Longo è più forte, Brown più furba. Ma ci abbiamo sperato

21.04.2024
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LIEGI (Belgio) – Come una doppia maledizione, anche questa Liegi l’ha vinta un’altra. Eppure Elisa Longo Borghini trasmette positività in ogni sorriso e ogni parola, per cui quando dice che ce ne sarà un’altra l’anno prossimo, non puoi che darle ragione. La corsa se l’è presa Grace Brown, una grande atleta che doveva solo sperare che le cose andassero come sono andate. Non poteva rispondere agli attacchi delle scalatrici, per cui è andata in fuga. E quando l’hanno ripresa, anziché abbandonarsi alla deriva si è messa a limare e alla fine è arrivata alla volata. E a quel punto sono diventati affari per le altre. Prima Brown, seconda Longo Borghini, terza Vollering (prima lo scorso anno) e tutti a casa. Ora l’australiana è qui che racconta con il suo accento aussie e scherzando dice che è «monumentale aver vinto una monumento, la vittoria più importante della mia carriera…».

Un giorno chiederemo a Elisabetta Borgia di spiegarci il modo e i tempi con cui un grande atleta elabora il risultato e riesce a farci di conto. Arrivare seconda nella Liegi, il suo obiettivo di primavera, dovrebbe far scattare nella testa di Elisa chissà quale rabbia funesta. Invece nei primi istanti dopo l’arrivo già sorrideva. E anche adesso che le trotterelliamo accanto accompagnandola verso l’antidoping, la sua serenità è uno spunto su cui ragionare.

Subito dopo l’arrivo, malgrado la sconfitta, Elisa sorrideva
Subito dopo l’arrivo, malgrado la sconfitta, Elisa sorrideva

La fuga da riprendere

La fuga è arrivata tanto avanti, ma quando la piemontese ha aperto il gas sulla Cote de la Roche aux Faucons, dietro il gruppetto si è sbriciolato. Sono rimaste attaccate le stesse che poi sono arrivate con lei al traguardo e chissà se quell’attacco le sia costato troppo. Noi siamo qui a cercare una spiegazione, mentre lei se l’è già data ed è contenta così.

«Non credo di aver speso troppo a fare l’azione – dice – perché comunque doveva essere fatta in qualche modo. Bisognava chiudere sulla fuga e comunque sia avrei attaccato lo stesso. Probabilmente saremmo rimaste in tre e ce la saremmo giocata diversamente. Però alla fine questo è il ciclismo e per questo è lo sport più bello del mondo. Non sempre vince la più forte o il più forte, vince anche il più furbo, il più veloce, quello che prende meglio le curve. Forse è vero che la fuga è arrivata un po’ troppo avanti, però c’è anche da dire che c’erano dei corridori forti. C’era Chabbey, c’era Grace Brown che sono notoriamente dei corridori pericolosi se corrono per fare risultati».

Una volata già scritta

E poi c’è la volata, quella in cui credevamo ormai tutti. Dopo il Fiandre vinto a quel modo e i miglioramenti degli ultimi mesi, eravamo tutti a pensare che fosse quasi fatta, senza fare i conti con la concretezza e il giusto cinismo di Grace Brown.

«Sono arrivata alla volata – dice Elisa mentre pedala al piccolo trotto – non tanto con sicurezza, quando con la voglia di vincere. Puntavo il traguardo e guardavo avanti e devo dire che per un attimo ci ho anche quasi creduto. Poi mi ha passato sulla destra Grace, però non ne posso fare un dramma. Ci sarà una Liegi anche l’anno prossimo, penso, no? Diciamo che è un secondo posto a suo modo bello, diverso dall’anno scorso. Ho preso l’iniziativa e sono partita sulla Roche aux Faucons, poi ho fatto una bella volata e alla fine sono contenta. Se fossimo arrivati in tre, probabilmente avrei vinto io, ma così non è stato. Vero che ho chiuso il buco su “Kasia” Niewiadoma, ma resta il fatto che Grace Brown è più veloce di me. Non c’è storia, non si può raccontare un’altra versione, questo è…».

E adesso la Vuelta

Il Trofeo Oro in Euro, il Giro delle Fiandre e la Freccia del Brabante: la sua primavera può essere soddisfacente. Il terzo posto nella Freccia Vallone e il secondo qui a Liegi dicono che comunque Elisa è arrivata puntuale all’appuntamento con le Ardenne e questo conta tanto dopo i problemi della scorsa estate.

«Non posso che essere contenta – dice – perché comunque ho fatto tantissime top 10. Ho fatto tre vittorie, sono tornata ai miei livelli e forse anche qualcosa di più. Sono veramente contenta. Adesso ci saranno tre giorni a casa e poi la Vuelta, per cui la primavera non è certo finita. E pensate che a casa riuscirò anche a incontrare Jacopo per poche ore, perché io arrivo e lui parte per il Romandia».

Alza gli occhi al cielo, che d’incanto è tornato azzurro. La sera volge verso il tramonto. Noi torniamo in sala stampa per scrivere queste parole, lei prosegue verso il controllo e poi sarà tempo di impacchettare tutto e tornarsene finalmente a casa.

Niente di facile, ma tutto secondo copione: la Liegi è di Pogacar

21.04.2024
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LIEGI (Belgio) – Facile come una lezione imparata così bene da non ammettere repliche. Tadej Pogacar ha fatto quello che si era proposto e agli altri non è restato che il podio. Una giornata fredda. Due gradi al mattino a Baraque de la Fraiture, la neve sugli alberi. Pioggia a scrosci a rendere davvero crudele una domenica già dura di per sé. Poi lentamente il sole si è fatto largo e la corsa è entrata nel vivo. La UAE Emirates ha scandito la marcia su ogni salita in direzione di Liegi, lasciando intuire una strategia chiara e condivisa. Lo spauracchio Van der Poel non si è mai visto se non alla fine, costretto a inseguire dopo una caduta, ma mai realmente in gara. Se la sua presenza era dovuta al voler omaggiare la corsa, la maglia che indossa e il suo grande rivale, l’applauso sarà ampiamente meritato.

L’attacco è arrivato sulla Redoute, dopo che Novak ha dato l’ennesima tirata di una giornata per lui memorabile. A quel punto non restava che andare e Tadej è andato. E’ partito nella parte bassa della salita: presto rispetto al solito, ma se avesse aspettato magari qualcun altro avrebbe avuto la stessa idea. Ci ha provato Carapaz a stargli dietro, poi anche il campione olimpico di Tokyo ha perso il conto dei battiti e si è rimesso a sedere.

