Giro Next Gen, prove di WorldTour: comanda la prestazione

12.06.2024
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Domenica nella crono ha vinto Soderqvist: 21 anni, della Lidl-Trek. Lunedì è toccato a Magnier: 20 anni della Soudal Quick Step. Ieri ha vinto Jarno Widar – 18 anni della Lotto-Dstny – forse il più ragazzino eppure uno dei predestinati (foto di apertura). Al primo arrivo in salita, diversi corridori di piccole squadre sono andati a casa, altri hanno rischiato di farlo. La Arvedi Cycling ne ha persi quattro su sei: due ritirati, due fuori tempo massimo. Spiega il manager Rabbaglio che sono stati male, altrimenti tre sarebbero arrivati. Il Giro Next Gen è cominciato solo da tre giorni eppure scorrendo le classifiche si ha la sensazione di trovarsi in una gara WorldTour.

Fa eccezione l’ottimo quinto posto di Kajamini (Team MBH Bank Colpack Ballan) nella tappa di ieri. Per il resto comandano i devo team, come prevedibile. Ma soprattutto stanno imponendo al gruppo un modo di correre da professionisti navigati. Scordiamoci l’andare garibaldino degli U23 di pochi anni fa.

Il gruppo lascia la Valle d’Aosta, sullo sfondo il forte di Bard (foto Giro Next Gen)
Il gruppo lascia la Valle d’Aosta, sullo sfondo il forte di Bard (foto Giro Next Gen)

La mossa di Pinarello

Ad esempio ieri il coraggioso Pinarello, vincitore quest’anno del Palio del Recioto, è andato all’attacco lontano dall’arrivo, si è lasciato cuocere e nel finale non ha avuto forze quando i vari leader hanno iniziato a fare la corsa. Per questo abbiamo chiesto al suo tecnico Mirko Rossato di capire in che modo si stia correndo al Giro Next Gen. Il padovano ha seguito la squadra maggiore per buona parte del Giro dei grandi, il confronto gli viene facile.

«Poteva andare meglio – dice ragionando sulla tappa di Pian della Mussa – ma purtroppo Pinarello ha sbagliato. Si è fatto abbindolare, non deveva andare via a 18 dall’arrivo. E’ rimasto a bagnomaria per 10 chilometri e poi l’ha pagata. Doveva aspettare i 4 chilometri, invece ha visto partire Graat della Visma e Donie della Lotto-Dstny e gli è andato dietro. Era Paletti semmai che doveva muoversi in quel momento, lui doveva stare fermo e aspettare il finale».

La sensazione però è che si stia correndo davvero in stile WorldTour.

Esattamente così. Ci sono tre fasi di corsa. La prima è la solita fuga che non interessa a nessuno, sempre in base al percorso. Poi arriva la squadra che prende in mano la corsa, come ieri la Visma. Infine dopo aver fatto le salite, con le squadre un po’ decimate, viene avanti chi ha ancora i tre-quattro corridori e da quel punto si corre da professionisti. Si decide qual è il corridore di punta e gli altri lavorano. Noi per ora non facciamo questo.

Perché?

Cerco di dare spazio a tutti perché possano giocarsi le proprie carte. E semmai in finale, quando si decide chi è l’uomo in forma, chiederò agli altri di aiutare. Però vi confermo che si sta correndo come nei professionisti. A maggio abbiamo fatto l’Alpes Isere Tour, dove ha vinto ugualmente Widar e noi abbiamo fatto ottavi, noni e decimi in classifica. Anche lì c’erano le dinamiche delle squadre pro’. Porti il corridore veloce se vedi che c’è una tappa adatta, altrimenti la squadra lavora per chi fa la classifica. Non c’è più spazio per azioni da lontano, il gruppo è in grado di chiudere. In Italia si corre allo stesso modo solo nelle internazionali.

Dove infatti arrivano anche i devo team?

Esatto, dipende dai partecipanti. Se c’è un bel numero di devo team, si corre ancora da professionisti. Come al Palio del Recioto oppure al Belvedere. Altrimenti se non ci sono le devo straniere, si corre un po’ più alla garibaldina, da dilettanti. Guardate l’ordine di arrivo di ieri, sono tutti nomi da WorldTour. Loro il posto per il Giro devono conquistarselo, così come il posto nella squadra principale, quindi la prima selezione ce l’hanno all’interno. Io invece voglio vedere effettivamente dove può arrivare un corridore e semmai chiedo che lavorino per un compagno in base alle tappe. Lunedì ad esempio siamo partiti per fare la corsa per Conforti e in finale si sono messi a disposizione e siamo arrivati secondi.

Quindi il Giro Next Gen non è più una corsa in cui si possa fare esperienza…

Esatto, comanda la prestazione. Quelli che non sono stati invitati non so cosa avrebbero potuto fare. Forse dovrebbero fare più corse a tappe all’estero per sperare di venire qui a fare una bella corsa. Noi le gare a tappe le facciamo e anche qui abbiamo una buona squadra, ma alla fine per abbiamo raccolto poco o niente. Avevamo grandi ambizioni, ma basta che sbagli un attimino e la paghi.

Probabilmente, ragionando come i devo team, sareste dovuti venire a vincere il Giro Next Gen con Pellizzari?

Probabilmente qualcuno avrebbe ragionato così. Noi abbiamo rinunciato a portarlo per lasciargli fare il Giro dei grandi. Se avessimo voluto, l’avremmo portato e sono certo che Giulio sarebbe stato a giocarsi la vittoria. Però l’abbiamo visto maturo ed era giusto che corresse con i grandi. Non siamo stati egoisti e qui abbiamo portato un ragazzo giovane come Turconi per fare esperienza in prospettiva futura. Ma avete ragione: abbiamo rinunciato all’ambizione più grande, che era quella di vincere il Giro.

In che modo per Pinarello l’errore di oggi sarà qualcosa di utile?

Gli servirà certamente di lezione, adesso sarà mio compito motivarlo. La sua ambizione non era quella di perdere due minuti, ma di fare il podio. C’è ancora spazio e so anche che già nella tappa di Fosse, se ha le gambe, possiamo fare qualcosa. Il guaio di questa corsa è che si ragiona e ci si muove come professionisti, ma non si usano le radioline. Io sono favorevole che con i giovani se ne faccia a meno, mi piace spiegarglielo e aspettare che poi lo mettano in pratica. Però in certi casi… Se ieri avessi avuto la radio, a Pinarello avrei detto di rialzarsi subito. Lo avrei fermato. Però emerge un’altra cosa. Quelli che dominano sono capaci di correre anche all’antica, sono corridori formati davvero bene.

