Gobik presenta il “rebranding” di immagine e logo

23.08.2023
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Il brand spagnolo Gobik, specializzato nella produzione di abbigliamento per ciclismo, e ricordiamo partner quest’anno del team WorldTour Movistar, ha presentato ufficialmente il risultato del proprio “rebranding” aziendale. L’azienda ha illustrato ad alcuni media specializzati europei la personale nuova identità strettamente legata al rinnovato posizionamento sul mercato che lo stesso marchio intende presto raggiungere.

Questa nuova proposta creativa di Gobik si collega all’anticonformismo e al costante e rapido cambiamento del brand negli ultimi anni. Un aggiornamento che di base è ispirato dalla stretta sinergia tra il punto di partenza e la destinazione che si vuole raggiungere in un’ideale uscita in bicicletta. A qesto si aggiunge l’efficace slogan “What a ride” a sottolineare l’esperienza di ogni singola partenza ed il rapido raggiungimento di una costante crescita internazionale.

Crescita internazionale

Adesso, grazie allo stile grafico del nuovo logo e al già citato “claim”, unitamente al “restyling” del nome, Gobik intende trasmettere ed offrire una nuova identità visiva fondata su diversi aspetti che rispecchiano il carattere giovane ed irrequieto del marchio. Il percorso aziendale di Gobik si riassume dunque oggi in una nuova identità. La prima fedele alle caratteristiche che hanno reso famoso il marchio, prima in Spagna e poi a livello internazionale, con l’obiettivo di veicolare il messaggio del brand stesso verso il futuro e a tendere verso un’espansione sempre più ampia e capillare sui mercati più diversi.

Il vero “cuore” di questa evoluzione grafica è rappresentato dalla nuova “G”. Ridisegnata e personalizzata, in grado adesso di “lavorare” perfettamente in armonia con il nuovo simbolo. Quest’ultimo intende rappresentare una chiara testimonianza visiva del viaggio, di un punto di inizio e di un traguardo da raggiungere. Un nuovo elemento visivo che simboleggia la sinergia tra inizio e fine, con l’unione della prima e dell’ultima lettera del nome dell’azienda.

Un logo per durare

«Questo nostro importante lavoro di rebranding – ha dichiarato Albert Medrano, responsabile del marketing di Gobik – è stato diviso in due parti. In primis il restyling della parola Gobik, per cercare una miglior leggibilità nei vari formati, applicando un leggerissimo ritocco. In seconda battuta, la creazione di un nuovo logo. Un vero e proprio simbolo, che potesse consentirci di comunicare i nostri valori unendo la prima e l’ultima lettera del nostro marchio.

«Questo nuovo approccio è poi fedele alle radici del marchio e al percorso che abbiamo effettuato fino al giorno d’oggi. Ma è anche di più, perché riteniamo sia anche in grado di offrire una visione di noi stessi più contemporanea. Il nuovo logo Gobik nasce con l’aspirazione di camminare da solo nel futuro… E’ il nostro atteggiamento che caratterizza il nostro stile, dietro il design si trovano appunto un atteggiamento e un’intenzione, oltre a una visione della vita. Ed è indispensabile che i nostri capi siano in grado anche di trasmettere a tutti i nostri clienti questi valori e questi ideali».

Gobik ha dunque una nuova identità fedele alle sue caratteristiche: prima nate in Spagna e poi a livello internazionale
Gobik ha dunque una nuova identità fedele alle sue caratteristiche: prima nate in Spagna e poi a livello internazionale

«Quello che ci proponiamo di fare – ha aggiunto José Ramón Otín, CEO e co-fondatore di Gobik – è crescere, facendo in modo che l’energia che ci trasmette la bici e la forza di questo progetto si contagino. Il nostro obiettivo è quello di diventare davvero il marchio di tutti…».

Il nuovo logo Gobik sarà visibile su tutti i capi del marchio spagnolo già dalla prossima, prima “capsule” della collezione invernale Cold Season 2024 la cui uscita è prevista per il giorno venerdì 8 settembre.

Gobik

Pinotti, dicci: quali progetti avete su De Pretto?

19.08.2023
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La Jayco AlUla ha messo a segno, nell’estate calda e affollata di impegni del ciclismo, un bel colpo di mercato. Il team australiano ha preso Davide De Pretto dalla Zalf. Un corridore che ha dimostrato tanto in questi anni da under 23 e che lascia la continental veneta dopo due stagioni e tanti bei piazzamenti.

Per De Pretto (il secondo in maglia azzurra) quella di Glasgow è stata la seconda presenza al mondiale U23
Per De Pretto (il secondo in maglia azzurra) quella di Glasgow è stata la seconda presenza al mondiale U23

Seguito dal 2022

De Pretto ha 21 anni, nel ciclismo moderno è l’età giusta per passare professionista, e anche la Jayco lo sa, tant’è che lo segue da un anno ormai. Aveva iniziato con uno stage estivo, ad agosto, dove aveva preso le misure. Poi è arrivata la convocazione al ritiro invernale della Jayco-AlUla e, per completare il cerchio, ecco la firma su un biennale che lo porta ufficialmente nel WorldTour. Marco Pinotti è uno dei tecnici che lo ha seguito maggiormente in queste sue esperienze con il team australiano.

«Lo avevo seguito – racconta Pinotti – fin dallo stage del 2022, in realtà lo tenevo monitorato dall’inizio di quella stagione. E’ arrivato ad agosto non nella migliore della condizioni, arrivava dai mondiali di Wollongong e non ha avuto tanto tempo per ambientarsi e correre. Tuttavia non si era comportato male, al Giro dell’Emilia è stato l’unico a finire la corsa insieme a Colleoni. Mentre alla Tre Valli della Jayco è arrivato solo lui al traguardo».