Nella prima fuga della Liegi, anche Christian Scaroni: il gruppetto è arrivato fino a Stavelot
Nella prima fuga della Liegi, anche Christian Scaroni: il gruppetto è arrivato fino a Stavelot

Il copione perfetto

Da quel punto, la Liegi-Bastogne-Liegi si è trasformata in un assolo. Un copione cui dovremmo ormai essere abituati, dato l’andamento recente delle grandi classiche, ma che ci lascia ogni volta senza fiato. Elegante come chi non è davvero al limite, cattivo come chi non ha bisogno di mettersi strane espressioni sulla faccia. Pogacar ha spinto duro per 34 chilometri con la guarnitura 55-38 che ha scelto dente dopo dente e gli è stata consegnata a tempo di record, perché aveva in mente un’azione simile e ha voluto avere gli strumenti giusti.

«C’era una strategia – spiega il diesse Hauptman, che blocchiamo appena scende dall’ammiraglia – ma la teoria è una cosa e la corsa un’altra. Bax ha tirato quasi 160 chilometri, ha fatto un gran lavoro. Poi Novak, con Finn e Diego (Ulissi, ndr), hanno fatto un ritmo forte in salita per far soffrire gli altri. Il nostro programma era che Tadej partisse sulla Redoute e abbiamo lavorato per questo. Quando Van der Poel è caduto, noi eravamo già davanti a tirare, ma abbiamo fatto un passo normale, visto che sono rientrati pur avendo già un minuto e mezzo.

«Cosa ho pensato quando Tadej è partito?  Ho incrociato le dita (sorride, alzando gli occhi al cielo, ndr), perché non sai mai. Dopo una classica così, se vai in crisi negli ultimi 10 chilometri, puoi avere un grande vantaggio, ma perdi tutto. Per cui, finché non siamo arrivati all’ultimo rettilineo, ero un po’ teso. Guidare uno come Tadej è un orgoglio, una responsabilità e anche una preoccupazione. Però mi piace…».

Sullo Stockeu, come su tutte le salite della Liegi, il UAE Team Emirates ha scandito un ritmo alto
Sullo Stockeu, come su tutte le salite della Liegi, il UAE Team Emirates ha scandito un ritmo alto

La forza del gruppo

La zona dell’arrivo è un ribollire di birre e tifosi, attirati dalla tregua del maltempo. Davanti al pullman della UAE Emirates, in attesa di parlare con Pogacar, c’è Matxin che ne descrive la grandezza, la perfezione, l’ineffabilità. E così dopo questa lunga teoria di lodi, ci viene la curiosità di chiedergli se in realtà non sia difficile essere così perfetti. E lui risponde con un sorriso.

«Secondo me – dice – la cosa più difficile è creare un gruppo, quando ci sono corridori dal livello di Hirschi, Almeida e Ulissi. Come lo convinci uno come Diego, con il palmares che ha, che deve tirare quando mancano tanti chilometri perché consideriamo che è la cosa giusta da fare? Sono orgoglioso di avere creato l’atmosfera giusta. E credo che la squadra abbia funzionato bene anche quando Tadej era solo. Quando hanno visto che Hirschi e Almeida facevano buona guardia, quelli dietro hanno capito che non si sarebbero potuti organizzare e contro un Pogacar in condizione così perfetta hanno perso la speranza».

Attacco sulla Redoute: ci siamo. Pogacar fa il vuoto e se ne va
Attacco sulla Redoute: ci siamo. Pogacar fa il vuoto e se ne va

La dedica speciale

Pogacar arriva riguardandosi l’arrivo nel cellulare. Fende la sala stampa e va a sedersi sulla sedia della cattedra. Oggi la Permanence si trova all’interno di un polo universitario e tutto fa pensare di essere tornati a scuola, a cominciare dai bagni. Il berretto di lana in testa e lo sguardo normale, come se non avesse appena vinto la Liegi. In realtà la scarica delle emozioni le ha tenute dentro sul traguardo, con quelle dita al cielo che ora spiega con un filo di commozione.

«Due anni fa – dice – in questo stesso giorno, la madre di Urska morì poco prima della Liegi e io rinunciai a correre e corsi a casa. Anche l’anno scorso qui sono caduto e ho rovinato la mia stagione. Oggi è stata una corsa piuttosto emozionante e ho pensato molto a Daria, la mamma di Urska. E penso che questo mi abbia dato la forza anche per venire e arrivare da solo fino al traguardo. Ho attaccato davvero forte, a tutto gas dalla base della Redoute fino alla cima. Novak ha fatto un ottimo lavoro tirando per le prime centinaia di metri e poi è toccato a me. Serviva tanta forza e l’ho avuta».

Normalità disarmante

Lo guardi e pensi a quella che per lui è normalità e fai anche fatica a trovare qualcosa da chiedergli, vista l’assenza di pathos in una vittoria così grande da non aver aperto neanche una crepa nella sua corazza.

«In realtà è stata piuttosto dura – ci smentisce – con il vento contrario dopo 230 di gara e con questo freddo. Non è bello e non è scontato, ma una volta che senti che il divario è di un minuto, allora ti sembra più facile. Oddio, facile proprio no. Diciamo che ti dà una motivazione in più (sorride, ndr). Sono azioni che si progettano, in cui credi, ma che non prepari a casa. Non sono cose che alleni, non avrebbe senso. Ma per me le corse sono così: devi provarci. Può andare bene o anche male, ma devi provarci. Cosa vorrei fare adesso? Ci starebbe bene una bella settimana di vacanze, come ha detto Mathieu (lancia lo sguardo a Van der Poel seduto accanto, che ride, ndr) che sta per andare a Dubai. E’ una bella scelta, non dispiacerebbe neanche a me, ma ho un lavoro da fare in Italia».

