Un maltese al Matteotti: la storia di Buttigieg, stagista alla Polti

21.09.2024
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Al Trofeo Matteotti, corso domenica 15 settembre e vinto da Orluis Aular della Caja Rural su Alessandro Covi, ha debuttato in maglia Polti-Kometa Aidan Buttigieg: il campione nazionale maltese. Un esordio tra i professionisti che in qualche modo ha decretato un passo in avanti del piccolo Paese che si affaccia sul Mediterraneo. La squadra di Basso e Contador ha aperto le sue porte al corridore maltese, forti anche del fatto che Visit Malta, dal 2025, sarà il secondo nome del team. Una figura che ha lavorato dietro le quinte per far sì che ciò potesse accadere è Valerio Agnoli.

Fatiche ripagate

L’ex professionista da anni collabora con Malta per far crescere il movimento ciclistico e il debutto in una gara di livello 1.1 decreta un primo traguardo raggiunto. 

«Ci siamo sentiti – spiega Agnoli – sia prima che dopo la corsa. La mattina stessa era tesissimo, mi ha ringraziato mille volte per l’occasione, ma gli ho ricordato che se è qui il merito è da attribuire alle sue qualità. Quando due anni fa gli accennavo che avrebbe potuto correre tra i grandi del ciclismo mi guardava come se fossi pazzo. Quello che abbiamo realizzato è un lavoro congiunto partito dalle sue qualità atletiche e poi dalla volontà del governo locale di migliorare l’attività nazionale».

Per Buttigieg è stata la prima gara in Italia e la prima di livello 1.1
Per Buttigieg è stata la prima gara in Italia e la prima di livello 1.1
Il Matteotti non è la gara più semplice dalla quale iniziare.

No, è tosto, lo sapevamo. Il circuito proposto è duro e Buttigieg quando mi ha visto dopo la gara mi ha detto: «Valerio, quando questi aprono il gas vanno davvero forte, specialmente in salita». D’altronde secondo e terzo sono arrivati Covi e Lutsenko, due che spingono. 

La squadra che ha detto?

Sono rimasti sorpresi dal lavoro fatto. Gli hanno dato dei compiti e li ha portati a termine bene: ha messo i compagni in posizione e ha dato un bel supporto. L’impressione è stata positiva, poi chiaro che quando hai una chance del genere dai il 101 per cento

Un debutto partito anni fa con il coinvolgimento di Visit Malta come sponsor del team?

Non del tutto. L’accordo tra Polti e Visit Malta è prettamente turistico. Non c’è alcun obbligo agonistico, per questo il debutto di Buttigieg vale a tutti gli effetti come un traguardo raggiunto da lui e le sue gambe. Io ho segnalato il ragazzo a Ivan Basso e Fran Contador, loro poi hanno chiesto tutti i dati e i test. Una volta visionato si è deciso di dargli questa occasione. Ora si trova a Varese con Restrepo e un altro compagno di squadra. Vivere il clima del team, parlare con gli atleti e i diesse è motivo di crescita ed evoluzione. Nel prossimo futuro farà Agostoni e Bernocchi il 6 e il 7 ottobre. 

Buttigieg arriva da un team continental australiano, che livello ha?

Corre per il mondo, quindi è abituato a muoversi in diversi contesti, chiaro che sono gare di un calibro inferiore. Lui vive a metà tra Malta e l’Australia, ma non ha un’attività programmata come lo avrebbe in un team professional. Capita spesso che corra una gara e poi resti fermo per un mese e mezzo dove si allena e basta. Migliorare ed emergere è difficile. 

Lo staff della Polti-Kometa ha visionato i suoi test e lo ha inserito tra gli stagisti (foto Instagram)
Lo staff della Polti-Kometa ha visionato i suoi test e lo ha inserito tra gli stagisti (foto Instagram)
E se si trova a Malta come si allena?

Se si vuole fare distanza spesso prende il traghetto, va in Sicilia, e pedala le sue 5 o 6 ore. Il ciclismo a Malta si muove e la volontà è di crescere. Sulle tre isole abitano 500 mila abitanti, è impensabile dire che non possano esserci buoni corridori, servono le strutture. 

Che tipo di rapporto c’è tra tutte le parti coinvolte?

Visit Malta è un motore per promuovere il ciclismo e il cicloturismo sull’isola, ma non a livello agonistico. Nasceranno, nel breve futuro, un bike park e altri progetti sono in via di sviluppo. Per quello che riguarda gli atleti se ne occupa la Federazione locale. La Polti-Kometa offre la conoscenza dei suoi tecnici e dello staff. Il progetto, che mi coinvolge direttamente, è di puntare sui ragazzi.

A ottobre correrà ancora in maglia Polti, prima all’Agostoni e poi alla Bernocchi (foto Instagram)
A ottobre correrà ancora in maglia Polti, prima all’Agostoni e poi alla Bernocchi (foto Instagram)
In che modo?

Portarli a correre in giro per l’Europa con la maglia della nazionale sarebbe un bel traguardo. E’ un cammino difficile ma tutto si evolve, anche le istituzioni piano piano stanno scoprendo il ciclismo. I progetti devono essere federali, portare la bici nelle scuole e far conoscere questo mondo e la sua bellezza. Sono sicuro che con l’esperienza di Buttigieg abbiamo fatto solo il primo di tanti passi. 

Il ritorno al successo di Gabburo, dopo aver visto il baratro

21.09.2024
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Una vittoria attesa tre anni. Una vittoria con tanti significati, che travalicano il valore specifico della corsa, la tappa finale del Tour of Istanbul. Che pure ha presentato un parterre di buon livello con un team WorldTour (l’Astana) e 5 Professional. Una vittoria che restituisce il sorriso e un pizzico di ottimismo a Davide Gabburo, il corridore della VF Group Bardiani CSF Faizané che riassapora un gusto quasi dimenticato.

E’ curioso il fatto che la vittoria arrivi dopo tre anni sempre in Turchia. Allora ad Alanya, questa volta a Istanbul, in una corsa nuova, forse era destino, la voglia di ricominciare, di ripartire. «Ho aspettato tanto – racconta il trentunenne corridore di Bovolone – ci voleva proprio dopo tanto tempo. Mi fa ritrovare la voglia di mettermi ciclisticamente in discussione, di provarci, di non correre solamente in aiuto ai compagni».

Il podio della quarta tappa con Gabburo al centro. La corsa è stata vinta dal francese Burgaudeau
Il podio della quarta tappa con Gabburo al centro. La corsa è stata vinta dal francese Burgaudeau

La grave crisi di marzo

C’è molto in questi tre anni, tanto che bisogna fare un distinguo, fra il prima del 2024 e gli eventi di quest’anno: «Dopo la vittoria di Alanya non ero scomparso nel nulla. Basti pensare alla piazza d’onore nella tappa di Napoli al Giro del 2022, ma anche a tanti altri piazzamenti, anche fuori dai confini italiani. In quell’edizione della corsa rosa ero lì, a lottare con i migliori e davvero mancò solo un soffio per alzare le braccia al cielo».