De Pretto quest’anno ha ottenuto degli ottimi risultati nelle gare internazionali di inizio stagione (photors.it)
De Pretto quest’anno ha ottenuto degli ottimi risultati nelle gare internazionali di inizio stagione (photors.it)

Un anno dopo

Poi è arrivata la convocazione al ritiro di gennaio, dove De Pretto ha lavorato tanto con il team. Un rinnovo di fiducia importante, culminato con l’annuncio del suo approdo ufficiale alla Jayco AlUla, poche settimane fa. 

«Quei giorni di lavoro con noi in inverno – spiega Pinotti – gli hanno fatto bene. Sicuramente ha affrontato un buon blocco di lavoro, lo abbiamo spinto fuori dalla sua zona di comfort. Ne ha beneficiato, tanto che a inizio stagione è andato forte. E’ arrivato terzo al Piva, terzo alla Liegi U23 e secondo al Belvedere. Questo suo arrivo da noi è stata la chiusura di un cerchio, di un percorso studiato e portato avanti con precisione.

«Forse – continua – avrebbe potuto fare un anno di maturazione in più tra gli under 23, ma non alla Zalf. Da luglio abbiamo un accordo con la squadra di Axel Merckx (Hagens Bergman, ndr) e vogliamo lasciare da loro qualche corridore che deve crescere e maturare. Ma l’accordo con il team di Merckx è arrivato dopo quello con lo stesso De Pretto».

Già nel 2022, De Pretto ha avuto modo di fare uno stage con il team WorldTour (foto Instagram)
Già nel 2022, De Pretto ha avuto modo di fare uno stage con il team WorldTour (foto Instagram)

Ambientamento

I benefici che De Pretto può trarre dal correre subito con la Jayco-AlUla sono legati al suo ambientamento. Il giovane italiano arriva da un team completamente diverso rispetto a quella che può essere una WorldTour. Prendere le misure sarà importante per lui e per la squadra, così da non perdere troppo tempo. 

«Il suo percorso – dice nuovamente Pinotti – dovrà prevedere un periodo di ambientazione ad inizio anno. Il più grande ostacolo sarà la lingua, ecco perché nel ritiro che ha fatto con noi a gennaio lo abbiamo messo in gruppo con gli italiani (Zana, De Marchi, Sobrero, ndr). Sarebbe l’ideale fargli fare un avvicinamento come quello di Engelhardt. Il quale ha preso sempre più fiducia ed è arrivato a vincere due gare già alla sua prima stagione con noi.

«De Pretto – spiega Pinotti – è un corridore sveglio, sa correre bene e ha un buon spunto veloce. Un primo grande obiettivo potrebbe essere quello di farlo correre alla Liegi dei grandi, visto che a quella degli under 23 è arrivato terzo. E’ un’ipotesi, però si è visto che le corse che gli piacciono sono queste».

Al Giro Next Gen ha conquistato la maglia ciclamino, una bella prova per il corridore della Zalf (foto LaPresse)
Al Giro Next Gen ha conquistato la maglia ciclamino, una bella prova per il corridore della Zalf (foto LaPresse)

Un grande cambiamento

A De Pretto manca l’abitudine di correre con regolarità le corse a tappe, nel 2022 ne ha fatta solamente una. Mentre nel 2023 è a quota due, forse farà il Giro del Veneto, e così diventerebbero tre. E’ un numero basso, comunque, visto che nel ciclismo dei grandi ora si lavora per blocchi di lavoro e per corse a tappe, anche brevi.

«Il salto dalla Zalf alla Jayco – dice ancora Pinotti – è importante, da noi si fanno meno gare e ci sono più periodi per allenarsi. De Pretto dovrà essere bravo ad abituarsi e a costruire una grande resistenza per i periodi successivi. Un primo punto sul quale migliorare saranno sicuramente le salite lunghe, dove per peso e caratteristiche può crescere ancora. Lui però è il prototipo del corridore moderno: esplosivo, leggero e rapido».

Sobrero, in uscita a fine stagione, e De Pretto hanno caratteristiche simili nelle corse in linea
Sobrero, in uscita a fine stagione, e De Pretto hanno caratteristiche simili nelle corse in linea

Come Sobrero?

La Jayco-AlUla ha perso Sobrero, passato alla Bora-Hansgrohe di Gasparotto. L’arrivo, quasi simultaneo di De Pretto ha fatto sorgere una domanda: potrà sostituire il piemontese?

«De Pretto – conclude Pinotti – è un corridore che porta tanti punti e noi serviva un profilo così. Un atleta che può fare bene dai Paesi Baschi al Romandia e poi nelle classiche di fine stagione. La perdita di Sobrero ci fa dispiacere, abbiamo provato a tenerlo, ma non ci siamo riusciti. De Pretto e Sobrero si sono incontrati nel ritiro di Livigno, con una battuta ho detto a Sobrero: “Abbiamo trovato il tuo sostituto, che va più forte di te! Se rimani gli fai da gregario”. Chiaramente scherzavo, a livello di corse di un giorno sono simili, l’unica differenza è nelle tempistiche.

«Sobrero nel primo anno in Astana e al primo con noi non ha curato molto le gare in linea, sacrificando tutto alla cronometro. Quest’anno abbiamo provato a rimetterlo in carreggiata, ma gli mancava un po’ di abitudine, anche se poi ha vinto in Austria. Con De Pretto potremo subito concentrarsi sulla sua crescita nelle gare in linea, non avendo alternative sulle quali concentrarci. Sarei contento se De Pretto diventasse come Sobrero, o qualcosa in più. Speriamo che quest’ultimo ci lasci con un bella vittoria di tappa alla Vuelta, sarebbe un bel regalo».

