Oggi il tampone e domani si parte. Gianluca Brambilla ha la valigia pronta, la Vuelta sarà il sedicesimo grande Giro della carriera da professionista iniziata nel 2010. E come al solito il lombardo che ormai va considerato veneto a tutti gli effetti andrà in corsa con due obiettivi: vincere una tappa e aiutare il capitano della Trek-Segafredo, che in questo caso sarà Giulio Ciccone. A casa è caldo come in ogni angolo d’Italia, ma la prospettiva spagnola è ben più calda. Si parte da Burgos, poi si andrà nel torrido sud spagnolo, per il quale alcuni corridori hanno impostato una preparazione mirata.
«Credo molto in Giulio – dice – e sono curioso perché per lui sarà la prima volta vera da capitano. Lo conosco bene e mi piace perché è bianco o nero. Se sta bene, non si tira indietro. Se sta male, non cerca scuse. Gli ho detto di non farsi mai cambiare e di non diventare come quelli che hanno sempre il pretesto pronto. Sono in camera con lui da un bel pezzo, l’ho visto crescere…».
Al Tour des Alpes Maritimes e du Var di febbraio, per Brambilla tappa e magliaAl Tour des Alpes Maritimes e du Var di febbraio, per Brambilla tappa e maglia
Consigli giusti
Si fa una risata. Ciccone aveva 16 anni quando lui passò professionista, ma a vederli accanto non è che la differenza sia così evidente.
«Anche io mi vedo giovane allo specchio – scherza – nonostante i sei anni di differenza. Mi danno 22 anni, a lui ne danno di più. Perciò lo vivo come un mio coetaneo e non gli do i consigli del vecchio, ma quelli che mi vengono dall’esperienza. Perciò non gli consiglio di mettersi la maglia di lana, ma dopo gli arrivi quando piove, magari glielo dico di coprirsi. Lui è esuberante, anche se certe cose le sa anche da sé. Anzi, forse ne sa anche più di me».
Ha diviso la camera al Giro con Ciccone e così sarà alla Vuelta. La valigia è già chiusaHa diviso la camera al Giro con Ciccone e così sarà alla Vuelta. La valigia è già chiusa
Quali uomini lo scorteranno?
Abbiamo Elissonde che ha tanta esperienza, ha fatto Tour e Olimpiadi e dovrebbe avere una bella gamba. Ci sarà il giovane Lopez, che sta andando forte e alla Vuelta imparerà lezioni importanti. C’è Antonio Nibali, che ha esperienza e ci sarà Quinn Simmos, un ragazzo interessante cui cercherò di dare i miei consigli, perché vuole strafare. Nella corsa di una settimana ti salvi, in una di tre non ti salvi. E poi avremo Reijnen e Kirsch, che sono forti in pianura. Abbiamo una bella squadra uniforme.
Ti aspettavi che Antonio lasciasse il fratello Vincenzo?
Si sapeva che avrebbero potuto dividersi e ne sono contento. Essere il fratello di uno così è difficile, mentre dall’anno prossimo Antonio dovrà iniziare a costruirsi in autonomia. Intendiamoci, noi che lo viviamo sappiamo che ha la sua personalità, mentre da fuori si poteva pensare che fosse semplicemente il fratello di Nibali. Potrà ritagliarsi un bello spazio.
Al Giro 2021 sullo Zoncolan, la salita su cui si mise in evidenza da neopro’, prima di fare valigia verso il WorldTourSullo Zoncolan, in cui si mise in evidenza da neopro’, poi fece valigia verso il WorldTour
Come arrivi alla Vuelta?
Ho cercato di arrivarci preparato, che serve sia per provare a vincere, sia per aiutare Giulio. Poi si vedrà se avrò la possibilità di giocarmi la mia carta o da un certo punto in poi si resterà tutti attorno al capitano.
Che cosa gli è mancato finora per essere leader?
Tempo e fortuna. Tempo perché quando nel 2019 ha vinto la classifica dei Gpm non era in classifica, ma si è difeso bene per tutto il tempo. Quest’anno invece gli è mancata la fortuna, di quella caduta avrebbe fatto volentieri a meno. E poi forse è anche un fatto di fiducia. Ora sa che la squadra lo porta come capitano unico e la differenza si vedrà.
Gli manca anche un po’ di lucidità?
Al Giro ha commesso qualche errore tattico, ma ha imparato da tutti e da tutti i consigli che ha ricevuto. E’ super esuberante e il carattere non si può cambiare, allora va gestito.
Ha aiutato Ciccone (4° all’arrivo) nella tappa di Cortina, piazzandosi poi 20°Ha aiutato Ciccone (4° all’arrivo) nella tappa di Cortina, piazzandosi poi 20°
Con quali direttori sportivi andrete in Spagna?
Con Popovych che è super navigato e con Gregory Rast, che mi piace molto per il modo che ha di guidarci alla radio. Parla sempre chiaro, dice le cose giuste e ti fa restare lucido anche nei finali, quando sei già a tutta. C’era lui in ammiraglia a inizio stagione quando ho vinto tappa e maglia al Tour des Alpes Maritimes in Francia e c’era anche a San Sebastian.
Hai già segnato di rosso una tappa?
Ho dato una rapida occhiata al percorso, ma nei prossimi tre giorni prima della partenza, lo prenderò dalla valigia e farò le crocette accanto alle tappe più adatte. E poi tutto dipenderà dalle condizioni della classifica e dalla condizione. Senza le gambe, ne hai da far crocette…
Sabato 14 agosto, dalla cattedrale di Burgos, partirà la 76° edizione della Vuelta Espana, l’ultima delle grandi corse a tappe, che dopo aver attraversato tutta la penisola iberica terminerà il 5 settembre a Santiago de Compostela. Ad essa Santini ha dedicato cinque kit speciali.
Il maglificio di Lallio continua infatti la sua collaborazione con la corsa spagnola e firma ancora le maglie dei leader della corsa: la roja per il leader della classifica generale, verde per la classifica degli sprint, bianca in onore del miglior giovane ed infine, quella a pois blu per il leader dei Gran Premi della montagna.