Alvarez vince l’Eroica, ma l’Italia le ha provate tutte

21.04.2024
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CHIUSDINO – La faccia del cittì Dino Salvoldi unisce soddisfazione e un pizzico di rammarico. Oggi i suoi ragazzi hanno provato a ribaltare la classifica e per poco non portano a casa il bottino pieno. Tutti per Andrea Bessega, che parte nono questa mattina da Siena e termina questa Eroica Juniores in quarta posizione a otto secondi dal vincitore. Solo Hector Alvarez, suo compagno alla Lidl-Trek Future Racing il prossimo anno, resiste al ritmo di Bessega e degli azzurri. Lo spagnolo vince la classifica generale, coronando quattro giorni corsi in maniera ottima

«Le sensazioni per questa vittoria – racconta Alvarez con un sorriso larghissimo – sono bellissime. Alla seconda tappa abbiamo perso Pericas e la responsabilità per classifica sono passate tutte su di me. Ho raccolto due secondi posti di tappa e la voglia di vincere la corsa era tanta, così l’abbiamo seguita. E’ stato bello duellare con Bessega, l’anno prossimo saremo in squadra insieme e avremo modo di collaborare per vincere».

All-in azzurro

Quando stamattina abbiamo chiesto a Salvoldi quale sarebbe stato l’andamento della corsa, ci aveva risposto che si aspettava un ritmo elevato fin da subito. 

«Abbiamo corso da protagonisti – dice il cittì con ancora la corsa negli occhi – ma ci è mancato quel pizzico di fortuna che talvolta serve. E’ da un po’ di tempo che la dea bendata non ci sorride, ma tornerà a farlo, basta provarci. Se vogliamo guardare il bicchiere mezzo pieno, anzi a tre quarti, possiamo dire che la consapevolezza dei nostri ragazzi cresce. L’abitudine ad essere squadra continua ad aumentare, ci sono dei dettagli da limare ma fa parte della crescita. Da questo punto di vista mi sento di dire che le radioline sono importanti, hanno un ruolo fondamentale nella formazione». 

La Spagna, perso Pericas, ha corso tutta per Alvarez
La Spagna, perso Pericas, ha corso tutta per Alvarez

Crederci sempre

Salvoldi ha parlato con i suoi ragazzi a caldo, appena finita la tappa. Le pietre medievali di Chiusdino circondano il pullman azzurro e ne cullano i sentimenti di rivincita. 

«Crediamoci – continua – perché il talento o il fenomeno talvolta capita anche per caso. Ma il movimento azzurro c’è. A caldo, con i toni giusti, mi sono sentito di fare subito i complimenti ai ragazzi. In primis perché è quello che mi sono sentito di dire. Poi si analizza un attimo quello che avremmo dovuto fare, cercando in loro il feedback. Ovvero, capire se fossero stati in grado di farlo. Tra i dettagli che sono mancati direi che c’è sicuramente il rompere di più i cambi una volta partita la fuga. Oppure quando il gruppo si allarga è il momento di chiamare l’ammiraglia e comunicare. Tutte cose che in questa categoria si devono imparare. Sono felice alla fine, ci siamo comportati da grande squadra».

Le voci di Donati e Bessega

I tre settori di strada bianca poco dopo la partenza davano spazio alla fantasia. Così i ragazzi di Salvoldi ci hanno provato, e uno dei grandi protagonisti di giornata è stato Andrea Donati. 

«A inizio gara – racconta Donati – sapevamo che quelli della AG2R avrebbero dovuto fare corsa dura. Così, in accordo tra di noi abbiamo deciso di anticiparli. Mi sono fatto quasi 60 chilometri di fuga in totale, con l’idea di dare appoggio a Bessega. Lui doveva rientrare sul primo passaggio a Chiusdino e così è stato». 

«La tattica? Andare insieme a Donati – dice Bessega con ancora le gambe che pulsano dopo la volata per il secondo posto – e spingere a blocco fino alla fine. Donati era uno di quelli meno controllati e aveva maggior libertà di azione. Ho preso un buco nell’ultimo chilometro, ma sono riuscito a ricucire su Alvarez e Kristoff. Alla fine il norvegese è andato per la vittoria e Alvarez e io per il secondo posto. Ci abbiamo provato e siamo felici di quanto fatto in questi giorni».

Thomas e la Ineos, indicazioni sulle Alpi per l’assalto al Giro

21.04.2024
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LEVICO TERME – Il tempo che porta all’inizio del Giro d’Italia sta per esaurirsi e la Ineos Grenadiers ha un conto in sospeso dall’anno scorso. Un conto di 14 pesantissimi secondi pagati sul Monte Lussari al penultimo giorno. Le montagne del Tour of the Alps sono sempre state il loro terreno ideale per verificare la propria condizione psico-fisica.

Rispetto ad un anno fa – dominio di Geoghegan Hart con vittoria finale e due di tappail bilancio del team britannico è meno consistente, ma pur sempre discreto. Un successo parziale con Foss, leader provvisorio della generale nelle prime due frazioni e classifica a punti finale, oltre ad una serie di indicazioni arrivate da azioni individuali. La lunga fuga solitaria di Ganna al terzo giorno e quella in salita di Thomas all’ultimo sembrano qualcosa di molto simile a dei test in vista della Corsa Rosa. Noi siamo andati a bussare alla porte della Ineos Grenadiers e ci hanno aperto proprio Thomas e il suo diesse Oliver Cookson.

Test Giro. All’ultima tappa del TotA, Thomas (qui con Pellizzari) ha provato un allungo in salita restando in fuga per diversi chilometri
Test Giro. All’ultima tappa del TotA, Thomas (qui con Pellizzari) ha provato un allungo in salita restando in fuga per diversi chilometri

I pensieri di Sir G

L’avvicinamento di Geraint Thomas al prossimo Giro d’Italia sembra in linea con quello del 2023. Nessun acuto (la vittoria gli manca dalla generale del Tour de Suisse di due anni fa) e la consapevolezza di essere sulla strada giusta. Uno con la sua esperienza ed il suo palmares sa come ottimizzare il lavoro. Al TotA, proprio come l’anno scorso fece con Tao, è stato un gregario di lusso per Foss. Ed il quindicesimo posto finale in classifica praticamente rispecchia quello di dodici mesi fa.

«Sto bene – ci racconta il trentasettenne gallese – e più o meno sapevo di avere questa condizione. Al Tour of the Alps ho avuto buone sensazioni complessivamente e già al primo giorno dove ho chiuso sesto, lavorando per la vittoria di Tobias. Abbiamo provato a fare classifica con lui, mentre per me non era nei programmi iniziali. Al Giro mancano ancora due settimane e penso di poter crescere, arrivando nella condizione giusta. Correre il TotA mi ha fatto bene, ma ne faranno altrettanto anche un paio di giorni di riposo».

