Alaphilippe eroico. Maestri che cuore. Uno vince, l’altro emoziona

16.05.2024
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Undici chilometri e mezzo al traguardo di Fano. I destini di Mirco Maestri e Julian Alaphilippe si dividono. Il francese scappa. L’italiano si stacca. Il Giro d’Italia però vive un capitolo bellissimo. Intenso. Profondo. Un capitolo scritto da due corridori che seppur in modo diverso sanno arrivare alla gente, al suo cuore.

Julian Alaphilippe (classe 1992) ha da poco staccato Mirco Maestri e s’invola verso Fano
Julian Alaphilippe (classe 1992) ha da poco staccato Mirco Maestri e s’invola verso Fano

Istinto Alaphilippe

Undici chilometri e mezzo al traguardo di Fano. Julien Alaphilippe, sta per dare l’ennesima svolta alla sua carriera. E’ un grandissimo di questo ciclismo moderno, ma non vince da quasi un anno. Problemi, polemiche, sfortune, errori… Qualche errore di valutazione lo aveva commesso anche durante questo Giro. Come a Napoli, dove lui stesso ci aveva confessato che forse sarebbe stato meglio muoversi dopo.

In tanti hanno pensato che avesse sbagliato ancora una volta. Muoversi a quasi 130 chilometri dal termine con il solo Maestri poteva essere un azzardo.

Ma il campione è così, Alaphilippe almeno. Tutto istinto. E l’istinto spesso porta a sonore porte in faccia. Ma se le porte non si chiudono, allora c’è l’impresa. Nonostante il gruppo della maglia rosa si fosse riavvicinato prepotentemente.

La Bahrain di Tiberi prima ha chiuso sul gruppo Hirt e poi ha provato ad aprire dei ventagli. Alla fine nulla di fatto nella generale
La Bahrain di Tiberi prima ha chiuso sul gruppo Hirt e poi ha provato ad aprire dei ventagli. Alla fine nulla di fatto nella generale

Dicevamo dell’istinto. Sentite le parole del corridore della Soudal-Quick Step: «No, non l’avevo programmato di partire solo in due e da così lontano. Mi aspettavo che un gruppo più numeroso si unisse a noi. Ma a quel punto ho detto a Mirco: andiamo!

«Maestri è stato davvero bravo, forte e abbiamo lavorato bene insieme. Anche lui meritava di vincere oggi. Però dai piedi dell’ultima salita ho dato tutto. Sono rimasto da solo e da quel momento è stato un andare a tutto gas fino al traguardo. Anche perché sapevo che Narvaez era dietro di me».

A Fano esplode la gioia di “Loulou”. L’ex iridato ora vanta almeno una tappa in tutti e tre i grandi Giri
A Fano esplode la gioia di “Loulou”. L’ex iridato ora vanta almeno una tappa in tutti e tre i grandi Giri

Tour, Vuelta e… Giro

La Francia porta a casa la terza vittoria di tappa in questo Giro d’Italia. E la Soudal-Quick Step la seconda. Il Wolfpack può così festeggiare. Tim Merlier, arrivato 140° a 13’16”, sul traguardo festeggiava come dopo una delle sue volate.

«So che i miei compagni di squadra – ha detto Alaphilippe – dietro hanno vigilato bene. E li ringrazio. Per i primi sessanta chilometri hanno controllato sia il percorso che la corsa. Dopodiché mi sono ritrovato davanti e mi sono concentrato sulla fuga».

Con questa vittoria Julian Alaphilippe sigla un altro record. Va aggiungersi all’elite di coloro che hanno vinto tappe in tutti e tre i grandi Giri.

«Era un mio sogno vincere una tappa qui al Giro d’Italia. Ed ora che si è avverato è fantastico».

Mirco Maestri (classe 1991) è stato da poco staccato da Alaphilippe. Narvaez ed Hermans lo stanno riprendendo
Mirco Maestri (classe 1991) è stato da poco staccato da Alaphilippe. Fano per lui si allontana

Cuore Maestri

Undici chilometri e mezzo al traguardo di Fano. Altra faccia della medaglia. Mirco Maestri vede infrangersi il sogno di vincere una tappa al Giro. Tutto il giorno in fuga con Alaphilippe, ma il passo del collega francese è troppo alto. E non può che essere così. Dietro Narvaez e company mordono.

La catena diventa un macigno. La strada s’impenna. Alaphilippe sparisce.

«In fuga con Alaphilippe… uno dei miei idoli. Uno che quasi ti vergogni a chiedergli la foto e oggi ci ho fatto una cavalcata… di quanto? Centotrenta chilometri?». Mirco Maestri ti fa emozionare anche quando racconta. «Alla fine ho contribuito anche io al suo successo in qualche modo. Sapevo che quello strappo sarebbe stato critico. Già ero al limite per le mie caratteristiche, perché comunque c’era un tratto al 18 per cento, figuriamoci dopo tutta quella fatica».

Maestri racconta della sua gestione. Ha dato grande impulso alla fuga e si è tenuto giusto qualche briciola di energia per lo strappo finale. Il corridore della  Polti-Kometa racconta come gli ultimi 300 metri di Monte Giove siano stati tosti, tosti. Sperava che meno gente possibile lo riacciuffasse.

«Al 99 per cento – prosegue Maestri – sapevo che sarebbe andata così. Ma cos’altro potevo fare? Alla fine arrivare più avanti possibile era un vantaggio anche per me. Primo, perché non si sa mai cosa può succedere. E poi perché fare secondo al Giro, per di più dietro ad un campione come Julian, non sarebbe stato poco. Senza contare che ad inseguirci c’erano nove uomini importanti. Quella di oggi era una fuga di qualità».

Alaphilippe e Maestri in fuga: sono partiti quando mancavano 126 km al traguardo. Due corridori che piacciono al pubblico
Alaphilippe e Maestri in fuga: sono partiti quando mancavano 126 km al traguardo. Due corridori che piacciono al pubblico

In fuga

Una fuga simile Mestri e il team la covavano già da un po’. Con Stefano Zanatta, il direttore sportivo, erano tre giorni che parlavano di questa tappa. Il diesse gli diceva che potevano provarci, anche perché Mirco stava bene. «Tutto sommato ho pedalicchiato, dai! In altre occasioni in una tappa così avrei preso 20 minuti». 

E infatti ha ricevuto i complimenti da parte di tutti, anche di Ivan Basso che gli ha inviato subito un messaggio. Ma oltre allo spettacolo va sottolineata anche la prestazione di Maestri. La media oraria finale è stata di 46,7 all’ora in una tappa che misurava 193 chilometri e 2.160 metri di dislivello.

«Era meglio che non me la dicevate la media! Siamo andati forte – riprende Maestri – Julian tirava nelle salite, che quasi mi staccavo, e io ci davo sotto in pianura. Sul computerino avevo la schermata della strada per vedere le curve e i chilometri all’arrivo, ma immagino viaggiassimo sempre tra i 50 e 52 all’ora. Per i traguardi volanti o i Gpm, non ci siamo parlati. Alaphilippe mi dava il cambio poco prima e io passavo. Sembravamo due compagni di squadra di lungo corso». 

E infatti… «Dopo l’arrivo Alaphilippe mi ha aspettato. Mi ha abbracciato e mi ha detto: “Questa tappa me la ricorderò tutta la vita”. E’ stata bellissima tutta questa cosa. Come detto, anche se siamo colleghi io tifavo per lui ai mondiali o nelle grandi occasioni, ed ero dispiaciuto nel vedere i problemi che ha avuto ad inizio stagione. Anche io questa giornata me la ricorderò per tutta la vita.