Power Phase: la perla di Assioma secondo Tonelli

01.06.2024
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NAPOLI – Il giorno di riposo al Giro d’Italia diventa un’occasione per curiosare tra i team alla ricerca di spunti tecnici. E una di queste occasioni ce l’ha offerta la VF Group-Bardiani, squadra che tra i suoi partner tecnici vede Assioma, brand fornitore dei pedali. Ricordiamo che Assioma ha due modelli per la strada: Assioma DUO, con misuratore di potenza doppio, e Assioma UNO, con misuratore di potenza singolo. Il team emiliano utilizza il modello Assioma DUO.

Tra i suoi utilizzatori più sensibili c’è Alessandro Tonelli, esperto del gruppo dei Reverberi. Tonelli è atleta sempre informato e con i pedali non è stato da meno.

Intanto, curiosità, arriviamo proprio quando i meccanici stanno facendo un check delle bici e stanno smontando i pedali. Martin Marcellusi per esempio era scivolato proprio il giorno prima. I tecnici ci hanno mostrato come venga cambiato il corpo pedale.

«Gli Assioma Duo – spiegano i meccanici della VF Group – hanno bisogno davvero di pochissima manutenzione. Per quanto riguarda la parte meccanica, ci pensiamo noi. Se invece serve un intervento per quella elettronica si mandano in direttamente in assistenza Assioma. Ma capita davvero rarissimamente».

Alessandro Tonelli, in azione sulle strade del Giro d’Italia
Alessandro Tonelli, in azione sulle strade del Giro d’Italia
Alessandro, da quanto tempo usi questi pedali?

Dal 2016 quando erano ancora bePro, ora sono Assioma Duo e sono appunto i pedali che stiamo utilizzando in squadra. Abbiamo collaborato, già da diverso tempo, con l’azienda ai fini di migliorare questo prodotto, un pedale ottimo per qualità e direi anche per prezzo.

In effetti la qualità è molto elevata. Il tuo compagno Zoccarato ne esaltava la precisione e anche la facilità di utilizzo…

In effetti sono molto facili da utilizzare perché basta montarli sulla bicicletta e, fatta la calibrazione, si possono utilizzare immediatamente. La comodità di questi pedali è che avendo i rilevatori sia a destra che a sinistra si può vedere la differenza tra la pedalata tra i due arti: è il bilanciamento, appunto sia a destra che a sinistra.

E del corpo pedale cosa ci dici?

Questo pedale, pur essendo basato su standard Look, lavora con una base allargata rispetto a quella classica per gli attacchi Keo. E se ne sentono i benefici in fase di spinta, ma anche in discesa. Se faccio una curva sulla destra, la tecnica è quella di caricare il peso totalmente sul piede sinistro (e viceversa chiaramente, ndr): quindi maggiore è la base d’appoggio maggiore è la spinta. Pertanto si riesce a fare una curva perfetta.

Assioma Duo, i pedali utilizzati dagli atleti della VF Group-Bardiani
Assioma Duo, i pedali utilizzati dagli atleti della VF Group-Bardiani
Parliamo del rilevatore di potenza. Quanto dura la batteria?

Con questi Assioma Duo, a casa, li carico ogni 9-10 giorni, ma sono io che voglio averli sempre ben carichi. Sinceramente non li ho mai fatti scaricare del tutto, ma suppongo possano arrivare alle due settimane consecutive senza problemi. Calcolate che faccio dalle 22 alle 26 ore di allenamento settimanale. Quindi hanno un’autonomia di almeno 50 ore. 

Prima, Alessandro, hai accennato alla rilevazione destra-sinistra. Quanto ti è utile realmente questa opzione? E ancora: può darti delle informazioni sulla necessità di lavorare di più con un arto anziché con l’altro anche in palestra?

E’ molto utile, specie per me. La mia pedalata infatti è molto differente tra arto destro e sinistro ed è così dall’incidente che ho avuto nel 2019. Ho questo scompenso, il mio corpo si è adattato. Se faccio un lavoro da una intensità media in su, ho una percentuale di spinta pari: 50-50. Ma se devo fare la passeggiatina ho una differenza abbastanza marcata: 47-53.

Non è poco…

Infatti in palestra, soprattutto in inverno, ricorro parecchio agli esercizi monopodalici: pressa, squat, squat bulgaro. Pertanto gli Assioma Duo mi sono molto utili da questo punto di vista. E c’è un altro aspetto per me importantissimo.

I meccanici, dopo aver preso un paio di pedali di scorta (si nota la fascetta che li tiene uniti) ci mostrano il collegamento magnetico per la ricarica
I meccanici, dopo aver preso un paio di pedali di scorta (si nota la fascetta che li tiene uniti) ci mostrano il collegamento magnetico per la ricarica
Quale?

Quasi tutti i potenziometri rilevano solo la spinta e non la trazione, gli Assioma Duo invece fanno un’analisi completa, sia del bilanciamento che della “power phase”. Il bilanciamento, visibile solo con Assioma DUO, permette di osservare come cambia il rapporto tra gamba dominante e gamba debole in relazione alle diverse condizioni di corsa e di forma fisica. I dati di bilanciamento di potenza SX/DX permettono di osservare come cambia il rapporto gamba dominante/gamba debole in relazione alle diverse condizioni di corsa e di forma fisica. Questi dati si rivelano utili per correggere eventuali scompensi tra gambe.

Interessante, vai avanti…

Si vedono i due cerchi come se fossero due orologi: uno a destra, uno a sinistra. In questi due cerchi si vede dove inizia e dove finisce la tua spinta. Io ad esempio sulla parte destra ho un angolo di power phase che inizia dopo e finisce dopo rispetto alla sinistra perché questo, come dicevo, c’è un deficit in spinta. Però la compenso in trazione con la destra.

E’ un po’ come se riducessi il tempo morto?

Esatto, è davvero utile. Durante il Giro ho avuto una contrattura: ebbene con gli Assioma Duo vai a analizzare anche queste cose.

Curiosità, se cambi posizione della sella per esempio, cambia anche la “power phase”? 

Sì, cambia totalmente. Per esempio tra crono e strada ho due angoli di fase differenti. Ma è normale perché sulla bici da crono sono molto più avanzato.

La power phase
Una schermata in cui si può visionare la power phase
E inizia prima l’angolo di spinta?

Sì, perché praticamente spingi molto di più con il quadricipite e “tiri” meno con il bicipite femorale. Quindi l’angolo di spinta è più alto e finisce prima.

Insomma Assioma è utile anche per verificare l’efficienza della posizione, se si alza o abbassa la sella, se la si arretra o avanza…

Esatto. E un’altra cosa in più è che Assioma lavora molto sul momento angolare reale e non medio, lo IAV, in modo d’avere una precisione molto più alta del wattaggio rilevato. Lo IAV Power System (Instantaneous Angular Velocity-based Power calculation) calcola la potenza basandosi sulla velocità angolare istantanea.

E invece la Power Phase?

La Power Phase, o fase di spinta o di potenza, indica il segmento di un giro di pedalata in cui viene prodotta una coppia positiva, ovvero oltre il 90 per cento della forza propulsiva che spinge in avanti la bici. Questa permette di vedere la fase di spinta e di trazione e consente di lavorare per avere una pedalata quanto più rotonda possibile.

