Ganna, le luci e le ombre di una crono bellissima

27.07.2024
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PARIGI (Francia) – La prima medaglia italiana dei Giochi di Parigi viene dal ciclismo. La conquista Filippo Ganna nella cronometro ed è anche il primo podio italiano dal 1996, cioè da quando la corsa contro il tempo è entrata nel programma olimpico.

«Ma non pesa come un oro», dice subito Pippo senza nascondersi. E‘ stato autore di una grande prestazione, a 53.331 km/h. Ma ancora una volta il belga ha fatto di più e gli è arrivato davanti di 25 secondi, rallentando leggermente nel finale. E proprio nel finale Ganna ha costruito il suo argento, mettendosi dietro Van Aert e ricacciando indietro l’assalto di un Tarling sfortunato per via di una caduta (anche Ganna ha rischiato), ma che è già proiettato nel futuro. E il primo a saperlo è proprio Filippo. «Il domani è suo, io inizio ad andare verso i 30 anni, forse l’ultima occasione per vincere l’oro olimpico era questa».

Mezzo pieno e mezzo vuoto

E’ un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, ma pur sempre mezzo. Aveva dichiarato che sarebbe uscito senza rimpianti. E’ così?

«Più di questo non potevo fare. Il rimpianto è il colore della medaglia. Mi sono difeso, ho portato a casa una medaglia. Ma da italiano è un po’ come vedere la Ferrari quando arriva seconda: ti rode. Nel finale ho trovato la motivazione per spingere come all’inizio, la prestazione è in linea con i miei valori. Non sono un drago con la pioggia, ma ho fatto il massimo. Non è bastato, ho preso quasi mezzo secondo al chilometro e questo brucia».

L’ironia di Van Aert

Con Evenepoel è una sfida infinita, che però ha quasi sempre lo stesso vincitore. «Lui è un fenomeno, un grande campione. Lo sapevamo bene sul podio, con Van Aert. Mi ha detto: “So cosa vuol dire arrivare secondo. Poi l’abbiamo presa a ridere, provando a farci un selfie sul podio, ma non è riuscito. Troppo stanchi».

A proposito di stanchezza, si diceva che Evenepoel potesse essere stanco dopo il Tour. Di sicuro non era stanco di vincere. E’ stato il più continuo in questa cronometro dove Tarling ha pagato la foratura, Van Aert è calato nel finale, Ganna ha avuto un passaggio a vuoto con una sbandata. Cosa è successo?

«Ci ripenserò. La rivedrò. Sapevo che quel punto era pericoloso, bisognava prenderlo un po’ meglio. Sul finale mi sono detto: “Filippo, è troppo tempo che aspetti, non puoi sederti proprio adesso”. E ho trovato questa medaglia, che mi dispiace non sia d’oro. Ho faticato tanto, ho dovuto buttare via la visiera perché non vedevo più neanche il manubrio. Dovevo decidere se andare a terra o vedere la strada».

Le scuse a Mattarella

Ora non è più tempo di vedere la strada, ma la pista. E per un po’ non è più tempo di vedere Parigi. «Domani tornerò in pista a Montichiari con i miei compagni e cercherò di regalare all’Italia un’altra gioia. So che i ragazzi erano insieme a vedermi sul maxischermo, ora sono pronto a raggiungerli. Dopodomani sarò di nuovo con loro».

Sulla pista non ci saranno problemi di percorso o di pioggia. «Alla fine questa era una gara intermedia – prosegue Ganna – né troppo lunga né troppo corta. Non sapremo mai come sarebbe andata con il sole, è inutile chiederselo. Ho provato a spingere fino alla fine, non so come fossi in classifica dopo la sbandata. Ho rischiato di saltare psicologicamente, ma ho continuato e sono arrivato secondo».

In quel momento ha pensato al motivo per cui quando gli si chiede a chi dedica la medaglia risponde sicuro: «A me stesso». Perché «tutti vedono i 36 minuti di gara, ma non il lavoro che c’è prima. Quello lo so solo io. E non potevo mandarlo sprecato». 

Al traguardo ha trovato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si è complimentato. «Gli ho detto che mi è dispiaciuto farlo aspettare sotto la pioggia, ma l’ordine di partenza era quello e io ero il penultimo». Prima di Evenepoel, che è arrivato ancora una volta prima di lui. 

L’analisi di Velo

In chiaroscuro anche l’analisi del commissario tecnico Marco Velo: «Filippo ha dimostrato di essere un campione, ribaltando una situazione che poteva vederci uscire dal podio. Ci ha regalato una splendida medaglia, la prima per l’Italia in questi Giochi. La sbandata? Non me ne sono accorto, ho sentito tutta la macchina che ha urlato, l’ho visto praticamente in terra. Poi ho visto quanto è stato bravo a rimanere in piedi. Se gli succede altre cento volte, cade centoventi. Gli ho detto di resettare e riprendere la concentrazione e lui ha fatto così. Il percorso? Più che altro la pioggia.

«Un atleta col fisico di Pippo fatica a rilanciare dopo le curve col bagnato. E’ come rilanciare un camion rispetto a una macchina. Comunque ha fatto numeri impressionanti, nulla da dire. E’ un signor podio, brucia, ma siamo consapevoli di aver fatto tutto al cento per cento».

Diciottesimo Alberto Bettiol, che non ha forzato, pensando alla prova in linea. Dove cercherà riscatto anche Elisa Longo Borghini, ottava nella gara vinta da Brown su Henderson e una sfortunata Dygert, condizionata da una brutta caduta.

Vingegaard getta la maschera: sui Pirenei sarà caccia a Pogacar

12.07.2024
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PAU (Francia) – Nell’immensa bolgia che ha accolto il gruppo a Pau, a un certo punto non s’è capito più niente. Eravamo al pullman del UAE Team Emirates a parlare con Ayuso, ritirato per il covid, quando s’è sparsa la voce che Pogacar fosse caduto prima della volata. Il tempo di capire che non fosse vero e ci siamo trovati davanti alla maglia gialla che invece lo sprint addirittura l’ha fatto. Certo alla larga dallo sgomitare dei velocisti, ma pur sempre una volata di gruppo. Già è abbastanza strano – ma emozionante – che corra in attacco infischiandosene delle astuzie e le cautele del leader, ma addirittura fare la volata di gruppo?

Domani Pla d’Adet, ma prima ancora il Tourmalet e Horquette d’Ancizan accenderanno il fuoco sotto il pentolone del Tour. Finora se le sono date, ma senza mai affondare il colpo. Domani potrebbe essere l’inizio di un nuovo viaggio. Oggi per qualche chilometro, Adam Yates li ha fatti tremare. La sua presenza nella fuga poteva significare ritrovarselo nuovamente in classifica. Per questo la Visma-Lease a Bike si è impegnata per chiudere.

Sprinter Pogacar

Eppure Pogacar se la ride. Sta facendo esattamente come negli ultimi due anni: fuochi d’artificio per tutti, ogni giorno, alla prima occasione. E domani che cominciano i Pirenei, Tadej si ritroverà senza Ayuso e con Vingegaard che vuole davvero capire a che punto si trovi.

«Il finale non era stressante – spiega la maglia gialla – ero nella mia zona sicura, la mia bolla ed ho evitato tutte le situazioni più frenetiche con la mente lucida. Alla fine però ho visto la possibilità di fare un piazzamento nei dieci e ho fatto la volata. Tranquilli ragazzi, non preoccupatevi. Semmai è più preoccupante l’abbandono di Ayuso, ma credo che abbiamo ugualmente una squadra fortissima. Soler e Politt stanno facendo un lavoro incredibile. Yates e Almeida in montagna sono due sicurezze. Sono tutti in forma per il lavoro che ci attende da domani. Sono le prime salite vere, finora non ce ne sono state, tranne forse nel giorno del Galibier. Considerata la situazione della classifica generale, ora possiamo correre un po’ sulla difensiva. Vorrei vincere la tappa, ma non spenderò troppe energie per quello».

Vingegaard parla di unità della squadra e di aver finito la tappa tutti insieme
Vingegaard parla di unità della squadra e di aver finito la tappa tutti insieme

Cecchino Vingegaard

Tanto è spavaldo Pogacar, per quanto è cauto e cinico Vingegaard. Il danese non ha l’appeal, il ciuffo e i modi telegenici dell’attuale maglia gialla, ma è un grande professionista. Cento giorni fa era messo davvero male, ora è qui con la sensazione che potrebbe nuovamente giocarsi il Tour. Pogacar l’ha capito e questa consapevolezza secondo noi ha reso meno rilassanti i suoi giorni. Forse il tanto sbandierare la serenità è la prima spia di qualche preoccupazione sorta nel frattempo?

