Un secondo di distacco, ma per Vigilia è uno stimolo in più

Un secondo di distacco, ma per Vigilia è uno stimolo in più

29.10.2025
5 min
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Una chiusura quasi col botto. All’ultima gara della stagione, Alessia Vigilia coglie il suo miglior risultato con la piazza d’onore nella prestigiosa Chrono des Nations, ma soprattutto vede sfuggirle di sotto il naso una vittoria che avrebbe avuto del clamoroso, per un solo secondo appannaggio della specialista olandese Ellen Van Dijk all’ultima gara della carriera prima di dedicarsi completamente al suo ruolo di mamma.

Il podio finale con la Van Dijk fra la Vigilia e l'austriaca Schweinberger, terza a 11" (foto Instagram)
Il podio finale con la Van Dijk fra la Vigilia e l’austriaca Schweinberger, terza a 11″ (foto Instagram)
Il podio finale con la Van Dijk fra la Vigilia e l'austriaca Schweinberger, terza a 11" (foto Instagram)
Il podio finale con la Van Dijk fra la Vigilia e l’austriaca Schweinberger, terza a 11″ (foto Instagram)

Un verdetto simile è sempre difficile da interpretare, se quel secondo ha ancora un sapore dolce o è solo sconfitta. Alessia però ha le idee abbastanza chiare in merito, è qualcosa che addolcisce la stagione: «L’inizio non è stato il migliore, visto che mi sono rotta la clavicola proprio nella prima gara dell’anno. Devo dire però che da lì in poi sono andata sempre in crescita e alla fine sono molto contenta. In generale penso di aver fatto una stagione comunque a un livello buono e costante, molto al servizio della squadra, giustamente. Sono riuscita anche a ritagliarmi qualche soddisfazione, come ad esempio la Top 10 nella prima tappa del Giro e anche a cronometro, con il podio sfiorato ai tricolori».

Stai diventando sempre più una specialista…

Diciamo che i presupposti c’erano già, qualcosa si era già visto da junior. Poi negli ultimi anni ho fatto un po’ fatica ad esprimermi al massimo delle mie potenzialità. Due anni fa mi ero già espressa a buon livello centrando il podio tricolore. Questa dimensione specifica è una cosa in cui credo, io ho sempre cercato di migliorare e quindi mi soddisfa davvero tanto essere arrivata così vicino a una specialista come Van Dijk. Soprattutto in una prova comunque non facile perché erano 27 km, su un percorso mosso e per quasi metà gara pioveva, quindi diciamo che è stata una bella prova di resistenza.

Per Ellen Van Dijk questa è stata l'ultima gara in carriera chiusa con 3 titoli mondiali e uno europeo (foto Getty Images)
Per Ellen Van Dijk questa è stata l’ultima gara in carriera chiusa con 3 titoli mondiali e uno europeo (foto Getty Images)
Per Ellen Van Dijk questa è stata l'ultima gara in carriera chiusa con 3 titoli mondiali e uno europeo (foto Getty Images)
Per Ellen Van Dijk questa è stata l’ultima gara in carriera chiusa con 3 titoli mondiali e uno europeo (foto Getty Images)
Tra l’altro è l’unica classica a cronometro che ha poi un passato molto importante…

Sì, è veramente una crono di grande prestigio, si vede dal seguito che ha, dalla presenza di tanta gente sul percorso. Magari la posizione all’interno del calendario non l’aiuta molto, ma in realtà tutti quegli atleti che ritengono le cronometro importanti, la vedono veramente come un riferimento, una gara importante. L’hanno vinta tanti campioni e campionesse, ha un grosso richiamo.

Tu hai sempre continuato a prepararti per le cronometro?

Ho sempre cercato di lavorarci. Non l’ho mai trascurata e anche in futuro non voglio farlo. Nelle categorie giovanili era più facile per me esprimermi a cronometro che magari nelle prove in linea e quindi penso che sia un po’ il mio punto di forza. Su cui appunto voglio continuare a lavorare. Ovviamente i percorsi piatti piatti non mi si addicono molto, ma già con percorsi un po’ misti o più tecnici riesco a esprimermi meglio.

La Vigilia era già stata terza a cronometro ai tricolori 2023 e quarta quest'anno
La Vigilia era già stata terza a cronometro ai tricolori 2023 e quarta quest’anno
La Vigilia era già stata terza a cronometro ai tricolori 2023 e quarta quest'anno
La Vigilia era già stata terza a cronometro ai tricolori 2023 e quarta quest’anno
In che cosa devi migliorare nella specialità?

Sicuramente nell’aerodinamica che gioca un ruolo fondamentale. Non avendo mai lavorato in galleria del vento, penso che ci siano ancora tanti step che si possono fare. Poi personalmente e fisicamente credo che anche a livello di prestazione, devo continuare a lavorare su questo tipo di sforzo e cercare anche di imparare magari a gestire ancora meglio.

La nuova squadra, l’Uno X conta di appoggiarti e di investire anche su questo settore, pur considerando che le cronosquadre sono andate un po’ sparendo?

E’ difficile parlare già di programmazione non sapendo esattamente che percorsi ci saranno per i grandi giri e in generale quante prove a tappe prevedranno la cronosquadre. Al Tour femmes ad esempio ci sarà un’importante cronometro di 21 chilometri a metà corsa, ma sarà individuale. E’ comunque una delle cose di cui abbiamo già parlato con i dirigenti e credo che lavoreremo insieme per migliorare, per vedere un po’ quali sono i limiti anche in questa specialità.

La bolzanina punta fortemente sulle cronometro e conta di progredire lavorando alla galleria del vento
La bolzanina punta fortemente sulle cronometro e conta di progredire lavorando in galleria del vento
La bolzanina punta fortemente sulle cronometro e conta di progredire lavorando alla galleria del vento
La bolzanina punta fortemente sulle cronometro e conta di progredire lavorando in galleria del vento
Può essere questa anche una tua nuova dimensione per allargare le tue aspirazioni e provare anche a guardare a un obiettivo come Los Angeles 2028?

Sicuramente è uno dei sogni che ho nel cassetto. Ovviamente ci sono tante atlete forti e tante gare in mezzo, tante stagioni, tante cose da fare. Ma se guardo al futuro a lungo termine, quello sicuramente sarebbe uno degli obiettivi più grandi della mia carriera.

Tu adesso cambi squadra, cambiano anche le tue prospettive, i tuoi ruoli che svolgerai nel nuovo team?

Questa settimana avremo il training camp amministrativo e cominceremo ad affrontare il discorso. Penso però di avere un pochino più di libertà e di potermi esprimere di più. Vediamo come va.

L'altoatesina lascerà la FDJ-Suez per approdare alla Uno-X che le ha garantito maggiore libertà (foto Instagram)
L’altoatesina lascerà la FDJ-Suez per approdare alla Uno-X che le ha garantito maggiore libertà (foto Instagram)
L'altoatesina lascerà la FDJ-Suez per approdare alla Uno-X che le ha garantito maggiore libertà (foto Instagram)
L’altoatesina lascerà la FDJ-Suez per approdare alla Uno-X che le ha garantito maggiore libertà (foto Instagram)
E’ stato anche questo che ti ha portato a cambiare, avere più libertà rispetto a quella che potevi avere alla Françoise des Jeux?

Sì, sono state un insieme di cose. Credo di essere nella fascia d’età in cui o provi a fare il salto o ti stabilizzi un po’ dove sei e sinceramente volevo provarci e avere responsabilità o libertà e vedere come va. Se non ora, quando?

Jakob Dorigoni MTB (foto Guazzapix)

MTB propedeutica al cross? La risposta sorprendente di Dorigoni

29.10.2025
4 min
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La stagione del ciclocross è entrata nel vivo e la vittoria di Sara Casasola nel Superprestige ce lo ricorda alla grande. Ma come sempre, questa specialità così di settore porta con sé una grande quantità di spunti tecnici, sia per quanto riguarda la bici che la guida. E proprio di questi vogliamo parlare con Jakob Dorigoni (in apertura foto Guazzapix).