Quest’anno però le cose sono state ben diverse: «A marzo sono stato ricoverato in ospedale per una crisi epilettica. Dopo tempo e accertamenti, dopo che la mia attività sportiva era stata bloccata, è stato acclarato che si era trattato di un episodio sincopale, probabilmente dettato da una situazione di stress. Il tutto a un mese dal Giro d’Italia che per me è tutto: non esserci potuto andare mi ha fatto crollare il mondo addosso».

Il veronese a guidare il gruppo uscendo dal ponte euroasiatico. Gabburo non si è mai risparmiato in corsa
Il veronese a guidare il gruppo uscendo dal ponte euroasiatico. Gabburo non si è mai risparmiato in corsa

Una seconda chance

Davide non lo nasconde. In quei giorni ha avuto forte la sensazione, ma si può dire anche la paura che la sua carriera di ciclista fosse finita. «Ci sono stati momenti nei quali ero preso dallo sconforto, pensavo che non avrei più potuto riprendere. So solo io quanto mi sono dovuto “sbattere” per visite mediche, per esami. Per trovare soprattutto gli appuntamenti in tempi brevi perché volevo assolutamente tornare alle corse. Per me rientrare in carovana è stato qualcosa di indefinibile, posso dire veramente che mi è stata regalata dalla vita una seconda chance e per questo mi sono gettato nell’attività con ancora più ardore, perché so bene che cosa significa non poter correre più ed è una sensazione che non voglio più vivere».

La ripresa è stata lenta, costante, impegnandosi come ha sempre fatto in favore dei compagni: «Non ho mai fatto mancare il mio appoggio, intanto però sentivo che la condizione piano piano cresceva. Poi è arrivata la prova in Turchia e già nella seconda tappa avevo capito che potevo giocarmi le mie carte, avendo colto il 4° posto in una tappa nervosa, con tanti strappi. All’ultima tappa, sotto la pioggia scrosciante, ho finalmente chiuso il cerchio».

La seconda tappa chiusa al 4° posto aveva dimostrato che il veneto era in condizione, anche in salita
La seconda tappa chiusa al 4° posto aveva dimostrato che il veneto era in condizione, anche in salita

La Turchia porta bene…

La volata ha avuto anche qualche attimo palpitante: il più temuto era il belga Timothy Dupont (Tarteletto Isorex) che però ai 400 metri ha perso il controllo della bici lasciando strada libera agli avversari: «Noi avevamo il treno pronto per Enrico Zanoncello – spiega Gabburo – ma io avevo mano libera per provarci ugualmente come alternativa e ai 300 metri sono scattato senza trovare resistenza. Finendo addirittura per staccare gli avversari (foto di apertura, ndr)».

Il Tour of Istanbul era una gara nuova nel calendario, dove la Turchia comincia a essere una destinazione abbastanza frequente per i professionisti e Gabburo ha buona esperienza nelle loro gare: «E’ un po’ diversa dalle altre. A me le corse turche piacciono molto, ma quella mostrava tutti i segnali dell’inesperienza, della confusione organizzativa. Un peccato perché i percorsi erano davvero molto belli e vari, neanche troppo facili. La prova finale ha attraversato tutti i punti principali della città, compreso il ponte euroasiatico».

Per Gabburo ora si profila la trasferta in Malaysia, per provare a ripetersi
Per Gabburo ora si profila la trasferta in Malaysia, per provare a ripetersi

Si parte per la Malesia

E ora? «Ora si continua, mercoledì si parte per il Tour de Langkawi che con le sue 8 tappe ha tante occasioni per me ma anche per gli altri, ad esempio la terza tappa con arrivo in salita è stata segnata in rosso dai responsabili della squadra. Io lavorerò per i compagni, ma so che il tracciato malese qualche occasione di volata utile anche per me la offre e vedrò di farmi trovare pronto».

Moser: «Lotta iridata a due, ma occhio a VdP e Alaphilippe»

21.09.2024
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Inizia domani, con le prove a cronometro, la rassegna iridata del 2024. Pensando al grande giorno della gara elite maschile è davvero difficile immaginarsi uno scontro che non veda come protagonisti Tadej Pogacar e Remco Evenepoel. Davvero troppa la differenza fra i due dimostrata al Tour e alle Olimpiadi. E anche per questo il mondiale di Zurigo sarà un po’ la resa dei conti tra questi due fenomeni.

Tuttavia un terzo incomodo potrebbe esserci. E se sì, chi sarà? Non sarebbe la prima volta che tra i due litiganti, il terzo goda… o ci metta lo zampino. Di questo “terzo incomodo” abbiamo parlato con Moreno Moser, ex corridore e oggi uno dei commentatori di Eurosport.

Oltre a commentare per Eurosport, Moser (classe 1990) ha svolto delle mansioni per Rcs Sport
Oltre a commentare per Eurosport, Moser (classe 1990) ha svolto delle mansioni per Rcs Sport
Moreno, chi può essere dunque un terzo uomo che a Zurigo su strada se la può giocare con Pogacar e Remco?

Al pari con loro nessuno: sarò categorico, ma davvero non c’è nessuno a quel livello. Semmai appena sotto questi due atleti ci metto Primoz Roglic, lui potrebbe giocare d’astuzia. Se devo allargare il discorso, essendo un mondiale duro direi che sono in ballo un po’ tutti quelli che hanno fatto la Vuelta. Quindi potrebbe fare bene anche gente come O’Connor, Mas…. ma quando dico loro intendo che possono dare fastidio.

Un nome sul banco te lo gettiamo noi: Marc Hirschi….

In effetti è un bel po’ che non perde una corsa e certamente va annoverato, anche se non ha fatto la Vuelta. Però a questo punto se c’è Hirschi allora dico che oltre a quei due, c’è un’incognita: Mathieu Van der Poel.

Dici? Non è un po’ duro per lui?

E’ vero: è duro. Ma le salite non sono super lunghe e non scordiamoci che lui si sa nascondere e preparare alla grande. Guardate che europeo che ha corso, quanto andava forte. Forse ha esagerato perché non aveva nulla da perdere.

Van der Poel, campione in carica, potrà essere la vera incognita a Zurigo
Van der Poel, campione in carica, potrà essere la vera incognita a Zurigo
Pensi che abbia esagerato anche per fare la gamba in una corsa comunque molto lunga in vista del mondiale?

I suoi attacchi non erano quelli di uno che è lì per allenarsi. Certo, ha provato a correre da protagonista, davanti per poi vedere quel che succedeva. Una cosa è certa: contro gente come Pogacar o Remco servono i super motori.

Insomma discorso a due?

In questo momento è davvero difficile battere uno come Tadej e trovare dei nomi che possano davvero fargli spavento. Se non succede qualcosa di particolare è difficile che qualcuno possa batterlo. E anche nello scontro con Evenepoel lo vedo favorito. Anche perché per la prima volta Remco non avrà neanche Van Aert al suo fianco: la pressione e i giochi di squadra del Belgio saranno tutti su di lui e per lui. Remco spesso vince attaccando da lontano, lontano… ma non credo che possa farlo al mondiale. Se si trova con Tadej, via da solo non ci va. Sì, può provarci, ma la vedo difficile.

