Thomas, la fuga giusta. E su Pogacar, Damiani si schiera

08.05.2024
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«Ragazzi – dice Damiani durante la riunione del mattino – guardate l’altimetria della tappa. Non è scritto da nessuna parte che si debba arrivare in volata».

Ben Thomas sta osservando proprio il profilo della Genova-Lucca e annuisce. Sul pullman della Cofidis si ragiona ad alta voce. Non hanno un velocista all’altezza di Milan e degli altri, perciò ogni tappa vagamente mossa può offrire il pretesto per un attacco. E quando i corridori scendono per andare alla partenza, hanno fatto loro un concetto espresso dal direttore sportivo lombardo. Il ciclismo non è matematica: se sei un velocista buonino, ma evidentemente battuto, devi provare a fare qualcosa di diverso. Sei corridori su otto della squadra francese andranno in fuga e la strategia paga. A 28 anni compiuti, Benjamin Thomas ha vinto la tappa, cogliendo la vittoria più bella su strada. Su pista invece il francese è una star e di questo si accorge Valgren, quando lo vede sprintare da seduto come nella volata finale di una madison».

«Prima è andato in fuga Getschke – racconta Damiani, che questa squadra l’ha assortita proprio per attaccare – però l’hanno ripreso. Sapevano che se ci fossero stati altri attacchi, avrebbero dovuto seguirli. Invece la seconda volta è stato proprio Benjamin ad attaccare. Aveva bisogno di ritrovarsi, anche mentalmente. L’anno scorso ha avuto una stagione abbastanza dura, soprattutto verso la fine tra pista e strada. Invece un paio di giorni fa dopo la tappa mi ha detto: “Lo sai che oggi mi sono proprio divertito?”. E io gli ho risposto che quello era un segnale incredibilmente bello e l’ho detto anche in riunione».

La Alpecin è la squadra che più ha lavorato nell’inseguimento, le altre sono mancate
La Alpecin è la squadra che più ha lavorato nell’inseguimento, le altre sono mancate

Chi vince non sbaglia

L’altimetria parlava del Passo del Bracco e di Montemagno a ridosso del finale, ma è palese che fra le squadre dei velocisti qualcuno abbia preso una cantonata. Soltanto la Alpecin-Deceuninck ha provato a lavorare di squadra e Damiani torna sul discorso ripartendo da un concetto appena esposto nell’intervista flash della RAI dopo l’arrivo.

«Chi vince ha fatto tutto bene, chi perde ha fatto degli errori. Qui al Giro – spiega Damiani – ci sono 3-4 squadre con dei velocisti che possono vincere tutti i giorni. Ma secondo me una aspetta sempre un po’ di più l’altra. Oggi, come dicevamo, la Alpecin si è spesa di più, poi la Soudal e la Lidl-Trek, ma hanno messo un solo uomo e solo quando si sono resi conto che la fuga gli stava facendo le scarpe. Avevamo studiato bene gli ultimi 5 chilometri per entrare in città, con il pezzettino di pavé, la curva a sinistra e la curva destra. In quei tratti sicuramente è più vantaggiosa la situazione di chi è in fuga e poi erano dei bei pedalatori. Quando c’è una fuga, devi valutare anche chi c’è dentro».

Pietrobon ha collaborato per buona parte della fuga, poi ha tentato il colpaccio nel finale
Pietrobon ha collaborato per buona parte della fuga, poi ha tentato il colpaccio nel finale

L’effetto domino

Per la Cofidis la ruota è girata e adesso si attende l’effetto domino che nel Tour dello scorso anno mise le ali ai piedi a tutti i ragazzi del team. Per cui alla vittoria di Lafay fece seguito a breve quella di Izagirre.

«Certo che si riprova – sorride Damiani – assolutamente, però con la serenità di avere già una vittoria in tasca. La vittoria di Ben sarà una bella spinta, perché è uno dei leader della squadra. In ogni meeting, lui entra con personalità, con estrema educazione, però tira fuori quello che ha in testa. E’ uno che studia molto i finali, è un bell’uomo squadra, non solo quello che ascolta in silenzio. Sul pullman è uno di quelli che aveva valutato meglio la tappa. Perciò è stato lui a proporre di mettere un corridore vicino ad Aniołkowski per salvare il velocista e poi tutti all’attacco, mentre gli altri sei avrebbero provato».

Dopo l’arrivo, Thomas sfinito dalla fatica e dall’emozione
Dopo l’arrivo, Thomas sfinito dalla fatica e dall’emozione

Il fantasma di Carcassonne

Thomas arriva dopo i tanti rituali del dopo tappa. Dopo l’arrivo si è seduto per terra, ancora incredulo. Quando sono arrivati i compagni lo hanno sollevato di peso per abbracciarlo come si deve.

«Vivo in Italia da sette anni – dice – e sono felice di aver ottenuto la mia prima grande vittoria su strada qui. Onestamente, mi ero segnato alcune tappe in cui attaccare, ma non questa. Ho seguito il mio istinto e ho chiesto in gruppo se qualcuno voleva seguire la mia azione. Valgren era pronto, così come Paleni. Abbiamo interpretato l’azione come fosse un inseguimento a squadre su pista, ci siamo dati cambi regolari, ma non credevo che ce l’avremmo fatta. Quando siamo entrati nel ciottolato a 3 chilometri dall’arrivo, ho pensato che avremmo potuto giocarci la vittoria. Nel ciclismo mi piace giocare, altrimenti avrei già smesso. All’arrivo il mio gesto era un omaggio alla canzone ‘Zitti e buoni’ dei Maneskin. E’ il primo successo stagionale del mio team, è stato bello vederli tutti felici all’arrivo».

Ben vive a Desenzano con la compagna Martina Alzini. Proprio di recente li avevamo incontrati perché raccontassero la bici Look del team e ci avevano dato l’idea di una coppia davvero spensierata nella condivisione della comune passione per il ciclismo. Martina è passata a salutarlo al via da Novara, con sui padre e sua nonna, mentre oggi non c’era.

Questa volta la UAE Emirates si è disinteressata della fuga e dell’inseguimento
Questa volta la UAE Emirates si è disinteressata della fuga e dell’inseguimento

Benedetto sia Pogacar

Il Giro riparte domani per la tappa sugli sterrati di Rapolano che potrebbe mettere nuovamente le ali ai piedi di Pogacar. Sul suo allungo nel finale di Fossano si è detto tanto, i social sono impazziti. Eppure su questo Damiani ha una posizione a parte.

«Se Pogacar si sente di fare così – dice Damiani – non saranno le critiche a fermarlo. Da direttore sportivo non gli direi mai di attaccare in un arrivo come quello di Fossano, però probabilmente lui segue molto l’istinto e sono convinto che, se uno ha una buona condizione, non è la menata di Fossano che gli fa perdere il Giro. Poi ci saranno i soliti benpensanti, che conoscono tutto il ciclismo. E se per caso vince il Giro e fa secondo al Tour, diranno che è stato per lo scatto di Fossano. Io non sono qui per vincere il Giro, ma le tappe. La penserei allo stesso modo se oggi fosse uscito dal gruppo e avesse ripreso Thomas vincendo al posto suo? Non l’ha fatto e nemmeno a Fossano è uscito per andare a prendere una fuga. E’ partito seguendo un attacco, è diverso.

Oggi Pogacar ha lasciato fare: sta già pensando agli sterrati di Rapolano?
Oggi Pogacar ha lasciato fare: sta già pensando agli sterrati di Rapolano?