«Se ci riproverò? Certo, ma con la speranza di fare un po’ meglio. Non come prestazione, ma come risultato». 

L’Italia scopre Stenico: che sia il nostro Pidcock?

16.05.2024
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In una settimana, Mattia Stenico ha cavalcato l’onda della popolarità colpendo la fantasia degli appassionati. Al sabato, vittoria a Nervesa della Battaglia (TV) nella tappa degli Internazionali d’Italia Series di mtb (foto di apertura Billiani). Domenica, clamoroso centro a Casale Litta (VA) nella Piccola Tre Valli Varesine su strada. Venerdì successivo, addirittura l’oro europeo nel Team Relay con gli azzurri in Romania, ancora con la mtb. Risultati da campione della polivalenza, risultati che fanno sognare.

La forza del ragazzo trentino, al secondo anno junior, è proprio questa capacità di passare indifferentemente da una disciplina all’altra.

«E fino allo scorso anno c’era anche il ciclocross – afferma Stenico – ma poi abbiamo deciso di comune accordo con il mio preparatore Paolo Alberati che era insostenibile. Ho affrontato solo qualche gara a inizio stagione per poi concentrarmi sulle altre due discipline».

La vittoria alla Piccola Tre Valli, beffando D’Alessandro e Travella (foto Bergamonews)
La vittoria alla Piccola Tre Valli, beffando D’Alessandro e Travella (foto Bergamonews)
La tua passione da dove nasce?

Dalla mia famiglia, sin da quand’ero piccolo si andava in montagna, con gli sci d’inverno e le bici d’estate. All’inizio mi piaceva, ma non per l’agonismo, per quello preferivo il calcio e avrei voluto dedicarmi alle moto, ma i costi erano troppo alti. Un giorno mio padre ha letto un annuncio della Polisportiva Oltrefersina per richiamare ragazzi, mi ha portato e mi sono trovato subito bene, ho fatto le prime gare in mtb e andavo forte, così ho continuato.

Dalle tue parti comanda la mountain bike?

Non tanto, anzi se devo dire la maggior parte dei ragazzi è legata alla strada anche per i trascorsi ciclistici della regione. Io abito a un chilometro da Francesco Moser, inoltre nella mia classe c’è il figlio di Gilberto Simoni. E’ più in Alto Adige che regnano le ruote grasse… Io comunque ho iniziato a gareggiare su strada solo da allievo 2° anno, sempre su invito di Alberati.

Con Martinoli, Teocchi, Corvi, Avondetto e Siffredi, il team oro europeo di mtb (foto Fci)
Con Avondetto e Siffredi, la parte maschile del team oro europeo di mtb (foto Fci)
In una settimana da buon prospetto sei diventato addirittura l’uomo dell’oro europeo, com’è stata questa scalata?

Sapevo di avere una buona gamba, ma il cittì Celestino mi ha dato la convocazione per la staffetta quand’eravamo già sull’aereo per la Romania. In gara speravo che si potesse arrivare alla medaglia, ma vedevo i compagni che stavano davvero facendo meraviglie e Valentina Corvi mi ha passato il testimone per primo con un leggero vantaggio. Quando il campione nazionale francese Carod mi ha raggiunto (un elite, ndr) tutti pensavano che dovessi cedere.

Invece?

Quando gareggio non sono abituato a pensare troppo, seguo l’istinto. Vedevo che in salita lo staccavo ma lui era più bravo in discesa, così sull’ultima rampa ho dato tutto e sono riuscito ad andar via. I compagni erano impazziti…

L’esordio del trentino è stato in maglia Oltrefersina, dove ha imparato tanto (foto team)
L’esordio del trentino è stato in maglia Oltrefersina, dove ha imparato tanto (foto team)
Come fai a conciliare le due discipline al punto di gareggiare in entrambe nello spazio di 24 ore?

Mi favorisce il fatto che la gara di mtb è al sabato. Io mi alleno quasi sempre su strada e vado sulla mountain bike solo il giorno di vigilia per provare il tracciato. Alla domenica le gare vedono quasi sempre una prima parte tranquilla, così ho tempo per riadattarmi, ci si gioca tutto nell’ultima ora. Inoltre mi favorisce il fatto che ho un recupero veloce, l’ho visto anche nelle corse a tappe.

Che tipo di stradista sei?

Un polivalente, magari non velocissimo in volata, ma che tiene il fuorigiri dai 5 ai 20 minuti, anche in salite regolari. Ad esempio mi piace molto la gara di San Vendemiano, con tanti strappi, riesco a ripetere lo sforzo con la stessa intensità. Comunque, ad essere sincero non ho capito ancora che corridore sono…

Stenico è il primo biker ad essere approdato nel Team Giorgi. Un acquisto molto apprezzato
Stenico è il primo biker ad essere approdato nel Team Giorgi. Un acquisto molto apprezzato
Com’è stata la vittoria alla Piccola Tre Valli?

Diciamo che un successo su strada era un po’ un pallino fisso per tutto lo staff. Fondriest mi aveva detto che era una gara buona, ma che dovevo rimanere tranquillo e nel caso lavorare per la squadra. Sono entrato nella fuga dove c’erano tutti team forti, all’ultimo giro è entrato Andreaus e sapevo che sull’ultima salita avrebbe provato il colpo. Gli sono rimasto attaccato e sull’ultimo strappo ho guadagnato la manciata di secondi utile per vincere.

Hai mantenuto i contatti con la Oltrefersina? Anche se non vesti più la maglia loro sappiamo che c’è tuo fratello Mattia e che ti seguono come se fossi ancora del gruppo…

Non è una squadra, ma una vera famiglia, il suo presidente Paolo Alverà mi segue costantemente, si è anche interessato per farmi avere la bici Olympia che uso abitualmente. Ho imparato quasi tutto lì, a cominciare dalla guida. Ricordo che in discesa ero negato e con pazienza si è messo lì a spiegarmi, a indirizzarmi. Io poi sono uno metodico, bastava una cosa fuori posto e andavo nel pallone, mi hanno insegnato a prendere tutto un po’ più alla leggera. Forse il vero segreto è questo…

Alberati segue la preparazione di Stenico per il 3° anno, con idee innovative
Alberati segue la preparazione di Stenico per il 3° anno, con idee innovative

Parola ad Alberati

Nelle sue risposte, Stenico chiama spesso in causa Alberati e il tecnico umbro effettivamente ha avuto un peso fondamentale nella sua evoluzione: «Io ho cominciato a seguirlo dal secondo anno fra gli allievi. Era già forte, aveva vinto il titolo italiano, ho visto che aveva valori straordinari, a quel punto bisognava fare una scelta importante, così gli ho detto di fare un passo indietro…».

In che senso?

I risultati da allievo non devono trarre in inganno, bisogna guardare più in là. Gli ho detto che per un po’ avrebbe dovuto allenarsi meno, ambientarsi, prendere confidenza senza chiedere troppo a se stesso. Poi ci si è messo anche il Covid che ha avuto lunghi strascichi, insomma al primo anno junior non spiccava. Ma io conoscevo il suo valore, così gli ho detto di mollare presto il ciclocross per preparare al meglio il 2024. Era una scelta, io sono un propugnatore della multidisciplina, ma dovevamo fare un investimento. Ora ne godiamo i frutti.

Su strada Mattia aveva già sfiorato il podio al GP Liberazione di Massa
Su strada Mattia aveva già sfiorato il podio al GP Liberazione di Massa
Come fa a emergere in entrambe le discipline a così breve distanza di tempo?