«Entriamo in un terreno che mi si addice un po’ di più – dice Vingegaard – aspettiamo con ansia i prossimi giorni. Mi sento molto bene, oggi per noi è stata una bella giornata. Siamo arrivati tutti insieme, non abbiamo perso tempo con nessuno e adesso speriamo di poter recuperare bene fino a domani. Yates in fuga non era la situazione ottimale, non volevamo lasciarlo rientrare nella classifica generale, per questo abbiamo preferito riprenderlo. Da questo punto di vista è stata una giornata dura. Abbiamo provato anche a spaccare il gruppo con i ventagli, ma alla fine i principali avversari erano ancora lì e non avrebbe avuto molto senso continuare a spingere e suicidarsi.

«Da domani però non ci sarà spazio per nascondersi, ma vedremo come verrà gestita la tappa. Dovremo solo aspettare e vedere. Non ho intenzione di dire cosa faremo domani, ma abbiamo le nostre idee. E’ il fine settimana che mi si addice meglio, per cui spero in una corsa dura. Potrei anche attaccare. Finora abbiamo ragionato sul presente, anche perché non stavo benissimo: da domani inizieremo a lavorare per il futuro».

Nostalgia di Parigi

Philipsen della presenza di Pogacar in volata dice di non essersi accorto. Non che sarebbe cambiato qualcosa. Il belga, già primo a Saint Amand Montrond, ha fatto la sua traiettoria creativa, spostandosi dal centro sulla destra e resistendo poi alla rimonta di Van Aert. Al momento del cambio di linea, Wout non ha potuto fare altro che prendergli la ruota. Sarà perché convive male con il soprannome “Disaster”, quando gli chiedono che cosa pensi delle lamentele di qualche avversario, Jasper si indurisce e taglia corto. Hai qualche commento?

«No comment. Non mi piace questa domanda». Le domande dirette si possono fare, poi tutti pronti a ricevere risposte come questa. Il belga va avanti nel discorso dicendo che solo a fine Tour faranno un’analisi per capire che cosa non abbia funzionato nella prima settimana, ma che due vittorie non sono così male. Non vuole parlare di forma che non c’era e tantomeno di sfortuna, per paura che ne chiami altra. Poi con quel ghigno furbetto da velocista spiega che è impossibile prendere nuovamente la maglia verde. E che da velocista trova singolare che il Tour non finisca a Parigi.

«E’ davvero strano – sorride (penserà già al ritiro dopo la tappa di Nimes?) – manca lo zuccherino in fondo. Non è la sensazione più bella, ma è così e non possiamo cambiarlo. In pratica sappiamo che dopo la tappa 16 ne avremo altre cinque in cui soffriremo per arrivare in fondo. Dovremo restare forti, questo è il Tour del 2024».

Van Aert aiuterà Vingegaard, ma vuole soprattutto vincere una tappa
Wout Van Aert aiuterà Vingegaard, ma vuole soprattutto vincere una tappa

Van Aert diviso a metà

Chi si va mangiando le mani è Wout Van Aert, anche oggi secondo, come se gli mancasse la forza necessaria per volgere la volata a suo favore. Sempre alla ricasca degli altri, scegliendo traiettorie non sempre ideali.

«C’erano vibrazioni da vere classiche oggi – dice – un po’ di vento, terreno collinare e tappa a tutto gas dal colpo di pistola. Mi è davvero piaciuta, per questo è un peccato che non riesca ancora a vincere. Il gruppo era piccolo, tanti pensavano di potercela fare. Ho sbagliato ritrovandomi in testa troppo presto, per il vento che c’era. Quando è così, a volte sei troppo lontano e a volte troppo davanti. Ho dovuto aspettare un po’ ai 350 metri dall’arrivo, perché sarebbe stato troppo presto. Forse se fossi partito ai 200, avrei vinto, ma non dirò mai che non sono soddisfatto del lavoro di Laporte per me. Domani inizia di nuovo un’altra gara e daremo pieno supporto a Jonas. Spero di svolgere il mio compito, ma a questo punto spero anche di vincere una tappa. Nella seconda settimana mi sto sentendo bene, il grande risultato è nelle gambe, ma devo dimostrarlo anche sulla bici».

Qualche punto interrogativo, ma Visma pronta: parola di Affini

27.06.2024
6 min
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Sono pronti a partire con il numero uno e a difendere la maglia gialla. Sono uno dei quattro “dream team” del Tour de France: sono i ragazzi della Visma-Lease a Bike. Della corazzata olandese non farà parte un pezzo importante, Edoardo Affini. Ma il mantovano, “da fuori”, ci aiuta ad analizzare bene la sua squadra e come si pone in relazione alle altre.

Affini in autunno, quando si fanno i programmi in base anche ai percorsi, era stato inserito nella lista lunga del Tour, tanto più che Wout Van Aert e Olav Kooj avrebbero preso parte alla corsa rosa. Poi le cose sono cambiate strada facendo e si è ritrovato, giustamente come sostiene anche lui, al Giro. Ma ora è tempo di Tour de France…

Affini (al centro) al termine del Giro d’Italia. Ora il mantovano è in fase di recupero
Affini (al centro) al termine del Giro d’Italia. Ora il mantovano è in fase di recupero
Al netto del forfait all’ultimo minuto per Covid di Sepp Kuss, la Visma-Lease a Bike resta uno squadrone, Edoardo…

Penso che sulla carta, i corridori che vanno in Francia costituiscono una bella selezione. Ci sono tanti campioni, anche se non mancano dei punti interrogativi.

Ti riferisci a Jonas Vingegaard?

Onestamente non conosco le condizioni di tutti. C’è da vedere un po’ come sta ovviamente Jonas, ma anche come sta Wout Van Aert. Sappiamo che se Wout sta in una certa maniera può essere fondamentale in ogni senso, come uomo jolly e come gregario per Jonas. Non penso sarà quello
del Tour del 2022… mettiamola così. E ci starebbe tranquillamente visto l’infortunio che ha avuto e  il percorso di recupero che ha fatto. Potrebbe non essere nella condizione migliore di sempre. Però è sempre Van Aert.

E Vingegaard?

Spero che Jonas vada in crescendo durante la corsa, però le sue condizioni al momento sono difficili da capire. Presumo siano abbastanza buone, altrimenti non l’avrebbero portato.

Lui quando ha ripreso realmente a pedalare?

Onestamente non lo so, è non è perché non lo voglio dire. Non conosco precisamente le tempistiche. Ad aprile avrà fatto qualche pedalata sui rulli, giusto per muovere le gambe e vedere come rispondeva il corpo. Ma sicuro, prima di maggio non è montato in bici.

Due leader, ma stavolta, anche due incognite. Cosa faranno vedere Vingegaard e Van Aert? (foto Instagram)
Due leader, ma stavolta, anche due incognite. Cosa faranno vedere Vingegaard e Van Aert? (foto Instagram)
Manca Kuss e Van Aert e Vingegaard non danno le solite certezze, Matteo Jorgenson invece sì. Può essere il jolly come ha detto anche il vostro capo? O sarà il gregario di lusso?

Può essere una pedina fondamentale per Jonas, ma io lo vedo bene anche come mina vagante per qualche tappa se ne avrà la possibilità. Tra i selezionati Jorgenson è quello che ha dimostrato la forma migliore ed è stato anche il più costante. E’ stato protagonista in primavera e si è giocato il Delfinato fino all’ultima tappa, quindi credo che si possa considerare come il corridore che dà più certezze.

Tra i punti interrogativi c’è anche Laporte…

Anche Christophe, bisogna vedere dopo il Giro come si è ripreso. Lui era caduto. Il modo e il tempo per recuperare bene e di prepararsi per il Tour lo ha avuto.

Tu, Edoardo, corri in uno di questi squadroni e al tempo stesso ci corri contro. Dov’è siete più forti? E dove invece pagate qualcosa? La UAE Emirates ha molti capitani…

E secondo me avete già centrato il nocciolo della questione. Se prendete i suoi singoli corridori la UAE è superiore… per la classifica. Sono tutti corridori che in altre squadre potrebbero puntare al podio. Forse noi siamo più squadra. Che poi anche lì è tutto da vedere, perché bisognerebbe essere in quel team e vederne le dinamiche interne. Noi della Visma-Lease a Bike siamo un po’ più completi su tutti i terreni. E abbiamo un obiettivo “più unico”.