Basso a ruota libera: i giovani, la Eolo, il ciclismo italiano

21.07.2023
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BORMIO – A due passi dal centro storico, in piazza Kuerc, appena finita la presentazione della sua Eolo-Kometa, Ivan Basso è stato preso d’assalto dai tifosi. Un amore che non è mai terminato nei confronti di chi il ciclismo lo ha onorato fino in fondo, sia quando era sui pedali, sia ora alla guida di una squadra. Nel ritiro di due settimane a Bormio, la Eolo-Kometa si è presentata con una ventina di corridori. Il Tour de France tiene banco e per la professional di Basso e Contador non è facile gestire questo periodo, inghiottito dalla Grande Boucle. 

Abbiamo incontrato Basso a Bormio, dopo la presentazione della Eolo-Kometa
Abbiamo incontrato Basso a Bormio, dopo la presentazione della Eolo-Kometa

Il tema dei giovani

Da una recente intervista a Giuseppe Martinelli siamo tornati a parlare dei giovani con la valigia in mano. Ivan Basso ha una squadra giovanile, legata alla professional, la quale ogni anno deve combattere con l’attrazione e le opportunità concesse dai devo team delle squadre WorldTour. I giovani migliori se ne vanno all’estero in cerca di occasioni più appetitose, ma qualcuno qua rimane. 

«Non ho dubbi nel pensarla allo stesso modo di “Martino” – attacca Basso – lui è un profondo conoscitore del ciclismo. Ha visto generazioni su generazioni di corridori. Partiamo da un esempio: il campione juniores Gualdi l’anno prossimo sarà alla Circus-ReUz, devo team della Intermarché. Bellissima squadra, ma è chiaro che dall’altro punto di vista, ovvero il nostro, ho notato una mancanza di presa di considerazione.

«I ragazzi non pensano nemmeno che ci sia questa opportunità, l’atleta ci pensa solamente se ha un’influenza esterna, come può essere quella del diesse di riferimento da junior o il procuratore, i quali credono più negli uomini che nei progetti. Il fatto che gli juniores italiani più forti non abbiano nemmeno preso in considerazione di venire a correre da noi è un dato di fatto. Del quale è opportuno tenere conto».

Qualcuno c’è

Il materiale umano sul quale lavorare c’è, anche nelle squadre professional italiane. Per la Eolo-Kometa basta pensare a Piganzoli e Tercero, due corridori cresciuti nel team under 23 e poi passati alla professional.

«Tercero e Piganzoli – continua Basso – sono due esempi di corridori che hanno intrapreso un cammino di crescita con noi e lo stanno continuando. Lo fanno attraverso degli step ed è giusto, a mio modo di vedere, aspettare che il loro talento fiorisca del tutto. Nel team under 23 (la Fundacion Alberto Contador, ndr) abbiamo altri ragazzi che crescono. Tommaso Bessega ha vinto l’ultima tappa della Vuelta Ciclista a Zamora. Alleva e Bagnara stanno crescendo e vanno sempre più forte. Quella dei Bessega (classe 2004, ndr) è stata l’ultima a credere nel nostro progetto.

«Allora mi viene da fare un esame di coscienza e mi chiedo: “Siamo capaci o no di fare il nostro lavoro?”. Io credo di sì. Per noi la categoria under 23 è funzionale a portarli in prima squadra a tempo debito. Se avete letto il mio allarme degli ultimi mesi – riprende – dobbiamo essere noi a convincere i ragazzi della bontà del nostro progetto. Sto lavorando affinché questo trend cambi».

Basta aspettare

Ivan Basso parla ed attira la nostra attenzione, la sua bravura è farti immaginare quello che ha in mente. La Eolo-Kometa esiste da pochi anni e solamente da tre fa parte del circuito professional. Manca nei ragazzi, o chi per loro, la consapevolezza che questo progetto esiste e funziona. Più esperienza sarà messa alle spalle maggiore sarà la solidità mostrata all’esterno.

«Non posso criticare – dice Basso – chi va in altre realtà, devo preoccuparmi di portare la mia il più in alto possibile. Bisogna fare autocritica, ovvero cercare di capire dove si sbaglia, o cosa può essere fatto meglio».

Il tema dell’assenza di una squadra WorldTour italiana è al centro di tante interviste e di critiche rivolte al nostro movimento. A questa domanda Basso parte diretto, senza pensarci due volte, con la stessa determinazione di quando scattava in salita.

«Sono in completo disaccordo – afferma – in Italia ci dobbiamo preoccupare che stanno sparendo anche le squadre professional, non che manchi la WorldTour. Le squadre come la nostra devono lottare per sopravvivere. A budget siamo a livello più basso in Europa, iniziamo a pensare di fare un team professional che si piazzi tra le prime tre d’Europa per investimenti. Per passare da una professional come la nostra ad una delle migliori al mondo devo raddoppiare il budget».

Ivan Basso già durante il Giro d’Italia aveva sollevato il problema degli investimenti nel ciclismo
Ivan Basso già durante il Giro d’Italia aveva sollevato il problema degli investimenti nel ciclismo

Investimento

La parola chiave del discorso di Basso è proprio questa: investimento. Bisogna crescere un passo alla volta e il varesino ritiene che la Eolo abbia dimostrato di avere un’identità importante e continuerà a crescere.

«Se mi si chiede in quanto tempo – dice – non lo posso sapere. In Italia manca il supporto alle squadre professional esistenti, che possano andare nella parte alta della classifica. Con supporto intendo che dobbiamo essere più bravi a convincere gli sponsor ad investire (è di ieri la notizia che accanto al suo team è approdato un nome importante come Polti, ndr). Se ho più soldi prendo corridori migliori, ottengo più risultati, e il ritorno d’immagine aumenta. Non vinco una tappa al Giro ogni due anni, magari ne vinco due all’anno. Ma soprattutto, al posto di tenere i corridori fermi, a luglio, li portiamo a correre. Oppure al posto che fare due ritiri al Teide ne fai quattro o cinque. Qui a Bormio vieni tre o quattro volte all’anno. I margini per crescere ci sono, bisogna avere anche il coraggio di investire».