Sul computerino i dati di output arrivano in modo tradizionale?

E’ il pedale sinistro che riceve e trasmette tutto. Abbiamo due sensori, uno a destra e uno a sinistra. Però “l’antenna” è una: il pedale destro trasmette al pedale sinistro e questo al computerino.

A Camerino con Pellizzari: un giorno di emozioni forti

30.05.2024
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CAMERINO – Lo sguardo abbraccia il mondo. La mattina si rischiara, dopo che l’alba ha coperto la campagna di un’insolita nebbia in quest’angolo silenzioso delle Marche. Pellizzari guarda giù, dopo aver raccontato la storia di un tunnel che collegherebbe la Rocca dei Borgia in cui ci troviamo con il castello dei Varano. Dice che quando erano bambini hanno provato a percorrerlo, ma di aver trovato una grata.

Si fanno quattro passi. Siete mai stati a Camerino negli ultimi otto anni? Era una città universitaria piena di vita, dopo il terremoto del 2016 è una città fantasma. Il centro è deserto, puntellato, ingabbiato, sfregiato. Fatti salvi pochi cantieri, è come se il tempo si sia fermato ai giorni del sisma. Tanta gente vive ancora nelle casette, altri se ne sono andati. Per questo quando Giulio ha attaccato sulle salite del Giro, è stato come se portasse nel petto anche il battito dei loro cuori. Glielo hanno detto martedì sera nella festa di bentornato, con una spinta d’animo che veniva da piangere. Erano quasi in 700 nell’Auditorium Benedetto XIII, intitolato al Papa che nel 1727 fondò l’Università di Camerino. E’ stato un incontro emotivo e dignitoso, con l’orgoglio marchigiano che si è sollevato sopra la difficile quotidianità.

Pellizzari ha corso un Giro a testa alta. Qui è secondo dietro Pogacar a Monte Pana, dietro Martinez
Pellizzari ha corso un Giro a testa alta. Qui è secondo dietro Pogacar a Monte Pana, dietro Martinez

Sveglia all’alba

Casa Pellizzari è una villetta divisa in due, che nell’altra metà ospitava il bed&breakfast di famiglia, ora occupato da una zia. Quando abbiamo mandato il messaggio per dire che eravamo arrivati, Giulio è sceso ad aprire con gli occhi di chi si è svegliato presto. Infatti alle 6,30 hanno suonato anche gli ispettori della Wada: quando entri nel gruppo di chi va forte, anche i controlli diventano più assidui. Un caffè farà bene ad entrambi. Il Giro d’Italia si è concluso da due giorni. Quando nella tappa di Roma abbiamo saputo che il martedì sera lo avrebbero accolto nella sua città, gli abbiamo chiesto di assistere e poi di fare due parole l’indomani. E’ tutto nuovo, aver incontrato la sua gente è stato un’esperienza inattesa.

«Beh, è stato emozionante – dice – non pensavo che fossero così tanti. Qua a Camerino ci conosciamo tutti, perché il paese è piccolino e tanti mi ricordano come il ragazzino che girava sempre in bici intorno alla città con gli amici. E ieri me l’hanno detto in tanti: “Allora era una cosa seria!”. E’ stato bello anche sentire questo…».

Il ragazzino che girava con la bici: eri così?

Sì, sempre. Facevamo le gare, partivamo da casa del mio amico Mirco, a 500 metri da qui. Andavamo in centro, ma qualcuno imbrogliava e prendeva le scale mobili. Poi scendevamo dalla Rocca e ritornavamo. Facevamo sempre lo stesso giro, sempre la gara: è stata così dai 7 ai 15 anni. In casa c’era una mountain bike, il mezzo più veloce per muoverci. Poi ogni tanto, quando finivamo giù in basso, le caricavamo nelle navette. Però solo quando c’era l’autista buono…

Massimiliano Gentili, il tuo padrino ciclistico, racconta che nella prima uscita con lui, a 16 anni, lo guardasti in faccia e poi scattasti…

E’ vero (sorride, e abbassa lo sguardo, ndr), è successo sulla salita di Trevi, vicino Foligno. Questa cosa di arrivare primo in salita ce l’ho sempre avuta, anche quando ero più piccolo e mi allenavo qua a Matelica. Volevo sempre fare la salita per scattare. La salita è quello che mi piace, il simbolo del ciclismo. Da bambino guardavo il Giro d’Italia, soprattutto con mio nonno Mario e con il mio amico Mirco. Mi ricordo il Giro del 2015 con Aru in maglia bianca, infatti i suoi cani si chiamavano Aru e Contador.

Il passagio in testa sul Passo Sella gli è valso il Trofeo Cima Coppi
Il passagio in testa sul Passo Sella gli è valso il Trofeo Cima Coppi
Martedì ti sei commosso al ricordo di tuo nonno…

Mario, detto Mariuccio (annuisce, ndr). Un signore accanto a me ha fatto un racconto su di lui: non volevo piangere, ma non ce l’ho fatta. Adesso gli anziani mi riconoscono come il nipote di Mariuccio e dicono che sarebbe orgoglioso di me. Ho scoperto al bar tramite amici che fosse un grande tifoso di ciclismo e suo padre anche più di lui. Gli assomiglio tanto. Quando nonna morì, andavo a dormire da lui e anche a tavola mangiavamo allo stesso modo. Strappavamo la carne col pane e mangiavamo pane e ciauscolo la mattina. Nonno se ne è andato nel 2015, l’anno prima del terremoto.

La gente, i tuoi compagni sanno che qui c’è stato il terremoto?

Ricordo che 3-4 mesi dopo, a mia madre è capitato di incontrare gente che le chiedeva dove si andasse per il centro. E lei doveva rispondere che il centro non c’era più. Erano passate poche settimane e nel telegiornale se ne era parlato anche parecchio…

Quei giorni ti hanno cambiato?

Se ci penso ora, magari non mi hanno cambiato, però mi dispiace non aver vissuto da grande lo splendore di Camerino prima che crollasse tutto. Il centro delle mie sfide in bici non c’è più. E allora penso alle nuove generazioni. Io potevo lasciare la bici per due giorni poggiata a un muro e trovarla ancora, oggi nel quartiere dei negozi che hanno costruito a valle non so se sia ancora così. Nel centro storico non passavano le auto, sotto ora c’è il traffico e non so se i bambini possono fare quello che facevamo noi.

Cosa ricordi di quei giorni?