Insomma la tua idea è chiara: Pogacar favorito, Remco primo e forse unico contendente, e poi c’è l’incognita Van der Poel.

Esatto. VdP non lo metto né tra gli outsider, né tra i favoriti. Lui è una mina vagante, anche perché bisognerà vedere come correranno. Fatti questi tre nomi: nell’ordine ci sono: Alaphilippe, Roglic, Pello Bilbao, Hirschi, Jorgenson (nella foto di apertura vicino ad Alaphilippe), Skjelmose. Anche le gare canadesi hanno detto molto sugli stati di forma.

Hirschi corre in casa: è motivato e in grande forma. In un mondiale altrettando duro, quello di Imola 2020, è arrivato terzo
Hirschi corre in casa: è motivato e in grande forma. In un mondiale altrettando duro, quello di Imola 2020, è arrivato terzo
Alaphilippe lo metti molto in alto: perché?

Perché in Canada, come detto, Alaphilippe si è mosso bene, un po’ forse anche per dargli un po’ di fiducia e poi perché è un corridore esperto che certe gare le sa affrontare. Mi dà più garanzie di altri avendo già vinto due mondiali.

Hirschi: correre in casa sarà più una spinta o una pressione per lui?

Credo che questo ragazzo saprà gestire bene la pressione…

Prima hai accennato al modo di correre: come si dovrebbe gareggiare per battere Pogacar e Remco?

Sicuramente provando a sfruttare la squadra e provare da lontano… Ma lontano, lontano: tipo a 100 e passa dall’arrivo. Deve essere proprio qualcosa di diverso, d’inaspettato. Magari va via un gruppetto di dieci buoni atleti e uno dei nomi fatti riesce ad inserirsi. Poi magari chiudere diventa complicato, tanto più che Mohoric, l’unico vero uomo che nel finale poteva tirare per Pogacar, non ci sarà…

Dici che Tratnik, uomo di Roglic, non lo farà? 

No, no anche lui… è serio. Ma io intendevo più nelle fasi calde.

Potrebbe essere il compagno Roglic il vero nemico di Pogacar? Eccoli con la maglia della Slovenia al mondiale di Imola 2020
Potrebbe essere il compagno Roglic il vero nemico di Pogacar? Eccoli con la maglia della Slovenia al mondiale di Imola 2020
Ecco, a proposito di Slovenia. Come la vedi con due capitani super: Roglic e Pogacar?

Eh – sospira Moser – Roglic potrebbe essere il grande problema di Pogacar. Se in quell’azione di quel drappello che dicevamo c’è dentro Primoz, dietro Tadej non tira. La fuga va via e poi magari Roglic neanche vince. Se fossi in Pogacar, Roglic me lo terrei vicino e lo farei tiare per me.

Ma questo non spetta al tecnico sloveno?

Io penso che se vuole si fa quel che dice Pogacar. Se fossi il tecnico sloveno darei totale appoggio a Pogacar. Anche perché Roglic è forte, magari è in giornata e stacca tutti, ma gli capita spesso anche di non esserlo, di scivolare… non dà poi tutte queste garanzie. Non è come Remco con Van Aert, che comunque le corse le sa vincere.

Dal ginocchio ko al ritorno ruggente: la pazza stagione di De Kleijn

20.09.2024
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Fino alla primavera aveva corso molto e aveva anche vinto, poi quasi di colpo Arvid De Kleijn è sparito, salvo rivederlo in gara sul finire dell’estate e di nuovo tornare a sfrecciare come una moto. Per il corridore del Tudor Pro Cycling Team, sono arrivate infatti due vittorie.

Cosa è successo a questo potente trentenne olandese ce lo dice il suo direttore sportivo, Sylvain Blanquefort. Un diesse al quale lo stesso De Kleijn è molto legato, visto che lo aveva già guidato alla Swiss Racing Academy, prima che diventasse Tudor. E sempre lui lo ha voluto nel team professionistico quando nel 2022 stava nascendo l’attuale team.

Il direttore sportivo Sylvain Blanquefort (classe 1985) è un ex corridore. E’ in questo gruppo sin dai tempi della Swiss Racing Academy
Sylvain Blanquefort (classe 1985) è un ex corridore. E’ in questo gruppo sin dai tempi della Swiss Racing Academy

Un errore banale

«Arvid – racconta Blanquefort – ha subito un trauma al ginocchio durante un ritiro in quota ad aprile con la squadra. Ci è voluto molto tempo per risolvere questo infortunio. Il team è rimasto molto attento alla sua situazione. Lo ha supportato nel miglior modo possibile nel suo processo di guarigione con un costante controllo da parte dei medici della squadra».

Proprio De Kleijn a suo tempo aveva parlato di uno errore sciocco. Aveva sbattuto con il ginocchio sul manubrio danneggiando la parte ossea della rotula, a quanto pare. Questo ha compromesso gran parte della sua stagione. Ma l’atlelta di Herveld, cittadina ad un centinaio di chilometri a Sud-Est di Amsterdam, non si è perso d’animo.

«Come per tutti i corridori, questi non sono mai momenti facili – ha ripreso Blanquefort – soprattutto perché l’infortunio è arrivato in un periodo con tante gare in programma e tante possibilità di vincere. Ma Arvid è un corridore esperto, ha saputo gestire bene la frustrazione ed è stato paziente per il suo ritorno».

Tutta la potenza di Arvid De Kleijn: 171 cm per 68 chili
Tutta la potenza di Arvid De Kleijn: 171 cm per 68 chili

Ritorno da leone

Un problema del ciclismo attuale è che se perdi il treno per infortuni relativamente lungh,i poi recuperare è un bel “casotto”. L’olandese non ha corso dalla Scheldeprijs del 3 aprile, fino alla crono inaugurale del Giro di Danimarca del 14 agosto. Ma questo sembra non aver scalfito De Kleijn, anche se parliamo di un velocista. Magari in tal senso va peggio allo scalatore.

Ancora Blanquefort: «Per il suo recupero, abbiamo fatto un training camp di allenamento in quota con tutta la squadra a Khutai (in Austria, ndr) a luglio per prepararci al meglio alla seconda parte di stagione. Questo blocco di lavoro è stato davvero buono per lui e la via del suo recupero. La squadra gli ha concesso ancora un po’ di tempo per lavorare prima di tornare a correre, cosa che è avvenuta al Giro di Danimarca. Ne è uscito frustrato, perché aveva la possibilità di vincere una tappa».

Ma evidentemente non è facile neanche per lo sprinter ritrovare il colpo di pedale, la brillantezza per poterla sfruttare su un lotto di avversari che ormai è altissimo in ogni gara del calendario WorldTour e non.

«Il GP Fourmies (che Arvid ha vinto, ndr) ha segnato l’inizio di una lunga serie di gare con sprint di questo finale di stagione. Ed in queste competizioni che De Kleijn vuole essere protagonista e fare il più possibile da qua fine anno».