Ekoi con il Tour de Pologne: i valori sono condivisi

24.06.2023
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Il brand francese Ekoi, riconosciuto ed apprezzato marchio produttore di abbigliamento ed accessori per il ciclismo, è entrato a far parte della grande famiglia del Tour de Pologne, definendo una rilevante partnership all’insegna di alcuni importanti valori che stanno particolarmente a cuore al Lang Team, quest’ultimo il comitato organizzatore dell’evento ciclistico polacco. Per oltre quindici anni Ekoi si è ben distinto all’interno del palcoscenico degli eventi UCI WorldTour e questo grazie al supporto diretto offerto a numerose squadre professionistiche e alla propria, riconosciuta esperienza nella produzione di abbigliamento, di caschi ed occhiali. Da quest’anno Ekoi sarà anche per la prima volta partner di un evento UCI WorldTour

Per la prima volta nella sua storia Ekoi sarà sponsor di un eventi del circuito UCI WorldTour
Per la prima volta nella sua storia Ekoi sarà sponsor di un eventi del circuito UCI WorldTour

Partnership “emotiva” e commerciale

«La collaborazione con Ekoi – ha dichiarato Czeslaw Lang – promette davvero molto bene. Sono particolarmente lieto che un’azienda di portata internazionale, che condivide con noi valori come la sicurezza dei corridori, si unisca alla schiera dei nostri partner. Nell’ambito della nostra collaborazione, verrà preparata una collezione speciale di caschi con il logo del Tour de Pologne. Sono fermamente convinto che questa iniziativa rafforzerà la posizione di Ekoi sul mercato polacco».

«Il Giro di Polonia – ha ribattuto Jean-Christophe Rattel, il fondatore di Ekoi – è per la sua storia e per i campioni che lo hanno vinto un evento imperdibile del calendario ciclistico mondiale. E l’arrivo di John Lelangue come Direttore Generale del Lang Team ha reso possibile questa partnership molto importante per noi, sia dal punto di vista emotivo che commerciale, perché la Polonia è un mercato importante e in crescita, oltre ad essere un paese con una grande cultura ciclistica».

Il brand francese di caschi e abbigliamento sportivo segue da vicino i corridori della Israel Premier Tech
Il brand francese di caschi e abbigliamento sportivo segue da vicino i corridori della Israel Premier Tech

Edizione speciale in arrivo

Durante lo svolgimento delle sette tappe del Tour de Pologne 2023, in programma lo ricordiamo dal 29 luglio al 4 agosto, tutti i caschi e gli occhiali Ekoi saranno presentati al pubblico nell’ambito del villaggio dedicato agli sponsor. Una presenza rafforzata dal fatto che squadre come Cofidis e Arkéa-Samsic saranno in corsa con prodotti simili a quelli esposti e disponibili per la vendita.

Quello tra Ekoi e il Tour de Pologne si annuncia dunque come un legame tra due realtà che promettono azioni di co-branding dalle interessanti prospettive future, anche per contribuire ad allargare la cerchia di sponsor storici del grande evento polacco rafforzando la cooperazione tra eventi e aziende.

Ekoi

Feat Ultimate: la rivoluzione delle scarpe arriva da Nimbl

28.04.2023
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Nimbl presenta le nuove Feat Ultimate, ultime arrivate della famiglia di prodotti a quadrante singolo. Il marchio italiano offre delle calzature da ciclismo che hanno proprietà di livello mondiale, sotto ogni profilo, soprattutto quello prestazionale. Ogni caratteristica delle scarpe Nimbl racchiude tutti gli insegnamenti provenienti dai campioni della pista e del WorldTour. D’altronde si è visto che lavorare a stretto contatto con atleti di alto profilo offre dei feedback prestazionali impareggiabili.

Con le nuove Feat Ultimate, Nimbl ha rinnovato la propria collezione di calzature con un solo rotore BOA
Con le nuove Feat Ultimate, Nimbl ha rinnovato la propria collezione di calzature con un solo rotore BOA

Leggere

Le scarpe Feat Ultimate sono tra le più leggeri nel mondo del ciclismo, la piattaforma in carbonio invece è una tra le più rigide. Questa caratteristica ha reso le Feat Ultimate le scarpe preferite dai campioni mondiali di sprint su pista. Un dettaglio che non tutti probabilmente conoscono è che le calzature Nimbl si distinguono per le elevate prestazioni aerodinamiche

Si tratta di una scarpa di assoluto riferimento tecnico, che pesa solamente 185 grammi (nella taglia 42). Un prodotto stabile, efficiente ed aerodinamica. 

Il flap superiore avvolge il piede e lo tiene ben saldo, per non farlo muovere all’interno della scarpa
Il flap superiore avvolge il piede e lo tiene ben saldo, per non farlo muovere all’interno della scarpa

Telaio brevettato

Le Feat Ultimate sono costruite partendo dal telaio in carbonio brevettato Nimbl, noto per la sua rigidità e il grande trasferimento di potenza. I tecnici hanno portato quest’ultima caratteristica, abbinata alla stabilità del piede, ad un livello superiore. Per farlo è stato utilizzato un nuovo metodo: il Carbon Power Strap, così da mantenere i piedi in posizione. Infine, il sistema di chiusura a quadrante singolo consente una regolazione perfetta in ogni momento.

Una parte importante per lo sviluppo è arrivato da Dan Bigham, responsabile delle prestazioni della Ineos Grenadiers ed ex detentore del record dell’Ora. La sua scelta, dopo numerosi test, è ricaduta sulle calzature Nimbl. I vari studi hanno infatti riportato che le scarpe Nimbl offrono ben 200 metri in più durante un’ora, corsa a 55 chilometri orari di media. 