“Più unico” rende bene l’idea…

Siamo più centralizzati su uno o massimo due obiettivi. Non abbiamo quattro corridori che fanno classifica. Siamo più votati ad una causa, mettiamola così.

Non abbiamo nominato Tratnik: lo sloveno dà garanzie su molti terreni. Un’arma in più per la Visma
Non abbiamo nominato Tratnik: lo sloveno dà garanzie su molti terreni. Un’arma in più per la Visma
Anche Bora-Hansgrohe e Ineos Grenadiers hanno le spalle larghe. Dove si possono battere? E dove daranno fastidio?

La Bora al Giro si è dimostrata una bella squadra. Ha fatto vedere di saper correre per il proprio capitano, in quel caso Martinez. Con Primoz hanno ovviamente uno dei candidati maggiori per vincere il Tour o comunque per il podio. L’unico punto di domanda può essere il fatto che Roglic e altri sono nuovi in squadra e magari hanno bisogno ancora di un filo di rodaggio. Sono aspetti che sembrano semplici, ma un po’ di tempo lo richiedono.

Anche Roglic e Gasparotto lo avevano detto dopo la Parigi-Nizza…

Siamo tutti professionisti e sappiamo cosa fare, però quel tocco in più, quello 0,5 per cento che magari ti fa dare qualcosa in più, quella comunicazione in meno che serve per prendere una decisione veloce al momento giusto… magari non ce l’hanno ancora. Se Roglic se ne è reso conto è perché veniva da 10 anni consecutivi nel nostro team e lì conosceva ogni cosa come le tue tasche.

Della Ineos invece cosa ci dici?

Sono storicamente abili nel vincere grandi Giri. Nell’ultimo periodo gli è mancato il fuoriclasse, soprattutto dopo quello che è successo a Bernal, però ragazzi hanno Thomas che è un corridore fantastico. Ha vinto un Tour. A 38 anni è ancora lì la lottare, guardate che Giro d’Italia ha fatto. Per me ha fatto un Giro esagerato. Ecco, nel suo caso bisogna valutare il recupero post Giro.

Bernal cosa può dare secondo te a questa squadra in questo momento e con quei compagni?

Per quello che abbiamo visto nella prima parte di stagione, mi è sembrato in crescita ad ogni corsa. Al Delfinato è andato forte. Ma  un po’ come in UAE Emirates anche lì sono tanti: Bernal, Thomas, Pidcock, Carlos Rodriguez… Non so chi di loro vorrà fare classifica, ma di certo sono un bel blocco. E con corridori simili ti puoi giocare anche diverse carte in base a come si mette la corsa. Puoi portare in avanscoperta uno ed aspettare con quell’altro. Hanno più opzioni. E poi, ripeto, sono esperti. Loro possono inventarsi qualcosa… sicuramente.

Kuss è uno degli scalatori più forti e mancherà molto alla causa della Visma – Lease a Bike
Kuss è uno degli scalatori più forti e mancherà molto alla causa della Visma – Lease a Bike
Torniamo a voi, Edoardo. Hai parlato di blocco, qual è il vostro blocco per la salita? Tanto più ora che manca Kuss?

Senza Sepp, l’ultimo uomo dovrebbe essere Jorgenson. Poi ci sarà Wilco Kelderman che se sta bene va veramente forte, credetemi. E anche il sostituto di Sepp, Bart Lemmen, non è affatto male. Magari dovrà prenderci un po’ la mano, soprattutto perché è la sua prima partecipazione.

Kuss è una mancanza grossa…

Penso di poter dire, se parliamo solo scalatori, che se non è il migliore del mondo è tranquillamente nei primi cinque. Sepp sa come si va in salita, è il suo terreno, sa scandire il passo come pochi altri e a diverse velocità. Quindi è chiaro che è una perdita pesante. E non è un caso che in tutti i grandi Giri che abbiamo vinto lui era presente.

Chi sarà il regista in corsa?

Di solito è Tiesj Benoot. Ma penso che anche Van Aert possa ricoprire quel ruolo lì.

Van Aert è tornato in gara. Pensando all’oro olimpico

24.05.2024
6 min
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Sessantesimo posto a 2’52” dal vincitore Thibau Nys. Inizia così il Tour of Norway di Wout Van Aert, ma quel che è certo è che l’attenzione che il belga della Visma-Lease a Bike ha avuto da parte di addetti ai lavori e pubblico è stata ben superiore a quella del vincitore. Non poteva essere altrimenti dopo oltre due mesi di assenza dalle corse di uno dei “magnifici sei”, uscito con le ossa rotte (in senso letterale) dalla Dwars door Vlaanderen.

La terribile caduta di Van Aert, costatagli fratture a sterno, clavicola e diverse costole (foto team)
La terribile caduta di Van Aert, costatagli fratture a sterno, clavicola e diverse costole (foto team)

Al di là delle vittorie che in casa belga non sono mancate, l’assenza sua (unita a quella di Evenepoel) è pesata e non poco e intorno al suo ritorno alle gare si è creata una grande attesa, per questo un piazzamento di per sé insignificante ha avuto così grande risalto. Lo ammette anche Guy Van den Langenbergh, prestigiosa firma di Het Nieuwsblad.

Quanto si è sentita l’assenza di Wout Van Aert in questi due mesi per il ciclismo belga?

Molto, in realtà era l’unico che sarebbe stato in grado di competere con Van der Poel al Fiandre e alla Roubaix. Senza di lui la meccanica di queste corse è diventata un po’ prevedibile. Era il migliore in quel momento della stagione. Sono convinto, e molti come me, che avrebbe davvero potuto fare la differenza. Con la sua assenza, non c’era nessuno che potesse opporsi a VdP. Quindi sì, ci è mancato molto.

Per la Visma il ritorno del belga è fondamentale, in attesa di notizie più certe su Vingegaard
Per la Visma il ritorno del belga è fondamentale, in attesa di notizie più certe su Vingegaard
Che cosa avrebbe potuto fare Van Aert in questo Giro, che spazi avrebbe avuto?

Difficile da dire. Non ho visto tutte le tappe, ma ovviamente con il suo modo di correre, Wout è sempre in grado di vincere. A volte lo consideriamo un velocista, ma anche se rispetto a specialisti come Milan e Merlier ha qualcosa in meno, ha un treno a sua disposizione di prima qualità e penso che avrebbe avuto le sue occasioni. Sarebbe stato lui il protagonista. Quindi penso che forse avrebbe potuto vincere una o due tappe. È così forte, così versatile che può vincere tappe in ogni Grand Tour. Se è sulla linea di partenza puoi sempre aspettarti che possa alzare le braccia, questo è certo.

La sua bruttissima caduta di marzo che spazio aveva avuto sui media belgi?

Tanto. Nel bel mezzo di quella che chiamiamo Settimana Santa, c’erano tutte le grandi gare in arrivo e si stava preparando il terreno per il Giro delle Fiandre. Si sa quanto sia importante il ciclismo in Belgio: in Italia se guardi la Gazzetta dello Sport, il ciclismo lo trovi in fondo, in Belgio soprattutto in quei giorni era il primo argomento sportivo sui giornali. Lo schianto ovviamente è diventato una notizia molto importante da noi.

Van Aert ha ripreso a correre in Norvegia. Finora ha 12 giorni di gara con 2 vittorie
Van Aert ha ripreso a correre in Norvegia. Finora ha 12 giorni di gara con 2 vittorie
Gli appassionati in Belgio ora a chi sono più legati, a Van Aert o a Evenepoel, si è creata una rivalità fra le tifoserie come avveniva da noi ai tempi di Moser e Saronni?

Beh, non si può paragonare con quel periodo perché in quell’epoca tutti facevano le stesse gare. Wout predilige le classiche su pietre, Remco quelle delle Ardenne e anche nei grandi giri partono con obiettivi e compiti diversi. Quindi difficilmente si incontrano durante le gare. Ognuno ha i suoi fan, questo è certo, ma ci sono molte persone che sono tifose di entrambi i corridori proprio perché non si deve scegliere.

Wout riparte questa settimana dal Giro di Norvegia: a questo punto è la gara olimpica il suo grande obiettivo?

