancora le fa da addetta stampa. Oggi Ylenia è in vacanza a Ibiza, ma è stata lei con i suoi messaggi a guidare Rebecca fino al truck di bici.PRO a Italian Bike Festival.

«Ritengo che la strada sia molto importante anche per crescere – dice per completare il concetto – e per vedere nuove cose. Sono ancora giovane quindi voglio capire dove posso andare e dove no. Sicuramente in pista abbiamo visto che vado forte, adesso ci concentriamo nuovamente su strada. Corro con il Conscio Pedale del Sile, vediamo che cosa ci propone la strada».

Fino al 2024, Rebecca Fiscarelli ha corso nel Team Fiorin, dove si pratica sul serio la multidisciplina (immagine Instagram)
Fino al 2024, Rebecca Fiscarelli ha corso nel Team Fiorin, dove si pratica la multidisciplina. Ora è alla Conscio Sile (immagine Instagram)

Pistard senza pista

Tiene fra le mani la maglia iridata e le due medaglie: una col nastro azzurro della UEC, l’altra invece è color arcobaleno. Sono giorni di foto ricordo e racconti, ma a breve ricomincerà anche la scuola al Bonifazi-Corridoni di Civitanova Marche e allora si tornerà alla routine di lezioni al mattino, un rapido pranzo e poi gli allenamenti. Almeno quelli su strada, perché nelle Marche piste non ce ne sono.

Ad Ascoli Piceno hanno smantellato quella che già c’era per allargare un campo da calcio e hanno iniziato la costruzione di quella nuova, che per ora è ancora in alto mare. Semmai si va ad Avezzano, ma si tratta pur sempre di fare 400 chilometri fra andata e ritorno, con il Gran Sasso nel mezzo. Oppure a Forlì e in quel caso i chilometri sono 380.

La vittoria del titolo europeo ad Anadia aveva fatto capire che al mondiale si sarebbe potuto fare bene (foto UEC)
La vittoria del titolo europeo ad Anadia aveva fatto capire che al mondiale si sarebbe potuto fare bene (foto UEC)
Che effetto fa aver vinto il campionato del mondo?

Una bellissima emozione. Venivamo già dal bellissimo risultato dell’Europeo, quindi ci aspettavamo di fare bene, ma non così tanto. Le ultime settimane non erano state molto semplici, ma ci siamo riprese, per fortuna, ed è andata molto bene. Io per prima non ero nella migliore condizione, perché appena arrivata in Olanda, ho preso la febbre. Quaranta non era dell’idea di farmi correre, però mi sono impuntata. In un modo o nell’altro sapevo che dovevo riuscirci.

La velocità a squadre si corre in tre, qual era il tuo turno?

L’ultimo. Si parte da fermi e abbiamo corso con Matilde Cenci e Siria Trevisan, che ha fatto una partenza perfetta. Poi è toccato a Matilde, come sempre strepitosa, e poi è toccato a me. Abbiamo girato su bei tempi anche in finale, nonostante la pista non fosse molto calda rispetto a quella dell’europeo, che mi è parsa più scorrevole. Siamo riusciti a portare a casa questo grande risultato, che sicuramente per me è un biglietto da visita per l’anno prossimo, dato che sono ancora di primo anno. Mi piacerebbe anche vincere un titolo singolo, però farlo con loro è stato bellissimo. Anche perché Siria e Matilde hanno un anno in più e sono molto più forti di me, quindi riuscire a stare con loro è stato veramente molto bello.

Essere l’ultima, dopo aver avuto la febbre, è stato una responsabilità?

Ero un po’ titubante, però mi sono auto convinta che per 49 secondi la febbre non l’avrebbe spuntata. Non dovevo fare un lungo di 3 ore, non dovevo fare 100 chilometri, ma solo 750 metri. E in effetti in gara sono stata bene, sul momento ero felicissima, però la notte dopo ne ho risentito.

