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Più Roubaix e Sanremo che Tour: Pogacar ha puntato il dito

14.12.2025
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BENIDORM (Spagna) – L’hotel “invaso” dalla UAE Emirates sembra più una cittadella del ciclismo che un semplice quartier generale. Il dispiegamento di forze e mezzi colpisce prima ancora delle parole: motorhome, ammiraglie, personale, struttura e presenza mediatica raccontano una squadra diventata un colosso, come forse mai si era vista nel ciclismo. La presentazione della stagione 2026 di Tadej Pogacar è un richiamo enorme (in apertura foto Fizza).

Al mattino l’attesa è tutta per la conferenza stampa del campione sloveno, anche se nei corridoi serpeggia una curiosità quasi parallela per il programma futuro di Isaac Del Toro. Ci si attende l’annuncio della presenza del messicano al Giro d’Italia. Cosa che non arriverà… Pogacar, invece, è il solito Pogacar: sereno, misurato, apparentemente impermeabile al clamore. Sale in bici, parte, rientra, chiede cosa c’è in programma e riparte ancora con Adam Yates.

Qualche ora dopo, al pomeriggio in conferenza stampa, risponde con controllo e lucidità. Il calendario è in gran parte atteso, ma colpisce l’insistenza su due gare: Sanremo e, ancora di più, Roubaix.

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Tadej Pogacar (classe 1998) a Benidorm inizia la sua ottava stagione da pro’
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Tadej Pogacar (classe 1998) a Benidorm inizia la sua ottava stagione da pro’

Obiettivo classiche

E’ un calendario denso ma razionale quello che Pogacar dovrà affrontare nel 2026. Le Classiche del Nord tornano a occupare un ruolo centrale, anzi centralissimo. Strade Bianche in apertura, poi Sanremo, quindi Fiandre, Parigi-Roubaix, Freccia e Liegi-Bastogne-Liegi. Prima del grande appuntamento estivo, ovviamente il Tour, il passaggio in Svizzera sarà affidato a due corse a tappe, due novità tra l’altro per lo sloveno: il Tour de Romandie e il Tour de Suisse.

Il grande obiettivo per Pogacar quindi resta il Tour de France, ma Pogacar non nasconde un’ambizione più ampia: vincere tutto, Monumenti e Grandi Giri. «Perché – dice con il pragmatismo che gli appartiene – il tempo passa veloce e ogni stagione porta nuove occasioni. Non sono ossessionato dalle vittorie. Né se non dovessi riuscire la Sanremo o la Roubaix o anche il Tour de France. Ovvio però che se mi chiedete se preferisco vincere il Tour o la Roubaix, dico la Roubaix. Un conto è passare da quattro a cinque (le vittorie del Tour), un conto da zero a uno.

«Tornare su terreni ancora non conquistati mi stimola. Sono gare che sento di poter vincere. L’idea è scegliere con attenzione, correre meno giorni rispetto ad altri e arrivare sempre nelle condizioni migliori». Quest’ultima parte delle sue parole è la risposta ad una domanda che in conferenza stampa è emersa più volte: «Come fai ad essere competitivo da febbraio a ottobre?». Tadej ha risposto che è possibile con una programmazione oculata ed è vero. Le fasi di riposo non sono mai mancate e, a conti fatti, nel 2025 ha inanellato 50 giorni di corsa: ben al di sotto della media dei suoi colleghi.

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Qui solo le bici da crono. In un’altro stanzone ce n’erano almeno il doppio da strada. Il tutto senza contare le donne della UAE Adq
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Qui solo le bici da crono. In un’altro stanzone ce n’erano almeno il doppio da strada. Il tutto senza contare le donne della UAE Adq

Pogacar e i 5 Monumenti

Ma è quando si parla di classiche che Pogacar si accende davvero. Alla fine questa sfida dei cinque Monumenti lo stuzzica, eccome. Il suo volto è un libro aperto. La Sanremo resta una “ferita” aperta e allo stesso tempo una calamita. Ma è la Roubaix a occupare il centro del discorso. «Il raid al Nord per la ricognizione sul pavé è stato estremamente positivo. Mi sono trovato a mio agio con i materiali testati, con la guida sul pavé. Sono sensazioni incoraggianti. Sappiamo cosa serve per affrontare l’Inferno del Nord».

Pogacar distingue nettamente la preparazione per Fiandre e Roubaix. «La prima richiede il cento per cento su strappi brevi, ripetuti, sul pavé e sulla gestione dello stress in gruppo per oltre sei ore di gara. La seconda arriva solo una settimana dopo e pretende soprattutto recupero e gambe. Gambe capaci di esprimere sforzi lunghi e devastanti quando il contachilometri è già avanzato».

Rispetto ai Grandi Giri, le Classiche gli sembrano quasi meno stressanti. «Al Tour – dice mentre sorseggia un bicchiere d’acqua – ogni giorno è una prova di concentrazione assoluta, con una pressione continua che lascia poco spazio al divertimento». Forse anche per questo comprende anche le scelte di chi, come Remco Evenepoel, decide di evitare questo tipo di corse. Tuttavia Pogacar non vede la doppia sfida, classiche e Grandi Giri, come un compromesso: «Nel ciclismo gli imprevisti esistono sempre e programmare con coraggio fa parte del gioco».

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Un sorso d’acqua: lo sloveno è parso particolarmente attento al discorso classiche
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Un sorso d’acqua: lo sloveno è parso particolarmente attento al discorso classiche

Tenere alta l’asticella

E’ restare in cima la vera sfida di Tadej. Non una pressione, non un’ossessione, ma uno stimolo quotidiano. Ogni stagione richiede di alzare ancora l’asticella, di trovare nuovi margini di miglioramento senza snaturarsi. Lui è al vertice e gli altri cercano in ogni modo di raggiungerlo. Gli altri insomma hanno un punto di riferimento, lui no. E in questo percorso il rapporto con il preparatore Javier Sola è centrale.

«Con Sola e gli altri tecnici – dice Pogacar – c’è un dialogo continuo, fatto di messaggi dopo gli allenamenti, di attenzione non solo ai numeri ma anche alle sensazioni. Javier non è solo il tecnico che analizza i dati, ma una figura che si interessa al mio stato mentale e al benessere complessivo. Questa fiducia reciproca crea un ambiente in cui è naturale comunicare apertamente, segnalare un problema o proporre un aggiustamento.

«Si parla del mio futuro, ma io oggi voglio godermi il percorso… Consapevole che mantenere questo livello richiede lavoro costante e lucidità. Anche nella mia vita privata l’impatto mediatico ormai è forte. Sono consapevole che non può più essere una vita “normale” (anche lui mima il gesto delle virgolette, ndr) come un tempo. Ma provo comunque a ritagliarmi spazi di vita semplice».

Pogacar incontra i media e basta una domanda per definire il suo stato d'animo. Vuole vincere. Forse non ha neppure il dubbio. Domenica si combatte
Pogacar e Del Toro hanno corso insieme solo 4 giorni lo scorso anno (da compagni di squadra). Tra i due però c’è un buon feeling
Pogacar incontra i media e basta una domanda per definire il suo stato d'animo. Vuole vincere. Forse non ha neppure il dubbio. Domenica si combatte
Pogacar e Del Toro hanno corso insieme solo 4 giorni lo scorso anno (da compagni di squadra). Tra i due però c’è un buon feeling

Con Del Toro al Tour

E’ quasi difficile ormai fare domande allo sloveno. Delle vittorie si è già parlato. Di crono o salita idem. Degli stimoli ha appena detto. Resta il team della squadra. La prima al mondo.

«Abbiamo un team fortissimo – spiega Pogacar – una rosa di trenta corridori di questo valore ti consente di formare sempre una squadra da Tour. La qualità è alta e, soprattutto, ognuno conosce perfettamente il proprio ruolo. Chi ha condiviso la vittoria in un Grande Giro diventa qualcosa di speciale, quasi una famiglia: sacrifici comuni e un obiettivo condiviso».

In questo contesto si inserisce anche Isaac Del Toro, destinato ad affiancare Pogacar al Tour. La sua crescita è vista come una risorsa, non come una minaccia. Neanche ci si prova a metterli in rivalità, come magari era successo con Remco e Lipowitz due giorni fa a Palma de Maiorca.