Lo è sempre stato. Anche senza l’incidente e il conseguente cambio di programma. La crono olimpica e la corsa su strada sono due dei suoi obiettivi principali perché è alla ricerca di nuovi traguardi. Ecco perché ha deciso di cambiare la sua pianificazione, fare meno gare in primavera e ancora prima di dedicarsi meno al ciclocross. Avrebbe fatto solo Fiandre e Roubaix, poi sarebbe andato in ritiro in quota per il Giro, ma sempre pensando a Parigi. Dedicando molto spazio per concentrarsi sull’allenamento specifico per la cronometro di Parigi e la corsa su strada. Naturalmente ora le cose sono cambiate.

Intorno al belga c’è sempre una grande pressione mediatica, anche in Norvegia
Intorno al belga c’è sempre una grande pressione mediatica, anche in Norvegia
In che maniera?

Il Norvegia è il primo passo per prepararsi verso Parigi. Non è ancora chiaro se parteciperà al Tour. Io sono abbastanza sicuro che ci sarà, ma nella comunicazione del team si procede per gradi. Ma sì, Parigi resta il suo obiettivo principale. Ora ha una gran fame di vittorie e una medaglia d’oro olimpica è in cima alla sua lista dei desideri. E’ già stato secondo a Tokyo, quindi se sei secondo una volta, vuoi essere il vincitore in quella successiva. Le due gare di Parigi ovviamente sono molto importanti per lui. Nella cronometro dovrà battere Ganna, sarà difficile ma io sono ottimista.

Il percorso di Parigi è adatto alle sue caratteristiche secondo te?

Ci ho parlato, lui dice di sì, gli ricorda un percorso da classiche. Lo conosce bene, ci ha già corso un paio di volte, sembra anche molto simile al tracciato di Glasgow dell’anno scorso. Su quel percorso, lui che ha vinto sprint ma anche corse collinari, può inventare qualcosa. Se è in ottima forma, se la può giocare su ogni tipo di tracciato. Quello di Tokyo è stato un percorso molto duro eppure lui era lì ed è riuscito a chiudere secondo. Se sta bene è tra i favoriti, questo è certo.

Per Van Aert l’avvicinamento ai Giochi potrebbe ora prevedere anche il Tour de France
Per Van Aert l’avvicinamento ai Giochi potrebbe ora prevedere anche il Tour de France
Tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei, Van Aert ha 6 medaglie d’argento e 2 di bronzo. Non c’è il rischio che questo sia un peso psicologico, che corra pensando all’ennesima sconfitta?

E’ stato anche tre volte campione del mondo di ciclocross, quindi sa cosa vuol dire vincere. E’ un problema che forse riguarda più noi, la stampa o i tifosi che lui. Non si può negare che sia stato secondo troppe volte, non solo in campionati ma anche nelle classiche. Ma è così forte mentalmente che normalmente non gli importa. Voglio dire, se arriva 2° e ha fatto del suo meglio, allora può sopravvivere. Avrebbe potuto vincere se qualcosa fosse andato un po’ diversamente? Forse, ma non ho mai avuto l’impressione che sia frustrante per lui arrivare al secondo posto, anche se so che vorrà ancora di più vincere. Questo è un dato di fatto. Vuole diventare campione olimpico o campione del mondo o campione europeo. Wout pensa che i Mondiali di quest’anno sono troppo difficili per lui. Ma crede con fermezza che un giorno ci riuscirà, che diventerà campione del mondo o campione europeo. Ogni volta che è sulla linea di partenza, sa che può essere la volta buona. E’ un vero animale da competizione.

Casa Visma: non è ancora allarme, ma quasi…

08.04.2024
5 min
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In un modo o nell’altro, i grandi cicli si somigliano tutti. Per questo quando la settimana scorsa è stato annunciato che Merijn Zeeman, numero uno dei tecnici Visma-Lease a Bike, passerà dal prossimo anno al calcio nelle file dell’Alkmaar, la mente è andata a quando Rod Ellingworth lasciò, sia pure per il solo 2020, il Team Ineos Grenadiers. In un modo o nell’altro quel passaggio di mano segnò l’inizio del ridimensionamento della squadra britannica, che vinse il Giro con Bernal e poi si mise in cerca di una nuova identità. Ellingworth fece in tempo a tornare e poi ad andarsene di nuovo e nel vuoto lasciato libero dagli inglesi si è infilata con prepotenza la squadra olandese di Vingegaard e Van Aert. Il loro ciclo avrà qualche ripercussione per la partenza di Zeeman?

Zeeman, capo dei tecnici della Visma, dal prossimo anno passerà al calcio
Zeeman, capo dei tecnici della Visma, dal prossimo anno passerà al calcio

Due cadute all’unisono

Il primo a saltare giù dalla nave è stato Primoz Roglic. La sua scelta non è legata alla partenza del tecnico, quanto piuttosto alla necessità di avere un proprio spazio al Tour de France. Nonostante ciò, la partenza dello sloveno ha aperto una voragine nell’organico del team che lo scorso anno ha vinto i tre grandi Giri e al momento rischia di non vincerne neanche uno. Chiaramente nel discorso entrano due cadute: quella di Van Aert a Waregem e quella di Vingegaard ai Paesi Baschi.

Già è parsa una forzatura la presenza del belga come uomo di classifica al Giro, ma adesso le incertezze sul suo recupero e quello del danese rendono il quadro ben più confuso. Al punto che la possibilità di Pogacar di fare la doppietta Giro-Tour, che fino a un mese fa sembrava irrealistica, adesso sembra meno remota. Con questi immensi campioni funziona così: se non hanno intorno rivali della loro grandezza, è difficile batterli. Come conferma il dominio di Van der Poel al Fiandre e ancor più alla Roubaix.

Anche Roglic coinvolto nella caduta dei Paesi Baschi, ma per una volta se l’è cavata con poco (foto Instagram)
Anche Roglic coinvolto nella caduta dei Paesi Baschi, ma per una volta se l’è cavata con poco (foto Instagram)

Linea verde per Roubaix

Proprio ieri, complice anche il forfait in extremis di Van Baarle, la presenza della Visma-Lease a Bike nella corsa del pavé è rimasta legata all’entusiasmo dei gemelli Tim e Mick Van Dijke e al talento di Per Strand Hagenes. Solo che quando si è varcato il muro dei 220 chilometri l’entusiasmo è stato scalzato dalla fatica, come è giusto che sia per atleti così giovani.

«Nel contesto dello sviluppo dei talenti – ha spiegato proprio Merijn Zeeman al belga Het Nieuwsblad – volevamo vedere fino a che punto potevano spingersi i nostri tre corridori più giovani. E loro hanno dimostrato di avere una prospettiva per il futuro. Naturalmente ci aspettavamo di più, sicuramente alla Roubaix, che per noi è un po’ più adatta rispetto al Fiandre. L’opening-weekend (vittorie di Tratnik e Van Aert, ndr) e la Dwars door Vlaanderen (vittoria di Jorgenson, ma caduta di Van Aert, ndr) sono state un sollievo per i risultati. Se avessimo avuto tutti i nostri leader lì, avremmo potuto lottare anche per la Roubaix, ma si è imposta la Alpecin-Deceuninck. E Mathieu era addirittura in una classe a parte».

Van Aert è convalescente in Belgio, sul mare di Knokke. Per ora la Visma non rivede i suoi piani (foto Instagram)
Van Aert è convalescente in Belgio, sul mare di Knokke. Per ora la Visma non rivede i suoi piani (foto Instagram)

Van Aert e il Giro

E adesso il gioco si fa spinoso. Manca meno di un mese all’inizio del Giro (4 maggio) e Van Aert si è fatto fotografare ancora fasciato e immobile sul balcone di un centro residenziale sul mare di Knokke. 

«Nove giorni dopo l’intervento chirurgico – ha scritto su Instagram, prima di ringraziare tutti quelli che lo stanno sostenendo – e inizio a sentirmi di nuovo un po’ me stesso. Spero di tornare presto in sella alla mia bici, ma in questo momento il recupero completo delle ferite e delle ossa rotte ha la mia priorità assoluta».

In realtà non è ancora dato di sapere quando potrà riprendere gli allenamenti e questo, in un ciclismo che vive di calcoli millimetrici, è un bel problema. Quel che fa onore alla squadra olandese è voler per ora mantenere fede all’impegno del Giro, che potrebbe in ogni caso diventare un buon rodaggio sulla strada eventuale del Tour. Il recupero per ora procede.