Ci sono più ragioni. Una è il talento innato che viene dal patrimonio genetico trasmesso dai genitori. Un altro è la sua capacità di lavorare su alcuni aspetti, come la flessibilità articolare o le catene cinetiche, considerando che le pedalate sono diverse per ampiezza e ritmo. Molto però influisce anche la preparazione che è stata mirata per questo, avvicinandolo agli standard europei e quindi staccandoci un po’ dalle modalità di qui.

Spiegaci come…

Ne parlavo anche con Salvoldi, noi in Italia abbiamo la scuola che fino a giugno occupa spazio e quindi i nostri ragazzi hanno meno tempo per allenarsi. Se d’inverno esci da scuola alle 14 e alle 16 comincia a far buio, quanto puoi allenarti? Io allora ho chiesto alla famiglia di Stenico, ma anche di altri ragazzi, un investimento: se i ragazzi hanno un buon rendimento scolastico, sono disposti a saltare due giovedì al mese e passare la mattinata ad allenarsi? Gli effetti si vedono, c’è maggiore uniformità con quanto fanno negli altri Paesi dove infatti si allenano ore in più. In questo modo, con ore a disposizione si può fare molto volume a bassa intensità sviluppando più mitocondri nella muscolatura e facendo poi un 20 per cento di lavoro in fuorigiri. Sono sessioni che stanno facendo la differenza.

Una stagione finora trionfale in mtb, con vittorie all’Italia Bike Cup e agli Internazionali
Una stagione finora trionfale in mtb, con vittorie all’Italia Bike Cup e agli Internazionali
Ora si staglia all’orizzonte il cambio di categoria…

Dopo la vittoria europea iniziano a farsi sentire anche i devo team, oltre alle squadre italiane. Nella scelta peserà la disponibilità a garantire a Mattia la possibilità di fare la doppia attività senza dover scegliere. Io dico che ha grandi possibilità, se lo lasciamo tranquillo…

Crescioli rialza la testa, ora l’obiettivo è il Giro Next Gen

16.05.2024
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Tra pochi giorni il Giro d’Italia arriverà a Livigno e lì rimarrà per il giorno di riposo e la partenza della tappa successiva. A pochi chilometri di distanza, a Trepalle sulla strada di Passo del Foscagno, Ludovico Crescioli si allena in vista della corsa rosa U23: il Giro Next Gen. Il corridore toscano nel 2024 ha cambiato ritmo, tornando ai livelli di quando da juniores battagliava con i migliori al mondo. Il passaggio alla Technipes #InEmiliaRomagna gli ha donato nuova linfa vitale, lo si è visto negli appuntamenti di inizio anno e anche alla Ronde de l’Isard.

Qui in secondo piano, alla Ronde de l’Isard Crescioli ha lottato con i migliori tutti i giorni (foto DirectVelo/Florian Frison)
Qui in secondo piano, alla Ronde de l’Isard Crescioli ha lottato con i migliori tutti i giorni (foto DirectVelo/Florian Frison)

La rotta è indicata

In terra francese, tra i migliori scalatori della sua categoria, Crescioli è stato il miglior italiano in classifica generale: quarto

«I primi risultati che mi hanno dato fiducia – dice con il suo inconfondibile accento toscano – sono arrivati a inizio stagione. Al Giro del Belvedere, dove ho fatto terzo, ho avuto una grande spinta morale. Per la Ronde de l’Isard il bilancio è sicuramente positivo, sono migliorato tappa dopo tappa. I migliori risultati li ho ottenuti nelle ultime due: la quarta e la quinta. Nella frazione con arrivo a Plateau de Beille, la penultima, sono rimasto con i migliori e fatto un gran piazzamento».

Il toscano alla Technipes ha ritrovato il colpo di pedale giusto (foto Instagram)
Il toscano alla Technipes ha ritrovato il colpo di pedale giusto (foto Instagram)
Che cosa hai provato nel tornare a correre tra i primi?

Ci ero riuscito già alla fine della scorsa stagione in alcune gare nazionali (Bassano-Montegrappa e Zanè-Monte Cengio, ndr). Ma il passo decisivo a livello internazionale è arrivato con la Technipes, sto avendo tanta continuità e questo è quello che conta maggiormente. 

Cosa è cambiato rispetto agli ultimi due anni?

C’è stato un insieme di cose: la squadra nuova, stimoli diversi… Ho fatto un inverno buono insieme a Malaguti, il preparatore della Technipes, e sono arrivato alle prime gare già pronto. In più fare qualche corsa con i professionisti mi ha dato un colpo di pedale diverso. Sono stato al Laigueglia, alla Coppi e Bartali e al Giro d’Abruzzo.

Al Giro del Belvedere il primo podio in una corsa internazionale, terzo dietro Glivar e Donati (photors.it)
Al Giro del Belvedere il primo podio in una corsa internazionale, terzo dietro Glivar e Donati (photors.it)
Con Malaguti come hai lavorato?

Nella fase di preparazione invernale ho fatto molti più chilometri e più ore in bici. Poi siamo andati in Spagna a febbraio per dieci giorni e anche lì ho lavorato parecchio bene. Un’altra cosa che abbiamo aggiunto è un livello più alto nelle uscite in cui si faceva intensità. Tanti fattori che mi hanno permesso di progredire molto. Va detto che sono cresciuto, in generale.

Che intendi?

Che mi sento di essere più pronto, in tutti i sensi. Alle gare arrivo convinto perché ora lavoro con un programma delineato. Banalmente ho dei blocchi di lavoro tra carico e scarico e gestisco bene quello che devo fare. Sono già a quota tre corse a tappe e prima del Giro Next Gen ne farò una quarta con la nazionale: la Corsa della Pace dal 30 maggio al 2 giugno. 

Alla Coppi e Bartali, Crescioli si è confrontato con i pro’ trovando un miglior colpo di pedale (foto Instagram)
Alla Coppi e Bartali, Crescioli si è confrontato con i pro’ trovando un miglior colpo di pedale (foto Instagram)
C’è un metodo di lavoro.

Era quello che cercavo, disputare corse a tappe ti permette di avere un colpo di pedale buono, di crescere. Cosa che sfrutti per le altre gare durante l’anno. 

Il Giro Next Gen sarà un tuo obiettivo?

Rimarrò in altura, a Trepalle, fino al 26 maggio concentrandomi sulla corsa rosa. Non mi voglio sbilanciare troppo (ride, ndr): il primo ostacolo da superare sarà la cronometro di Aosta all’esordio. Le gare contro il tempo mi mancano, ne ho fatte poche e infatti in questi giorni di ritiro farò dei lavori sulla bici da crono. Vedremo la sera di Aosta come avrò terminato la tappa, se avrò superato quel primo step, andrò avanti con fiducia. 

Ora punta a fare bene al Giro Next Gen e sogna la convocazione al Tour de l’Avenir con la nazionale (foto Instagram)
Ora punta a fare bene al Giro Next Gen e sogna la convocazione al Tour de l’Avenir con la nazionale (foto Instagram)
A proposito di nazionale, hai già parlato con Amadori?

Sì già a San Vendemiano, dove ho fatto terzo. Mi aveva accennato della convocazione per la Coppa delle Nazioni. Sono stato contento di esserci tornato, ero stato anche nel 2023, Marino lo devo ringraziare sinceramente, perché ha creduto in me anche quando i risultati non erano questi. 

Si va per step, ma il sogno di andare al Tour de l’Avenir c’è?

Credo che il senso delle parole che mi sono scambiato con Amadori fosse quello, se cresco ancora e mi faccio vedere ambizioso posso guadagnarmi una convocazione importante.