«Abbiamo collaborato con il team Nimbl – ha detto Bigham – per spingere ulteriormente il suo design, ottenendo un paio di scarpe che hanno reso un ulteriore guadagno di 200 metri. Un risultato unico che va oltre il guadagno marginale».

La suola rigida permette di trasferire tutta la potenza sui pedali, senza perdere nemmeno un watt
La suola rigida permette di trasferire tutta la potenza sui pedali, senza perdere nemmeno un watt

Le parole di Nimbl

Sara Verducci ci guida poi in quelli che sono i segreti e le innovazioni delle scarpe Feat Ultimate, tutto nasce dalla voglia di rinnovarsi sempre.

«La nostra – racconta – è un’azienda artigianale, i progetti nascono da un’idea e poi vengono sviluppati in più fasi. La nuova scarpa della linea Feat ha preso forma quando ci siamo resi conto di voler rinnovare il modello a un BOA. Crediamo fermamente in questa soluzione di chiusura ed anche gli atleti con i quali collaboriamo sono della nostra stessa idea.

«La Feat Ultimate – riprende – è un prodotto che ha l’intento di garantire la massima trasmissione di potenza sui pedali, senza tuttavia perdere comfort. Il flap da noi ideato è una costruzione che avvolge il piede dell’atleta da sopra, come una mano. Si unisce perfettamente alla suola estremamente rigida. Queste due caratteristiche agiscono insieme e fanno diventare un tutt’uno il piede ed il pedale. Il flap è costruito in carbonio, è leggero ma di grande resistenza e non si lacera al contatto con il rotore BOA. Un altro particolare che abbiamo curato nei minimi dettagli è la linguetta, non è separata dal resto della scarpa ma entra nella tomaia. Non vi è alcuna pressione sul collo del piede, anche perché risulta perfettamente imbottita».

Nimbl

Madiot attacca il potere dei giganti. E Gianetti risponde

26.04.2023
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I numeri non mentono. Le grandi classiche della primavera hanno premiato sempre e comunque il ristrettissimo lotto di fenomeni che sta caratterizzando il ciclismo contemporaneo: il pupillo di Gianetti Pogacar primo a Fiandre, Amstel e Freccia (e se non fosse caduto alla Liegi…), Van Der Poel autore della doppietta SanremoRoubaix, Evenepoel al bis di Liegi, Van Aert che batte i due rivali VDP e Pogacar alla E3 Saxo Classic e fa un grazioso regalo a Laporte alla Gand-Wevelgem e mettiamoci pure Pidcock alla Strade Bianche. I nomi sono sempre gli stessi.

Tutto ciò, al di là dell’immenso talento dei nominati, si traduce anche in uno strapotere dei rispettivi team. Tre gare su quattro finiscono sempre nel ristrettissimo lotto delle stesse formazioni: Uae Team Emirates, Jumbo Visma, Alpecin Deceuninck, Soudal QuickStep e possiamo aggiungerci anche Ineos Grenadiers, in ripresa negli ultimi giorni. Agli altri restano solo le briciole. E se dalla parte dei tifosi c’è chi comincia a lamentarsi perché vincono sempre gli stessi e si perde interesse, dall’altro è nello stesso ambiente che arrivano stoccate non di poco conto.

Marc Madiot ha fatto sentire la sua voce contro lo strapotere dei fenomeni (foto facebook/GroupamaFdj)
Madiot ha fatto sentire la sua voce contro lo strapotere dei fenomeni (foto facebook/GroupamaFdj)

Madiot contro il sistema

A innescare la miccia è stato Marc Madiot, team manager della Groupama FDJ che, intervistato dalla Derniere Heure, ha sottolineato come tutto ciò non sia figlio solo del talento dei campioni, ma anche e forse soprattutto delle differenze di budget in seno allo stesso WorldTour.

«Qui le squadre giganti controllano tutto – ha detto – noi siamo lassù nelle corse a tappe e nelle classiche. Ma non vinciamo e non vinceremo. Non possiamo».

Parole pesanti, che meritavano una replica da chi è chiamato in causa e a rispondere è Mauro Gianetti, suo omologo all’Uae Team Emirates.

«Immaginavo che sarei stato chiamato su questo argomento», è il suo esordio, ma la discussione, seppur delicata e per certi versi provocatoria, lo vede estremamente pronto a ribattere. «Ci sono dei momenti in cui alcuni campioni fanno la differenza sugli altri, è sempre stato così. Che cosa si dovrebbe cambiare? Credo che metterci a rincorrere nuovi regolamenti in ogni periodo storico probabilmente non sarebbe la strada giusta».

Gianetti insieme a Pogacar: il team manager elvetico si tiene stretto il suo fenomeno
Gianetti insieme a Pogacar: il team manager elvetico si tiene stretto il suo fenomeno

Gli investimenti delle aziende

«E’ proprio il richiamo del ciclismo attuale – prosegue – che ha portato grandi aziende internazionali a essere coinvolte e questo è un bene per l’evoluzione di questo sport. Aziende che rappresentano anche Paesi, come nel nostro caso».

Gianetti tiene a mettere l’accento proprio sull’aspetto commerciale: «Il ciclismo è un veicolo pubblicitario che attrae moltissimo per qualsiasi tipo di filosofia, marchio o prodotto che voglia essere così promosso a livello mondiale. Vediamo tante aziende che si affacciano al ciclismo, aziende di livello altissimo che scelgono questo in luogo di altri sport, come lo stesso calcio».