Geraint Thomas è sempre uno dei corridori più ricercati dagli appassionati di ciclismo
Geraint Thomas è sempre uno dei corridori più ricercati dagli appassionati di ciclismo

Sguardo sui punti decisivi

Tra Thomas ed il Giro c’è un rapporto decisamente conflittuale. A parte due piazzamenti oltre metà gruppo, le altre due volte dovette abbandonare. Nel 2017 centrò una moto ferma a bordo strada alla nona tappa e per le conseguenze si ritirò qualche giorno più tardi. Nel 2020 una borraccia vagante sui selciati siciliani lo buttò a terra alla quarta frazione.

Per dire quanto sia paradossale tutto ciò per Thomas, il secondo posto ottenuto l’anno scorso, perdendo il primato alla penultima tappa per una manciata di secondi nella crono in salita al Monte Lussari, è da considerarsi un grande risultato, anche se poi contestualizzandolo somiglia più ad una beffa. Tuttavia in quelle tre settimane – dove portò la maglia rosa per otto giorni – ha esorcizzato una buona parte di sfortuna.

«Nel 2023 – riprende – ho fatto un bel Giro, sono stato protagonista, ma purtroppo non è andata bene. Fa parte dello sport. Non so cosa sia mancato allora da poter fare in più quest’anno per vincere. Adesso devo pensare al percorso di quest’anno che è comunque molto duro. Potrebbe essere decisiva l’ultima settimana, come l’anno scorso e come spesso nelle grandi corse a tappe. Ma attenzione perché c’è già Oropa all’inizio».

Secondo Cookson, Ganna (qui con Garzelli) al Giro potrebbe non puntare solo alle crono, ma anche a qualche tappa mossa
Secondo Cookson, Ganna (qui con Garzelli) al Giro potrebbe non puntare solo alle crono, ma anche a qualche tappa mossa

Nei piani di Thomas e della Ineos Grenadiers ci sono ancora un paio di ricognizioni. Una sicura in questi giorni sul Monte Grappa (che verrà scalato due volte alla ventesima tappa) e poi forse proprio ad Oropa. Ma il gallese sa che si sono altri momenti chiave.

«Sicuramente le due crono – conclude – saranno molto importanti. Hanno due percorsi impegnativi, che sono adatti alle mie caratteristiche. Diciamo che complessivamente queste due crono mi piacciono molto di più, rispetto alle tre dell’anno scorso. Non dobbiamo però dimenticare che sarà fondamentale il supporto della squadra. Abbiamo tutti una buona condizione, siamo uniti e in fiducia. Questo è l’aspetto essenziale per fare un buon Giro».

Parola a Cookson

Al Tour of the Alps in ammiraglia c’erano Zak Dempster e Oliver Cookson. Abbiamo avvicinato proprio quest’ultimo per capire che indicazioni sono state tratte.

«Siamo venuti al TotA innanzitutto – analizza il diesse classe ’81 – perché è una corsa importante che ci piace e che abbiamo vinto cinque volte. Dopo il ritiro in altura volevamo vedere come stavamo. E penso che possiamo essere contentissimi per come siamo andati. Abbiamo vinto con Foss che arrivava da due anni difficili e si vede ora che sta tornando al suo livello».

Oliver Cookson, diesse della Ineos dal 2018, assieme ai colleghi sceglieranno la squadra attorno a capitan Thomas
Oliver Cookson, diesse della Ineos dal 2018, assieme ai colleghi sceglieranno la squadra attorno a capitan Thomas

«Sono stati cinque giorni utili per trovare il ritmo gara e replicare in corsa alcune situazioni che fai in allenamento. Nei primi tre ad esempio avevamo la responsabilità di lavorare perché avevamo Tobias in maglia verde, ma come avete visto abbiamo trovato un altro modo di correre proprio con l’azione di Pippo. Volevamo fare faticare anche le altre squadre, considerato anche il freddo e il brutto tempo».

«La fuga di Pippo (Ganna, ndr) – va avanti Cookson – è stata importante per lui, visto che non c’erano cronometro. E’ come se avesse messo assieme le due crono del Giro in un giorno solo. E’ andato forte. Peccato che non ci fossero altri 2-3 corridori con lui per tentare di arrivare fino in fondo. E’ stata una bella simulazione di gara, però non andrà al Giro solo per le prove contro il tempo. Abbiamo visto quello che può fare nel 2020 quando vinse con un’azione da molto lontano una tappa di montagna (a Camigliatello Silano con quasi 180 chilometri di fuga, ndr)».

Al TotA la Ineos ha raccolto una vittoria di tappa e la classifica a punti con Foss, che è in forse per il Giro
Al TotA la Ineos ha raccolto una vittoria di tappa e la classifica a punti con Foss, che è in forse per il Giro

Ultimi dettagli

La Ineos Grenadiers deve ancora decidere chi saranno gli ultimi uomini per il Giro oltre a Thomas, Ganna e altri sicuri. Foss è ancora in dubbio, il Tour de Romandie della settimana prossima darà le ultimissime indicazioni, anche in considerazione dei rivali presenti.

«Per il Giro – spiega Cookson – il capitano sarà Geraint, questa è la nostra idea, anche se vedremo dalle prossime gare se portare un eventuale vice. Dopo l’anno scorso partiamo con la voglia di vincerlo. Come avverrà non importa. Perderlo come l’ha perso lui brucia tantissimo. C’ero e l’ho vissuto da vicino quel momento. Geraint è un grande campione ed una gran persona. E’ bellissimo lavorare con lui, ha tantissima esperienza. Ma questo è il ciclismo, sport bellissimo e durissimo sotto questo punto di vista».

Thomas ha corso il Tour of the Alps in appoggio a Foss, soprattutto nei primi tre giorni col norvegese leader della generale
Thomas ha corso il Tour of the Alps in appoggio a Foss, soprattutto nei primi tre giorni col norvegese leader della generale

«Ad ogni corsa si deve correre in modo diverso – conclude – considerando qual è la concorrenza. Quest’anno c’è Pogacar e noi dovremo trovare la tattica più adatta. Quest’anno c’è anche un percorso diverso dall’anno scorso e anche questo inciderà sulla condotta di gara. Di sicuro sappiamo che Thomas ci arriverà motivato e farà tutto il possibile come sempre per vincere il Giro».