«Del Toro mi piace come corridore e come uomo – spiega – sono contento di averlo vicino al Tour de France. Tra l’altro potrà fare bene ed è giusto che i giovani lottino nelle grandi corse. Bisogna dargli spazio e costruire il futuro loro e al tempo stesso della squadra».

Garmin Rally RS210, il power meter con i Newton. Il test completo

Garmin Rally RS210, il power meter con i newton. Il test completo

13.12.2025
6 min
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Il nuovo Garmin Rally power meter non è un aggiornamento ed una rivisitazione del modello già esistente. E’ stato cambiato nel profondo, tantissimo nel cuore del sistema, molto anche nel corpo ed il risultato finale è super.

Ai fini della rilevazione, della ripetibilità dei dati e anche per quello che concerne la gestione del dispositivo, lo stesso Garmin Rally è più preciso e facile. Tra il resto ci sono da evidenziare due valori aggiunti. Il primo è legato al perno sostituibile/intercambiabile dove alloggia tutta l’elettronica. Il secondo è un plus delle metriche di potenza, ovvero la possibilità di quantificare la forza espressa in newton. L’ecosistema Garmin aggiunge un altro (utilissimo) tassello. Vediamo di cosa si tratta anche grazie al contributo di Michele Dalla Piazza ed entriamo nel dettaglio della prova.

Garmin Rally RS210, il power meter con i Newton. Il test completo
Come un pedale classico e anche molto robusto
Garmin Rally RS210, il power meter con i Newton. Il test completo
Come un pedale classico e anche molto robusto

Quantificare la forza quando si pedala

«Per misurare la forza, con tutta probabilità il sistema pedale è quello migliore – argomenta Dalla Piazza – o comunque tra i migliori. Riesce a far risaltare le reali differenze tra gamba destra e sinistra. Prendere in esame i newton, la forza espressa durante l’attività in bici è una pratica utilizzata da tempo da alcuni portali di analisi, ad esempio Intervals.icu, GoldenCheetah (ovviamente il portale Garmin Connect) e pochi altri.

«Il valore in Newton misurato da un power meter – prosegue – rappresenta la forza tangenziale, ovvero quella che potremmo categorizzare come forza davvero efficace per far avanzare la bicicletta. Semplificando, è quella perpendicolare alla pedivella. Ai fini della valutazione di un training di qualità è utile a quantificare lo stress muscolare, la fatica meccanica, utile a capire come un atleta genera watt. I newton danno un senso molto più preciso del profilo dell’atleta, identificando il range di cadenza preferita e quella con maggiore efficienza».

Garmin Rally RS210, il power meter con i Newton. Il test completo
Michele Dalla Piazza, studioso e profondo conoscitore delle tecnologie legate al training moderno
Garmin Rally RS210, il power meter con i Newton. Il test completo
Michele Dalla Piazza, studioso e profondo conoscitore delle tecnologie legate al training moderno

Garmin Rally RS210, l’aspetto tecnico

Molto bene il fattore di intercambiabilità del mandrino. E’ uno dei cardini di questo progetto Garmin, un valore aggiunto non banale a favore della precisione e della longevità. Tutta l’elettronica è inserita (e protetta) all’interno del perno, batteria ricaricabile inclusa. Ottimo il fattore Q del pedale, 53 millimetri, perfettamente in linea con i competitor e con i pedali medio/alto di gamma. Anche il valore dello stack (altezza complessiva del pedale) è buono con i suoi 12,2 millimetri.

Eccellente l’autonomia rilevata con una sola ricarica. Oltre le 80 ore di attività, anche se in questo caso è sempre bene considerare le variabili legate alle condizioni climatiche e alle eventuali attivazioni (non volute) a bici ferma. I pedali sono sensibili e talvolta, con un semplice spostamento della bici il sistema Rally si attiva.

Calibrare non è mai stato così facile

Molto bene a nostro parere il fattore calibrazione, che non è sempre necessaria ad ogni uscita (è comunque possibile farla a piacimento). Diciamo che è meglio eseguirla quando è richiesta dal dispositivo (può comparire una notifica sul device), potremmo dire obbligatoria quando si trasferiscono i pedali da una bici ad un’altra, quando si estrae il perno per manutenzione e pulizia.

Non serve mettere la pedivella in quella posizione oppure in un’altra. Non serve mantenere sempre il medesimo angolo ed inclinazione in modo da avere dati ripetibili e sovrapponibili da un’uscita a quella successiva. C’è una calibrazione di fabbrica impostata e quella resta. Ci piace.

Le nostre considerazioni

Il valore dei newton durante una prestazione è un campo che si aggiunge agli altri, va interpretato, capito ed analizzato. E’ uno strumento utilissimo per capire come si ottengono i watt, se attraverso una pedalata che predilige l’agilità, oppure una cadenza più bassa. Con il tempo e con i grafici la funzione dei newton aiuta ad interpretare il gesto, con le sue fasi di spinta e trazione (ci vuole anche un device che supporta le dinamiche della pedalata). Con metodo, tempo e pazienza è un vero e proprio strumento che aiuta a migliorare, sfruttando l’efficienza della pedalata (tutta).

I newton sono il plus dei nuovi pedali/power meter Garmin? Il quantificare la forza tangenziale è uno dei fiori all’occhiello di questa versione dei Rally, eppure se dovessimo puntare l’obiettivo sul vero punto di forza di questo sistema, l’attenzione si sposterebbe sulla semplificazione del prodotto. Proprio così: rispetto alla versione più anziana il nuovo power meter Rally è più facile, versatile e robusto (è molto sostanzioso), più immediato, tanto stabile e preciso. Un misuratore che si adatta a molte interpretazioni. Ci piace.

Garmin

Mathieu Van der Poel, vacanze 2025, California (immagine Instagram)

Torna Van der Poel e Namur diventa il centro del mondo

13.12.2025
5 min
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Sarà il periodo dell’anno e magari anche la sensazione che mancasse qualche pezzo, il ritorno di Van der Poel nel ciclocross fa pensare alla fine di un’attesa messianica, che sarà completa sabato prossimo, quando ad Anversa tornerà anche Van Aert. E quello sarà il primo derby nel fango, il primo dei cinque scontri fra i due giganti.

Van der Poel è tornato a inizio settimana dalla Spagna e il fatto che per debuttare abbia scelto Namur fa pensare che il suo livello sia davvero molto alto. L’olandese non è uno che corre sapendo di essere battuto ed evidentemente i suoi riscontri sono all’altezza della situazione.

«Fino a qualche anno fa – commenta il suo team manager Christoph Roodhooft – non avrebbe osato ripartire da Namur. Ma come atleta, si è evoluto a un livello tale che è pronto per debuttare su un percorso così impegnativo. Avrebbe potuto rendersi le cose molto più facili scegliendo il prossimo fine settimana, con Anversa e Koksijde. Inizialmente, era quello il punto di partenza della sua stagione, ma Mathieu si sente bene e ha abbastanza fiducia in se stesso per affrontare questa sfida. Mi aspetto che vinca? In ogni gara di ciclocross a cui Mathieu partecipa, ci aspettiamo che vinca. Se lo aspetta lui stesso, se lo aspettano tutti».

L'ultima vittoria 2025 di Van der Poel è quella di Geraardsbergen al Renewi Tour: che fatica battere De Lie!
L’ultima vittoria 2025 su strada di Van der Poel è quella di Geraardsbergen al Renewi Tour: che fatica battere De Lie!
L'ultima vittoria 2025 di Van der Poel è quella di Geraardsbergen al Renewi Tour: che fatica battere De Lie!
L’ultima vittoria 2025 su strada di Van der Poel è quella di Geraardsbergen al Renewi Tour: che fatica battere De Lie!

Quattro settimane di stop

Sembra di rileggere le parole pronunciate ieri da Giuseppe Martinelli, sia pure nel diversissimo ambito delle corse a tappe. La filosofia però è la stessa e la capacità e la facilità di prepararsi alla gara non correndo, unite all’immensa classe dell’atleta in questione, fa sì che la vittoria sia la prima delle opzioni. Non l’unica, ma quasi.

Van del Poel ha chiuso la stagione estiva a metà settembre con l’amaro in bocca per il 29° posto ai mondiali di mountain bike di Crans Montana, su cui invece puntava molto. La mountain bike continua a respingerlo, il gap tecnico sembra incolmabile. Sarà curioso vedere se presto o tardi deciderà di metterci una pietra sopra, concentrandosi sul ciclocross dove vincere invece gli viene molto più… facile.