Cinque kit speciali
L’azienda bergamasca, che tesse nei propri stabilimenti le maglie della Vuelta, pensa anche all’ambiente. Infatti, le divise indossate dai corridori saranno eco-sostenibili, create con due filamenti: l’Ecofabric RECY by Corno, un tessuto ecologico prodotto con filati riciclati derivanti dal recupero di materiali usati o dispersi nell’ambiente, e il Native – Ecoknit di Sitip realizzato anch’esso con fibre e filati riciclati e senza l’utilizzo di sostanze chimiche inquinanti
L’idea di Santini è stata di creare altri 5 kit, composti da: jersey, pantaloncino, calzino, cappellino, guantini e maglietta in cotone, pensati per onorare i passaggi simbolo della corsa. Su ogni maglia ci sarà un numero, che sarà quello della tappa che con essa viene celebrata. Scopriamoli insieme
Kit Burgos, il rosso e bianco della Castilla y LeonKit Burgos, il rosso e bianco della Castilla y Leon
Burgos, rosso e bianco
In onore della sede di partenza della 76° Vuelta Espana, il tema della maglia si ispira al rosone della celebre cattedrale Santa Maria di Burgos, costruita nel XIII° secolo.
I colori dominanti sono il rosso ed il bianco, ovvero quelli della bandiera della comunità autonoma di Castilla y Leon. Il numero posto sul retro della divisa è l’uno, ad indicare il legame con la prima tappa della Vuelta.
Kit Alicante, il verde per l’attenzione alla naturaKit Alicante, il verde per l’attenzione alla natura
Alicante, comanda il verde
La settima tappa attraverserà i meravigliosi e verdissimi boschi delle regioni di Valencia e Alicante, frazione che terminerà poi al Balcon de Alicante, una terrazza naturale a mille metri di altitudine sull’omonima città.
Il colore di questo kit sarà il verde, inoltre sul retro e sulle maniche è stata apposta la scritta “estima la natura”, parole scolpite anche nella scultura presente sul balcon de Alicante.
Kit extremadura, spicca l’antenna posta in cima al Pico VilluercasKit extremadura, spicca l’antenna posta in cima al Pico Villuercas
Extremadura, c’è l’antenna
Protagonista della quattordicesima tappa è l’antenna posta in cima al Pico Villuercas, sede di arrivo della tappa. I colori scelti sono i colori della bandiera della regione dell’Extremadura: verde, bianco e nero. Il numero impresso sul kit è il quattordici, come il numero della frazione.
Il Kit El Gamoniteiru colore del cielo, arrivo in slaitaIl Kit El Gamoniteiru colore del cielo, arrivo in slaita
El Gamoniteiru, color cielo
E’ posta in cima a questa terribile salita la linea d’arrivo della diciottesima tappa, 15 chilometri al 9 per cento con punte al 17, si sale fino a quota 1.791 metri.
Una maglia iconica per la frazione regina della Vuelta Espana, il colore sarà l’azzurro, come il cielo in cima a questa salita, le maniche, invece, sono a strisce bianche e rosse, un richiamo alle antenne poste in cima alla montagna.
Kit Galicia, in onore di Santiago nei colori della bandiera galiziana
La maglia è elasticizzata e molto elegante
La conchiglia sulla schiena è simbolo di Santiago de COmpostela
Calzini in tinta, il kit è davvero bem curato
La salopette del Kit Galicia, discreta e fasciante
E’ l’utlitma tappa, la numero 21: la Vuelta ha il suo vincitore
Kit Galicia, in onore di Santiago nei colori della bandiera galiziana
La maglia è elasticizzata e molto elegante
La conchiglia sulla schiena è simbolo di Santiago de COmpostela
Calzini in tinta, il kit è davvero bem curato
La salopette del Kit Galicia, discreta e fasciante
E’ l’utlitma tappa, la numero 21: la Vuelta ha il suo vincitore
Galicia per Santiago
Vuelta 2021 che terminerà a Santiago de Compostela, maglia blu e azzurra (nella foto di apertura), colori della bandiera galiziana. Sulla schiena e sulle maniche ci sarà una conchiglia, simbolo di Santiago, il santo patrono della Galizia e della Spagna, a cui è dedicato anche uno dei sentieri del cammino spirituale più famoso al mondo. 21 sarà, inoltre, il numero su quest’ultimo kit che completa questa speciale collezione proposta da Santini.
Con l'idea di allargare la community, MyWhoosh lancia The Vuelta Vertical Mission: una sfida nei giorni della corsa spagnola, su tre salite del suo catalogo
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Seste al mondo nella loro prima Olimpiade. Un gruppo giovane e affiatato, che nel mirino ha già Parigi 2024, ma che ieri al velodromo di Izu ha cominciato a prendere le misure col podio a cinque cerchi per farsi trovare preparato tra tre anni, proprio come avevano fatto i colleghi uomini, quinti nel 2016 a Rio e fra poche ore in pista per inseguire un sogno tutto d’oro.
Letizia Paternoster, Elisa Balsamo, Vittoria Guazzini e Rachele Barbieri hanno migliorato di più di un secondo il record italiano (4’10”063) nella sfida che valeva la finale, ma la Germania (poi medaglia d’oro) era inarrivabile e l’ha dimostrato anche nell’atto conclusivo in cui ha realizzato il secondo record del mondo in meno di due ore: 4’04”242 il nuovo limite planetario.
Salvoldi sapeva bene da subito che Tokyo sarebbe stato una tappa verso Parigi 2024Salvoldi sapeva bene da subito che Tokyo sarebbe stato una tappa verso Parigi 2024
Obiettivo Parigi
Così Letizia Paternoster: «Un po’ di rammarico c’è, però siamo serene per la nostra prestazione e di quello che abbiamo dato, perché ci siamo migliorate di più di un secondo dal precedente primato e avremmo battuto il record del mondo di Rio 2016. Solo quello era impensabile per noi, per cui siamo felici. Più di così non potevamo fare, le gambe che abbiamo sono queste».
Le fa eco Elisa Balsamo: «Sono contenta, ho tirato più lungo di ieri e anche più forte. Forse dobbiamo ancora migliorare per restare ancor più compatte nelle prime fasi di gara, per cui lavoreremo su questo».
Paternoster, Balsamo, Guazzini: ultime pedalate del quartetto alle Olimpiadi di TokyoPaternoster, Balsamo, Guazzini: ultime pedalate del quartetto alle Olimpiadi di Tokyo
Tutto possibile
Nella finalina per il 5° posto poi, L’Italia si è arresa all’Australia, chiudendo in 4’11”108. Il ct Dino Salvoldi ha schierato Martina Alzini al posto di Rachele Barbieri. Le ragazze scendono dalla sella e prende la parola Elisa Balsamo. «Penso di parlare a nome di tutte – spiega – nel dire che non ce l’aspettavamo di fare questo tempo. Alla fine, abbiamo confermato che 4’10” o 4’11” ormai è nelle nostre gambe perché l’abbiamo fatto ben tre volte. Poi, ovviamente, abbiamo perso questa finalina e c’è un po’ delusione. Il livello è altissimo e nelle altre gare, che sono più di situazione, può succedere di tutto».