Come Bocca di Rosa

«Non sarei stato felice – conclude Damiani – se oggi avesse messo la sua squadra a chiudere sulla fuga, in una tappa per velocisti. Invece in maniera intelligente ha lasciato spazio, pensando forse a domani, ma certo anche alla crono e a Prati di Tivo. A me sinceramente non pare che faccia niente di disdicevole. E’ un campione, uno che quando sente il profumo di vittoria va a cercarla, bello che sia così. Abbiamo martellato per anni tutti quei campioni calcolatori che facevano solo il Giro o solo il Tour e adesso ce la prendiamo con questo che vince le classiche e poi viene a vincere il Giro? Chapeau a lui. Sinceramente non lo conosco, probabilmente gli ho detto tre volte ciao, però tanto di cappello. Quando sento queste cose, mi sembra di sentire la canzone Bocca di Rosa di De André. Sul fatto che è bello e vince, mentre agli altri non restano che i commenti. E’ meglio un Giro con lui da solo oppure un Giro di piccoli calibri che se le danno fra loro?».

Doppietta crono e arrivo in salita: una gestione delicata

08.05.2024
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Questo Giro d’Italia propone due doppiette particolari: la crono e la tappa di montagna a seguire. Sarà così dopodomani con la tappa contro il tempo di Perugia e il successivo arrivo a Prati di Tivo, e  fra otto giorni con la crono di Desenzano del Garda e l’arrivo di Livigno a seguire.

Doppiette simili mettono un filo di più in allarme gli uomini di classifica, specialmente gli scalatori. La gestione è importante e va inquadrata nelle due giornate, come ci spiega Paolo Artuso, preparatore in seno alla Bora-Hansgrohe, squadra che tra l’altro ha Daniel Felipe Martinez, un papabile del podio di Roma.

Artuso è approdato alla Bora-Hansgrohe nel 2023
Artuso è approdato alla Bora-Hansgrohe nel 2023
Paolo iniziamo dall’avvicinamento alla crono. Forse dalla tappa precedente, quella di Rapolano in questo caso. Come ci si approccia alla crono e alla doppietta che dicevamo?

Il protocollo di recupero di base è sempre quello che precede una crono, almeno noi in Bora facciamo così. L’obiettivo resta uno: recuperare il più velocemente possibile dalla tappa precedente. La vera differenza più che nella doppietta in sé sta nel tempo fra luna e l’altra. La prima infatti arriva dopo sette tappe, la seconda dopo 14. 

Con gli atleti che saranno più stanchi…

Esatto. Per questo ragioniamo su una doppietta alla volta. Intanto affrontiamo al meglio questa, poi fra sette, otto giorni si vedrà. Si valuteranno i ragazzi e vedremo.

Quanto conta il tipo di percorso della crono?

Noi, come altri, abbiamo già fatto i sopralluoghi. Abbiamo i nostri dati, i filmati. Sono due cronometro lunghe, specie la prima. Verso Perugia ci sono 33 chilometri pressoché piatti che vanno in una direzione, poi c’è questo chilometro e mezzo molto duro, e a seguire un tratto ondulato che porta al traguardo: pertanto abbiamo studiato una strategia “no aggressive”. Cioè non bisogna andare in over pacing…

Cioè fuorigiri nella prima di queste tre parti. E allora come si fa? Si balla attorno alla soglia?

Consideriamo che durerà sui 50′ e quindi non si può andare a tutta dall’inizio alla fine. Quindi nella prima parte si viaggerà tra un 4-6% sotto la soglia. Sullo strappo si guarda il Vo2 Max e non la soglia e nel finale si dà tutto. Poi molto dipenderà dal vento.

Cioè?

Se è contro, per fare un chilometro orario in più si spreca di meno. Se è a favore, con le aerodinamiche che ci sono, per aumentare di un chilometro orario si spende molto di più.

Hai parlato del recupero: a livello d’integrazione come si fa?

Come dicevo prima, tutto resta uguale, poi ogni team ha la sua strategia specifica e il suo protocollo. Adesso prima delle crono si è soliti usare il bicarbonato, che aiuta l’atleta ad andare un po’ più in profondità negli sforzi ad alta intensità (prolunga la resistenza allo sforzo lattacido, ndr). Però il suo utilizzo è molto soggettivo. In più ha l’effetto collaterale, chiamiamolo così, che trattenendo i liquidi, il giorno dopo si pesa quel chiletto in più… non è il massimo per fare una tappa di montagna.

Il bicarbonato di sodio, qui in forma pura ma presente negli integratori, si utilizza in previsione di sforzi massimali
Il bicarbonato di sodio, qui in forma pura ma presente negli integratori, si utilizza in previsione di sforzi massimali
Però è anche vero che il giorno dopo, magari prima della scalata finale quel chiletto in più di liquidi si è perso strada facendo…

Sì, ci sta. Come detto è molto soggettivo l’uso del bicarbonato. E tutto sommato, in una tappa come quella di Prati di Tivo in cui la vera parte dura è quella finale, si ha tempo di “svuotarsi”.

Pozzovivo ci diceva che gestire questa due giorni non è facile, anche a livelli di posizione, di muscoli, di utilizzo di materiali diversi… Cosa ne pensi?

Che ha ragione. Si utilizzano muscoli differenti a partire da alcune parti del quadricipite e del gluteo, tuttavia non credo che le difficoltà derivino, almeno se non hai problemi di base con la bici da crono, dall’utilizzo di materiali e posizioni diverse. Perché comunque oggi i ragazzi escono molto con la bici da crono. Il fisico ci è abituato. Si fanno i lavori. Un accorgimento è che nel defaticamento post gara per le due tappe precedenti, sui rulli si mette la bici da crono, così da riprendere il feeling con la posizione. Insomma, non è tanto un problema di posizione, ma di sforzo della due giorni.

Già dalla prima tappa Pogacar ha iniziato a fare il defaticamento con la bici da crono
Già dalla prima tappa Pogacar ha iniziato a fare il defaticamento con la bici da crono
E come si gestiscono questi sforzo?

Appunto con una buona strategia a partire dalla crono. Magari spendi e spandi per fare 15” in meno nella crono e poi il giorno dopo a causa di quello sforzo ulteriore ne perdi 30”. Poi nella tappa in salita non puoi fare troppe tattiche, devi spingere e basta nella scalata finale.

A livello di massaggi, si fa qualcosa di differente? Magari s’interviene più sulla parte alta…

Non è il mio terreno, ma di base direi no. A meno che non ci siano problematiche specifiche. Come dicevo, gli atleti sono abituati ad utilizzare le due bici. Se ci sono così grandi problemi c’è qualcosa che non va nella preparazione. Noi da mesi abbiamo lo scheletro di quel che si deve fare giorno per giorno.

Paolo, hai parlato di defaticamento: come avviene nelle tappe che precedono questa doppietta?

Non è diverso dagli altri defaticamenti. Di solito si fanno dai 10′ ai 12′ in Z1, con qualche breve passaggio in Z2, in agilità. Almeno noi in Bora facciamo così.

Chi è più a rischio in questa doppietta: lo scalatore o il cronoman?

Se parliamo di scalatori che sono anche uomini di classifica, ormai c’è poca distinzione, visto che gli stessi scalatori vanno forte anche a crono. La doppietta va a sfavore di chi non sta bene. Per esempio crono così lunghe piacciono a Dani Martinez. E’ uno che la bici da crono la usa spesso, riesce a restare concentrato a lungo, cosa affatto banale, e in salita va bene.