Era mercoledì e io ero a casa di Mirco, praticamente ci ho passato l’infanzia. Stava venendo il temporale, così ho preso la bici per tornare che già cominciava a piovere. Nel parcheggio meccanizzato, quello con le scale mobili, le luci si accendevano e si spegnevano, c’erano tuoni e lampi. La sera eravamo qua e di colpo tutto ha iniziato a ballare. Due sono usciti da quella porta, uno si è messo sotto il tavolo, che era la cosa giusta da fare. In due siamo usciti dall’altra parte. Vedo diverse scene, una è quella delle coppe che cadono e si rompono. Subito dopo, la domenica, siamo andati con mia nonna a Bassano da amici di mio padre, però solo noi tre figli. Mamma e papà sono rimasti qui, perché giravano anche i ladri.

Nella ferramenta di Sandro Santacchi, a destra, covo dei ciclisti di Camerino
Nella ferramenta di Sandro Santacchi, a destra, covo dei ciclisti di Camerino

Il viaggio nel ciclismo

Il suo viaggio è iniziato a 16 anni, quando Massimiliano Gentili ebbe una visione e lo indicò come possibile corridore da corse a tappe. Glielo affidarono, riconoscendogli grande fiducia. «Suo padre Achille – raccontava l’altra sera l’umbro – è sempre stato presente, ma rigorosamente un passo indietro». Achille sorride e ringrazia, discreto e per questo elegante. Sa che i genitori possono essere un peso, così ha preferito lasciar fare, tenendo l’occhio vigile. Ed è stato così che crescendo, Giulio Pellizzari si è trovato catapultato fuori dalla dimensione ovattata e protetta di Camerino, per andare a scoprire il mondo.

I tuoi coetanei erano qui con la solita vita, mentre tu a 18 anni giravi già per aeroporti. Hai mai avuto paura?

Sì! Più che altro a 18 anni non avevo mai preso un aereo, per cui finché si girava con la squadra, non avevo problemi. Ma da solo era un’altra cosa, ho avuto le mie ansie. Oltre a tutte le esperienze, anche questa mi ha fatto crescere. Mi sono ritrovato da solo dall’altra parte del mondo, in un aeroporto immenso, con la borsa della bici e l’inglese un po’ così. Un po’ d’ansia ti prende. Però adesso ho imparato a gestire anche quello. I miei amici mi dicono: “Beato te che sei sempre in giro!”. E io gli rispondo: “Beati voi perché state a casa!”. Non c’è una via di mezzo. Girare il mondo fa tanto, fa crescere, però in certi momenti la vita di casa mi manca davvero.

Queste immagini hanno fatto storia: Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana
Queste immagini hanno fatto storia: Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana
Finalmente però sei arrivato a fare il Giro d’Italia…

E’ stato bello. Dopo il Tour of the Alps che è andato bene, il Giro diventava un banco di prova. Non volevo solo fare esperienza, volevo fare bene. All’inizio ero inquieto, perché tre settimane sono lunghe. Poi ho scoperto che diventa una routine e perdi anche il conto dei giorni. Solo a 3-4 tappe dalla fine, inizi a capire che sta per finire.

Hai vissuto giorni esaltanti e altri duri: come è stato correre per tre giorni con gli antibiotici in corpo?

Pesante, ti senti fiacco. Non riesci a spingere. Stare in gruppo non è mai facile, perché si va ogni giorno a tutta. Per fortuna l’unica partenza tranquilla del Giro è stata quella verso Francavilla in cui io stavo peggio e quindi mi sono salvato. Continuavo ad andare dietro e rientrare, andare dietro e rientrare. Per fortuna il giorno dopo si arrivava nelle Marche e mi sono ripreso, ma arrivare a Francavilla è stato davvero duro. Volevo mollare, ma mi hanno convinto a non farlo e devo dire grazie per questo. Una cosa che non ho mai raccontato è che nel riposo di Livigno, il giorno prima di fare secondo a Monte Pana, ho sognato che mi ero ritirato e il giorno dopo piangevo, pregando Roberto Reverberi che mi facesse rientrare in gara.

Giulio con la compagna Andrea Casagranda: trentina, anche lei atleta alla BePink
Giulio con la compagna Andrea Casagranda: trentina, anche lei atleta alla BePink
Il tuo amico Pogacar?

Prima del Giro, il sogno era correre con lui, adesso il sogno è staccarlo. Con calma, ovviamente, però alla fine se stacchi lui, vinci la corsa. La differenza fra me e lui è che lui è proprio un fenomeno, però un po’ mi rivedo nel suo modo di fare. Se avessi il suo motore, correrei allo stesso modo. Sempre per vincere. Alla fine, se uno ha le gambe… Corriamo per vincere, no? Ho letto un’intervista a Gianetti, ha detto che ci pagano per vincere ed è vero…

Come hai fatto a rientrare sulla fuga nel giorno del Grappa proprio a 100 metri dal GPM e prendere i punti per la maglia azzurra?

Ero partito per fare la gara, la squadra voleva che andassi in fuga. Io mi sentivo bene e sapevo che la fuga non sarebbe arrivata, quindi non volevo buttare via tutto. Però non ero certo che se mi fossi ritrovato con i primi venti, avrei avuto le gambe per attaccarli. Non sentivo bene la radio, perché prendeva poco e c’era tanta gente. Non sapevo quanto mancasse e nel dubbio sono partito a 3 chilometri dalla vetta. Alla fine tutti mi hanno chiesto come abbia fatto a riprenderli a 100 metri dal GPM, ma davvero penso che sia stato anche per fortuna.

Stremato dopo la fuga, sul Monte Grappa Pellizzari ha conquistato i punti per la maglia azzurra del GPM
Stremato dopo la fuga, sul Monte Grappa Pellizzari ha conquistato i punti per la maglia azzurra del GPM
Serve motivazione per andare in fuga sapendo che Pogacar punta alla stessa tappa?

Alla fine è una guerra persa, però ci provi: non sai mai come va. Se avessi preso un minuto in più, mi avrebbe ripreso un pezzettino dopo. Forse mi avrebbe staccato sullo strappo, ma rinunciare non mi appartiene. E’ stato bello correre a Roma con la maglia azzurra della montagna, il sogno però è arrivarci con un colore diverso. Alla fine ci siamo salutati, gli ho fatto i complimenti e in bocca al lupo per il Tour.

Com’è quando il giorno dopo si spengono le luci?

Un po’ mi manca. Quando c’è tanta gente che fa il tifo, i paesi in rosa, respiri l’aria di festa. Alla fine ti ci abitui, però è sempre emozionante. Negli ultimi giorni, ho capito che stava per finire, ma al contempo sono stanco, è giusto recuperare. Per cui farò lo Slovenia, il campionato italiano e poi si stacca per un po’ la spina.

Lo lasciamo alla sua casa, al suo cielo, alla famiglia e agli amici e andiamo a fare un giro in centro. Nella serata per Giulio abbiamo toccato con mano l’orgoglio. Ce ne andiamo con la speranza che la sua voce continui a raccontare la storia di Camerino e della sua gente. Basta che continui ad essere se stesso, il Giulio di sempre. Forse allora per queste strade l’oblio smetterà di essere l’unico destino possibile.