Prima esperienza anche per Rachele Barbieri, la new entry del quartettoPrima esperienza anche per Rachele Barbieri, la new entry del quartetto
Battesimo di fuoco
Racconta così la sua prova Rachele Barbieri, la ragazza delle Fiamme Oro arrivata a Tokyo scalando la piramide a suon di risultati.
«Era da diverso tempo che non correvo un quartetto – dice – e farlo alle Olimpiadi é stato qualcosa di speciale. Ho lavorato davvero duro per farmi trovare pronta per salire in pista e dare il 110 per cento e così è stato. Purtroppo sarebbe servita un po’ più di gamba nella seconda tirata per fare un ottimo lavoro (da parte mia). Sono partita molto forte, le ho lasciate molto veloci, nel primo quartetto sono riuscita a tirare un giro e mezzo e sono stata molto contenta, un po’ in calo l’ultima parte ma é uno sforzo duro e ho dato il massimo. Contro la Germania sono partita più forte, abbiamo girato a tempi che non avevamo mai visto prima e quando mi sono ritrovata davanti a tirare è stata dura, ma ho dato tutto quello che avevo. Vittoria ed Elisa (Guazzini e Balsamo, ndr) sono state fenomenali. Spero di rimanere a questo livello e accumulare più esperienza possibile nei quartetti per arrivare ai prossimi importanti appuntamenti».
Prima dell’ultimo quartetto, confronto fra Balzamo, Guazzini e Alzini
Nella finale per il quinto e sesto posto, entra in gara anche Martina Alzini, la prima
Prima dell’ultimo quartetto, confronto fra Balzamo, Guazzini e Alzini
Nella finale per il quinto e sesto posto, entra in gara anche Martina Alzini, la prima
Al parco giochi
Sorride Martina Alzini, all’esordio a cinque cerchi: «Sono molto contenta perché con questo gruppo non sono mesi, ma anni che lavoriamo insieme e possiamo dire che quest’Olimpiade è stata come una cosa costruita mattone per mattone, partita dagli Europei di Glasgow che è stata la prima qualifica, fino ad arrivare a oggi. Guardando la finale, leggevo le età delle nostre avversarie e dico che non abbiamo nulla da invidiare perché abbiamo tanti anni per migliorare noi stesse. Essendo la prima esperienza per me, come per tutte le altre, mi sentivo come al parco giochi perché nulla può competere con la magia dell’Olimpiade. Parigi è fra tre anni e speriamo di arrivare dove vogliamo».
Per alcune le Olimpiadi continuano: Salvoldi deciderà oggi quali ragazze schierarePer alcune le Olimpiadi continuano: Salvoldi deciderà oggi quali ragazze schierare
Tokyo continua
Per le altre, invece, le gare non sono ancora finite e Letizia non vede l’ora di tornare in pista: «Sono super carica, non vedo l’ora di affrontare i prossimi impegni, perché le sensazioni stanno migliorando dopo un anno brutto e crudele. La testa è già lì, anche se non sappiamo ancora chi correrà». Al cittì Salvoldi l’ardua scelta, fra poco ne sapremo di più e ve ne daremo conto.
Affini è diventato leader della Vuelta a Breda. Ha tenuto la maglia ieri nel riposo. E oggi l'ha indossata. Ha corso da gregario, ma tutti lo riconoscevano
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La prossima settimana parte la Vuelta. E come in passato abbiamo chiesto ai meccanici cosa mettano nella cassetta degli attrezzi e ai massaggiatori cosa portino nella borsa delle creme, questa volta ci siamo concentrati sul medico. E ci siamo intrattenuti con Luca Pollastri, 37 anni di Castello di Brianza (Lecco), medico del Team Bike Exchange, per sapere come sia fatta e cosa contenga la valigia del medico che a sua volta parte per un grande Giro. Pollastri è già in Spagna. Ha seguito la squadra a San Sebastian e ora alla Vuelta Burgos. Poi sarà tempo di Vuelta España.
«Abbiamo una valigia che contiene le medicazioni – spiega – e che rimane normalmente sul mezzo anche durante la competizione e una valigia, che la sera portiamo in camera, in cui ci sono i farmaci per gli interventi più comuni.Poi c’è una piccola quantità di farmaci che segue sempre il medico. Sono quelli che usiamo per le urgenze e alcuni sono all’interno della lista Wada, per cui non li lasciamo mai incustoditi. Quindi diciamo che teniamo separate le medicazioni che sono sempre sul bus e possono essere anche disposizione di altro personale che magari può dare una mano se non siamo presenti».
Luca Pollastri alla Vuelta Burgos con Damien HowsonLuca Pollastri alla Vuelta Burgos con Damien Howson
Quali sono gli interventi ordinari che si fanno in corsa?
Dobbiamo distinguere fra quelli traumatici, quindi causati da cadute, e poi quelli possiamo definire medici. Quando si cade, si passa dalle abrasioni superficiali alle ferite più profonde che magari necessitano anche un passaggio ospedaliero, quando addirittura non intervengono fratture. Se parliamo di abrasioni, anche dopo il passaggio in ospedale, dobbiamo garantire che non vi sia nessuna infezione nonostante i ragazzi prendano acqua e polvere.
Si dice che i corridori abbiano la soglia del dolore molto alta, per cui ripartirebbero in qualunque condizione.
Uno dei passaggi più importanti e spinosi è proprio quello di capire quando un atleta può tornare a gareggiare o no. Se può riprendere la corsa, che in caso di caduta è responsabilità del medico di gara. Però quando la scelta si sposta al termine la competizione, sta a noi decidere se ci sono le condizioni fisiche adeguate per andare avanti. A volte le opinioni possono essere diverse, per quelle che sono le aspettative dell’atleta che a volte superano la buona logica e la buona pratica medica. Quando racconto ad amici come alcuni siano riusciti a terminare alcune gare per svolgere sino in fondo il proprio compito, che magari semplicemente era aiutare il capitano, quasi non ci credono.
Al Catalunya di quest’anno, Rui Costa completamente “pelato” riparte stringendo i dentiAl Catalunya di quest’anno, Rui Costa completamente “pelato” riparte stringendo i denti
Quali sono le altre problematiche?