Pogacar ed Evenepoel, due degli “dei” che stanno riscrivendo la storia del ciclismo
Pogacar ed Evenepoel, due degli “dei” che stanno riscrivendo la storia del ciclismo

Ipotesi salary cap

Madiot però parla di un sistema da rivedere ed equilibrare com’è stato fatto in altri sport, ad esempio nel basket Nba con l’introduzione del “salary cap”, sarebbe possibile farlo anche qui o il ciclismo è più vicino a un sistema di libero mercato come esiste nel calcio?

«Questo è un discorso abbastanza complesso – replica Gianetti – non si può ridurre la discussione al salary cap senza che pensiamo a costruire le infrastrutture per introdurlo. Ad esempio bisognerebbe rimettere completamente mano al calendario di corse, ai roster delle squadre da ridurre drasticamente.

«Non possiamo farlo senza avere un’identificazione di cosa siano le gare importanti o meno, perché oggi sotto questo aspetto c’è un po’ di confusione per il pubblico, quello non propriamente addentro al nostro mondo che non capisce quali siano le gare realmente importanti. Se ne può parlare, va benissimo, purché sia fatto in un contesto globale. Ma non dimentichiamo un fatto: i fenomeni rimangono fenomeni. Chi li ha è avvantaggiato e lo sarà sempre perché così è sempre stato».

Anche Lavenu della AG2R ha criticato la sproporzione di budget fra i team (foto Le Dauphinee)
Anche Lavenu della AG2R ha criticato la sproporzione di budget fra i team (foto Le Dauphinee)

Le differenze con il basket

Proviamo allora ad allargare un po’ il discorso anche oltre le provocazioni di Madiot: potrebbe essere pensabile un sistema di reclutamento per juniores e under 23 diciamo simile a quello dei draft americani con le squadre più arretrate nel ranking del WorldTour che abbiano una preferenza nella chiamata?

«Siamo talmente lontani dal concetto nel ciclismo – osserva Gianetti – che anche in questo caso non è pensabile di copiare questa regola. Il sistema attuale non lo permette, il corridore deve avere il diritto di scegliere la proposta migliore, economicamente e non solo. Non siamo il basket, il ciclismo è qualcosa di diverso. Ci sono tanti aspetti da valutare nella scelta di un team o di un corridore, così sarebbe tutto semplicistico.

«Se c’è la voglia di fare qualcosa – prosegue – deve essere fatto a livello globale. Ma anche lì è difficile trovare la quadra, perché ovviamente gli organizzatori hanno degli interessi che sono diversi da quelli delle squadre e l’Uci deve stare in mezzo a cercare di gestire al meglio».

Thomas e Geoghegan Hart, stelle della Ineos che sta riemergendo dopo un avvio difficile
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Il problema delle leggi diverse

«E’ da quando sono nel mondo del ciclismo – rilancia Gianetti – che si sente parlare di riforme, eppure ci sono stati cambiamenti nel WorldTour che hanno comunque portato benefici. Guardiamo le aziende che sono entrate in questo mondo, la Tudor ad esempio, ma anche colossi come la Ineos, parliamo di aziende veramente mondiali. Queste sono entrate con investimenti che indubbiamente costituiscono un rischio. Ma pur non avendo una garanzia totale, sanno che almeno per 2-3 anni avranno diritto alla partecipazione nelle gare più importanti a livello televisivo e d’immagine».

Nella sua intervista Madiot mette l’accento su un punto: le squadre appartenenti al WorldTour non partono alla pari, perché alcune, come le francesi, devono sottostare a una legislazione diversa, con i corridori impiegati a tempo pieno e quindi con tasse e contributi da pagare, come a dire: «Spendiamo di più e otteniamo forzatamente di meno».

Evenepoel a Liegi ha scritto l’ultima delle grandi imprese di questa straordinaria primavera a pedali
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Il ciclismo, sport planetario

«E’ vero – sottolinea Gianetti – ma la forza del ciclismo è che è uno sport mondiale, il che per certi versi è anche una debolezza. Se tutte le squadre avessero sede nello stesso Paese, sarebbe tutto più semplice, anche per l’adozione delle regole di cui abbiamo detto, ma non è così e chiaramente la Federazione mondiale deve cercare formule per mettere tutti il più possibile alla pari, ma non è semplice. Considerate che non c’è altro sport planetario come il ciclismo: si corre in tutti i Continenti, ogni marchio viene diffuso in ogni Paese, neanche il calcio ha questo potere».

Madiot nella sua intervista sottolinea come quasi il 75 per cento delle gare finisca nelle mani di un pugno di team, è una situazione destinata a cambiare?

«Diciamo che è una situazione figlia di un periodo straordinario – conclude Gianetti – perché ci sono questi fenomeni che fanno un bellissimo ciclismo, quantomeno tra di loro. E’ chiaro che arriveranno altri fenomeni, perché vediamo generazioni di ragazzi giovani e ambiziosi forti che stanno crescendo. Nulla dura per sempre. Per cui è chiaro che bisogna continuare a lavorare seriamente e impegnarsi. Poi io sono chiamato direttamente in causa grazie a Tadej e vorrei che questo tempo durasse ancora molto a lungo, intanto che c’è godiamoci il momento spettacolare del ciclismo attuale».

Professional e WT divario enorme. Riflessioni con Frassi

18.03.2023
4 min
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La Tirreno-Adriatico ha sottolineato ancora una volta la distanza siderale fra le squadre WorldTour e le professional. Non solo le classifiche parlano chiaro, ma anche l’andamento delle corse. Quando si entra nel vivo della gara e squadroni come la Jumbo-Visma o la Soudal-Quick Step aprono il gas è davvero raro vedere un corridore di una professional nel drappello di testa.

Sia chiaro, non stiamo muovendo critiche a nessuno, anzi… Da italiani ci dispiace che le “nostre” squadre (che non sono WT) facciano fatica. Semmai vogliamo fare un’analisi in prospettiva.

