Calendario senza vincoli, Pidcock può tornare a graffiare

25.01.2025
4 min
Salva

A prescindere da come andrà, il 2025 segna un punto di svolta nella carriera di Tom Pidcock. Il “folletto di Sua Maestà” ha cambiato squadra passando da quella roccaforte che era per lui la Ineos-Grenadiers alla Q36.5 Pro Cycling, alla quale si è legato con un contratto triennale. Come da sua tradizione Tom, di cui si sa pochissimo in questa nuova squadra, ha subito tuonato: «Finalmente non sarò costretto a correre il Tour de France». E lo ha detto quasi con sollievo.

La sua squadra, non prenderà parte alla Grande Boucle e questo gli permetterà di concentrarsi su altri obiettivi e di gestire meglio il proprio calendario. La decisione di unirsi alla Q36.5 è stata presa con il cuore, ma ponderata con la testa: «Ho sentito subito che questo era il posto giusto, anche se ci ho riflettuto a lungo. Qui credono in me e condividiamo la stessa visione del successo». Una libertà di scelta nelle gare che lo ha convinto definitivamente, consentendogli di focalizzarsi su classiche e mountain bike.

Pidcock è approdato quest’anno alla Q36.5. Con la Ineos sono nati dei problemi: ricordiamo l’esclusione a sorpresa alla vigilia del Lombardia
Pidcock è approdato quest’anno alla Q36.5. Con la Ineos sono nati dei problemi: ricordiamo l’esclusione a sorpresa alla vigilia del Lombardia

Il punto

Tom Pidcock, classe 1999, dopo aver vinto tantissimo, lascia Ineos-Grenadiers dopo tre stagioni. In bacheca due ori olimpici nella Mtb, un titolo iridato nel ciclocross, un’Amstel, una tappa al Tour sull’Alpe d’Huez e altri successi di prestigio per approdare alla Q36.5.

Q36.5 che è in crescita, ma che resta pur sempre una professional, pertanto ha bisogno di inviti per partecipare alle gare più prestigiose.

Il britannico avrà un ruolo di leader assoluto e l’opportunità di costruire la stagione su misura per le proprie ambizioni. Dopo l’esordio all’AlUla Tour in Arabia Saudita, il suo calendario prevede partecipazioni a gare di un giorno come l’Omloop Het Nieuwsblad e le Strade Bianche, corse che si addicono perfettamente alle sue caratteristiche. L’obiettivo è chiaro: massimizzare le opportunità e puntare a vittorie importanti senza l’obbligo di seguire un calendario imposto.

Pidcock è riuscito a sprintare nonostante i dubbi sulle condizioni delle sue mani
Pidcock è riuscito a sprintare nonostante i dubbi sulle condizioni delle sue mani

Non solo Amstel

La rinuncia al Tour de France, che per Pidcock è sembrata una vera liberazione, gli apre nuove prospettive, soprattutto in chiave classiche. La Q36.5 ha recentemente ricevuto l’invito per la Liegi-Bastogne-Liegi, monumento in cui Pidcock si classificò secondo nel 2023, e per la Freccia Vallone, corsa dove già in passato ha ottenuto buoni risultati. E chiaramente per lui ci sarà l’Amstel Gold Race, di cui è campione in carica.

Per il britannico, queste gare rappresentano l’occasione perfetta per lasciare il segno e confermare il proprio talento nelle Ardenne. «Non abbiamo il controllo totale sul calendario, ma in teoria dovrei poter partecipare a tutte le gare che desidero», ha dichiarato con ottimismo. La sua esperienza nelle classiche del Nord, unita alla libertà di scelta garantita dalla nuova squadra, potrebbe tradursi in prestazioni di alto livello e, perché no, in vittorie di peso.

Strade Bianche 2023: Tom sfoggia tutte le sue doti di guida e ovviamente anche grandi gambe. Qualora sarà al Giro ne potremmo vedere delle belle
Strade Bianche 2023: Tom sfoggia tutte le sue doti di guida e ovviamente anche grandi gambe. Qualora sarà al Giro ne potremmo vedere delle belle

Battitore libero al Giro?

L’assenza dal Tour ha aperto le porte a un’altra grande opportunità: il Giro d’Italia. Pidcock ha dichiarato che la corsa rosa potrebbe non vederlo al top della forma dopo le classiche, ma al tempo stesso lo stimola l’idea di affrontarla da battitore libero, puntando a successi di tappa piuttosto che alla classifica generale.

Questo approccio più rilassato potrebbe rivelarsi vincente, permettendogli di esprimere tutto il suo potenziale senza pressioni. In più c’è un aspetto su cui riflettere: da come ha parlato Tom, sembra già che la Q36.5 abbia già ricevuto l’invito per il Giro. L’interesse degli organizzatori nei confronti del britannico è noto e di certo con Van Aert ci sarebbero grandi sfide per le tappe, basti pensare proprio a quella di Siena con i tratti in sterrato. Ma non solo ovviamente.

Una cosa è certa, con meno vincoli Tom Pidcock potrebbe dare sfogo a tutta la sua fantasia in questa stagione. Pensate: potrebbe sfidare Pogacar nelle classiche, Van Aert al Giro e Van der Poel al mondiale in Mtb. Vedremo, intanto sarebbe bello saperne di più, la Q36.5 ha ridotto al minimo i colloqui con la stampa. Noi lo abbiamo intravisto a Calpe di fronte all’ascensore dell’hotel in cui era in ritiro. Un saluto, un’aria rilassata, un sorriso e poi è svanito. Dovremmo aspettare le corse…

Le 46 ore in bici di Masnada in Spagna: il ritiro di gennaio

25.01.2025
5 min
Salva

Continua il nostro viaggio all’interno di quelli che sono gli allenamenti dei professionisti prima che inizi la stagione. Il protagonista questa volta è Fausto Masnada, rientrato da poco dal secondo training camp con la XDS Astana Team. Ora il bergamasco si trova sul Teide insieme a Lorenzo Fortunato, i due staranno insieme fino ai primi giorni di febbraio. Una volta terminato questo secondo blocco di lavoro il “folletto dello Zoncolan” tornerà a casa per iniziare la stagione, mentre Masnada resterà sull’isola a lavorare con il gruppo delle Classiche

Fortunato e Masnada dopo il ritiro di Altea sono partiti insieme per il Teide (foto XDS Astana Team)
Fortunato e Masnada dopo il ritiro di Altea sono partiti insieme per il Teide (foto XDS Astana Team)

Dal mare al vulcano

La curiosità intorno al neo acquisto della XDS Astana è tanta, dopo cinque stagioni vissute tra alti e bassi in maglia Soudal Quick-Step è il momento di ritrovare la serenità e le sensazioni che lo avevano spinto tra i nomi da cerchiare in rosso per il futuro del ciclismo italiano. Messo da parte il secondo ritiro con la sua nuova squadra ficchiamo il naso nei lavori fatti in quei giorni spagnoli.

«Siamo stati ad Altea – ci racconta dall’alto del vulcano Teide – dal 6 al 17 gennaio. Considerando il primo e l’ultimo come dei giorni di viaggio abbiamo suddiviso gli allenamenti in tre blocchi: due triplette e una doppietta. Il tutto intervallato con due giorni di riposo».