E Remco cosa fa? Lo ha raccontato nel podcast

21.04.2024
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LIEGI (BELGIO) – Evenepoel, il grande assente: cosa fa Remco? Sono due anni che il mondo del ciclismo aspetta il duello con Pogacar alla Doyenne, ma per altrettanti infortuni ancora non è stato possibile. Prima l’uno, poi l’altro. Due è anche il numero degli anni che li divide: classe 1998 lo sloveno, 2000 il belga. E mentre sta per scattare la Liegi numero 110, con la minaccia di neve sulle Ardenne e Pogacar favorito in mezzo a un branco di predatori di tutto rispetto, il belga della Soudal-Quick Step ha partecipato al podcast della sua squadra: The Wolfpack Howl.

Per Evenepoel dopo la caduta ai Baschi, la fratture di una scapola e una clavicola (foto Soudal-Quick Step)
Per Evenepoel dopo la caduta ai Baschi, la fratture di una scapola e una clavicola (foto Soudal-Quick Step)

L’analisi della caduta

Evenepoel è stato il primo a cadere nella quarta tappa al Giro dei Paesi Baschi. A forza di scorrere il video del più catastrofico capitombolo degli ultimi tempi, da cui sono usciti tutti fortunatamente vivi, si sospetta che sia stato proprio il belga ad aver innescato la maxi caduta. Lui è andato dritto, sbagliando la curva. Tesfatsion, subito dietro, ha preso paura ed è caduto a sua volta.

«Se guardate attentamente il movimento della mia bici – ha detto – potete vedere chiaramente che ho preso la traiettoria sbagliata. Sono finito nella parte più sconnessa della curva e ho perso il controllo. Non ho più avuto aderenza e ho frenato per paura di uscire di curva. Poi sono andato tutto a sinistra e ho saltato quel canale nella scarpata. E’ successo tutto molto velocemente. Un attimo dopo ero già in piedi e mi tenevo la spalla. Nelle immagini al rallentatore sembra facile mantenere il controllo, ma dal mio punto di vista non era proprio così. Era anche una discesa pericolosa, perché ogni tanto guardavo la velocità sul computer della mia bici e segnava dagli 80 agli 81 chilometri orari».

Remco si è raccontato nel podcast della sua squadra
Remco si è raccontato nel podcast della sua squadra

Ripresa sui rulli

La caduta gli ha provocato la frattura della clavicola e della scapola e per questo escluso dalle sfide delle Ardenne e da questa benedetta Liegi che anche lui aspettava da un anno, avendo vinto le due edizioni precedenti. Avendo davanti l’obiettivo Tour e poi le Olimpiadi, a un certo punto le corse più immediate sono passate in secondo piano.

«Il mio corpo si sta gradualmente riprendendo – ha detto venerdì durante il podcast – e ogni giorno ho meno dolore. Ho sofferto molto, soprattutto i primi giorni dopo la caduta. Dall’inizio della settimana invece, ho potuto dormire di nuovo tranquillamente e senza dolori. Ho cominciato anche a fare alcuni esercizi di fisioterapia, in modo che i miei muscoli non smettano di lavorare. Non è ancora possibile uscire in bici, anche a causa del maltempo, ma da lunedì posso allenarmi di nuovo sui rulli».

Remco è tornato sul luogo della caduta al Lombardia 2020 per realizzare un video (immagine Instagram)
Remco è tornato sul luogo della caduta al Lombardia 2020 per realizzare un video (immagine Instagram)

Pausa di metà stagione

Evenepoel ha poi raccontato di aver parlato brevemente con Roglic nell’ospedale di Vitoria, dato che erano vicini, e di aver mandato invece un messaggio a Vingegaard. Avendo già sperimentato una caduta ben più drammatica al Giro di Lombardia del 2020, il belga ha scherzato sull’aver sottovalutato la frattura della clavicola. Per cui si sta godendo la vita in famiglia e ne ha approfittato per fare da testimonial al progetto Tous a Bord (foto di apertura). L’associazione opera nello sport paralimpico e sta per festeggiare i 20 anni di attività con una Bruxelles-Parigi di 400 chilometri per atleti disabili.

«Prima di romperla – ha detto – ero sempre stato un po’ troppo ottimista riguardo ad una clavicola rotta, ma ora non più. Non è proprio l’infortunio più semplice per un ciclista e spero che i miei colleghi non debbano sperimentare la stessa cosa. Non è il mio primo infortunio grave e proprio quella prima esperienza mi ha insegnato a non andare troppo veloce nel recupero. So di dover affrontare con calma la fase della rieducazione, per cui sono abbastanza rilassato e cerco di godermi questa pausa di metà stagione. Mercoledì scorso ho festeggiato la fine del Ramadan con Oumi e ho anche guardato tanto calcio. Ho dormito molto, ho giocato a minigolf e guardato il ciclismo in televisione. Non sono il tipo che non guarda le corse se non può prendervi parte».

Così lo scorso anno Remco conquistava la seconda Liegi consecutiva
Così lo scorso anno Remco conquistava la seconda Liegi consecutiva

Quando gli è stato chiesto quali corse siano state più dolorose da guardare, Remco ha puntato subito il dito verso l’Amstel Gold Race, che avrebbe corso con qualche ambizione. «Certamente non la Freccia Vallone – ha sorriso – visto quello che è successo». Chissà cosa proverà fra qualche ora guardando i suoi rivali sfidarsi sulle sue strade…

Liegi, domani si corre e Van der Poel ha pronta la sorpresa

20.04.2024
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LIEGI (Belgio) – «Ci proverò, ma sarà difficile. Non ho il terreno giusto – dice Van der Poel – e davanti questa volta c’è Pogacar, che è davvero forte in questo tipo di gare. Penso che la stagione sia già stata molto buona e penso che le gare passate fossero le più adatte a me, ma sono qui per provare a vincere».

Il campione del mondo risponde quasi annoiato alle domande che lo speaker deve necessariamente fargli, altrimenti come la scalda la poca gente accorsa sotto al palco? Piove a sprazzi e a sprazzi viene fuori un timido sole, di base però fa ancora freddo. E fredda è pure la presentazione delle squadre, la terza lungo l’argine dell’Ourthe, in un viale senza poesia né nobiltà, ai margini della città. Dopo la Sanremo scacciata da Milano, la Liegi fuori dal centro della città in cui era accolta come una regina lascia un sapore sempre più strano.