L’altoatesino del Team Torpado Kenda Factory, quest’anno ha deciso di dedicarsi solo alla MTB, ma ricordiamo che è stato uno degli atleti di vertice della nazionale di ciclocross, nonché due volte tricolore elite. A lui, fresco vincitore tra l’altro della Roc d’Azur, una delle prove di MTB più prestigiose del pianeta, abbiamo chiesto in cosa la mountain bike possa essere propedeutica al cross. Di solito infatti facciamo sempre il contrario, perché è il ciclocross a essere considerato propedeutico alla strada.

E quindi Jakob, partiamo proprio da qui: perché la MTB può essere propedeutica al cross?

Sicuramente dal punto di vista tecnico la mountain bike ci permette di giocare un po’ di più con la bici, cosa che poi torna molto utile nel cross. Nel fuoristrada, in generale, bisogna avere piacere di giocare con la bici. E nel cross questo vale ancora di più.

Perché?

Perché se una bici non lavora diventa poi difficile guidarla quando i terreni si fanno estremi. Però, viceversa, se uno è bravo a usare la bici da cross nel fango, cosa che richiede tanta sensibilità, impara davvero a gestire ogni mezzo: MTB, cross e strada. E’ utile avere quelle skill, quelle doti, per usare la mountain bike o la bici da cross nel fango. Chi fa cross guida in modo diverso nel fango… e a mio avviso migliore.

Insomma, per te è quasi il contrario? E’ il cross che è funzionale alla MTB?

In un certo senso sì, almeno su certi terreni.

Tipo?

Sull’asciutto non lo direi proprio. Lì le due cose sono abbastanza diverse. La mountain bike è un mezzo diverso da tutte le altre bici. Ma sul bagnato e in particolare nel fango ci sono molte similitudini nella guida tra cross e MTB.

Su fango e bagnato MTB e cross si avvicinano molto secondo Dorigoni
Su fango e bagnato MTB e cross si avvicinano molto secondo Dorigoni
Hai detto tantissimo e messo parecchia carne al fuoco, Jakob. Proviamo a rallentare e partiamo da quella frase interessantissima: “se la bici non lavora”. Spiegaci meglio, cosa intendi?

La mountain bike ha sospensioni, ruote e gomme che lavorano tanto. Sono più mobili, devono rispondere alla tenuta meccanica e chimica (le gomme, ndr). Si gioca molto con la pressione, sia delle gomme che delle sospensioni. Nella forcella e nell’ammortizzatore puoi mettere più o meno aria, regolare l’affondo e il ritorno, che può essere più veloce o più lento. Puoi scegliere una forcella progressiva, lineare… Insomma, la bici ha tanti assetti e più la imposti sulla tua guida, più vantaggi hai.

Invece la bici da cross?

L’unica cosa su cui puoi intervenire e in modo minore è la pressione delle gomme. E devi stare attento: se è troppo alta, la bici da cross, che già lavora poco, finisce per non lavorare affatto. Non ammortizza, non dà risposte.

Le abilità del cross, come scendere e salire dalla bici, sono diverse da quelle richieste per la MTB (foto Billiani)
Le abilità del cross, come scendere e salire dalla bici, sono diverse da quelle richieste per la MTB (foto Billiani)
Però possiamo supporre che la MTB ti dia un certo colpo d’occhio nell’approccio a curve e ostacoli?

Quello sì. E’ il grande vantaggio, soprattutto quando bisogna guidare sul bagnato. Bisogna saper trovare il grip in generale: nei sentieri sempre nuovi della MTB, ma anche sull’erba o sullo sterrato di un circuito di ciclocross. Per il resto, sono due discipline talmente diverse che è quasi difficile fare un paragone tecnico. Nella MTB ci sono più salti, percorsi sempre più artificiali e serve un mezzo adeguato. Nel ciclocross invece è l’aspetto della curva che conta: l’ingresso e la percorrenza. Ma per quello c’è la sensibilità dell’atleta.

Che affina con l’allenamento con la bici da cross?

Esatto. La sua bravura. Poi c’è l’ottimizzazione nel salire e scendere dalla bici. Sono i famosi automatismi del corpo. Che però non servono in MTB.

Sono altre peculiarità insomma…

Sì. Come ripeto, peculiarità diverse che diventano molto simili sul bagnato. La ricerca del feeling in quel caso è quasi identica, con la differenza che nel cross sei solo tu ciclista a lavorare sulla curva, sull’ostacolo, nel fango o nella sabbia. Mentre nella MTB sei tu, ma anche la bici, che deve fare la sua parte. Per me quindi è più il cross a dare qualcosa al biker. Il fango del cross ti insegna davvero a muoverti sulla bici. E i biker che hanno fatto cross li vedi (tipo Tom Pidcock, ndr)

Grand Prix du Morbihan 2025, Benoit Cosnefroy

Cosnefroy alla UAE: scommessa o gran colpo di mercato?

29.10.2025
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«Sono molto felice di unirmi al UAE Team Emirates – ha commentato Benoit Cosnefroy – e sono entusiasta di far parte della squadra migliore al mondo. Quando Mauro Gianetti mi ha presentato il progetto, ho capito che era la sfida ideale per me in questa fase della mia carriera».

Con queste poche parole, il corridore francese, che dal 2016 al 2025 ha sempre corso nello stesso gruppo (prima Ag2R La Mondiale e poi Decathlon AG2R), ha commentato il passaggio nella squadra emiratina. Il suo 2025, iniziato fra mille intoppi, si è riaperto in modo convincente a primavera per poi interrompersi di nuovo bruscamente in estate. Tredici giorni di corsa e una vittoria. Eppure questo gli è valso la chiamata della UAE, con un contratto biennale.

Il trentenne di Cherbourg en Cotentin è la grande scommessa di Gianetti e Matxin per il 2026. Quest’anno infatti Cosnefroy ha corso molto poco a causa di un intervento al ginocchio e ha poi saltato i campionati francesi e il Tour de France per una caduta al Giro di Svizzera. Benoit porterà con sé l’esperienza nelle corse di un giorno, avendo vinto il Grand Prix Cycliste de Québec e la Classica di Plouay battendo Alaphilippe. Sembrava il francese del futuro per le corse di un giorno, soprattutto dopo aver conquistato il secondo posto all’Amstel del 2022, battuto al fotofinish da Kwiatkowski, ma il suo cammino ha subito varie battute di arresto.

Amstel Gold Race 2022, Benoit Cosnefroy, Michal Kwiatkowski
Questo lo sprint tiratissimo fra Cosnefroy e Kwiatkowski all’Amstel del 2022, vinta poi dal polacco
Amstel Gold Race 2022, Benoit Cosnefroy, Michal Kwiatkowski
Questo lo sprint tiratissimo fra Cosnefroy e Kwiatkowski all’Amstel del 2022, vinta poi dal polacco

Il Natale più nero

Gli ultimi mesi sono stati tutti in salita. L’inverno era già stato un continuo patire, a causa del dolore al ginocchio, che a gennaio aveva richiesto un intervento. Ha raccontato suo padre che Cosnefroy non riusciva a pedalare per più di un quarto d’ora. A Natale aveva un dolore fortissimo, fino al momento in cui ha capito cosa avesse e a quel punto si è sentito liberato.

«Non è stato un periodo lineare – ha raccontato Cosnefroy – inizialmente avevo tanti dubbi, finché abbiamo trovato la causa. L’inverno è stato molto complicato, soprattutto a dicembre. Speravo di fare una bella stagione e per questo stavo lavorando. Di colpo invece non sono stato più in grado di gestire la situazione. All’inizio di gennaio sono andato a vedere un chirurgo in Belgio e lui mi ha detto che avrei avuto bisogno di un’operazione. A partire da quel momento è stato tutto più facile. Dopo l’operazione ho fatto 15 giorni di riposo totale, poi sono andato per tre settimane in un centro di rieducazione».