Il punto con Battistella: senza Grandi Giri e con il sogno tricolore

08.05.2024
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Mentre le ruote dei corridori al Giro d’Italia corrono velocemente lungo tutto lo Stivale, quelle di Samuele Battistella hanno appena ripreso a girare. Il corridore dell’Astana Qazaqstan Team continua la sua stagione senza grandi corse a tappe. Mentre state leggendo, Battistella sarà lungo le sue strade ad allenarsi in vista dei prossimi impegni. Dopo la Freccia Vallone rientrerà alle gare al Giro di Svizzera, a inizio giugno. 

«Dopo la Freccia – ci racconta dopo colazione mentre è seduto sul divano – ho fatto una pausa di quattro giorni, obbligata. In Belgio mi sono preso una bella bronchite che mi ha costretto a fare un ciclo di antibiotico, ho ripreso ad andare in bici da qualche giorno. Tutta la squadra presente ai Baschi si è ammalata, quindi mi sa che era una cosa che girava in gruppo. Poi il freddo incontrato in Belgio non ha aiutato».

Battistella cercherà di limare i particolari che fino ad ora non gli hanno permesso di cogliere la vittoria
Battistella cercherà di limare i particolari che fino ad ora non gli hanno permesso di cogliere la vittoria

Verso il tricolore

Da casa, Battistella partirà per andare a fare un lungo periodo di altura insieme ai compagni di squadra rimasti. La pausa arriva dopo un inizio di stagione che lo ha visto spesso protagonista ma non ancora vincente. E’ mancato sempre qualcosa, ma si lavora per limare il dettaglio. 

«Fino ad ora – prosegue – ho messo insieme 35 giorni di gara, avevo bisogno di staccare un po’. Non troppo in realtà, per non perdere tutto il lavoro fatto. Adesso da qui a fine giugno l’obiettivo è arrivare al campionato italiano al massimo della condizione, la maglia tricolore è nel mirino da inizio anno. Il 15 maggio partirò con la squadra per Sierra Nevada e faremo 20 giorni di ritiro. Un grande blocco di lavoro per arrivare direttamente al Giro di Svizzera. Lavoreremo su quello che è mancato in questi primi mesi e cureremo i dettagli».

Battistella tra pochi giorni andrà in ritiro con la squadra a Sierra Nevada
Battistella tra pochi giorni andrà in ritiro con la squadra a Sierra Nevada
Cosa è mancato fino ad ora per vincere?

Davvero una piccola percentuale che spero di trovare da qui in poi. Ho corso spesso, quindi è stato difficile allenarsi a casa e farlo anche bene. Dovendo curare il recupero post gara e pre gara, non è mai stato possibile fare blocchi di lavoro troppo lunghi. 

A che livello ti senti?

Superiore rispetto alle altre stagioni. Ho disputato solo gare WorldTour o di alto livello portando a casa tanti podi e piazzamenti significativi.

Pensare gli altri al Giro ti fa male? Ti manca?

Avendo corso tanto no, non sarei stato in grado di farlo al meglio, sarebbe stato un impegno troppo esagerato. Sto bene e sono contento, ho corso di più e curato maggiormente i ritiri in altura. Magari da qui a fine stagione farò il Tour o la Vuelta, sono comunque una riserva. 

Per Battistella il miglior piazzamento in un Grande Giro è il secondo posto di tappa alla Vuelta nel 2022
Per Battistella il miglior piazzamento in un Grande Giro è il secondo posto di tappa alla Vuelta nel 2022
La scelta di non fare Grandi Giri è stata tua?

Ne ho ragionato insieme al team alla fine della scorsa Vuelta. Avevo preparato la gara molto bene con un bel periodo di altura ed ero pronto. Poi però mi sono reso conto che le occasioni concrete per fare bene erano poche, una o due su tutte e tre le settimane. Mi sono detto: «Ho fatto un mese di preparazione intenso e lo posso sfruttare pochissimo». Così ho deciso di concentrarmi su obiettivi più concreti.

Di fatto puntando a corse più adatte a te.

Esatto, Parigi-Nizza e Baschi mi si addicono per percorso e livello in corsa. Sono appuntamenti dove gli uomini di classifica non arrivano al 100 per cento. In più nelle grandi gare a tappe devi metterti a disposizione del capitano, cosa che faccio volentieri, ma che comunque abbassa il numero di tappe alle quali puntare. Con un calendario come quello del 2024 posso concentrarmi sulle mie prestazioni, poi se ci sarà bisogno di me sarò a disposizione dei miei compagni, chiaramente. 

Correndo solo brevi gare a tappe riesce ad essere più fresco e pronto, rimanendo ad alti livelli
Correndo solo brevi gare a tappe riesce ad essere più fresco e pronto, rimanendo ad alti livelli
Ne hai fatto un discorso personale, per dimostrare il tuo valore.

Dopo anni a un buon livello finalmente sento di aver fatto un ulteriore gradino, mi sento bene. La stagione è lunga e di obiettivi ce ne saranno, ora c’è il campionato italiano nel mirino. Non nego che mi piacerebbe anche ritagliarmi lo spazio per indossare la maglia azzurra, magari per i mondiali. Ho già corso in Australia ed è stato fantastico, sarei felice di essere presente ad un appuntamento del genere anche solo per aiutare un capitano.

Guerra: le fughe e i sogni in un mondo difficile

08.05.2024
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C’è una storia nascosta nei meandri di una corsa come il Giro d’Abruzzo, una delle tante che hanno fatto da introduzione all’attuale Giro d’Italia. Una storia illustrativa di quel che è il ciclismo contemporaneo, quello più sotterraneo rispetto alle luci e allo sfarzo del WorldTour, quello fatto da corridori che cercano spazio non tanto per la gloria, quando per fare della loro attività un lavoro e questo particolare non va mai dimenticato. Questa storia riguarda Andrea Guerra.

Per il vicentino quest’anno 7 giorni di gara e un 3° posto al Giro dei 4 Comuni
Per il vicentino quest’anno 7 giorni di gara e un 3° posto al Giro dei 4 Comuni

Un uomo in fuga

Il suo nome è spesso balzato agli onori delle cronache in quei giorni perché il corridore della Zalf non perdeva occasione per andare in fuga, per cercare di mettersi in evidenza. Come spesso succede, poi la corsa prendeva un’altra piega, lui scivolava indietro in classifica, ma il suo l’ha fatto e aver chiuso la corsa al quinto posto nella classifica dei Gpm ha un significato.

«Eravamo partiti con l’obiettivo di farci vedere – racconta il ventiduenne di Valli del Pasubio – io ho provato a sfruttare soprattutto le prime due tappe. Nella prima sono stato in fuga per 137 chilometri, il giorno dopo per 113 e sono sforzi che si sentono nelle gambe, anche se paradossalmente nelle altre due tappe sono arrivato più avanti».

Il veneto insieme a Bracalente con il quale ha movimentato le prime due tappe in Abruzzo
Il veneto insieme a Bracalente con il quale ha movimentato le prime due tappe in Abruzzo
Ti sei ritrovato in entrambe le occasioni con Diego Bracalente

Lui è più scalatore di me, ma avevamo un buon feeling in gara. A dir la verità la prima giornata è stata più casuale, la fuga era già nata, io sono riuscito a sfruttare un cavalcavia per andare alla ricerca dei fuggitivi e agganciarmi, eravamo in 7 e c’era buona collaborazione. Quando ci siamo ritrovati in pianura eravamo in 4 ma non c’era più tanta collaborazione, alcuni aspettavano il ritorno del gruppo. Nella seconda ci abbiamo riprovato, con più convinzione.