Problemi intestinali e infezioni delle alte vie respiratorie sono le più frequenti. Poi ci sono gli sfregamenti nella regione perineale a contatto con la sella, che subisce uno stress molto importante e merita un’attenzione particolare, perché sono problemi che potrebbero impedire di performare bene. Per il resto, pensiamo a ogni cosa possa accadere a una persona che fa attività sportiva. Nella nostra valigia abbiamo anche degli antibiotici perché possono verificarsi infezioni. Abbiamo prodotti specifici per l’asma. Di solito però cerchiamo di lavorare in modo preventivo, anche per problemi apparentemente banali come una micosi alle dita dei piedi, che potrebbe rendere abbastanza difficile stare per 5 ore con gli scarpini stretti. E poi ci sono terapie per le urgenze, come gli antistaminici per eventuali allergie, fino al defibrillatore che teniamo sul pullman.
Hai parlato di problemi intestinali, cosa si fa se arrivano?
Si agisce con il supporto del nutrizionista e dello chef, cerchiamo delle strategie alternative di nutrizione perché mangino quel minimo che serve per andare avanti. Si ragiona molto sulle ore di corsa, si gestisce in funzione di esse ad esempio anche la dissenteria. La flora batterica cambia durante le tre settimane e cambia anche la loro dieta che diventa prevalentemente a base di carboidrati. Quindi può capitare che avvertano gonfiore o anche solo una pesantezza che riduce la voglia di ingerire qualsiasi cosa, che però va evitato assolutamente. Per cui si ricorda loro di mangiare durante la corsa: una cosa che fanno soprattutto i direttori sportivi che lo hanno capito bene. E spesso via radio, soprattutto a fronte di giornate particolarmente impegnative o calde, gli impediscono di svuotarsi. Come dicevo, è un lavoro di prevenzione.
Come si fa?
Dobbiamo fare in modo che non sorgano questi problemi. Si parte dalla ricerca quasi maniacale di igiene nel cibo, anche se non tutto si può evitare. Quando piove o ci sono giornate molto polverose, i ragazzi sono i primi che vengono a dirti a fine tappa di aver mangiato un sacco di schifezze…
Al Giro d’Italia, Battistella ha convissuto a lungo con una gastrite che gli impediva di mangiareAl Giro d’Italia, Battistella ha convissuto a lungo con una gastrite che gli impediva di mangiare
Quanto è importante la comunicazione con l’atleta? Di fatto è lui che deve accorgersi del sintomo…
Avendo cambiato squadra quest’anno (fino al 2020 il dottor Pollastri era al Team Bahrain, ndr) una delle difficoltà più importante è proprio capire e riconoscere queste piccole sfaccettature. Ci sono atleti che segnalano la minima problematica, quindi c’è tutto il tempo per intervenire tempestivamente. E altri che si lamentano solo quando non ne possono più, quando è tardi. Non amo questa modalità, però ognuno è fatto a modo suo. Una volta che li conosciamo bene, sappiamo che quando la sera facciamo il nostro giro delle camere, dobbiamo stimolarne alcuni maggiormente per tirargli fuori se c’è qualche problemino. E’ una delle parti più belle, nel conoscerli e lavorarci in sintonia.
Quanti contatti ravvicinati si hanno nella giornata durante un Giro?
Il giro delle stanze serale si fa tutti i giorni. Poi li vediamo la mattina, prima o dopo colazione. Prima della corsa e nell’immediato post gara una volta sul bus. Almeno questi 4-5 appuntamenti sono fissi.
Con la conoscenza aumenta la capacità di riconoscere il disagio?
Si coglie dalle diverse modalità con cui si rivolgono agli altri membri dello staff, ai compagni e a noi medici. Sono sfumature, si vedono, ma anche noi dobbiamo essere bravi a trovare la giusta empatia perché non tutti i momenti sono uguali.
Al Tour 2021, nella prima tappa maxi caduta: Lemoine non riparte, fermato dal medico di garaAl Tour 2021, nella prima tappa maxi caduta: Lemoine non riparte, fermato dal medico di gara
Il corridore parte per la Vuelta portando con sé i farmaci di cui ha bisogno?
No, per regolamento sanitario interno, non possono portare farmaci, se non quelli autorizzati e prescritti per una terapia cronica che hanno già in corso e che quindi fanno anche a casa. Tutto il resto viene fornito dal medico. E questo è il nostro compito, avere come dicevo prima tutto ciò che può servire, sia dal punto di vista dei medicinali sia dell’integrazione. Forniamo tutto noi, attingendo dalla famosa valigia, anche per la semplice aspirina.
Ci sono rapporti tra il medico della squadra e il medico di gara?
C’è uno scambio di dati. Diciamo che se le cose vanno bene, non c’è grandissima interazione. Se invece c’è un problema, soprattutto se ci servono altre informazioni che non abbiamo potuto valutare perché non eravamo presenti, a quel punto ci mettiamo in contatto e cerchiamo le informazioni necessarie. Adesso si parla tanto della concussione cerebrale e a volte conoscere l’esatta modalità con cui è avvenuto un incidente o comunque come il collega è intervenuto, può servire per decidere se e come continuare.
In Spagna andrete incontro a giornate molto calde, cosa si fa?
Si cerca assolutamente di operare preventivamente, nel senso che si cerca di attuare delle pratiche che possono portare una preparazione adeguata. La stessa Vuelta a Burgos che stiamo facendo ha lo scopo di far abituare al grande caldo i corridori che poi faranno la Vuelta, per ottenere un adattamento a queste temperature. Poi ci sono da valutare le problematiche cutanee legate all’esposizione solare, ma è qualcosa su cui non devo spingere troppo in questa squadra. Perché gli australiani sono molto attenti e difficilmente si scottano. In più ci sono i massaggiatori che ci danno una mano. Per la tappa di oggi avevamo chiesto in hotel di avere un sacco con 25 chili di ghiaccio per tenere in freddo le bevande e anche per metterlo in piccoli sacchetti che al rifornimento si passano ai corridori perché possano metterli sotto la maglia sul collo.
L’intervento leggero del medico di gara viene riferito in squadra dal corridoreL’intervento leggero del medico di gara viene riferito in squadra dal corridore
Si fa ancora la pesata mattutina per valutare la disidratazione?
Sempre. La mattina valutiamo il peso specifico delle urine e confrontiamo il peso pre e post gara, quindi raccogliamo una serie di informazioni che ci permettono di agire di concerto con i nutrizionisti e i massaggiatori. Non potremmo fare tutto da soli. E soprattutto è proprio bello lavorare con massaggiatori che hanno un’esperienza importante di anni e conoscono anche qualche trucchino da suggerirci, qualche modalità per sfuggire dal caldo.