Lonardi, volata da mal di testa e un podio per sperare

16.05.2024
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Giovanni Lonardi è passato in meno di mezz’ora dal quarto al terzo posto di Francavilla. Il tempo che la giuria riesaminasse il video dello sprint e per Merlier è scattata la retrocessione, con il conseguente passo in avanti del veronese del Team Polti-Kometa. Non si può dire che Lonardi sia al settimo cielo, però certo un podio di tappa al Giro è un buon punto di partenza per iniziare la seconda settimana col passo giusto.

«Sicuramente era un obiettivo mio e della squadra – risponde – da prima di partire per il Giro. Chiaramente il sogno è sempre vincere una tappa, però fare un podio fa un certo effetto. Sono contento, non me l’aspettavo, è un’emozione».

Giovanni Lonardi ha 27 anno, è alto 1,80 per 70 chili. E’ pro’ dal 2019 ed è al terzo Giro d’Italia
Giovanni Lonardi ha 27 anno, è alto 1,80 per 70 chili. E’ pro’ dal 2019 ed è al terzo Giro d’Italia

Il buco giusto

I velocisti sono rinomati per la capacità di ricostruire e raccontare uno sprint in ogni minimo dettaglio, ma quello di ieri a Francavilla è stato così confuso che i dettagli si sovrappongono. Ha ragione Adriano Baffi quando dice che il lavoro dei treni in certi casi si ferma ai 400 metri e poi è una partita a scacchi tra i velocisti rimasti davanti.

«E’ stata una volata confusa – spiega Lonardi – perché abbiamo avuto vento da dietro per quasi tutto il finale, tranne all’arrivo in cui era contrario. Per cui abbiamo fatto l’inversione per tornare indietro ed essendo stati per tutto il giorno a ruota, avevamo tutti gambe fresche. Però nella confusione sono riuscito a trovare il buco giusto. Tante volte non lo trovi, invece questa mi è andata abbastanza bene, per una volta meglio che agli altri. Penso che alla fine i conti si pareggino».

Gruppetto verso Prati di Tivo: nonostante ciò, il velocista deve difendersi anche in salita
Gruppetto verso Prati di Tivo: nonostante ciò, il velocista deve difendersi anche in salita

Due volate in una

La bravura in questi casi, come è stato per Milan, è trovare la traiettoria e tenersi una via d’uscita qualora il gruppo si rimescoli. Lonardi sin da subito aveva scelto la ruota di Merlier e poi quella di Milan.

«Solo che non è facile – ammette il veronese – perché loro hanno due o tre uomini davanti. Poi passa uno, passa un altro e magari l’unico che non passa sei tu. C’era confusione, finché ho trovato un buco a destra. Mi sono detto di rimontare le posizioni che potevo, altrimenti non avrei più fatto la volata. Sono riuscito ad arrivare davanti, ma per farlo ho speso le energie che mi sarebbero servite per fare lo sprint. Però stavo ancora abbastanza bene e mi sono ributtato a fare la volata e sono riuscito a reggere».

Lonardi ha vinto una tappa al Turchia per il declassamento di Van Poppel
Lonardi ha vinto una tappa al Turchia per il declassamento di Van Poppel

La vittoria in Turchia

L’operazione, condotta con grande lucidità, ha funzionato. E di solito, quando si guadagnano punti sulla strada, il risvolto più importante è a livello psicologico: se sono riuscito a farlo, posso farlo ancora.

«L’anno scorso non è stato un buon anno – conferma Lonardi – è andata bene solo da metà in poi. Mi aiuta tanto quando inizio a fare risultati, anche in termini di fiducia. Poi credo che per un velocista questo discorso valga anche di più. Quest’anno sono partito forte, sto andando abbastanza bene dall’inizio. Ho vinto in Turchia prima di venire qua (quella volta per declassamento di Van Poppel, ndr), quindi il morale è buono, sempre alto e questo cambia tanto. Io non mi reputo proprio un velocista puro, però qua il livello è talmente alto che per arrivare a fare le volate devi difenderti anche in salita».

Ieri a Francavilla, Lonardi ha fatto un primo sprint per affiancare i primi
Ieri a Francavilla, Lonardi ha fatto un primo sprint per affiancare i primi

Il treno della Polti

In questo gruppo di altissimo livello, in cui i velocisti vengono portati avanti e indietro da scudieri fidati e forti, la vita per i corridori delle squadre più piccole è decisamente più impegnativa. E se già nelle normali fasi di corsa le WorldTour reclamano il loro spazio in testa al gruppo, nell’impostare la volata la regola è ancor più severa.

«Anche noi partiamo con i compagni tutti per me – spiega – però non è facile fare quel lavoro e non abbiamo la squadra attrezzata per farlo. Ieri nel finale prima è entrato in azione Pietrobon, più o meno fino ai meno 10. Poi è arrivato Mirko Maestri, che ha provato a pilotarmi come al solito, solo che in due non è facile. Non è facile neanche per le squadre attrezzate come la Lidl-Trek e la Soudal-Quick Step, perché ieri era davvero caotico. Era facile perdere la ruota. Stai a ruota del tuo compagno, ma se il tuo compagno perde la ruota, sei spacciato. Però ce la mettiamo tutta. Io dico sempre che vincere un tappa al Giro per un corridore italiano è la cosa più bella del mondo, però anche un podio ha la sua importanza. Ci risentiamo se riuscirò a vincere, almeno saprò dirvi la differenza».

La bici del gigante, veloce e precisa come una freccia

16.05.2024
6 min
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Un metro e 93 come Ganna, un chilo di più: 84. Jonathan Milan è un gigante buono, salvo nelle occasioni in cui si lancia negli sprint. In quei casi si trasforma in un guerriero capace di sprigionare per circa 5 secondi punte di 1.940 watt con un valore medio durante la volata di poco superiore ai 1.600. A tutto questo spingere selvaggio di gambe, corrisponde il violento oscillare della bici. Johnny non è il velocista più composto del gruppo, ma quanto a forza fisica non teme confronti.

Tanta potenza passa però per il telaio, le ruote e il manubrio della sua Trek e questo accende i fari proprio sulla bici del friulano. Perciò, cogliendo l’occasione della seconda vittoria di tappa, la abbiamo sfilata dalle mani del meccanico Giuseppe Campanella per farcela raccontare più nei dettagli.

Giuseppe Campanella è uno dei meccanici italiani della Lidl-Trek
Giuseppe Campanella è uno dei meccanici italiani della Lidl-Trek
Con che bici corre Milan?

Una Trek Madone SLR. Telaio alto 60 e lungo 58. Arretramento sella di 8,7 e reggisella XL studiato per le persone di altezza superiore a 1,85. Altezza di sella di 84 e attacco manubrio da 120 mm con inclinazione di 7 gradi. Usa pedivelle da 175. Per la sua altezza e il peso, quando fa le volate tende a oscillare parecchio.

Una volta per un atleta di questa taglia sarebbe stata fatta una bici su misura.

Jonathan usa lo stesso telaio degli altri corridori. Forse in casa madre Trek, per quel genere di telaio utilizzano una composizione leggermente differente di carbonio, però normalmente sono quelli che si trovano in commercio. La Madone è la più rigida di tutte. E’ paragonabile a una freccia e quindi mantiene molto la traiettoria. Ne abbiamo due versioni, anche una più leggera che ad esempio usa spesso Mads Pedersen. Alcuni la prediligono quando durante la tappa ci sono delle salite o l’arrivo è leggermente in salita.

Avete in dotazione lo Sram Red, ora anche quello nuovo. Che rapporti usa Milan in volata?