Ti ritieni uno scalatore?

Non propriamente, più un passista-scalatore. Nelle salite lunghe alla fine pago dazio, tengo meglio sui percorsi dove c’è da andare su e giù. Quei tracciati che rispecchiano un po’ le mie terre, dove c’è respiro tra un’ascesa e l’altra. Ad esempio una delle mie gare preferite è il Giro del Valdarno proprio perché ha queste caratteristiche. Invece non ho problemi a tenere anche distanze lunghe. Non è un caso se proprio lì ho colto quella che ritengo la mia vittoria più bella.

La vittoria alla quale tiene di più, quella per distacco al Giro del Valdarno 2022 (foto Valdarno Oggi)
La vittoria alla quale tiene di più, quella per distacco al Giro del Valdarno 2022 (foto Valdarno Oggi)
Non è un caso neanche se nell’occasione del confronto con i professionisti sei andato in fuga…

Lo avevo fatto anche un paio d’anni fa al Giro di Toscana. Avrei provato a fare lo stesso nelle corse di Pozzato a fine stagione scorsa, ma sono stato messo K.O. da un virus intestinale e così ho perso una bella occasione.

Come sei arrivato al ciclismo?

Certe volte ci ripenso e me lo chiedo anch’io. Ricordo che quand’ero piccolo mio padre mi raccontava di quando faceva le volate, lui correva a livello provinciale. Io andavo a vederlo e la cosa che mi colpiva era la fatica che facevano… Mi piaceva di più il calcio, solo che col passare del tempo io crescevo e mi sentivo sempre più imprigionato nel ruolo, negli schemi, io cercavo libertà, volevo sperimentare. Un giorno ho visto una corsa in tv e ho deciso di provarci. I miei genitori non erano proprio felicissimi, oltretutto ero abbastanza robusto e non andavo un granché, ma avevo passione e quella mi ha fatto crescere e migliorare. Le prime corse le ho fatte da G6.

Guerra in allenamento con la Zalf. E’ il suo terzo anno nel team, il primo da elite (photors.it)
Guerra in allenamento con la Zalf. E’ il suo terzo anno nel team, il primo da elite (photors.it)
E adesso che cosa ti aspetti?

Ho imparato a non aspettarmi nulla, è l’unico modo per non rimanere delusi. Io sono al terzo anno con la Zalf, mi trovo benissimo, è un bell’ambiente, ma quello che viviamo è un mondo strano, dove quando perdi quella qualifica di under 23 (Guerra è al primo anno elite, ndr) ti senti un po’ messo ai margini. Meglio non sperare troppo, altrimenti ti aspetti cose che al momento non si hanno. Per carità, anch’io vorrei diventare professionista e ogni gara è un’occasione per mettersi in mostra, salire un gradino, magari trovare quello sguardo interessato di chi può fare qualcosa perché io lo diventi.

Ma di sogni ne avrai, legati al ciclismo…

I sogni ci sono sempre, fosse per me vorrei correre gare sempre più importanti fino ad arrivare a quelle realmente prestigiose, le classiche. Ma stiamo parlando di sogni, la realtà è ben altra cosa…

Lo hanno detto tutti: mancava soltanto Lamon

08.05.2024
5 min
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In realtà non è il quarto, ma il primo del quartetto: quello che lo lancia. Lamon è tornato dalla palestra e acceso la tivù. Fuori pioveva, per questo non è uscito su strada. Invece oggi, proprio mentre starete leggendo questo articolo, starà guidando verso Montichiari per girare in pista. Mancavano 10 chilometri all’arrivo della tappa di Andora e Francesco si è sistemato giusto in tempo per vedere l’attacco di Ganna e si è messo a tifare.

«Quando è scattato – dice – tifavo al 100 per cento per lui. Poi ho immaginato che per forza di cose andava a finire così e infatti un momento dopo ho visto che “Simo” ha chiuso. Per forza, era inevitabile che finisse così e che a maggior ragione vincesse Johnny. E dico che sono molto d’accordo con le parole che ha detto Consonni, che si è trovato tra l’incudine e il martello. Però li ritengo dei super professionisti, quindi questa cosa passa in secondo piano. Sono certo che lo pensino tutti e tre, come penso che dopo la linea d’arrivo siamo tornati a essere i quattro stupidi di sempre…».

Il 4 agosto 2021, l’Italia conquista l’oro olimpico nell’inseguimento a squadre con Milan, Lamon, Ganna e Consonni
Il 4 agosto 2021, l’Italia conquista l’oro olimpico nell’inseguimento a squadre con Milan, Lamon, Ganna e Consonni

Fra strada e pista

Dei quattro olimpionici del quartetto di Tokyo, Francesco Lamon è il solo che non stia correndo il Giro. Vedere i suoi tre compagni giocarsi la tappa di ieri lo ha riempito di orgoglio. Ha colpito vederli tutti e tre in testa al gruppo: Ganna tentare l’allungo, Consonni chiudere, Milan vincere. Anche Villa avrà fatto un salto nell’assistere alla scena, prima di esplodere anche lui nel prevedibile applauso per Milan. Intanto Lamon racconta le sue giornate fra casa e Montichiari, cercando di mettere nelle gambe la forza e la resistenza che gli altri tre stanno trovando al Giro d’Italia.

«Dopo le Coppe del mondo – racconta – ho mollato una settimana, poi ho ripreso subito a fare una bella base su strada, correndo e facendo fondo per cercare di colmare e simulare quello che loro tre stanno facendo in corsa. Sto provando a fare dei blocchi su strada e due giorni a settimana vado in pista sino a fine maggio, prima di andare in altura per venti giorni. Inizialmente con Elia e poi verrà anche Pippo (Viviani e Ganna, ndr), dopo aver recuperato un po’ dal Giro. Non so che programmi abbiano Consonni e Milan con la Lidl-Trek, però dovremmo ricongiungerci tutti verso inizio giugno, tra altura e pista».

Dopo gli europei, Lamon ha preso parte alle tre prove di Nations’ Cup
Dopo gli europei, Lamon ha preso parte alle tre prove di Nations’ Cup

Il quartetto smembrato

Domenica anche Lamon ha corso su strada, al Circuito del Porto, classica per velocisti, che si corre a Cremona. Ne è uscito con un tredicesimo posto, nel giorno del successo di Jakub Mareczko.

«Domenica ci tenevo a fare la volata – spiega – perché essendo la gara di casa della squadra, avevo preso questo impegno. Però sono stato tagliato fuori da una caduta ai meno 6 dall’arrivo. Siamo rientrati praticamente ai meno 2 chilometri dall’arrivo. Il tempo di risalire aiutato dai miei compagni fino alla linea di arrivo e ci sono caduti nuovamente davanti. Quindi ho avuto un’altra sbandata e di rimonta è arrivato il tredicesimo posto. Ma non è quello che guardo, mi è servito più per capire la mia condizione, avendo ripreso da poco. Sto meglio rispetto a quello che pensavo, quindi sono super tranquillo. Sto lavorando per restare allineato con gli altri.