«Si tratta di una combinazione di costole e clavicole rotte – spiega Zeeman – un polmone contuso e una vasta ustione sulla schiena. Le cose stanno migliorando, ma non possiamo ancora dire quando potrà riprendere ad allenarsi sui rulli. Non dico che non possa accadere presto, ma al momento resta da vedere. Non so dire neanche di quanto lavoro avrà bisogno Wout per arrivare bene al via del Giro. Tutto dipende dal punto di partenza, dalla condizione che gli sarà rimasta. Il principio di base è che in corsa dovrà essere al 100 per cento. E’ uno dei nostri leader e non andrà al Giro solo per pedalare: questo è chiaro come il sole. Il tempo è poco, ma speriamo di ottenere informazioni dettagliate sulla situazione di Wout nelle prossime settimane».

Vingegaard ha riportato fratture e un pneumotorace: è ancora in ospedale (immagine Eurosport)
Per Vingegaard fratture e un pneumotorace: è ancora in ospedale (immagine Eurosport)

Vingegaard e il Tour

Il Tour per fortuna è più lontano, anche se neppure le condizioni di Vingegaard sono così tranquillizzanti. Il danese è sparito dai radar, come è giusto che sia, ma il bollettino relativo alla sua caduta è nettamente peggiore rispetto a quello di Van Aert. Per lui si parla di costole e clavicole fratturate, di un polmone contuso e un polmone collassato.

«C’è un po’ più di tempo per Jonas – chiude Zeeman – perché ovviamente punta al Tour. Solo che abbiamo deciso di non mantenere il ritiro in quota di Sierra Nevada che dovrebbe iniziare il 6 maggio. Troveremo un altro avvicinamento. Ogni giorno migliora un po’, ma è ancora in ospedale e questo ovviamente dice abbastanza. Tutto quello che possiamo fare ora è pensare a quanti più scenari possibili. Wout potrebbe non arrivare pronto per il Giro, come Vingegaard potrebbe non essere pronto per il Tour. Speriamo di poter concretizzare tutto questo nelle prossime settimane».

La rivolta di Moser: «A chi piace il ciclismo senza scontri?»

31.03.2024
7 min
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Moreno Moser è ormai a un passo dalla laurea in Design della Comunicazione all’Istituto Europeo di Design. Nel frattempo segue l’area social delle corse RCS e commenta su Eurosport: la prossima volta sarà alla Roubaix. E siccome Moreno non le ha mai mandate a dire, già da un pezzetto insiste sul fatto che servirebbe una regola che obblighi i corridori più forti a scontrarsi nelle corse più belle. Altrimenti succede come alla Strade Bianche, al Catalunya e alla Tirreno, in cui uno solo stritola gli altri senza avere troppo contraddittorio. E allora che ciclismo è?

Oggi si corre il Fiandre, che per vari motivi dovrà fare a meno di Pidcock, Van Aert, Stuyven e Pogacar. Come vedremo alla fine dell’interessante confronto con il trentino, la regola di far correre i migliori sempre insieme c’era ben prima che si inventasse il WorldTour. Poi sono arrivati i soldi e un certo modo di fare ciclismo rischia di andare in malora. Ma non mettiamo il carro davanti ai buoi, auguriamo a tutti Buona Pasqua e procediamo con ordine.

Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)
Moreno Moser, classe 1990, è stato pro’ dal 2012 al 2019, si sta laureando allo IED di Milano (foto Instagram)
Qualche giorno fa hai detto per l’ennesima volta che servirebbe una regola…

Sto dicendo queste cose da un pezzo e secondo me è la prima cosa cui dovrebbe pensare l’UCI in questo momento. Non esiste nessun altro sport dove i campioni si schivano, si evitano e vincono le corse per conto loro. Uno guarda la MotoGP e ogni domenica li vede che si scontrano. La Formula 1 e li vede che si scontrano. Nel ciclismo è diverso, perché ci sono caratteristiche tecniche diverse, per cui alcuni corridori fanno sport diversi fra loro. Vingegaard e Van Aert fanno due sport diversi, ma perlomeno quelli che hanno le stesse caratteristiche non è possibile che non si scontrino mai.

Hai usato il verbo “schivare”.

Non penso che lo facciano apposta, non sono così complottista. Però ovviamente, potendo scegliere, ognuno si fa il calendario che gli conviene e va a finire che alla fine si schivano. Mi fa un po’ strano vedere alla Strade Bianche Pogacar così solo. L’anno scorso non l’ha fatta per scelta e c’era solo Pidcock. Due anni fa l’ha dominata allo stesso modo di quest’anno. Ma io alla Strade Bianche vorrei vedere Van Aert, Van der Poel e anche Remco e Vingegaard. Come Van Aert avrei voluto vederlo alla Gand e ad Harelbeke. E alla Liegi, oltre Pogacar e Remco, mi piacerebbe che ci fosse Vingegaard.

Le programmazioni sono così sofisticate da risultare cervellotiche e se poi cadi…

Sono certo che Van Aert avrebbe fatto un grande Fiandre, ma certe programmazioni sono rischiose, il ciclismo è uno sport rischioso. Perché se poi cadi e ti fai male, perdi tutto. Magari hanno ragione loro, se il risultato è andare così forte, però la mia sensazione è un’altra e si è visto l’altro giorno dopo Waregem.

Gli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scatti
Gli attacchi di Kung poi quello vincente di Jorgenson a Waregem sono stati allunghi più che scatti
Che cosa si è visto?

Si parla tanto del ciclismo che sta cambiando, di questi che arrivano e vanno subito forte, ma è una cosa che riguarda veramente pochi corridori. Riguarda quei 5-6 che fanno una differenza abissale, mentre sotto il livellamento è lo stesso di 15 anni fa in cui nessuno riesce a fare la differenza. Dopo la caduta di Van Aert, Stuyven e Pedersen, mi è sembrato di rivedere le corse che vedevamo 15 anni fa. Nessuno riusciva veramente a fare uno scatto, nessuno ha fatto la differenza.

Secondo Pozzato è così perché vanno tutti fortissimo alla stessa maniera e nessuno, tranne quei pochi, può andare di più.

Infatti Van der Poel ci riesce e tira delle fucilate impossibili per tutti gli altri. Quelli di Kung e Jorgenson a Waregem non erano attacchi, dietro si staccavano perché erano finiti. Per cui secondo me, se non ci fossero davanti quei 4-5 così superiori, il ciclismo sarebbe identico a quello di qualche anno fa. E se questi qua non si scontrano, vedi corse con un dominatore e dietro un gruppo rassegnato. Intendiamoci, non è colpa dei corridori. Non li puoi accusare perché non possono fare tutte le corse, sono troppe. Forse si dovrebbero creare delle gare che siano più WorldTour delle altre, ma vi rendete conto di che casino sia ormai il ciclismo? Quando mi metto a spiegarlo a gente che non l’ha mai visto, mi rendo conto anche io che è troppo complesso. Ci sono corse che nessuno quasi conosce…

In realtà quello di cui parli esisteva già: si chiamava Coppa del mondo e funzionava molto bene…

Infatti quando ne abbiamo parlato in diretta, sia Bettini sia Bartoli mi hanno detto: «Guarda che quando c’era la Coppa del mondo, non potevi saltarne più di due». Quindi alla fine a tutte queste cose ci avevano già pensato. Non stiamo dicendo cose nuove, c’erano già vent’anni fa.

La Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3 edizioni
La Coppa del mondo si è svolta dal 1989 al 2004: era composta da 10 prove, con possibilità di 2 scarti. Bettini ha vinto le ultime 3
Prima che capissero di poter guadagnare facendo pagare l’inserimento delle corse nel WorldTour, esatto!

Quello che rovina lo sport è che certe cose non sono fatte nell’interesse di avere un ciclismo più bello. Se davvero ci fosse la voglia di fare un ciclismo interessante, bisognerebbe strutturarlo in maniera totalmente diversa.

Facciamo una cosa che non si dovrebbe fare: se fossi oggi corridore, ti troveresti a tuo agio con certi programmi così diversi da quelli di quando correvi?

Non lo so, è difficile ragionare e immaginare le cose col senno di poi, ma c’è una riflessione che sto facendo in questi giorni con tutta l’umiltà possibile. Non voglio essere quello che dice che se corresse oggi, vincerebbe di più. Ho sentito già troppe volte certi discorsi in bocca a gente che ha smesso 40 anni fa. Li lascio parlare e penso che probabilmente gli è andata bene ad aver smesso 40 anni fa. Però penso anche, vedendo come è stata la mia carriera e quali erano le mie caratteristiche, cioè il fatto che andavo forte a inizio stagione, che avrei preferito un approccio come l’attuale, in cui si corre molto più sulla freschezza che sullo sfinimento. Ho vinto Laigueglia, che era la seconda corsa. Ho vinto Strade Bianche, che era la seconda corsa. Ero uno che saliva in bici e andava forte dopo due settimane di preparazione.