I pacchi pignoni che monta, in base alle tappe, sono 10-33 oppure 10-36. Le volate le fa col 10 davanti e il 54 o 56 dietro a seconda del percorso. In ogni caso, usa il misuratore di potenza AXS di Sram. Per le volate, Jonathan utilizza i pulsantini per cambiare, mentre altri li usano per gestire il computerino. Vengono chiamati “sprinter” e sono dei comandi aggiuntivi posti sotto la leva freno, che facilitano la cambiata in fase di volata.

C’è stata qualche scelta di componenti su cui ha brigato oppure trova subito quel che cerca?

E’ molto esigente, gli piace che la sua bici vada sempre bene. In compenso non ha particolari esigenze. Ha trovato la posizione al training camp di dicembre e nel secondo di gennaio abbiamo fatto solo minimi aggiustamenti. Ha provato un paio di selle diverse, prima da 135 e poi 145 di larghezza, però in linea di massima le misure sono rimaste le stesse. L’arretramento di sella è elevato perché comunque il telaio è grande. Quando è in salita, Milan tende a spingere da dietro e non di punta.

Nonostante sia così grande, Milan ha il manubrio da 42: non è piccolo?

E’ una scelta aerodinamica e per comprimersi meglio durante la fase della volata. E sempre sul manubrio e per l’aerodinamica, si può dire che tiene le leve dei freni al limite del regolamento dell’UCI, quindi girate verso l’interno.

Con quali ruote corre Milan?

Dipende dal percorso, ovviamente. Nelle tappe pianeggianti predilige una ruota 62, quindi molto rigida, che è la più alta che abbiamo. Nelle tappe che invece presentano qualche salita le sceglie invece da 51, sempre con pneumatici tubeless da 28. Se poi vogliamo parlare delle pressioni, visto che è un corridore abbastanza pesante, il gonfiaggio per lui oscilla tra i 5,4 e 5,6 fra anteriore e posteriore. Ha fatto dei test a inizio anno, anche in galleria del vento, e ha determinato una serie di pressioni. Quelle ottimali per lui in base alla statura e alla potenza che esprime sui pedali. Solo per il Nord ha cambiato qualcosa, riducendo un po’ la pressione, quindi 5 all’anteriore e 5,2 al posteriore. In ogni caso, resta differenza fra le due ruote.

Il telaio e la forcella della Madone di Milan sono costruiti con il carbonio OCLV800, ultimo sviluppo della fibra di Trek. Attacco e manubrio sono di nuova generazione, più stretto sopra e con una sorta di svasatura che lo porta ad essere largo nella sezione bassa. La bici non punta sui vantaggi del sistema IsoSpeed, al contrario la bici sfrutta la rigidità del nodo di sella, del piantone e dei foderi obliqui per aumentare l’efficienza aerodinamica, sacrificando il comfort, ma non la stabilità. A giudicare dall’accelerazione e dalla volata di Milan ieri a Francavilla, il sistema dà ottimi frutti…

Doppietta Milan e l’analisi di Baffi, ds velocista della Lidl-Trek

15.05.2024
6 min
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I corridori sopraggiungono alla spicciolata dopo l’arrivo. La vittoria di Milan è venuta a capo della tappa più veloce nella storia del Giro e, mentre parla, Adriano Baffi si guarda intorno aspettando che arrivino gli altri. L’evacuazione è nel pieno, la Lidl-Trek deve raggiungere Montesilvano, a circa 30 chilometri dal traguardo di Francavilla: i corridori andranno con le ammiraglie, più agili del pullman nel traffico dell’Adriatica.

Il direttore sportivo cremasco non è uno che parli molto, ma fra quelli della squadra americana sa meglio di tutti che cosa significhi vincere una tappa in volata al Giro oppure lottare contro i giganti. Il suo bottino parla infatti di cinque tappe al Giro e una maglia a punti. Ma è giusto indicare anche i dodici podi messi insieme in 17 anni di carriera. E più di una volta a batterlo fu Mario Cipollini, uno cui per fisicità è facilmente collegabile il gigante Milan.

«Le emozioni di quando si fa una volata – ammette Baffi sorridendo – sono le stesse di quando vincevo io. Mi sembra sempre di essere lì anche io, invece sono sulla macchina. Per fortuna abbiamo la televisione, così sono riuscito a vedere la vittoria di Jonathan».

Adriano Baffi, classe 1962, è entrato nel gruppo Trek sin dalla nascita nel 2011
Adriano Baffi, classe 1962, è entrato nel gruppo Trek sin dalla nascita nel 2011

Tributo ai compagni

Come dopo la vittoria di Andora, Milan ha appena finito di ringraziare la squadra, in un finale che è stato convulso e velocissimo. Merlier, già primo a Fossano, è stato retrocesso per aver chiuso Molano alle transenne, così al terzo posto è salito Lonardi.

«Non è solo questo sprint che mi fa felice – ha detto Milan in zona mista – ma anche tutto il lavoro che i miei compagni hanno fatto per me. Oggi mi hanno supportato, mi hanno portato in una posizione cruciale per la gara e questo mi ha fatto felice. Hanno creduto in me e devo dire grazie per questo dal fondo del mio cuore. Il finale è sempre difficile da immaginare, cerchiamo di gestirlo il più possibile. E’ stato difficile, ma ho trovato la mia posizione. Merlier è partito molto forte, io ho cercato di fare il mio ed è andata bene».

Baffi ascolta quello che gli riferiamo e annuisce: le cose stanno esattamente così. E per lui che è stato velocista e ne ha ancora lo sguardo, ogni tassello va al posto giusto.

Milan ha abbracciato tutti i compagni e lo staff dopo l’arrivo e li ha ringraziati
Milan ha abbracciato tutti i compagni e lo staff dopo l’arrivo e li ha ringraziati
Il finale è stato un po’ confuso, senza treni o grandi riferimenti…

Ormai diventa difficile parlare di treno, quando ci sono 7-8 velocisti che nel finale vogliono fare le stesse cose. Nessuno ha più il potenziale per fare 2 chilometri davanti, tenendo il gruppo dietro. Oggi sapevamo di dover portare Johnny davanti ai 400 metri. Era un rischio, perché col vento contro puoi piantarti, ma Stuyven ha fatto quello che doveva e poi si è trattato di gestire la volata con tutte le incognite che può avere. E Milan è stato bravo a non farsi chiudere.

Qual è stata la sua bravura?

Nel momento in cui è rimasto solo ai 400 metri, senza un uomo che gli tirasse la volata, si è fatto strada da solo. Ha saputo tenere la posizione, lasciandosi sempre una via d’uscita. E’ stato bravo ad attaccarsi alla ruota di Merlier, la scelta giusta. La squadra gli ha permesso di non prendere un filo d’aria fino agli ultimi 500 metri. Il fatto che li abbia ringraziati significa che si è reso conto che fino a quel punto non ha dovuto spendere nulla più del necessario.

A lungo in fuga Affini e Van Dijke della Visma (che ha perso Uitdebroeks) e Champion
A lungo in fuga Affini e Van Dijke della Visma (che ha perso Uitdebroeks) e Champion
Secondo te nel prendere posizione ha sfruttato l’esperienza della pista?

Chiaro che la pista gli abbia dato un bagaglio tecnico che altri non hanno. Anche se non fa spesso prove di gruppo, ha delle abilità non comuni. Ma sa anche lui che puoi avere tutto il bagaglio tecnico che vuoi, ma si vince o si perde per un solo secondo di esitazione. Tutti possono sbagliare, non tutti possono vincere.

Credi che a Napoli abbia sbagliato qualcosa?