«Nelle tre Coppe del mondo che abbiamo fatto, abbiamo sempre corso con il quartetto smembrato. Una volta c’era Ganna, una volta c’era Elia, quindi per forza di cose non abbiamo mai provato noi quattro. Comunque abbiamo sempre avuto degli ottimi ricambi di giovani, come Giami, Galli, Boscaro e anche lo stesso Scartezzini che l’ha fatto a Hong Kong. Anche io sono stato messo a fare degli sforzi diversi da quelli che faccio di solito. Facevo le partenze e poi l’ultima tirata, quella che quando c’è Pippo non mi viene chiesta. Mi sono impegnato per alzare un po’ l’asticella della resistenza e vedo che ci sono riuscito. Sento di aver fatto uno scattino in più anche come capacità di sforzo».

Domenica scorsa, in maglia Arvedi, Lamon è arrivato 13° al Circuito del Porto, vinto da Mareczko (immagine Instagram)
Domenica scorsa, in maglia Arvedi, Lamon è arrivato 13° al Circuito del Porto, vinto da Mareczko (immagine Instagram)

Dal Giro a Montichiari

L’avvicinamento verso Parigi continua e buttare uno sguardo alla tele a metà pomeriggio per vedere cosa combinano i suoi amiconi è il modo per sentirsi parte dello stesso gruppo.

«Nel mio piccolo – dice Lamon – sto dando il 150 per cento per farmi trovare pronto, quindi sono contento e so che stiamo lavorando bene. Loro arriveranno dal Giro con una resistenza maggiore, però gli mancherà tutta quella parte di esplosività che magari posso fare io. Come dicevo, da giugno in poi i nostri percorsi saranno allineati e quindi ci saranno meno differenze. A loro servirà un po’ di più per essere esplosivi, io dovrà lavorare per essere altrettanto resistente. La nostra forza saranno i due mesi che passeremo assieme e li sfrutteremo al meglio. Nel frattempo abbiamo la bici nuova e mi trovo benissimo. Ho sentito subito le differenze. Nonostante sia un po’ più pesante, anche questa volta Pinarello è stato una garanzia. E’ la bici che ci serviva, una volta lanciata va veloce. E’ un po’ più pesante nei primi metri, ma quello che si guadagna nel giro successivo è più di quello che si perde nei primi metri».

Prima che si entri nel vivo, tutti gli azzurri hanno provato la loro posizione nella galleria del vento
Prima che si entri nel vivo, tutti gli azzurri hanno provato la loro posizione nella galleria del vento

Una storia da ricordare

Resta da capire se la tappa di Andora lascerà segni o se invece diventerà, come è certo Lamon, motivo di sberleffo. Per togliersi il dubbio, dopo l’arrivo Consonni è andato a cercare Ganna, ammettendo di essersi trovato nel mezzo.

«Spero che Pippo non si vendichi di questa cosa – ride Lamon – quando ci sarò in mezzo anch’io. Sai quante volte da qui in avanti, quando ci ritroveremo in pista, faremo gli stupidi in allenamento simulando questa situazione? Potete scommetterci che lo faremo. Però sono contento di vedere che sono lì a giocarsela, indipendentemente da che maglia indossano. Vuol dire che stanno bene».

Milan: potenza, velocità, urlo. Il racconto del capolavoro

07.05.2024
5 min
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«Domani ci riproveremo»: sono parole che Simone Consonni ci ha detto ieri dopo l’arrivo di Fossano. A distanza di 24 ore e 190 chilometri il verdetto, anzi i verdetti, si sono invertiti. Primo Jonathan Milan. E colui che ieri era il più affranto oggi è il più felice. Ed è proprio Simone.

Al Giro d’Italia numero 107 arriva dunque la prima vittoria italiana. Se non è una liberazione poco ci manca. Però concedeteci un appunto.

Ieri dopo quell’arrivo, mentre i ragazzi della Lidl-Trek si radunavano e c’era quel pizzico di dispiacere, Milan era il più tranquillo, il più sereno. Oggi eravamo quasi certi che avrebbe vinto. Il friulano aveva l’espressione di chi ha tutto sotto controllo. Di chi ha capito cosa ha sbagliato e soprattutto di conoscere il proprio potenziale. 

Dopo la pioggia, in Riviera c’è il sole. Colori splendidi… e gruppo allungatissimo
Dopo la pioggia, in Riviera c’è il sole. Colori splendidi… e gruppo allungatissimo

Passo indietro

C’è una scena che ci è rimasta impressa. I ragazzi si radunano. Consonni spiega concitato cosa non ha funzionato e Johnny che lo guarda e con una calma serafica gli fa un cenno come a dirgli: “Tranquillo amico, domani ci rifacciamo”.

La volata è praticamente perfetta. Il treno della Lidl-Trek potrebbe giocarsela con un Frecciarossa. Piomba da Capo Mele a velocità folle. Consonni esce agli 800 metri e Milan lo francobolla. Aspetta ma non esce, in quanto le velocità di Simone è altissima. Quando con la coda dell’occhio vede gli altri sprinter partire, lo fa anche lui. Giochi finiti e braccia al cielo.

La potenza di Milan. Il friulano montava il 56×10, ma nello sprint aveva il 11 (mentre Consonni si è lanciato col 56×10). Secondo Groves e terzo Bauhaus
La potenza di Milan. Il friulano montava il 56×10, ma nello sprint aveva il 11 (mentre Consonni si è lanciato col 56×10). Secondo Groves e terzo Bauhaus

Quell’urlo spaventoso 

Le finestre di Andora avranno tremato per l’urlo di Milan. In quel frangente ci sono forza, adrenalina, gioia. Ma anche sicurezza, come detto. Sicurezza in se stesso e nella squadra.

«Ai 900 metri – ha detto Milan – siamo riusciti a riprendere Pippo (Ganna, ndr). In un certo senso ci ha anche aiutato in quanto ha fatto da punto di riferimento e ha alzato la velocità. Poi è toccato a Simone ed è stato un fantastico lead-out.

«Per quel che mi riguarda sono partito un po’ lungo forse, ma è andata bene lo stesso. Provo grande emozione. Ho detto fin dall’inizio che volevo vincere qui e tutti nella squadra hanno fatto perfettamente il loro lavoro. E’ una bella sensazione tornare sul gradino più alto. I compagni oggi hanno creduto in me».

Con questo successo, il suo secondo al Giro, Milan balza in testa alla classifica per la maglia ciclamino
Con questo successo, il suo secondo al Giro, Milan balza in testa alla classifica per la maglia ciclamino

Capotreno perfetto

E poi c’è lui, simone Consonni, il “capotreno” come lo abbiamo definito anche ieri. E’ lui che gestisce la situazione. Ha tenuto d’occhio strada e compagni. Doti per pochi.

«Volevamo questa vittoria – ha detto Simone – siamo qui in blocco per Jonathan. Il secondo posto di ieri bruciava un po’, nel finale ci eravamo scomposti, oggi invece siamo rimasti compatti. Come si è visto ci siamo messi bene, ma per tutta la tappa non solo nel finale. E’ stata una vittoria di squadra. Ghebreigzabhier ha fatto un lavoro enorme, come tira quel ragazzo! Ma anche “Bagio”, Hoole… e poi nel finale eravamo in quattro e i meccanismi hanno funzionato.

«Io e Theuns tra Valencia e Tirreno ormai abbiamo un bel feeling. Si è aggiunto Jasper Styuven, ma lui è uno dei fuoriclasse del gruppo. E oltre ad essersi integrato, ci dà qualcosa in più, specie per prendere le posizioni in vista dell’ultimo chilometro. Uno come lui è in grado di allungare il gruppo anche quando si va forte».