Per due ore Pellizzari ha fatto sognare gli italiani

25.05.2024
5 min
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BASSANO DEL GRAPPA – «Quando mi ha ripreso mi ha detto di mettermi a ruota. Io ci ho provato ma andava troppo forte e mancavano ancora tre chilometri alla vetta. Era una volata per me quel ritmo. Sono passato da 350 a 600 watt». Tadej Pogacar che riprende Giulio Pellizzari. E’ questa “la foto” di oggi e, forse, dell’intero Giro d’Italia. Di certo lo è per il marchigiano.

Era già successo sul Monte Pana che Pogacar rintuzzasse Pellizzari, ma stavolta questo recupero ha un valore gigantesco. Stavolta Pellizzari era in fuga da solo. Stavolta era una tappa lunga.

E in tutto ciò la folla impazzisce. Quella a bordo strada. Quella all’arrivo di Bassano e quella alla televisione.

Qualche attimo di stanchezza, ma un minuto dopo Pellizzari era già pronto per le interviste
Qualche attimo di stanchezza, ma un minuto dopo Pellizzari era già pronto per le interviste

Per sé e per la gente

Appena arriva, il corridore della VF Group-Bardiani si appoggia alle transenne. Si siede. Ha il fiatone, ma poco dopo è già pronto a raccontare. Un recupero impressionante. Aspetto non secondario. Vuol dire che sta bene.

Pellizzari è un fiume in piena di emozioni: «Volevo assolutamente prendere quel Gpm, perché volevo indossare la maglia blu a Roma domani, anche se non è mia. Non pensavo di aver guadagnato così tanto quando sono partito».

«Sull’ultima salita ho dato tutto. E forse ad un certo punto ci ho anche creduto. C’era tanta gente sulla strada che urlava il mio nome e mi diceva di crederci. “Vai che è tua”. Io facevo le corna! Ma quel tifo è servito. E’ stato come avere una gamba in più. Ero qui nel 2014 da bambino a vedere Quintana e oggi c’ero io: un’emozione assurda».

Lo spettacolo del Grappa. «Mio padre è di queste parti. Ci tenevo a fare bene per tutta questa gente»
Lo spettacolo del Grappa. «Mio padre è di queste parti. Ci tenevo a fare bene per tutta questa gente»

Sguardo avanti

Quel ragazzino, under 23 di primo anno, che incontrammo al Giro della Valle d’Aosta, guarda caso in lotta per la maglia dei Gpm, sembra lontanissimo. E invece è storia di appena due estati fa. Condividevamo l’albergo e ogni sera si parlava un po’. Ma in quanto a spontaneità è lo stesso.

«Tutto il Grappa – va avanti Giulio – è stata una grande emozione, poi quando ho visto Pogacar che potevo fare? Ho pensato solo ad andare a tutta e di provare a tenerlo ma lui andava troppo, troppo forte. Speravo solo di arrivargli il più vicino possibile. Probabilmente se non ci fosse stato Tadej ora avrei due vittorie al Giro».

Prima abbiamo accennato al recupero di Giulio, qualità fondamentale per chi punta ai grandi Giri. L’aver concluso bene il Giro, essere stato così protagonista nella terza settimana, dopo aver persino superato dei malanni, ha un significato gigantesco in ottica futura.

«Il mio Giro non era iniziato proprio nel modo che volevo – riprende il corridore – Qualcuno addirittura mi aveva detto che non ero pronto a questo e al salto nel WorldTour: io volevo solo dimostrare il contrario, quindi sono contento anche per questo.
«Questa mattina ho sentito Massimiliano Gentili (il suo diesse tra gli juniores, ndr) e lui mi ha detto: “Dimostra che al ventesimo giorno sei questo”».

Tonelli sta tagliando il traguardo, Pellizzari al Processo alla Tappa si volta e lo cerca con lo sguardo
Tonelli sta tagliando il traguardo, Pellizzari al Processo alla Tappa si volta e lo cerca con lo sguardo

Tonelli, che guida

Ma oggi è stata brava anche la sua squadra, come del resto per tutto il Giro. La VF Group-Bardiani ci ha sempre provato e verso Bassano sono riusciti ad imbastire un gioco di squadra tra i giganti. L’aiuto di Alessandro Tonelli è stato funzionale… e bello.

«Stamattina – ha raccontato Tonelli – l’idea era di portare Giulio in fuga con uno tra me, Fiorelli o Tarozzi. Poi invece sono entrato io e Giulio si è mosso solo al primo passaggio sul Grappa. Io sono rimasto davanti ma senza forzare troppo. Anche perché hanno preso la salita come se il traguardo fosse a lì a tre chilometri. Io mi sono gestito. Poi quando è uscito Giulio ho pensato solo ad aiutarlo.

«Certo, nello strappo in discesa è stato un po’ frenetico. Mi ha fatto spendere tanto, magari senza quello sforzo sarei riuscito ad aiutarlo un pelo di più dopo».

Tonelli non solo ha tirato, e si è preso l’Intergiro, ma ha pensato a Pellizzari anche dopo che lui lo avrebbe lasciato.

«Nel breve tratto in pianura tra i due Grappa gli ho detto di mangiare, d’idratarsi e soprattutto di gestirsi in salita, perché la scalata sarebbe durata un’ora. Per due terzi di salita Roberto (Reverberi, ndr) mi teneva aggiornato. Sentivo che Giulio teneva bene. Poi è uscito Pogacar. Ma si sapeva…».

Tonelli (qui al podio per l’Intergiro) e la squadra hanno dato a Pellizzari un ottimo supporto
Tonelli (qui al podio per l’Intergiro) e la squadra hanno dato a Pellizzari un ottimo supporto

Futuro Pellizzari

Il ciclismo può diventare tecnico e futuristico quanto vuole, ma il nocciolo resta questo: il ragazzo che attacca in salita. E’ l’emozione, il sogno.

E non si può non insistere sul coraggio di Pellizzari e su quella manciata scarsa di chilometri con Pogacar.

«Quando Tadej mi ha ripreso – continua il marchigiano – ho pensato proprio a lui l’anno scorso al Tour, quando andando in crisi disse: “I’m gone, I’m dead”. Pensavo a come oggi questa frase la dicano gli altri… ed anche io». 

Giulio Pellizzari (classe 2003) in azione sul Grappa. Alla fine ha chiuso 6° con il drappello dei big
Giulio Pellizzari (classe 2003) in azione sul Grappa. Alla fine ha chiuso 6° con il drappello dei big

E ora Roma

Il fatto di aver tenuto il ritmo dei migliori, stando già fuori da oltre un’ora, nel secondo passaggio sul Grappa non è una cosa banale.

«La resistenza – prosegue Pellizzari – è un po’ il mio punto di forza. Ho cercato di procedere con regolarità. L’ho scalato entrambe le volte con lo stesso ritmo. Il Grappa è davvero duro, ma è il tipo di salita che piace a me».