Dopo essere tornato in azione al Giro di Romandia e dopo il secondo posto alle Boucles de l’Aulne, Cosnefroy ha vinto il GP du Morbihan a Plumelec (foto di apertura). «Onestamente – ha commentato – non ho mai dubitato che sarei tornato al meglio. Dopo l’intervento, tutti i parametri erano buoni e la mia riabilitazione è stata buona. E’ stata una lunga strada».

Lo scorso anno, la vittoria al Brabante è stata la conferma della passione di Cosnefroy per le strade fiamminghe
Lo scorso anno, la vittoria al Brabante è stata la conferma della passione di Cosnefroy per le strade fiamminghe
Lo scorso anno, la vittoria al Brabante è stata la conferma della passione di Cosnefroy per le strade fiamminghe
Lo scorso anno, la vittoria al Brabante è stata la conferma della passione di Cosnefroy per le strade fiamminghe

Passione per le Fiandre

Il 2024 era stato probabilmente la sua stagione migliore. La vittoria al Tour de Alpes Maritimes davanti ad Albanese. Il sesto posto alla Strade Bianche. Le vittorie alla Parigi-Camembert e soprattutto alla Freccia del Brabante. Il quarto posto alla Freccia Vallone e la vittoria al GP du Morbihan e al GP du Finistere. Infine la frattura della clavicola al Renewi Tour che lo ha costretto a chiudere anzitempo la stagione.

«Questi luoghi sono le radici del nostro sport – disse dopo aver battuto Teuns e Wellens al Brabante – da anni desideravo scoprire questo mondo, immergermi in questa atmosfera. Da quando ho visto Valentin Madouas arrivare terzo al Giro delle Fiandre del 2022, mi è venuta una gran voglia di provarci. Le gare fiamminghe non sono come le altre: richiedono molta energia fisica, ma l’aspetto mentale gioca un ruolo fondamentale. E’ un aspetto stressante e bisogna sapersi superare. Per questo mi sono preparato a compiere sforzi molto impegnativi, spingendomi oltre i miei limiti».

Alla Strade Bianche del 2024, Cosnefroy ha centrato il sesto posto, a 4'39" da Pogacar
Alla Strade Bianche del 2024, Cosnefroy ha centrato il sesto posto, a 4’39” da Pogacar
Alla Strade Bianche del 2024, Cosnefroy ha centrato il sesto posto, a 4'39" da Pogacar
Alla Strade Bianche del 2024, Cosnefroy ha centrato il sesto posto, a 4’39” da Pogacar

La scommessa di Gianetti

Adesso si riparte nella squadra numero uno al mondo. Nel ciclismo francese ci si chiede se Cosnefroy avrà lo spazio per fare le sue corse, ma probabilmente nella gestione della UAE Emirates potrebbe andare a occupare lo spazio lasciato libero da Alessandro Covi. Un corridore vincente, mandato a fare punti nelle corse in cui non verranno schierati i top rider. Il motivo della scelta sarà da chiedere a Mauro Gianetti, per ora Cosnefroy resta nel suo entusiasmo e sta per riprendere il lavoro interrotto con la caduta allo Svizzera.

«Dopo aver parlato con il team e analizzato le loro ambizioni – ha spiegato – è diventato chiaro che questa collaborazione avrebbe potuto rivelarsi un successo e la decisione giusta da prendere. Non vedo l’ora di iniziare questo nuovo capitolo e di gareggiare con i miei nuovi compagni di squadra».

Nel finale di stagione lo si è visto in Italia per recuperare il nuovo materiale. Il primo appuntamento con la nuova squadra sarà il ritiro spagnolo di dicembre. E a quel punto il nuovo capitolo nella carriera dell’occhialuto francese sarà iniziato. Una scommessa per due: per lui e per i manager che l’hanno ingaggiato.

Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65

Swiss Side Hadron3 650 Classic, veloci e gratificanti

28.10.2025
7 min
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Abbiamo provato le ruote Swiss Side Hadron3 650 nella versione Classic, ovvero quelle con il profilo da 65 millimetri e con i mozzi che si basano sulla meccanica dei DT Swiss 370.

Chi partiva con qualche remora (giustificata se contestualizzata in un’epoca passata) ora dovrebbe cambiare idea. Le ruote con profili altissimi offrono dei vantaggi non secondari e, prodotti ben congegnati come le Swiss Side, sono divertenti e anche piuttosto facili da guidare. Entriamo nelle specificità della nostra prova, eseguita con una doppia configurazione.

Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Quella famiglia di ruote che invitano a fare velocità
Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Quella famiglia di ruote che invitano a fare velocità

Hadron3 650 Classic: il dettaglio

La serie Classic di Swiss Side adotta la medesima tecnologia di sviluppo della Ultimate, ma è resa “più democratica” per scelte differenti di alcuni componenti. Ci sono i mozzi in alluminio con meccanica DT Swiss 370 (sempre con Rachet System interno al mozzo posteriore e cuscinetti sigillati con sfere in acciaio), raggi in acciaio (DT Swiss) Aero Comp con incrocio in seconda ed un cerchio full carbon da 65 millimetri di altezza. Il cerchio è quello di ultima generazione: è tubeless ready con uncino (non hookless) ed ha un canale largo 22 (la larghezza complessiva è di 29). Il canale prevede l’impiego del tubeless tape. Un cerchio con questo shape è ottimizzato anche per coperture fino a 32 millimetri di sezione.

Una delle particolarità di queste ruote è il sistema combinato ruota/pneumatico, possibile grazie ad una installazione di fabbrica con i pneumatici Continental/Swiss Side (come nella versione usata per il test). Dietro abbiamo un “classico” GP5000s TR da 30 millimetri, che prevede il montaggio originale con la camera d’aria in TPU (da notare che lo pneumatico è tubeless ready). Davanti c’è un Swiss Side Aero111 da 29, gomma dal disegno e shape particolari, marcatamente aero concept, prodotta da Continental su specifiche Swiss Side. Anche in questo è tubeless ready ed è montata in originale con la camera in TPU. Il peso (rilevato) della coppia con gomme e camere montate è di 2470 grammi. Il prezzo di listino (al netto di eventuali sconti spesso disponibili sul sito Swiss Side) è di 1495 euro.

Test doppio: camere poi tubeless

Proprio così, non ci siamo fermati alla singola prova, ma abbiamo voluto capire come può funzionare una “ruotona” del genere con un setting differenti di pneumatici. Prima la prova in originale, poi con la configurazione tubeless (tolte le camere ed inserito il liquido).

Stesso giorno di lavoro, stesso percorso e medesima bici usata per il test finale dal quale abbiamo estrapolato i dati. 10 chilometri esatti, un vallonato leggero e comunque lineare in modo da minimizzare le variabili ambientali. 30 metri circa di dislivello positivo in modo da sfruttare anche la velocità generata dalle Hadron3. Vento a 3 chilometri orari rilevato per tutto il test e 15° come temperatura esterna.

I numeri del test con le camere d’aria in TPU

2.925 grammi rilevati per le Hadron3 pronte per la messa su strada. Dischi da 160/140, camere in TPU Continental con valvola da 80 (37 grammi ciascuna). 300 watt medi per un rapporto fisso 54/16. Tempo di percorrenza rilevato 15 minuti e 38 secondi. Velocità media di 38,4.

La prova con il montaggio tubeless

Abbiamo rilevato il medesimo valore alla bilancia del montaggio. 2.925 grammi anche per il setting tubeless. Valvole da 80 millimetri e 30 cc di liquido sigillante per ogni gomma. In entrambe le prove la partenza è stata da fermo. Cosa ci dicono i numeri del setting tubeless? Che siamo stati più veloci di 12 secondi con i 1526″ secondi rilevati a parità di tutto. La media oraria è stata di 39 chilometri orari con i tubeless.