L’abbraccio tra Milan e Consonni. Johnny ha “stritolato” anche gli altri compagni
L’abbraccio tra Milan e Consonni. Johnny ha “stritolato” anche gli altri compagni

Caos e ritmi alti

Simone poi rimarca la sorta di rivincita di Fossano. Dal fatto che erano un po’ disuniti alla compattezza di oggi, ma sottolinea anche come la volata sia stata caotica più di quello che possa sembrare.

«Gli ultimi 40 chilometri sono stati incredibili – prosegue l’atleta della Lidl-Trek – si andava fortissimo, un nervosismo elevato. Spesso ci sono state manovre al limite se non oltre. Ma ormai le volate sono così.

«Con questi strappetti nel finale sono ancora peggio. In questi due giorni penso di aver fatto i due sprint più caotici da quando corro, anche peggio di quelli del UAE Tour, che sono rinomati per il caos. Però è bello. E’ bello perché con un Jonathan così è (quasi) tutto facile».

Consonni spiega che all’imbocco di Capo Mele era rimasto un po’ indietro. Ma non si è lasciato prendere dal panico. Proprio in cima era in testa. Nel posto in cui doveva essere a ruota di Stuyven.

«Non dico sia facile – prosegue Simone – ma alla fine anche se ci sono tutti, manca solo Philipsen, vedendoci in quattro e sapendo che Milan è il velocista di riferimento, in qualche modo ci lasciano spazio. Alla fine impostano la volata su di noi».

L’ultima battuta che strappiamo a Consonni riguarda l’abbraccio, a dir poco forte che gli ha riservato Milan.

«Sì, sì forte – conclude Simone – ma in quei momento subito dopo l’arrivo puoi prendere anche due sberle che non le senti tante sono la gioia e l’adrenalina. Ma è andata peggio ad Houle. Quando Johnny è salito sul bus gli ha dato due pacche sul casco che è rimasto rimbambito un quarto d’ora. Quando ha l’adrenalina addosso ti apre in due!».

L’attacco di Ganna su Capo Mele
L’attacco di Ganna su Capo Mele

Chapeau Pippo

Distanza  Potenza. Velocità. Tattica. I tre elementi cardine del finale di Andora. La velocità di Jonathan Milan, la potenza di Filippo Ganna, l’acume tattico di Simone Consonni. Ma se dei primi due abbiamo parlato, merita un grande plauso anche l’attacco di Pippo.

Attacco che ha reso ancora più epica questa volata. Fintanto da metterla in pericolo in prossimità dello scollinamento di Capo Mele. Ganna parte ai 4 chilometri. Esattamente come nell’inseguimento su pista. Sarà che ai suoi fianchi c’erano proprio Milan e Consonni, forse si era confuso.

Azione splendida, forse un filo anticipata. Al termine Pippo è orgoglioso, ma anche dispiaciuto. Forse pensava davvero al colpaccio.

L’esperienza dei pro’ diventa prodotto: ecco i gel C2:1PRO

07.05.2024
5 min
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In che modo quello che abbiamo già detto a proposito dei professionisti e dei loro protocolli di nutrizione può essere di supporto a chi va in bici solo per passione? Enervit ha realizzato per il UAE Team Emirates come pure per la Lidl-Trek degli integratori specifici e dalla collaborazione è nata la linea C2:1PRO, disponibile alla vendita. Le parole di Gorka Prieto hanno fatto scattare altre curiosità. Per esaudirle ci siamo rivolti a Elena Casiraghi, esperta in nutrizione e integrazione sportiva dell’Equipe Enervit.

Che cosa si deve cercare in un gel energetico?

Partiamo da un punto fermo. Il primo ingrediente che bisogna cercare quando si sceglie un gel energetico dovrebbe essere la presenza di glucosio o di maltodestrine. Il motivo è questo: rappresentano la miglior fonte di energia immediata e l’obiettivo principale di un gel di carboidrati è fornire energia. Energia in tempi rapidi. Le ricerche pubblicate su Medicine & Science in Sports & Activity, British Journal of Nutrition e Sports Medicine mostrano tutte che glucosio e maltodestrine vengono assorbiti rapidamente e producono energia alla velocità necessaria per prestazioni intense.

Elena Casiraghi, esperta in nutrizione e integrazione sportiva dell’Equipe Enervit
Elena Casiraghi, esperta in nutrizione e integrazione sportiva dell’Equipe Enervit
Esiste un quantitativo minimo da assumere per ottenere risultati?

La raccomandazione è quella di utilizzare queste fonti di carboidrati solo in quantità fino a un massimo di circa 60 grammi/ora. Una quantità utile per attività di durata fino alle 2 ore. Per attività prolungate è consigliabile superare tale limite. Oltre a ciò, infatti, l’intestino tenue non può assorbire questo tipo di carboidrati più velocemente e un’alimentazione maggiore aumenta il rischio di problemi intestinali dovuti al malassorbimento. Di conseguenza, è necessaria un’altra fonte di carboidrati. In genere, questo si presenta sotto forma di fruttosio. Il fruttosio dovrebbe apparire al secondo posto nell’elenco degli ingredienti.

In quale rapporto dunque scegliere maltodestrine/glucosio e fruttosio?

Il rapporto tra glucosio e fruttosio è tradizionalmente 2:1 nei prodotti (2 grammi di glucosio per ogni grammo di fruttosio). Una ricerca dello Scandinavian Journal of Medicine & Science in Sports e del British Journal of Nutrition ha studiato come rapporto vantaggioso proprio un massimo di 2:1. C’è un’ultima cosa essenziale ed è quella di esercitarsi con i prodotti durante l’allenamento proprio per allenare la capacità dell’intestino di assorbire questa quota di carboidrati.

Tadej Pogacar e il UAE Team Emirates hanno contribuito allo sviluppo dei Carbo Gel 2.1
Tadej Pogacar e il UAE Team Emirates hanno contribuito allo sviluppo dei Carbo Gel 2.1
Esercitarsi a mangiare?

Non tutti sanno che l’intestino è un organo altamente adattabile, al pari dei muscoli scheletrici e proprio per questo va stimolato a meglio assorbire gli zuccheri che gli forniamo, con progressività. Che significa partire da 30 grammi/ora e via via allenamento dopo allenamento, in linea con le proprie sensazioni, aumentare fino alla quota desiderata. L’errore più comune degli amatori invece è non mangiare quando si allenano.

Perché?

Il pensiero va alla magrezza, si pensa che non mangiando nulla mentre si pedala si possa dimagrire. Una credenza che non solo è falsa, ma è anche pericolosa, per l’efficienza fisica e quella immunitaria prime su tutte! Per migliorare davvero, curare il recupero e contenere l’eccessiva fame del post allenamento conviene non trascurare alcun dettaglio, anche mentre si pedala. Così facendo peraltro si allena anche lo stomaco a svuotarsi e l’intestino ad assorbire il quantitativo di carboidrati per ora richiesto dal proprio livello di attività. I vantaggi saranno indiscutibili: provare per credere!

Anche le nazionali italiane usano i prodotti Enervit
Anche le nazionali italiane usano i prodotti Enervit
C’è un motivo per il quale sono stati scelti 40 grammi di carboidrati ogni 60 ml di prodotto?