Oggi freschezza e prima sfinimento?

In tanti momenti, quando andavo piano, mi ritrovavo a correre a oltranza e andavo sempre più piano. Quindi sicuramente questo tipo di approccio probabilmente in qualche modo mi avrebbe giovato. Al contempo mi rendo conto anche che il ciclismo sia molto più intenso, più impegnativo e molto più stressante. Quindi non so come sarebbe andata. Circa i programmi, non so quanto conti la volontà del corridore. A Van Aert piace correre, fa il cross, non si tira indietro. Mi chiedo anche io se lui preferisca l’approccio di quest’anno o se l’abbiano deciso in squadra. O se ancora considerino anche il fatto che correre poco vuol dire rischiare meno anche di cadere.

La Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando la corsa dalla testa
La Visma-Lease a Bike sa che nelle corse a tappe si corrono meno rischi, controllando il gruppo dalla testa
Pensi sia possibile?

Sicuramente su Vingegaard lo tengono in considerazione. Secondo me non lo mandano alla Strade Bianche proprio perché non vogliono metterlo in corse così stressanti. Sanno che nelle corse a tappe prendono in mano la corsa e rischiano molto meno, perché sono sempre davanti. Invece nella gara di un giorno c’è più caos e sono tutti più aggressivi. Vingegaard sa limare, perché lo vediamo sempre lì davanti. Però magari non gli viene facile come per esempio a Pogacar, penso che farlo gli costi molto stress. Mi dà l’idea di una persona che quando ha un obiettivo in testa, riesce anche a rimanere super concentrato. Ma sono anche convinto che quelle cinque ore a tutta gli costino più che ad altri. Proprio un fatto di consumo mentale.

Chi vince il Fiandre?

Anch’io dico che vince per forza Van der Poel, non vedo chi possa batterlo. Peccato che Pedersen abbia perso mezza squadra, perché anche lui potrebbe essere un bel nome. Le gare per fortuna sono sempre imprevedibili, stiamo a vedere. Semmai ci risentiamo lunedì e capiamo se ci abbiamo preso. E per ora, Buona Pasqua a tutti!

Caduta, Van Aert fuori dal Fiandre. Primavera buttata via

28.03.2024
7 min
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Mentre nello schermo scorrevano le immagini della Dwars door Vlaanderen, parlando con Pozzato del Fiandre di domenica, era quasi naturale passare in rassegna i nomi dei pretendenti alla corsa che il vicentino ha spesso sfiorato e mai raggiunto. Finché di colpo si è verificata la caduta di Van Aert a 67 chilometri dall’arrivo e a quel punto la conversazione ha preso un’altra direzione. Si è capito quasi subito che il belga fosse malconcio, pertanto quando in serata è arrivata la conferma della clavicola e delle due costole fratturate, il senso del discorso è parso ancor più ficcante.

«Domenica sarebbe stata un’altra gara a schiaffoni con Van Der Poel – diceva Pozzato – è un peccato. Però questo voglio dirlo. Quando ho visto che Van Aert saltava la Sanremo, un po’ sono rimasto. Perché non farla? Poi ho visto che voleva fare anche la Liegi e il Giro, quindi ha puntato su una programmazione diversa. Però adesso che è caduto, ha buttato via la primavera. Quest’anno ha cambiato preparatore: c’era anche da capire come sarebbe andato domenica. A me Van Aert piace da morire, ma nelle prime uscite non mi ha dato grosse sensazioni. Van der Poel era già parso più forte. Forse il nuovo programma è un azzardo. Io non so se avrei avuto cuore di saltare la Sanremo».

Nel frattempo Van Aert era seduto sull’asfalto (in apertura, immagine Eurosport), la maglia lacera sulla schiena e quel senso di sconfitta cucita addosso per l’ennesima volta. Sonny Colbrelli, impegnato in altra intervista, faceva sapere che il punto della caduta sulla strada del Kanarieberg è così veloce e pericoloso che è stato tolto dal percorso del Fiandre. Al momento della caduta, Van Aert andava a 90 all’ora. E mentre Wout gemeva sull’asfalto, in testa alla corsa il compagno Jorgenson stava per vincere la sua prima classica del Nord.

La Dwars door Vlaanderen sarebbe stata per Van Aert il passo di avvicinamento al Fiandre
La Dwars door Vlaanderen sarebbe stata per Van Aert il passo di avvicinamento al Fiandre

La beffa del 2012

Fu clavicola anche allora, nel 2012, quando Pozzato tornò in sella dieci giorni dopo la caduta al Tour of Qatar. Aveva passato l’inverno sognando e progettando il Fiandre, con Scinto al fianco a dargli il ritmo e l’assillo. Sembrò una forzatura, eppure Pippo al Fiandre ci andò e arrivò secondo. Sbagliò il finale. E pur potendo provare a staccare Boonen, preferì rischiare la volata a tre con il belga e Ballan. E se tornò a casa con un secondo posto fastidioso e beffardo.

«Per me il Fiandre – riprende, mettendo per un po’ da parte le considerazioni su Van Aert – è sempre stata la corsa dei sogni, la più bella al mondo. Lo dico sempre a tutti e sicuramente è il mio rimpianto più grande. Da allora è cambiato tutto il mondo del ciclismo. E’ cambiato il modo di affrontare le corse, di allenarsi. Il modo in cui gli atleti affrontano la giornata e la corsa. E’ cambiato tutto il sistema ciclismo. Anche Boonen certe volte attaccava da lontano, però mai a 100 chilometri dall’arrivo. A volte ad Harelbeke gli piaceva partire su Taaienberg ai meno 80, come succede adesso, ma era diverso. Alla Tirreno-Adriatico e alla Sanremo, hanno fatto una media record. Ci sono i materiali, sicuramente, però io penso che ci sia un livello altissimo che rende molto più difficile vincere oggi che una volta. Infatti vincono sempre gli stessi, mentre prima anche nelle corse importanti poteva capitare un outsider. Adesso è difficile che arrivi un mezzo sconosciuto, se ci sono in giro quei 4-5 più forti. Vince sempre uno di loro».

Al Fiandre del 2012, Pozzato era il più forte in salita, ma scelse la volata e finì secondo
Al Fiandre del 2012, Pozzato era il più forte in salita, ma scelse la volata e finì secondo
Questo succede anche perché è cresciuto il livello delle squadre.

Tutti, tutti, tutti. C’è un livello altissimo. Ci sono quei tre-quattro che sono fuori categoria, fanno un altro sport. Quando ci sono loro, parti per fare dal quarto in poi. Dietro di loro hai un gruppo di 40-50 che vanno tutti alla stessa maniera, quindi il livello è molto più alto. Vedete come affrontano una volata adesso? Vanno talmente forte che più o meno restano tutti nella stessa posizione. E’ raro vedere uno che viene fuori da dietro e risale 4-5 posizioni come magari succedeva nei primi anni 2000. Adesso si prende la volata a 70 all’ora e si prosegue a 72-73. Guardate i rapporti che hanno, la cosa che mi sconvolge sono i rapporti che usano.

Di certo atleticamente c’è stato un grosso passo in avanti…

Verissimo. Le preparazioni sono cambiate. Poi ci sono sempre quelli un po’ ignoranti che insinuano e chiedono che cosa facciano adesso. Il bello è che non fanno niente. Hanno mezzi migliori, atleticamente sono preparati tutti quanti alla stessa maniera. Mangiano tutti in modo perfetto e non c’è più Armstrong che arriva come anni fa e mangia l’hamburger prima di partire. Adesso tutti sanno come fare e poi, secondo me, la specie umana si è evoluta. Le generazioni di adesso sono più forti rispetto a quelle di prima.

Il livello così alto significa che allenarsi in corsa è impossibile: si è smesso di andare piano.

Ricordo che nel 2010 chiesi di correre sempre per non allenarmi a casa. Finii l’anno con 102 giorni di corsa, che adesso è impossibile. Io avevo bisogno di arrivare a Sanremo vedendo che avevo fatto tot giornate di corsa, meglio 3 in più che una in meno. Adesso questi arrivano dall’inverno e il primo giorno che attaccano il numero, o sei preparato e vai come loro, altrimenti ti prendi una strinata di collo. Mi dicono i ragazzi con cui parlo che fanno paura. Arrivano da due o tre mesi che non corrono e fanno 80 chilometri di fuga, come Pogacar alla Strade Bianche. C’è un però…

Lo show di Pogacar alla Strade Bianche propiziato per Pozzato dall’assenza di rivali
Lo show di Pogacar alla Strade Bianche propiziato per Pozzato dall’assenza di rivali
Sarebbe?