«Ho riposato per un periodo più lungo del solito – ha spiegato ieri – la mia stagione si è conclusa prima rispetto agli anni precedenti (la foto Instagram di apertura lo ritrae in California, ndr). Questo mi ha dato l’opportunità di prendermi quattro settimane di riposo, poi ho ripreso ad allenarmi in Belgio. Due settimane dopo mi sono trasferito nella mia base in Spagna per continuare a potenziarmi e aumentare gradualmente l’intensità».

Nel passaggio alla MTB, Van der Poel non è ancora riuscito nella magia di colmare il gap tecnico dagi avversari (foto Alpecin-Deceuninck)
Nel passaggio alla MTB, Van der Poel non è ancora riuscito nella magia di colmare il gap tecnico dagi avversari (foto Alpecin-Deceuninck)

Gareggiare per non allenarsi

Il cross per allenarsi meno: questa è l’unica concessione che specialisti di questa grandezza fanno ai vecchi concetti della preparazione, eccezione all’infallibilità delle tabelle.

«Il fatto di avere un programma di 12-13 gare di ciclocross – ha spiegato – ha un senso. La seconda metà di dicembre offre sempre più opportunità di gara e finché sono in Belgio, preferisco gareggiare piuttosto che allenarmi. Ho guardato i percorsi e ho scelto le gare che mi sono sempre piaciute di più. Il fatto che molte di queste si svolgano nei dintorni di Anversa è un bel vantaggio».

Lo stesso ragionamento fatto da Van Aert. Le energie sono un capitale da salvaguardare e ridurre i viaggi gli permette di continuare con il cross, prendendone solo il positivo.

L’ottavo mondiale

L’obiettivo principale sono i mondiali di Hulst, che in caso di vittoria porterebbero a 8 il suo bilancio iridato. Sentendolo parlare, la sensazione è che fosse stanco di allenarsi e che non vedesse l’ora di riattaccare il numero sulla schiena.

«E’ passato molto tempo dall’ultima volta che ho corso a Namur – ha raccontato – e il percorso mi è sempre piaciuto. Mi sento pronto. Finora non ho fatto una grande preparazione specifica, ad eccezione di due sessioni: una martedì e l’altra giovedì. Gli ultimi due giorni invece sono stati più blandi. Dopo l’allenamento di giovedì, ne ho programmati due più facili per essere fresco e riposato sulla linea di partenza. Non è molto, ma l’anno scorso è bastato. Le aspettative sono alte. Forse sono un po’ al di sotto del livello del 2024, ma credo che possa bastare per giocarmi la vittoria».

Campionati europei ciclocross 2025 - Middelkerke, Thibau Nys
Thibau Nys (qui agli europei) quest’anno ha già vinto due volte in Coppa del mondo: a Tabor e Flamanville
Campionati europei ciclocross 2025 - Middelkerke, Thibau Nys
Thibau Nys (qui agli europei) quest’anno ha già vinto due volte in Coppa del mondo: a Tabor e Flamanville

Il confronto con Nys

Immaginiamo la pressione che il suo ritorno stia mettendo addosso a coloro che sono stati protagonisti fino a questo momento. In particolare sarà molto interessante assistere al primo confronto di stagione con Thibau Nys, indicato da più parti come il possibile sfidante.

«Mi pare di aver capito che Nys sia diventato il nuovo punto di riferimento – ha detto Van der Poel – mentre Nieuwenhuis continua a confermarsi. A Namur, in particolare, bisogna stare attenti a Michael Vanthourenhout (vincitore della Coppa del mondo di Marceddì, ndr) e Toon Aerts. E Cameron Mason ha chiaramente fatto un passo avanti. Ci sono molti sfidanti. Come ogni anno infine, presto troverò anche Van Aert. Ognuno di noi ha la sua preparazione, soprattutto in vista delle classiche di primavera. Questo significa che ci incrociamo di tanto in tanto. Come ci confronteremo quest’inverno sarà presto chiaro, basterà aspettare una settimana. Speriamo di poter offrire un bello spettacolo ai tifosi».

Sofia Bertizzolo è nata il 21 agosto 1997. Dopo 4 anni alla UAE nel 2026 correrà nella FDJ (foto Wschodnia Polska)

Bertizzolo pronta a diventare importante anche nella FDJ

13.12.2025
5 min
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In questi giorni di ritiro in Spagna, Sofia Bertizzolo sta già avendo la conferma delle prime impressioni che l’avevano portata a firmare il contratto con la FDJ United-Suez per la prossima stagione. Un trasferimento importante che forse è passato troppo sotto traccia tenendo conto delle spiccate doti di “donna-squadra” della 28enne di Bassano del Grappa.

Un ruolo che ha ricoperto, sapendosi ritagliare anche lo spazio per sé in diverse corse, nelle quattro annate con il UAE Team ADQ, che ha visto nascere e crescere dall’inizio, fino allo status riconosciuto specialmente nel 2025 con l’arrivo e le vittorie di Longo Borghini. Ora la sfida di Bertizzolo si sposta in Francia in quella che il ranking UCI ha espresso come la miglior squadra di quest’anno, riuscendo ad interrompere l’egemonia della SD Worx Protime dopo tanti anni. L’ago della bilancia è stata Demi Vollering (tornata in vetta nel ranking individuale) con un cast di supporto di alto livello. Ne abbiamo approfittato quindi per capire da Sofia quali saranno i suoi compiti e come sta vivendo questo periodo della sua carriera.

Bertizzolo lascia la UAE Team ADQ dopo 4 stagioni e più di 200 gare disputate, condite da 2 vittorie e tanti podi
Bertizzolo lascia il UAE Team ADQ dopo 4 stagioni e più di 200 gare disputate, condite da 2 vittorie e tanti podi
Bertizzolo lascia la UAE Team ADQ dopo 4 stagioni e più di 200 gare disputate, condite da 2 vittorie e tanti podi
Bertizzolo lascia il UAE Team ADQ dopo 4 stagioni e più di 200 gare disputate, condite da 2 vittorie e tanti podi
Stiamo subito sulla stretta attualità. Com’è stato il primo approccio dal vivo con la FDJ?

L’impressione è stata davvero buona. In una parola direi che è una squadra efficace. E’ centrata sulla performance, ha un ambiente professionale ed unito, dove atlete e staff condividono insieme tutte le fasi della giornata. Già al momento dell’ufficializzazione del mio passaggio molte compagne mi avevano dato il loro benvenuto.

In sostanza possiamo dire aspettative rispettate?

Esattamente. Ho sempre visto la maglia della FDJ in gruppo da quando corro. E’ un team longevo che ha sempre avuto programmazione ed uno staff storico. Mi dà fiducia essere in una formazione che sa come stare nel ciclismo di adesso. Poi i materiali sono al top. In passato mi era già capitato di parlare con loro, sono contenta di essere qua. Siamo tutti consapevoli delle nostre potenzialità.

Vollering, Labous, Muzic e Chabbey sono le leader di una squadra che conta anche su tante altre atlete forti (foto FDJ United-Suez)
Vollering, Labous, Muzic e Chabbey sono le leader di una squadra che conta anche su tante altre atlete forti (foto FDJ United-Suez)
Vollering, Labous, Muzic e Chabbey sono le leader di una squadra che conta anche su tante altre atlete forti (foto FDJ United-Suez)
Vollering, Labous, Muzic e Chabbey sono le leader di una squadra che conta anche su tante altre atlete forti (foto FDJ United-Suez)
Indicativamente avete già parlato del ruolo che avrai?

Nel 2026 dovrei tornare a correre un Grande Giro, dove la squadra ha già una base solida ed un progetto per le gare a tappe in generale. Tuttavia principalmente sarò concentrata sulle classiche, nelle quali invece sono più flessibili, nonostante anche per quel tipo di gare ci sia una grande capitana come Demi. Nelle classiche avevano bisogno di più aiuto ed esperienza, dove ogni ragazza al via dovrà sapere stare all’erta. Dovremo farci trovare pronte con completezza.

Dopo tanti anni lasci la UAE. Qual è il tuo bilancio?