Come si farà quando arriveranno le tappe più dure del Giro d’Italia? Cosa potrebbe accadere se in una tappa appenninica la corsa si accendesse sin dalle prime battute? Il rischio del tempo massimo sarebbe concreto?

Francesco Frassi è il direttore sportivo del Team Corratec
Francesco Frassi è il direttore sportivo del Team Corratec

Una foto che parla

Ne abbiamo parlato con Francesco Frassi, direttore sportivo del Team Corratec. E ne abbiamo parlato con lui prendendo spunto da una situazione che si è verificata nella frazione di Osimo, la tappa dei muri. Una situazione che riguardava giusto il suo team.

A un paio di tornate dalla fine c’erano quattro corridori della Corratec tutti insieme, da soli (in apertura foto Instagram) e dietro altri quattro Corratec in un gruppetto più folto. Questa situazione ci ha fatto riflettere. E ci ha portato da Frassi.

«Quella foto – spiega il diesse toscano – ritrae un momento particolare. Si è verificata una situazione in cui qualcuno dei nostri era più avanti, qualcuno era più indietro e si sono trovati raggruppati insieme. E’ vero, il divario è ampio, ma noi siamo tranquilli per il Giro. 

«Si sa che con la qualità che c’era alla Tirreno ottenere un risultato era difficile. Noi quel giorno volevamo prendere la fuga e ci siamo anche riusciti con Valerio Conti e Alex Konychev, poi lui si è staccato sotto le “trenate” di Van der Poel. Da parte mia posso dire, per esempio, che Conti inizia a stare bene. Si è mosso un paio di volte. Ad Osimo una volta ripresa la fuga, ha preferito aspettare il gruppetto dietro».

Segnali positivi: Gandin ha indossato la maglia verde. La Green Project, invece, tutto sommato si è difesa bene nella classifica a squadre
Gandin ha indossato la maglia verde. La Green Project, invece, si è difesa bene nella classifica a squadre

Un super allenamento

In ogni caso da una situazione così, le professional possono trarre dei dati preziosi per capire quanto e dove andare a lavorare. In cosa possono migliorare. Il bicchiere va guardato assolutamente mezzo pieno.

«Come detto – prosegue Frassi – c’è un divario grandissimo, ma ho visto anche tante squadre WorldTour soffrire. Noi abbiamo fatto un programma per cui i ragazzi non erano al 100% per questa gara. Sono tutti in crescendo di condizione. Sono convinto che arriveremo al Giro al meglio e ognuno potrà fare la sua figura.

«Abbiamo avuto momenti di difficoltà, ma non siamo stati i soli. Ho visto anche corridori di squadre più grandi o di una professional come la TotalEnergies con delle crisi importanti. Corridori che si sono ritrovati da soli col fine gara dietro.

«Noi almeno nelle fughe abbiamo provato ad entrarci. E quando poi la fuga non andava, abbiamo preferito fare il gruppetto per arrivare alla fine della settimana con l’obiettivo di portare a casa un lavoro che ci permette di crescere e di trovare la condizione ottimale per le prossime gare. Penso alla Per Sempre Alfredo, alla Coppi e Bartali, al Giro di Sicilia».

Steff Cras ad Osimo è arrivato ultimo ad oltre 5′ dal penultimo. In coda molti atleti anche di Jayco e Astana (foto @Agencezoom)
Steff Cras ad Osimo è arrivato ultimo ad oltre 5′ dal penultimo. In coda molti atleti anche di Jayco e Astana (foto @Agencezoom)

Non solo professional

Frassi dice che anche altre squadre più blasonate hanno faticato ed è vero. TotalEnergies, ma anche Astana Qazaqstan e Jayco-Alula (terzultima e penultima nella classifica a squadre) non se la sono vista bene, a fronte di budget ben maggiori. Anche Roberto Reverberi ci aveva fatto notare questa cosa in una battuta al via di San Benedetto. Ma quattro corridori tutti assieme e da soli fanno pensare che il livello atletico sia quello. C’è da rifletterci.

«Noi – dice Frassi – interpretiamo la gara secondo una nostra ottica. In questo caso cercando la fuga e vedendo la corsa nel suo insieme come un super allenamento di sette giorni.

«Una partenza come quella di Osimo ti trasforma la gamba e per noi è buono essere stati davanti in quel momento. Entrare in quella fuga non era facile e questo conta molto per noi. Alla Coppi e Bartali non ci saranno 18 WorldTour, ma nove e magari qualcosa potrà cambiare».

«E poi c’è un altro aspetto che mi piace sottolineare. E’ in queste situazioni che si conoscono davvero gli atleti, che si fa gruppo. In ritiro, il corridore ha un determinato carattere perché c’è più tranquillità, ma è con le difficoltà e lo stress della corsa che lo conosci davvero. E dal mio gruppo ho avuto dei buoni feedback.

«Tutto ciò ci serve per capire dove migliorare, su chi si può fare leva per ottenere di più e ottenere indicazioni sul piano atletico».

Bianchi celebra il ritorno nel WorldTour

16.03.2023
3 min
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Per Bianchi il 2023 è davvero un anno speciale. Segna infatti il ritorno dello storico marchio di Treviglio nel WorldTour grazie alla partnership tecnica con il team Arkea-Samsic. Da quest’anno la formazione francese, che ha in Warren Barguil e Nacer Bouhanni le sue due prime punte, gareggia infatti su bici Bianchi ed in particolare sulla nuova Oltre RC.