Il secondo ritiro della XDS Astana Team è durato una decina di giorni, per un totale di 46 ore di allnemamento (foto XDS Astana Team)
Il secondo ritiro della XDS Astana Team è durato una decina di giorni, per un totale di 46 ore di allnemamento (foto XDS Astana Team)

Primo blocco

I giorni di lavoro sono stati in tutto dieci, considerando anche le due sessioni di recupero, che però sono state gestite in maniera totalmente differente. 

«Il 7, 8 e 9 gennaio – spiega Masnada – abbiamo pedalato tanto, così come nel resto del training camp. Il primo giorno, essendo vicino al viaggio, non si è caricato troppo. Abbiamo pedalato per un totale di quattro ore e mezza inserendo dei lavori di breve durata. Questi consistevano in brevi sprint dove variava la durata e la lunghezza del rapporto. Il tutto su un percorso non troppo impegnativo. Si è trattato di un risveglio muscolare. Il resto del tempo siamo stati in Z2, quella di general endurance. Eravamo divisi in gruppi da otto o dieci atleti e quando passavi in testa facevi tirate da una ventina di minuti tra la Z2 e la Z3».

«Il giorno successo – prosegue – l’8, abbiamo fatto dei test per misurare i valori e avere un piano di allenamento per il ritiro e i programmi successivi. Il 9, invece, siamo tornati a fare endurance con dei lavori in salita di media e lunga durata. In totale siamo stati in bici per sei ore e mezza, sulle salite il ritmo era quello di fat max. Abbiamo messo insieme tanto dislivello, intorno ai 3.500 metri e anche a ruota si spingeva».

I corridori del team kazako hanno lavorato molto sull’endurance (foto XDS Astana Team)
I corridori del team kazako hanno lavorato molto sull’endurance (foto XDS Astana Team)

Secondo blocco

Chiusa la tripletta iniziale i corridori della XDS Astana hanno fatto un giorno di riposo totale, la bici l’hanno presa solo per fare qualche contenuto video e riprese per il marketing. Senza stress. 

«La ripresa con gli allenamenti – dice Masnada – è stata l’11 gennaio con un’altra tripletta. In totale le ore di allenamento nei dieci giorni sono state quarantasei, la maggior parte svolte a ritmi di endurance. Anche se non sono mancati i lavori specifici. Nell’arco complessivo delle ore in Spagna un buon 20 per cento è stato dedicato a lavori. Non è stato il classico ritiro con tanto fondo e basta, ma nemmeno un ritiro da “molti lap” ovvero con solo esercizi». 

«Nelle uscite dell’11, 12 e 13 – prosegue a raccontare – ci siamo dedicati a esercizi diversi, come under e over e sul VO2Max. Nel primo caso si tratta di ripetute a due diverse intensità: in Z3 e in Z5. Per concludere anche gli ultimi due giorni, il 15 e il 16, abbiamo tenuto lo stesso piano di allenamento».

Nella seconda parte del ritiro sono stati introdotti alcuni lavori in salita (foto XDS Astana Team)
Nella seconda parte del ritiro sono stati introdotti alcuni lavori in salita (foto XDS Astana Team)

In velodromo

Durante i giorni di Altea i corridori del team XDS Astana hanno trovato anche il tempo di andare in velodromo a fare degli studi sulla posizione da cronometro. 

«Il secondo giorno di riposo – conclude Fausto Masnada – non è stato totalmente defaticante. Abbiamo approfittato della vicinanza con il velodromo di Valencia e siamo andati in pista a girare con le biciclette da cronometro. Ci siamo concentrati sullo studio del coefficiente aerodinamico insieme agli ingegneri. Per ogni posizione facevamo una media di 50 chilometri orari per sedici giri. Io ho provato quattro o cinque posizioni diverse, quindi alla fine ho fatto un’ora e mezza a buona velocità. Non è come fare un allenamento intero, perché con la bici da crono si sta in giro di più, ma non siamo stati fermi. Alla fine ho recuperato una volta tornato a casa, nei quattro giorni prima di ripartire alla volta del Teide».

«Sempre con noi». Il ricordo di Benedetta per la sua amica Sara

25.01.2025
4 min
Salva

Non ci abitueremo mai a certe notizie. Non ci abitueremo mai a certe notizie, specialmente quando parlano di tragedie che potevano essere tranquillamente evitate. Morire in bici mentre ti stai allenando, facendo il tuo lavoro, sta diventando una routine nazionalpopolare che mette i brividi. Mentre era fuori in allenamento col fratello Christian, la diciannovenne Sara Piffer ieri è stata travolta e uccisa da un automobilista in sorpasso che arrivava in senso opposto. Basta solo questo per far capire l’assurdità di questa ennesima morte.

Ieri tutto il mondo del ciclismo e non solo – letteralmente visto che la notizia è rimbalzata in ogni sito anche estero – si è stretto attorno alla famiglia di Sara e della Mendelspeck, la sua formazione. Ogni persona che ha conosciuto Sara si è sentita devastata. Ogni persona che ama il ciclismo si è sentita tirata in causa, insicura e impaurita. Per chi come noi scrive di ciclismo o lo vive profondamente in ogni sua declinazione, sta diventando un esercizio assai complicato parlare di fatti simili. Nello specifico, la lista dei ragazzi morti investiti in allenamento si sta allungando in maniera incontrollabile.

Sara Piffer a maggio 2024 vince a Corridonia e dedica la vittoria allo juniores Lorenzi morto in allenamento (foto Ciclomarche)
Sara Piffer a maggio 2024 vince a Corridonia e dedica la vittoria allo juniores Lorenzi morto in allenamento (foto Ciclomarche)

Lo choc di Benedetta

La Mendelspeck di Renato Pirrone è sempre stata una grande famiglia fin da quando era una formazione giovanile prima di diventare un team continental. Non appena è circolata la notizia della morte di Sara Piffer, sono partiti i primi messaggi di commozione e condoglianze. Difficile trovare qualcosa da dire in più. Il giorno dopo ti concede di affrontare la situazione con una parvenza di maggiore lucidità. Benedetta Della Corte, compagna di squadra di Sara, è ancora comprensibilmente scossa.

«Non ho dormito – ci racconta con la voce calma – ho pianto tutta la notte pensando a lei che era la nostra luce. Ieri ero fuori in allenamento quando ho ricevuto la telefonata di mio padre (Antonello è un dirigente della squadra, ndr). Mi sono bloccata sul momento e non riuscivo più a pedalare. E’ stato un choc fortissimo. Mi sono dovuta far venire a prendere perché non sono stata in grado di ripartire in bici.

«Quello che è successo a Sara – prosegue Benedetta – poteva capitare a me o chiunque altro ragazzo. E non è giusto che si continui a morire in bici. Noi occupiamo lo spazio di uno scooter anche se andiamo più piano, bastano davvero pochissimi secondi per superarci. Pochi secondi tra la vita e la morte. Non ho ancora metabolizzato la sua scomparsa perché proprio pochi giorni fa ci eravamo date appuntamento per oggi e domani per fare distanza assieme. E’ incredibile».