C’è differenza fra squadre italiane e straniere, oppure ormai nel WorldTour anche il lavoro medico è allineato?
C’è grande omogeneità. Forse l’ambiente più anglosassone richiede protocolli un po’ più definiti, ma le modalità di lavoro non cambiano molto. Lo scorso anno con il Bahrain e l’arrivo di Ellingworth si era messo tutto un po’ più per iscritto. Senza poi in realtà sconvolgere le modalità di lavoro, ma per avere un riferimento nero su bianco a cui tutti potessero attingere nel momento in cui ci fossero dubbi: questa è forse la più grande differenza. Poi dal punto di vista operativo non posso dire che ci siano grosse differenze perché ormai ogni squadra a livello internazionale si è allineata agli stessi standard.
Tutto pronto per la Vuelta?
Sono in Spagna già da una settimana, ho dovuto preparare una valigia davvero grande. Ma per fortuna a metà Vuelta mi daranno il cambio. Un mesetto fuori però non me lo toglie nessuno…
Non la Vuelta che Tiberi si aspettava. E se la causa fosse l'affaticamento (anche) per i tanti ritiri, anche dopo il Polonia? Una cosa è certa: lui è stanco
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L’ultima volta che l’abbiamo visto, Ciccone si stava rialzando a fatica dopo l’arrivo di Sega di Ala al Giro d’Italia. La caduta in cui era rimasto coinvolto stava iniziando a presentare il conto. Per cui se in sella e a caldo gli era riuscito di stringere i denti e arrivare al traguardo, sia pure a 7’58” da Daniel Martin (foto di apertura), quel breve tempo seduto per terra aveva dato all’adrenalina il tempo di scendere e anche il gesto più semplice sembrava impossibile. Lo avevano aiutato a vestirsi il dottor Magni e Paolo Barbieri, l’addetto stampa della Trek-Segafredo, accompagnandolo con lo sguardo mentre dolorante scendeva in bici verso i pullman fermi ai piedi della salita.
«Quella notte – racconta sul lettino dei massaggi alla Route d’Occitanie da cui ha ripreso a correre – ho avuto dissenteria e febbre alta. Non so se sia stato legato alla caduta o alla somma delle cose. Mi sono svegliato il giorno dopo che ero morto, ma lo stesso ho provato a vestirmi per andare alla partenza. I pullman erano a un chilometro dal foglio firma e nel fare avanti e indietro ho capito che non ce l’avrei mai fatta ad arrivare a Stradella. E a quel punto ho alzato bandiera bianca».
A Campo Felice un giorno positivo fra buone sensazioni e il pubblico di casaA Campo Felice un giorno positivo fra buone sensazioni e il pubblico di casa
Bene sul Giau
Da allora, mentre smaltiva i postumi della botta alla mano e alla schiena, l’abruzzese ha fatto i conti con cinque giorni di virus intestinale che l’hanno debilitato. Poi finalmente le cose hanno ricominciato a girare in un verso accettabile, al punto da preparare la valigia e ricominciare a correre. Sembra una vita, ma il Giro è finito da meno di due settimane.
«All’inizio sono stato a casa dei miei in Abruzzo – racconta – perché dovevo andare a Roma per le visite olimpiche al Coni, poi sono tornato a Monaco. I primi 3-4 giorni in bici sono stati brutti, avevo sensazioni pesanti. Poi sono arrivati i primi segnali positivi. Pensare che mi sono nuovamente dovuto ritirare dal Giro mi fa girare le scatole, perché quest’anno è stato davvero inaspettato. L’anno scorso avevo avuto il Covid, ci stava e anzi sarebbe stato un miracolo se l’avessi finito. Quest’anno stavo bene, l’avevo preparato bene, non ero stanco. La condizione reggeva, l’avevo visto sul Giau. E’ stata davvero una mazzata, anche se essere a quel punto ancora con ottime gambe resta una bella cosa che mi dà tranquillità per il futuro».
Bene anche sullo Zoncolan. Sale con Caruso e Martinez e cede 1’09” a BernalBene anche sullo Zoncolan. Sale con Caruso e Martinez e cede 1’09” a Bernal
Nibali e Tokyo
Come capita spesso nel ciclismo, è la strada più che i corridori a cambiare i piani. Il programma iniziale per la Trek era infatti che Ciccone fosse d’appoggio per Nibali, mentre la Vuelta sarebbe stata il suo primo banco di prova come leader in un grande Giro.
«Ma non parliamo al passato – sorride – il programma non cambia. Vincenzo ha avuto addosso la sfortuna da prima del Giro e anche durante. Ha pagato tutto insieme e per lui che ha vinto tutto, è più difficile essere lì e non riuscire a risollevarsi. Il momento non è facile, ma non dimentico che l’anno scorsoil progetto Tokyo era nato attorno a lui e secondo me merita ancora quella maglia, anche se capire dai media come siano le cose è sempre difficile. Le Olimpiadi, per le quali ho fatto anche il vaccino, sono un obiettivo anche per me, se ne ragionava dal 2019. Adesso il discorso è arrivare bene al campionato italiano, questa corsa serve per non buttare giù la condizione del Giro. Poi valuteremo in che modo arrivare in Spagna».
Quarto nel tappone di Cortina, con ottime sensazioni sul GiauQuarto nel tappone di Cortina, con ottime sensazioni sul Giau
Ma Remco vale
Il 2021 ha rimesso parzialmente le cose a posto e Ciccone si è ripreso il suo nella scala gerarchica del gruppo, dopo che il 2020 aveva fatto vacillare le certezze di tanti sotto i colpi dei giovanissimi.
«Ma lo stesso – riflette – quei supergiovani restano dei fenomeni. L’età media in cui si è competitivi si è abbassata di tanto. Noi da junior andavano al mare, loro fanno già la vita dei professionisti. Anche Evenepoel tutto sommato non è uscito affatto male dal Giro, anche se si è ritirato. Non ha preso schiaffi, considerato da dove veniva e l’incidente che aveva alle spalle, è andato anche forte. Non puoi andare alla partenza del Giro d’Italia dopo 10 mesi senza corse e pensare di giocartelo. Non so come e perché abbiano fatto i loro programmi, ma Remco resta un grande corridore».
