Simoni Dorelan 2003

Simoni: «Oggi lo Zoncolan fa meno paura»

22.05.2021
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Una volta il Monte Zoncolan, arrivo della tappa con partenza da Cittadella, avrebbe fatto davvero paura, come la facevano le salite con punte di pendenza superiori al 20%. Le cose però sono un po’ cambiate, vuoi per l’evoluzione della tecnica (ossia i rapporti da utilizzare), vuoi anche per il diverso modo di interpretare i grandi Giri, vuoi soprattutto per il semplice trascorrere del tempo, come spiega Gilberto Simoni, due volte vincitore del Giro d’Italia

Il trentino è testimone di questo profondo cambiamento in atto: «Il fatto è che le pendenze più aspre non fanno più paura come ai miei tempi…».

Perché?

L’evoluzione tecnica è pesata molto: già quando correvo io iniziò a diffondersi la tripla, ma non era molto amata dai corridori. Il cambio vero c’è stato con l’avvento delle Compact e delle 12 velocità. Fino al 2005 si saliva sullo Zoncolan con 9 rapporti, mettevi davanti il 39 e dietro dal 25 in su. Ogni dente poteva risultare determinante, oggi sicuramente è un po’ più facile il lavoro dei corridori.

Pantani Zoncolan 2003
Un’immagine storica della grande tappa del 2003, con Pantani davanti a Simoni
Pantani Zoncolan 2003
Un’immagine storica della grande tappa del 2003, con Pantani davanti a Simoni
Questo influisce psicologicamente nell’affrontare una salita simile al Giro d’Italia?

Sicuramente, puoi scegliere dal 32 al 39 davanti e anche dietro le possibilità sono molte, soprattutto per prendere il tuo passo e faticare di meno. Ricordo che quando salivamo e la benzina finiva, non riuscivi più a procedere di agilità e iniziavi a zigzagare. Erano però momenti di grande fascino, cercavi di supplire con lo stato d’animo alle forze che mancavano, mettevi tutto te stesso.

Oggi non è così?

La fatica è sempre fatica, questo è chiaro, è uguale per tutti, solo che salite del genere influiscono meno. All’arrivo penso che vedremo una decina di corridori con distacchi inferiori al minuto, questo fa capire che non siamo più di fronte a salite decisive come prima. Una salita così dura farebbe più male in mezzo alla tappa, se qualcuno decide di attaccare e di rendere la frazione selettiva ancor prima della salita finale. Si rischia di andare fuori soglia e quando avviene a grande distanza dal traguardo accumuli minuti.

In una tappa simile è questione solo di gambe o anche di strategia?

La strategia conta tantissimo, diciamo anzi che ormai corse del genere sono affrontate ragionandoci sopra con ampio anticipo, non si agisce più d’istinto. Di una cosa però sono sicuro: lo spettacolo non mancherà, una tappa simile è sempre incerta e affascinante, dal difficilissimo pronostico.

Il russo e la rosa: «Se perdo non mi ammazzano!»

24.04.2021
3 min
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Subito dopo l’Amstel, Battistella fu chiaro: «Noi dell’Astana-Premier Tech, andremo a vincere il Giro con Vlasov». Dopo averlo saputo, Martinelli probabilmente ha dedicato qualche secondo agli scongiuri, poi commentando confermava che il russo sta bene ed ha intorno un bel gruppo di scalatori. «Perché il Giro si decide in salita – ha detto – e segnatamente negli arrivi in salita». E Vlasov cosa dice?

Nell’ultima tappa, il russo ha difeso il podio: era il giorno del suo compleanno
Nell’ultima tappa ha difeso il podio: era il giorno del suo compleanno

Un virus e addio

La sua ultima apparizione al Giro d’Italia non fu felice, interrotta bruscamente il secondo giorno per un virus intestinale che si è trascinato fino alla Vuelta. Dove non ha vinto, ma ha dato grandi segni di vitalità, come il secondo posto sull’Angliru.