«Sono contento del mio Giro d’Italia. Tanti tifosi mi chiedevano una tappa, ma ora sono anche contento che sia finito perché sono veramente stanco».

Giulio Pellizzari alle 21:45, come tutta la carovana, volerà verso Roma. La valigia che caricherà sull’aereo conterrà un’esperienza in più… e ovviamente gli occhiali e la maglia rosa che Pogacar gli ha dato sul Monte Pana.

Ancora su Pellizzari, a botta calda con Roberto Reverberi

22.05.2024
5 min
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MONTE PANA – Non è bastata la notte a mandare via dalla testa le immagini di Giulio Pellizzari che sul Monte Pana sfiora la vittoria al Giro d’Italia. L’attacco, il recupero di Pogacar, lo sprint su Martinez. Il bimbo del Giro, il più giovane al via, che lotta coi grandi sulle grandi montagne: sogno o realta?

E la gioia era anche quella che veleggiava in casa VF Group-Bardiani. Da Roberto Reverberi agli altri ragazzi del team, anche quelli che erano a casa. E persino qualche rivale sorrideva. Pensate che mentre stavamo parlando con il manager e direttore sportivo emiliano, passavano altri diesse e si complimentavano con lui. Pellizzari ha saputo entusiasmare anche loro. Insomma, ci è voluto Pogacar per ripigliarlo!

Con Roberto Reverberi partiamo proprio dalle emozioni.

Anche grazie ai suggerimenti dell’ammiraglia, Pellizzari si è mosso bene con gli avversari. Qui era con Costiou
Anche grazie ai suggerimenti dell’ammiraglia, Pellizzari si è mosso bene con gli avversari. Qui era con Costiou
Roberto, ma che emozione è stata vederlo lottare quassù?

Bellissimo, davvero. Ed è stato bellissimo anche perché Giulio si è mosso bene. Con i tempi giusti.

Il suo attacco quindi era programmato?

Sì, abbiamo cercato di anticipare perché chiaramente con Pogacar c’è poco da fare. L’idea era di fargli prendere il tratto duro, quello finale del Monte Pana, il più adatto a lui, con più margine possibile. Nella fuga a quattro abbiamo cercato di farlo lavorare il giusto. Che fossero un po’ più gli altri a muoversi. Poi sul tratto duro li ha staccati. Sapevamo che poteva farlo. Ma poi è arrivato il fenomeno e… c’è stato poco da fare a quel punto.

Quando hai visto Pogacar che prendeva Pellizzari, un po’ ci hai pensato che gliela lasciasse?

Ci ho sperato a dire la verità, però erano ancora un po’ lontani dal traguardo. Magari se l’avesse preso a 200 metri dall’arrivo o anche ai 300 metri, forse gli avrebbe lasciato la vittoria. Forse. Tadej non aveva bisogno di guadagnare ancora terreno rispetto agli altri uomini di classifica – breve pausa – Sì, ci ho sperato. Però devo dire che è stata bellissima anche la scena.

Giulio Pellizzari (classe 2000) è il più giovane del Giro
Giulio Pellizzari (classe 2000) è il più giovane del Giro
A quale delle tante ti riferisci?

Ho visto dalla tv che si sono abbracciati. Pogacar gli ha regalato gli occhiali e anche la maglia rosa. Insomma, Giulio è un giovane di 20 anni, un corridore di belle speranze. E’ un ragazzo che ha grossi margini di miglioramento e queste tappe, queste prestazioni, non fanno altro che confermarlo e dargli fiducia.

Roberto, il Monte Pana veniva dopo il giorno di recupero, magari i corridori più esperti lo pagano di più dei più giovani, almeno così si dice. Questa è stata un’arma in più per Pellizzari?

Noi con il nostro staff medico (il dottor Maurizio Vicini che è seduto al suo fianco, ndr) cerchiamo di gestire i ragazzi al meglio anche nel giorno di riposo. Ci sono degli accorgimenti particolari per quanto riguarda la dieta, il riposo e l’integrazione affinché il giorno successivo possano avere le batterie cariche sin da subito. E hanno funzionato.

Pellizzari è stato molto brillante all’inizio del Giro, poi c’è stato un momento di flessione, avete mai preso in considerazione l’idea di fermarlo? Magari proprio ieri, secondo giorno di risposo… In fin dei conti è giovanissimo e nessuno si sarebbe scandalizzato.

Giulio ha passato un brutto momento soprattutto nella tappa nelle Marche. Un momento difficile io credo più di testa che di gambe (quello fisico c’è stato qualche giorno prima, ndr), perché era stato caricato di grosse aspettative. Era un po’ deluso, un po’ amareggiato perché pensava di fare chissà cosa e lì c’erano molte attese su di lui. Però poi quella sera abbiamo fatto una bella chiacchierata e piano piano si è ripreso. Gli servivano i giusti tempi di recupero. E questo è il risultato.

Smaltiti i postumi dell’antibiotico, il marchigiano ha ritrovato le forze
Smaltiti i postumi dell’antibiotico, il marchigiano ha ritrovato le forze
Qual è stato l’oggetto di questa chiacchierata?

Una chiacchierata semplice, la stessa che potrei fare con mio figlio che è poco più grande di lui. Ho pensato soprattutto a tranquillizzarlo. Il linguaggio, diciamo così, è quello più o meno.

Domanda opposta a quando ti abbiamo chiesto se avevate pensato al ritiro. Cosa significa invece fare queste prestazioni alla terza settimana? Perché è giusto andare avanti?

E’ un segnale molto importante. Pellizzari si sta, e lo stiamo, ben gestendo. Dopo la tappa dell’altro ieri, il Mottolino, durissima, Giulio ha recuperato bene. E anche quel giorno aveva attaccato da lontano. Il gruppo della fuga si era sfaldato presto, per cui Pellizzari e gli altri erano rimasti scoperti per troppo tempo. Anche per questo non abbiamo ottenuto quello che volevamo. Che poi sarebbe cambiato poco, perché con un Pogacar così c’è poco da fare. Però, una volta che è stato ripreso, Giulio ha continuato piano, piano.

Pellizzari è passato con Roberto Reverberi direttamente dagli juniores nel 2022, a 19 anni (foto VF Group-Bardiani)
Pellizzari è passato con Roberto Reverberi direttamente dagli juniores nel 2022, a 19 anni (foto VF Group-Bardiani)
In effetti ha perso moltissimo, in pratica un minuto a chilometro, giustamente…

Esatto. Si è gestito bene. Come ho già detto: secondo me ha grossi margini di miglioramento, è ancora un ragazzino.

Cosa gli dicevi e cosa vi chiedeva per radio verso il Monte Pana?

Lui non chiedeva niente, siamo stati noi che lo incitavamo tutto il tempo. Gli abbiamo consigliato cosa fare con gli avversari… Poi gli ho detto: “Arriva Pogacar. Arriva, cerca di tenerlo il più possibile”. Se non altro perché gli altri non lo avrebbero più preso… mica perché doveva stare con lui! E poi devo dire che ha fatto anche una bella volata contro Martinez. Insomma, è un bel viatico per un ragazzo così. E stasera (ieri, ndr) siamo tutti contenti.