Ciccone è rientrato in corsa alla Route d’Occitanie, dove ieri ha vinto VendrameCiccone è rientrato in corsa alla Route d’Occitanie, dove ieri ha vinto Vendrame
«Lo sapete come sono – ride – se sto bene, non resto a guardare. Correre per fare ritmo non appartiene al mio dna e qui ci sono le salite. C’è anche il Tourmalet… Ho ancora il buon sapore di alcuni giorni del Giro. Quello in Abruzzo è un gran ricordo, quello di San Giacomo è stato il migliore. Perché nella valle ho sprecato tanto, ma sulla salita finale ho risposto io a tutti gli attacchi di Bernal. Il Giro mi ha dato tante indicazioni. Posso essere lì con loro e nel mezzo ho gestito bene una crisi a Montalcino. Ora perciò guardiamo ai prossimi giorni e poi al campionato italiano che mi ingolosisce tanto. Gli acciacchi del Giro mi hanno un po’ rallentato, pensiamo a ritrovare il colpo di pedale e poi ne parliamo…».
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Per il quinto anno consecutivo sarà Santini a realizzare le maglie dei leader di tutte le classifiche de La Vuelta, a partire dalla famosa “La Roja”, la maglia rossa destinata al vincitore della corsa a tappe spagnola.
Realizzate con tessuti riciclati
La Roja sponsorizzata Carrefour vestirà il leader della classifica generale, il migliore nella classifica a punti si aggiudicherà la Maglia Verde a logo Škoda, la Maglia Bianca brandizzata Feníe Energía andrà al miglior giovane, così come quella a Pois sponsorizzata Loterías y Apuestas del Estado incoronerà il Re della Montagna. Tutte le maglie sono realizzate con tessuti riciclati. L’Ecofabric RECY by Corno, un tessuto ecologico prodotto con filati riciclati derivanti dal recupero di materiali usati o dispersi nell’ambiente. Inoltre, viene usato anche il tessuto Native – Ecoknit di Sitip. Realizzato anch’esso con fibre e filati riciclati e senza l’utilizzo di sostanze chimiche inquinanti, per ridurre il consumo di risorse naturali.
Le maglie dei leader delle diverse classifiche della Vuelta
Le maglie che vestiranno i leader delle diverse classifiche della Vuelta
Santini e La Vuelta, rapporto solido
Paola Santini, marketing manager dell’azienda bergamasca, ha così commentato la rinnovata collaborazione con La Vuelta.
«Un sodalizioche dura da cinque anni, quello tra noi e la prestigiosa corsa spagnola, e che ci rende particolarmente orgogliosi perché rappresenta la conferma del nostro costante impegno nel ciclismo professionistico e nel vestire i grandi campioni». Dal canto suo Javier Guillén, direttore generale della corsa spagnola (nella foto di apertura con Nicola Epicureo di Santini), ha parlato di cinque anni di proficua e reciproca collaborazione.
«Le maglie sono il segno distintivo di ogni corsa a tappe di ciclismo e per La Vuelta è un orgoglio e una gioia essere sponsorizzati e sostenuti da Santini, uno dei marchi più efficienti e prestigiosi del mercato e probabilmente il più stiloso!».
Alcuni capi dedicati a particolari tappe della Vuelta
Alcuni capi pensati per particolari tappe della prossima Vuelta
Non mancano i kit speciali
Come da tradizione anche quest’anno Santini realizzerà alcuni completi speciali dedicati a particolari tappe della corsa a tappe spagnola. Si tratta di cinque kit completi di jersey, pantaloncino, calzino, cappellino e guantini, che includono anche una T-shirt in cotone. Le tappe scelte per l’edizione 2021 sono le seguenti: Burgos, Alicante, Extremadura, Altu d’El Gamoniteiru, Galizia. Una curiosità: il nome esatto del kit dedicato alla tappa con arrivo all’ Altu d’El Gamoniteiru si chiamerà 1.791 a simboleggiare la quota di altitudine dove arriverà la tappa regina de La Vuelta 2021.
La giacca e il cappellino con fantasia multi-color
La giacca e il cappellino con fantasia multi-color
Santini, affidabilità garantita
In abbinamento a tutti questi completi troviamo tre capi must-have in bicicletta. Una giacca e uno smanicato antivento con un cappellino realizzati con una fantasia mille righe e multi-color. Le repliche delle maglie leader e i cinque kit speciali saranno disponibili per l’acquisto online sul sito di Santini, sullo shop ufficiale de La Vuelta, su Ciclos Cabello (https://cicloscabello.com/) e specializzati negozi di ciclismo nel mondo.
Il giusto mix di strategia e passione, una preparazione attenta e focalizzata sugli obiettivi, ambizione e intraprendenza per spingersi oltre i propri limiti e raggiungere le vittorie più inaspettate. Questo è lo spirito con cui NAMEDSPORT>, colosso italiano nel settore della nutrizione sportiva, è da tre anni sponsor di Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta a Espana. Un vero e proprio Grand Tours Slam che dà lustro, gratifica e rende prestigiosa questa produzione tutta italiana legata al settore dell’integrazione alimentare per lo sport.
Fabio Canova CEO di Named S.p.a. e Andrea Rosso, CEO e Co-Fondatore di NAMEDSPORT>Fabio Canova CEO di Named S.p.a. e Andrea Rosso, CEO e Co-Fondatore di NAMEDSPORT>
Protagonisti al Tour de France
«Per noi, essere parte di queste tre incredibili manifestazioni – ha commentato Andrea Rosso, CEO e Co-Fondatore di NAMEDSPORT> – significa esporre il nostro marchio davanti ad una platea sconfinata. Per questo motivo le squadre ciclistiche schierano le migliori formazioni possibili, e per questo motivo c’è un continuo gioco al rialzo quando si tratta di ridiscutere i contratti di partnership commerciale e di sponsorizzazione. In modo particolare, al Tour de France, fino al 2023, saremo Official Sponsor della Classifica Squadre, che comporta anche la presenza del numero brandizzato NAMEDSPORT> sulle maglie del primo Team in classifica oltre ad un’impattante presenza lungo il percorso di gara».