Un grande vantaggio delle miscele a base di carboidrati, rispetto alla scelta di un solo zucchero, è quello di poter assorbire più energia nella stessa unità di tempo. Ma non basta. Infatti ridurre il volume dei prodotti energetici, aumentandone la densità energetica permette di avere più energia in meno spazio. Una vera opportunità per l’atleta che deve stare in sella diverse ore, riducendo così l’ingombro del materiale da portar con sè. L’innovazione dell’Equipe Enervit è stata poi quella di aumentare l’apporto di carboidrati, sempre rispettando la miscela 2:1, anche in borraccia. Dunque, i carboidrati si possono anche bere, ma con una sfida in più: ridurre la dolcezza del prodotto. Un guadagno che può avvenire grazie all’utilizzo delle maltodestrine rispetto al glucosio che hanno una dolcezza inferiore.

Quale è il ruolo della caffeina nei gel?

La caffeina in piccole dosi contribuisce a meglio assorbire gli zuccheri a livello intestinale. Ciascuno zucchero, infatti, ha un carrier, ovvero un trasportatore che si impegna a far “passare” gli zuccheri dal lume intestinale al sangue. E da lì viene distribuito ai muscoli che ne fanno richiesta durante lo sforzo. Non solo, numerosi studi han mostrato i benefici della caffeina nella riduzione dello sforzo percepito.

Ecco i Carbo Gel Cola Caffeine e Lemon Sodium,
Quando va assunta?

Il suggerimento è quello di utilizzare i Carbogel 2:1 con caffeina o prima di un tratto importante di gara e/o per l’ultima ora e mezza della competizione. In altre parole, quando si vuole di più. Al fianco dei gel con caffeina, sono nati anche i carbo gel sempre in rapporto maltodestrine e fruttosio 2:1 con sodio. Si tratta infatti di un minerale fondamentale per favorire l’assorbimento anche solo dell’acqua a livello intestinale e troppo spesso sottovalutato. Deve essere inserito in una strategia globale che mira ad un corretto stato di idratazione.

Pianeta giovani. L’esempio di Terrinoni, che lotta nel Lazio

07.05.2024
4 min
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Riprendiamo il filo del discorso proprio laddove lo avevamo lasciato con Ilario Contessa: «Ho insistito molto per la collaborazione con il Team Coratti perché nel Lazio hanno parecchi giovani e Pierluigi Terrinoni lavora bene». Parole non di circostanza che il direttore sportivo della Work Service-Coratti ci aveva detto poco dopo la vittoria del suo Santiago Ferraro al Liberazione juniores. Ferraro, laziale, “prodotto” di questa collaborazione veneto-laziale.

Un team del Nord dunque che cerca una collaborazione con uno del “Sud”, perché ciclisticamente parlando almeno rispetto al Veneto il Lazio è parecchio a Sud, anche geograficamente. Abbiamo così chiamato Terrinoni per conoscere il suo metodo di lavoro.

Dal Team Coratti sono passati quasi tutti i ciclisti del Lazio che sono poi diventati professionisti. Senza andare troppo indietro ma restando nel periodo della gestione di Terrinoni ne citiamo tre: Valerio Conti e i fratelli Sterbini. Evidentemente qualcosa di buono c’è.

Pierluigi Terrinoni, segue da anni il ciclismo giovanile nel Lazio
Pierluigi Terrinoni, segue da anni il ciclismo giovanile nel Lazio
Pierluigi, parole importanti quelle di Contessa…

Abbiamo parecchi ragazzi. Il mio metodo principale per avvicinarli al ciclismo parte dalla vita concreta. Se vedo un ragazzino in mtb, se vedo qualcuno che in paese o in zona si muove spesso in bici gli chiedo esplicitamente se ha voglia di provare a salire su una bici da corsa, se ha voglia di provare a fare ciclismo. La mia domanda è : “Ti va di correre in bici?”. Da 40 anni faccio così.

Metodo diretto e semplice e si fa di necessità virtù…

Per forza. Qui nel Lazio non abbiamo quella tradizione e quella cultura ciclistica che c’è al Nord, in cui almeno una persona nel peggiore dei casi in famiglia va o andava in bici. E’ difficile. Bisogna dare a ragazzo e famiglia un certo supporto, insegnargli tanto. Metterlo in bici da un punto di vista sportivo… ma mi diverto e sono soddisfazioni.

Non è facile lavorare con tante categorie e su un territorio tanto vasto
Non è facile lavorare con tante categorie e su un territorio tanto vasto
Quanti ragazzi avete?

Abbiamo 15 giovanissimi, 6 esordienti, 11 allievi e 14 juniores, di questi ultimi 5 sono del Lazio e altri 9 sono del Veneto in quella che è la Work Service-Coratti, appunto la collaborazione con Contessa. In più stiamo aspettando anche un ragazzo australiano, Vinnie Manion, che ha già vinto una corsa ad inizio stagione. E’ nel giro della sua nazionale con la quale ha disputato la Corsa della Pace qualche giorno fa in Repubblica Ceca.

Pierluigi, ma come si fa a tenere le fila di un gruppo che copre un area tanto vasto come l’intero Lazio? Tu hai corridori dal reatino al frusinate…

In effetti è un bell’impegno. Seguo io la preparazione di tutti, dagli esordienti agli juniores. La domenica sera o il lunedì mattina invio loro il programma settimanale e loro lo eseguono. Con qualche allievo di secondo anno e con gli juniores integro con l’analisi dei file. Loro hanno il potenziometro e con quello non si scappa. Però non ce n’è bisogno, ho trovato un gruppo di ragazzi molto volenteroso, molto serio.

Quindi non li hai mai tutti insieme?

D’inverno, il sabato e la domenica li radunavamo tutti qui nella “casina” di Fiuggi: dagli esordienti agli juniores. Si stava insieme e si partiva insieme, poi ogni categoria svolgeva il proprio lavoro con il proprio direttore sportivo. Mentre adesso, in piena stagione, i ragazzi di zona il martedì e il giovedì li seguo io. Gli altri invece lavorano a casa.

Santiago Ferraro, che ha vinto il recente GP Liberazione, vive nel Lazio ma grazie all’affiliazione con la Woork Service corre anche al Nord
Santiago Ferraro, che ha vinto il recente GP Liberazione, vive nel Lazio ma grazie all’affiliazione con la Woork Service corre anche al Nord
In questi temi di preparazione non hai citato i giovanissimi. Perché?

Perché li lasciamo più liberi di divertirsi e con loro la preparazione è diversa. Si parla di stare in gruppo, di tattiche, di modo di correre… Che poi siamo tornati ad avere i giovanissimi da qualche anno. L’ultima volta volta fu ai tempi dei fratelli Sterbini e di Conti. Ci eravamo concentrati con loro. Avere un vivaio serve. Anche perché prendevamo gli atleti dalle altre regioni limitrofi e spesso dovevamo ricominciare quasi dalle basi. Anche per questo, la speranza è che una volta che iniziano con noi restino fino agli juniores. Ma devo dire che sin qui, a parte un paio di casi, è sempre andata bene.

Oggi non è facile in effetti. Uno li cresce e poi se sono bravi sono richiamati presto dalle sirene degli squadroni…

E’ così e spesso in certe dinamiche ci sono anche i genitori, ma devo dire che sono e siamo fortunati alla Coratti. Abbiamo dei genitori che collaborano moltissimo, ma rispettano i ruoli. Accompagnano, aiutano nei rifornimenti, ma quando c’è la riunione o bisogna parlare con i ragazzi si fanno da parte. E se gli equilibri sono questi è anche bello coinvolgerli. Senza il loro supporto sarebbe difficile andare avanti, perché serve personale e il personale costa… Li ringrazio.

Alla scoperta di Joseph Blackmore. Sarà il nuovo Froome?