Ha potuto farlo a quel modo perché non c’era nessuno del suo livello, quindi è parso ancora più impressionante. Se ci fossero stati 2-3 dei suoi colleghi fenomenali, sicuramente andavano via in quattro, poi facevano a schiaffoni in finale e magari si staccavano sull’ultimo pezzo o sulle Tolfe. Pogacar che parte a 81 chilometri dall’arrivo, fa sembrare che corre in un’altra categoria. Come adesso al Catalunya, che non c’era nessuno dei rivali ed è parso che giocasse. Come Vingegaard alla Tirreno. Se porti Van Der Poel a una corsa di un giorno, anche al Fiandre, e non c’è nessuno degli altri, quello gira attorno al gruppo.

Dici che in assenza di Van Aert, Alaphilippe al Fiandre potrebbe essere al livello dei migliori?

A me è dispiaciuto un sacco che negli ultimi due anni Sagan fosse in fase calante e come lui Julian. Credo che anche loro sarebbero stati belli… ignoranti da fare a schiaffi dalla mattina alla sera. Sarebbe stato divertentissimo vederli nelle classiche. Se Alaphilippe domenica può essere un faro? Sicuramente non è più quello di prima e la situazione in squadra con Lefevere non è idilliaca. Di fatto è pagato per i risultati che faceva prima e da manager posso capire che in certi momenti i sentimenti e il romanticismo finiscano, perché guardi al conto economico. E magari pensi che con gli stessi soldi potresti prendere altri due o tre corridori buoni che fanno risultato. Julian invece non vince più e l’incantesimo si è rotto.

Chissà se al suo meglio sarebbe competitivo con Van der Poel o Pogacar e anche Van Aert in certe classiche…

La mia sensazione è che lui sia forte, ma gli altri hanno motori più potenti del suo. Anche Pedersen secondo me è un bel corridore. Ieri parlavo con un preparatore della Soudal-Quick Step e si ragionava sul fatto che loro sono andati in altura per preparare le classiche e al ritorno non vanno come speravano. Invece i corridori della Lidl-Trek sono rimasti al livello del mare, hanno 28-30-32 anni e stanno volando. Forse c’è da pensare che ora l’altura va bene per le corse a tappe e non più per le classiche. Sono cose delicate, che cambiano sempre. Dicevamo di Van Aert che ha cambiato preparatore. E’ voluto partire più piano per andare forte nelle sue corse, invece è caduto e adesso è un bel problema. E lo sarebbe stato anche se, a cose normali, fosse arrivato al Fiandre e alla Roubaix e non avesse vinto.

Anche Pedersen è caduto ieri, ma se l’è cavata con qualche graffio: il Fiandre non è a rischio
Anche Pedersen è caduto ieri, ma se l’è cavata con qualche graffio: il Fiandre non è a rischio
Come seguirai il Fiandre?

Dal 2019 vado sempre in Belgio e sarà così anche quest’anno. Vado su con un po’ di clienti. Il sabato facciamo la Gran Fondo. Venerdì sera siamo a cena con Thomas (Van der Spiegel, ndr), l’amministratore delegato di Flanders Classics. La domenica andiamo alla partenza, poi li vediamo in altri 2-3 posti, quindi all’hospitality sul Quaremont per due passaggi e poi all’arrivo. Per me è la corsa più bella. Quest’anno viene un caro amico di Milano che abita a Monaco ed è gasatissimo, perché gli ho detto che per trovare qualcosa di più figo, deve andare a vedersi la finale del Superbowl. Mi dispiace che non ci sarà Van Aert perché sarebbe stato un altro spettacolo…

Harelbeke incorona VdP, Van Aert è lì: l’Inferno è alle porte

22.03.2024
5 min
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A 43,7 chilometri dall’arrivo, sull’ennesimo strappo di giornata, Wout Van Aert finisce nella canalina e ne esce con le “ossa rotte”. Cade a terra. Proprio in quel momento, in testa al drappello Mathieu Van der Poel affonda il colpo. I corridori della Lidl-Trek provano a rispondere, ma non c’è nulla da fare contro l’iridato. L’E3 Saxo Classic di Harelbeke finisce lì.

La cavalcata di VdP è ancora calda e nei nostri occhi. Un’azione memorabile, sontuosa potente in quello che è considerato il Piccolo Fiandre e soprattutto che apre di fatto la campagna del Nord. Okay, qualche corsa c’è già stata, ma dopo la Sanremo che teneva banco, è da qui che inizia il filotto vero e proprio del Nord.

Van der Poel (classe 1995) primo sul traguardo di Harelbeke dopo una fuga di 43,7 km. Inizia la campagna del Nord
Van der Poel (classe 1995) primo sul traguardo di Harelbeke dopo una fuga di 43,7 km. Inizia la campagna del Nord

Alessandro Ballan ha appena commentato su Rai Sport l’impresa di Van der Poel e il duello a distanza con Van Aert e subito dopo è passato ai nostri “microfoni”. L’E3 Saxo Classic ci può dare molti spunti in vista di ciò che verrà.

Alessandro, dunque, che corsa è stata e cosa hai visto?

Una netta superiorità di quei due, una superiorità stratosferica. Neanche il gioco di squadra della Lidl-Trek è riuscito a contrastarli. Vedevo che prendevano di petto i muri e facevano quel che volevano, anche lontano dall’arrivo. Ma è bello perché ci regala un ciclismo diverso. Io ero abituato ai miei tempi in cui c’era uno scatto solo, qui scattano da lontano. Le corse diventano un testa a testa in cui si mira a lasciare l’avversario senza energie.

Ciclismo moderno, ma vecchio stile…

Esatto, che poi sarebbe stato bello vedere la gara senza la caduta di Van Aert. Credo sarebbe stata una volata a due. E credo anche che, vista la gamba che aveva, l’avrebbe vinta VdP.

Tanta gente sulle strade della E3 Saxo Classic. E domenica ci sarà la Gand-Wevelgem
Tanta gente sulle strade della E3 Saxo Classic. E domenica ci sarà la Gand-Wevelgem
Dici che Van Aert avrebbe tenuto?

Credo di sì, perché alla fine le asperità erano finite. C’era un solo strappo vero dopo l’uscita dal Kwaremont. E a quel punto non si sarebbe più staccato. Io credo anche che Van Aert sia andato un po’ in crisi di fame. Vedevo che sull’ultimo muro cercava la borraccia e metteva le mani in tasca. E magari anche il freddo e la pioggia hanno fatto consumare di più.

In redazione parlavamo proprio di questa cosa. Andare in crisi di fame nella Visma-Lease a Bike è davvero raro. Che abbia pagato più del previsto il rientro dall’altura diretto alle corse?

Ci può stare anche questo. Van Aert è arrivato in Belgio il mercoledì, ma se inizia a scattare a 80 chilometri dall’arrivo, se è tutto un esci ed entra in strade e stradine, muri e pavé difficile mangiare. Penso alla tabella che ha pubblicato Gilbert sull’alimentazione di Pogacar alla Sanremo, ma mangiare lì è molto facile. Qui è complicato sin dalle prime battute. E se fai la corsa è facile dimenticarsi di mangiare. Non avere il tempo per farlo o per farlo nel momento opportuno.

VdP ha sfruttato ogni centimetro di strada. Dopo l’arrivo era davvero contento. Si è messo le mani sul casco, quasi incredulo dell’impresa
VdP ha sfruttato ogni centimetro di strada. Dopo l’arrivo era davvero contento. Si è messo le mani sul casco, quasi incredulo dell’impresa
Cosa ti aspetti per il proseguimento di questa campagna del Nord?

Penso che anche se va forte, Van der Poel crescerà ancora un po’. Comunque è solo alla seconda corsa. E molto di più crescerà Van Aert, il quale tra l’altro al Fiandre non commetterà lo stesso errore con l’alimentazione. 

Altri uomini?

Più che altro penso ad una squadra: la Lild-Trek. Oggi ne hanno piazzati quattro nei primi dieci. Hanno uomini esperti e potenti come Stuyven e Pedersen. Da loro mi aspetto qualcosa, magari proveranno ad anticipare. Penso al Fiandre dell’anno scorso. Se Pedersen avesse avuto 5” di più dopo il Pateberg magari avrebbe tenuto Pogacar e il finale sarebbe stato diverso.