Sono stati 4 anni intensi. Esco da uno dei migliori team del WorldTour che ha impostato alti standard che altre squadre stanno rincorrendo. I primi due anni sono stati quasi di transizione, avevamo un approccio diverso alle gare. C’era una leader forte come Bastianelli che ha fatto molto bene. Nel terzo c’è stato un cambiamento che ha portato alla squadra di quest’anno, dove era arrivata un’altra leader forte come Longo Borghini.

Nel 2025 Bertizzolo ha fatto una buona primavera, poi a maggio ha dovuto fare i conti ancora con gli infortuni
Nel 2025 Bertizzolo ha fatto una buona primavera, poi a maggio ha dovuto fare i conti ancora con gli infortuni
Nel 2025 Bertizzolo ha fatto una buona primavera, poi a maggio ha dovuto fare i conti ancora con gli infortuni
Nel 2025 Bertizzolo ha fatto una buona primavera, poi a maggio ha dovuto fare i conti ancora con gli infortuni
Questi cambiamenti come li hai vissuti?

Visti da dentro, non sono sempre stati semplici. Talvolta ho avvertito una discontinuità solo dal punto di vista manageriale perché mancava un disegno di base. Si faticava ad avere una certa solidità ed è stato impegnativo per tutti perché si ripartiva da zero quasi ogni anno. Penso che fosse normale in una squadra nuova ed infatti adesso non è più così, ma forse io avevo bisogno di cambiare.

Cercavi qualche sicurezza in più?

Io parlerei più di motivazioni personali, però il ciclismo femminile attuale è cambiato tanto. Anche andare in un’altra squadra significa spendere energie nervose. Tuttavia credo che queste situazioni possano portare a cose nuove, dove si possono trovare compromessi stimolanti.

Al netto di questo trasferimento, come si sente Sofia Bertizzolo ad avere un procuratore?

Dal secondo rinnovo con la UAE ho iniziato a chiedermi se fosse necessario avere una figura del genere che mi seguisse. Mi sono accorta che un procuratore serve per tanti motivi. Sono contenta quindi di aver iniziato a lavorare con Giovanni Lombardi. Mi sono trovata subito bene con lui, nonostante mi avesse detto che non aveva esperienza col mondo femminile. Ne ha però in generale e anzi mi onora che gli abbiano parlato bene di me ed essere diventata una delle sue primissime atlete.

Prima dicevi che tornerai a correre un Grande Giro. Ti sei data qualche altro obiettivo per l’anno prossimo?

Quest’anno non ho corso nessuna grande gara a tappe e ho fatto pochissime delle altre. A maggio mi sono fatta male e ho sofferto a livello psicologico ancora per questi infortuni. Quando poi torni in gruppo è come trovarsi in una lavatrice perché c’è frenesia e nessuna frena. Nel 2026 spero in una stagione migliore e di fare bene con la squadra, poi il resto lo vedremo più avanti.

Training camp, ritiro Lidl-Trek, Denia, dicembre 2025, Juan Ayuso

Ayuso, niente domande sulla UAE. Si comincia con la Lidl

13.12.2025
6 min
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DENIA (Spagna) – Juan Ayuso si presenta in conferenza stampa in ritardo. Arriva con passo rapido e, mentre si siede, inizia immediatamente a leggere un foglio. C’è scritto che ringrazia la UAE Emirates, soprattutto Gianetti e Matxin, che la squadra gli ha dato tanto… E chiude questa lettura dicendo: «Non risponderò più a domande sui miei tempi alla UAE».
Per fortuna, però, con le domande successive gli animi si sciolgono e rispetto a come si era presentato lo spagnolo appare decisamente più disponibile e anche sereno.

Nel media day della Lidl-Trek è senza dubbio lui quello più atteso. La vera novità. Di fatto non aveva più parlato dai mondiali in Rwanda. La prima cosa che rivela è il suo calendario. «Il Tour de France è il grande obiettivo 2026. Andrò in altura sul Teide, quindi inizierò con Algarve, Parigi-Nizza, Paesi Baschi, Freccia Vallone, la Liegi-Bastogne-Liegi e il Delfinato».

Juan Ayuso
I ragazzi e le ragazze della Lidl-Trek sono usciti alla spicciolata. Ayuso è stato tra i primi a partire e tra gli ultimi a rientrare
Juan Ayuso
I ragazzi e le ragazze della Lidl-Trek sono usciti alla spicciolata. Ayuso è stato tra i primi a partire e tra gli ultimi a rientrare

La Lidl è già casa

E quindi si guarda subito avanti. Anzi, al presente. E’ il presente dei primi approcci con la nuova squadra. Per patron Luca Guercilena e il suo staff, Juan Ayuso rappresenta una vera sfida. Se si riuscirà a smussare il carattere forte di questo atleta – che è forte anche grazie a quel carattere – allora il manager milanese avrà messo a segno un altro grande colpo.

«Sono davvero felice di essere qui – ha detto Ayuso – è stato un lungo percorso per arrivare in questa squadra. La mentalità è quella giusta, mi sono subito sentito a casa e la prima cosa che ho fatto è stata quella di lavorare. Ho subito cercato di essere concentrato soprattutto in questi primi giorni del ritiro qui a Denia. Perché nel ritrovo che abbiamo fatto in Germania è stata più una riunione di squadra, per divertirci e relazionarci».
A proposito di relazioni: Larrazabal, capo dei tecnici, ci ha detto che ad introdurlo è stato Mads Pedersen, il vero leader della Lidl-Trek. Lo ha letteralmente preso sottobraccio.

«Qui sono giorni intensi e anzi, grazie anche per avermi aspettato. Era il primo giorno in cui mi sono potuto allenare bene per davvero per questo ho fatto tardi. La squadra è molto felice di avermi qui e cercherò di ripagarla dando il mio massimo.
«I rumors che mi volevano alla Movistar? Chiaro, quelli ci sono sempre: uno spagnolo nella più grande squadra spagnola… è anche marketing. Ma in realtà quando mi ha contattato Luca (Guercilena, ndr) tutto è andato molto velocemente perché ci capiamo alla grande. Devo ringraziarlo per l’opportunità che mi sta dando e per credere in me».

Juan Ayuso
In questi giorni lo spagnolo è stato pizzicato in allenamento con la nuova bici, la Trek Madone, sapientemente di colore nero e senza scritte per questioni di sponsor (foto Instagram)
Juan Ayuso
In questi giorni lo spagnolo è stato pizzicato in allenamento con la nuova bici, la Trek Madone, sapientemente di colore nero e senza scritte per questioni di sponsor (foto Instagram)

Tra fiducia e ambizione

Sentire Ayuso parlare di fiducia è insolito. Lui sembra sempre non scalfirsi mai, ma forse il solo fatto di aver cambiato ambiente ha modificato qualcosa in lui. Che si senta leader non c’è dubbio, che sia al centro di un progetto è qualcosa di nuovo anche per lui. In UAE chiaramente non poteva esserlo.

«Sono un uomo da corse a tappe – va avanti Ayuso – e sono un uomo molto ambizioso. Vogliamo essere competitivi nei Grandi Giri. Vero c’è anche Mattias Skjelmose: ci capiremo, ci aiuteremo. Ho trovato una squadra molto aperta, dove si parla e si ascolta. Una delle cose che più mi ha colpito della Lidl-Trek è l’etica del lavoro. Ho suggerito alcune cose. C’è grande supporto, ad alto livello, in ogni settore. Per esempio, ho già lavorato in galleria del vento, cosa che prima non avevo fatto».

Il clima si fa più disteso domanda dopo domanda. Ayuso si apre. E sembra farlo con sincerità. Risponde in modo netto, ma al tempo stesso cerca le parole più giuste. A chi gli chiede se vincerà il prossimo Tour de France risponde sicuro.

«Penso che non sia impossibile – dice – però bisogna anche essere realisti. Dobbiamo sapere dove siamo e contro chi lottiamo. Il nostro è un progetto a lungo termine. Tra l’altro io non ho mai fatto un Tour de France per me stesso in ottica classifica, quest’anno sarà la prima volta. E come primo passo dobbiamo puntare al podio. Chiaro che se ci dovessero essere opportunità per vincere cercheremo di sfruttarle. Ma se Tadej (Pogacar, ndr) mantiene il livello che ha, anche per il 2026 c’è poco da fare. È il miglior corridore del mondo. E poi il vero leader del Tour sarà Mads Pedersen: non ha mai vinto la maglia verde e questo è un obiettivo».