Alcune considerazioni relative alle Hadron3 650

Il risparmio di tempo con il setting tubeless è lampante. 12 secondi possono non sembrare molti. Se però andiamo nel dettaglio e quantifichiamo sono poco più di un secondo al chilometro per soli 10 chilometri di test. Se il test fosse stato di 60/80 chilometri il tempo risparmiato sarebbe esponenziale. Non solo, perché ad una velocità più elevata la configurazione tubeless permette un maggiore e migliore controllo, dissipazione aumentata delle vibrazioni che arrivano dal basso. Un maggiore controllo e fluidità della bici soprattutto sull’avantreno, anche e soprattutto in discesa e quando è necessario cambiare traiettoria ad alta velocità.

Il test completo delle Swiss Side da 65 ha previsto anche giornate di utilizzo collinare. Salite e discese, percorsi vari mediamente tecnici, ben coscienti del fatto che un profilo del genere trova la sua massima sfruttabilità ad andature elevate e senza eccessive complicazioni ambientali.

Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Sono oggettivamente un bel vestito per la bici
Swiss Side Hadron3 650 Classic, non sembrano ruote da 65
Sono oggettivamente un bel vestito per la bici

In conclusione

Le Hadron3 650 Classic sono l’esempio di quanto una ruota alta moderna possa essere facile, molto più che in passato, gratificante e anche sfruttabile. Non siamo qui ad affermare che sia un prodotto dedicato a tutti i ciclisti, ma di sicuro abbatte alcune convinzioni che arrivano dal passato e relative a queste categorie di strumenti dedicati alla ricerca della performance. Non obbligano ad arpionare il manubrio quando si cambia direzione e non mostrano effetti negativi sullo sterzo della bici. Aiutano a mantenere una velocità elevata e spingono a dare gas quando la stessa andatura è già alta (comunque oltre i 40 chilometri orari). In discesa quando si oltrepassa il muro dei 55 chilometri orari diventano un boost e si attiva una sorta di effetto volano facile da percepire, quello che non avviene (ad esempio) con profili da 38.

Ovviamente non sono ruote da salita e quando le velocità sono piuttosto basse necessitano di molta energia, forza ed impegno per essere rilanciate nel modo adeguato. Il prezzo di listino. Lo troviamo adeguato, quasi vantaggioso, considerando proprio la versione Classic e la categoria di utenti potenziali, che non hanno il peso ridotto come pallino, ma pretendono velocità ed efficienza.

Swiss Side

Gabriele Scagliola, mountain bike, Ciclistica Rostese

Scagliola: il biker della Rostese alla Lidl-Trek Future Racing

28.10.2025
7 min
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Dalla Rostese alla Lidl-Trek Future Racing, il salto è talmente grande che potrebbe spaventare chiunque, invece Gabriele Scagliola risponde dall’altra parte del telefono sereno e tranquillo. La spensieratezza dei suoi diciotto anni gli ha fatto vivere il primo incontro in Germania con leggerezza, ma anche tanta consapevolezza. Gabriele Scagliola sa dov’è ma ha le idee chiare e sa che nel devo team di una delle squadre WorldTour più importanti al mondo non ci è arrivato per caso. 

E’ tornato da poco dalla Germania, da Stoccarda, dove è stato per una settimana e ha potuto respirare il clima di quella che ora è casa. 

«Siamo stati una settimana nel quartier generale della Lidl – racconta – dove stanno allestendo anche una parte dedicata interamente al team. Abbiamo fatto tantissime cose, dagli shooting per il prossimo anno fino alla messa in sella. E’ stata una bellissima esperienza, certo che dalla Rostese alla Lidl-Trek il salto è grande. Ci siamo anche goduti qualche serata tutti insieme, la squadra ha organizzato un oktoberfest interno. Davvero particolare e divertente».

Gabriele Scagliola, mountain bike, Ciclistica Rostese
Gabriele Scagliola arriva dalla mountain bike, disciplina che lo ha lanciato
Gabriele Scagliola, mountain bike, Ciclistica Rostese
Gabriele Scagliola arriva dalla mountain bike, disciplina che lo ha lanciato

Dalla mtb alla strada

La storia di Gabriele Scagliola è quella di un ragazzo che si è innamorato della bicicletta in diversi modi. Tutto è partito con la mountain bike e dalla curiosità di provare qualcosa che aveva già attirato la sua attenzione

«Ricordo che la mtb – racconta Scagliola – è arrivata quando ero molto piccolo, avevo nove anni più o meno. Ero in vacanza con i miei genitori sul lago di Bolsena dove abbiamo una casa. Avevo visto che c’era una squadra di mountain bike così ho provato, giusto per passare il tempo. Quando siamo tornati a casa, in provincia di Torino, ho detto a mia mamma di cercarmi una squadra per correre. Così sono arrivato alla Ciclistica Rostese. Ai tempi giocavo anche a calcio ma dopo poco l’ho lasciato».

«All’inizio la strada non mi piaceva – continua – perché la trovavo monotona. Avevo provato ma senza troppo entusiasmo, così ho proseguito con il fuoristrada. Mi sono innamorato del ciclismo su strada da allievo secondo anno, quando ho riprovato a correre e ho scoperto il suo fascino».

Gabriele Scagliola, mountain bike
L’amore per le ruote grasse è legato al territorio e alla voglia di esplorarlo che lo contraddistingue fin da bambino
Gabriele Scagliola, mountain bike
L’amore per le ruote grasse è legato al territorio e alla voglia di esplorarlo che lo contraddistingue fin da bambino
Che differenze ci sono in questi due amori, mtb e strada?

Sono molto legato al mio territorio, alle montagne e al mio paese. Dietro casa ho un monte, il Musinè, dove ci sono tantissimi sentieri sui quali divertirsi. Sentimentalmente sono molto legato alla mountain bike. Del ciclismo su strada ho apprezzato la libertà che ti dona, passare tante ore in sella e condividere con gli altri ragazzi allenamenti e gare. Ci sono molti più atleti in questa disciplina e si creano legami intensi e profondi. 

Sei passato anche al ciclismo su strada e le cose sono andate bene, no?

Molto bene. Da allievo secondo anno ho fatto qualche corsa, sempre con la Rostese, a fine stagione. Poi dal 2024 ho iniziato la doppia attività insieme a un gruppo di ragazzi del team. Il mio diesse e io abbiamo spinto per creare un gruppo che facesse tutte e due le discipline. Il primo anno è stato impegnativo perché correvo il sabato in mtb e la domenica su strada. Mentre quest’anno abbiamo pianificato bene la stagione per non sovraccaricare. 

Gabriele Scagliola, mountain bike, mondiali mtb Svizzera 2025 (foto Instagram)
Gabriele Scagliola impegnato nei mondiali mtb 2025 in Svizzera (foto Instagram)
Gabriele Scagliola, mountain bike, mondiali mtb Svizzera 2025 (foto Instagram)
Gabriele Scagliola impegnato nei mondiali mtb 2025 in Svizzera (foto Instagram)
Sono arrivati anche i primi risultati…

Ho visto una crescita davvero impressionante su strada. Quando ho iniziato non avevo nemmeno il potenziometro, mi è arrivato a metà del primo anno (2024, ndr). Ora per un allievo è quasi impensabile correre senza, ma io pensavo solo a divertirmi. 

Arrivi dalla mtb e dalla strada, quali ciclisti ti hanno fatto innamorare di queste discipline? 

Mtb, Nino Schurter, senza alcun dubbio. Mentre su strada Peter Sagan, anche se mi rispecchio in Van Der Poel per la polivalenza e la passione per le diverse specialità.

Gabriele Scagliola, strada, Pedala con Zazà
Scagliola ha iniziato a correre su strada da juniores e in poco tempo ha trovato grandi numeri e vittorie importanti
Gabriele Scagliola, strada, Pedala con Zazà
Scagliola ha iniziato a correre su strada da juniores e in poco tempo ha trovato grandi numeri e vittorie importanti
Come sono arrivati i contatti con la Lidl-Trek?

Andando forte e iniziando a vincere si sono avvicinati i primi procuratori. Mi sono preso un periodo di tempo per capire cosa fare perché non ero sicuro di voler firmare subito e vincolarmi con gente che non conosco. Alla fine ho parlato con Fabio Felline, con il quale siamo diventati amici nel corso del tempo, e lui mi ha detto di non avere fretta, se uno va forte le squadre arrivano. Mi ha consigliato di parlare con Giovanni Lombardi, che lo ha seguito in tutta la sua carriera. Siamo andati a cena tutti insieme e ho deciso di firmare con lui, giusto per tutelarmi.