«Ho sofferto per una settimana senza poter mangiare – spiegò l’atleta russo – ho perso peso. A chi dice che al Giro avrei potuto stringere i denti, rispondo che non andavo avanti. Tanto che in Spagna il primo giorno ho perso 4’31”. Non stavo ancora bene. Era la prima corsa dopo la malattia e il primo giorno ho trovato subito percorso duro e ritmo alto. Sull’ultima salita sono andato in crisi e addio…».

La sua chance

Il Vlasov che al Tour of the Alps ha festeggiato i 25 anni proprio l’ultimo giorno, appare un atleta molto più solido e una persona equilibrata. Stefano Garzelli ha parlato della sua capacità di vincere. Ma Vlasov al riguardo sembra sufficientemente distaccato.

«Sono stato fino al 13 aprile sul Teide – racconta – e il 19 siamo partiti per il Tour of the Alps. Sono venuto per fare fatica, ma ho scoperto di avere già una brillantezza che non mi aspettavo e questo mi ha dato morale. Per me si tratta di un anno importante. La squadra mi ha dato la fiducia e la grande opportunità di fare esperienza come leader al Giro d’Italia, ma questo non mi stressa. Sono tranquillo. Tanto se va male, non mi uccidono…».

Dopo la crono di Palermo, chiusa a 1’20”, per il russo il ritiro dal Giro d’Italia
Dopo la crono di Palermo, chiusa a 1’20”, il ritiro dal Giro d’Italia

Sullo Zoncolan

Il suo 2021 è cominciato in modo già interessante. Decimo al Tour de la Provence. Secondo dietro Schachmann alla Parigi-Nizza. Terzo al Tour of the Alps, con il secondo di tappa a Pieve di Bono, beffato da Pello Bilbao, rientrato in discesa. Con Martinelli sull’ammiraglia, lo staff dei preparatori che crede fortemente in lui e un’Astana molto competitiva, la curiosità di vederlo al Giro è davvero tanta.

«Abbiamo una bella squadra – dice – motivata e forte. Io credo di essere diverso dal Vlasov che si ritirò lo scorso anno al Giro. Sono un po’ più esperto e probabilmente anche un po’ più forte. Credo che il Giro avrà un giorno decisivo sullo Zoncolan. Martinelli, che è un grande e di cui mi fido ciecamente, mi ha suggerito di fare qualche ricognizione, per cui nei prossimi giorni mi dedicherò proprio a questo e poi tornerò ad allenarmi ad Andorra. Battistella ha anche detto che mi considera quasi italiano. Ha ragione, un po’ mi ci sento anche io. Ho corso tanto da voi quando ero under 23, per questo mi sto avvicinando al Giro con grandissimo rispetto».

Cainero: «Vi spiego perché Friuli uguale Giro d’Italia»

04.03.2021
4 min
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Anche quest’anno il Giro d’Italia attraverserà la pianura, le colline e le montagne del Friuli Venezia Giulia: due tappe in programma, Zoncolan compreso, più una terza con partenza da Sacile. E a luglio si replica: il Giro Rosa si concluderà in terra friul-giuliana, con le ultime due frazioni di gara, che probabilmente raggiungeranno il monte Matajur sulle Prealpi Giulie e le dolci colline del Collio. Il percorso della corsa femminile, però, non è stato ancora definito ufficialmente.

Anche il Giro 2020 è stato in Friuli, con l’arrivo di Piancavallo
Anche il Giro 2020 è stato in Friuli, con l’arrivo di Piancavallo

Patron Cainero

Se nell’ultimo ventennio la più piccola regione del Nord Est italiano ha ospitato spesso la carovana del Giro con percorsi che hanno contribuito a scrivere la storia della corsa rosa – oltre allo Zoncolan è arcinota la salita di Piancavallo – il merito dev’essere riconosciuto a Enzo Cainero, storico deus ex machina del ciclismo professionistico Fvg. Prima di approdare al mondo delle bici da corsa, ha trascorso una vita nello sport: portiere di calcio del Varese dalla fine degli anni Sessanta (ha giocato anche in seria A), dirigente dell’Udinese e del Venezia calcio, poi presidente della squadra di basket di Udine e organizzatore delle Universiadi di Tarvisio 2003 (nella foto di apertura, Cainero premia Chris Froome, vincitore sullo Zoncolan nel 2018, poi della stessa maglia rosa).