Con Blanquefort si parla anche dell’europeo, che proponeva un tracciato piuttosto adatto alle caratteristiche di De Kleijn, ma il diesse sostiene che certe scelte spettano al tecnico della nazionale olandese. «Tra l’altro in Olanda ci sono grandi velocisti e Arvid era appena tornato alle corse. Era davvero complicato per lui far parte di quella selezione».

Secondo Blanquefort, De Kleijn è un vero uomo squadra
Secondo Blanquefort, De Kleijn è un vero uomo squadra

De Kleijn leader

In questi giorni, a diversi media olandesi De Kleijn ha anticipato un po’ le sue ambizioni per l’anno che verrà. Dopo la vittoria ad Isbergues, tra l’altro arrivata in modo inaspettato – era caduto, si è rialzato, ha vinto allo sprint con tanto di esultanza limitata dal mal di schiena (nella foto di apertura, ndr) – Arvid ha detto di voler prendere finalmente parte al suo primo grande Giro. Potremmo così vederlo in Italia o, perché no, al Tour de France, che sembra aprire le porte alla squadra svizzera. Intanto da qui a fine stagione lo vedremo impegnato al Kampioenschap van Vlaanderen, alla Gooikse Pijl e al Tour del Langkawi.

«Arvid – va avanti Blanquefort – è uno sprinter puro. E’ davvero molto veloce. Nelle gare che finiscono in volata ormai è sempre uno dei favoriti. Dallo scorso anno la squadra è stata anche in grado di mettergli un treno a disposizione. Gli automatismi con i giovani corridori del treno sono buoni e loro stessi stanno progredendo e questo offre migliori possibilità ad Arvid.

«Una sua caratteristica che apprezzo? E’ un vero leader con il suo gruppo. Dopo una vittoria o una gara andata meno bene, ha sempre le parole giuste e cerca di motivare tutti per il giorno successivo. E’ una persona molto diretta e di altissima qualità».

Teutenberg: «Realini cresce, ma non pressatela troppo…»

20.09.2024
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Terzo posto al Giro di Romandia, a poca distanza dai due mostri sacri della Sd Worx Lotte Kopecki e Demi Vollering. E quei 46” di margine in classifica danno l’idea che il divario fra le primedonne del ciclismo mondiale e Gaia Realini si vada assottigliando sempre più. Per dare la giusta misura alla sua prestazione, era importante sentire direttamente il parere di chi la sta seguendo con grande attenzione, anche dall’alto della sua profonda esperienza come campionessa delle due ruote: Ina Yoko Teutenberg, la sua diesse.

Il podio del Romandia con Realini insieme a due mostri sacri come Vollering (da sinistra) e Kopecki
Il podio del Romandia con Realini insieme a due mostri sacri come Vollering (da sinistra) e Kopecki

Pur mantenendo saldamente i piedi per terra, la Teutenberg sa di avere per le mani un gioiello e giudica molto positivamente la sua prestazione elvetica: «E’ tutto merito suo. Ma più che guardare il risultato fine a se stesso, io sono abituata a giudicare la prestazione nel suo complesso. E i segnali sono stati importanti, nel senso che ha fatto bene, che in salita si è dimostrata superiore a quasi tutte e quel quasi comprende campionesse come Garcia e Labous finite alle sue spalle».

La sensazione è che rispetto a Kopecki e Vollering, le specialiste della SD Worx, il divario si sia ridotto e che l’italiana sia sempre più competitiva. Sei di questo avviso?

Io sono ottimista, credo che effettivamente Gaia stia migliorando sensibilmente, anche se le due campionesse in questione sono ancora superiori. Io dico che lei può fare tutto se ci mette la testa, ossia ci crede prima di tutto lei. E’ un processo in evoluzione, con l’età che è dalla sua parte.

Realini ha saputo mettere alla frusta le più blasonate avversarie della Sd Worx
Realini ha saputo mettere alla frusta le più blasonate avversarie della Sd Worx
Secondo te proprio considerando la giovane età della Realini, quali margini di crescita ha?

Penso che ci sia ancora un grande margine di miglioramento, come le tecniche di gara, il posizionamento nel gruppo e tutto il resto. E come dici tu, è ancora giovane. Deve imparare a gestire la pressione perché solo l’anno scorso è uscita dall’ombra. Quest’anno c’è un po’ più di attenzione su di lei, deve farci l’abitudine. Ma ha 23 anni, crescerà, continuando a lavorare sodo.

Il suo punto debole sono le discese, pensate di fare lavori specifici per la prossima stagione?

Ci sta già lavorando e noi con lei, ci stiamo focalizzando sul problema. Che, non dobbiamo dimenticarlo, ha un po’ a che fare anche con le sue dimensioni. Voglio dire, è davvero piccola e non riesce a vedere molto nel gruppo, per questo accennavo prima al discorso del posizionamento. Ma ci sta lavorando, ci tiene molto e se guardate bene le sue prestazioni anche al Giro d’Italia, è già migliorata. Ci arriverà. Fa tutto parte del gioco.

La marchigiana ha finora colto il 7° posto al Giro e il 5° al Tour, confermandosi portata per le grandi corse a tappe
La marchigiana ha finora colto il 7° posto al Giro e il 5° al Tour, confermandosi portata per le grandi corse a tappe
In questo momento la Realini è più competitiva nelle corse a tappe di 3-4 giorni o il numero di tappe non influisce sul suo rendimento?

Non credo che influisca. Voglio dire, ha avuto qualche piccolo disagio al Tour de France, ma c’erano un paio di corridori più grandi lì, in un grande evento. Non credo che la durata faccia la differenza, le sue doti di recupero ci sono, comprovate dai dati, anche al Tour è andata in crescendo e nell’ultima tappa sull’Alpe d’Huez è stata protagonista.

Gli arrivi di Markus e Fisher Black sono pensati anche per aiutarla nelle corse a tappe?

Difficile rispondere. Voglio dire, penso che vedremo cosa succederà l’anno prossimo, cosa faremo. Non posso ancora dire nulla di certo. Cosa faremo con loro, come le impiegheremo sono ragionamenti che faremo a bocce ferme. Ma io non mi focalizzerei su questo, la Realini ha già molto supporto, non le è certo mancato nelle gare di quest’anno. Quindi, voglio dire, faranno anche le loro gare a tappe e ce ne sono molte in calendario.

Per Teutenberg, l’abruzzese sta crescendo, ma c’è troppa pressione da parte della stampa italiana
Per Teutenberg, l’abruzzese sta crescendo, ma c’è troppa pressione da parte della stampa italiana
Dovendo fare un bilancio della sua stagione, sei soddisfatta?

Sì, sicuramente lo sono perché c’è stato un evidente progresso rispetto al 2023. Penso che alcuni media fanno un gran parlare di ciò che è capace o meno perché l’anno scorso ha avuto due podi. Ma è ancora giovane e in evoluzione. Io dico che vincerà quest’anno, ma penso anche che i media italiani l’abbiano celebrata troppo e le abbiano messo troppa pressione e questo non aiuta.