NAMEDSPORT> è sponsor dei tre grandi giri
NAMEDSPORT> è sponsor dei tre grandi giri con una forte presenza in tutte le tappe
Il programma Informed-Sport
I prodotti NAMEDSPORT> sono riconosciuti dagli sportivi, in modo particolare di endurance, come sinonimo di qualità e rigore sia nella loro formulazione quanto nella loro realizzazione. Informed-Sport è un programma di certificazione riconosciuto a livello mondiale. L’obiettivo è attestare la qualità dei prodotti, dei fornitori e delle strutture di produzione nel settore dell’alimentazione sportiva. Tutti gli integratori che riportano il logo “Informed-Sport” possono vantare l’assenza assoluta nella propria composizione di oltre 250 sostanze proibite in ambito sportivo. E questo grazie a controlli eseguiti da un laboratorio internazionale di ricerca e controllo antidoping che opera da oltre cinquant’anni.
I prodotti NAMEDSPORT> sono certificati Informed-Sport
I prodotti NAMEDSPORT> sono certificati Informed-Sport
Le migliori materie prime
E sono dunque sempre più gli atleti, professionisti e amatori, che ricercano prodotti di qualità per integrare la propria dieta alimentare. E da questo punto di vista NAMEDSPORT> è sin dalla propria costituzione dedita ad un’attenta cura alla selezione delle migliori materie prime e ad un rigoroso controllo di tutte le fasi di produzione, impegnandosi ad ottenere la certificazione Informed-Sport quale ulteriore garanzia per i propri prodotti. Quest’ultimi vengono sottoposti con continuità ad un elevato numero di test e analisi. I risultati, per ciascun lotto di produzione, vengono pubblicati in tempo reale sul sito dedicato informed-sport.com
Primi in Italia con la certificazione
NAMEDSPORT> è stato il primo brand italiano ad aver ottenuto questa importante certificazione con il prodotto HydraFit>. In tempi successivi sono seguiti: Omega 3 Double Plus, Aminonam Sport, Aminonam Sport Sachets, CreaFast® e 100% Whey Protein Shake. A conferma dunque di un impegno crescente che esprime la volontà del brand di garantire al consumatore finale formulazioni di elevata qualità e totale sicurezza
Pogacar è in ritiro con la squadra. Un incontro sereno fino al momento in cui si parla del prossimo Tour. La sconfitta brucia. Si lavora per la vendetta
Castrillo vince la seconda tappa in 3 giorni: questa volta al Cuitu Negru. Alle sue spalle, nella lotta per la maglia, Roglic stacca O'Connor che non molla
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La strada per Villaneuva de Valdegovia è un calvario di salite e pioggia e Moschetti, staccato in fondo, sta litigando con la bicicletta. I velocisti sono già lontani. Anche Romain Siegle della Groupama-Fdj, con cui Matteo ha condiviso qualche chilometro, se ne è andato. A breve il francese deciderà di salire in ammiraglia, però Matteo non lo sa. Non gli sembra giusto mollare e così tira dritto. L’ammiraglia scandisce i tempi e stima il tempo massimo su una media di 42 orari. Sembra fatta. Ma quando il corridore della Trek-Segafredo taglia il traguardo, la media di Michael Woods che ha vinto è di 41,980. Per 20 metri dopo 159,7 chilometri, la Giuria applica una percentuale minore e i 41 minuti di ritardo mettono il lodigiano fuori tempo massimo.
Il 2020 di Moschetti era iniziato con due vittorie a Palma de MallorcaIl 2020 iniziato con due vittorie a Mallorca
«Mancavano 100 chilometri quando mi sono staccato – racconta Moschetti – era una giornata pessima. Prima senza gambe e poi anche la testa. In quei momenti ti passano tanti pensieri. Sensazioni negative. E’ frustrante, demotivante. Ti rendi conto che sei ultimo a ore dai primi. Però quell’ultimo tifoso che ti dà una voce dopo che il gruppo è passato da un quarto d’ora ti fa amare quello che stai facendo. Fa parte del ciclismo. Ma per me questo non è stato un anno normale…»
Un anno duro
La memoria va indietro. La caduta del Giro 2019 e il ritiro. La frattura dello scafoide dopo neanche un mese. Il ritorno vincente ai primi del 2020 e le due vittorie a Mallorca sembrano aver scacciato tutti i fantasmi. Moschetti è il futuro delle volate e forse anche delle classiche. Non lo vedi alla Roubaix? Ne ha il fisico e potrebbe già essere pericoloso alla Sanremo…
L’aria di inizio stagione è frizzante, l’Europa non coglie ancora la portata del dramma in cui sta per piombare quando di colpo, nella terza tappa dell’Etoile de Besseges, ecco un’altra caduta. Più seria, questa volta. Frattura dell’acetabolo del femore destro. Un colpo durissimo per il corpo ed il morale, con il lockdown di mezzo a congelare ogni sensazione.
«Ora sto bene – racconta – ho ricominciato a correre a fine luglio come gli altri. A livello clinico ero guarito, però mi mancava la condizione per tutte quelle settimane immobile. Non ho dolori, manca un po’ di forza e ho la sensazione che la muscolatura del gluteo destro si affatichi più del sinistro. I dottori dicono che serve tempo, ma inconsciamente mi sarebbe piaciuto tornare subito a un buon livello e non è stato facile per un agonista come me prendere atto del fatto che non ce la facevo. In pianura okay. Nelle corse dure dove già avrei faticato, una pena».
Arriva il lockdown
Una rieducazione semplice, accenna Fabrizio Borra che l’ha raddrizzato, niente di troppo complicato per un ciclista. Certo, se pensi a quando in quella piscina lavorava Pantani con una gamba spezzata, tutto il resto viene dopo. Eppure Matteo era lì che soffriva, stringeva i denti e intanto sperava.
«Siamo stati quasi un mese – racconta – a coordinare il bilanciamento. Non conoscevo Fabrizio e mi sono molto stupito entrando nel suo studio, nella sua… gardaland. Ma col tempo l’ho scoperto, abbiamo vissuto insieme la fase iniziale del lockdown. Iniziavano le restrizioni nella zona di Lodi, poi il Centro ha iniziato a svuotarsi e siamo rimasti in quattro, cinque. E alla fine, quando l’Italia era ormai tutta chiusa e prima che anche io scappassi verso casa, eravamo rimasti Fabrizio, la sua famiglia ed io».
Nel 2019, fresco di passaggio nel WorldTour, aveva debuttato al NordNel 2019, debutto al Nord
Voglia di fatica
Si tende a dimenticare e per questo, scorrendo i risultati di Moschetti, si potrebbe essere tentati di bocciare la seconda parte della sua stagione, contandone soltanto i ritiri.
