Dislivello e percorso: come si scelgono i rapporti?

29.07.2024
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Spesso abbiamo visto in quest’ultimo Tour de France gli atleti cambiare rapporti e anche al Giro d’Italia Women le cose non sono andate diversamente. Addirittura c’è chi, come Mavi Garcia, ci hanno spiegato che ha una sorta di linea di demarcazione circa la scelta degli ingranaggi da spingere. Sopra ai 2.000 metri opta per la corona da 36 denti, al di sotto lascia la tradizionale corona da 40.

Questa regola vale per tutti? C’è una formula ben precisa? Ne parliamo con Marco Pinotti, tecnico proprio in forza alla Jayco-AlUla dove corre guarda caso anche la stessa Garcia, che ha dato un po’ il “la” a questo argomento.

Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla
Marco Pinotti, ex corridore, è oggi uno dei preparatori della Jayco-AlUla
Tu, Marco, sei sia un coach che un ingegnere, quindi molto attento anche alla scelta dei materiali: cosa ci dici di questo “split” del dislivello come discriminante per la scelta dei rapporti?

Oggi tutto è molto standard, quindi non è così facile cambiare. Prima la guarnitura classica era con il 53-39, adesso è con il 54-40 però più che dal dislivello la scelta dipende dal percorso. Se ci sono 4.000 metri di livello, però le salite sono pedalabili e ci sono anche tante discese io tengo il 54-40, anzi, magari metto il 55. Uno pensa solo alle salite ma ci sono anche le discese. E poi com’è l’arrivo? Veloce, tira a scendere? O al contrario sale?

Quindi non esiste una formula che faccia da spartiacque insomma…

No, ripeto comanda il percorso. Il dislivello non può e non sempre dice tutto. Magari l’intera tappa ha solo 1.200 metri di dislivello, ma il finale è su uno strappo al 20 per cento e lì ti serve il 36. Magari potresti montare il 52, ma solo perché è più facile e meno rischiosa la cambiata. Semmai c’è uno standard di rapporti per cui ti alleni.

Cioè?

Magari fai il 95 per cento dei tuoi allenamenti con determinati rapporti e il restante 5 provi altro. In ogni caso non è il dislivello che conta, ma più le pendenze. E in questo caso l’esigenza di provare altro.

L’avvento del 12 velocità ha ridotto notevolmente i cambi di rapporto e standardizzato molte scelte tecniche
L’avvento del 12 velocità ha ridotto notevolmente i cambi di rapporto e standardizzato molte scelte tecniche
In questa scelta, Marco, sono più sensibili gli uomini o le donne?

Dipende dai singoli atleti. Diciamo che con le donne forse serve un pizzico in più di attenzione: hanno meno forza quindi i rapporti sono un pochino più agili in generale. E lo sono anche perché sviluppando velocità più basse, per forza di cose per mantenere una certa cadenza vanno alla ricerca di rapporti più corti. Quindi magari loro quando ci sono frazioni dure tendono a cambiare un po’ di più (a ridurre le corone soprattutto, ndr)

L’avvento delle scale ampie come l’11-30 o ancora di più l’11-34, ha inciso nelle scelte tecniche?

Certo, sia perché i salti tra un dente e l’altro sono più ampi, sia perché di base si cambiano molto meno le scale posteriori. In più va detto con le 12 velocità anche questi salti si sono ridotti. E questo è molto comodo per meccanici e atleti che ad ogni tappa non devono stare lì a trafficare con il pacco pignoni.

C’è stato un caso in cui ti sei un po’ trovato al limite con la scelta dei rapporti per i tuoi atleti?

Su strada ormai no, proprio per il discorso appena fatto dell’ampio range delle dentature moderne. A crono invece un po’ sì. Forse in qualche caso il monocorona con l’11-34 può essere un po’ atipico. Penso forse alla crono dell’anno scorso al Tour.

I velocisti (qui Caleb Ewan) in salita vanno alla ricerca dell’agilità
I velocisti (qui Caleb Ewan) in salita vanno alla ricerca dell’agilità
Perché?

Avevi magari un plateau 58-42 il che rappresenta un bel salto, sono 16 denti. E con quel dislivello e quelle pendenze della crono di Combloux la scelta non era scontata. E infatti noi allertammo un po’ i nostri corridori che scelsero la soluzione del 58-42. Gli dicemmo di stare un filo più tranquilli con la pedalata durante la cambiata, soprattutto quando la catena doveva salire dal 42 al 58. In discesa c’è il “dente di cane” e il rischio è poco, posto che comunque resta. Mentre in salita non è così scontato che stando del tutto in tiro questa salga facilmente.

Marco, nella scelta dei rapporti sono più sensibili i passisti o gli scalatori?

I velocisti, probabilmente. I passisti i rapporti li girano bene. I velocisti invece sono sensibili sia quando c’è da fare una volata che in salita.

Spiegaci meglio…

In volata sono molto attenti alle caratteristiche dell’arrivo: se tira, se è piatto, se c’è vento… Li vedi che sono lì a scegliere tra 56, 55, 54 o anche più se vogliono fare lo sprint con il 12. E lo stesso vale per quando devono affrontare le tappe in salita. Vanno alla ricerca di un rapporto che gli consenta di salire senza fare troppa fatica, o meglio: di far girare la gamba. Insomma è più facile trovare uno sprinter col 36 piuttosto che uno scalatore. E qui ritorniamo un po’ al discorso di prima delle velocità. In salita il velocista va più piano e cerca dentature più corte per fare cadenza.

Colnago G4-X, la gravel per spingere forte

28.07.2024
7 min
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Colnago G4-X significa gravel race e significa una famiglia di bici dove la competizione è l'obiettivo principale. Questa versione è facilmente accostabile alla V4Rs da strada, soprattutto in fatto di design, impatto estetico e per alcuni dettagli, ma le performance sono molto diverse. G4-X è una bici decisa, rigida, ma non estrema, che fa dell'equilibrio e della stabilità i punti di forza

La Colnago G4-X, la bici gravel destinata al race e alle competizioni è una di quelle bici che ci piace categorizzare come un’ottima bici da strada mascherata per il gravel.

Come va e come si comporta sui diversi terreni? Quale setting è il più adeguato per una bici di questa caratura tecnica? A chi si rivolge? L’abbiamo provata e messa alla frusta e non ci siamo risparmiati.

G4-X una gran bici anche su asfalto
G4-X una gran bici anche su asfalto

Una Colnago per andare ovunque

La G4-X nasce con un’impronta marcatamente race e sotto un certo punto di vista la possiamo accostare alla V4R-s da strada. L’accostamento, seppur legato esclusivamente al design, in parte all’impatto estetico, si ferma alla sola immagine, perché tutto il resto cambia. Ma è un’argomentazione che identifica il progetto e la categoria della quale fa parte la bici: agonismo, performances e gare.

C’è un però ed è quello legato alla possibilità di configurare questo mezzo un po’ con tutti gli allestimenti, un fattore importante sotto il profilo della sfruttabilità. Si può montare il deragliatore e di conseguenza il doppio plateau. Non ci sono limti per il montaggio delle ruote e ci stanno bene anche degli pneumatici “ciccioni” e le geometrie (taglia per taglia) sono una chicca. Se contestualizzate nel gravel ci mostrano una bici piuttosto compatta, ma non estrema, se riportate al mondo road siamo al pari di tante bici specifiche per l’asfalto, con uno stack (altezza) maggiore, quindi a favore di una posizione meno tirata. Inoltre è davvero gratificante in fatto di impatto visivo, piena, sostanziosa, si adatta bene con le ruote alte o basse. Non è necessario montare delle ruote ad alto profilo per girare lo sguardo verso la Colnago G4-X.