Amadori: «A Zurigo con una rosa competitiva e varia»

20.09.2024
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La lista degli otto corridori scelti da Marino Amadori per il mondiale under 23 è stata resa pubblica martedì insieme a tutte le altre dei vari cittì. I cinque nomi selezionati per la prova in linea di Zurigo sono: Giulio Pellizzari, Francesco Busatto, Davide De Pretto, Pietro Mattio e Florian Kajamini (in apertura, De Pretto e Pellizzari). A questi si aggiungono le tre riserve: Simone Gualdi, Federico Savino e Ludovico Crescioli. 

Il solito “problema”

Tre dei cinque nomi scelti da Amadori sono già nel mondo dei professionisti, un dato che però unisce tutte le selezioni nazionali di rilievo. Chi vuole provare a vincere ha portato i migliori atleti under 23, professionisti o meno. Da quando l’UCI ha aperto queste competizioni anche ai corridori che hanno messo nelle gambe corse WorldTour le scelte diventano obbligate. 

«La prima premessa che voglio fare – commenta Amadori – è che ci sono dei regolamenti e bisogna agire di conseguenza. Noi come Italia ci organizziamo per fare il massimo nella gara che assegna la maglia iridata. In una gara che vede 40 ragazzi che provengono da squadre professionistiche, noi dobbiamo agire di conseguenza per provare a essere competitivi. Con i ragazzi scelti mi auguro di esserlo, ma non sarà facile, non è che con questi andremo sicuramente a podio oppure a medaglia. Vi basti sapere che ci saranno Del Toro e Morgado, giusto per dire due nomi. Il primo ha fatto la stagione che ha fatto, mentre il secondo, al primo anno tra i professionisti, si è piazzato quinto al Fiandre. All’europeo abbiamo subito alla grande, al mondiale voglio portare una squadra che può essere protagonista».

Crescere e imparare

Ne abbiamo parlato anche con Pellizzari nell’ultima intervista. Per vincere serve imparare a farlo e abituarsi a vivere determinate situazioni. Il corridore della Vf Group-Bardiani ha detto di essersi pentito per non aver corso l’Avenir. La corsa a tappe francese, che racchiude il meglio del movimento under 23, sarebbe stata un punto importante per la sua crescita. 

«Il punto che mi va di sottolineare – riprende il cittì – è che noi come Italia facciamo fatica nel mondo dei professionisti. Portare ragazzi come Pellizzari, Busatto e De Pretto al mondiale under 23 può essere una bella occasione per migliorare e vivere queste gare da protagonisti. Sono corridori che tra uno o due anni magari  saranno protagonisti con la nazionale maggiore e lo saranno anche grazie a questo passaggio. E’ chiaro che mi spiace lasciare fuori i vari Zamperini, Crescioli, Gualdi, Savino e gli altri che erano nella mia lista. Però la maglia azzurra va onorata e andare al mondiale per fare piazzamento da “ennesima” posizione non è ciò che merita la nazionale italiana».

Questione di equilibrio

Cinque nomi in una lista dove tanti meriterebbero spazio, ma ciò che serve è avere equilibrio per partire competitivi e ricoprire bene tutto il percorso. 

«Dei cinque ragazzi – spiega Amadori – non tutti sono da ragazzi da ultimo momento e non ci sono solamente leader. E’ importante trovare il giusto compromesso. Mattio è una sicurezza, il suo Tour de l’Avenir corso sopra le righe mi ha fatto capire che potrà essere molto utile alla causa fin dal chilometro zero. Kajamini, ad esempio, è uno di quelli che non ha paura di prendere vento in faccia e anche lui all’Avenir ha fatto vedere di andare forte in salita. Poi lui è uno che attacca, da noi in Italia tanti ragazzi corrono sulle ruote per fare ottavo o quindicesimo, Kajamini invece è uno che si muove, anticipa e lotta.

«I leader – riprende – saranno Pellizzari, Busatto e De Pretto, almeno sulla carta. Li conosciamo bene e sappiamo quanto valgono. Pellizzari ha un valore, in salita, fuori dal comune e può lottare con i vari Torres, Nordhagen e Widar. De Pretto ha fatto un bell’avvicinamento, dimostrando ottime sensazioni visto anche il quarto posto al Matteotti. Busatto, infine, è colui che ha messo nelle gambe più gare di qualità in questo periodo e da dopo l’altura di luglio ha corso solamente in gare WorldTour».

In ordine due delle tre riserve scelte da Amadori: Gualdi e Crescioli. Tra gli esclusi anche il campione italiano Zamperini
In ordine due delle tre riserve scelte da Amadori: Gualdi e Crescioli. Tra gli esclusi anche il campione italiano Zamperini

Importante vedere il percorso

Non resta che fare la valigia e imbarcarsi verso Zurigo, il 24 settembre, martedì, Amadori e i suoi arriveranno in città. Poi sarà il tempo di entrare nella “bolla iridata”. 

«Il percorso è duro – conclude il cittì – ma non durissimo. Gli under 23 dovranno fare quattro giri del circuito finale, non sarà così micidiale. Vero anche che all’europeo il percorso non era proibitivo eppure i distacchi sono stati incredibili. La gara la fanno i corridori e se come all’europeo la prima ora si fa a 51 di media ci sarà da divertirsi e soffrire. Il mondiale sicuramente sarà selettivo, noi dovremo studiare bene ogni evenienza per farci trovare pronti. Partiamo martedì perché mercoledì dalle 8 alle 10 ci sarà il percorso chiuso al traffico. E’ importante vederlo visto che ci sono dei passaggi delicati in città. Provarlo in modalità gara sarà basilare».

Gasparrini, una grande stagione e nel 2025 i gradi da capitano

20.09.2024
6 min
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Il bronzo all’europeo U23 e la vittoria al GP di Stoccarda nell’arco di tre giorni non sorprendono più. Dall’inizio della stagione Eleonora Camilla Gasparrini è entrata in una nuova dimensione ed è ormai un punto fermo del UAE Team ADQ.

Tre successi stagionali a cui si aggiunge quello del campionato italiano U23 ottenuto grazie al terzo posto nella gara assoluta. La torinese di None va forte fin da gennaio dal primo sigillo a Mallorca e ha dimostrato di saper tenere la giusta forma per tanti periodi dell’anno. Non è un caso che finora sia la plurivittoriosa della sua formazione. Considerando che ci saranno tanti avvicendamenti nell’organico e che lei ha solo 22 anni, Gasparrini è proiettata ad avere più gradi da capitano nel 2025.

Un weekend sul podio

Giusto una settimana fa Gasparrini era vestita d’azzurro agli europei in Belgio prima di attraversare il confine per scendere nel sud della Germania indossando la maglia del club. Due gare diametralmente opposte sia per il profilo altimetrico che per l’epilogo.

«Il percorso dell’europeo – spiega Eleonora – era completamente piatto e sapevamo che le olandesi erano forti e sarebbero state molto difficili da battere, specialmente in un arrivo in volata. Infatti Van Rooijen (la medaglia d’oro, ndr) aveva già vinto in stagione battendo allo sprint più volte velociste forti come Consonni, Barbieri e Pikulik, per fare dei nomi conosciuti. Anche la sua connazionale Souren che ha fatto seconda ha uno spunto molto veloce. Le conoscevo bene, insomma. Onestamente non potevo fare di più, perciò sono contentissima del mio terzo posto».