Benedetta Della Corte e Sara Piffer (a sinistra) sono diventate grandissime amiche fin dal primo giorno assieme alla Mendespeck
Benedetta Della Corte e Sara Piffer (a sinistra) sono diventate grandissime amiche fin dal primo giorno assieme alla Mendespeck

Correre per Sara

Il sentimento di papà Antonello è quello di ogni padre che ha un figlio o figlia che corre in bici. Sapendo Benedetta fuori in allenamento per 3-4 ore, lui si tranquillizza solo quando gli arriva un messaggio sul cellulare dal suo computerino della sessione finita. Vivere con questa tensione non è giusto, però la spinta arriva proprio da lei.

«Oggi avevo in programma quella famosa distanza con Sara – riprende Benedetta – e non so se la farò. Per fortuna oggi uscirà con me una ragazza di un’altra squadra che però deve fare solo due ore e mezza. Probabilmente farò anch’io così perché al momento ho paura a restare da sola in strada. Tuttavia voglio pedalare nel ricordo di Sara, perché lei avrebbe voluto così. E perché lei aveva fatto così lo scorso maggio quando era morto investito in allenamento Matteo Lorenzi, lo juniores del Montecorona che aveva corso con suo fratello. Pochissimi giorni dopo avevamo corso a Corridonia e lei voleva vincere per dedicargli la vittoria. Ed è stato così, aveva vinto lei. Il primo successo della Mendelspeck. Che gioia quel giorno».

Sara Piffer era nata il 7 ottobre 2005. Da juniores aveva corso il mondiale di Glasgow e altre gare con la nazionale
Sara Piffer era nata il 7 ottobre 2005. Da juniores aveva corso il mondiale di Glasgow e altre gare con la nazionale

Tra paura e futuro

«Sara ed io – chiude Benedetta trattenendo a stento le lacrime – avevamo legato subito fin dal primo giorno di ritiro un anno fa. Eravamo entrambe celiache ed è stato un ulteriore motivo del nostro forte rapporto di amicizia. Ci aiutavamo portando il nostro cibo alle gare. Sara era sempre sorridente e con una grande passione per il ciclismo. Mi spronava sempre. Era forte, motivata, attenta ai dettagli e ho sempre pensato che sarebbe andata in squadre di categoria superiore nel giro di qualche anno.

«In passato ho continuato a pedalare nel ricordo di un amico morto in bici che non faceva questo sport. Da ieri lo farò pensando anche a Sara, sperando di onorarla con buone gare. Adesso noi ragazze della Mendelspeck dobbiamo diventare il riferimento l’una dell’altra, sapendo che Sara è sempre con noi».

Non ci abitueremo mai a queste notizie e a dover sentire parole del genere. Qualcosa deve cambiare in fretta e radicalmente. La morte di Sara e di tanti altri come lei non può e non deve restare vana.

Il Giro nel cratere e la (lenta) rinascita delle Terre Mutate

25.01.2025
7 min
Salva

Il Giro d’Italia vivrà nuovamente fra le montagne e i paesi del Centro Italia, colpiti duramente dal terremoto del 2016. Accadrà il 17 maggio, nell’ottava tappa che da Giulianova porterà il gruppo a Castelraimondo, attraversando Ascoli Piceno, le contrade dei Sibillini, scalando il Sassotetto, scendendo per Bolognola, Serravalle del Chienti e poi Montelago, Matelica e l’arrivo.

L’ultima volta che una corsa passò da quelle parti fu con la Tirreno-Adriatico dello scorso anno, quando Jonathan Milan vinse la tappa di Giulianova, che era partita da Arrone e aveva attraversato parte degli stessi territori. Davanti a una situazione pressoché immutata, un altro friulano del gruppo – Alessandro De Marchi, che ci era già passato in maglia rosa al Giro del 2021 – si disse stupito e amareggiato.

Il Senatore Castelli, classe 1965, è il Commissario straordinario per la ricostruzione nel Centro Italia
Il Senatore Castelli, classe 1965, è il Commissario straordinario per la ricostruzione nel Centro Italia

Il messaggio del Commissario

L’ultimo anno ha fatto registrare unaccelerazione nella ricostruzione. E la speranza che il passaggio del Giro possa aiutare nel tenere accesa la luce si legge anche in un post su Facebook del Senatore Guido Castelli: 59 anni, Commissario straordinario alla ricostruzione post sisma e ciclista praticante.

«Da appassionato di ruote fine – scrive – sono felice che l’Appennino Centrale torni a vestirsi di rosa anche in questo 2025. Era una notizia attesa da tanti appassionati e adesso c’è la certezza: anche quest’anno il Giro d’Italia farà tappa nei nostri territori per la tappa numero otto del prossimo 17 maggio. La frazione Giulianova-Castelraimondo partirà dall’Abruzzo e, dopo essersi lasciata alle spalle il teramano, toccherà le province di Ascoli Piceno e di Macerata (…). La nostra rinascita e questo evento hanno molto in comune: tanta salita e fatica, con la voglia di non mollare mai e di aggredire i tornanti che portano fin sulla cima».

Le terre dimenticate

Può davvero il ciclismo riportare interesse su quelle aree ancora ferite a distanza di nove anni? In che modo il Giro d’Italia può diventare il traino per il cicloturismo? Ci siamo rivolti direttamente a Castelli, per avere la sua opinione di uomo politico e di appassionato di ciclismo. Prima di approdare al Senato, Castelli è stato sindaco di Ascoli Piceno e poi Assessore della Regione Marche.

«Il Giro che torna – dice – non è un episodio occasionale, in realtà l’abbiamo studiata con Renzo Marinelli, un mio ex collega del Consiglio Regionale delle Marche, che è proprio di Castelraimondo. L’esperienza della Tirreno-Adriatico ci ha fatto capire quanto il Giro possa far bene anche a questi territori. Con questa tappa completiamo un trittico. Il Giro era già arrivato ad Ascoli, con il traguardo di San Giacomo, e da lì abbiamo investito finanziando il restyling della stazione sciistica. Poi c’è stata tutta la stagione dell’Abruzzo, in altre zone sismiche. Mentre la prossima tappa di Castelraimondo attraverserà tutto il cratere dei Sibillini».

Guido Castelli, il primo da sinistra, con Baroncini e Aru, durante #NoiConVoi2021, pedalata di solidarietà sui Monti Sibillini
Guido Castelli, il primo da sinistra, con Baroncini e Aru, durante #NoiConVoi2021, pedalata di solidarietà sui Monti Sibillini

La natura vince

La montagna è protagonista. Basta sollevare lo sguardo dalle macerie di alcuni paesi fantasma, per rendersi conto della loro maestosità e delle strade e dei sentieri che nacquero per i muli e i trattori, mentre oggi sembrano tracciati per le bici.