Le volate non sono tutte uguali e il percorso di Napoli era più complicato rispetto a quello di oggi. E poi credo che aver avuto Narvaez davanti lo abbia distratto fino al momento di partire. Non sai mai sino in fondo se il gruppo potrà prenderlo e quando poi ha lanciato la volata, aveva a ruota Kooij che quel giorno è stato più forte. Puoi essere il migliore, ma trovi sempre uno che ti batte.

Da Baffi velocista a Milan velocista, lo guardi e cosa pensi?

Ha le carte in regola per continuare e crescere. Non si possono fare paragoni importanti, perché ancora deve dimostrare molto, però quando arriva ai 300 metri ha l’esplosività e la capacità di tenere che furono anche di Cipollini e Petacchi. Ha tenuta, questo fa la differenza rispetto ad altri velocisti.

Di certo, per essere uno che è appena arrivato in squadra, sembra aver trovato presto le misure…

Dare un giudizio dopo quattro mesi è difficile, ma di certo ha trovato un ambiente che gli dà fiducia e non è poco. In tutto il 2023 aveva vinto tre corse, quest’anno siamo già a quota cinque. Diciamo che sta ricambiando la fiducia che gli viene data.

Quanto è diverso il mondo della volata rispetto a quando le facevi tu?

La volata è sempre uno sforzo di esplosività e resistenza. Andavamo veloci anche noi, ma c’era meno nervosismo di adesso. Credo che nelle condizioni attuali, anche Petacchi e Cipollini farebbero fatica ad avere un treno che possa emergere sugli altri. Loro avevano i migliori nel ruolo ed erano gli unici a farlo. Oggi vediamo volate disordinate perché tutti hanno la capacità di fare quel che prima facevano in pochi.

Prossima volata a Cento?

L’appetito vien mangiando, ma soprattutto vincere fa crescere la fiducia. Sapere di poterlo fare aiuta a farlo ancora. Domani verso Fano è facile immaginare che arrivi la fuga, ma nel ciclismo di oggi, così scientifico, non è mai facile azzeccare le previsioni. Approfittiamo delle occasioni, non ci montiamo la testa più di tanto. Abbiamo un bel gruppo.

Accanto a Baffi è seduto Bagioli, domani potrebbe essere il suo giorno. Il valtellinese, che ieri è arrivato quarto a Cusano Mutri, sta ritrovando lo smalto e la tappa dei muri marchigiani (non quelli della Tirreno, ma pur sempre begli strappi) potrebbe fare al caso suo. Lui sorride con scaramanzia, ma dal bagliore in fondo allo sguardo si capisce che l’idea non gli spiacerebbe affatto.

Nuovo Sram Red, più leggero ed efficiente grazie all’ergonomia

15.05.2024
8 min
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In anteprima ecco il nuovo Sram Red AXS. Il sistema è stato rinnovato in tutte le sue parti, ma un richiamo con il passato e con il gruppo Force AXS è più che lecito, per lo meno in fatto di impatto estetico e di compatibilità di alcuni componenti. Il nuovo Red è più leggero, ma soprattutto ergonomico e proprio l'ergonomia fa una grande differenza nei termini di sfruttabilità e performance, ma anche per quello che concerne la facilità di approccio al sistema e alla sicurezza nelle diverse fasi di frenata. Ecco il nuovo Red AXS nel dettaglio.

Ecco il nuovo Sram Red AXS. Pur adottando il DNA della piattaforma già esistente, il nuovo Red cambia molto con l’obiettivo di essere ancora più facile da usare e sfruttare.

L’ergonomia è parallela ad una cura dimagrante importante e ad una efficienza dell’impianto frenante che può fare la differenza. Entriamo nel dettaglio anche grazie ai primi feedback del test.

Il volume ridotto degli shifters influisce sull’impatto estetico della bici. Qui sulla nuova Factor Ostro VAM
Il volume ridotto degli shifters influisce sull’impatto estetico della bici. Qui sulla nuova Factor Ostro VAM

In supporto del corridore

E’ una sorta di punto di arrivo del percorso iniziato con la piattaforma lanciata nel 2019, fattore molto importante quando si considerano i diversi step di sviluppo. Il Red di ultima generazione punta all’aumento dell’affidabilità nella gestione del prodotto, sulla longevità, ma anche a migliorare quella versatilità di utilizzo che da sempre contraddistingue Sram. Shifters a parte, sotto il profilo dell’estetica c’è un forte richiamo al Red che già conosciamo, anche se la realtà ci dice che Sram ha ridisegnato ogni singolo componente.

«Quando siamo partiti con lo sviluppo del nuovo Red – ci racconta Jason Fowler, Product Manager di Sram – abbiamo pensato di ridurre in modo drastico le decisioni che il rider deve prendere ogni volta sulla bici. Cercando di anticipare il modo di agire una volta che si è sotto stress, aumentano la sicurezza e la possibilità di sfruttare la trasmissione e l’impianto frenante. Abbiamo cercato di dare una continuità al macrosistema Sram Red, questo grazie alla compatibilità con i componenti della generazione precedente».

Come si presenta

L’impatto estetico del nuovo Red si lega molto ai nuovi manettini. Solo in parte richiamano l’ultima versione del Force. Le leve sono completamente in carbonio, sagomate nella parte alta in modo da essere azionate facilmente con un solo dito. Adottano anche una sorta di svasatura verso l’esterno che le rende perfettamente in linea con lo sviluppo dei nuovi manubri con flare pronunciato. Alle spalle della leva c’è un pistone più lungo e posizionato in modo orizzontale (in precedenza era verticale/obliquo e cambia anche il punto pivot dove la leva scarica la forza) che rende facilissimo ed efficiente il “modo di frenare”. In aggiunta c’è la regolazione (separata) delle leve e del punto di contatto tra disco e pastiglie.

La superficie dove si appoggiano i palmi è più ampia rispetto alla precedente e la riduzione dell’altezza della torre frontale rende gli shifter molto più confortevoli.

Non è cambiato il concetto della trasmissione, con un pulsante dietro ogni leva (più ruvido se comparato con l’edizione precedente). Funzionano nello stesso modo del “vecchio” Red. Sono stati invece aggiunti i due pulsanti superiori, utilizzabili per la trasmissione, oppure da associare ad un device gps. L’utilizzo del cambio è customizzabile nelle funzioni tramite la app Sram AXS (arricchita grazie all’aggiunta di alcune funzioni).

Complessivamente il gruppo è più leggero (153 grammi in meno) ed ha un valore alla bilancia dichiarato di 2496 grammi (configurazione 48-35, pignoni 10-28 e dischi del freno da 160 millimetri, viteria, liquido dei freni e batterie inclusi).

Le pinze ed i freni

La cura dimagrante ha coinvolto anche le pinze dei freni. Hanno degli ingombri ridotti e si presentano con due asole passanti per ogni pinza. Non è cambiato il liquido DOT dell’impianto, non è cambiata la tecnologia Bleeding Edge per lo spurgo dell’impianto. L’utilizzo delle pastiglie dei freni è compatibile con le versione più anziana.

E’ diverso il disegno dei dischi del freno. Sono i più leggeri mai prodotti da Sram. E’ cambiato in toto il ragno di supporto, sempre in alluminio, ma più asciutto e con meno materiale. I nuovi dischi sono disponibili in due misure, 160 e 140 millimetri, esclusivamente CenterLock.

Deragliatore, corone e pedivelle

Prima di tutto scriviamo che le batterie della “vecchia” trasmissione sono compatibili con il nuovo Red. Il deragliatore è unico e compatibile con tutte le combinazioni delle corone accoppiate tra loro (46-33, 48-35 e 50-37, 52-39 e 54-41, oltre alla nuova 56-43). E’ cambiata la forma della gabbia (ridotta negli ingombri) per facilitare la regolazione, la cambiata e la deragliata (più veloci e precise). Rimango le due brugole di setting del fine corsa e c’è l’autotrim per la regolazione automatica quando si è in movimento.