La Colnago G4-X del test

Una taglia 52s, con trasmissione Sram Force AXS XPLR (corona da 40 e pignoni 10/44) e ruote Fulcrum Rapid Red in alluminio. Pneumatici Pirelli Gravel e comparto manubrio in alluminio con stem Colnago e piega di Deda. La sella è di Selle Italia.

Abbiamo rilevato un valore alla bilancia di 8,6 chilogrammi, un peso onesto, ma con un ampio margine per chi vuole limare e far fare alla bici una cura dimagrante importante (a prescindere dal portafoglio). Il prezzo di listino della G4-X è di 5.710 euro, ottimo considerando il rapporto qualità/prezzo.

La testa alta e arcuata della forcella, uno dei dettagli della G4-X
La testa alta e arcuata della forcella, uno dei dettagli della G4-X

Rigida e bella tosta sull’anteriore

Non fa nulla per nascondere la sua rigidità complessiva, goduriosa sotto molti punti di vista, impegnativa ed esigente sotto altri. La G4-X è il classico esempio di bici da customizzare in fatto di gomme, considerando la sezione, le pressioni di esercizio e la tipologia di tassellatura, ma anche lo stile di guida. E’ il primo componente che può fare la differenza (in positivo o negativo) su un mezzo del genere, dove è necessario sfruttare anche l’elasticità e il potere smorzante dello pneumatico.

Davanti ed in tutta la porzione centrale la Colnago è davvero sostenuta. L’anteriore si sente quando ci si alza in piedi e si scarica tutto il peso del corpo, perché non perde nulla e la forcella non dà quel senso di gommosità. Al centro è un riferimento per la categoria e decisamente superiore alla media anche rispetto a tante bici da strada. Rigida e stabile.

Tanta luce per il passaggio delle gomme

L’abbiamo provata anche in un contesto piuttosto fangoso e con gomme da 44. Zero problemi e questo è un aspetto da non fare passare in secondo piano, perchè con una bici del genere la voglia di osare e buttare il cuore oltre l’ostacolo viene e deve essere assecondata nel giusto modo.

Non esiste nessun problema per la parte anteriore, perché il passaggio tra forcella e gomma è davvero abbondante, mentre la parte bassa del carro posteriore è più stretta. Con le gomme larghe e settate nel giusto modo la bici diventa un carro armato e non ha paura di nulla, anche se a nostro parere la configurazione che gli rende maggiore merito è con quella da 40. si risparmia qualche grammo e la Colnago resta anche veloce su asfalto.

Meglio le ruote medie

L’abbiamo provata in situazioni diverse e con treni di ruote molto differenti tra loro. Con le Fulcrum in dotazione, con le Ursus Countach da 35 millimetri e con le DT Swiss GRC di nuova generazione da 50 millimetri. Consideriamo le Fulcrum in alluminio un ottimo prodotto da usare tutti i giorni ed eventualmente per il training. Le Ursus e le DT Swiss sono votate alla gara e sono il vestito perfetto per la Colnago. Con le DT Swiss la G4-X diventa velocissima e sui tracciati vallonati è un proiettile, più impegnativa invece se portata nel tecnico e quando le velocità scendono al limite del ribaltamento (ad esempio sui salitoni oltre il 15%).

La nostra preferenza è verso delle ruote dal profilo medio, non tanto per una questione di peso, ma per quello che riguarda lo sfruttare a proprio favore una certa agilità, a prescindere da terreno, tecnicità e contesto ambientale. Risparmiare qualche energia nelle fasi di guida è un fattore utile nel medio/lungo periodo. In una gara gravel può fare la differenza.

Una bici agile sempre, non un cavallo imbizzarrito
Una bici agile sempre, non un cavallo imbizzarrito

In conclusione

Colnago G4-X è una bici completa. Non ha una doppia anima, perché il suo DNA corsaiolo viene fuori a prescindere, ma la sua predisposizione ad essere tanto stradale, quando predisposta al gravel race è lampante. Una bici unica per fare tutto e farlo bene, con il piacere di guardare il mezzo a prescindere dall’allestimento. E’ una bici tutta d’un pezzo, senza tanti fronzoli e dove la scritta Colnago sulla tubazione obliqua non fa altro che arricchire il valore tecnico della bici.

Non stiamo argomentando un mezzo estremo, la G4-X non lo è nel peso, nell’allestimento della bici test e neppure nelle prestazioni, anche se è bene ricordare che si argomenta una bici da gara. Si scrive di Colnago, bici che da sempre fanno dell’equilibrio e delle geometrie i valori aggiunti con i quali si entra realmente in contatto una volta che si sale in sella.

Colnago

Ganna contro Remco, la differenza l’ha fatta la pista?

28.07.2024
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«Ganna purtroppo – dice Malori cambiando tono – ha sempre, passatemi il termine, la spada di Damocle della pista. Lui è l’unico in gara che partiva per vincere, ma che ha preparato anche la pista. Gli altri del podio vengono dal Tour, un’altra gamba. Quindi per me sulla carta, Ganna oggi avrebbe anche potuto avvicinare Evenepoel, magari fare qualche secondo in meno. Però chiaramente, dovendo fare entrambe le preparazioni, non ha potuto curare tutto al meglio come esigerebbe un’Olimpiade. Non voglio fare il saputello, ma se ti alleni per essere Cristiano Ronaldo, non sarai pronto per fare il centrocampista e viceversa».

La crono e la pista, le due facce della stessa anima: non chiedete a Ganna di scegliere, non potrebbe. Però è innegabile che la specializzazione estrema pretende l’esclusività del lavoro e questo potrebbe risultare penalizzante. A noi piace tanto il Ganna che rincorre (e ottiene) medaglie nell’una e nell’altra, ma possiamo capire il ragionamento estremamente concreto di chi punta all’oro e non vede alternative.

La crono di Parigi ha emesso i suoi verdetti e i 15 secondi fra l’oro e l’argento, tre più di quelli dello scorso anno ai mondiali, per Malori si spiegano con la diversa preparazione. Adriano le Olimpiadi non le ha mai corse, sarebbero state il suo obiettivo di quel 2016 in cui la vita cambiò per la caduta in Argentina. Da allora però non si perde una crono e la sua analisi di quello che vede è spesso diretta e pertinente. Per questo gli abbiamo chiesto di rileggere insieme la prova olimpica di ieri, con la vittoria di Evenepoel su Ganna e Van Aert.

Grande crono per Ganna, ma la coabitazione con la pista porta a sacrificare qualcosa?
Grande crono per Ganna, ma la coabitazione con la pista porta a sacrificare qualcosa?
Si può dire che ti aspettassi un risultato simile?