Fiscarelli tira per terza, subito dopo Matilde Cenci. Per prima parte Siria Trevisan
Fiscarelli tira per terza, subito dopo Matilde Cenci. Per prima parte Siria Trevisan
Visto che Cenci e Siria Trevisani diventeranno under 23, con chi pensi che correrai il prossimo anno?

Del settore velocità resto solo io, però avremo l’aiuto di Agata Campana. Lei fa parte del gruppo endurance, però in realtà è una forte velocista. Vince su strada, la velocità in pista non le piace poi tanto, il team sprint è una specialità che invece l’attira parecchio. Ha visto che si può fare, ha visto che andiamo bene e quindi l’anno prossimo saremo noi due e poi troveremo delle ragazze che vengono su dagli allievi. Abbiamo già un po’ di nomi, si tratterà di vedere come andranno le cose.

E così il settore velocità che era ormai estinto, ha ricominciato a mietere successi…

Diciamo che grazie al nostro tecnico Ivan Quaranta stiamo facendo rinascere un settore ormai morto, perché si può dire che fosse così. Anche noi ragazze abbiamo vinto un titolo che alla Federazione mancava, quindi è stato anche molto bello anche per questo. Un nuovo titolo e quindi nuove speranze anche in vista di Los Angeles 2028. Dopo le imprese di Matilde Cenci, che ha vinto tre ori e un bronzo, dopo tutti noi insieme e compresi anche i ragazzi, speriamo di esserci guadagnati un po’ più di fiducia anche da parte della Federazione. In modo di fare più trasferte e riuscire a fare più cose.

Hai parlato del cittì Quaranta, come ti trovi con lui?

Ivan è sicuramente un tecnico molto bravo e molto giusto. Quando c’è da lavorare si lavora, però quando c’è da scherzare, ci puoi scherzare tranquillamente. E’ serio al punto giusto, riesco ad avere un bel confronto.

Rebecca Fiscarelli ha conquistato europeo e mondiale nella velocità a squadre al primo anno da junior
Fiscarelli oro europeo e mondiale nella velocità a squadre al primo anno da junior. Al suo fianco, Agata Campana
Ad esempio?

Per la finale stavamo ragionando se cambiare il mio rapporto oppure no. E lui si è messo accanto a me e mi ha chiesto le sensazioni che avevo. In semifinale io mi ero sentita abbastanza dura e proponevo di accorciarlo, invece abbiamo fatto un’analisi a ritroso.

E che cosa è venuto fuori?

Ci siamo resi conto che prima della semifinale avevo fatto un riscaldamento un po’ scarso. Ne abbiamo parlato. Ho fatto un riscaldamento migliore e alla fine sono partita con il 56×15. Invece all’euorpeo avevo fatto la semifinale con il 56 e la finale con il 57. Quaranta è veramente super disponibile.

E adesso ricomincia la scuola.

Giusto, faccio un tecnico a Civitanova Marche, il Bonifazi Corridoni. Studio grafica ed è tosta, però riesco a conciliare bene tutto. Anche perché la scuola mi piace, studiare mi è sempre piaciuto fin da piccola e quindi riesco bene anche sui libri. La mattina mi alzo e vado a scuola, faccio pranzo lì e appena torno a casa – di solito all’una e mezza ci sono già – vado a fare subito allenamento, che sia in palestra o su strada.

Dopo l’accoppiata europei più mondiali, Rebecca Fiscarelli è stata ricevuta da Fabrizio Ciarapica, sindaco di Civitanova Marche
Dopo l’accoppiata europei più mondiali, Rebecca Fiscarelli è stata ricevuta da Fabrizio Ciarapica, sindaco di Civitanova Marche
Che cosa fa Rebecca quando non studia e non si allena?