Il telaio della Specialissima è interamente verniciato a mano in Italia
Il telaio della Specialissima è interamente verniciato a mano in Italia

Una Specialissima… speciale

Per festeggiare il ritorno nel WorldTour, Bianchi ha deciso di realizzare un’edizione limitata e davvero speciale di un telaio che ha rappresentato un capitolo importante della sua storia recente. Stiamo parlando della Specialissima, che oggi viene presentata in una edizione limitata chiamata “Pro Racing Team”, realizzata dal Reparto Corse Bianchi. Una caratteristica questa che accomuna tutti i prodotti road dell’azienda di Treviglio

La Specialissima “Pro Racing Team” è stata pensata come un’opera d’arte per appassionati del marchio bergamasco. Non si tratta però di un semplice telaio di collezione. La “Pro Racing Team” è infatti in grado di primeggiare su strada coniugando al meglio ricercatezza estetica, leggerezza e prestazione sportiva.

Il peso è estremamente contenuto: solo 750 grammi
Il peso è estremamente contenuto: solo 750 grammi

Qualche dato

Stiamo parlando di un telaio estremamente leggero. Nella taglia 55 l’ago della bilancia fa infatti segnare solamente 750 grammi. Tutto ciò non va a discapito della rigidità, un aspetto questo, insieme alla leggerezza, che sta particolarmente a cuore agli atleti impegnati nel WorldTour. La Specialissima è da sempre una bicicletta che nasce per aggredire al meglio la salita e per affrontare in sicurezza e velocità la discesa, garantendo la massima trasmissione di potenza sull’asfalto e una reattività senza eguali.

Nel packaging è incluso anche il libro di Casa Bianchi
Nel packaging è incluso anche il libro di Casa Bianchi

Grafica affascinante

I designer Bianchi hanno studiato per la Specialissima “Pro Racing Team” un affascinante progetto grafico che esalta le forme e l’anima racing del telaio ultraleggero, esaltandone le qualità prestazionali. Sul telaio, un elegante e tecnologico grigio-antracite, creato appositamente per questo modello, è inframezzato da inserti geometrici nell’iconico Celeste Bianchi. Il telaio, verniciato a mano in Italia dagli esperti artigiani di Bianchi, è impreziosito dalla firma Reparto Corse posizionata sulla forcella e dal logo “Pro Racing Team” che appare sul tubo piantone.

Specialissima “Pro Racing Team” è disponibile in edizione speciale e limitata in esclusiva su bianchi.com al costo di euro 4.499.

L’esclusivo packaging include, oltre al kit telaio e forcella, anche una brochure che racconta attraverso immagini e testi il progetto Specialissima “Pro Racing Team”, ed il nuovissimo libro da collezione “Casa Bianchi”.

Bianchi

Le 45 squadre di Elite: una miniera di idee e feedback

13.03.2023
3 min
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Come se fosse il roster di un team pronto al debutto stagionale, nelle scorse settimane Elite ha annunciato l’elenco completo delle squadre che nel 2023 potranno contare sul suo supporto tecnico (in apertura foto Facebook/Elite).

Limitandoci al solo ciclismo su strada, nel WorldTour maschile possiamo segnalare i seguenti team: UAE Emirates, Ineos Grenadier, Alpecin Deceuninck, Bahrain Victorious, Movistar Team, Groupama-FDJ, Team DSM, Jayco-AlUla, AG2r, Intermarché-Circus-Wanty, Cofidis, Arkea Samsic. Folta anche la presenza nel mondo del ciclismo femminile. Complessivamente nel 2023 saranno ben 45 i team strada sponsorizzati.

Non solo team maschili nell’universo del brand (foto Facebook/Elite)
Non solo team maschili nell’universo del brand (foto Facebook/Elite)

Prodotti per ogni esigenza

Sono davvero tanti e diversi fra loro i prodotti forniti anche quest’anno dall’azienda veneta ai team di cui è sponsor. Ciascuno di questi ricopre un ruolo ben preciso, a seconda che debba essere utilizzato prima, durante e dopo una gara o anche un allenamento.

Tra i tanti “strumenti di lavoro” forniti ai team possiamo segnalare i seguenti:

  • Justo, il rullo con il sensore di potenza integrato che permette la possibilità di fare da ponte con fascia cardio e i piedini Flex Feet, che aiutano a rispettare la biomeccanica della pedalata e a replicare le micro-oscillazioni della bici all’aperto.
  • Suito-T, il rullo più compatto e funzionale presente sul mercato. Perfetto per garantire grandi prestazioni e comodità con una struttura leggera e compatta e caratteristiche di alto livello che se ben sfruttate possono rendere fruttuoso ogni allenamento.
  • Fly Team, la borraccia più usata dalle squadre per la sua leggerezza, studiata per offrire un getto d’acqua veloce e abbondante con una minima pressione della mano.
  • I portaborraccia Vico, Leggero Carbon, Custom Race Plus.

Elite ha pensato anche alle situazioni fuori corsa attraverso la fornitura di Borson, una borsa da viaggio in grado di garantire protezione a telaio, ruote e deragliatore

Meccanici e massaggiatori potranno contare rispettivamente sul cavalletto per la manutenzione della bici Workstand Race FC e sulle creme e i gel Ozone.

L’importanza dei team

Per un’azienda come Elite è fondamentale poter collaborare con team di alto livello, come conferma Marco Cavallin, Sponsorship e Product Innovation Manager di Elite.

«Fornire i nostri prodotti – spiega – e aiutare le più grandi squadre al mondo a raggiungere i propri obiettivi, in gara e negli allenamenti, è una delle soddisfazioni più grandi per noi. Il rapporto con le squadre è strategico, per molte ragioni.  Prima fra tutte, l’opportunità di avere come osservatori alcuni dei più grandi atleti del ciclismo. Suggerimenti per una migliore performance, idee per un design innovativo o maggiori funzionalità sono la fonte di ispirazione numero uno per lo sviluppo e l’evoluzione dell’ecosistema».

Elite