Pogacar è l’uomo da battere: lo sanno tutti, a lui in apparenza non crea problemi (foto letour)
Pogacar è l’uomo da battere: lo sanno tutti, a lui in apparenza non crea problemi (foto letour)

La ciliegina sulla torta

Siamo quasi certi che Van der Poel abbia in mente qualcosa di veramente grande per domani. Il suo pullman è l’ultimo in attesa di ripartire, in questa sorta di passerella meccanica in cui i corridori vengono scaricati, presentati, applauditi, intervistati e riportati in hotel. A costo di sembrare vecchi, ricordiamo che fino a prima del Covid, gli atleti passavano fra il pubblico, firmavano autografi e posavano per foto. Oggi c’è distacco e chissà quanto sia positivo.

«Ho ricaricato le batterie – dice il campione del mondo – sono andato in Spagna e sono riuscito a fare qualche buon allenamento al caldo. Sono tornato in Belgio giovedì sera per fare la recon del percorso con i miei compagni di venerdì, ma alla fine ho deciso di farne a meno. Diluviava e anche se non partecipo dal 2020, credo di conoscere queste strade a memoria. Non credo che l’Amstel significhi che sono in calo di forma: non avevo gambe, ma non ero neppure tanto male. Certo però Pogacar sarà un rivale difficile da sorprendere: è un corridore di classe purissima che correrà sul suo percorso preferito. Però penso che posso vincere. Se non ne fossi convinto, non parteciperei nemmeno. Ma tutto dovrà essere perfetto. E se dovesse andare bene, sarebbe anche più della ciliegina sulla torta».

Van der Poel è molto rilassato, posa per i selfie e intanto cova qualcosa per domani (foto letour)
Van der Poel è molto rilassato, posa per i selfie e intanto cova qualcosa per domani (foto letour)

Il malumore di Madiot

Hanno presentato le donne insieme agli uomini: le stesse squadre sullo stesso palco. E mentre il meccanismo andava avanti, abbiamo trovato il modo di fare due domande a Marc Madiot. Il team manager spesso ribelle della Groupama-FDJ ha espresso nei giorni scorsi una serie di valutazioni molto chiare sulla sicurezza delle corse.

«E’ tutto il sistema che non funziona – dice – a cominciare da chi valuta i percorsi. Dopo la caduta nei Paesi Baschi, sono stati accusati gli organizzatori, ma credo sia tempo che le valutazioni vengano fatte con qualche mese di anticipo da persone davvero indipendenti. E questa è la minima parte, perché dobbiamo parlare anche dei corridori.

«Avete fatto caso che la prima cosa dopo l’arrivo è spingere un tasto sul manubrio? Sono delle macchine che producono watt, in corsa come a casa. Dalla macchina gli dicono come è fatta la curva, poi però succede che il gps non ti segnala che ci sono anche i tombini e il corridore cade. E così passiamo alle radio, che dovrebbero essere uguali per tutti e solo con informazioni di servizio. E poi alle biciclette, che sono sempre più al limite. L’UCI potrebbe mettere mano a tanti aspetti per rendere questo ambiente più sicuro, ma si batte per la lunghezza dei calzini. Perciò domani andrò in corsa e i dimenticherò di tutto. Perché la Liegi è la Liegi e quando si comincia comanda l’istinto».

Pidcock alza il tiro

Quelli della Ineos Grenadiers sono venuti con Pidcock e Bernal, il primo per fare la corsa, il secondo per continuare a migliorare sulla strada di un pieno recupero. E Pidcock, che ha vinto l’Amstel poi si è congelato alla Freccia Vallone, ha lasciato intendere di aver recuperato.

«Sicuramente mi sono riscaldato – sorride – e non posso dire di essere orgoglioso della mia prestazione di mercoledì, ma ho preferito prevenire che curare. Per domani mi sento veramente bene. Questa è una delle mie gare preferite: so quanto sarà difficile, ma sono pronto per affrontare la sofferenza che certamente ci sarà. L’anno scorso arrivai secondo dietro Remco e se ci penso, dico che la feci molto bene. Tatticamente e anche fisicamente tirai fuori il massimo di quello che avevo, ma questa volta ci arrivo meglio. Il podio va bene, ma vincere una Monumento avrebbe un altro sapore».

Pogacar è passato e ha ripetuto quello che ha detto ieri. La sua presenza, al pari di quella di Van der Poel alla Roubaix, è il fattore con cui fare di conto. Eppure non deve essere facile sentire tutti gli occhi puntati e sapere che sono tutti lì ad aspettare una tua mossa. Lui se la ride e strizza l’occhio, probabilmente il segreto è tutto nella leggerezza.

L’Eroica Juniores si ferma, tra “scioperi” e indicazioni sbagliate

20.04.2024
5 min
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MONTEVARCHI – Le nuvole nere che hanno coperto Siena al nostro risveglio si sono aperte come un sipario giusto per la partenza. Il sole si è affacciato giallo e chiaro, ma orfano del suo solito calore primaverile. La corsa è partita in tempo per godersi il panorama di Siena e delle colline, ma poco dopo il sipario nero si è richiuso, sputando freddo e acqua in testa ai corridori. Al passaggio iconico di Gaiole in Chianti, centro nevralgico de L’Eroica, la grandine ha ricoperto la strada. Nello scendere a Montevarchi l’acqua scorreva nelle canaline come un fiume in piena. Il risultato è l’annullamento della terza tappa.

Il dispiacere di Brocci

A Montevarchi tutto era già pronto per accogliere l’Eroica Juniores Nations Cup, una festa organizzata ma mai celebrata. Appena arrivati nel parcheggio delle ammiraglie abbiamo visto i primi corridori passare tra le macchine infreddoliti e tremanti. Al momento non si era ancora al corrente dell’annullamento della tappa

A parlare dopo l’annullamento della corsa è stato Giancarlo Brocci: «La decisione è come l’arbitro nel calcio – ci spiega – la prendono la giuria e la direzione di corsa. Le condizioni vanno valutate chilometro per chilometro, sapendo che il primo bene da salvaguardare è il benessere dei ragazzi. Questo è il criterio, la giuria è andata in quella direzione, ma anche per il contatto con i corridori. Dopo il traguardo volante di Gaiole sono andato direttamente in cima a Monte Luco, al GPM di giornata. Ho visto che c’erano tre centimetri di grandine che dal versante gaiolese del Monte Luco non mi permettevano di andare avanti. L’ultima discesa, quella che avrebbe portato a Montevarchi, sarebbe stata comunque impossibile da affrontare». 