Mi aspettavo vincesse Evenepoel. Se il percorso fosse stato asciutto, sarebbe stato perfetto per passisti pesanti, come Tarling e Ganna, ma Remco vola quando esce dai Grandi Giri. Mi ricorda quello che fece nel 2022, quando vinse la Vuelta e ai mondiali in Australia fece terzo nella crono e dominò la prova in linea. Perciò, quando ho visto che è uscito così bene dal Tour, ho detto che avrebbe vinto di sicuro. Poi mi aspettavo Tarling secondo e Ganna terzo e forse se l’inglese non avesse bucato, sarebbe andata così. Però comunque Filippo ha fatto una grande prestazione, secondo me, anche per il fatto che la sua preparazione è sempre divisa tra crono e pista.

Quindi secondo te la pioggia ha inciso?

Sì, assolutamente. Però sono convinto che questo rende ancora più notevole la performance di Evenepoel. Sappiamo che Remco non è un drago a guidare la bicicletta. Anche sullo sterrato al Tour abbiamo visto che era in difficoltà rispetto a Pogacar e Vingegaard, quindi sicuramente nelle curve, rispetto a Van Aert, ha pagato dazio. Per questo la sua prestazione prende ancora più risalto. Il fatto che abbia vinto con un margine di soli 15 secondi mi fa pensare che con l’asciutto ne avrebbe guadagnati tranquillamente altri 10.

Tarling ha pagato il cambio di bici per foratura e la necessità di rilanciare dopo le curve
Tarling ha pagato il cambio di bici per foratura e la necessità di rilanciare dopo le curve
Ha vinto il mondiale con 12 secondi, questa volta con 15: il gap cresce invece di scendere…

Purtroppo il problema con Evenepoel, tra virgolette, è che ha una potenza eccezionale, peso ridotto, ma soprattutto un coefficiente aerodinamico irrisorio. Remco ha un quarto del CX di Ganna e Tarling, perché è minuto e pesa 60 chili, quindi è duro da battere. In più ha finito il Tour increscendo. Il segnale è stato quando nell’ultima tappa di montagna ha messo la squadra a tirare per attaccare il secondo posto. Poi Vingegaard l’ha staccato, perché in salita va il doppio anche se è all’80 per cento. Per questo dico che mi aspettavo una prestazione di altissimo livello.

E’ parso anche pedalare a una frequenza maggiore.

Sì, anche secondo me e questo è sicuramente un altro segno di grande condizione. Però parlando di Ganna, ho visto dalla muscolatura notevole. Si vede che ha allenato tanto la forza, perché nel quartetto partirà da fermo con il 66×14, quindi dovranno avere una forza disumana. Per questo ci sta che fosse un po’ più duro. Invece secondo me, la grande sorpresa, visto come era andato ultimamente, è stato Van Aert. Finalmente ha rialzato la testa, dopo un anno in cui anche prima dell’incidente non era neanche parente del corridore che faceva staccare Pogacar in salita. E’ bello averlo visto così e attenzione per la gara di sabato: se dovesse arrivare con un gruppetto di 4-5 rischia di vincere l’oro su strada.

Il bronzo propone un Van Aert in netta ripresa. Le due ruote lenticolari hanno colpito
Il bronzo propone un Van Aert in netta ripresa. Le due ruote lenticolari hanno colpito
Ti ha stupito con la scelta della doppia ruota lenticolare?

Non si vede troppo spesso, però so per certo che è una scelta molto performante. Visto il percorso, ha fatto bene a usarla, anche se con la pioggia io avrei evitato, puntando su un altissimo profilo. Su asciutto invece, sarebbe stata perfetta. Ma di certo uno che viene come lui dal cross era l’unico in grado di guidarla sul bagnato. Secondo me comunque deve averla provata da tempo, perché è parso molto sicuro della sua scelta.

E’ stata una crono corta, anche rispetto ai 44 chilometri di Tokyo. Sarebbe cambiato qualcosa con 10 chilometri in più?

Se avessero fatto 45 chilometri, Remco avrebbe dato un minuto a entrambi. E’ stato fenomenale, ma su una cosa non mi è piaciuto, cioè quando ha criticato così duramente le strade di Parigi. Poteva usare altre parole, dire che l’asfalto non è ottimale. Detto da uno che viene dal Belgio dove le strade sono di cemento con le righe, è parso eccessivo. E poi ha fatto 53,7 di media con la pioggia e le curve, quindi non era un asfalto così orrendo.

Pensi che lui possa fare bene anche su strada?

Non gli metto limiti, ma credo anche che lo strappo di Montmartre non sia tanto adatto a lui, che non è un grande limatore. Credo che il grande favorito sarà Alaphilippe. Al Giro lo abbiamo visto rialzare la testa, come non si vedeva da tanto tempo. Si è preparato in Italia, al passo San Pellegrino, per starsene tranquillo. Deve trovarsi una squadra e si corre in Francia. Secondo me sarà un duello fra lui e Van der Poel, con Van Aert che si metterà di mezzo. Anche perché per la prima volta da inizio anno l’ho visto con un peso decente. Secondo me la prova su strada sarà una gara tanto bella.

Ganna è ora atteso a una settimana di lavoro a Montichiari prima delle gare su pista
Ganna è ora atteso a una settimana di lavoro a Montichiari prima delle gare su pista
Ma volendo dire un’ultima cosa sulla crono, come fa Ganna per battere Evenepoel?

L’unico modo è trovare una crono più lineare di questa. In un percorso dove le curve abbassano molto la velocità a causa della pioggia, uno come Remco rilancia meglio la bici dato che pesa 10-15 chili meno di Ganna o Tarling. Quindi l’unica cosa è che non piova e ci siano meno curve. Perché oggettivamente è brutto dirlo, però da quando Evenepoel ha iniziato a a fare l’Evenepoel, Ganna non ha più vinto una crono titolata.

Può essere che ormai lo soffra anche psicologicamente?

Su questo discorso bisognerà fare un pezzo a parte, perché io mi trovavo regolarmente davanti Cancellara, Tony Martin oppure Wiggins. Quindi o stai a casa oppure trovare la motivazione è semplice. Cercare di capire dove migliorare, come migliorare e dare sempre il meglio di sé. E credo che Ganna lo faccia. Comunque parliamo di esseri umani, non di computer. Può esserci la giornata storta o magari capita che l’avversario non sia super e perda quel mezzo secondo al chilometro. La grossa speranza quando l’avversario è superiore è sempre questa. Adesso però facciamo di nuovo il tifo per Pippo, in pista i fenomeni siamo noi.

Il calvario di Belletta: dall’ospedale al Czech Tour

28.07.2024
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Il nome di Dario Igor Belletta lo abbiamo ritrovato su una lista di partenti ad una gara dopo tre mesi dall’ultima volta. Nel mezzo, per il corridore del devo team della Visma-Lease a Bike, c’è stato un lungo calvario causato da una caduta al Tour de Bretagne. In Francia Belletta ha rimediato diverse fratture e un grande spavento. Ora ha ripreso la bici e sta riassaporando le sensazioni della gara al Czech Tour, la sua prima apparizione nel team dei grandi. 

«Oggi stavo parecchio bene – afferma il lombardo dopo la seconda tappa – è la prima corsa dopo tanto tempo e avere queste sensazioni mi fa piacere. Prima dell’ultima salita ero con i migliori trenta, ho lavorato per la squadra anche se poi non abbiamo capitalizzato. Ho fatto una delle mie migliori prestazioni di sempre e ne sono felice. Vuol dire che il peggio ormai è alle spalle».