Ti ha portato lui alla Lidl-Trek?

Si erano avvicinate altre squadre prima di loro. La prima è stata la Ineos, poi la Movistar e infine la Red Bull-BORA. Ero ormai quasi un corridore della Red Bull ma alla fine la cosa è saltata perché alcuni ragazzi del devo team non sarebbero passati nel WorldTour e quindi c’erano meno posti liberi. Ci sarebbe stato da aspettare, forse troppo, così ho preso l’occasione al volo ed eccomi qui in Lidl-Trek

Gabriele Scagliola insieme a Martino Pettigiani, suo diesse alla Rostese
Gabriele Scagliola insieme a Martino Pettigiani, suo diesse alla Rostese
Gabriele Scagliola insieme a Martino Pettigiani, suo diesse alla Rostese
Gabriele Scagliola insieme a Martino Pettigiani, suo diesse alla Rostese
Ci sono stati anche dei contatti con squadre italiane? 

Che io sappia no. Ma ero deciso di voler andare all’estero, l’impatto è davvero grande ma penso sia la cosa giusta per la mia crescita. Interfacciarmi con figure nuove e altre persone mi darà modo di imparare tanto. Ho anche chiesto di essere seguito da un preparatore straniero, voglio approcciarmi e sperimentare metodi di allenamento differenti. 

In questa settimana con chi hai parlato?

Con tanti ragazzi del devo team, praticamente li ho conosciuti tutti. Poi nei vari incontri ho conosciuto anche i corridori del WorldTour visto che eravamo spesso tutti insieme. Ad esempio Mads Pedersen mi ha dato una mano e dei consigli nella messa in sella, mentre con gli altri italiani come Ciccone e Bagioli ho parlato del più e del meno. C’era anche Ayuso.

Gabriele Scagliola, mountain bike, Ciclistica Rostese (foto Instagram)
La mountain bike rimarrà centrale anche nel suo primo anno alla Lidl-Trek Future Racing (foto Instagram)
Gabriele Scagliola, mountain bike, Ciclistica Rostese (foto Instagram)
La mountain bike rimarrà centrale anche nel suo primo anno alla Lidl-Trek Future Racing (foto Instagram)
Che effetto fa averli così vicini?

E’ strano passare dalla televisione alla realtà e dover far finta di niente. Non ho neanche chiesto una foto, non volevo sembrare il ragazzino invadente. Alla fine sono e saranno miei compagni di squadra. 

Quindi hai già portato la bici nuova a casa? L’hai provata?

Sì, è qui con me. L’ho provata per un giretto, ma sono in off season quindi devo ancora pazientare un pochino per girarci seriamente. Ma non mi farò divorare dalla fretta, c’è tutto il tempo. 

Gabriele Scagliola, mountain bike, Ciclistica Rostese (foto Instagram)
Scagliola è cresciuto e maturato lontano dagli estremismi del ciclismo moderno (foto Instagram)
Gabriele Scagliola, mountain bike, Ciclistica Rostese (foto Instagram)
Scagliola è cresciuto e maturato lontano dagli estremismi del ciclismo moderno (foto Instagram)
Sei primo anno under, vuol dire che ci sarà anche la scuola?

Assolutamente. Sto finendo il liceo scientifico-sportivo. Sono all’ultimo anno, a giugno avrò la maturità. Quando ho scelto questa scuola l’ho fatto per il programma visto che mi interesso tanto di nutrizione e allenamento. Non pensavo che il ciclismo sarebbe diventato il mio lavoro. In futuro magari mi piacerebbe anche continuare gli studi e iscrivermi all’Università, magari alla facoltà di Scienze Motorie.

Già da subito?

Al momento non ci penso. Anche se la squadra offre la possibilità di avere un piano interno di studi, ne parlavo con un ragazzo in questi giorni. Praticamente ti seguono e ti aiutano attraverso dei tutor nel percorso universitario, è una cosa molto interessante.

Prossimi impegni in squadra?

Ci vedremo direttamente al ritiro di dicembre, lì parleremo anche dei programmi. Quest’anno manterrò ancora la doppia attività, il team è favorevole. Anche se il futuro lo immagino su strada. 

Presentazione Tour de France 2025, Parigi, Christian Prudhomme (foto A.S.O./ Maxime Delobel)

Tour e spettacolo: l’edizione 2026 è un’occasione sprecata?

28.10.2025
5 min
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Era molto più smaliziato il vecchio Leblanc, che quando decideva di favorire un corridore piuttosto di un altro, piazzava sul percorso del Tour degli ostacoli studiati in modo perfido. Chiedete a Bugno e Chiappucci come facevano gli organizzatori di allora per spianare la strada a Indurain. Piazzavano un prologo e due crono piatte da 60 chilometri e poi potevi fare le imprese che volevi in montagna, che tanto il passivo era pressoché insormontabile.

Indurain vinse cinque Tour, andando forte in salita, ma schiantando ogni anno i rivali nelle crono
Indurain vinse 5 Tour, schiantando i rivali nelle crono. Alle sue spalle nella foto, l’indimenticato fotografo italiano Sergio Penazzo
Indurain vinse cinque Tour, andando forte in salita, ma schiantando ogni anno i rivali nelle crono
Indurain vinse 5 Tour, schiantando i rivali nelle crono. Alle sue spalle nella foto, l’indimenticato fotografo italiano Sergio Penazzo

Dalla parte dei vincitori

Il Tour è sempre stato dalla parte dei vincitori, oppure li ha sempre resi imbattibili disegnando percorsi su misura. Il gigante spagnolo ha avuto campo libero per cinque anni. Poi decisero di aprire il ciclo di Ullrich, secondo nel 1996 e primo nel 1997. Però fecero male i conti e si trovarono tra i piedi quel genio di Pantani che, nonostante le crono interminabili, lo mise al tappeto con un paio di giornate ben fatte in montagna.

A quel punto battezzarono la ruota di Armstrong. Pantani in qualche modo se lo tolsero dai piedi e per sette stagioni si consegnarono all’americano, che era tanto più forte da non avere bisogno di percorsi su misura.

Dopo gli anni di Sky e del solo Nibali che trovò l’estro e il coraggio per interromperne la serie, la stessa superiorità adesso ce l’ha Pogacar, senza che si provi a rendergli la vita difficile con tracciati per lui meno comodi (posto che poi esistano davvero!). Eppure in Francia ora si dibatte sulla possibilità che Pogacar possa non farcela a centrare il quinto Tour.

Nel 1998 Pantani riuscì a spezzare il filotto della Telekom e chissà che non ci sarebbe riuscito anche con Armstrong…
Nel 1998 Pantani riuscì a spezzare il filotto della Telekom e chissà che non ci sarebbe riuscito anche con Armstrong…

L’insidia del Col de Sarenne

E’ quello che emerge leggendo gli articoli che L’Equipe ha dedicato alla Grande Boucle dopo la presentazione dell’edizione 2025 (la foto di apertura è di A.S.O./ Maxime Delobel).

«L’unico momento in cui potrebbe essere in difficoltà – dice Thierry Gouvenou, direttore tecnico del Tour – è durante la penultima tappa, quando affronteremo le salite più lunghe in alta quota. Con il Col de Sarenne, che è accidentato e non molto scorrevole, non potrà avere una giornata negativa, perché potrebbero volare minuti. Lo abbiamo già visto cedere in passato sulle lunghe salite, sul Granon e il Col de La Loze, ma la speranza è minima».

«Ogni volta che c’è una vetta importante – è il controcanto di Prudhomme – Pogacar vuole vincerla. Quindi immagino che quando vedrà l’Alpe d’Huez due volte, vorrà conquistarla, come i più grandi. Come Hinault insieme a LeMond, ma saranno passati quarant’anni. Non è un’impresa da poco».