«Rianalizzando il tutto – riprende Matteo – è stato bello già solo essere tornato. Sapevo che il percorso della Vuelta era durissimo, ma l’obiettivo era terminare la stagione con più corse nelle gambe. Volevo correre, fare qualche sforzo in più, anche se sono venuto a casa a malincuore. Ogni giorno tanta fatica e poi i massaggi. Non sempre c’era con noi l’osteopata, ma andava bene essere trattato normalmente. L’unica cosa, ho fatto delle sedute leggere di stretching ogni giorno per curare il bilanciamento fra destra e sinistra. I giorni più duri sono stati quelli con l’umido e col freddo. Sarà un inverno classico, lavorando di più sui piccoli aspetti che ho tralasciato durante la chiusura della scorsa primavera. Che poi… Quello che ci è pesato è stato non poter uscire. Poterlo fare adesso sembra un lusso. In fondo la vita del corridore è semplice, bicicletta e poco altro. Vabbè, qualcuno si lamenta delle vacanze che non ha potuto fare, ma si sta bene anche a casa».
Ai tricolori di Cittadella, stringendo i denti in salitaAi tricolori, stringendo i denti in salita
Venerdì il via libera
La bici tornerà intorno al 20 di novembre, per un inverno che da un lato minaccia di essere lungo e dall’altro ti fa pensare che siamo già a metà novembre.
«La prossima stagione – dice Matteo – dovrebbe iniziare a febbraio, quindi non c’è tanta ansia di bruciare le tappe. Mi hanno consigliato di restare fermo per due settimane e mezzo, ma dalla fine della prossima settimana comincerò anche a correre a piedi. E anche quello sarà un passaggio delicato. Il chirurgo me l’ha detto che l’obiettivo era sì tornare in bici, ma anche riavere una vita normale. Quindi camminare e correre. Me ne andrò per i boschi intorno casa, in questo novembre di zona rossa che però da casa mia sembra meno duro di marzo. Ci sono le restrizioni, le tocchiamo con mano, ma il fatto di accompagnare mia sorella a scuola rende tutto più normale. Venerdì sarò da Borra per l’ultima verifica e sarà un momento fondamentale. Poi potrò cominciare a recuperare il lavoro e impostare il 2021».
La Covatilla ha acceso il fuoco e alla fine lo spettacolo c’è stato. Carapaz, l’ecuadoriano del Giro 2019, ha attaccato come era lecito aspettarsi, Roglic si è difeso con la squadra e con i denti e la tappa l’ha vinta David Gaudu, giovane francese della Groupama-Fdj che merita un approfondimento.
Falso modesto
«Non credo di essere un grande campione – ha detto – ma ho vinto due tappe in questa Vuelta come Wellens, che invece è un grandissimo corridore. Oggi il meteo era a mio vantaggio, c’era il freddo e anche la pioggia, che a me non danno fastidio, sono stato fortunato».
La prima l’ha vinta alla vigilia dell’Angliru ai Lagos de Somiedo. Questo fatto di ribadire di non essere campione David ce l’ha un po’ come un vezzo. Ma se gli ricordi che quattro anni fa ha vinto il Tour de l’Avenir, allora gli occhi scintillano.
«E’ stata anche una stagione difficile – dice aggiustando il tiro – abbiamo lavorato bene per tre mesi e abbiamo perso malamente il Tour. Siamo arrivati a questa Vuelta come cacciatori e anche se Pinot si è arreso, siamo rimasti uniti».
David Gaudu, seconda tappa di questa Vuelta a La CovatillaPoels, Valverde a La Covatilla
Ha vinto in quella che Daniel Martin ha definito la corsa più dura che abbia mai fatto e se ne torna a casa con due tappe e un piazzamento nei dieci. Non ci stupiremmo se dal prossimo anno Marc Madiot iniziasse a considerarlo il successore naturale di Pinot. Thibaut ha ancora due anni di contratto, ma pare che i rapporti con il suo mentore di sempre non siano più così idilliaci.
Carapaz va
Carapaz ci ha provato, ma non poteva essere forse un attacco ai 3 chilometri dall’arrivo a disarcionare Roglic, che non sembrava aver tradito grosse difficoltà.
«Oggi mi è piaciuta molto la tappa – ha detto dopo l’arrivo l’ecuadoriano – ed è un grande piacere finire secondo alla Vuelta. La squadra ha lavorato molto per me, hanno sempre cercato di rimanere davanti per me. Hanno mostrato grinta e coraggio e abbiamo provato tutto il possibile.
«Personalmente, sono molto soddisfatto della mia stagione e penso che anche la squadra possa esserlo».
Poels, Valverde, Cattaneo, ma la fuga non vaPoels e Valverde, ma la fuga nn va
Difficile dire se in queste ultime due parole ci sia un pizzico di rivalsa. Vale la pena ricordare infatti che l’ecuadoriano faceva parte del gruppo Giro del team Ineos-Grenadiers e che all’ultimo momento, di fronte alla condizione precaria di Froome e quella ancora acerba di Thomas, era stato dirottato sulla Francia, affinché lavorasse per Bernal. E poi, venuto meno l’apporto del colombiano, si era ritrovato ad andare in fuga e lottare, ottenendo de secondi posti a La Roche sur Foron e a Villard de Lans. Il ragazzo è educato, ma che nessuno provi a lamentarsi.
Quasi fatta
E così sul traguardo Roglic ha alzato il pungo come se la tappa l’avesse vinta lui. In realtà ha vinto la Vuelta, dopo il secondo posto del Tour e la vittoria di Liegi. E se anche il fantasma della sconfitta per qualche giorno fosse passato a fargli visita, questa volta lo ha scacciato stringendo i denti e sfruttando, secondo alcuni, la tattica della Movistar, che di certo non ha reso la vittoria e ha impedito attacchi davvero efficaci.
Primoz Roglic, sul traguardo un urlo da vincitore. Respinta la minaccia dell’ecuadoriano della IneosRoglic sul traguardo da vincitore
«E’ diventato molto emozionante negli ultimi chilometri – ha detto Roglic – sapevo che per mantenere il primato sarebbe stato sufficiente salire al mio ritmo. Alla fine è andato tutto bene. Carapaz ha dimostrato di essere molto forte. Non ho sempre avuto tutto sotto controllo, ma non ho mai avuto la sensazione che avrei perso la maglia. Sono rimasto concentrato e ho gestito la mia scalata e questo si è rivelato sufficiente per mantenere il primo posto. I miei compagni hanno fatto davvero un ottimo lavoro, come per tutta la Vuelta. Fino ad ora, siamo stati concentrati ogni giorno. Dobbiamo rimanerlo per un altro ancora e poi sarà finita».
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