Una foto del lombardo dopo l’incidente al Tour de Bretagne. Era il 26 aprile
Una foto del lombardo dopo l’incidente al Tour de Bretagne. Era il 26 aprile

Tre mesi fuori

La stagione di Dario Igor Belletta si è interrotta a fine aprile in Francia, al Tour de Bretagne, poco prima di tutti gli appuntamenti più importanti per la stagione U23. 

«Al Bretagne sono caduto – racconta – ed ho subito diverse fratture, tra cui una allo zigomo che ha richiesto un intervento chirurgico per recuperare. Un’operazione alla faccia a 20 anni non è mai semplice da subire, ma per fortuna il chirurgo ha fatto un gran lavoro e praticamente i segni sono invisibili. Mi hanno messo anche delle placche nella zona della guancia, il che non rendeva semplice pedalare, visto che ogni buca o dosso mi causavano dolore».

Cosa hai pensato in quel momento?

In realtà i ricordi sono confusi. Dopo la caduta ho perso i sensi e mi sono risvegliato due ore dopo in ospedale. Non sapevo nemmeno di essere stato ad una corsa. Quando gareggi in bici sai che vai incontro a certi rischi, ma quando ti capitano cambi prospettiva. Guardi gli altri correre e non è bello, però sei felice di stare bene e non vedi l’ora di riprendere. 

Dario Igor Belletta incontrato questa primavera al Giro del Belvedere
Dario Igor Belletta incontrato questa primavera al Giro del Belvedere
Com’è stata la prima uscita in bici dopo l’intervento?

Penso di non essermi mai goduto così tanto un’ora in sella alla mia bicicletta. La squadra mi è stata parecchio vicina, tanto da farmi firmare il prolungamento del contratto di un altro anno con il devo team. Non ho avuto nessun tipo di stress o pressione.

I compagni?

Mi sono stati vicini. Ad un mese dalla caduta sono andato a Borgomanero, dove c’era l’arrivo della quarta tappa del Giro Next Gen. Respirare l’aria delle corse, passare le borracce ai miei compagni mi ha fatto sentire parte della squadra. Sono tornato a respirare l’aria delle corse e mi sono dato un obiettivo, guarire e tornare. 

Belletta è alla Visma-Lease a Bike dallo scorso anno e ci resterà una stagione ancora
Belletta è alla Visma-Lease a Bike dallo scorso anno e ci resterà una stagione ancora
Poi c’è stato da ricostruire la condizione, per tornare alle gare…

Un mese dopo l’operazione sono andato con il team in altura ad allenarmi per una ventina di giorni. Ho gettato le basi per ripartire e penso di averlo fatto al meglio, viste anche le sensazioni che ho avuto in questi giorni. Ora vediamo, rimango sempre speranzoso di ottenere una chiamata da Amadori per il mondiale o l’europeo. 

Con la squadra che obiettivi hai?

Di vedere la gamba crescere ancora e stare sempre meglio. Poi spero di tornare a correre con i professionisti nelle gare di fine stagione in Italia, di solito la squadra partecipa alla Tre Valli e alla Bernocchi. Sarebbe bello esserci. 

Intanto hai collezionato la tua prima presenza tra i pro’ al Czech Tour, com’è andata?

Posso dire che la prima tappa, che era totalmente piatta, è stata noiosa. Il gruppo non ha lasciato andare la fuga e quindi la giornata è stata super controllata. Da un lato, per me, è andata bene visto che ho ripreso confidenza nel pedalare con 170 persone accanto. Mi serviva ritrovare un po’ di fiducia, dove lasciavo dieci centimetri ora mettevo due metri. Quindi quei primi chilometri sono stati utili. In allenamento ero tornato a pedalare in un gruppetto, ma è in gara è tutto diverso, più frenetico. Nei giorni successivi ho riacquistato tanta fiducia.

Il Tour di Vingegaard: ragionando a mente fredda con Pino Toni

28.07.2024
6 min
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Cosa ci ha detto il secondo posto di Jonas Vingegaard al Tour de France? Ci sono diversi aspetti da valutare a mente fredda riguardo al danese. Come è variata la sua condizione nel corso delle tre settimane. Come ha reagito fisicamente e mentalmente. Cosa ci si può attendere da lui.

Sono aspetti tecnici che svisceriamo con il preparatore toscano Pino Toni, il quale su certi temi, forte della sua esperienza, ha vedute a 360°.

Pino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con atleti professionisti
Pino Toni ha collaborato con molti team e tutt’ora collabora con atleti professionisti
Pino, partiamo da un tuo giudizio generale sul Tour di Vingegaard.

Se è vero quello che ha detto il suo staff, e cioè che è andato più forte di quando ha vinto il Tour, e io ci credo perché altrimenti in quel team non lo avrebbero portato, direi che ha fatto una grande corsa. Jonas e la Visma-Lease a Bike hanno fatto un gran bel lavoro per rimetterlo in sesto, ma non è bastato. L’altro, Pogacar, nel frattempo è cresciuto tantissimo. I 6,7 watt/kg che ha espresso l’anno scorso sulle salite lunghe non bastavano più. Adesso servono i 7 watt/kg. Sono cambiati i parametri di riferimento. Almeno per vincere, perché comunque con 6,7 watt/chilo si è competitivi. Non dimentichiamo che Vingegaard ha messo dietro il miglior Evenepoel di sempre.

In tanti si aspettavano una crescita di Vingegaard nel corso delle tre settimane. Non è avvenuto, come mai?

Perché questo è il ciclismo attuale di altissimo livello. Anche se sei un Pogacar o un Vingegaard, se non arrivi al top non cresci come un tempo. Oggi non è più possibile. E poi questo aspetto secondo me va visto in modo un po’ diverso.

Cioè?

Secondo me in casa Visma non si aspettavano tanto che crescesse Vingegaard, quanto piuttosto che calasse Pogacar, che di fatto sarebbe stato alla sesta settimana di corsa tra Giro d’Italia e Tour. Che calasse di condizione. Perché poi c’è anche da fare un distinguo fra condizione e prestazione.

D’ora in poi non sarà facile per Jonas inseguire Tadej
D’ora in poi non sarà facile per Jonas inseguire Tadej
Spiegaci meglio.

La condizione è la base, la prestazione è la performance. Faccio un esempio, per ottenere un’ottima prestazione, se magari voglio che il mio atleta faccia i suoi 20′ migliori di sempre, fatta la sua preparazione gli faccio fare due giorni di scarico, uno di attivazione e poi il test sui 20′ e se tutto va bene otterrò il suo top. La condizione invece nel caso del Tour è il livello base di quell’atleta. Sono le capacità dell’atleta a reagire al gruppo, agli eventi e alle condizioni della corsa. E’ il riuscire a stare davanti, a fare la gara. Non si tratta solo di numeri.

Lo abbiamo visto anche al Giro Women che il caldo ha fiaccato le ragazze, non hanno espresso i migliori valori, ma hanno comunque creato delle differenze: questo è il concetto?