Tadej Pogacar, Col du Granon 2022
Nonostante quanto detto da Gouvenou, il Pogacar attuale è ben più solido di quello che perse la maglia sul Granon nel 2022
Nonostante quanto detto da Gouvenou, il Pogacar attuale è ben più solido di quello che perse la maglia sul Granon nel 2022

I Pirenei spuntati

Sarebbe interessante entrare nelle stanze segrete e scoprire quanto la quinta vittoria di Pogacar piaccia agli sponsor del Tour e quanto siano tutti interessati che lo sloveno possa ottenerla e poi proseguire fino a cancellare le sette macchie di Armstrong.

Raccogliendo pareri qua e là, i giornalisti de L’Equipe evidenziano come lo stesso Christian Prudhomme abbia fatto notare che i Pirenei in avvio, poco dopo il via da Barcellona, sarebbero potuti diventare già un momento decisivo e per questo si è deciso di non spingere troppo sul gas. 

«Volevamo che il Tour – dice – andasse in crescendo. Abbiamo scelto di non renderlo subito difficile, anche se andremo sul Tourmalet. Volevamo che ci fosse una progressione attraverso i cinque massicci: Pirenei, Massiccio Centrale, Vosgi, Jiura e Alpi, con una penultima tappa con 5.600 m di dislivello. Qualunque sia la situazione, tutto può essere capovolto il giorno prima dell’arrivo finale».

E qui però sorge un dubbio: si punta allo spettacolo oppure allo stesso esito finale, con l’accortezza di chiudere il discorso soltanto alla fine e non nella seconda settimana?

Quanto sarebbe grande la suggestione di Evenepoel che si gioca il Tour in una crono a Parigi dopo l'oro olimpico?
Quanto sarebbe grande la suggestione di Evenepoel che si gioca il Tour in una crono a Parigi dopo l’oro olimpico?
Quanto sarebbe grande la suggestione di Evenepoel che si gioca il Tour in una crono a Parigi dopo l'oro olimpico?
Quanto sarebbe grande la suggestione di Evenepoel che si gioca il Tour in una crono a Parigi dopo l’oro olimpico?

Un occhio per Remco

Che cosa avrebbe fatto a questo punto il disegnatore con le mani libere? Avrebbe sfogliato la rosa dei partenti e si sarebbe reso conto che uno come Remco Evenepoel va utilizzato meglio. Non puoi consegnarlo alla sconfitta proponendogli percorsi che non gli si addicono. E allora, memore della crono dei mondiali, avrebbe messo sul percorso non solo la cronosquadre di 19 chilometri in partenza, ma altre due cronometro individuali ben più sostanziose dei 26 chilometri previsti nella terza settimana.

Una il martedì della seconda settimana, l’altra a Parigi. Avrebbe così dato a Evenepoel la possibilità di prendere vantaggio prima delle salite e messo Pogacar nella condizione di affrontare le montagne di rimonta. La resa dei conti finale nella cornice di Montmartre e dei Campi Elisi sarebbe stata irresistibile.

«C’è stato un vero cambiamento dal 2019 – dice Prudhomme – quando i corridori hanno iniziato a sfruttare quasi ogni salita, attaccando da ogni punto. Ovviamente, per l’organizzatore, non è il vincitore che conta, ma che ci sia una lotta il più a lungo possibile e che ci sia suspense».

Il 24 luglio 1989, la crono di Parigi ribaltò il Tour, consegnando la vittoria a Lemond per 8″. Il suo distacco da Fignon era di 50″
Il 24 luglio 1989, la crono di Parigi ribaltò il Tour, consegnando la vittoria a Lemond per 8″. Il suo distacco da Fignon era di 50″

La sensazione è che non sia così e che si sia voluto mantenere il solco fra Pogacar-Vingegaard e gli altri. Avere una crono a Parigi come quella che consegnò il Tour a Lemond per 8 secondi su Fignon nel 1989, ma all’indomani della doppia Alpe d’Huez, potrebbe cambiare tutto o celebrare ancora una volta la grandezza di Pogacar. Ma forse la possibilità di veder vacillare il vincitore predestinato è un rischio troppo grande nell’anno che potrebbe consegnarlo alla storia.

Le prime uscite di Agostinacchio nel cross: l’occhio dello studente

28.10.2025
4 min
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Prima vittoria fra gli Open e prima vittoria soprattutto in maglia EF Education EasyPost per Mattia Agostinacchio, il campione del mondo juniores di ciclocross che al suo quarto impegno stagionale ha portato a casa il successo al GP Cicli Bianchi di Salvirola, staccando Federico Ceolin e Gioele Bertolini. Fin qui la notizia, ma è chiaro che tutto quel che riguarda l’iridato ha un sapore particolare, anche grazie all’importante stagione su strada che ha appena vissuto, confermandosi corridore multidisciplinare di primissimo piano.

A Salvirola prima vittoria in maglia EF, dimostrando che la forma sta crescendo rapidamente
A Salvirola prima vittoria in maglia EF, dimostrando che la forma sta crescendo rapidamente (foto EF)
A Salvirola prima vittoria in maglia EF, dimostrando che la forma sta crescendo rapidamente
A Salvirola prima vittoria in maglia EF, dimostrando che la forma sta crescendo rapidamente (foto EF)

La cosa che emerge innanzitutto è che Mattia si sta adattando molto velocemente alla nuova categoria e lo sta facendo per gradi, attraverso le prove italiane prima di testarsi con i campioni d’oltreconfine. Dalla strada al ciclocross il passaggio è stato piuttosto repentino, quasi senza soluzione di continuità: «E’ stata una mia precisa scelta, tirerò avanti almeno fino agli europei e mi fermerò dopo per rifiatare, ma senza perdere di vista gli obiettivi della stagione invernale».

Come ti sei trovato in queste primissime uscite?

Bene, sto già assimilando il cambiamento che poi è abbastanza relativo. Le gare sono effettivamente un po’ più lunghe rispetto a quant’ero abituato, passando da 40 minuti a un’ora, ma qui mi è venuta in soccorso l’attività accumulata su strada attraverso una stagione intensa. Gli avversari non mi sono certo sconosciuti, con Viezzi correvo e ci sfidavamo due anni fa da juniores, c’è Fontana che è appena rientrato ed è veramente forte, ma già mi sento vicino al loro livello.

Agostinacchio con Viezzi: sullo Zoncolan hanno dato vita a un bel confronto, mentre Fontana era lontano
Agostinacchio con Viezzi: sullo Zoncolan hanno dato vita a un bel confronto, mentre Fontana era lontano
Agostinacchio con Viezzi: sullo Zoncolan hanno dato vita a un bel confronto, mentre Fontana era lontano
Agostinacchio con Viezzi: sullo Zoncolan hanno dato vita a un bel confronto, mentre Fontana era lontano
Ha fatto però un certo effetto vedere te e Viezzi fianco a fianco sullo Zoncolan con due maglie del WorldTour…

Anche a me è sembrato un po’ strano, soprattutto per il contesto, il ciclocross e non la strada, ma è stata questione di attimi, poi ci si è fatta l’abitudine. Lì la gara è stata molto dura anche perché partivo dal fondo e nella prima parte ho dovuto recuperare. Con Stefano (Viezzi, ndr) abbiamo fatto un ritmo abbastanza alto, ma evidentemente quello di Fontana era un po’ più alto. L’ultimo giro è stato divertente, ci siamo sfidati a viso aperto, sapevamo  che Fontana non si prendeva più.

E la tua prima vittoria?

Sono stati due giorni positivi nel loro complesso anche perché i protagonisti erano pressoché gli stessi del Giro delle Regioni. Le gambe erano buone e la caduta causata dallo stallonamento del tubolare non mi ha frenato più di tanto, sono riuscito a rimontare e vincere. Mi sto abituando sempre più, ogni settimana in più è un progresso.