«Sono tornato più di una volta su quelle strade – prosegue Castelli – però ammetto di aver dovuto sposare la e-bike, che mi ha consentito di comprendere meglio alcuni aspetti del discorso. Abbiamo ulteriormente investito sulla mobilità dolce, finanziando dei progetti outdoor molto importanti nelle Marche. Abbiamo completato e strutturato dei Cammini, che hanno impegnato qualcosa come 48 milioni di euro nelle quattro regioni interessate. L’idea è proprio quella di partire dai Cammini che sono pensati per chi va a piedi e di renderli praticabili anche per i ciclisti. Uno di questi è sicuramente il Cammino dei Cappuccini, che va da Fossombrone fino ad Ascoli Piceno, che per l’appunto è già pensato nella doppia versione.

«Credo molto dell’escursionismo. Abbiamo finanziato anche il Cammino Francescano della marca da Assisi ad Ascoli. C’è anche il Cammino delle Terre Mutate, che va da Fabriano all’Aquila. Per non parlare del recupero della tratta ferroviaria Spoleto-Norcia, frequentata dai biker in misura abbondante. Lo abbiamo fatto con la Fondazione delle Ferrovie, che cura proprio le ferrovie storiche e sta facendo cose molto importanti».

L’economia che riparte

La bicicletta e il cicloturismo come veicolo per rilanciare l’economia e riportare gente su quelle strade. Se arrivano i turisti, i locali non hanno più la spinta di andarsene e allora forse, di pari passo con la rinascita dei muri, si potrà arrestare l’abbandono.

«C’è una tendenza molto interessante – conferma Castelli – anche verso la professionalizzazione dei tour operator. Sono tanti quelli che propongono in maniera molto significativa dei percorsi con guide, in collaborazione con gli affittacamere. Anche dal punto di vista del fare impresa, registriamo una sempre maggiore attenzione verso chi frequenta questi Cammini. Ci sono aziende sul territorio che si stanno specializzando in questa direzione».

E’ il 28 maggio 2024, Pellizzari è appena tornato a Camerino dal Giro: il centro è ancora deserto
E’ il 28 maggio 2024, Pellizzari è appena tornato a Camerino dal Giro: il centro è ancora deserto

Ricostruzione e censura

Il Giro d’Italia accenderà le luci e forse mostrerà le opere ristrutturate. Fu doloroso (e fastidioso) nel 2021 in cui Gino Mader vinse a San Giacomo rendersi conto che la RAI non avesse mostrato neppure un fotogramma di quei muri devastati. Se ne resero conto i residenti che vissero così un doppio abbandono. Sarà diverso? E come procede la ricostruzione?

«Ci sono diverse velocità  – ammette Castelli – perché i luoghi più distrutti sono quelli che richiedono tempi più lunghi. Siamo riusciti a imprimere un cambio di passo che nel 2024 ci ha permesso di liquidare spese per un miliardo e mezzo alle imprese. La mia attenzione, la mia preoccupazione maggiore è su Amatrice, perché effettivamente ha avuto un’area di devastazione enorme. In più il grosso problema iniziale è che ad Amatrice c’è stata una falsa partenza ed è collassata la comunità. Per la zona di Arquata, ho sbloccato le autorizzazioni che erano ferme e abbiamo indetto una gara per circa 60 milioni di euro per rifare le fondazioni.

«Il centro di Arquata è scoppiato, è letteralmente sprofondato. Abbiamo fatto una gara internazionale che spero sarà aggiudicata per giugno per poter rifare le fondamenta del paese, basate su un sistema di isolatori e tiranti, che ne faranno il luogo più sicuro al mondo. Abbiamo presentato il progetto anche al Congresso Mondiale di Ingegneria Sismica di Milano, in modo che la ricostruzione consenta anche di fare innovazione. Per il resto, la ricostruzione di Castelluccio è già partita e il cambio di passo si vede anche nei centri di Rieti, Ascoli Piceno e Tolentino. Camerino è un po’ indietro per la necessità di coordinare gli interventi privati con quelli pubblici, che ha richiesto un’ordinanza specifica. L’Università ha riaperto i suoi uffici nel centro storico e spero che entro quest’anno nella bellissima città di Giulio Pellizzari si vedranno le prime gru».

Il 2025 della Kopecky. Partenza “lenta” e grandi obiettivi

25.01.2025
5 min
Salva

Inutile girarci intorno: quello che attende Lotte Kopecky è un anno importante. Portando in giro quella maglia iridata che veste da quasi un anno e mezzo, la belga si prepara a una stagione intrigante e delicata che dovrà dire se sta davvero cambiando pelle. Nel consueto appuntamento con la stampa prima del via ufficiale, l’iridata ci tiene a mettere alcune cose in chiaro.

Lo fa partendo dalla coabitazione con la campionessa europea Lorena Wiebes, dalle caratteristiche tecniche anche abbastanza simili alle sue a differenza di quanto avveniva con la Vollering. Una coabitazione difficile in seno alla SD Worx? La campionessa di Rumst non è di questo parere.

Con la Wiebes c’è buon feeling. Le due verranno gestite attraverso obiettivi diversi
Con la Wiebes c’è buon feeling. Le due verranno gestite attraverso obiettivi diversi

«Abbiamo obiettivi diversi e anche se guardiamo all’anno scorso potete notare che è andato tutto abbastanza liscio tra noi due, quindi non vedo alcun problema in questo. Ognuna ha i suoi target e finché sappiamo l’uno dall’altro cosa vogliamo, penso che difficoltà non ce ne siano».

Ora ritroverai Demi Vollering come avversaria e non più come compagna di squadra, non averla più nel team quanto cambia come tattiche e gestione delle corse?

Sì, sarà tutto diverso. Ma penso che sia importante concentrarsi solo su noi stessi, sul nostro gruppo, su come lavorare. Non dovremo concentrarci troppo su di lei, sarà un’avversaria come un’altra.

La Kopecky insieme alla Vollering, seconda e prima al Tour 2023. Ora sono fiere avversarie
La Kopecky insieme alla Vollering, seconda e prima al Tour 2023. Ora sono fiere avversarie
Hai sfiorato la vittoria finale al Tour e al Giro, ti ritieni una ciclista da grandi corse a tappe o restano le classiche il tuo target?

Mi piacciono le classiche, questo è sicuro. E’ vero, ho chiuso due volte al secondo posto in un grande giro senza una preparazione specifica, senza una predisposizione, questo vale molto. Ma io resto la Lotte di sempre, che va a caccia di ogni traguardo e cerca di cogliere ogni occasione. Qui siamo tutti curiosi di sapere quanto lontano possiamo arrivare se ci proviamo. Quindi è chiaro che anche una maglia in un grande giro diventa un obiettivo.

Non hai paura che per migliorare in salita possa perdere qualcosa della tua esplosività allo sprint?

Beh, dipende da come ci alleniamo. Certo. Penso di essere riuscita a gestirlo abbastanza bene per mantenere l’equilibrio di quei componenti tra essere esplosivi e arrampicarsi bene, è come una bilancia e magari quest’anno penderà un po’ di più dalla parte della salita piuttosto che dello sprint. Ma le caratteristiche non cambiano, resto una delle più esplosive e quindi non vedo alcun problema in questo.

Ma hai cambiato qualcosa nella tua preparazione quest’anno?

Sì, dopo l’anno scorso così lungo e stressante ho avuto molto più riposo rispetto all’anno prima e abbiamo anche optato per una preparazione più facile verso la stagione che sta arrivando.