Un aspetto importante (anche in chiave futura) è l’aggiunta delle pedivelle da 160 millimetri di lunghezza (le lunghezze disponibili sono 6). Si parte dalla 160, poi 165 e 167,5, 170 e 172,5, fino alla 175 millimetri. Cambiano la laminazione ed il layup del carbonio, per rendere le stesse pedivelle più leggere e più rigide. Non è cambiato il perno passante oversize DUB. La guarnitura è sempre disponibile con o senza power meter Quarq, che non ha cambiato nulla se non il cap che protegge la sede della batteria. Entrano ufficialmente in catalogo anche le corone singole (48 e 50 denti).

Il bilanciere è il cervello del sistema

E’ diverso. Il nuovo Sram Red AXS ha un solo bilanciere, che copre le cassette dei pignoni fino a 36 denti e ovviamente le configurazioni con la doppia e la corona singola anteriore. E’ stato alleggerito nel peso. Da qui parte tutto: la configurazione, l’abbinamento dei componenti e lo smistamento degli impulsi. Ha le pulegge oversize con le sfere ceramiche ed integra (come in passato) la tecnologia Orbit che permette di gestire al meglio la tensione della catena in ogni fase della prestazione.

Oltre alla livrea, variano anche alcuni dettagli della produzione dei pignoni
Oltre alla livrea, variano anche alcuni dettagli della produzione dei pignoni

I pignoni e la catena

La catena, pur mutuando il disegno Flattop, ha delle maglie profondamente scavate ed alleggerite, così come i pin di giunzione. Rimane il fatto che la “vecchia” catena è perfettamente compatibile con il nuovo Red.

Le combinazioni disponibili dei pignoni sono 4: 10-28 e 10-30 (tutta nuova), 10-33 e 10-36 (anche quest’ultima tutta nuova per il sistema Red). Sono un blocco unico in acciaio e necessitano del corpetto della ruota libera XDR.

I primi feedback

Rispetto al “vecchio” Red cambia completamente le performance della frenata e quel feeling immediato che diventa necessario quando si pedala a tutta. I manettini hanno tanto appoggio per le mani. Questo appoggio è sfruttabile e permette di scaricare tanta forza, quando ci si alza in piedi sui pedali, quando si rilancia, o semplicemente quando si pedala per lunghi periodi con le mani alte. Le pressioni che inevitabilmente si generano sono meglio distribuite, a tutto vantaggio di un comfort ottimale che si ripercuote anche sulla parte alta del corpo. La loro sfruttabilità è migliore se il punto di appoggio dei palmi è in linea con l’orizzonte, oppure segue la linea superiore del manubrio.

Allo stesso modo la frenata beneficia dell’ergonomia migliore e più sfruttabile. A prescindere da come si sta in bicicletta e da quanta forza viene scaricata sulla leva, la resa tecnica del freno non cambia ed è anche più modulabile. La regolazione separata della corsa della leva e del contatto pastiglie/disco fa passare in secondo piano quella sensazione di on/off che faceva parte del precedente impianto frenante Sram.

La cambiata e la deragliata anteriore sono perfette e non sbagliano un colpo, neppure quando ci si dimentica di alleggerire la pedalata. Quella posteriore a nostro parere è più veloce, precisa e silenziosa. Con tutta probabilità il merito è della nuova catena combinata con le pulegge maggiorate.

Sram

Van Der Meulen: sembrava sparito, ma in Italia è risorto

15.05.2024
5 min
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Alla corte di Renzo Boscolo, al CTF Victorious, è arrivato all’inizio di questa stagione un ragazzo olandese: Max Van Der Meulen (in apertura foto DirectVelo/Florian Frison). La continental friulana è solamente un punto di appoggio tra il passato nel devo team della DSM e il futuro in Bahrain Victorious, nel WorldTour. Com’è già capitato con Bruttomesso, un corridore promesso sposo al team del Bahrein finisce la sua maturazione tra le file del CTF. 

Max Van Der Meulen, CTF Victorious, vince la seconda tappa alla Ronde de l’Isard (foto DirectVelo/Florian Frison)
Max Van Der Meulen vince la seconda tappa alla Ronde de l’Isard (foto DirectVelo/Florian Frison)

Prima vittoria

Con i colori della squadra friulana Van Der Meulen ha trovato la sua prima vittoria dopo tanto tempo. Lo ha fatto in una corsa difficile come la Ronde de l’Isard, dove il parterre era di tutto rispetto e le tappe impegnative, per corridori veri. Un successo che testimonia come determinate qualità non si possano perdere in poco tempo. 

«Quella in Francia, alla Ronde de l’Isard – racconta – è stata la mia prima vittoria da under 23, mi è piaciuta moltissimo. Purtroppo nella prima tappa ho preso tanto freddo e sono uscito subito di classifica. La sera ero un po’ amareggiato, ma parlando con il team abbiamo deciso di prendere ogni frazione come una corsa di un giorno. Vincere è stato fantastico, ero molto felice per me, ma anche per il team e i miei compagni che mi hanno dato una grande mano. Ho lavorato duramente a partire da questo inverno e vedere che tutti gli sforzi hanno portato a qualcosa è bello, gratificante».

Da junior la bici era un divertimento, senza lo stress del risultato (foto DirectVelo/Aurélien Regnoult)
Da junior la bici era un divertimento, senza lo stress del risultato (foto DirectVelo/Aurélien Regnoult)

Perso in casa sua

La storia di Van Der Meulen è particolare: il giovane corridore olandese, classe 2004, tra gli juniores volava. Vi basti sapere che nel solo 2022, l’ultimo anno nella categoria, aveva ottenuto sei vittorie tra cui quella alla Classique Des Alpes. Risultati che lo avevano portato ad essere il secondo miglior junior al mondo. Poi la chiamata nel devo team di casa, la strada che sembrava già delineata, ma non tutto è andato secondo i piani. 

«Quando ero junior – ci dice subito – mi godevo il fatto di andare in bici e non prendevo la cosa troppo seriamente, per me il ciclismo era un divertimento. Poi sono andato al Development Team DSM e le cose sono cambiate parecchio, tutto veniva fatto al 100 per cento. Gli allenamenti erano diversi, si curava tanto l’alimentazione, è cambiato tutto. Non sto dicendo che la DSM sia sbagliata, ma che io non ero fatto per un ambiente del genere. Quello che non ha funzionato è a livello personale, non dal lato del corridore. Ho inseguito per tanto tempo la mia migliore condizione senza mai trovarla, non ero felice e questa per me è una cosa importante per performare».

L’Italia e il gusto di ritrovarsi

«Il giovane talento olandese – ci aveva detto qualche giorno fa Renzo Boscolo team manager del CTF – è uno dei corridori che viene recuperato da un team italiano, la soddisfazione sta nel far vedere che non tutto l’oro dell’estero luccica più del nostro. Qui da noi si possono fare le cose bene, con metodo e passione. Siamo riusciti a recuperare un ragazzo forte e questo è il nostro orgoglio, nonché di tutto il pianeta Bahrain».

Allora partendo dalle parole di Boscolo la curiosità di sapere cosa Van Der Meulen abbia trovato di diverso da noi ci morde da dentro e la domanda nasce spontanea: «Per me è un modo di fare totalmente differente – dice – il CTF è come una famiglia, siamo molto uniti. Ci sono degli obiettivi, per fare in modo di lavorare bene, ma non importa che siano personali o di squadra qui tutti danno sempre il massimo. C’è molta più motivazione e tanta felicità nel godersi il ciclismo, è una squadra passionale. Mi piace averli intorno, con lo staff si lavora benissimo e mi danno tanto supporto».