07.05.2024
6 min
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Tre gare a tappe in tre diversi continenti, ma il responso finale è stato sempre lo stesso: vittoria. Se poi a questi si aggiunge il successo alla Liegi-Bastogne-Liegi U23 è chiaro perché Joseph Blackmore è uno dei nomi più chiacchierati nell’ambiente ciclistico in questo periodo, con una marea di occhi di osservatori e diesse puntati su di lui. D’altro canto non sono solamente i risultati a far parlare di lui, ma anche come riesce a ottenerli.

Il britannico distrutto dopo l’arrivo a Liegi. Finora ha colto 7 vittorie e 12 piazzamenti nei 10 (foto Dancerelle/DirectVelo)
Il britannico distrutto dopo l’arrivo a Liegi. Finora ha colto 7 vittorie e 12 piazzamenti nei 10 (foto Dancerelle/DirectVelo)

Federico Savino, che l’aveva affrontato al Circuit des Ardennes era stato esplicito nel cantare le lodi del corridore del devo team dell’Israel Premier Tech, dopo la sua autoritaria condotta di gara nella tappa finale per ribaltare le sorti della corsa, riuscendoci. Dopo il successo a Liegi i giornalisti si sono avventati su di lui, passato qualche giorno abbiamo però trovato tempo e modo per ascoltarlo e farci raccontare qualcosa di questo talento del futuro già diventato presente.

«Ho sempre navigato nel ciclismo partendo da un piccolo club delle mie parti quand’ero bambino. Io sono di Sidcup, nella zona a sud-est di Londra. Inizialmente mi dedicavo un po’ a tutto, dalla strada alla mountain bike e al ciclocross d’inverno. Ultimamente però mi sono concentrato più sulla strada. Inizialmente era tutto divertimento, poi con il passare degli anni l’impegno è diventato sempre maggiore».

Tre corse a tappe vinte in 2 mesi. Qui a Taiwan, davanti a Koishi (JPN) e Bettles (AUS)
Tre corse a tappe vinte in 2 mesi. Qui a Taiwan, davanti a Koishi (JPN) e Bettles (AUS)
Lo scorso anno avevi ottenuto buoni risultati soprattutto nelle corse a tappe, con il 12° posto al Tour de l’Avenir, ma quest’anno hai avuto una vera esplosione. Qual è la differenzia del Blackmore di oggi rispetto a quello del 2023?

Probabilmente un inverno senza ciclocross. Mi sono allenato, sì, anche sui prati, ho fatto i raduni con la squadra, ma aver evitato quasi del tutto la stagione agonistica (una sola gara nazionale chiusa al 4° posto, ndr) mi ha giovato. Ho curato di più la preparazione su strada e sono arrivato pronto all’inizio di stagione. Poi ci sta anche che ho un anno di esperienza in più. Non nascondo che non fare offroad un po’ mi pesa, ma ci vuole solo un po’ per abituarsi.

E’ rarissimo vedere un corridore che vince tre gare a tappe di seguito: qual è stata la più difficile e quale quella che ti ha dato più soddisfazione?

Penso che sia stato probabilmente il successo in Ruanda, forse il più difficile, nella corsa più lunga e nelle condizioni più diverse da quelle alle quali siamo abituati. Anche se abbiamo avuto anche alcune tappe brevi, erano tappe super dure. Le condizioni, il caldo, l’altitudine erano tutte variabili difficili, ma anche la corsa di Taiwan non è stata una passeggiata, con l’umidità, il caldo alcuni giorni e freddo in altri… La terza aveva connotati a noi più abituali, pur considerando le strade strette. Uno stile di corsa diverso, mettere insieme tutte e tre penso indichi la mia completezza. Poi al Ruanda sono legato perché ho vinto la tappa di Kigali nel giorno del mio compleanno…

Il successo nella tappa di Kigali in Ruanda, il modo migliore per festeggiare i suoi 21 anni (foto Israel Premier Tech)
Il successo nella tappa di Kigali in Ruanda, il modo migliore per festeggiare i suoi 21 anni (foto Israel Premier Tech)
Al Circuit des Ardennes Federico Savino ci ha detto di essere rimasto impressionato da come hai condotto l’ultima tappa, per prendere i 7” che ti separavano dalla vetta. Ti eri fatto un piano per vincere la corsa?

Sapevo che era molto vicino e quindi c’erano tutte le possibilità per ribaltare la situazione in extremis. Dovevo solo vincere questa tappa finale, ma prima di tutto volevamo isolare la maglia gialla in quel momento e farla soffrire. Ma alla fine era ancora nel gruppo di testa, quindi aveva una forte carica. Dovevo giocarmela fino alla fine, evitando che prendesse secondi di bonus e puntando tutto sulla volata. Ho vinto la classifica generale perché non stavo correndo solo per vincere la tappa, ma con uno sguardo d’insieme.

Che tipo di corridore sei, più adatto alle corse d’un giorno o a quelle a tappe?

Probabilmente – e potrà sembrare strano – forse più adatto alle classiche in linea, diciamo che per ora sono quelle che mi si attagliano di più in questo percorso di crescita. Poi è un giudizio legato al momento, ne sapremo di più col passare dei mesi o forse nei prossimi due anni. E’ vero anche che ho vinto tre corse a tappe di diversa durata, dai 4 giorni delle Ardenne ai 5 di Taiwan e addirittura 8 in Ruanda.

In mtb è campione nazionale U23, nel ciclocross ha vinto l’argento mondiale in staffetta 2023 (foto Maxppp)
In mtb è campione nazionale U23, nel ciclocross ha vinto l’argento mondiale in staffetta 2023 (foto Maxppp)
La Liegi-Bastogne-Liegi era un altro dei tuoi obiettivi, come hai costruito quella vittoria?

Sì, era un appuntamento centrale della stagione. Molto ha influito la fiducia che mi sono costruito nelle settimane precedenti. Poi abbiamo costruito un piano alla vigilia, per attaccare sull’ultima salita ed ero in una buona situazione per portarlo a termine con un gruppo ridotto. Mi sentivo comunque abbastanza bene. E’ stato importante perché è stata la prima corsa nella quale mi sentivo guardato a vista, il riferimento del gruppo, l’uomo più pronosticato e vincere in queste condizioni non è mai facile.

C’è un corridore al quale ti ispiri?

Non potrei che dire Chris Froome, mio compagno di camera in Ruanda. Un vero riferimento con tutto quello che ha vinto e che ha fatto, stare con lui mi insegna tanto. Poi, al di fuori del nostro team, sicuramente Van der Poel, per tutto quello che fa, per la bellezza delle sue imprese che sono uno stimolo a imitarlo.

Froome è stato suo compagno di camera in Ruanda (foto Sirotti)
Froome è stato suo compagno di camera in Ruanda (foto Sirotti)
Il prossimo anno entrerai in prima squadra e molti già vedono in te il nuovo Froome, l’uomo per i grandi giri. Hai paura che questo ti dia troppa pressione?

Cerco semplicemente di non pensarci, di non ritenermi uomo per grandi giri. E’ troppo presto per dirlo. Amo le grandi salite, è vero, vado abbastanza bene sul passo, ma serve tempo per costruire un motore adatto per una corsa di tre settimane. Devi avere un livello altissimo per l’alta montagna e probabilmente è molto diverso dal modo in cui corro in questo momento.

Che obiettivi hai da qui alla fine della stagione?

Non lo so sinceramente, mi vengono in mente i mondiali su strada come quelli di mtb, ma io non sono abituato a pormi obiettivi lontani, vado avanti di giorno in giorno meglio che posso.