La Kopecky in allenamento. Nel 2024 ha corso per 48 giorni con 17 vittorie
La Kopecky in allenamento. Nel 2024 ha corso per 48 giorni con 17 vittorie
In questo e nel prossimo anno, prima dell’inizio delle qualificazioni olimpiche, la pista rimane nel tuo programma?

Credo di sì, anche se è un anno un po’ complicato. Per ora ci sono solo gli europei e una prova di Coppa delle Nazioni, a cui non correrò perché non si adatta al mio calendario. Per quanto riguarda i campionati del mondo alla fine dell’anno, ci sono ancora dei dubbi sul farli o non farli, ma per conto mio a un mondiale non direi mai di no.

Hai vinto tantissimo negli ultimi tre anni, qual è la corsa che vincendola ti farebbe sentire una ciclista completa?

La risposta è forse il Tour, ma forse solo per quanto questo tipo di corsa è lontana dalle mie caratteristiche di base.

Le classiche restano un obiettivo primario. Qui la vittoria in solitaria al Fiandre 2023
Le classiche restano un obiettivo primario. Qui la vittoria in solitaria al Fiandre 2023
Il tuo programma com’è strutturato?

Rispetto al passato ci saranno alcuni cambiamenti. Come dicevo, ho preso l’approccio in maniera molto più comoda, quindi inizieremo un po’ più tardi, ma partiremo subito forte con una novità come la Milano-Sanremo. La stagione sembrerà diversa dall’anno scorso e cercheremo di affrontarla anche in modo diverso rispetto a prima. Era già nei piani iniziare da lì per avere una preparazione più mirata e tranquilla. Avevo anche bisogno di staccare un po’ per via di problemi al ginocchio retaggio dell’ultima stagione.

I mondiali in Rwanda, visto che sono una corsa per scalatori, come li vedi?

Penso che il campionato del mondo sarà davvero duro. Voglio dire, questo è quello che ho sentito dire sul percorso. Ma ovviamente devo vederlo di persona per giudicare. Ma sono campionessa del mondo, è anche un dovere per me esserci. Cercherò di farlo al meglio.

Per la belga la pista resta un grande amore. Vuole essere presente ai mondiali di fine stagione
Per la belga la pista resta un grande amore. Vuole essere presente ai mondiali di fine stagione
Qual è la situazione del ciclismo femminile belga, Kopecky a parte?

Non siamo così grandi, questo è chiaro rispetto ad altri movimenti come Olanda o Italia, ma voglio dire, stiamo diventando più forti. Ci sono atlete che stanno crescendo a vista d’occhio, come la De Wilde ancora U23, o la Ghekiere. E poi ci sono alcune giovani, ne escono fuori ogni anno. Questa è la cosa più importante, continuiamo a crescere. Quindi forse non sarà questo o l’anno prossimo o l’anno dopo ancora, ma sono abbastanza sicura che in futuro avremo una nazionale davvero buona, Kopecky a parte…

Ma senti di essere un esempio trascinante per le altre?

Sì e questo è davvero importante. A volte non mi rendo conto di quanto mi ammirano o di quante cose loro vogliono imparare in realtà. Ma ci provo. Cerco di dare il buon esempio e questo è qualcosa che conta. Anche più di tante vittorie, se puoi lasciare qualcosa per il domani.

Non solo ultimo uomo. Consonni ha un sogno nel cassetto

24.01.2025
5 min
Salva

Non sarà più la 6 Giorni di Brema di un tempo, oltretutto si gareggia su sole 4 giornate di gara, ma la prova tedesca resta uno dei capisaldi dell’attività su pista durante l’inverno e anche per questo Elia Viviani e Simone Consonni hanno accettato l’invito a parteciparvi. Una presenza dai significati diversi per i vicecampioni olimpici della madison: Consonni in preparazione per le prime corse dell’anno, Viviani ancora alla ricerca di una squadra per vivere quella che potrebbe essere la sua ultima stagione su strada.

In pista, i due ci hanno messo davvero poco per ritrovare la sintonia, cosa che avviene solamente se alla base c’è un’amicizia cementata negli anni. Simone sa bene le difficoltà del compagno, che proprio sulla base della sua delicata situazione contrattuale ha preso molto sul serio la 6 Giorni e lo si evince anche dal risalto che gli ha dato sui suoi seguitissimi social.

Consonni e Viviani hanno chiuso a Brema al 3° posto a un giro da Havik e Politt (foto Arne Mill)
Consonni e Viviani hanno chiuso a Brema al 3° posto a un giro da Havik e Politt (foto Arne Mill)

E’ chiaro però che la situazione di Elia ha un peso e Simone ci mette tutta la delicatezza possibile: «Non mi sento di parlare di questa vicenda, credo che sia Elia a dover essere chiamato in causa. Io posso dire che in quei giorni il suo morale è stato sempre in salita: appena entrato in pista ho rivisto l’Elia che conosco, carico e determinato, scherzoso ma ultraprofessionale. Era concentrato sulla gara, questo è certo».

Quella di Brema è stata gara vera? Si dice sempre che le 6 Giorni siano un po’ “pilotate” per lo spettacolo…

No, è stata vera, intensa, nella quale tutti hanno dato il massimo. L’avevamo scelta anche per questo, per effettuare quei lavori che in questo periodo sono importanti, quelli impostati sulla velocità che ti servono per le prime gare del calendario. Di 6 Giorni ne faremmo anche di più se fosse possibile inserirle nel calendario senza contraccolpi, per fortuna questa occasione è capitata e l’abbiamo presa al volo.

Un Viviani concentrato e scherzoso, così nei 4 giorni tedeschi a dispetto della situazione (foto Arne Mill)
Un Viviani concentrato e scherzoso, così nei 4 giorni tedeschi a dispetto della situazione
A febbraio ci saranno gli europei su pista, prima gara della nuova stagione nella quale i tuoi compagni di quartetto Ganna e Milan hanno detto di passare la mano. Tu che cosa farai?

A me la pista piace da morire e questo tutti lo sanno, ma conciliarla con il calendario su strada è sempre più difficile. Gli europei ad esempio mi sarebbe piaciuto molto farli, ma sono già stato selezionato per Valenciana e Uae Tour e quindi non se ne parla. Oltretutto ci sono i problemi con la Nations Cup e quindi non ci saranno altre occasioni. E’ chiaro che a Montichiari andrò quando possibile per allenarmi, per i mondiali per ora non saprei che cosa rispondere, sono troppo in là con la stagione.

Nel 2024 non hai conquistato alcuna vittoria, come influisce questo sulla tua nuova stagione?

Io non giudicherei male quella passata, perché mi ha dato maggiori certezze. Mi ha fatto prendere confidenza con il gruppo, che so essere davvero forte, mi ha consentito di fare un ulteriore passo avanti. Con Milan abbiamo fatto bei lavori, quel rapporto costruito su pista si sta sviluppando anche su strada e soprattutto sta venendo fuori la necessaria sinergia tecnica e mentale per ottenere i massimi risultati. Sappiamo che c’è da migliorare ma è normale. Ora abbiamo tanta carne al fuoco, tanto lavoro da fare per tutto il treno per le volate e questo ci dà entusiasmo.