Bene anche la UAE in termini di squadra, ma certo il livello è più basso…

Sì, Wellens e Politt sono bravi ma proprio Politt per esempio lo vedo già in calo rispetto alle prime corse del Belgio. Ho visto che si è mosso Alaphilippe, ma è stato un timido vedersi. Ha fatto uno scatto in un momento in cui non ce n’era bisogno. Forse perché aveva capito che non aveva la gamba.

Qui Trentin (24°) e Mozzato (22°). Assieme ad Albanese (8°) sono stati i migliori italiani
Qui Trentin (24°) e Mozzato (22°). Assieme ad Albanese (8°) sono stati i migliori italiani
E invece cosa ne pensi del fatto che VdP farà la Gand e Van Aert no?

Sono scelte. Oggi sappiamo come si allenano, come sanno entrare in forma. Se penso ai miei tempi, quando il calendario era anche un po’ diverso, mi piaceva fare Harelbeke e De Panne prima del Fiandre. Oggi la gara per certi aspetti non è più così necessaria. E poi bisogna considerare che fare certe corse è anche un rischio. Sono tutte nervose, ci sono 200 corridori che vogliono stare davanti, c’è l’incognita del meteo.

E noi italiani come guardiamo a questa campagna del Nord che si è aperta definitivamente oggi?

Bettiol è caduto, non so come sarebbe andato. Certo si è ritirato presto. Anche lui potrebbe giocare d’anticipo. E poi Trentin. E mi piacciono i due della Arkea-Samsic, Albanese e Mozzato, sono giovani e possono fare bene. E mi piaciuto, anche se non è italiano, lo spagnolo Oier Lazkano. Ha gamba, corre un po’ troppo “di petto”, spreca molto, ma ne ha.

Ultima domanda, Alessandro: anche per la Roubaix sarà un discorso a due?

Sono i più forti, ma la Roubaix è un po’ più aperta, penso a Stuyven, il secondo di oggi. Ma anche alle fughe che potrebbero incidere diversamente sull’andamento della corsa.

Due cardini e tanta qualità attorno: la Visma secondo Belli

11.03.2024
5 min
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A volte della Visma-Lease a Bike e persino della UAE Emirates, vale a dire la seconda e la prima squadra del ranking UCI, è stato detto che senza i campioni di vertice sono poco vincenti. Ma è davvero così? Se della squadra di Pogacar abbiamo già parlato, stavolta con Wladimir Belli ci concentriamo sui “calabroni” olandesi.

L’ex professionista e oggi commentatore tecnico di Eurosport è convinto che la Visma abbia due cardini, ma intorno la qualità c’è. Ed è tanta. Inoltre la squadra di Richard Plugge si sa anche rinnovare. La prova freschissima è Matteo Jorgenson, nuovo acquisto, che ha vinto la Parigi-Nizza.

In più aggiungiamo un dato che parla della crescita e della “rosa profonda”: nel 2023 la Visma ha vinto con 14 corridori diversi, la UAE con 17.

Wladimir Belli (classe 1970) è oggi un commentatore di Eurosport. E’ stato pro’ dal 1992 al 2007
Wladimir Belli (classe 1970) è oggi un commentatore di Eurosport. E’ stato pro’ dal 1992 al 2007

Due cardini

«La Visma-Lease a Bike – dice Belli – è impostata su due grandi corridori: Wout Van Aert per le classiche e Jonas Vingegaard per le corse a tappe. Certamente questi sono i fari, ma intorno ci sono tanti altri ottimi corridori. Hanno Laporte, che ha vinto la Gand anche se con l’aiuto di Van Aert ed è campione europeo.

«E poi anche se dovessero vincere “solo” una classica monumento con Van Aert e il Tour con Vingegaard sono a posto per l’intera stagione. Magari in tal senso Van Aert dovrebbe essere un filino più vincente. Perché lui c’è sempre, s’impegna, ma poi quell’altro, Van der Poel, è un cecchino e vince».

E’ chiaro che con corridori così tanto più forti e che danno garanzie – si veda Vingegaard, ma anche Pogacar – i compagni anche se sono dei campioni si ritrovano a fare i gregari. Ed è uno dei motivi per cui Roglic ha deciso di cambiare squadra. Alla Tirreno abbiamo visto tirare da lontano Kruijswijk e Van Baarle, gente che è salita sui podi di grandi Giri o ha vinto la Roubaix. Ci sta che poi certi campioni inevitabilmente catalizzino l’attenzione.

Mentre Vingegaard sollevava il Tridente della Tirreno, Jorgenson era sul palco della Parigi-Nizza. Altra doppietta Visma-Lease a Bike
Mentre Vingegaard sollevava il Tridente della Tirreno, Jorgenson era sul palco della Parigi-Nizza

Rendere al massimo

Belli poi tocca un altro paio di tasti davvero importanti: la capacità di rinnovare la squadra e soprattutto quella di fare rendere al meglio i corridori. Questo è possibile con una buona campagna acquisti e con un settore giovanile molto curato, anche nella ricerca dei talenti. Abbiamo visto per esempio il fondista norvegese Jorgen Nordhagen.

«La Visma è una squadra – prosegue Belli – che quando prende i corridori gli riesce a far fare il salto di qualità. Penso per esempio a Laporte. Alla Cofidis non era così, andava forte, ma non in questo modo e con questa costanza. Un altro esempio recente è Jorgenson. Alla Movistar era un giovane di buone prospettive, qui è già un vincente. E credo sarà la stessa cosa con Cian Uijtdebroeks. E poi hanno Koij, Tulett…

«Però, questo aspetto vale per un po’ tutti i top team attuali. La Ineos-Grenadiers in questo momento sta facendo un po’ più di fatica, ma di base stanno lavorando bene con i giovani. UAE Emirates solo quest’anno ha messo dentro Morgado e Del Toro e guardate come vanno».

Strand Hagenes, qui Affini con a ruota, altra giovanissima perla della corazzata olandese che molto piace a Belli
Strand Hagenes, qui Affini con a ruota, altra giovanissima perla della corazzata olandese che molto piace a Belli

Forza e tattiche moderne  

Un altro aspetto che può indurre al pensiero “oltre i grandi niente”, c’è anche il modo di correre di queste squadre. Ma se tocchiamo questo tasto in qualche modo torniamo al punto di prima: vale a dire che è “normale” che campioni di un certo calibro finiscano per catalizzare attenzioni ed energie.

Con un Vingegaard in questa condizione come si fa a lavorare per un Uijtdebroeks? La differenza è troppo netta. Le garanzie che dà il danese troppo superiori. E c’è un altro aspetto: i punti UCI oggi sono vitali.

«Il ciclismo è cambiato – spiega Belli – guardiamo alla frazione del Petrano. Se fosse stata disputata ai miei tempi e io fossi stato in maglia, tanto più dopo aver già vinto una tappa, avrei lasciato andare la fuga. Avrei lasciato tirare altri e se proprio si presentava l’occasione magari avrei pensato alla tappa. Vingegaard invece ha voluto vincere lo stesso. E forse è anche giusto. Il pubblico vuole lo spettacolo, vuole i migliori e non la corsa nella corsa. A Campo Imperatore lo scorso anno aspettavano i big».

Omloop Het Nieuwsblad: Tratnik precede Politt. Lo sloveno giocava di rimessa, con Van Aert nel gruppetto inseguitore
Omloop Het Nieuwsblad: Tratnik precede Politt. Lo sloveno giocava di rimessa, con Van Aert nel gruppetto inseguitore

Troppo forti?

Non sempre però essere i più forti, corrisponde ad adottare le tattiche migliori. Pensiamo alla Omloop Het Nieuswblad. La Visma-Lease a Bike, come ci ha raccontato anche Affini, ha lavorato alla perfezione fino all’esplosione della corsa e dei ventagli, ma poi ha rischiato di perdere. Alla fine davanti erano due: Tratnik (Visma) e Politt (UAE). Avevano il 50 per cento di possibilità a testa, mentre la Visma era nettamente più forte.

«Succede anche questo – commenta Belli – quel giorno magari gli è andata di lusso, ma… Primo: avevano talmente tanta energia più degli altri che avrebbero vinto con altri corridori. Secondo: questo è il vantaggio di avere comunque un Van Aert in gara. Se lui è tanto marcato, si può dare spazio ad altri e correre di rimessa».