La Bastianelli al telefono

La domenica a Stoccarda, in un circuito finale che lambiva solo in minima parte quello dei campionati del mondo del 2007, Gasparrini è saltata sulle ruote giuste e ha piazzato la zampata vincente superando con una grande e lunga volata in rimonta Nooijen e Meijering, proprio due olandesi.

«Il tracciato – racconta la piemontese al quinto successo in carriera – era diverso rispetto a quello dell’anno scorso (diventando di classe 1.PRO, ndr). Forse un po’ più duro. Era ondulato e si addiceva alla perfezione alla mie caratteristiche. E’ stata una bella gara, nella quale noi della UAE abbiamo corso molto bene. Le mie compagne mi hanno aiutato e sono state bravissime. Dopo la corsa mi ha fatto molto piacere la telefonata di Marta (Bastianelli, ndr) che mi ha fatto i complimenti, senza dirmi però che anche lei a Stoccarda ci aveva vinto una gara importante (ride riferendosi al mondiale, ndr)».

Asticella più in alto

Quella della cosiddetta consacrazione sarà la prossima, ma in questa annata Gasparrini ha alzato ulteriormente il livello.

«Finora è stata una stagione molto positiva – prosegue – sia in termini di vittorie e risultati, sia in termini di prestazioni. Sono soddisfatta soprattutto perché abbiamo programmato bene tutto fin dall’inizio. L’obiettivo primario era l’europeo, però sono riuscita ad andare molto bene anche prima. Sono partita forte, poi ho fatto una buona primavera nelle varie classiche. Sono contenta per il sesto posto all’Amstel e poi per la vittoria a Morbihan a inizio maggio. Avevo messo nel mirino anche il Giro Women per puntare a qualche tappa, ma ho avuto le placche in gola una settimana prima del via e quindi ho fatto quello che potevo».

Più spazio nel 2025

Nel 2025 arriveranno nomi di rilievo alla UAE contestualmente a partenze importanti, benché non ci sia ancora alcuna conferma. Al netto di tutto, Gasparrini quest’anno si è guadagnata sul campo un ruolo più significativo. Ha dimostrato di sapersi mettere sulle proprie spalle il peso di una squadra che non ha avuto il solito e continuativo contributo dalle atlete principali per tanti motivi. Eleonora dà uno sguardo avanti ed uno indietro.

«Mi ritengo soddisfatta – conclude – del punto in cui sono adesso. Non penso di essere né troppo avanti né troppo indietro perché non mi sono mai data delle aspettative. E poi il ciclismo femminile è sempre in evoluzione. Rispetto a quando sono passata elite nel 2021 è cambiato tantissimo. Quello che si fa adesso, in termini di preparazione, magari ti faceva vincere molto di più quattro anni fa. Per me va bene così e anche per l’anno prossimo non avrò problemi a fare la gregaria alle mie compagne.»

«Certo, quest’anno la squadra mi ha dato tanta fiducia in molte corse e per il 2025 potrei avere ancora più spazio. Nel frattempo però io devo farmi trovare pronta. Sto già lavorando per migliorare su salite da 4/5 chilometri o su sforzi intensi da 10/15 minuti. Mi piacerebbe poter puntare ad una generale in brevi corse a tappe. Sicuramente non diventerò mai una scalatrice, ma sto cercando di diventare più completa».

Bennati, terzo mondiale: l’Italia di Ciccone, Tiberi e Ulissi

20.09.2024
8 min
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Bennati racconta che la lista degli uomini per Zurigo era piuttosto lunga. Ha aspettato la Vuelta e le prove canadesi. E a quel punto, chiusa la parentesi degli europei, ha affinato la ricerca e tirato fuori i nove nomi per i mondiali del 29 settembre. Bagioli. Cattaneo. Ciccone. Frigo. Rota. Tiberi. Ulissi. Zambanini. Zana. Uno di loro sarà riserva.

In questi giorni un post di Alberto Bettiol conferma che il toscano si sia tirato fuori dalla mischia. Nonostante fosse anche andato a vedere il percorso, Alberto ha sentito di non avere le gambe giuste, ne ha parlato con il cittì e alla fine ha rinunciato. Un esempio per tutti i corridori, fa capire Bennati, che forse discende dalle sue stesse parole quando affrontammo insieme la disamina della corsa di Parigi.

«Un Bettiol al 100 per cento – ragiona Bennati – fa sempre comodo in una nazionale. Ho apprezzato il suo ragionamento, che può essere di esempio per chiunque si trovi in una situazione simile. Dopo questo passaggio, è nata la squadra. Non c’è un capitano designato. Ci sono corridori importanti, è una squadra omogenea e ambiziosa. Più o meno tutti possono aspirare a fare qualcosa di buono, a patto di essere uniti e avere un obiettivo chiaro. Dovremo correre da squadra e spero che saremo capaci di far divertire la gente. Non possiamo permetterci di aspettare il finale quando si muovono i grossi calibri…».

Per Bennati, il mondiale di Tiberi sarà un obiettivo, ma anche un investimento
Per Bennati, il mondiale di Tiberi sarà un obiettivo, ma anche un investimento
In effetti pensare di sfidare Pogacar, Evenepoel, forse Van der Poel e magari Roglic potrebbe sembrare un’impresona…

Credo che sarà difficile utilizzare tutti in fase di attacco. Vedremo come si metteranno le cose, però magari qualcuno dovrà sacrificarsi prima e altri si ritroveranno ad aspettare il finale. Penso che Tiberi e Ciccone potrebbero provare a tenere l’ultimo o il penultimo giro, quando si muoveranno quelli forti. In una situazione secca come la gara di un giorno, in salita non vanno tanto più piano.

Allora ti chiediamo di spiegarci le tue scelte: Bagioli, ad esempio. Forse è l’uomo da classiche più di tutti gli altri, ma quest’anno non ha brillato…

E’ vero, i risultati non sono stati dalla sua parte. Poi, come era già successo al mio primo mondiale, gli ho dato il Canada come ultimo test. Nel 2022 fece terzo a Montreal, quest’anno è andato ugualmente molto forte. Non si è piazzato, però mi hanno detto tutti che andava forte e soprattutto facile. E’ arrivato davanti. Ci ho parlato un mese fa. Gli ho chiesto se avesse mollato o pensasse di esserci per il finale di stagione e lui mi ha detto di essere motivato. Per questo mi sono sentito di dargli fiducia, perché ritengo che sia un corridore importante per questo tipo di corse. Va forte in salita e tra tutti quelli che ho convocato, sicuramente insieme a Diego Ulissi, è il più veloce.

Bagioli si è guadagnato la convocazione dopo le prove nelle gare canadesi
Bagioli si è guadagnato la convocazione dopo le prove nelle gare canadesi
Parliamo di Diego, allora, e della solita storia che nelle corse lunghe si spegne.