Con Milan, Simone ha costruito grandi vittorie all’ultimo Giro, ora vogliono fare lo stesso al Tour
Con Milan, Simone ha costruito grandi vittorie all’ultimo Giro, ora vogliono fare lo stesso al Tour
Milan quest’anno affronterà il suo primo Tour de France. Tu hai esperienza in tutti e tre i grandi Giri: lo stai già consigliando, illustrandogli le differenze fra Giro e Tour?

Tantissime differenze non ci sono, l’importante è sapere che ogni tappa è a sé, che va costruita sul posto, vedendo come si evolve la corsa. Il Tour ha una carica di stress molto superiore alle altre corse, la percepisci da subito e sarà quindi importante abituarsi. Entrare nello spirito giusto. Sicuramente ci sarà da lavorare anche extrabici, ossia studiare con cura i percorsi, analizzare ogni tappa alla perfezione, anche sulla base di quel che è successo il giorno prima. Al Tour ci sono 200 ragazzi al via e tutti aspirano a qualcosa d’importante, oltretutto si viaggia sempre molto veloci. Sono tutti fattori da considerare.

Seguirai sempre il calendario di Johnny?

Per la sua gran parte, ma nel periodo delle classiche no, perché nel team ci sono corridori più adatti a quel tipo di corse. Siamo una squadra ampia e fatta di campioni, bisogna anche avere la consapevolezza di quel che si può realmente fare per il bene del gruppo. Lì serve gente fortissima sul passo, anche fisicamente con una struttura. Anche per il Tour sono in tanti ad ambire a un posto, quindi tutto è in divenire, non c’è nulla di certo.

Per Simone tanta esperienza al Tour, qui la volata di Lione 2020 chiusa al terzo posto
Per Simone tanta esperienza al Tour, qui la volata di Lione 2020 chiusa al terzo posto
E’ anche vero però che, senza i tuoi compiti per Milan, potresti avere mano libera per poter ambire a qualche vittoria…

Se capiterà l’occasione, sia in gare a tappe che nelle corse di un giorno non mi tirerò certo indietro. Il doppio ruolo di aiutante o finalizzatore non è certo una novità per me. Anche nel 2024 non ci sono andato lontano, ad esempio la quarta piazza alla Bredene Koksijde Classic dopo essere stato in fuga per 68 chilometri mi è ancora indigesta. Se arriverà l’occasione mi farò trovare pronto: non nascondo che regalare la prima vittoria nella mia carriera vestendo la maglia della Lidl-Trek sarebbe qualcosa di grandioso.

Con appena 8 tappe è giusto chiamarli Grandi Giri?

24.01.2025
5 min
Salva

Perché continuare a chiamarli Grandi Giri se durano appena otto giorni? E’ l’osso che abbiamo iniziato a mordere subito dopo la presentazione del Giro d’Italia Women a Roma. Se il Giro, il Tour e la Vuelta degli uomini sono un mondo a parte per le loro tre settimane, perché le corrispondenti gare delle donne (in apertura il podio del Tour 2024 con Niewiadoma, Vollering e Rooijakkers) hanno soltanto due tappe più delle restanti gare a tappe del calendario WorldTour?

«Sfondate una porta aperta – ha commentato quella sera Elisa Longo Borghinidue settimane dobbiamo raggiungerle. Romperò le scatole a Giusy (Virelli, direttrice del Giro d’Italia Women, ndr) fino a farle venire l’esaurimento.

Abbiamo così pensato di dare un seguito all’affermazione di Elisa e a questa nostra sensazione, iniziando da chi è appena scesa di bici e ha frequentato le nostre atlete di vertice nel suo ruolo di collaboratore tecnico della nazionale: Marta Bastianelli.

Marta Bastianelli ha corso 11 Giri d’Italia e nella corsa rosa ha chiuso la carriera nel 2023
Marta Bastianelli ha corso 11 Giri d’Italia e nella corsa rosa ha chiuso la carriera nel 2023
Tre settimane sarebbero troppe, due sarebbero giuste?

Io direi che intanto si potrebbero fare 10 tappe, per iniziare l’avvicinamento alle due settimane. Ovviamente se parlate con una leader come la Longo o come potrebbe essere la Vollering, dicono di passare subito a due settimane, perché sono abituate anche a carichi importanti di lavoro, e probabilmente io avrei detto la stessa cosa, visto che andavo bene sempre negli ultimi giorni.

Quindi è un’ipotesi plausibile?

Facendo una panoramica generale, dico che si potrebbe cominciare passando a 10-12 giorni, per poi arrivare a due settimane. Potrebbe essere una buona soluzione. Si avrebbe più tempo di spalmare meglio le difficoltà, si potrebbe fare qualche tappa un po’ più semplice, magari tutta di pianura. Invece così le difficoltà sono concentrate e si nota nell’impegno quotidiano. E si capisce anche. Senza contare che in otto giorni non si può fare il Giro di tutta l’Italia ed è un peccato che la corsa sia concentrata in poche regioni, ma come fai?

A meno di non fare trasferimenti esagerati, è inevitabile.

Abbiamo fatto anche quelli, come quando partimmo dalla Sardegna, ma è impegnativo. Così come basta che vada via una fuga che prende tanto terreno e avere pochi giorni davanti rende difficile recuperare. Quindi secondo me non è una brutta idea allungare la durata.

Giro Women 2024, doppia scalata del Block Haus: Kopecky al livello della Longo Borghini
Giro Women 2024, doppia scalata del Block Haus: Kopecky al livello della Longo Borghini
Però in modo graduale, giusto?

Serve un avvicinamento progressivo. Se passi di colpo a due settimane, rischi che tante squadre che magari sono piene di giovani non vengano neppure, perché non troverebbero giusto sottoporre le loro ragazze a quel tipo di carico.

Secondo te è più un problema di preparazione o più un fatto mentale?

Secondo me è mentale. Se ci pensate, quando sei a casa, le fai due settimane filate di allenamenti duri, il fisico è abituato. No, secondo me è una questione mentale. Come quando ci fu una reazione forte per l’arrivo sul Tourmalet. Qual è il problema: nel Tour Donne di tanti anni fa, era all’ordine del giorno. O come nel 2024 quando al Giro d’Italia si è fatto il doppio Block Haus. Ma cosa doveva succedere? Mi sembra che l’abbiano fatto tutti, non è successo niente, è stato semplicemente impegnativo. E anzi, la Kopecky che è una donna da classiche, per poco non se ne serviva per vincere il Giro. Secondo me è mentale. Ed è ovvio che, sapendolo prima, l’atleta ha più tempo di prepararsi al superiore impegno fisico dei Grandi Giri.

Il primo Tour vinto da Fabiana Luperini nel 1995 aveva 13 tappe e oggi il livello della preparazione è infinitamente superiore.