La giuria 

In gruppo si vocifera di un errore di comunicazione e che i corridori abbiano sbagliato strada nei pressi di Cavriglia. Nel tratto che avrebbe portato ad attraversare il centro di questo paesino il lastricato non permetteva il passaggio in sicurezza dei corridori. Alcuni hanno tirato dritto, evitando il pericolo, altri, invece, sono entrati nel centro storico costringendo la giuria ad una decisione. 

Il comunicato ufficiale della Giuria recita così: “Per ragioni di sicurezza e di condizioni meteo avverse, la tappa è stata inizialmente neutralizzata dopo 56,1 chilometri e successivamente è stato deciso dall’organizzazione e dalla giuria di cancellare la terza tappa in quel punto. I risultati restano quelli acquisiti dopo la seconda tappa”. 

Sciopero

Il volto dei ragazzi e di qualche direttore sportivo era scuro, quasi come il cielo che copriva le loro teste. La decisione finale è stata quella di annullare la tappa, anche se non tutto è stato chiaro. 

«Il problema – ci spiega il direttore di corsa Paolo Maraffon – è che la corsa doveva entrare dentro Cavriglia, ma non c’erano le condizioni di sicurezza per il traguardo volante. In corsa avevamo deciso di andare dritto e saltare il centro storico. Dove dovevamo girare era presidiato da una persona, se non che qualcuno ha letto Traguardo Volante a un chilometro e alcuni corridori, non i primi, sono entrati in paese. Insieme alla giuria non siamo riusciti nemmeno a trovare i numeri e quindi siamo stati costretti a neutralizzare la corsa».

«Fino a quel momento – prosegue Maraffon – non era stato deciso di neutralizzare la corsa per il meteo. Probabilmente si sarebbe potuto fare l’arrivo in cima a Monte Luco. Solo che a Levane, dove c’è stata l’effettiva neutralizzazione, i corridori sono andati dritti alle macchine. Quindi alla fine la decisione è stata quella di non ripartire, i ragazzi hanno praticamente fatto sciopero. Per carità, tutto legittimo, anche perché avevo quattro ragazzi in macchina e tutti tremavano dal freddo. Uno di loro lo abbiamo dovuto accompagnare in due tenendolo per le braccia».

Bruttomesso al Tour of the Alps, severo banco di prova

20.04.2024
4 min
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LAIVES – Ce lo siamo chiesti subito: cosa ci fa Alberto Bruttomesso al via del Tour of the Alps? Una corsa famosa per essere immersa tra le magnifiche montagne tirolesi ricca di dislivelli e poca pianura. Per i corridori nell’edizione di quest’anno non sono mancate pioggia, temperature rigide e qualche fiocco di neve. Alla sua prima stagione tra i pro’ l’ex corridore del Cycling Team Friuli si sta misurando con il ritmo gara e l’alto livello della Bahrain Victorious che si è meritato risultato dopo risultato. 

Abbiamo incontrato Bruttomesso mentre si scaldava sui rulli prima della quarta tappa
Abbiamo incontrato Bruttomesso mentre si scaldava sui rulli prima della quarta tappa

Pochi velocisti

L’esperienza la si fa sul campo, questo è un dato di fatto. Alberto Bruttomesso alla partenza di questo TotA sapeva di non avere aspirazioni di alcun tipo. Le sue caratteristiche di uomo veloce sono di certo un limite per queste corse. Dal suo punto di vista, sa però che per aumentare la cilindrata, esperienze di questo tipo sono fondamentali.

«E’ un bel banco di prova – spiega Bruttomesso – nel senso che qui in gruppo ci sono pochi velocisti. E’ una gara che comunque mi aiuta ad aumentare il motore. Ho cercato di aiutare il più possibile i compagni portandoli davanti ai piedi delle salite. Sono contento, sto facendo un percorso di crescita costante e senza pressioni».

Nella seconda tappa al freddo e sotto la pioggia, Alberto non ha accusato la giornata
Nella seconda tappa al freddo e sotto la pioggia, Alberto non ha accusato la giornata

Ritmo e giornate difficili

Cinque giorni vissuti all’insegna di un ritmo gara di alto livello. Seppur il percorso non fosse così proibitivo, i dislivelli non sono mancati così come gli attacchi e le… sgasate da parte del gruppo. 

«In generale – afferma Bruttomesso – posso dire di aver sentito il salto dall’anno scorso a quest’anno. Le gare sono molto più controllate, poi quando si apre il gas si sente e si va pancia a terra. Sono contento del mio avvio di stagione, ho fatto un bel blocco di gare in Belgio e devo dire che mi piacciono molto».

Nella tappa austriaca di Schwaz i corridori hanno pedalato per 120 chilometri sotto una pioggia battente e temperature vicine allo zero. Climi da inferno del Nord che un domani potrebbe essere terreno ideale per la potenza di Alberto. «Devo dire che ieri (terza tappa di Schwaz, ndr) non ho mai sofferto il freddo, ero vestito bene e non ho avuto problemi da quel lato».

Nel team sta trovando un un clima positivo
Nel team sta trovando un un clima positivo

Bel clima

Venti anni sono pochi, trovare un clima ideale all’interno di una WorldTour è determinante per la crescita naturale di un ragazzo come Bruttomesso. La Bahrain Victorious è un riferimento sotto questo punto di vista e ha dimostrato di saper crescere i suoi corridori dandogli il giusto spazio. Milan e Tiberi sono due esempi. 

«Mi trovo molto bene – dice Alberto – abbiamo un bel gruppo, ho avuto modo di correre sia con quello delle classiche in Belgio, sia con i ragazzi del Giro d’Italia qui al Tour of the Alps. In entrambi i casi ho trovato un bel feeling. Ho legato un po’ con tutti, sono stato compagno di stanza di Tiberi, quindi ho legato molto con lui in questi giorni. E’ un bravo ragazzo, è forte, è simpatico, quindi ottimo così».

Per Bruttomesso un buon terzo posto in volata al Tour of Antalya
Per Bruttomesso un buon terzo posto in volata al Tour of Antalya

Futuro prossimo

Appurato come è normale che il 2024 sarà un anno di crescita, per Bruttomesso il calendario è sicuramente stimolante. Dopo questo Tour of the Alps infatti il blocco di gare va dritto fino ai campionati italiani. «Ora faccio Francoforte il primo maggio, la settimana dopo il Giro di Ungheria e poi si vedrà. Forse farò il Giro di Slovenia e i campioni italiani, poi avrò un periodo di altura prima del Czech Tour.