Simoni ha domato 2 volte lo Zoncolan: nel 2003, qui sopra, e nel 2007
Simoni ha domato 2 volte lo Zoncolan: nel 2003 e nel 2007

«Il ciclismo è stato sempre la mia passione. Da bambino avere una bici sportiva era un lusso e io ho avuto la fortuna di possederla», racconta Cainero. «Mi ricordo come fosse ieri la mitica tappa del Bondone nel 1956, vinta dal lussemburghese Charly Gaul. Con mio padre eravamo lì ad aiutare i ciclisti assiderati e sfiniti nella bufera di neve fuori stagione che fece entrare nella leggenda quella corsa».

Versante di Sutrio

Tornando all’oggi, Cainero illustra la tappa Cittadella-Zoncolan, quasi interamente in territorio friulano: «I ciclisti percorreranno la pedemontana pordenonese da Caneva a Maniago per poi superare la forcella di monte Rest e scendere in Carnia. Lo Zoncolan quest’anno, dopo 18 anni, sarà scalato dal versante di Sutrio, leggermente meno impegnativo di quello di Ovaro».

Nel 2010 sull Zoncolan, Basso in rosa e tifosi… a tavola
Nel 2010 sull Zoncolan, Basso in rosa e tifosi… a tavola

Passaggio in Slovenia

La salita più impegnativa del ciclismo mondiale (Ovaro-Zoncolan) può attendere. La tappa successiva, Grado-Gorizia, toccherà alcune delle meraviglie della regione – Grado, la laguna di Marano, Aquileia, il Castello di Spessa, il Collio – e renderà omaggio alle due Gorizie (Nova Gorica in Slovenia e Gorizia nella Venezia Giulia) a pochi mesi dalla scelta delle due città come capitali europee della cultura 2025.

«L’itinerario è stato proposto un anno e mezzo fa, ci ho visto lungo», ammette Cainero, che sottolinea anche l’importanza di correre a cavallo di un confine «fino a pochi anni fa armato». Era un tratto della famigerata cortina di ferro che divideva l’Europa occidentale da quella orientale e i due blocchi contrapposti ai tempi della Guerra Fredda.

Già nel 2001 il Giro passò in Slovenia: sarà ancora così nel 2021
Già nel 2001 il Giro passò in Slovenia: sarà ancora così nel 2021

Il primo Zoncolan

Con la Cittadella-Zoncolan e la Grado-Gorizia, sono ventuno le tappe del Giro in Friuli Venezia Giulia dal 2003, tutte proposte e organizzate dal manager friulano. 

«Ho instaurato ottimi rapporti con Rcs, meritando la fiducia degli organizzatori nazionali della corsa rosa», si vanta, giustamente, Cainero. «Diciotto anni fa l’allora direttore Carmine Castellano mi disse: “Se sbagli questa non torneremo più sullo Zoncolan”. E’ andata bene. Da allora non mi sono più fermato e devo ringraziare gli efficientissimi volontari friulani che mi supportano in ogni edizione».

Lo Zoncolan venne affrontato per la prima volta nel 2003
Lo Zoncolan fu scoperto dal Giro nel 2003

Il freno Covid

Si sa che il Giro è anche una vetrina promozionale d’eccellenza per il territorio e per il movimento cicloturistico. Da un anno a questa parte le cose non vanno proprio a gonfie vele per i motivi noti a tutti.

Enzo Cainero conclude la chiacchierata con un auspicio: «Spero che la pandemia ci lasci più liberi dello scorso anno, che possano tornare al più presto i tanti tifosi che affollano le strade della corsa. Perché l’uomo è un elemento imprescindibile in questo sport bellissimo e appassionante».