Secondo me non dobbiamo più pensarci. Diego ha 35 anni, è più maturo e penso che ci sia sempre una prima volta in cui dimostrare di essere all’altezza. E poi diciamo una cosa sui mondiali che abbiamo fatto insieme: lui era fra quelli chiamati prima di tutti ad aprire la corsa, chiunque alla fine sarebbe stato stanco. Stamattina ho letto che Ulissi sarà capitano, ma facciamo chiarezza sul termine. Il capitano non è per forza quello che fa risultato. Diego in questo mondiale sarà il capitano, il regista in corsa insieme a Cattaneo. Però secondo me possiamo utilizzarlo in vari modi. Come regista, appunto, e come attaccante da metà gara in poi. Ulissi nella fuga giusta può preoccupare ben più di un avversario. E poi qualche anno fa anche lui vinse in Canada.

Al Giro del Lussemburgo stiamo vedendo un Tiberi in palla. Oggi c’è una tappa dura che potrebbe essere un bel test per Zurigo?

Anzitutto credo sia giusto che Tiberi ci sia a questo mondiale. Soprattutto in prospettiva, è giusto che faccia esperienza e inizi ad assaporare questo tipo di emozioni. Anche perché, pensando al mondiale del prossimo anno, in Rwanda si correrà in quota e potrebbe essere una sfida tra quelli che si giocano i Grandi Giri. Attenzione però, quest’anno non verrà per fare la comparsa, io conto che possa essere tra i protagonisti.

Ulissi ha già corso sette mondiali da pro’, dopo averne vinti due da junior
Ulissi ha già corso sette mondiali da pro’, dopo averne vinti due da junior
Zambanini è stato il miglior italiano in entrambe le prove del Canada, in che ruolo lo immagini?

Per lui vale lo stesso discorso di Tiberi. E’ un corridore giovane e quest’anno ha avuto una stagione continua, è andato forte dall’inizio e va ancora molto bene. Credo che stia raggiungendo il suo picco di forma e mi sembrava giusto portarlo. Non sappiamo fin dove può arrivare. Da giovane aveva fatto qualche risultato, ma non era sicuramente tra i più forti. Sta vivendo una crescita graduale che mi piace e come ragazzo credo che sia molto valido.

Allora adesso parliamo di Ciccone, che si è ritirato dalla Vuelta e poi non lo abbiamo più visto…

Si è ritirato perché aveva un dolore al ginocchio, però dopo aver fatto qualche giorno di stacco è ripartito. Siamo rimasti sempre in contatto. Giulio è sempre stato super motivato per questo mondiale. Ovviamente non abbiamo il riscontro delle competizioni, però mi ha detto che preferisce preparare un appuntamento così importante allenandosi, piuttosto che andando a correre. E infatti sta facendo un grande lavoro con Bartoli. Non è andato in altura, perché non c’erano i tempi tecnici, per cui si è allenato a casa.

Zambanini continua a crescere: nelle prove canadesi è stato il primo italiano
Zambanini continua a crescere: nelle prove canadesi è stato il primo italiano
Un altro nella stessa situazione è Rota: anche lui ritirato alla Vuelta, poi volato in Canada. Ricordiamo il bel mondiale di Wollongong…

Rota sarà a Zurigo perché ho la certezza che sia motivato e mi fido di quello che mi dice. Me l’ha dimostrato negli anni scorsi. Alla Vuelta stava andando bene poi purtroppo è caduto e anche lui ha avuto male al ginocchio. Ha fatto una settimana di recupero, si è ripreparato ed è andato in Canada. Non è stato brillantissimo, non è arrivato davanti come Bagioli, però ha una condizione in crescita e ritengo che sia un corridore solido per questo tipo di competizione. Io credo che possa svolgere il ruolo che gli darò, come ha sempre fatto. E’ uno dei miei uomini di fiducia e ho voluto dargli fiducia anche quest’anno.

Rispetto alle convocazioni di una volta, in cui c’erano le indicative, sembra che ora molto si basi sul dialogo e sulla condivisione delle preparazioni.

Sì, deve esserci molto dialogo perché il ciclismo da questo punto di vista è cambiato, grazie ai nuovi metodi di allenamento. Anche a me viene difficile perché vengo da un altro periodo in cui i corridori avevano bisogno di fare più gare di avvicinamento per preparare l’appuntamento. Ho fatto fatica a entrare in questa ottica, però adesso obiettivamente le cose funzionano così. E’ anche soggettivo. Bettiol appartiene a una generazione un po’ più vicina alla mia e ha bisogno di correre prima di arrivare all’appuntamento. Invece la maggior parte di quelli che ci sono adesso e sono più giovani, preferiscono correre meno e prepararsi meglio.

Per Rota il terzo mondiale sui tre nella gestione Bennati: la fiducia è al massimo
Per Rota il terzo mondiale sui tre nella gestione Bennati: la fiducia è al massimo
Quale ruolo immagini per Cattaneo?

Me lo posso giocare in vari modi. Magari non mi può dare garanzia di risultato, però per tirare o entrare in fuga e aiutare un compagno, può fare il lavoro di due. Mattia sta andando particolarmente forte, anche perché quest’anno è stato fermo a lungo e adesso è carico di energie. Alla Vuelta è andato benissimo e sono convinto che al mondiale sarà una pedina davvero fondamentale per tutto il gruppo. E’ un corridore esperto, vede la corsa e sa gestire tante situazioni che fanno parte del suo repertorio perché è abituato a lavorare per i grandi campioni. Accanto a lui potrebbe muoversi Marco Frigo, anche lui reduce dalla Vuelta. E’ uno che non ha paura di far fatica e abbiamo visto che sa anche inserirsi nelle fughe.

E poi c’è Zana, che portasti al tuo primo mondiale per rispetto verso la maglia tricolore, attirandoti anche qualche critica.

Se trova la giornata giusta, Pippo può arrivare davanti. Alla Vuelta ha fatto un bel secondo di tappa, però mi aspettavo che ci riprovasse. A fine Vuelta non ero tanto sicuro di convocarlo, finché ho parlato con Pinotti che è il suo preparatore. Gli ho detto che mi sarebbe piaciuto vederlo in una gara dopo la Vuelta, per capire se ne fosse uscito davvero bene. E così all’ultimo lo hanno inserito al Matteotti e mi hanno confermato tutti che ha fatto due belle sparate. E’ rientrato su un’azione davanti e poi ha tirato la volata a De Pretto, però non cercavo il risultato quanto la conferma che la condizione ci fosse.