La condizione di Vingegaard era buona, ma inferiore a quella di Pogacar. Anche quando ha vinto la tappa, la faccia di Jonas non era bellissima. Si vedeva che aveva speso molto. Lì per esempio, nel suo caso, si è trattato di una performance. Jonas era più fresco, mentre l’altro aveva un Giro d’Italia alle spalle. Ma poi la condizione era diversa. Per questo io credo che ora, al netto dell’incidente di Vingegaard, Pogacar sia più avanti.

Per Toni, Vingegaard non ha grande margine di miglioramento, specie a crono dove lui e il suo team erano già ad un livello stellare
Per Toni, Vingegaard non ha grande margine di miglioramento, specie a crono dove lui e il suo team erano già ad un livello stellare
E quindi adesso Vingegaard cosa dovrà fare? Dove potrà limare ancora?

Intanto un’altra cosa che ci ha detto questo Tour è che un avvicinamento senza incidenti è fondamentale. Entrambi, si è visto, che con l’incidente lo hanno perso. Che sia un fattore di numeri, di testa, di piani scombussolati… ma incide. Dove può crescere o limare il danese: io credo che più di tanto non possa crescere. Semmai dovrebbe migliorare in salita. Jonas può vincere un Tour contro Pogacar solo se è più forte, ma di tanto, in salita. Lo deve staccare in modo netto.

Perché?

Perché ora Tadej è più forte anche a crono. Ha fatto dei passi enormi, ma loro in UAE Emirates avevano da limare. In Visma non so quanto spazio abbiano ancora nella crono per migliorare. In UAE ci sono arrivati adesso perché in fin dei conti prima non avevano questa necessità. Ma questo ci dice anche che oggi per vincere a certi livelli l’atleta da solo, benché forte, non basta più. Servono gli staff. E loro due hanno due squadre importanti. Un po’ come la Formula 1.

In F1 si mette in pista una monoposto, nel ciclismo si mette in corsa un atleta…

Esatto. Chiaro che serve un grande atleta, questo è ovvio, ma poi serve che chi è dietro di loro vada oltre. Esca dalle righe, dalla routine, che faccia ricerca. Ricerca sui materiali, sull’alimentazione, sull’integrazione…

E’ una sfida anche di staff: tutti devo spingersi oltre, non solo gli atleti leader
E’ una sfida anche di staff: tutti devo spingersi oltre, non solo gli atleti leader
Come ne esce Vingegaard mentalmente secondo te? 

Per me Jonas deve considerare il suo Tour come un super Tour. E’ comunque il secondo al mondo nonostante quel grosso incidente ad inizio aprile. Sarà rimontato in bici a fine aprile, avrà ripreso a fare qualche allenamento specifico a maggio, mentre l’altro vinceva il Giro. Non ha avuto i tempi per metabolizzare quanto fatto. Ma per il resto ha messo dietro tutti, tutti tranne uno. Quindi per me ne deve uscire con un giudizio positivo.

A mente fredda abbiamo visto davvero che Pogacar al Giro si è allenato, non sarà bello da dire ma è così, tu per primo ci parlasti di “scatti per attivazione” durante la corsa rosa. Questa cosa potrebbe aver acceso qualche spia  d’interesse anche a Vingegaard? Potrebbe venire al Giro anche lui in futuro?

Bisogna considerare che sono due corridori un pochino diversi, anche se entrambi mirano al Tour. Pogacar può vincere tutto, anche la Roubaix, l’altro ha qualche limite in più. Vingegaard è un atleta un po’ più specializzato e il livello della sua prestazione top in una corsa di un giorno ce l’hanno diversi corridori. Per questo dico che forse a Vingegaard un Giro potrebbe costare un po’ di più che a Pogacar, fosse anche solo mentalmente. Chiaro, lo vincerebbe, ma il suo carico esterno sarebbe maggiore.

Carico esterno?

Sì, tutto quello che c’è intorno, la sua spesa in generale. Il suo TTS (il livello di stress, ndr) sarebbe maggiore e questo dipende da tanti fattori, il recupero o semplicemente le energie nervose per stare in gruppo. Tadej è molto abile e sciolto nello stare in gruppo, nel guidare la bici, Jonas un po’ meno. 

Ganna, le luci e le ombre di una crono bellissima

27.07.2024
6 min
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PARIGI (Francia) – La prima medaglia italiana dei Giochi di Parigi viene dal ciclismo. La conquista Filippo Ganna nella cronometro ed è anche il primo podio italiano dal 1996, cioè da quando la corsa contro il tempo è entrata nel programma olimpico.

«Ma non pesa come un oro», dice subito Pippo senza nascondersi. E‘ stato autore di una grande prestazione, a 53.331 km/h. Ma ancora una volta il belga ha fatto di più e gli è arrivato davanti di 25 secondi, rallentando leggermente nel finale. E proprio nel finale Ganna ha costruito il suo argento, mettendosi dietro Van Aert e ricacciando indietro l’assalto di un Tarling sfortunato per via di una caduta (anche Ganna ha rischiato), ma che è già proiettato nel futuro. E il primo a saperlo è proprio Filippo. «Il domani è suo, io inizio ad andare verso i 30 anni, forse l’ultima occasione per vincere l’oro olimpico era questa».

Mezzo pieno e mezzo vuoto

E’ un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, ma pur sempre mezzo. Aveva dichiarato che sarebbe uscito senza rimpianti. E’ così?

«Più di questo non potevo fare. Il rimpianto è il colore della medaglia. Mi sono difeso, ho portato a casa una medaglia. Ma da italiano è un po’ come vedere la Ferrari quando arriva seconda: ti rode. Nel finale ho trovato la motivazione per spingere come all’inizio, la prestazione è in linea con i miei valori. Non sono un drago con la pioggia, ma ho fatto il massimo. Non è bastato, ho preso quasi mezzo secondo al chilometro e questo brucia».

L’ironia di Van Aert

Con Evenepoel è una sfida infinita, che però ha quasi sempre lo stesso vincitore. «Lui è un fenomeno, un grande campione. Lo sapevamo bene sul podio, con Van Aert. Mi ha detto: “So cosa vuol dire arrivare secondo. Poi l’abbiamo presa a ridere, provando a farci un selfie sul podio, ma non è riuscito. Troppo stanchi».

A proposito di stanchezza, si diceva che Evenepoel potesse essere stanco dopo il Tour. Di sicuro non era stanco di vincere. E’ stato il più continuo in questa cronometro dove Tarling ha pagato la foratura, Van Aert è calato nel finale, Ganna ha avuto un passaggio a vuoto con una sbandata. Cosa è successo?

«Ci ripenserò. La rivedrò. Sapevo che quel punto era pericoloso, bisognava prenderlo un po’ meglio. Sul finale mi sono detto: “Filippo, è troppo tempo che aspetti, non puoi sederti proprio adesso”. E ho trovato questa medaglia, che mi dispiace non sia d’oro. Ho faticato tanto, ho dovuto buttare via la visiera perché non vedevo più neanche il manubrio. Dovevo decidere se andare a terra o vedere la strada».

Le scuse a Mattarella

Ora non è più tempo di vedere la strada, ma la pista. E per un po’ non è più tempo di vedere Parigi. «Domani tornerò in pista a Montichiari con i miei compagni e cercherò di regalare all’Italia un’altra gioia. So che i ragazzi erano insieme a vedermi sul maxischermo, ora sono pronto a raggiungerli. Dopodomani sarò di nuovo con loro».