Mi piace uscire con le mie amiche, mi svago un po’ e vado a fare shopping. Quando ho vinto il mondiale, le mie amiche sono state felicissime. Sono tornata a casa che era notte fonda e la mattina dopo mia sorella mi ha buttato giù dal letto e mi ha portato a fare colazione perché loro mi avevano organizzato una specie di sorpresa. Mi aspettavano al bar e poi abbiamo passato la giornata insieme. Gli ho fatto vedere la maglia ed erano più contente di me.

Quando due anni fa ci siamo incontrati a Osimo avresti immaginato che oggi saremmo stati qui a parlare di un titolo mondiale?

Assolutamente no. Avevo addosso la maglia tricolore, mi aspettavo di arrivare in alto, questo non posso negarlo, ma così tanto in così poco tempo no. E’ stato veramente bello, è successo tutto in fretta, forse troppo. Devo ancora realizzare, però è stato veramente molto bello.

Ganna e quei 9 decimi su Vine: la lettura di Malori e Cioni

12.09.2025
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Nove decimi. Due battiti di ciglia, un niente, meno di un secondo. Ma tanto è bastato a Filippo Ganna per aggiudicarsi la cronometro individuale di Valladolid, atto numero 18 della Vuelta. Un finale da urlo, che ha tenuto tutti sul filo a cominciare da Pippo stesso. «Credo di aver sofferto più a stare tre ore sulla hot seat (il posto dove siede colui che è primo in classifica, ndr) che sulla bici», ha detto Ganna.

Alle sue spalle si è piazzato Jay Vine, che in maglia a pois e in lotta ogni giorno per se stesso e per il capitano Joao Almeida si conferma formidabile contro il tempo. Nella generale invece l’accorciamento della crono (da 27 a 12 chilometri) ha di fatto congelato quasi tutto. Alla fine Almeida ha strappato una decina di secondi a Jonas Vingegaard. Mentre Giulio Pellizzari, che ieri ci aveva confidato di attendere questa tappa con grande attenzione, si è ben difeso: 36° a 45″ da Ganna e a 5″-10″ dai rivali diretti.

Jay Vine è stato un missile, ma nulla ha potuto contro il finale travolgente di Ganna: 2° a 0,9″
Jay Vine è stato un missile, ma nulla ha potuto contro il finale travolgente di Ganna: 2° a 0,9″

Oltre i 60 all’ora

Pippo parte in sordina. O meglio, sembra gestire. Ma certo una crono di 12 chilometri deve essere terribilmente complicata da gestire. Si deve andare a tutta dall’inizio alla fine, ma per fare questo i 12 chilometri diventano tanti. Il tracciato però invita a spingere.

Al primo intermedio, dopo 4 chilometri, Pippo non era neanche tra i primi dieci. Al secondo intertempo, dopo 8 chilometri, era sesto a 9” proprio da Vine. Ganna si è sciroppato gli ultimi 4.200 metri a una media di 57 all’ora. Deve essersi messo in modalità pista, come nell’inseguimento. Il tachimetro indicava costantemente 61-63 all’ora. Qualcosa di incredibile.

«Nella prima parte del percorso – ha detto il piemontese – non sono riuscito a trovare un giusto ritmo. Nella seconda metà invece ho provato a spingere il più possibile, senza guardare ai numeri. Sono molto felice, questa settimana sta andando molto bene per noi (il riferimento è alla vittoria di Bernal, ndr).
Dopo la caduta al Tour non è stato facile ritrovare la condizione, sono arrivato qui dopo tante fatiche (e tanta altura, ndr). La Vuelta non è una corsa facile per un ragazzone come me, ci sono tantissime salite. Ma sono felicissimo, ci voleva dopo tanta sofferenza e tante malattie».

Vingegaard si è detto soddisfatto della sua prova, andata secondo le aspettative
Vingegaard si è detto soddisfatto della sua prova, andata secondo le aspettative

Il pensiero di Malori

Come da nostra abitudine abbiamo voluto commentare la tappa con l’esperto, che in questo caso è stato Adriano Malori, un gigante della crono. E come sempre il Malo ci ha visto lungo.