Zoncolan 2003: dietro Simoni, un duello infinito

18.02.2021
6 min
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Non solo le Tre Cime di Lavaredo. Pare che il Giro d’Italia torni anche lassù, sullo Zoncolan che nel 2003 salutò l’ultimo grande Pantani e si concesse alla furia rosa di Gilberto Simoni. I ricordi sono come vetri rotti. Hanno forme diverse, alcuni sono taglienti, altri sono abbastanza grandi da riflettere le immagini di quel giorno di maggio di quasi vent’anni fa. Non provate a ricomporle, il quadro sarebbe troppo frammentato.

A 1,5 chilometri dalla vetta, Simoni è già da solo
A 1,5 chilometri dalla vetta, Simoni è già da solo

Come l’Angliru

Il Giro sullo Zoncolan, 22 maggio 2003. Con quel nome la salita fa già paura, anche se nessuno c’è mai stato. Si sale da Sutrio e si sussurra che ci sia un versante ancora più duro, che parte da Ovaro, che però non è stato ancora asfaltato.

«Si tratta di un arrivo molto duro – racconta Francesco Casagrande che è andato a vederlo a fine aprile – mi hanno impressionato gli ultimi 3 chilometri impegnativi con tratti al 22 per cento, pari all’arrivo dell’Angliru. Non oso pensare a cosa potrebbe succedere se quel giorno dovesse piovere. I corridori rischierebbero di scivolare indietro, respinti dalla montagna».

Volano caschi

Ma quel giorno non piove. La pioggia è venuta tutta giù il giorno prima a San Donà di Piave, procurando la caduta di Cipollini, che per lo Zoncolan stava già pensando di mettere su strada una mountain bike biammortizzata che allo sponsor avrebbe procurato parecchio piacere e avrebbe permesso a Mario di stigmatizzare certi percorsi troppo duri. E’ l’anno dell’assurda regola per cui il casco puoi toglierlo all’inizio della salita. Così quando il gruppo prende a salire, si assiste a un lancio di caschi anche pericoloso a destra e sinistra della strada.

Mai visto al Giro un finale così ripido come lo Zoncolan
Mai visto al Giro un finale così ripido come lo Zoncolan

«Anche io ero andata a vederla una settimana prima del Giro – ricorda Garzelli – e non si era mai fatta una salita con quelle pendenze. Prima 15 chilometri costanti, poi svolta a sinistra e iniziavano quei 2-3 chilometri durissimi, in un periodo in cui il rapporto più agile che avevamo era il 39×28».

Gibo all’attacco

Simoni ha la faccia da duro, bruciata dal sole. Alla partenza, il suo vantaggio su Garzelli è di appena due secondi. La maglia è ancora appesa a un filo e Gibo è più che mai deciso a difenderla fino alla morte, dopo quello che è successo l’anno prima con la storia delle caramelle colombiane. Sono anni di ciclismo insolito e questa volta il trentino non vuole correre rischi. Per cui all’inizio di quella salita così dura, prende il largo lasciando gli altri dietro a litigarsi l’osso.

Vigilia bagnata

La sera prima, sotto ai pini di San Donà con il profumo di bagnato, i meccanici della Mercatone Uno preparavano le bici Carrera della squadra. Passandoci davanti con Ilario Biondi ci eravamo trovati a pensare quanto fosse strano non fermarsi dal Panta alla vigilia di una tappa così dura. Ma la classifica lo vedeva 14° a quasi cinque minuti e in quella sera così buia c’erano altre voci da sentire. Era tardi, in ogni caso, e Marco era di certo già in camera con la sua bici gialla.

Simoni conquista lo Zoncolan e consolida la rosa
Simoni conquista lo Zoncolan e consolida la rosa

Invece l’indomani, appena il gruppo imbocca il primo tratto della salita, sulla testa assieme agli uomini della Saeco e della Caldirola arrivano quelli della Mercatone Uno.