Sulla pista non ci saranno problemi di percorso o di pioggia. «Alla fine questa era una gara intermedia – prosegue Ganna – né troppo lunga né troppo corta. Non sapremo mai come sarebbe andata con il sole, è inutile chiederselo. Ho provato a spingere fino alla fine, non so come fossi in classifica dopo la sbandata. Ho rischiato di saltare psicologicamente, ma ho continuato e sono arrivato secondo».

In quel momento ha pensato al motivo per cui quando gli si chiede a chi dedica la medaglia risponde sicuro: «A me stesso». Perché «tutti vedono i 36 minuti di gara, ma non il lavoro che c’è prima. Quello lo so solo io. E non potevo mandarlo sprecato». 

Al traguardo ha trovato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si è complimentato. «Gli ho detto che mi è dispiaciuto farlo aspettare sotto la pioggia, ma l’ordine di partenza era quello e io ero il penultimo». Prima di Evenepoel, che è arrivato ancora una volta prima di lui. 

L’analisi di Velo

In chiaroscuro anche l’analisi del commissario tecnico Marco Velo: «Filippo ha dimostrato di essere un campione, ribaltando una situazione che poteva vederci uscire dal podio. Ci ha regalato una splendida medaglia, la prima per l’Italia in questi Giochi. La sbandata? Non me ne sono accorto, ho sentito tutta la macchina che ha urlato, l’ho visto praticamente in terra. Poi ho visto quanto è stato bravo a rimanere in piedi. Se gli succede altre cento volte, cade centoventi. Gli ho detto di resettare e riprendere la concentrazione e lui ha fatto così. Il percorso? Più che altro la pioggia.

«Un atleta col fisico di Pippo fatica a rilanciare dopo le curve col bagnato. E’ come rilanciare un camion rispetto a una macchina. Comunque ha fatto numeri impressionanti, nulla da dire. E’ un signor podio, brucia, ma siamo consapevoli di aver fatto tutto al cento per cento».

Diciottesimo Alberto Bettiol, che non ha forzato, pensando alla prova in linea. Dove cercherà riscatto anche Elisa Longo Borghini, ottava nella gara vinta da Brown su Henderson e una sfortunata Dygert, condizionata da una brutta caduta.

Casa Belgio, guidati dal Nieuwsblad e dalle parole di Campenaerts

27.07.2024
5 min
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Che cosa si dice in casa Belgio alla vigilia della crono? Il quotidiano Het Nieuwsblad ha coinvolto per un’analisi della crono olimpica un altro specialista belga che non le manda a dire: Victor Campenaerts. Il vincitore della tappa di Barcelonette al Tour de France ha composto il suo podio analizzando i candidati alle medaglie di Parigi – Evenepoel, Tarling e Ganna –  con una serie di considerazioni che sintetizziamo per offrire il polso di come il Belgio del ciclismo si accinga a vivere il primo giorno di gare del ciclismo (in apertura foto Het Nieuwsblad/IMAGO/SW Pix).

Evenepoel e Van Aert arrivano a Parigi con diverse credenziali. Il secondo in effetti appare ancora sotto tono, ma va capito se i lavori fatti al Tour abbiano in qualche modo migliorato la sua condizione. Nei giorni scorsi ha provato un setup insolito sulla sua Cervélo, utilizzando la ruota lenticolare anche all’anteriore, dato che il percorso risulterà infine molto veloce. Il primo invece arriva con il morale alle stelle, la sensazione di essere il favorito e la sola crepa del terzo posto nella crono finale che potrebbe aver intaccato marginalmente la sua convinzione. Dopo la recon sul tracciato olimpico, Remco ha tuonato sulla condizione delle strade, a suo dire piene di buche.

Campenaerts ha 32 anni, è alto 1,73 e pesa 68 chili. Al Tour ha vinto la tappa di Barcelonette
Campenaerts ha 32 anni, è alto 1,73 e pesa 68 chili. Al Tour ha vinto la tappa di Barcelonette

Su Evenepoel

«Sarà una battaglia emozionante – ha detto Campenaerts a Het Nieuwsblad – una battaglia di secondi. Se a metà della cronometro ci fosse stata una salita di cinque chilometri al 6%, sarebbe stato meglio per Remco. Non perché non possa andare veloce su questo percorso, ma gli altri due sono troppo pesanti e ne sarebbero stati rallentati. Remco è in grado di gestire qualsiasi cosa in termini di percorsi: pesante, medio e piatto. Si corre a Parigi nel centro della città, dove ci sarà molto riparo a causa dei palazzi. Minore è il vento, maggiore è il vantaggio aerodinamico per Remco. Nei rettilinei andranno tutti a 60 all’ora.

«Vince Remco perché è in forma e ha un grande morale. Viene a Parigi con poca pressione. Ha fatto un buon Tour. E’ rimasto ancora per qualche giorno a Nizza con la moglie Oumi. E’ rilassato. Il Tour è stato il grande progetto suo e della squadra. Se al contrario il team avesse messo al centro le Olimpiadi, allora Remco avrebbe fatto più ricognizioni con l’allenatore della nazionale Sven Vanthourenhout. Anche se i due maggiori avversari hanno una preparazione più specifica, credo che possa vincere».

Tarling non ha più corso dopo i campionati nazionali e si è preparato per Parigi (foto Het Nieuwsblad/IMAGO/SW Pix)
Tarling non ha più corso dopo i campionati nazionali e si è preparato per Parigi (foto Het Nieuwsblad/IMAGO/SW Pix)

Su Tarling

«Conquisterà l’argento a vent’anni. Gli atleti inglesi alle Olimpiadi superano se stessi, le vivono con lo stesso spirito con cui tutti gli altri vivono il Tour de France. Tarling ha fatto di questi Giochi un obiettivo. La corona anteriore da 68 denti sarà un vantaggio. Ne ho parlato ampiamente con Remco alla Parigi-Nizza: non so lui cosa sceglierà. Ma ovviamente Tarling non spingerà il 68×11. Su questo percorso che ha poche curve, io avrei osato anche un plateau più grande davanti, ma sarei andato molto agile dietro. Ad esempio il 70X14 produrrebbe meno attrito meccanico. Penso ci abbiano pensato, la INEOS Grenadiers è più avanti rispetto alla squadra di Remco in termini di marginal gains.

«Per Tarling sono le prime Olimpiadi – è la riflessione affidata da Campenaerts a Het Nieuwsblad – ma questo non inciderà tanto. Che si tratti del Tour of Britain o di Parigi, la cronometro rimane una prova in cui si pedala dal punto A al punto B il più rapidamente possibile. Tarling non è solo un ottimo cronoman, ha anche avuto il percorso migliore per prepararsi».