Juan Ayuso
Ridurre il gap con Pogacar: questo è uno dei maggiori obiettivi di Ayuso
Juan Ayuso
Ridurre il gap con Pogacar: questo è uno dei maggiori obiettivi di Ayuso

Ayuso come Remco

Ayuso, come Remco, si trova al centro di un progetto grande e ambizioso, un progetto che inevitabilmente finirà per mettergli pressione. Anche lui come Remco ha il suo Lipowitz, che è Skjelmose. E anche lui viene da un 2025 non proprio superbo. Il tema pressione quindi è centrale per entrambi. Ayuso dice che non la sente e che qui si sente già a suo agio. Chiaramente le cose saranno diverse quando inizieranno le gare.

«Quello che voglio – spiega lo spagnolo – dal 2026 non è questa o quella corsa, ma continuare a migliorare. Ho cambiato allenatore, direttore sportivo, bici, team… Voglio fare un passo in avanti, magari due. Voglio divertirmi in un nuovo ambiente in cui mi sento il benvenuto. Poi, se guardo indietro, nel 2023 ho avuto una malattia che mi ha fatto stare due mesi senza pedalare. Nel 2024 ho avuto il Covid nel pieno del Tour, mi sono ritirato e non sono tornato al mio livello. Nel 2025 sapete com’è andata… Quindi spero prima di tutto di avere una stagione regolare nella quale poter mantenere il mio livello tutto l’anno e non solo per pochi mesi».

Tappa 20 della Vuelta. Sulla Bola del Mundo l’ultima corsa di Ayuso con la maglia della UAE
Juan Ayuso
Tappa 20 della Vuelta. Sulla Bola del Mundo l’ultima corsa di Ayuso con la maglia della UAE

Sognando il Tour

Ayuso è un fiume in piena. Continua a ringraziare per la fiducia che gli è stata data e promette massimo impegno. Migliorare per lui resta un dogma e, tutto sommato, ha anche ragione.

«Alla fine ho solo 23 anni – dice – a ogni stagione continuo a migliorare. Vingegaard, Remco, Pogacar… Loro sono tutti nomi che ancora sono sopra a me. Ma ogni anno gli sono più vicino. Credo che alla fine sia in parte una progressione naturale e in parte una progressione che dovrò fare con il supporto del team. Ed abbiamo tutte le carte in regola per farlo.

«Qual è il mio sogno? Vincere il Tour de France. Parlare di sogni è sempre difficile, un sogno è qualcosa di molto grande. Quando ne parli poi, in tanti sono critici, alcuni ti ridono anche in faccia, ma io ho grandi speranze e, come ho detto, sono una persona molto ambiziosa. A volte ottimista, ma sempre realistica. Ed è quello che mi aiuta ogni mattina a lavorare di più».

Alessandro De Marchi, ritiro dicembre 2025, Denia, Team Jayco AlUla, direttore sportivo (immagine Instagram)

Fra De Marchi e l’ammiraglia è già scoppiato l’amore

12.12.2025
6 min
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La prima differenza rispetto a quando correva non ha nemmeno bisogno di dircela, dato che il 12 dicembre si trova in vacanza con sua moglie Anna a Berlino e i bimbi sono rimasti a casa. Lo scorso anno di questi tempi, Alessandro De Marchi era reduce dal primo training camp di Denia e a quest’ora sarebbe stato lì a macinare chilometri con il cruccio del peso forma. A Denia c’è andato anche quest’anno, sempre nello stesso hotel, però nei panni del direttore sportivo. E la valigia e le giornate gli sono parse (ed effettivamente sono state) completamente diverse.

Lo intercettiamo durante un tragitto in tram verso le vestigia del Muro, poi dice che andrà a visitare un carcere della Stasi. E intanto, avendolo lasciato a Buja da corridore all’ultimo atto e avendo visto sui suoi social una serie di foto della nuova vita, ci facciamo raccontare come proceda. Scusandoci con Anna, che speriamo vorrà capire!

«Stavolta siamo fuggiti – sorride il friulano – abbiamo fatto il ritiro relativamente presto e poi via. Altre volte siamo partiti a dicembre, ma non era una vacanza. Mi seguivano a Gran Canaria, quindi io mi allenavo. Era sicuramente una situazione piacevole, ma non era una vacanza. Mentre questa è davvero la prima che facciamo senza figli. In ritiro ho fatto dieci giorni belli pieni, sono stato anche un po’ più a lungo, perché servivano dei direttori per seguire gli allenamenti negli ultimi giorni e mi sono offerto di restare, anche per entrare nella parte».

De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
De Marchi sta trascorrendo qualche giorno di vacanza a Berlino con sua moglie Anna. Qui alla Porta di Brandeburgo
Quando hai avuto la certezza che questo sarebbe stato il tuo futuro nella Jayco AlUla?

Ne parlavamo da un po’, però la certezza vera l’ho avuta in questa stagione. Avevo già fatto il corso nel 2024, mi ero portato avanti. E con Brent (Copeland, il team manager della squadra, ndr) all’inizio del 2025 abbiamo iniziato a dare una forma quello che ci eravamo già detti. Quando sono arrivato qui alla Jayco-AlUla, questa era una delle ipotesi che si era messa sul tavolo. Così durante i primi sei mesi dell’anno ci siamo allineati e ora eccomi qua.

Questo significa che durante l’ultimo anno da corridore hai iniziato a esercitare lo sguardo da direttore?

In realtà è una cosa che ho sempre fatto, ma nella seconda parte della stagione ho iniziato a sbirciare, a guardare, a seguire certi ragionamenti sulla logistica e su aspetti più pratici. Non ero ovviamente coinvolto in decisioni legate ai corridori, però ho iniziato ad avvicinarmi e a confrontarmi.

Sei partito senza lo zainetto con il casco e gli scarpini. Che effetto fa?

Una valigia leggerissima. L’unica cosa che ho messo di extra – un po’ per curiosità e un po’ per necessità – sono state le scarpe da running. Mi sto adeguando alle abitudini dello staff, dato che correre a piedi è la cosa più facile per tenersi in forma quando sei in giro. Perciò ho iniziato, ma finora con risultati abbastanza scarsi. Le scarpe, quindi, e per il resto la divisa casual della squadra e nessun completino da bici.

Il salone di Monte Buja si è animato dalle 18, fra immagini di gara, racconti di De Marchi, vino e buon cibo
A fine ottobre, avevamo lasciato De Marchi a Buja fra la sua gente nella festa di addio alle corse
Il salone di Monte Buja si è animato dalle 18, fra immagini di gara, racconti di De Marchi, vino e buon cibo
A fine ottobre, avevamo lasciato De Marchi a Buja fra la sua gente nella festa di addio alle corse
I tuoi ex compagni come l’hanno presa?

Molti sorrisi, quando mi hanno visto. Hanno detto che adesso le cose cambieranno ed erano sorpresi, nonostante sapessero che questa cosa sarebbe successa. Scherzando, ho iniziato subito a mettere i puntini sulle “i”, dicendo che non possono più chiamarmi “Dema”, ma voglio essere chiamato “direttore” (ride, ndr).

Aspettarli in cima alla salita e seguirli in macchina ti è parso tanto strano?

Moltissimo, perché il ritiro si è svolto a Denia, nell’hotel che ho frequentato sin dagli anni della BMC, per un secolo in pratica. Perciò questa novità si è sovrapposta a una serie di luoghi che conosco alla perfezione, ma sempre visti da un punto di vista completamente diverso. Questa è stata una cosa che ho subito percepito. E poi ovviamente gli allenamenti, il fatto di seguirli in macchina, è stata una cosa abbastanza strana. Non dico così spiazzante, però ho pensato che dovrò crearmi dei nuovi riferimenti. Dove aspettarli, dove seguirli, dove assecondarli quando si fermano. Ho percepito subito che il vero trucco di questo ruolo sia creare un rapporto molto stretto con i corridori.

Non dovrebbe essere un problema, dato che fino a due mesi fa eri uno di loro.

Questo aspetto è venuto fuori anche nei tre giorni iniziali dedicati ai meeting fra direttori sportivi. Mi sono trovato in una situazione molto strana, perché sono venuto a contatto con la loro visione della stagione e dei singoli, che a volte non combaciava con quella che avrei avuto io da corridore. Una cosa che durerà forse per quest’anno, poi ovviamente andrà un po’ a sparire. Però, da quello che ho capito, il gruppo dei direttori sportivi vuole sfruttare questo aspetto.

Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole
Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole (immagine Instagram)
Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole
Una grande differenza rispetto al De Marchi dello scorso anno è la possibilità di mangiare quel che vuole (immagine Instagram)
Hai avuto un pizzico di nostalgia della vecchia vita?

No, perché quei dieci giorni mi sono piaciuti proprio tanto. Mi sono trovato bene, ero felice di essere dall’altra parte. Poi è ovvio che se vedi il termometro che indica 20 gradi e strade molto belle, vorresti avere una bici e pedalare. Quello mi manca, ma non mi manca la gara, pesare il cibo e tutte queste cose.

Probabilmente a tavola hai notato altre differenze…

Ho percepito il piacere di non avere l’assillo di pensare esattamente a cosa mangiare e pianificarlo: quello era diventato impegnativo. E nonostante, ad esempio, come staff non avessimo un buffet incredibile, ho apprezzato di poter mangiare quel che trovavo. Sembra una stupidaggine, ma è stato come liberare lo spazio nella mente. 

Sai già con quali corridori lavorerai?

Con Covi e Conca. Gli ho detto che li disturberò una volta a settimana per sentire cosa hanno da raccontare e per mantenere un certo tipo di rapporto, ma siamo ancora in una fase tranquilla. Il grosso sicuramente inizierà con gennaio.

La squadra ha rinnovato i quadri tecnici: riesci facilmente a interfacciarti con tutti?

Capire quali siano i meccanismi forse è stata la cosa più delicata. Per mantenere un certo ordine, una certa efficacia in ogni aspetto, devi riuscire a comprendere chi si occupa di cosa, a chi devi chiedere le cose. C’è un certo tipo di sequenza nel processo ed è un aspetto che dovremo affinare ancora. Però rispetto al passato si è fatto un grosso passo in avanti e ce ne siamo resi conto in questi due mesi di lavoro dietro le quinte e poi arrivando in ritiro. Il cambio di rotta è stato apprezzato, c’è più ordine nella gestione delle cose che forse era mancato nell’ultimo periodo.

De Marchi è del 1986 ed è stato professionista dal 2011 al 2025. Il passaggio sull’ammiraglia segue uno sviluppo piuttosto logico
De Marchi è del 1986 ed è stato professionista dal 2011 al 2025. Il passaggio sull’ammiraglia segue uno sviluppo piuttosto logico
Riuscirai a tradurre in pratica le osservazioni che muovevi da corridore?

In questi mesi, come ho detto prima, mi sono messo dall’altra parte. Ho cercato di guardare le cose dal loro punto di vista, ho già fatto notare aspetti legati a certe fasi della gara, certe fasi di preparazione e di post-gara. Quindi il debriefing e aspetti simili, che hanno spazio per essere migliorati. Aspetti che mi sono stati chiesti nei meeting e che avevo già iniziato a condividere con Gene Bates, il nuovo sporting manager. Sarà una cosa che cercherò di fare, penso sia utile, almeno finché ho la mente fresca da corridore. Poi non tutte le cose verranno accettate o condivise, però è importante metterle lì e ragionarci sopra.

Si respira aria nuova?

Abbiamo fatto un vero brain storming e da tutti quanti sono arrivati un sacco di impulsi e di suggerimenti. Abbiamo voglia di dare una bella svolta e certamente io non farò mancare il mio apporto.

Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025

De Cassan: la strada per il rilancio passa dalla General Store

12.12.2025
4 min
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Due stagioni con la Polti VisitMalta, assaporando e imparando a muoversi nel mondo dei professionisti. Al termine di questi due anni però per Davide De Cassan di spazio nel team di Ivan Basso non ce n’era più, allora tocca rimboccarsi le maniche e ripartire. I colori questa volta sono quelli della General Store-Essegibi-F.lli Curia di Daniele Calosso, che lavora insieme a Paolo Rosola e gli altri membri dello staff. 

«E’ da un mese o poco meno – racconta Davide De Cassan – che ho ripreso ad allenarmi in maniera seria. Dopo aver chiuso la stagione con la Veneto Classic, il 19 ottobre scorso, mi sono fermato per due settimane. Po ho ripreso con calma a fare movimento, ma nulla di che: camminate e un po’ di mountain bike. Dalle mie parti, a Cavaion Veronese, c’è il Monte Moscal che ha diversi percorsi adatti al fuoristrada o alle camminate. Niente di impegnativo, ma un’oretta o due di pedalata vengono sempre fuori».

Davide De Cassan, camminate, montagna
Davide De Cassan al termine della stagione si è concesso un po’ di riposo con delle camminate in montagna (foto Instagram)
Davide De Cassan, camminate, montagna
Davide De Cassan al termine della stagione si è concesso un po’ di riposo con delle camminate in montagna (foto Instagram)

Distarsi

Davide De Cassan racconta, i due anni con la Polti VisitMalta sono passati velocemente e la notizia del mancato rinnovo non è arrivata direttamente dal team. Il veneto, piano piano, ha capito di essere sempre più a margine dei progetti della formazione professional. L’ultima stagione, iniziata a fine gennaio scorso in Spagna, è stata lunga e impegnativa.  

«Fare qualcosa di diverso dal solito andare in bici – ci dice ancora De Cassan – mi ha aiutato a sgomberare la mente. Il 2025 è stato un anno impegnativo, con tante gare, e il dispendio di energie fisiche e mentali si è fatto sentire. Inoltre ho dovuto cercare un’altra squadra, diciamo che avevo bisogno di resettare tutto».

Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
De Cassan ha corso per due stagioni con la Polti VisitMalta, dopo essere stato stagista nel 2023
Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
De Cassan ha corso per due stagioni con la Polti VisitMalta, dopo essere stato stagista nel 2023
Cosa ha reso questa stagione così impegnativa?

La caccia ai punti ha messo un’ansia collettiva a tutto il gruppo. E’ un aspetto che nel primo anno non avevo riscontrato, complice il fatto di essere partiti davvero bene. Mentre nel 2025 la frenesia è aumentata parecchio, questo si è tradotto in scelte più ponderate e pesate da parte del team una volta in corsa.

Pensi questo abbia condizionato il tuo percorso di crescita?

No. Penso sia stato un pensiero più legato ai diesse e allo scegliere i corridori giusti per ogni gara. 

Quando è arrivata l’accordo con la General Store-Essegibi-F.lli Curia?

Una volta appresa la notizia che non avrei proseguito con la Polti VisitMalta, ho iniziato a cercare una sistemazione per il nuovo anno. La voglia non è mai mancata, tanto che mi sono allenato anche nelle due settimane in cui non avevo un contratto in mano. E’ stato un fine stagione strano, perché molti team hanno chiuso, altri si sono trasformati o uniti, quindi di corridori senza certezze per il prossimo anno ce n’erano tanti. Nel cercare ho guardato anche alle continental e ho trovato la General Store, che tra l’altro è dietro casa.

Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
In questi due anni De Cassan ha messo insieme 112 giorni di corsa
Davide De Cassan, Polti VisitMalta 2025
In questi due anni De Cassan ha messo insieme 112 giorni di corsa
Hai detto di non aver perso la voglia, cosa ti spinge a ripartire?

Desidero fare un anno nel quale provare a rilanciarmi. Sono comunque giovane, a gennaio farò ventiquattro anni. Certo, non ho l’età dei fenomeni che escono ora dalla categoria under 23, ma a livello complessivo ho tanto da dare. La cosa bella è che in General Store mi hanno accolto benissimo, conosco già molta gente che fa parte dello staff. Lo stesso Paolo Rosola lo conosco da tanti anni. E’ una squadra che sta crescendo tanto, sia per struttura ma anche nel calendario. 

Essere al secondo anno elite ti spaventa?

No, ho fiducia che lavorando al meglio si possa arrivare a buoni livello. Certo tra una continental e una professional ci sono delle differenze, ma credo nel lavoro dei singoli e sono pronto a dimostrare che se un atleta lavora bene può fare tutto. E’ una scommessa mia ma anche del team. 

Davide De Cassan, Polti VisitMalta, Il Lombardia 2025
Il veneto ha corso per due volte Il Lombardia e la Strade Bianche
Davide De Cassan, Polti VisitMalta, Il Lombardia 2025
Il veneto ha corso per due volte Il Lombardia e la Strade Bianche
Cosa ti rimane dei due anni in Polti?