Secondo me bisogna mettersi anche nei panni degli organizzatori di questi Giri. Provo a immaginare cosa possano avere in testa quelli del Giro d’Italia e del Tour. Alle loro corse partecipano anche delle squadre che non sono agli stessi livelli di una Lid-Trek, di una UAE Adq o di un SD Works. Ci sono squadre che partecipano al Giro d’Italia solo con ragazze giovani, che in alcuni casi lavorano e nel resto del tempo si dedicano al ciclismo. Tenere la corsa sugli 8 giorni impedisce che ci siano differenze troppo marcate.

Come succede negli uomini, con tre sole squadre affiancate alle WorldTour.

Infatti le squadre WorldTour bene o male hanno tutto lo stesso livello, per le continental è diverso. Prendiamo ad esempio una piccola squadra italiana. Se proponessi subito il raddoppio delle tappe, finirebbero per non arrivare sino in fondo. E poi andrebbe risistemato il calendario.

Il secondo dei sei Tour vinti da Fabiana Luperini, quello del 1997, aveva 12 tappe, con due semitappe l’ultimo giorno
Il secondo dei sei Tour vinti da Fabiana Luperini, quello del 1997, aveva 12 tappe, con due semitappe l’ultimo giorno
Di certo i 13 giorni di quest’anno fra Giro e Tour dovrebbero essere aumentati.

Se continuano a tenere i Grandi Giri così ravvicinati, costringi le atlete a scegliere il Giro oppure il Tour. Però è un cambiamento che credo si possa fare avendo il giusto tempo. Prima i Grandi Giri esistevano anche per le donne, non c’è niente di strano.

Dicevi che tu da corridore avresti votato a favore?

Se parlaste con i miei direttori sportivi, direbbero che Marta andava bene dal penultimo giorno in poi. Negli ultimi giorni andavo meglio che nei primi, quindi avrei detto di sì per questo motivo, ma chiaramente avrei messo a punto una preparazione tale da poter reggere una settimana in più.

Cosa ti pare del Giro d’Italia Women 2025?

Un bel Giro, mi viene da pensare che sia molto più aperto rispetto allo scorso anno. Ci sono buone possibilità per tutte le tipologie di atlete. E poi non sarà chiuso fino all’ultima tappa. La penultima, quella di Monte Nerone, è impegnativa, perché un arrivo in salita di 15 chilometri lascerà il segno. Però anche l’ultima tappa sul circuito del mondiale del 2020 non passerà inosservata. Sarà un bel Giro anche quest’anno.

Una giornata all’insegna del ciclocross insieme a Martina Fidanza

24.01.2025
5 min
Salva

Capita, durante il ritiro di gennaio, di essere vicini a Benidorm, dove si è corsa una tappa di Coppa del mondo di ciclocross. Allora, visto che le tue compagne saranno impegnate sullo sterrato di questa cittadina a sud della Spagna, decidi di andare a vederle. In poche parole questo è ciò che è capitato alle ragazze della Visma Lease a Bike e a Martina Fidanza. Da qualche foto social abbiamo visto l’entusiasmo e i sorrisi delle atlete del team olandese. Così siamo andati da Martina Fidanza per farci raccontare l’esperienza vissuta. 

«Eravamo in ritiro – spiega mentre si dirige in macchina verso la sede di Nimbl – e sapevamo che le nostre compagne sarebbero state impegnate nella tappa di coppa del mondo a Benidorm. Margaux (Vigie, ndr) ha organizzato la trasferta, chiedendo prima ai diesse e ai manager. Avevamo quattro ragazze del team che avrebbero corso: Van Empel, Marianne Vos, Viktória Chladonova e Imogen Wolff. Volevamo essere presenti per supportarle».

Nei giorni della tappa di coppa del mondo di Benidorm Martina Fidanza e compagne si trovavano in ritiro a Gandia
Nei giorni della tappa di coppa del mondo di Benidorm Martina Fidanza e compagne si trovavano in ritiro a Gandia

Il viaggio

In pochi giorni, se non ore, tutto era pronto e organizzato. Dal ritiro di Gandia allo sterrato di Benidorm, per una giornata all’insegna del ciclocross.

«Avevamo studiato bene il programma – dice Martina Fidanza – ed era abbastanza stressante. L’idea iniziale era quella di andare a vedere anche la gara degli uomini, ma la giornata diventava troppo lunga. Per fortuna la gara capitava in un momento comodo del ritiro, tanto che siamo riusciti a incastrare lì il giorno di riposo. Abbiamo preso due macchine, una la guidava la nutrizionista del team, e siamo partite. Appena finita la corsa delle nostre compagne ci siamo rimesse in viaggio, così da essere in hotel per le 17 e fare un paio di ore di riposo».

Che te ne pare dell’atmosfera si respira nel ciclocross?

E’ molto bella. Per le nostre compagne averci lì a bordo pista voleva dire avere una spinta in più, glielo si leggeva negli occhi ogni volta che passavano davanti alla nostra postazione. Quando ero piccola, da esordiente, ho corso per due anni nel ciclocross e mi ricordavo fosse un mondo divertente. Però non ero mai stata a una gara di Coppa del mondo. Non mi aspettavo che ci fosse così tanta gente. Solo per trovare spazio intorno al percorso ci siamo dovute impegnare.

Dalle foto abbiamo visto che vi siete anche attrezzate per il tifo…

Ognuna di noi ha deciso un po’ come fare per dare sostegno, in due si sono messe un costume: una da apicoltore e l’altra da ape. Altre avevano delle campane. Il tutto per farci riconoscere. A me è bastata la voce, sicuramente mi hanno sentita (ride, ndr). 

Erano quattro in totale le ragazze in gara della Visma, qui in foto Imogen Wolff
Erano quattro in totale le ragazze in gara della Visma, qui in foto Imogen Wolff
Le quattro che hanno corso erano con voi in ritiro a Gandia?

Sì. Per questo siamo venute a conoscenza della gara e abbiamo deciso di andare. Loro quattro sono partite il giorno prima verso Benidorm e hanno dormito lì. 

Avete fatto delle domande prima di partire?

Durante i giorni di ritiro eravamo curiose, chiedevamo loro se il percorso fosse di loro gradimento. Poi mentre si svolgeva la gara ci facevamo un po’ di domande tra di noi a bordo del tracciato. Tra chi corre solo su strada e chi anche su pista non conoscevamo esattamente le dinamiche del ciclocross. Quando Fem (Van Empel, ndr) era davanti da sola ci chiedevamo se avesse aspettato Marianne (Vos, ndr) per andare insieme all’arrivo. 

Le ragazze della Visma si sono organizzate per la trasferta, portando anche dei costumi: ape e… apicoltrice
Le ragazze della Visma si sono organizzate per la trasferta, portando anche dei costumi: ape e… apicoltrice
Invece?

Non lo ha fatto. Ma direi che nel ciclocross non c’è tanta tattica. O per lo meno, non di squadra. Ognuna imposta il suo ritmo e fa la sua gara. 

Una volta tornate avete parlato con loro?

Abbiamo chiesto dei feedback sul percorso. Ci hanno risposto che era un po’ diverso dai classici sterrati del ciclocross. Era più da gravel a detta loro, per questo si sono trovate avvantaggiate. 

Una delle cose che ha colpito maggiormente Martina Fidanza è la grande affluenza di pubblico
Una delle cose che ha colpito maggiormente Martina Fidanza è la grande affluenza di pubblico
Cosa ti ha colpito di più delle dinamiche di questa disciplina?