Su Mattia c'è molta attenzione data dai suoi successi della passata stagione
Su Mattia Agostinacchio c’è molta attenzione data dai suoi successi della passata stagione
Su Mattia c'è molta attenzione data dai suoi successi della passata stagione
Su Mattia Agostinacchio c’è molta attenzione data dai suoi successi della passata stagione
Come ti avvicinerai adesso agli europei?

Rimanendo in Italia perché voglio avvicinarmi divertendomi, testandomi ai massimi livelli, per imparare. Il test generale sarà al Mugello. D’altronde non vado alla rassegna continentale con particolari ambizioni, penso che serva tempo per imparare, per fare esperienza, anche perché sarà una corsa abbastanza al buio, non essendoci state grandi occasioni di confronto. Qui nella categoria ci sono quattro anni, di tempo ce n’è.

Pensi che ci sia differenza di esperienza, di abitudine tra i più giovani e quelli che si avvicinano alla categoria elite?

Per quel che ho visto sì, bisogna capire bene quanto sarà, ma questo dipende molto da quel che man mano vedremo sul campo. Per questo la stagione la sto vivendo molto come un apprendistato e credo che vista la mia età sia anche giusto così.

La stagione su strada è culminata con i mondiali, con una Top 10 a cronometro e il 33° posto in linea
La stagione su strada è culminata con i mondiali, con una top 10 a cronometro e il 33° posto in linea
La stagione su strada è culminata con i mondiali, con una Top 10 a cronometro e il 33° posto in linea
La stagione su strada è culminata con i mondiali, con una top 10 a cronometro e il 33° posto in linea
Come hai chiuso la stagione su strada, che bilancio gli dai?

Buono, ma avrei potuto e dovuto far meglio. Nel corso della stagione qualche problema c’è stato, un po’ di sfortuna in appuntamenti ai quali tenevo, ma alla fine posso dare un voto positivo, anche perché ho vestito la maglia della nazionale che è sempre qualcosa d’importante. Infatti il Trophée Centre Morbihan è forse la gara principale di questa stagione, il momento più alto come rendimento.

Matteo Malucelli

Malucelli, 8 vittorie e tanta costanza: è pronto per un Grande Giro?

28.10.2025
6 min
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Matteo Malucelli è stato l’italiano più vincente dell’anno dopo Jonathan Milan. Lo sprinter della XDS-Astana ha portato a casa otto corse contro le dieci di Milan, ma quel che più conta è che ha dimostrato costanza di rendimento: anche quando si è scontrato con i super big non ha mai sfigurato.

I più maliziosi potrebbero dire che le sue vittorie sono arrivate in corse minori in Asia. Vero, ma innanzitutto le gare vinte da Malucelli erano di buon livello e poi bisogna saperle vincere. In tanti dicono “vado a correre in Asia” e poi restano con un pugno di mosche in mano.

L’oggetto dell’articolo però non è questo. Il valore di Malucelli è noto, così come la sua serietà. La curiosità è capire se Malucelli sia pronto per esordire in un Grande Giro. A 32 anni suonati si merita questa occasione, vista la solidità dimostrata? Lo abbiamo chiesto al suo preparatore, Claudio Cucinotta. Una domanda simile l’avevamo già posta all’head coach della XDS-Astana, Maurizio Mazzoleni, ma in quell’occasione era emerso anche un aspetto tecnico-tattico, vale a dire gli uomini da portargli. Con Cucinotta invece si parla strettamente di “motore”.

Claudio Cucinotta, classe 1982, è uno dei preparatori della XDS-Astana
Claudio Cucinotta, classe 1982, è uno dei preparatori della XDS-Astana
Claudio, partiamo da qui: le otto vittorie di Malucelli…

Sicuramente Matteo è quello che si chiama velocista puro. E’ veramente uno dei pochi rimasti, perché è una figura che nel ciclismo moderno si sta un po’ perdendo: ormai serve essere forti anche dal punto di vista aerobico. In passato c’erano velocisti molto rapidi ma carenti da quel lato.

Dire forza aerobica per un velocista intendi essere più bravi in salita?

Esatto. Prima lo sprinter in salita si staccava e faticava, adesso questa figura sta scomparendo perché ormai le gare si corrono sempre “a tutta” dalla partenza all’arrivo. Chi non ha un motore aerobico di un certo livello fatica anche se la corsa non è altimetricamente impegnativa. Per questo motivo Matteo emerge soprattutto nelle corse in Asia, dove il modo di correre è un po’ diverso rispetto all’Europa. Ma attenzione: il valore del campo partenti non è affatto più basso rispetto a una corsa di pari categoria europea per quanto riguarda i velocisti.

E cosa cambia?

I percorsi. Sono più piatti e pianeggianti. E siccome sono così, gli atleti più forti in salita o a cronometro, quelli con un motore aerobico importante, spesso non vengono mandati lì. Di conseguenza la corsa si sviluppa in modo da agevolare il velocista puro. E tra i velocisti puri Matteo è sicuramente uno dei più forti. A riprova c’è quanto fatto all’UAE Tour.

Matteo Malucelli e Tim Merlier e Jonathan Milan
Lo sprinter della XDS-Astana all’UAE Tour pronto al testa a testa con Merlier e Milan
Matteo Malucelli e Tim Merlier
Lo sprinter della XDS-Astana all’UAE Tour pronto al testa a testa con Merlier
A cosa ti riferisci?

Quest’anno è uno dei pochi che può dire di aver battagliato ad armi pari con Merlier e con Milan. In una tappa ha fatto secondo dietro a Merlier e davanti a Milan. La tappa successiva era ancora lì a giocarsela, poi è caduto e si è dovuto ritirare. Ma questo dimostra che anche contro i mostri sacri può giocarsela, quando il percorso è adatto.

Che tipo di velocista è? Tu che conosci i suoi numeri puoi darci un quadro diverso…

E’ un velocista con peculiarità precise: non è il tipo alla Milan che parte ai 200-250 metri e nessuno lo passa. E’ più simile a Robbie McEwen dei miei tempi. Ha un picco di potenza molto elevato.

Senza contare che è anche molto aerodinamico. Matteo ha studiato parecchio la posizione…

Sì, è molto attento e professionale, cura ogni dettaglio. Si impegna tantissimo nell’allenamento e nell’alimentazione. Con la maturità ha preso coscienza del tipo di corridore che è e del suo potenziale. Sa di non essere un fenomeno assoluto e quindi lavora al massimo per restare competitivo. I risultati arrivano anche perché ha dei picchi di potenza notevoli, ma per arrivare alla volata deve limare tutto nei minimi dettagli.

Matteo Malucelli, sprint, XDS-Astana, Langkawi 2025
Malucelli e la sua esplosività all’ultimo Tour de Langkawi
Matteo Malucelli, sprint, XDS-Astana, Langkawi 2025
Malucelli e la sua esplosività all’ultimo Tour de Langkawi
E allora, visto che abbiamo parlato di motore aerobico, Malucelli può fare un Grande Giro?

Può farlo sicuramente. Bisogna però capire l’obiettivo. Se si vuole arrivare fino in fondo è più complicato. Ma se nei primi dieci giorni ci sono cinque volate, una squadra può dire: “Rischiamo, lo portiamo, magari vince una o due tappe e poi torna a casa”. Sarebbe già un bilancio più che positivo.

Tanti sprinter vengono con l’obiettivo dei primi 10-12 giorni…

Esatto. Per un atleta con le sue caratteristiche è difficile finire un Grande Giro, specie oggi con questo modo di correre.

Spiegaci meglio…

Ci sono tappe in cui si va forte dal primo all’ultimo chilometro. I velocisti puri fanno tanta fatica. Basti pensare a Mark Cavendish: anche lui, pur essendo di un’altra caratura, ha faticato negli ultimi anni a finire prima il Giro d’Italia e poi il Tour de France. Certo, ha vinto tappe in entrambi, ma sulle montagne era sempre in bilico col tempo massimo.

Malucelli ha esordito tra i pro’ nel 2017 all’Androni
Malucelli ha esordito tra i pro’ nel 2017 all’Androni
Se ci fossero stati i vecchi margini sarebbe fuori tempo massimo?