Van Der Meulen, scalatore puro, ora fa rotta sul Giro Next Gen (foto DirectVelo/Florian Frison)
Van Der Meulen, scalatore puro, ora fa rotta sul Giro Next Gen (foto DirectVelo/Florian Frison)

Il sogno rosa e il futuro nel WT

Tra meno di un mese toccherà agli under 23 darsi battaglia lungo tutto lo stivale, o in buona parte di esso, per conquistare la maglia rosa. Il Giro Next Gen, alla luce della recente vittoria e delle qualità di Van Der Meulen, diventa un obiettivo per risalire un altro gradino che lo porterà, comunque vada, nel WT il prossimo anno. 

«Sto bene – continua a raccontarci – sono tornato dalla Francia, ho recuperato bene e sono partito per Andorra. Ora mi trovo qui da una settimana, insieme a due miei compagni di squadra, e starò altre due per preparare al meglio il Giro Next Gen. Prima però sarò in Repubblica Ceca per correre l’appuntamento di Nations Cup con la nazionale olandese.

«Sono fiducioso di poter fare ancora tanto quest’anno – conclude Van Der Meulen – in vista del mio approdo alla Bahrain Victorious. Voglio migliorare tanto per superare quel gradino che mi manca ma sono fiducioso. Il CTF da questo punto di vista mi dà una grande mano, mi fa crescere sia come corridore che come persona. Non ho paura di quello che potrà succedere in futuro».

Lo sprint, l’arrivo, il boato. La domenica magica di Dati

15.05.2024
5 min
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Raramente capita di cogliere un’esultanza popolare ad un arrivo ciclistico com’è avvenuto domenica, al GP Industrie del Marmo. Classica internazionale per Under 23 che ha visto un arrivo finale di 5 corridori a contendersi la vittoria e vedendo tagliare per primo il traguardo Tommaso Dati, il pubblico è esploso. Erano infatti 26 anni che un toscano non vinceva la prova di Marina di Carrara, una gara molto sentita in una regione che del ciclismo ha fatto quasi una religione.

La volata vincente di Marina di Carrara. Erano 26 anni che un toscano non vinceva da quelle parti (foto Pagni)
La volata vincente di Marina di Carrara. Erano 26 anni che un toscano non vinceva da quelle parti (foto Pagni)

Dati, nel raccontare quanto avvenuto un po’ si schernisce: «C’erano in tanti che erano venuti a vedermi, parenti e amici, hanno fatto un po’ di claque… Scherzi a parte, si correva dalle mie parti, era uno dei miei obiettivi stagionali far bene nella mia gara e il risultato finale è stato anche oltre le aspettative».

Com’è nata la tua vittoria?

Sapevo, avendola corsa due anni fa, che c’erano buone possibilità che una fuga nata nella prima parte sarebbe andata in porto quindi dovevo entrarci. Siamo scappati in 18 e c’era buona collaborazione perché le maggiori squadre erano dentro. A un successivo attacco siamo rimasti in 7 collaborando fino all’ultimo strappo dove c’è stato l’attacco di Turconi. In discesa sono rientrato conoscendo bene la strada e ci siamo ritrovati a giocarci la vittoria in 5. Sapevo che Oioli era il più veloce e ho preso la sua ruota, saltandolo a 50 metri dal traguardo. Lì è scoppiata la festa…

Il podio del GP Industrie del Marmo, con Dati fra Oioli (2°) e Turconi (3°, foto Pagni)
Il podio del GP Industrie del Marmo, con Dati fra Oioli (2°) e Turconi (3°, foto Pagni)
Come nasce il Dati ciclista?

Molto presto, quasi come un gioco. C’era mio cugino che correva come G1 e io per stare con lui e continuare a giocare l’ho seguito. Ho visto che mi divertivo e andavo anche bene, così ho continuato, lui invece si è dedicato poi al calcio e ha smesso anche con quello.

Tu sei il classico passista…

Sì’, vado anche bene sulle salite medio-brevi, non sono al livello dei migliori scalatori quando si tratta di ascese molto prolungate o con pendenze spinte. Mi manca forse qualcosa in volata ma nei gruppi ristretti posso dire la mia come è avvenuto domenica.

Buon passista, Dati ha conquistato lo scorso anno il titolo regionale a cronometro
Buon passista, Dati ha conquistato lo scorso anno il titolo regionale a cronometro
Vai anche molto bene a cronometro, sei campione regionale in carica. Una qualità non comune…

Le crono mi piacciono, anche se ne ho fatte poche. Il titolo l’ho vinto in una gara che era una cronoscalata, rispecchiando un po’ tutte le mie caratteristiche. Non ho fatto finora allenamenti specifici, ma proprio in questi giorni mi è arrivata la bici da crono per preparare il Giro Next Gen, quindi ora alternerò gli allenamenti classici con quelli specifici contro il tempo.

La tua propensione per le prove a cronometro fa di te un corridore che potrebbe anche guardare alla classifica nelle corse a tappe.

Lo scorso anno al Giro ho sofferto troppo la tappa dello Stelvio, ma nelle altre tappe riuscivo spesso a stare al passo dei più forti. Io sinceramente non mi vedo molto come uomo da classifica, preferisco più guardare a singole tappe che si confanno alle mie caratteristiche, so però che nelle corse di più giorni vado migliorando verso la fine. Vedremo come si metterà la corsa, ma di base preferirei puntare a una vittoria parziale.

Finora il toscano non è mai emerso nelle prove a tappe, ma le possibilità ci sono tutte
Finora il toscano non è mai emerso nelle prove a tappe, ma le possibilità ci sono tutte
La squadra dal suo canto sembra vivere un momento molto positivo, considerando anche la vittoria di Davide Donati al Liberazione. A che cosa si deve?

La Biesse Carrera è sicuramente una delle squadre più forti in questo panorama nazionale, in ogni gara alla quale partecipiamo ci sono 3-4 corridori che possono tranquillamente puntare alla vittoria. Secondo me è stato molto importante il ritiro prestagionale che abbiamo fatto fra gennaio e febbraio in Spagna, perché non solo si è lavorato bene dal punto di vista tecnico, ma si è formato un bel gruppo. Nelle corse ognuno pensa prima di tutto alla squadra, lavoriamo per essa e in base alla corsa si vede su chi puntare. Poi effettivamente qualche piazzamento si poteva anche tramutare in vittoria, il bilancio per certi versi è addirittura inferiore a quanto si poteva.

Tu sei all’ultimo anno, hai qualche contatto?

Per ora ancora no, spero infatti che questa vittoria sia foriera di altri risultati e che alla fine qualcuno possa rimanerne colpito. Per questo spero tanto che il successo carrarese sia solamente il primo.

Tommaso Dati con Bracalente e Guerra nella lunghissima fuga della prima tappa al Giro d’Abruzzo
Tommaso Dati con Bracalente e Guerra nella lunghissima fuga della prima tappa al Giro d’Abruzzo
C’è un corridore al quale ti ispiri?

Molti potranno rimanere sorpresi ma non è uno contemporaneo, uno dei campionissimi del periodo che stiamo vivendo. A me è sempre piaciuto Tom Boonen, forse perché vinceva nelle classiche e sono quelle le mie corse preferite. Il belga andava fortissimo sul pavé ma aveva soprattutto uno stile che mi è rimasto fortemente impresso. Vorrei tanto rivedermi in lui…