Tanta esperienza e una crescita importante, ho corso in gare come la Strade Bianche e Il Lombardia. Non ci sono solo le corse, ma anche un mondo che gira intorno alla prestazione: viaggi, organizzazione, logistica. L’obiettivo è tornare in quel mondo, da oggi fino al 22 dicembre sarò al primo ritiro con la General Store, in Spagna. Poi torneremo anche a gennaio per altre due settimane di lavoro. Mi aspetta un anno decisivo e voglio farmi trovare pronto.

Astana Proteam 2016 - Training Camp Calpe, Giuseppe Martinelli

Il Giro a settembre è più di una chiacchiera da bar

12.12.2025
5 min
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Vi è mai capitato che qualcuno molto più giovane di voi vi abbia proposto di fare qualcosa di diverso e per tagliare corto gli abbiate risposto di no, perché si è sempre fatto così? Quando Tadej Pogacar ha detto che secondo lui sarebbe opportuno invertire le date del Giro e della Vuelta, il ciclismo ha reagito allo stesso modo.

«Il Giro ha date tradizionali – ha detto Paolo Bellino, direttore generale e amministratore delegato di Rcs Sport& Events –  e non vogliamo che vengano cambiate. Ogni Grande Giro ha una sua storia e un suo significato, in parte determinati dalla posizione del calendario. Il Giro si è svolto 107 volte nel mese di maggio. L’unica eccezione è stata durante la pandemia di coronavirus, un periodo unico per il mondo intero, in cui abbiamo dovuto fare tutto il possibile per salvare la stagione».

Risposta prevedibile, anche se il riferimento al Giro del 2020 ci ha riportati con la memoria a una delle edizioni più belle vissute da addetti ai lavori. Sarà perché profumava di liberazione dal Covid o perché stava per andare online bici.PRO, ogni volta che con Filippo Lorenzon ci troviamo a ricordare quel Giro vissuto assieme, si finisce sempre col dire che fu bellissimo. Si riuscì persino a fare lo Stelvio, nonostante fosse cattivo tempo, mentre lo scorso anno a maggio lo Stelvio ci fu vietato dalla neve.

Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Il Giro del 2020 si corse in pieno autunno: giornate molto belle e lo Stelvio affrontato il 22 ottobre era senza neve
Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Stelvio, Giro d'Italia 2020
Il Giro del 2020 si corse in pieno autunno: giornate molto belle e lo Stelvio affrontato il 22 ottobre era senza neve

Le resistenze degli italiani

Così per tornare sul tema proposto da Pogacar, ci siamo rivolti a Giuseppe Martinelli. Uno che di Giri ne ha visti più di noi e, come noi, ricorda quando la Vuelta si correva ad aprile (fino al 1994) e l’UCI propose loro e agli italiani – uno a scelta – di spostarsi a settembre. Gli spagnoli accettarono e il nuovo assetto del calendario prese il via.

«Tu sai che gli italiani di partenza – dice – fanno sempre fatica a capire al volo le opportunità. Sono abbastanza tradizionalisti. Quando l’UCI chiese di fare quel cambiamento, anche io sarei stato abbastanza restio a dire sì. Però con i tempi attuali e con le stagioni che sono venute fuori, i campioni, le strategie e tutta una serie di altri fattori, adesso come adesso forse sarebbe sicuramente più facile organizzare il Giro a fine agosto, trovare grandi corridori e fare le salite. Senza contare che la primavera si è portata un pochino più avanti e negli ultimi anni maggio è stato il mese più brutto».

Rominger vinse l'ultima Vuelta di aprile: vinse di seguito dal 1992 al 1994
Rominger vinse l’ultima Vuelta di aprile: trionfò dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Rominger vinse l'ultima Vuelta di aprile: vinse di seguito dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Rominger vinse l’ultima Vuelta di aprile: trionfò dal 1992 al 1994 (qui in azione nel 1993)
Sono chiacchiere da bar, Martino, ma c’è del vero. Hai parlato dei corridori…

Vedi anche adesso Remco e non capisco come sia possibile che non pensi più al Giro che al Tour. Però il Tour è una macchina da guerra e, se non ti chiami Pogacar e vuoi fare bene in Francia, il Giro non lo puoi fare. Non c’è niente da aggiungere. Inutile dire che vieni qua, ti prepari e magari vinci, poi vai al Tour. Se vinci il Giro sei bravo, poi però vai in Francia e ti lasciano lì come una pelle di fico.

Maggio è uno dei mesi più brutti e infatti ormai si è rinunciato a fare certe salite molto alte…

Negli ultimi anni che facevo il direttore sportivo, le salite andavo a provarle più a ottobre e novembre, che a marzo e aprile. A primavera trovavi sempre la neve, mentre a ottobre e novembre trovavi bellissime giornate. Almeno fino a quando hanno presentato il Giro, lasciandoti il tempo per muoverti. Credo che la Vuelta a maggio sarebbe molto meno calda, ma avrebbero anche loro il problema della neve in alto. Per questo credo che a loro lo scambio forse non piacerebbe. Anche perché negli ultimi anni, i corridori buoni vanno in Spagna e c’è sempre battaglia. Qualcuno prepara i mondiali, c’è chi ha saltato la stagione per qualche motivo, mentre qualcuno deve rimetterla in gioco. Mi ricordo invece quando la Vuelta era ad aprile e dalla Spagna arrivavano direttamente nelle Ardenne. Chi correva in Spagna quasi mai faceva il Giro e per i pochi che ci provavano, era veramente difficile.

Oggi è anche peggio: difficilmente fai una corsa per trovarti pronto nella successiva…

Chi prepara una corsa e punta al risultato pieno, non va a cercare la condizione nelle corse prima. Adesso si va lì e si fa la gara, preparandola a casa e facendo semmai una corsa in meno. Ormai dei grandi chi fa il Romandia per preparare il Giro? Quasi nessuno, mentre prima era quasi un percorso obbligato andare al Romandia o al Giro del Trentino, che ora è Tour of the Alps. Vanno in altura e arrivano alla partenza già tirati a lucido.

Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Wiggins, vincitore uscente del Tour, Nibali in caccia della prima rosa. Nel 2013 si sfidarono prima al Trentino
Pensi che stando così le cose, Vingegaard verrebbe al Giro di maggio?

Secondo il mio punto di vista, al di là di avere un campione qui in Italia, sarebbe la normalità farlo venire al Giro. Non tutti però la pensano come noi e al contrario pensano che il Tour possa vincerlo chiunque, ma il Tour purtroppo lo vince uno, che c’è già. Se Vingegaard non viene al Giro, vuol dire che non gli importa molto di vincere le corse, senza contare che conquisterebbe la Tripla Corona prima di Pogacar, che in sé sarebbe un evento. Non so come ragionano, ma io con le mie squadre volevo vincere: che fossero corse grandi oppure le piccole. Se poi qualcuno ritiene che sia un disonore vincere il Giro d’Italia e partecipare al Tour senza essere al 100 per cento, allora non so cosa pensare.

Di certo il Giro a settembre avrebbe quelli che non hanno vinto il Tour. Mentre la Visma quasi neppure ha celebrato la vittoria di Yates: il Tour con Vingegaard ha coperto tutto.

Sicuramente passa tutto velocemente e rimane soltanto il Tour che sa far parlare. Le altre corse, a parte la Sanremo e alcune altre classiche, ormai sono corse di passaggio. Anzi qualcuna nemmeno la considerano più. Se non ci va Pogacar, il Catalunya perde tantissimo. Stesso discorso per i Paesi Baschi, che erano una signora corsa. Adesso passa in silenzio, che quasi non sai chi l’ha vinta. In più c’è il discorso dei punti. Nell’ultimo anno del triennio, hanno deviato tutti sulle corse più a portata di mano, dove magari sapevano di non fare risultato, ma di prendere punti.

Forse la vera provocazione sarebbe proporre al Tour di cambiare la data col Giro?