La partenza, quasi scioccante. Partono fortissime e sono davvero tante. Viktória (Chladonova, ndr) ha perso posizioni all’inizio a causa di due che si sono toccate, nonostante ciò è arrivata decima al traguardo. Terza tra le under 23. Mi ha impressionato quanto sia importante partire bene. Nonostante tutto è comunque arrivata tra le prime dieci. Vederla rilanciare, recuperare e sorpassare è stato molto emozionante. 

Poi in spazi così stretti…

E’ importantissimo anticipare e correre davanti. La differenza di fatica tra le prime tre e le altre deve essere tanta. In quel percorso poi si formavano trenini da dieci atlete, l’ultima all’uscita delle curve prendeva delle “frustate” incredibili. Se ti metti davanti, invece, imposti il tuo ritmo e stai un pochino più tranquilla. 

Le aspettative di Van Eetvelt. Arriva il tempo dei Grandi Giri

24.01.2025
5 min
Salva

Certe volte vincere non basta. Guardate Lennert Van Eetvelt: a soli 23 anni ha iniziato la sua stagione vincendo e l’ha chiusa vincendo, ha portato a casa due corse a tappe del WorldTour come Uae Tour e Tour of Guangxi, eppure per molti addetti ai lavori è stato un comprimario, forse perché ha saltato per infortunio tutta la primavera e la sua Vuelta è durata solo metà corsa. Inconvenienti di un ciclismo che tritura tutto e tutti, non dando il tempo di riflettere.

Per Van Eetvelt nel 2024 36 giorni di gara con 5 vittorie e ben 12 Top 10
Per Van Eetvelt nel 2024 36 giorni di gara con 5 vittorie e ben 12 Top 10

Promosso capitano della Lotto

Il giovane talento della Lotto però guarda avanti e così fa il suo team, che sapendo ben valutare un 2024 da protagonista lo ha eletto a capitano della squadra, insieme all’altro giovane Arnaud De Lie, puntando sulle sue qualità di corridore completo ma con ampi margini di miglioramento. Per il corridore di Binkom inizia una stagione importante, che parte però dalla difesa di quanto fatto.

«Per me è stata un grande passo avanti. E’ stato difficile arrivare dove sono, passando per molti infortuni e devo dire grazie al team che mi è sempre stato vicino, facendomi correre con alcuni dei ragazzi migliori al mondo in tutti i posti. L’anno passato mi ha dato molta fiducia, so che qualsiasi cosa mi succeda ho la forza per tornare ai vertici, lavorando con pazienza».

La prima vittoria del corridore Lotto nel 2024, battendo Vlasov e McNulty al Trofeo Serra Tramuntana
La prima vittoria del corridore Lotto nel 2024, battendo Vlasov e McNulty al Trofeo Serra Tramuntana
Quanto ti è pesato perdere 4 mesi di corse e saltare tutto il periodo delle classiche?

E’ stata dura, per tutta la prima parte dell’anno. Sentivo che non ero in gran forma all’inizio della stagione e avevo qualche dubbio se sarei riuscito a tornare al livello che volevo. Ci è voluto davvero molto tempo, ma è stato un cammino utile per capire quello che sono, quando posso essere resiliente. Ora ho più sicurezza. Guardate l’ultimo Lombardia: non ero al massimo, ma quando la corsa si è sviluppata ero lì, con Evenepoel e gli altri, a lottare. Significa che il mio livello di base è quello ed è un livello da vertici.

Lo scorso anno hai vinto due importanti corse a tappe: ti stai specializzando nelle prove medio-brevi o pensi che le corse di un giorno siano ancora le più adatte a te?

Spero in realtà di migliorare dappertutto ed essere in grado di competere per qualcosa d’importante nell’arco di un Grande Giro. Ma c’è ancora molta strada da fare, quindi ci sto solo lavorando. Il resto viene da sé, l’essere competitivo un po’ dappertutto, sono tappe per arrivare lì come dimostrano anche gli altri che corrono e vincono le grandi prove a tappe.

Il belga punta soprattutto a essere competitivo nei Grandi Giri, ma deve migliorare a cronometro
Il belga punta soprattutto a essere competitivo nei Grandi Giri, ma deve migliorare a cronometro
L’infortunio al ginocchio è risolto e per proteggerlo hai cambiato qualcosa nella tua preparazione?

Più che altro ho cercato di affinare le mie qualità per essere competitivo su vari obiettivi. Mantenere il mio scatto per le classiche, ma essere anche più performante in salita. Per ora l’aspetto sul quale ho meno dimestichezza sono le cronometro, dove pure agli inizi di carriera me la cavavo bene, ma su questo dovrò lavorarci.

Quando eri ragazzino ti affascinavano di più le classiche o i Grandi Giri?

Sicuramente le grandi corse a tappe. Il Tour de France. Era la mia corsa preferita da guardare ogni estate, ho sognato di essere lì, a lottare con i più forti. Quest’anno andrò puntando alle tappe e a capire bene come va interpretato, aprendomi comunque a ogni possibilità, alla Vuelta invece andrò per fare classifica. Il Tour resta la corsa regina ed è lì che voglio scrivere pagine importanti.

Alla Vuelta ritiro alla tappa numero 12, ma fino ad allora se l’era ben cavata con il 2° posto a Pico Villuercas dietro Roglic
Alla Vuelta ritiro alla tappa numero 12, ma fino ad allora se l’era ben cavata con il 2° posto a Pico Villuercas dietro Roglic
La Lotto conta molto su di te per centrare il traguardo del WorldTour: qual è l’atmosfera in squadra?

È davvero ottimale, siamo tutti carichi alla vigilia dell’inizio della stagione e vogliamo portare a casa quanti più punti possibile. Abbiamo una squadra giovane, anche io lo sono e me ne rendo conto, ma questo ti dà anche quel pizzico di spregiudicatezza che può fare la differenza. Ognuno è carico, entusiasta, pronto a dare il massimo e questo è molto, molto bello.

La tua è la generazione di Evenepoel: per voi ragazzi belgi l’olimpionico è uno stimolo in più per emergere?

Sì, penso che molto abbiano influito le vittorie di Remco. I corridori belgi della mia generazione sono tutti di altissimo livello ora e c’è un grande cambiamento nel ciclismo. I ragazzi più giovani puntano a emergere il prima possibile come ha fatto lui. Ognuno di noi vuole dimostrare che il suo non è stato un caso isolato, ognuno vuole arrivare al vertice.

Van Eetvelt comincia a essere molto popolare, in Cina facevano la fila per un suo autografo
Van Eetvelt comincia a essere molto popolare, in Cina facevano la fila per un suo autografo
Alla Lotto sarai il capitano con De Lie. Ci saranno corse dove gareggerete entrambi, come vi gestirete?

Abbiamo un tipo di calendario e di obiettivi completamente diversi, quindi sapremo coesistere, anche quando gareggeremo insieme, sacrificandoci l’uno per l’altro. Ci sosteniamo a vicenda perché prima di tutto viene il team. Abbiamo entrambi le nostre cose da fare.