Gomito a gomito

«Dopo un chilometro e mezzo – ricorda Garzelli – parte Gibo e Marco è lì che rientra su di me. Mi prende e restiamo in due. Di quella tappa ho parlato anche con sua mamma, la foto di noi due insieme sullo Zoncolan è la più bella della mia carriera. Le immagini del duello dall’elicottero non me le scordo più. Ero a tutta, ma il fatto di avere accanto Marco Pantani, mi permise di arrivare secondo. Volete sapere che cosa spingeva entrambi? Ce lo dicemmo il giorno dopo e ci venne da ridere. Per tutto il tempo non feci che pensare: “Col cazzo che mi stacchi!”. E lui lo stesso. Ho la pelle d’oca pensando al pubblico».

Hai visto chi era?

Simoni sale seduto. Si alza solo a tratti, ma tiene l’andatura costante. Dietro Garzelli e Pantani danno di gomito e ancora più indietro ci sono Casagrande e Popovych. Vanno così piano che l’ultimo chilometro sembra lungo un’ora. Il tornante più ripido prende la strada e la solleva brutalmente di una ventina di metri. C’è folla da curva nel derby e quando lo speaker grida che nel gruppo della maglia rosa c’è anche Marco Pantani, l’attesa esplode con un fragore possente che scuote la montagna. I tifosi lo vedono passare, lo incitano stupiti e poi si guardano come a dire: «Hai visto chi era?».

La gente quel giorno rivide l’ultimo, grande Marco Pantani
La gente quel giorno rivide l’ultimo, grande Marco Pantani

Non mi stacchi

Nell’ammiraglia della Saeco che sta per vincere la tappa e il Giro con Simoni, Martinelli fa il tifo per Marco. Ci sono moto ferme con la frizione bruciata, Pantani che scatta e Garzelli che risponde. «Col cazzo che mi stacchi!» E così vanno avanti insieme.

«Non lo avrei mai lasciato andare – ricorda ancora Stefano – era Marco Pantani in una delle sue più belle imprese sportive, forse l’ultima. Quel giorno siamo stati rivali, forse l’unica volta in una vita. La classe di Marco non si è vista quando ha vinto il Giro e il Tour, ma secondo me è stato un gigante al Tour del 2000 quando ha vinto due tappe e poi proprio in quel Giro del 2003».

Troppo ripido

Simoni vince la tappa e guadagna 34″ su Garzelli, che sulla cima dello Zoncolan è ancora secondo in classifica ma a 44″.

«Non mi piacciono queste salite – dice Simoni – troppa pendenza non permette di fare differenze».

Dopo. l’arrivo Marco è sfinito, ma rivede la luce
Dopo. l’arrivo Marco è sfinito, ma rivede la luce

Pantani, invitato al Processo alla Tappa, risponde che se uno è scalatore, in giornate come queste ha il terreno perfetto per fare la differenza. Troppo diversi per essere amici.

«Credo che il miglior Marco – commenta Garzelli – avrebbe fatto la differenza. Gibo non è uno che facesse tanti cambi di ritmo, andava fortissimo ma in modo regolare. Marco era uno che si alzava e aumentava di due chilometri e lo faceva in continuazione. Con quei rapporti, se avevi la forza di girarli, facevi per forza velocità. Ma dovevi anche stare attento, perché una volta il rischio di piantarsi c’era molto più di adesso, che con la compact gestiscono bene lo sforzo».

La bici gialla

Entriamo nell’hotel di Maniago. La Mercatone Uno Scanavino è una piccola squadra, la guida Amadori e non c’è più lo sbarramento della Ronchi, che Boifava non ha voluto al seguito. Marco è passato per andare a cena e alla battuta che ci è parso di averlo riconosciuto, ha fatto un cenno con la mano come a dire: «Manca poco». Quando torna gli chiediamo il favore di fotografare la bici gialla, che ormai tiene sempre in camera. E mentre siamo insieme in ascensore commentando il lancio dei caschi, il Pirata fa un ghigno amaro. «Quando ero famoso e tutti mi volevano – dice – non avete idea di quanti soldi mi offrivano perché mettessi il casco. Invece adesso che non sono nessuno, mi tocca metterlo e pure gratis».

La bici era là, tutta gialla, ai piedi del letto. E c’era ancora Marco…