La vedo dura. E’ il Tour che fa il calendario, il Tour non si tocca…

Pellizzari

E Pellizzari? Meno “bimbo” e primi passi da leader

12.12.2025
6 min
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PALMA DE MAIORCA (Spagna) – «Vero, abbiamo preso Remco Evenepoel e vogliamo vincere, ma il nostro progetto guarda anche al futuro. Per questo annuncio che abbiamo prolungato i contratti di Giulio Pellizzari, Lorenzo Finn e Florian Lipowitz. Crediamo molto in loro. In particolare Giulio è un atleta fortissimo, con grandi margini e il compagno di squadra che tutti vorrebbero avere». Così ha esordito Ralph Denk nel media day indetto l’altroieri dalla Red Bull-Bora-hansgrohe di cui è team manager. La sua squadra nei corridoi del WorldTour ormai è considerata una delle corazzate. Sentir nominare due ragazzi italiani ci ha dato grande speranza.

Ma soprattutto questo annuncio e questa presa di posizione decisa del manager tedesco ci ha confermato la sensazione che si respirava vedendo Pellizzari con gli altri compagni. Vale a dire che ormai è un big. Lo si vede da come si muove e da come è considerato… e lo è ancora di più dopo le parole sempre di Denk: «Al Giro ci andiamo con due leader, Hindley e Pellizzari». Insomma, l’investitura è completa ed ufficiale adesso.

Giaccone nero lucente come va di moda in questo periodo, i maggiori sponsor in bella vista e il solito sorriso. Due sedie, una di qua e una al di là di una Specialized lasciata in mezzo allo stanzone della conferenza, e inizia la nostra intervista con il marchigiano.

Pellizzari, Finn
Le due speranze italiane forse maggiori in ottica futura: Pellizzari con Finn. I due si conoscono ancora poco (foto Maximilian Fries)
Pellizzari, Finn
Le due speranze italiane forse maggiori in ottica futura: Pellizzari con Finn. I due si conoscono ancora poco (foto Maximilian Fries)
Giulio, sei diventato uno importante, insomma…

Sì dai, alla fine abbiamo rinnovato quindi saremo insieme qualche anno in più. La cosa bella è che c’è fiducia da parte del team e di questo sono particolarmente contento. Soprattutto perché questa fiducia la sento per davvero.

Parlando con atleti e staff, ci dicono che l’atmosfera è cambiata, che è più rilassata nonostante l’arrivo di un super big quale Remco Evenepoel. Confermi?

Devo essere sincero, essendo stato male sono arrivato qui giusto un paio di giorni fa, quindi ancora non ho visto com’è l’ambiente, però posso dire senza ombra di dubbio che siamo un bel gruppo. C’è affiatamento e le cose sembrano funzionare bene.

Ti senti uno di quelli importanti adesso?

Sì, è cambiato. Sicuramente è cambiato, non mi nascondo. Però sono tranquillo. E rispetto all’anno scorso ho più amici.

Pellizzari, Hindley e Aleotti: questo piccolo gruppo della Vuelta probabilmente si ricomporrà al Giro 2026
Pellizzari, Hindley e Aleotti: questo piccolo gruppo della Vuelta probabilmente si ricomporrà al Giro 2026
Cosa significa che hai più amici?

Un anno fa ero appena arrivato ed ero un po’ intimorito dalle storie che nelle squadre WorldTour non c’è gruppo e che i rapporti sono freddi… Poi man mano ho visto che sì, le cose sono diverse, però non è proprio così freddo. Adesso ho tanti amici corridori e soprattutto gente nello staff. E questo ti fa sentire più a tuo agio.

Con chi hai legato di più tra i corridori?

Con il gruppo italiano… scontato dirlo! Poi ho legato tanto con Maxime Van Gils e tantissimo con Jordi Meeus.

E’ vera la voce che ti sarebbe piaciuto fare il Tour de France?

No, no assolutamente! Anzi, sono stato io a chiedere al team di fare il Giro d’Italia. E ne sono contentissimo. Anche l’anno scorso lo avevo chiesto ma all’inizio non mi avevano accontentato. Allora quest’anno ho pensato: gli chiedo di fare il Tour così mi fanno fare il Giro! Invece ho chiesto il Giro… ed è andata bene!

Pellizzari
Pellizzari e Hindley guideranno la Red Bull-Bora al prossimo Giro d’Italia
Pellizzari
Pellizzari e Hindley guideranno la Red Bull-Bora al prossimo Giro d’Italia
Sei stato designato ufficialmente come uno dei leader per la prossima corsa rosa…

Sì, ma senza pressioni…

Ma la storia del “senza pressioni” cambierà prima o poi! Vieni da un’ottima stagione, non ti puoi più nascondere…

Voglio dire che lo correrò da leader assieme a Jai (Hindley, ndr)… A proposito, anche lui è uno di quelli con cui ho legato molto, ma in generale direi con tutto il gruppo dell’ultima Vuelta. Con Hindley mi trovo davvero bene, quindi non vedo l’ora di dividere con lui la leadership.

Sapere di iniziare la stagione come vero leader ti dà più stimoli?

Sì, sì… sono contento. Magari un po’ scaramantico, per questo non mi sento di dire troppo. So che dovrò lavorare bene e sono pronto a farlo.

Che ne pensi del percorso della corsa rosa? Cosa ti sembra?

Ammetto che non l’ho visto particolarmente bene, però mi piace tanto la tappa del Blockhaus, soprattutto perché è lunga. In questi anni ho notato che mi trovo bene nelle tappe lunghe e con più dislivello. Vedo che magari dalla quarta alla quinta ora in poi inizio ad andare meglio, quindi arrivando sul Blockhaus dopo 250 chilometri… quella potrebbe essere una tappa adatta a me. E poi mi piace tanto anche quella dolomitica: quella col Giau.

Pellizzari
Il lavoro a crono sta proseguendo ha detto Pellizzari. Qui il body usato alla Vuelta e “incriminato” dalla galleria del vento
Pellizzari
Il lavoro a crono sta proseguendo ha detto Pellizzari. Qui il body usato alla Vuelta e “incriminato” dalla galleria del vento
La cronometro di Viareggio invece è molto lunga: come la vivi?

Vero, ma alla fine la crono è un tipo di sforzo che mi piace. In autunno sono stato in galleria del vento a San Francisco nel centro di Specialized. Ho lavorato un po’ sulla posizione per guadagnare qualche watt e soprattutto abbiamo scoperto che il body che avevo nella crono della Vuelta, quello bianco di miglior giovane, non era veloce. Anzi, a dire il vero era molto lento e questo mi ha dato morale. Insomma c’è solo da lavorarci su e non vedo l’ora di farlo perché questo settore mi piace tanto.

Hai cambiato qualcosa a livello tecnico? Qualche ritocco sulla posizione?

Ho cambiato la sella, non che avessi particolari problemi con il precedente modello ma ne abbiamo individuata una più performante. Quella dell’anno scorso era un po’ più da standard, quest’anno ne ho scelta una che è un po’ più larga dietro e ho notato che mi aiuta quando sono a tutta e devo spingere. Mi sostiene di più, soprattutto in salita… Poi devo essere sincero: l’ho usata pochissimo. Sono due mesi che non vado in bici…

Pellizzari
Un lungo off season per Giulio. Ideale per ricaricare le pile. In questa fase c’è stato spazio anche per una partita del Milan a San Siro con Piganzoli
Pellizzari
Un lungo off season per Giulio. Ideale per ricaricare le pile. In questa fase c’è stato spazio anche per una partita del Milan a San Siro (con il fratello e Piganzoli)
Due mesi! È tanto…

Sì, ma è vero. Ho fatto un mese di vacanze, poi sono stato due settimane a Livigno, dove ho fatto sci di fondo e poi, una volta sceso da lì, sono stato male quindi devo ancora ricominciare veramente.

Sei troppo sereno! Ma al tempo stesso più maturo…

Eh sì – sorride Giulio – sarà che quest’anno mi sento meno spaesato. Quando vado via con la squadra sono contento e non vedo l’ora di partire e questo fa tanto per me.

Qual è stata la lezione che ti ha dato questo 2025?

Che se uno lavora bene, si allena in modo corretto, mangia bene, riposa… i risultati arrivano. Poi magari ci può stare la fortuna di turno, ma se hai fatto il tuo prima o poi il risultato arriva. L’ho visto al Giro e alla Vuelta.

A proposito di Vuelta, quanto ti ha dato la vittoria di tappa in Spagna?

Tanto. Diciamo che era dal 2023 che non vincevo, quindi quella sensazione l’avevo persa un po’. È stato bello ma, tornando a casa, ho detto: «Voglio correre perché voglio vincere ancora».