«Il mio obiettivo – conclude – è quello di continuare a crescere e fare quante più esperienze possibile anche per gli anni prossimi e magari vediamo se si riesce a portare a casa qualche bel risultato. Senza stress, io cerco di aiutare la squadra quando mi viene detto di farlo e se mi verrà data l’occasione di fare risultato sicuramente proverò a 100% nelle corse più adatte alle mie caratteristiche».

Kajamini, lo scalatore dal cognome esotico che cresce in volata

20.04.2024
5 min
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«Vabbé, togliamoci subito il dente, tanto ogni volta che vengo intervistato si parte subito dal cognome…». L’esordio di Florian Kajamini nella chiacchierata è scoppiettante tanto quanto il suo modo di correre. Il ventunenne della MBH Bank-Colpack Ballan è tra i giovani che più si sono messi in mostra in questo avvio di stagione e la vittoria nel Trofeo San Vendemiano, corsa che ha un albo d’oro davvero illustre, è l’ultima perla. La più importante.

Effettivamente il suo nome è particolare e dietro c’è una storia altrettanto particolare e per molti aspetti anche dolorosa: «E’ un cognome mediorientale che devo a mio padre, mentre mia mamma è olandese. Con mio padre – spiega – ho pochissimi e pessimi rapporti, praticamente tutta la mia parte paterna di famiglia mi è sconosciuta, quindi anche le mie radici. Devo tutto a mia madre che è olandese, infatti ho la doppia nazionalità, ma con questo cognome tutti pensano che venga da chissà dove».

L’arrivo solitario di Kajamini a San Vendemiano, una vittoria attesa a lungo (foto Bolgan)
L’arrivo solitario di Kajamini a San Vendemiano, una vittoria attesa a lungo (foto Bolgan)
Quanto ha influito la radice olandese nella tua passione ciclistica?

Molto, mi alleno spesso e volentieri nella zona di Apeldoorn, vicino al velodromo. Lì il ciclismo, ma più precisamente l’uso della bici è una religione, tanto è vero che quando mi alleno corro sempre su una strada che è parallela a quella delle auto, non ci si incrocia quasi mai e c’è un rispetto verso i ciclisti enorme. Sicuramente c’è una cultura diversa rispetto a qui.

Tu hai la doppia nazionalità, hai mai pensato di scegliere la nazionale olandese?

Sinceramente no, perché per la maggior parte mi sento italiano. Ho già vestito la maglia azzurra il primo anno da junior e nel 2023 alla Corsa della Pace ed è stato per me un onore. E’ vero che ho preso molto da mia madre, anche dal punto di vista genetico, ma mi sento profondamente italiano.

Florian al Trofeo Laigueglia 2023, la gara dell’esordio alla Colpack, poi una serie di sfortune…
Florian al Trofeo Laigueglia 2023, la gara dell’esordio alla Colpack, poi una serie di sfortune…
Ciclisticamente chi sei?

Un ragazzo che pratica questo sport da quando aveva 6 anni e che ha fatto tutta la trafila delle varie categorie. Ho fatto la mia carriera da junior all’Italia Nuova Borgo Panigale, poi lo scorso anno sono arrivato alla Colpack ma nella prima parte di stagione, tra Covid e frattura allo scafoide ho corso poco e senza brillare tanto. Poi nel finale mi sono ripreso con qualche buon piazzamento, ma la vittoria non era arrivata. Quindi aver rotto il ghiaccio quasi subito è stato per me molto importante.

Com’è nata la vittoria a San Vendemiano?

Devo dire grazie alla mia squadra perché era davvero una prova di primo livello, vista la partecipazione con tanti stranieri, uno su tutti Glivar. Prima ero conosciuto più per le mie qualità in salita, ma ultimamente sta emergendo anche il mio spunto veloce. Quando nelle volate ristrette posso dire la mia anche su percorsi di prevalente pianura e questo mi rende più completo.

La festa in casa MBH Bank-Colpack per la prima vittoria di Kajamini, dopo il lavoro fatto per lanciarlo
La festa in casa MBH Bank-Colpack per la prima vittoria di Kajamini, dopo il lavoro fatto per lanciarlo
Resti però di base uno scalatore…

Sicuramente, anche in allenamento mi sono concentrato tanto su quello che è il mio forte. Sulla volata ci sto lavorando perché so che si può affinare. Sono migliorato tanto soprattutto con il lavoro in palestra. Ora per il Giro Next Gen lavoreremo anche sulle cronometro, confrontandomi con specialisti. Io penso che potrò dire la mia anche lì.

Come ti trovi nelle corse a tappe medio-brevi?

Io credo che possano essere davvero il mio terreno di caccia. Ho già fatto la Coppi & Bartali e l’Abruzzo finendo sempre nella top 10 dei giovani. Io d’altronde ho buone capacità di recupero, col passare dei giorni vado meglio. A San Vendemiano ho sfruttato la gamba maturata proprio al Giro d’Abruzzo. Volevo una vittoria di peso ed è arrivata come volevo io, piazzando la stoccata nel finale per vincere per distacco.

L’emiliano al Giro d’Abruzzo ha costruito la sua miglior forma, fatta fruttare la domenica successiva
L’emiliano al Giro d’Abruzzo ha costruito la sua miglior forma, fatta fruttare la domenica successiva
Ora che cosa ti aspetta?

Preparerò il Giro Next Gen con poche gare e poi andrò in altura. Il Giro della Franciacorta e quello d’Ungheria precederanno un secondo periodo in altura prima di dedicarmi alla corsa rosa.

Un buon risultato lì potrebbe anche schiuderti le porte di un team del WorldTour…

Lo spero, anche se a me piacerebbe tanto che ci fosse un team italiano nella massima serie, che potesse richiamare alcuni dei migliori nomi del Bel Paese. Lo vedo in Olanda, dove la Visma è un riferimento che aiuta tantissimo, noi invece siamo costretti a emigrare. Il valore dei corridori, del movimento italiano nel suo complesso non è equiparato a quello dei team, della loro classificazione.

Il percorso dei mondiali è giudicato molto duro. Speri in una selezione?

Sarebbe importantissimo per me, è davvero un percorso per scalatori e sarebbe pane per i miei denti. Spero che il cittì Amadori si convinca a chiamarmi, sarebbe una bella occasione.