Adriano: finalmente Ganna! Come lo hai visto?

Il solito Pippo Ganna che va forte e fa un gran finale, ma con appena 1” di vantaggio su Vine. Lo dico in modo un po’ brusco: vedo in generale una piccola debacle dei grandi cronoman ultimamente. Per esempio non pensavo che oggi Kung, in una crono così veloce, perdesse così tanto. E anche altri specialisti in questi ultimi periodi non brillano.

E perché secondo te?

In generale non saprei, nel caso di Pippo perché ha fatto un po’ più di strada del solito e magari è un filo più magro. Ma attenzione, non voglio criticarlo, magari ci sta provare anche altre cose. Ci sta che uno come lui, che ha già vinto tanto, si ponga altri obiettivi. E comunque è andato fortissimo, perché ha fatto 56 di media! Voglio dire che la figura del cronoman puro sia stata un po’ cancellata. Anche Remco Evenepoel è più di un cronoman. Pogacar, e penso alla crono spaziale che ha fatto al Tour, non è solo un cronoman. Sono corridori completi che vanno. Questo, posso ipotizzare, perché tutti curano di più la specialità.

Cioè?

Prima solo gli uomini di classifica e i cronoman curavano con attenzione la posizione, i materiali e tutto il resto. Ora lo fanno tutti. Tutti hanno materiali top, escono con la bici da crono. I livelli cambiano e i distacchi si riducono.

Ieri nel finale Ganna è stato strepitoso. Come ti spieghi questa rimonta su Vine, Adriano?

Di certo Pippo ne aveva, bisogna vedere che l’altro non si sia gestito male e sia rimasto senza gambe. Spesso le crono così corte sono difficili da gestire, sono queste quelle in cui si resta senza gambe e non quelle da 50 minuti. Perché lì sai che non puoi andare a tutta sin da subito. In prove così veloci e intense imposti il pacing, i watt, ma sei comunque portato a spingere troppo.

Almeida ha rifilato 10″ a Vingegaard ed ora è a 40″ dal danese
Almeida ha rifilato 10″ a Vingegaard ed ora è a 40″ dal danese
Domanda all’ex corridore: ma quando vedi che il computerino segna 62-63 all’ora ti gasi?

Personalmente non guardavo la velocità, ma osservavo i watt. Ho sentito di un mio ex tecnico alla Movistar e poi vicino alla Visma-Lease a Bike che diceva come nel famoso giorno di Vingegaard nella crono di Combloux al Tour 2023, avesse il potenziometro leggermente sfasato, che segnava di più. Ebbene lui non se ne è curato, si sentiva bene e ha continuato a spingere secondo le sue sensazioni, anche se i dati che vedeva erano già alti. Bravo Jonas. Ma quando tu hai una FTP di 450 watt e vedi che tieni bene i 470-480 allora in quel caso ti gasi davvero e a livello psicofisico decolli.

A proposito di Vingegaard, l’accorciamento della crono secondo te ha danneggiato Almeida?

No, non credo. Anche se Vingegaard è meno forte del 2023, è comunque solido. Non spreca un’energia più del previsto. E poi un giorno uno guadagna qualche secondo e un giorno li recupera l’altro. La crono di Valladolid pertanto non avrebbe influito a mio avviso anche se fosse stata lunga i 27 chilometri previsti. Insomma non ce lo vedo Almeida che sulla Bola del Mundo gli rifila un minuto.

Ma alla fine dunque, Adriano, Ganna è più felice perché ha vinto o sta lì a pensare che ha dato solo 1” a Vine?

No, no… è felice perché ha vinto. Tra l’altro Vine è un ottimo cronoman. Anche a me è capitato di vincere per un secondo contro corridori meno specialisti di me. Poi alla fine analizzi la gara e rivedi tante cose. E comunque, come dicevano in Fast and Furious: non è importante che tu vinca per un miglio o per un centimetro, ma che tu arrivi primo!