Ganna si è diviso fra il lavoro in pista e quello della crono (foto Het Nieuwsblad/IMAGO/SW Pix)
Ganna si è diviso fra il lavoro in pista e quello della crono (foto Het Nieuwsblad/IMAGO/SW Pix)

Su Ganna

«L’italiano avrà avuto più o meno la stessa preparazione di Tarling, ma la nazionale britannica è leggermente diversa dagli azzurri. La forza degli italiani – annota Campenaerts su Het Nieuwsblad – è che nella corsa su strada, nonostante corrano tutto l’anno in squadre diverse, siano uniti come se fossero compagni per la vita. Questo in una cronometro non conta, ed è il motivo per cui ho messo Pippo al terzo posto. La INEOS Grenadiers aveva un progetto parallelo fra questi Giochi e il Tour. La dirigenza sapeva in anticipo che per Carlos Rodriguez non sarebbe stato facile arrivare terzo, così si è dedicata anche alla preparazione olimpica. Questa ha permesso a Tarling e Ganna di sviluppare il body in base alla velocità di gara stimata. L’effetto di un body migliore cambia a una velocità di 55 chilometri all’ora rispetto a una velocità di 48 chilometri all’ora.

«La nuova bici Pinarello sarà un grande vantaggio, soprattutto a livello psicologico. Se credi che vincerai e il tuo concorrente crede che tu sia imbattibile, allora sei già a metà dell’opera. Però non credo che aggiornando la bici si risparmieranno più di due secondi sull’intero percorso di 32,4 chilometri, anche se quei pochi secondi possono fare la differenza. Se alla fine Van Aert utilizzerà le due lenticolari, farà sicuramente una differenza maggiore rispetto alla nuova Pinarello. Il problema è che la bici diventa come un treno, difficile da guidare in curva. Wout è l’unico che possa guidarla e allora si avvicinerebbe ai primi tre. Mentre credo che Kung non avrà possibilità di medaglia, a meno che i primi tre non incorrano in qualche sfortuna».

Verso l’Avenir: una speranza di nome Ludovico Crescioli

27.07.2024
5 min
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Se si dovesse dire qual è l’arma di Ludovico Crescioli probabilmente diremmo la sua grinta. E anche la sua costanza. Anche se non sembra, visto il suo atteggiamento sempre molto pacato ed educato, il giovane toscano della Technipes – #inEmilia-Romagna è un lottatore nato. Un ciclista che sa soffrire come pochi.

E lo abbiamo visto in presa diretta al Giro della Valle d’Aosta, dove ha agguantato un podio davvero importante, specie in ottica futura e specie in ottica Tour de l’Avenir, dove Marino Amadori, il tecnico della nazionale U23, lo ha praticamente già investito del ruolo di capitano.

Ludovico Crescioli (classe 2003) al Valle d’Aosta dove ha anche indossato la maglia gialla di leader della classifica generale
Ludovico Crescioli (classe 2003) al Valle d’Aosta dove ha anche indossato la maglia gialla di leader della classifica generale

Crescioli ottimista

«Questo podio al Valle d’Aosta – ci aveva detto lo stesso Crescioli – alla fine è arrivato in maniera un po’ inaspettata. Nel modo… dovevo difendermi da Dostiyev e invece ho staccato Rojas. Forse proprio nell’ultima tappa si è presentato il momento più difficile. Dopo la caduta in avvio ci sono stati dei momenti travagliati. Ero rimasto indietro, ho cercato di rimontare ma al tempo stesso sono riuscito a restare tranquillo senza farmi prendere dalla foga e sinceramente sono contento di come mi sono comportato in questa situazione difficile».

Ludovico da qualche giorno si trova in altura al Sestriere, proprio avendo risposto all’appello di Amadori. Con lui i ragazzi dell’Avenir e dell’europeo.

«In generale venivo da un buon periodo di forma. Ero uscito bene dal Sibiu Tour e questo podio era un obiettivo. Posso dirmi soddisfatto. E’ un bel ritiro, con tutti i compagni della nazionale. Cerchiamo di dare il massimo. Margini di crescita ce ne sono. I primi giorni servono per recuperare un po’ questo Valle d’Aosta, e poi ci si concentra forte sull’Avenir».

«Cosa aspettarci da questo Avenir? Sicuramente di dare il massimo sia dal punto di vista personale che di squadra. Poi è difficile fare programmi, perché anche lì come al Valle d’Aosta e ancora di più, il livello sarà altissimo».

Al Giro Next Gen ci si aspettava qualcosa di più, ma nel complesso è servito per la sua crescita generale (@umbertozllosports)
Al Giro Next Gen ci si aspettava qualcosa di più, ma nel complesso è servito per la sua crescita generale (@umbertozllosports)

In crescita

Ludovico Crescioli è un classe 2003 e viene da ridere se ci ritroviamo a dover scrivere che non è più giovanissimo, però riguardo ai margini di crescita ha davvero ampio spazio. Crescioli è al primo anno in un team continental ed è anche la prima stagione che lavora in un certo modo.

«Ed anche è il primo anno che arriva a certi livelli – ci spiega il suo preparatore Alessandro Malaguti – e per questo lo dobbiamo rispettare. Non ha senso spingere troppo per ora. Dopo il Valle d’Aosta ha osservato un po’ di recupero e poi riprenderà a lavorare facendo qualche piccolo richiamo sia esplosivo, sia su salite lunghe. Ma niente di esagerato, perché il rischio è quello di voler strafare.

«In generale Ludovico sta comunque facendo ciò che speravamo dopo che abbiamo visto i suoi numeri. Sapevamo che non aveva mai lavorato in modo così organizzato e soprattutto che aveva fatto poche gare a tappe».

Francesco Chicchi (a sinistra) a colloquio con il cittì, Marino Amadori
Francesco Chicchi (a sinistra) a colloquio con il cittì, Marino Amadori

E Chicchi?

Francesco Chicchi è forse il tecnico che in questa stagione più è stato vicino a Crescioli e colui che lo ha diretto al Valle d’Aosta.

Francesco ve lo aspettavate così al Valle d’Aosta?

Sì, sapevamo che stava bene e che correva a questo livello, lo avevamo visto dopo il Sibiu, ma c’era sempre un punto di domanda: come sarebbero andati gli altri?

Che corridore è secondo te?

In salita va veramente forte ed è uno scalatore, però ha un vantaggio: quello di essere veloce. In un gruppetto ristretto lui può dire la sua e questo è un ottimo punto a suo favore.

Crescioli è con voi solo da quest’anno. Ha avuto un periodo di adattamento nel passaggio da una squadra under 23 ad una continental?

Ludovico arrivava dalla Mastromarco, che è un’ottima squadra, ma certo non faceva certe gare a tappe e sono quelle che ti cambiano il motore e ti fanno migliorare specie a questa età. Ludo le ha fatte tutte e tutte concluse quelle con i pro’ quest’anno: Coppi e Bartali, Giro d’Abruzzo, Sibiu… e si è adeguato bene. Ma bisogna considerare che è il primo anno che affronta un calendario così importante.

Crescioli (a destra) sul podio finale del Valle d’Aosta con Jarno Widar (primo) e Dostiyev (secondo)
Crescioli (a destra) sul podio finale del Valle d’Aosta con Jarno Widar (primo) e Dostiyev (secondo)
Ludovico è un 2003, è giovane, ma per i tempi attuali non giovanissimo. Sente un po’ questo “effetto tagliola” del fatidico quarto anno?

Ad essere sincero un po’ sì. Purtroppo sta diventando una legge non scritta di questo ciclismo. Proprio in questi giorni lo sento spesso e parliamo del suo passaggio tra i pro’, che avverrà, ma lui sente un po’ il peso del tempo che passa. Ha timore di perderne altro. Magari dopo che sistemerà questa cosa e firmerà correrà più tranquillo e potrà ottenere una vittoria.