Voleva ritirarsi, per poco vinceva: Pellizzari ricomincia da qui

21.05.2024
7 min
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MONTE PANA – Quando si capisce che Pogacar l’ha messo nel mirino, le speranze che Giulio Pellizzari vinca la tappa si riducono al minimo. Per la logica secondo cui è giusto che la maglia rosa vinca quando può, non possiamo che toglierci il cappello. Ma in questa giornata nata male e finita meteorologicamente non troppo meglio, la resurrezione del marchigiano del VF Group-Bardiani è la conferma di un talento che cresce e si affaccia sulla terza settimana con la testa alta e lo sguardo fiero. Il gruppo ha raggiunto il traguardo dopo una tappa accorciata a causa della neve che ha bloccato i grandi passi e che dopo un po’ ha iniziato a fioccare anche su Livigno. La decisione di lasciare la Valtellina percorrendo la galleria La Schera era l’unica da prendere, senza il tentennare che ancora una volta ha trascinato il Giro in una dimensione che non merita. «Noi siamo pronti – ha detto Pogacar prima di prendere il via – non so se lo è anche l’organizzazione».

Altri atleti hanno scritto parole di troppo, ma è stato imbarazzante dover attendere l’orario della partenza senza alcun aggiornamento e trovarsi poi davanti alla proposta di fare una sfilata per Livigno sotto la neve. Bene hanno fatto i corridori a rifiutare, non avrebbe avuto alcun senso, se non essere riconoscenti all’Amministrazione cittadina che ha pagato anche per una partenza che di fatto non c’è stata.

Un’ombra rosa

Pellizzari esce dalla tenda in cui si è riparato Pogacar con una mantellina rosa e gli occhiali dello sloveno in una mano. Tossisce. Si piega sulla bici accanto alla transenna. Poi quando riconosce la voce, si solleva, sorride e stringe la mano. Voleva ritirarsi, stava per vincere. Solo che a un certo punto si è voltato e ha visto arrivare Pogacar. Cosa hai pensato, Giulio, in quel momento?

«Bastardo! Ancora?», poi fa una risata a sottolineare l’ironia e la rassegnazione contenute nella parola. Qualcosa del genere gli era già successo a Torino, ma se tutti sapessero quello che ha passato per arrivare sin qui, forse anche per loro questo secondo posto avrebbe il sapore della vittoria.

L’azione di Pellizzari è stata esplosiva e in crescendo: il marchigiano ha recuperato
L’azione di Pellizzari è stata esplosiva e in crescendo: il marchigiano ha recuperato

La forza giusta

Il giorno di riposo ha fatto il miracolo, coronando un recupero per certi versi insperato. Si era pensato che fosse meglio fermarlo per evitare che la fatica fosse superiore ai suoi mezzi, invece il giorno senza corsa a Livigno ha completato la sua risalita.

«Ieri stavo molto bene – racconta mentre continua a piovere – infatti la mia paura era che oggi non stessi come ieri, però sono contento. Sentivo di avere la forza giusta ed è bello esserci riuscito all’inizio della terza settimana. Cinque giorni fa ero a casa più che in gara. Ho avuto tosse, raffreddore, mal di gola e… Ero più di là che di qua, però grazie alla mia famiglia, a Massimiliano Gentili, a Leonardo Piepoli e alla mia fidanzata Andrea, sono rimasto e oggi non ho vinto, però va bene così».

Per un po’ si è riformata la coppia Alaphilippe-Maestri, ma presto il francese è rimasto da solo
Per un po’ si è riformata la coppia Alaphilippe-Maestri, ma presto il francese è rimasto da solo

Un secondo padre

Se lo conosciamo, pensiamo, Massimiliano Gentili sarà da qualche parte da solo a piangere. Così dopo aver parlato con Pellizzari e prima di iniziare a scrivere questo articolo, pensiamo di chiamarlo.

«Sono fermo in autostrada – conferma l’umbro con la voce ancora scossa – è una giornata che mi ricorderò per sempre. Ero a Bologna per un intervento al ginocchio di mia figlia e avevo addosso la tensione per questo e per tutto quello che abbiamo fatto nei giorni scorsi con Giulio. Ha detto che mi dedica questa tappa che per me è come una vittoria e questo mi commuove. Mi sono fermato per vederlo.

«Giulio è il mio orgoglio da quando è un bambino, da quando ho smesso di correre e ha dato un senso agli anni dopo la carriera da corridore. L’ho visto, l’ho capito e gli ho promesso che lo avrei portato dov’è ora. E’ un figlio che condivido col suo vero padre e posso dire che arrivare sin qui non è stato semplice».

Scaroni anche oggi all’attacco, ha chiuso al quarto posto
Scaroni anche oggi all’attacco, ha chiuso al quarto posto

Antibiotici al Giro

Abbiamo fatto bene a chiamarlo, pensiamo. E con l’ex professionista umbro ci avventuriamo nelle disavventure di Pellizzari che hanno rischiato di farlo andare via dal Giro e la sua spiegazione è davvero illuminante.

«Prima ha avuto problemi di stomaco – dice – poi deve aver preso freddo dopo la crono, perché andando verso Napoli ha cominciato ad avere raffreddore e mal di gola. La sera mi chiamava e mi diceva: “Sono vuoto come un calzino”. Allora mi sono sentito con Leonardo Piepoli, che lo allena, e abbiamo deciso di rischiare gli antibiotici durante il Giro. Gli ho detto di tenere duro, perché una volta che li avesse finiti e poi smaltiti, avrebbe potuto fare il Giro che avevamo sempre sognato. Li ha finiti a Francavilla ed era distrutto. Aveva visto andare via Uijtdebroeks, voleva mollare. E allora gli ho detto di non farlo, di non andare via dal Giro con il rimpianto di averlo abbandonato. Di non fare come me quando mi sono ritirato senza lottare. “Deve uscire fuori il corridore che sei”.

«Giulio nasce per la terza settimana. Ha 20 anni, è ancora immaturo per certi ritmi, ma geneticamente è predisposto per queste cose. Il nostro è un film, anche se io non posso apparire. Però mi piace che parli sempre al plurale. E domani sono certo che andrà ancora in fuga e anche dopo. Restano tre tappe di montagna, non le lascerà passare a vuoto. Era già andato bene sul Mortirolo ed è stato intelligente a farsi riprendere, ma oggi ho visto il suo colpo di pedale…».