Ed ecco TopGanna. Anche a Valladolid ha optato per il setup che più ama con il 64×11 come massimo rapporto
Ed ecco TopGanna. Anche a Valladolid ha optato per il setup che più ama con il 64×11 come massimo rapporto

Parla Cioni

E partendo proprio da quest’ultima risposta di Adriano Malori, circa l’analisi della gara a posteriori, ci pensa subito Dario David Cioni, tecnico della Ineos Grenadiers, a dare una chiara visione dell’andamento della corsa.

«Pippo è andato forte – ha spiegato il toscano – ma è anche vero che Vine ha beneficiato di un paio di scie di corridori partiti prima di lui che ha ripreso. In più è partito tra i primi e si sa che col tempo le condizioni possono cambiare.

«Se guardo alla sua prestazione questa è ottima. Togliamo Vine che è così vicino, gli altri, Almeida, Vingegaard, sono tutti più staccati. No, oggi su un percorso così veloce era difficile poter fare più distacchi. In più all’inizio Ganna era un po’ bloccato. Siamo nella terza settimana di un grande Giro, non in una corsa di un giorno, e può succedere, tanto più se pensiamo che ieri c’era stata una tappa in salita. Non certo il massimo per lui che non è uno scalatore».

Cioni spiega poi un altro fatto. Partendo presto, Ganna aveva di fatto solo un’ora e mezza tra la ricognizione e il via. Di fatto la sua recon si è trasformata in una sorta di pre-riscaldamento.
«Pippo – conclude Cioni – ha fatto due giri del percorso. Il primo piano, il secondo un po’ più allegro soprattutto per visionare le curve. Da lì è stato un’ora e mezzo tranquillo e poi ha iniziato la trafila del riscaldamento. Alla fine la cosa più stressante per lui è stata attendere tre ore il verdetto! Cosa mi è piaciuto di questa sua crono? Il gran finale. E’ letteralmente volato. In certi tratti andava a 64 all’ora».

Elisa Bianchi, una stagione di tante prime volte tra BFT e pista

11.09.2025
6 min
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Con la vittoria della generale del Giro della Lunigiana Donne di una settimana fa, la stagione su strada di Elisa Bianchi si è già chiusa, mentre sta per entrare in quella del ciclocross. La junior della BFT Burzoni ha vissuto in maniera intensa la prima stagione nella categoria (in apertura foto Ossola), raccogliendo tanti piazzamenti e scoprendo anche la pista con paio di medaglie internazionali.

Col quartetto azzurro a luglio è arrivato l’argento europeo in Portogallo, poi ad agosto quello mondiale in Olanda ed entrambe le volte sempre dietro ad una inarrivabile Gran Bretagna, ma per Bianchi questo 2025 doveva proiettarla in una dimensione diversa, più “corale”. Per la 17enne bresciana di Lograto, che nelle categorie inferiori aveva quasi sempre corso da sola, era il debutto pure in una squadra, intesa come gruppo di compagne e staff. Ad inizio anno infatti Stefano Solari, team manager della BFT Burzoni, ci aveva detto che l’ingaggio di Bianchi era da considerarsi una scommessa. La personalità non manca ad Elisa e allora cerchiamo di capire con lei se questa scommessa è considerarsi vinta.

Elisa a maggio ha conquistato la sua prima vittoria all’autodromo di Monza. Era la prima volta che correva in un team (foto Ossola)
Elisa a maggio ha conquistato la sua prima vittoria all’autodromo di Monza. Era la prima volta che correva in un team (foto Ossola)
Facciamo un bilancio sulla tua annata. E’ stata in linea alle tue aspettative?