Zurigo sarà il terzo mondiale di cittì Bennati, dopo Wollongong e Glasgow
Zurigo sarà il terzo mondiale di cittì Bennati, dopo Wollongong e Glasgow
Ultima cosa, non marginale, ancora una volta correranno senza avere le radio. Il tuo ruolo di fatto si ferma alla riunione del mattino e alle poche info che eventualmente puoi fargli arrivare…

Non avere la radio agli europei, vedergli fare quello che avevamo deciso di non fare e non poter intervenite è stato frustrante. Non poter dare indicazioni in tempo reale per me è deprimente. Sono convinto che avere la radio e guidare la squadra in tempo reale contro un corridore come Pogacar sarebbe già difficile, ma almeno ti darebbe la tranquillità di essere presente. Perché in certe situazioni non è solo una questione di gambe, ma anche di convinzione. Puoi cogliere l’attimo oppure gestire delle situazioni che da terra non puoi gestire e non puoi nemmeno cambiare. Puoi mettere chi vuoi lungo il percorso, ma cosa gli comunichi? Il tempo, il distacco, oppure quando hai un minuto di ritardo gli dici di andare a tutta per rientrare? Sono messaggi che più o meno lasciano il tempo che trovano. Qualcosa puoi fare, però è sempre molto complicato.

Quando partite?

Giovedì ci troviamo a Lomazzo, in provincia di Como. Facciamo un giretto al pomeriggio e il giorno dopo andiamo su in autostrada.

Gravel, il futuro è da scrivere. Ma le polemiche non fanno crescere

19.09.2024
5 min
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Quando lo raggiungiamo al telefono, Tomas Van der Spiegel è incastrato nel traffico di Bruxelles che al mattino è qualcosa di pazzesco. Lui dice che somiglia a quello di Milano e lo prendiamo subito per buono. L’amministratore delegato di Flanders Classics va sempre a mille. E così, dopo aver organizzato con il suo team i recenti campionati europei di Limburg 2024, ora fa rotta sugli europei gravel di Asiago del 13 ottobre, prima che arrivi come un tornado la stagione del ciclocross.

Il motivo della chiamata è proprio la gara di Asiago, dopo la reazione di Mattia De Marchi che, parlando a nome degli specialisti, ha puntato il dito sulla data e il tipo di percorso. La data, per la concomitanza con un altro evento in Spagna: il friulano ha scelto per questo di non correre gli europei. Il percorso, additato in quanto troppo facile e di conseguenza tracciato a suo dire per favorire gli stradisti e penalizzare chi di gravel vive tutto l’anno (in apertura Wout Van Aert agli scorsi mondiali di Treviso). 

Cosa pensi di questa polemica?

L’ho seguita, conosco bene Mattia. Direi per prima cosa che il gravel è una disciplina che sta cercando ancora il suo posto nel mondo del ciclismo. Conosciamo bene i problemi che ci sono con i calendari, non solo per la strada. Il ciclismo è molto popolare e il calendario è strapieno. Organizzare tutto l’anno eventi gravel per la comunità gravel è bellissimo. Anche io ne sono molto appassionato. Sono venuto a Conegliano due mesi fa per pedalare anche con Mattia. All’inizio dell’anno ho fatto The Traka da 360 chilometri in Spagna. Mi piace molto il gravel, però stiamo cercando di capire quale sia il suo posto.

Come si sceglie la data di un campionato europeo?

In quel periodo ci sono tanti eventi gravel e ancora tante gare su strada, non è facile trovare la data giusta. Si lavora con le Federazioni internazionale, con la UCI e la UEC, non sei tu organizzatore che scegli e glielo comunichi. Secondo me quello del calendario è il primo topic. E su questo sono d’accordo con Mattia che ci vuole anche tanto rispetto per la gente che fa gravel tutto l’anno e che sviluppa la disciplina.

Mattia De Marchi, qui ai mondiali 2023, è uno dei primi specialisti italiani del gravel
Mattia De Marchi, qui ai mondiali 2023, è uno dei primi specialisti italiani del gravel
Che cos’è per te il gravel?

E’ qualcosa di molto inclusivo per tutti e anche noi che organizziamo eventi stiamo cercando la formula giusta per le prove di campionato. E’ il metodo che in inglese si chiama trial and error, cioè provare e correggere in base ai risultati. Credo sia questo il processo che stiamo vivendo in questo momento. Magari quello di Asiago non sarà il percorso ideale, però dire che è fatto solo per gli stradisti mi sembra un po’ esagerato. Sono stato già tante volte sul posto, conosco l’area molto bene. Credo che sarà molto bello anche così e che potremo accontentare tanta gente, mentre non è sempre semplice o possibile accontentare tutti.

Ci sono tante diversità?

Ci sono gare di 100 chilometri e altre oltre i 300. Ovviamente ci sono gli specialisti delle prime e gli specialisti delle seconde. Allora credo che se troviamo un bel misto di corridori gravel, stradisti e corridori di ciclocross, perché ci sono anche loro, possiamo dire di aver fatto un bel lavoro. E’ solo il secondo campionato europeo, abbiamo i diritti anche per l’anno prossimo. Se qualcosa quest’anno non ci piacerà, potremo migliorarlo il prossimo.

Mentre parlavi pensavamo alla mountain bike, che ha i mondiali di cross country e quelli marathon, perché non è detto che tutti possano convivere negli stessi eventi, non trovi?

Potrebbe essere, non ci avevo ancora pensato. Dobbiamo tenere conto di alcune cose. Per esempio, oggi è molto importante poter raccontare la storia di una gara. Se ne fai una di 300 chilometri in mezzo al nulla, è molto difficile fare una produzione televisiva che funzioni. Allo stesso tempo, da amatore gravel io odio i circuiti. Soprattutto perché ci sono gare in cui ti tocca girare per 6-7-8 volte in anelli di 15 chilometri. Secondo me non è lo spirito giusto. Per cui dobbiamo trovare la formula giusta. Non avevo pensato al parallelo con la mountain bike, ma merita un approfondimento. Forse ha senso fare il sabato una gara più breve, magari con finale in un circuito più esplosivo. E poi una gara più lunga il giorno dopo.

Natan Haas e Lachlan Morton, primi due da destra, sono due specialisti del gravel di livello internazionale
Natan Haas e Lachlan Morton, primi due da destra, sono due specialisti del gravel di livello internazionale
Detto questo, è abbastanza chiaro che la presenza di Van der Poel, Van Aert, Pidcock e campioni del genere per i tifosi e per gli sponsor ha una valenza notevole, giusto?

Noi che siamo specialisti nel ciclocross, lo viviamo da anni. Oggi ci sono stelle della multidisciplina e credo che quello sia il futuro del ciclismo, del gravel e della strada. Non solo Mathieu, Wout e Tom, c’è anche Puck Pieterse fra le donne, c’è Fem Van Empel, c’è anche Thibau Nys che vince su strada e nel ciclocross… Forse il corridore del futuro è fatto così, anche per il gravel. Credo che questo sia un momento per raccogliere, dobbiamo usare questo fatto per far crescere anche il movimento. Dobbiamo trovare la via di mezzo. E’ vero che c’è questa comunità gravel che corre tutto l’anno, che ha i suoi appassionati, però per poter attrarre più gente bisogna anche avere delle stelle e credo che questa sia la vera sfida di oggi.

Nessuna polemica quindi?

Capisco molto bene certe frustrazioni, però credo che le polemiche non servano per far crescere il movimento. Dobbiamo guardare insieme come possiamo farlo. Dal mio punto di vista, il discorso è tutto qui.