Tra Valle d’Aosta e Avenir, può crescere ancora?

Conoscendolo e vedendo cosa ha fatto al Valle d’Aosta, io credo di sì. Che poi proprio perché al primo anno di una certa preparazione, nessuno sa dove può arrivare questo ragazzo. Come detto è la prima stagione che vive da corridore a 360°: un certo calendario, una certa alimentazione, certi carichi di lavoro. Io perciò dico che potrà fare bene… anche perché vuole ritagliarsi un posto per il mondiale di Zurigo. E lo vorremmo anche noi!

C’è stato un momento in questa stagione in cui lo hai visto un po’ insicuro e un altro invece in cui ti è parso deciso?

Al Giro Next Gen era molto giù. Stava male, voleva fermarsi, ma Coppolillo ha insistito per tenerlo in corsa e gli ha fatto capire che si deve andare avanti anche se non si è al 100 per cento. Sicuro invece proprio prima di questo Valle d’Aosta. Gli ho chiesto: “Ludo come stai?”. E lui non mi ha risposto, ma mi ha fatto l’occhiolino. Ecco quando fa così, significa che sta bene e anche per questo dico che dopo la seconda altura dell’anno, altra novità per lui, potrà fare bene all’Avenir.

La Bolide F TT di Ganna contro Remco (ma ce l’ha anche Tarling)

27.07.2024
6 min
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Ci siamo. Con la gara delle donne che si svolgerà nel primo pomeriggio, alle 16,32 scenderanno in strada i professionisti della crono. Le Olimpiadi di Parigi entrano nel vivo e il confronto al vertice sarà tiratissimo. I mondiali di Stirling dello scorso anno consegnarono alla storia la vittoria di Evenepoel con 12 secondi di vantaggio su Ganna e 48 su Tarling. Si ragionò a lungo su quel passivo così esiguo del piemontese e si concluse che gli interventi da fare fossero prevalentemente tecnologici, con la constatazione che l’aerodinamica del piccolo belga fosse migliore rispetto a quella dell’azzurro. Dal momento in cui è stato aperto il file olimpico, non sono stati lesinati sforzi. Per realizzare la nuova Bolide F TT, Pinarello ha deciso di investire in modo importante, coinvolgendo nuovamente Luca Oggiano e la sua NabaFlow, specializzata in studi sull’aerodinamica.

Tra comfort e prestazione

Le tempistiche sono state ridotte. Le scadenze olimpiche prevedevano che tutto fosse consegnato prima dei mondiali 2023. Alcuni progetti pertanto sono stati spinti per rispettare la scadenza, mentre il lavoro sugli atleti e sulla posizione sono andati avanti anche oltre agosto. Il primo passo è stata la scansione 3D completa degli atleti, per fare l’ottimizzazione della posizione in maniera digitale, che è la base del lavoro fatto con Ganna nel progettare la bici per il record dell’Ora. In NabaFlow per certe procedure si fa ricorso a tecniche di animazione miste a simulazioni sul cloud, ricorrendo a un software proprietario utilizzato anche per l’Ora di Pippo.

Tuttavia quello che va bene per la prova di un’ora in velodromo non è ripetibile su strada, con la differenza di sollecitazioni previste dalla crono. Perciò si è lavorato con i triatleti, rincorrendo il bilanciamento tra comfort e aerodinamica. Ganna ha sposato la causa senza preclusioni, avendo capito che alcuni passaggi possono comportare della fatica aggiuntiva per trovare la soluzione migliore. Giorni di test supplementari in più in galleria o in velodromo. Ogni atleta la prende in maniera diversa: alcuni sono molto aperti, altri quasi infastiditi. Ganna si è rimboccato le maniche e dagli studi, le simulazioni e i tanti test, è nata la Bolide F TT.

La Bolide F TT debutterà nel pomeriggio con tutti gli atleti del team Ineos Grenadiers

Lo spunto della pista

La nuova bici da crono di Pinarello è stata disegnata e realizzata per i corridori del team Ineos Grenadiers e debutterà stasera nella cronometro olimpica. Inizialmente si era pensato che la prima uscita sarebbe avvenuta al Tour de France, invece il debutto è stato affidato a Kwiatkowski, Sheffield, Tarling, Foss e ovviamente Ganna. La loro bici avrà una colorazione unica, che fonde Luxter Red Gold e Luxter Blu, riportando i colori delle nazioni sul tubo sella.

La Bolide F TT ha rielaborato molte delle tecnologie adottate per la Bolide F HR ottimizzate dal team dell’inseguimento a squadre della nazionale italiana. Il design che se ne è ottenuto ha portato a una riduzione del 2,8 per cento del coefficiente adimensionale che misura la resistenza aerodinamica, riassumendo in sé una serie di altre caratteristiche e tecnologie.

Ieri l’ultimo allenamento degli azzurri, ma otto la pioggia. Ecco Bettiol, Longo Borghini e Ganna (foto FCI)
Ieri l’ultimo allenamento degli azzurri, ma otto la pioggia. Ecco Longo Borghini e Ganna (foto FCI)

Le pinne delle megattere

La prima è la tecnologia AirStream che fece tanto parlare in occasione dell’Ora di Ganna. Sviluppata in collaborazione con l’Università di Adelaide e con NablaFlow, essa trae ispirazione dai tubercoli presenti sulle pinne delle megattere, le balene. Sulla parte anteriore del piantone e del reggisella è stato integrato un modello di AeroNode, che grazie alla particolare zigrinatura riduce i vortici generati dai movimenti delle gambe, migliorando il flusso d’aria.

Il carro posteriore e la zona del movimento sono stati resi più rigidi e questo ha permesso di aumentare la misura del passaggio ruota, passando dalla tolleranza di 28 mm fino a 32, senza che ne vengano compromesse reattività e la rigidità.

Foderi e forcella maggiorati

Gli studi più recenti di telaistica hanno visto lo spostamento della tendenza verso foderi, forcella e pendendi più larghi per ridurre il drag aerodinamico dell’insieme bicicletta + ciclista. Per ottenere lo standard raggiunto, sono stati eseguiti duemila test computazionali di fluidodinamica. Si è determinato che assottigliando gli spessori e aumentando le superfici, si ottiene un peso inferiore, raggiungendo prestazioni altissime di velocità, qualunque sia la provenienza del vento.

Per finire, fra le novità della nuova Bolide c’è l’ottimizzazione della geometria del manubrio, puntando a rientrare nelle misure imposte dall’Uci e ottenere la miglior aerodinamica con il ricorso ai software che d’abitudine NabaFlow utilizza per la Formula Uno.

Direttamente dalla F1

La collaborazione con NablaFlow ha permesso di condurre innumerevoli simulazioni utilizzando il software AeroCloud: la soluzione cloud preferita dalla FIA e da molti team di F1, per determinare il design più efficiente. Il ricorso a simili tecnologie con simulazioni 3D, fatte in maniera molto più accurata, molto più veloce, molto più scalata, hanno fatto sì che si sia ottimizzata l’aerodinamica in qualsiasi comparto. Se tutto questo darà risultati eccezionali in pista, siamo certi che offrirà risconti positivi anche su strada. Per averne conferma, a questo punto, basterà aspettare qualche ora. E tifare tutti per Pippo Ganna!!!