Vero. Nel ciclismo pre-Covid non si andava a tutta dalla partenza all’arrivo, quindi anche se il tempo massimo era più stretto, si partiva più piano. Adesso invece già sulla prima salita, magari a 150 chilometri dall’arrivo, c’è bagarre e i velocisti si staccano. E’ questo il problema. Corridori come Jasper Philipsen riescono a superare meglio le salite e per questo restano competitivi fino alla fine dei Grandi Giri.

Per assurdo, potrebbe essere il Tour de France il Grande Giro più adatto a Matteo?

Diciamo che anche il Tour non è più quello di una volta. In passato era considerato più regolare e prevedibile, ma oggi è cambiato: tappe più corte e più esplosive, fatte per aumentare lo spettacolo e tenere alta la velocità dall’inizio alla fine. Quindi non è detto che per un velocista come Matteo sia meno duro rispetto a Giro o Vuelta.

Quanto sarebbe stato importante per lui aver fatto dei Grandi Giri da giovane?

Se riesci a finirne uno in buone condizioni ti dà tantissimo, sia in termini di endurance sia di fondo generale. Probabilmente adesso avrebbe qualcosa in più nella tenuta e nella gestione delle salite in gara. Ma ogni storia è diversa: Matteo ha sempre corso in squadre medio-piccole e questo si riflette anche nel modo in cui affronta le volate.

Secondo Cucinotta in vista del Grande Giro Matteo dovrebbe lavorare molto sulla zona aerobica e in salita
Secondo Cucinotta in vista del Grande Giro Matteo dovrebbe lavorare molto sulla zona aerobica e in salita
Cosa intendi?

A volte fa un po’ fatica a seguire i compagni di squadra, perché è sempre stato abituato ad arrangiarsi, a saltare da una ruota all’altra.

Claudio, prima hai detto che Malucelli può fare un Grande Giro. Se quest’anno decideste di portarlo, dovrà lavorare di più sulla parte aerobica?

Sicuramente dovrà farlo, ma bisogna capire se ne vale la pena. Il discorso è sempre quello della coperta corta: se lavori di più sull’aerobico, migliori in salita ma rischi di perdere spunto in volata. Quest’anno ha vinto otto corse grazie alle sue caratteristiche naturali. Il prossimo magari tiene di più ma ne vince solo due. Ne vale la pena? Secondo me Matteo ha trovato la sua dimensione e nella nostra squadra l’ambiente ideale. Tra l’altro, avendo un main sponsor cinese, per noi le gare asiatiche sono importanti e un corridore come lui ha grande valore.

Quindi Malucelli al Grande Giro ci può andare? Come la chiudiamo, Claudio?

Sì, ci può andare e se lo meriterebbe anche. Ma deve lavorare in un certo modo. E’ da capire se davvero ne valga la pena, per la squadra… e per lui.

MBH Bank e il nuovo regolamento U23: come cambiano le cose?

27.10.2025
4 min
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Lo schiaffo che l’UCI ha riservato alle formazioni professional italiane è stato forte e ben assestato. I regolamenti cambiano, lo fa anche il ciclismo e bisogna adattarsi, tuttavia le tempistiche dell’Unione Ciclistica Internazionale sono alquanto rivedibili. In meno di una settimana è andato in frantumi buona parte del lavoro fatto durante l’estate da parte delle squadre professional e dei vari progetti legati ai giovani. Il primo a parlarne è stato Roberto Reverberi, che ha ammesso di chiudere quello che era il reparto dedicato agli under 23. Un’altra squadra che ha subito lo scossone del terremoto causato dall’UCI è la MBH Bank-Ballan-Csb

«Era già nell’aria – racconta Gianluca Valoti, che a breve sarà alle prese con i corsi UCI per il patentino da diesse nei professionisti – si sapeva qualcosa, ma la notizia è arrivata in maniera inaspettata in quanto a tempistiche. E’ uscita una regola a ottobre che ci ha lasciato ben poco da interpretare. Certo che in alcuni casi determinati cambiamenti sarebbe bene comunicarli con un po’ di anticipo».

La MBH Bank-Ballan-Csb dal 2026 sarà professional e da mesi lavora alla rosa per l’anno prossimo
La MBH Bank-Ballan-Csb dal 2026 sarà professional e da mesi lavora alla rosa per l’anno prossimo

L’UCI pensa ai corridori?

Le parole di Gianluca Valoti non fanno una piega, la MBH Bank lavora da mesi con l’intento di costruire una squadra che sia in grado di essere competitiva a diversi livelli. Oltre ai nomi di esperienza come quello di Felline e Masnada erano arrivate le notizie di alcuni profili interessanti come quello di Fancellu. Ma la struttura era pronta a partire dalle fondamenta, quindi molti dei ragazzi che in questi anni sono stati protagonisti tra le corse under 23 erano stati promossi al team professional con l’obiettivo di continuare il cammino e raccogliere quanto seminato

«Saperlo prima ci avrebbe dato il tempo di metterci in regola – continua Valoti – anche perché già è difficile fare ciclismo se non si è nel WorldTour, in questo modo tutto diventa ancora più complicato. Il progetto under 23 lo avremmo portato avanti comunque, anche se la comunicazione di questo nuovo regolamento fosse arrivata con anticipo. Dispiace per i ragazzi, perché in questo modo non possono partecipare a corse di rilievo come Giro Next Gen, Trofeo Piva, Recioto, Belvedere e tutte le classiche italiane under 23».

In questi anni come continental la formazione bergamasca ha corso spesso tra i pro’, qui Nespoli al Laigueglia
In questi anni come continental la formazione bergamasca ha corso spesso tra i pro’, qui Nespoli al Laigueglia

Un ciclismo sempre più di vertice

La norma della quale stiamo discutendo è quella che dispone il divieto per le squadre professional di partecipare alle corse internazionali U23. Di per sé il ragionamento sarebbe anche corretto, se non fosse per il fatto di aver in qualche modo agevolato il lavoro dei devo team, ovvero le squadre di sviluppo delle formazioni WorldTour. Siamo chiari, tra le prime 30 squadre al mondo secondo il ranking UCI, ci sono 12 professional, di queste la metà ha una formazione development. Ma fino a quando il regolamento prevedeva che agli atleti under 23 dei team professional era permesso partecipare alle corse internazionali di categoria questa decisione rimaneva interna al team. 

«In qualche modo l’UCI ha comunque agevolato le formazioni devo – spiega Valoti – perché in questo modo noi team professional non possiamo portare in nostri ragazzi alle corse under 23 in quanto professionisti. Tuttavia i ragazzi delle devo vanno spesso a correre con le formazioni WorldTour, quindi hanno comunque modo di fare esperienze che i ragazzi di una normale continental non possono permettersi.

«Noi stessi avevamo pensato di fare una formazione devo – prosegue – ma voleva dire sacrificare una parte del budget dedicato ai professionisti. Se avessimo saputo prima del nuovo regolamento magari avremmo portato avanti l’idea della squadra under 23, anche perché lo sponsor MBH Bank tiene ai giovani, come testimonia il fatto di avere una squadra juniores». 

Cesare Chesini, MBH Bank-Ballan-Csb
Dalla prossima stagione i corridori under 23 delle squadre professional non potranno più correre le gare di categoria
Cesare Chesini, MBH Bank-Ballan-Csb
Dalla prossima stagione i corridori under 23 delle squadre professional non potranno più correre le gare di categoria

Ricalibrare l’attività

Senza la possibilità di partecipare alle principali corse del calendario internazionale under 23 si dovrà trovare il modo di garantire loro un’attività adeguata che permetta di crescere e fare le giuste esperienze. 

«Dovremo capire come gestire le corse – conclude Valoti – e questo passerà dai prossimi incontri che faremo. Uno dei primi è avvenuto proprio lo scorso fine settimana, abbiamo già avuto conferma dei primi inviti ufficiali. Non è nemmeno semplice visto che siamo una formazione nuova. Troveremo le corse adatte ai giovani per farli adattare al meglio al ritmo e alle corse dei professionisti».