Sono molto contenta di come è andata la stagione, è stata bellissima. Non pensavo di fare già risultati in pista visto che ho iniziato quest’anno. Anche se forse avrei voluto ottenere qualcosa di più, devo dire che pure su strada è andata bene con tanti piazzamenti e due vittorie (la prima conquistata all’autodromo di Monza a fine maggio, ndr). Ora inizierò a prepararmi per il ciclocross, seppur sia stata convocata dalla Lombardia per i campionati italiani in pista (in programma a Noto dal 7 al 9 ottobre, ndr).

Vorresti continuare a fare doppia attività tra strada e ciclocross anche nel futuro?

Quest’anno deciderò in base ai risultati, però non nascondo che sto già riflettendo su come far conciliare tutto, compresa la pista. La mia idea iniziale sarebbe stata quella di fare ancora questa stagione di ciclocross e poi concentrarmi essenzialmente sulla strada. Tuttavia non ci penso perché sono molto stimolata. Innanzitutto correrò per una nuova squadra (la Alè Colnago, che verrà presentata la settimana prossima, ndr) e contestualmente vorrei guadagnarmi una maglia azzurra per europei e mondiali che l’anno scorso non ero riuscita a ottenere.

Tornando alla pista, che impatto è stato?

Mi sono divertita tantissimo e ho cancellato un vecchio ricordo. Al primo anno da allieva avevo fatto un solo allenamento in pista e non era andato bene, anche perché arrivavo dalla Mtb. Invece stavolta è stato tutto bello e mi sono appassionata, tanto da volerla curare con più metodo. Mi è piaciuta l’atmosfera e sotto questo aspetto devo ringraziare tantissimo Diego Bragato, che mi ha dato subito tanta fiducia, e tutto lo staff. Per ora ho fatto solo il quartetto, ma lui dice che potrei iniziare a lavorare sulla madison. Vedremo, ho voglia di imparare.

Questa stagione in pratica sei stata in due formazioni, club e nazionale in pista. Come sono andate queste esperienze?

Per concludere il discorso pista, ho visto la forza di un gruppo. Tante ragazze avversarie durante l’anno che si uniscono con la maglia azzurra e si supportano a vicenda, grazie ai consigli dei tecnici. Con la BFT Burzoni è stata la stessa cosa, nonostante all’inizio sia stato un grande cambiamento per me perché arrivavo in una squadra molto organizzata sotto ogni punto di vista. Ho sempre corso da sola e un po’ di timore ce lo avevo. Col passare del tempo e delle gare mi sono trovata bene con le compagne, con i diesse Krizia e Vittorio (rispettivamente Corradetti e Affaticati, ndr) e il resto della squadra. E’ stata una stagione in cui ho imparato tanto.

Cosa in particolare?

In squadra ho avuto quel senso di famiglia che non avevo e che non conoscevo. Ad esempio ho imparato a gestire la pressione e spartire l’ansia della gara con le mie compagne. Mi è servito confrontarmi con loro sotto questo punto di vista e di conseguenza interagire con le compagne è diventato più semplice.

La stagione di Bianchi su strada è finita. Correrà i tricolori in pista poi si concentrerà sul ciclocross (foto SWpix.com)
La stagione di Bianchi su strada è finita. Correrà i tricolori in pista poi si concentrerà sul ciclocross (foto SWpix.com)
E in corsa invece Elisa Bianchi cosa ha tratto?

Ho imparato le tattiche di gara e capire in prima persona quanto sia importante la squadra ai fini di un risultato. Sento di essere cresciuta tanto, anche grazie al sacrificio di rinunciare ad un piazzamento per aiutare una compagna. Il Lunigiana è stato un esempio di tutto questo. Ho aiutato le compagne a vincere le due tappe ed io sono riuscita a conquistare la generale.

Ti sei posta qualche obiettivo per il 2026?

Nessuno in particolare. Vorrei fare una bella stagione in generale, anche ripetere questa con qualche vittoria in più. Ecco, magari vorrei provare ad avere un po’ più libertà d’azione per capire meglio che tipo di corridore sono. Anche la prossima sarà una stagione di altri insegnamenti per il futuro.