La maglia e gli occhiali

La magia di quello che è successo sotto la tenda è immortalata da un meraviglioso video su Instagram girato da Gabriele Reverberi. Pellizzari è entrato e si è parato al cospetto di Pogacar. Gli ha chiesto gli occhiali e la maglia rosa e Tadej, con un sorriso stupendo e stupito, gli ha passato i primi e si è sfilato la seconda. Poi, dopo che Giulio gli ha poggiato la mano sul casco, i due si sono abbracciati. Se non ci fosse stato dietro Martinez, magari Pogacar non avrebbe accelerato. Ma tutto sommato la vittoria, quando arriverà, sarà vera e avrà un sapore ancora più dolce.

«Ieri mi ha scritto mio fratello – dice – e mi ha detto di trovare il modo per rimediare gli occhiali di Pogacar. Così sono entrato e glieli ho chiesti e lui mi ha dato anche la maglia rosa. Gli auguro tutto il meglio, è il migliore della storia».

Quindi si continua? «Si continua? Scherzi? Il mio Giro è appena cominciato!».

Piganzoli-Pellizzari: cuore e gambe, ma a Livigno destini diversi

19.05.2024
5 min
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LIVIGNO – L’aria ai quasi 2.400 metri del Mottolino, frazione di Livigno, è frizzante e pizzica le narici. Fa freddo, la temperatura non supera gli otto gradi e i corridori arrivano uno ad uno con distacchi che danno tempo al sole di nascondersi dietro l’orizzonte. Uno dei primi ad arrivare, alle spalle del vincitore di giornata e maglia rosa, Tadej Pogacar, è Davide Piganzoli. Il corridore della Polti-Kometa oggi ha corso in casa e all’attacco. E’ andato in fuga e si è dimostrato uno dei più attivi.

La Polti-Kometa oggi ha lavorato per Piganzoli, qui alle spalle di Fabbro sul Mortirolo
La Polti-Kometa oggi ha lavorato per Piganzoli, qui alle spalle di Fabbro sul Mortirolo

L’aria di casa

Il calore che i tifosi, assiepati fuori la zona mista, riservano a Piganzoli è fortissimo. Un boato lo accoglie, lui sorride, si siede e racconta questa giornata lunga e impegnativa. «Era la tappa di casa – dice – ci ho provato. Ci ho creduto ma alla fine sono mancate un po’ le gambe».

«Mi aspettavo più bagarre all’inizio – continua il valtellinese – invece la fuga è andata via subito, con un gruppo numeroso di una cinquantina di atleti. Con il passare dei chilometri c’è stata più selezione e siamo rimasti in trenta. Eravamo in cinque della Polti e ho chiesto ai miei compagni di lavorare. Fabbro ha fatto un gran ritmo sul Mortirolo. Io conoscevo bene la discesa e quindi mi sono riportato facilmente sui corridori che si erano avvantaggiati.

Generoso

Sulla strada che lentamente ha portato il gruppo da Bormio alla cima del Passo di Foscagno, Piganzoli è stato uno dei più attivi. Sembrava quello con la gamba migliore, più fresca, tanto che è stato lui a fare la prima mossa ai meno 30 dall’arrivo.

«Non penso di essere stato impaziente – riprende seduto sulla sedia della zona mista – stavo bene e avevo l’opportunità di vincere una tappa al Giro d’Italia, cosa che non capita tutti i giorni. L’ho fatto un po’ con il cuore e un po’ con le gambe, per la mia terra e i miei tifosi. Ho vissuto una giornata di grandi emozioni che mi hanno dato tanta voglia di fare.

«Le gambe alla fine erano quelle che erano. Quando ho provato ad allungare pensavo fosse il momento giusto. Pogacar è stato più forte e si è visto».

Per Pellizzari una fuga dal sapore di rivalsa dopo tre giorni difficili
Per Pellizzari una fuga dal sapore di rivalsa dopo tre giorni difficili

Pellizzari per ritrovarsi

Nel folto gruppo che questa mattina è scappato nei primi chilometri c’era anche Giulio Pellizzari. Lui era anche tra i sei corridori che sulle rampe del Colle San Zeno si sono avvantaggiati anticipando la fuga di giornata.

«Siamo andati via in discesa – sul Colle San Zeno – ero alla ruota del ragazzo della Alpecin-Deceuninck che è sceso davvero forte e gli sono rimasto a ruota. C’era anche Piganzoli, ma ha preso un buco e non ci ha seguiti».

«Forse ci siamo un po’ cucinati nella valle, con quella strada che piano piano saliva e non dava troppo respiro. Probabilmente sarebbe stato meglio stare nel secondo gruppo. Quei 45 chilometri nella valle li abbiamo pagati, tanto che alla prima accelerazione (ad opera proprio di Piganzoli, ndr) sono saltato».

Il sogno di arrivare a Roma

Pellizzari respira. Ha la voce bassa e prima di parlare prende degli integratori dal massaggiatore per accelerare il recupero. Li manda giù insieme a sorsi d’acqua amari come la giornata di oggi, ma lo spirito non si affievolisce

«Sono finito, cotto – ci confida con ancora la fatica negli occhi – ci ho provato più di testa che di gambe. Era una tappa dura per tutti, quindi ho provato ad anticipare ma è stata veramente tosta. Non sto proprio un granché, nei giorni scorsi sono stato male e oggi ho voluto provarci per dare un segnale anche a me stesso».

«Fisicamente sto a pezzi, volevo quasi andare a casa. Domani c’è il giorno di riposo, per fortuna, ci vuole proprio. Arrivare a Roma sarà già un successo ma mi va di provare a finire questo mio primo Giro d’Italia. Infatti, appena mi hanno staccato sono venuto su del mio passo per salvare un po’ di energie. Anche perché la settimana più dura deve ancora iniziare».

Integrazione, in casa VF Group-Bardiani si fa così…

18.05.2024
4 min
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Quando si parla d’integrazione l’interesse è sempre molto alto. Questo aspetto del ciclismo cattura sempre di più, atleti, praticanti e soprattutto sembra essere sempre più determinate, nel bene e nel male. Senza andare troppo indietro nel tempo, basta ricordare i 120 grammi di carbo l’ora che consentirebbero a Van der Poel di sfruttare tutti i suoi muscoli al massimo. O al contrario i segni bianchi dei sali minerali eccessivamente persi sulla divisa di Pogacar. E poi il bicarbonato, i prodotti sempre più innovativi.

Oggi affrontiamo questo tema con Luca Porfido, nutrizionista del team  VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè. Scopriamo come collaborano con il loro partner – Pharmanutra , sponsor del team con la linea di integratori alimentari per lo sport Cetilar Nutrition – e come traducono tutto questo in lavoro concreto e sviluppo del prodotto.

Da Cetilar Nutrition due grandi categorie d’integrazione: recupero e alimentazione in gara
Da Cetilar Nutrition due grandi categorie d’integrazione: recupero e alimentazione in gara
Dottor Porfido, cosa vi mette a disposizione Pharmanutra attraverso la linea di integratori per lo sport Cetilar Nutrition?

La linea di integratori Cetilar Nutrition, nel nostro caso, ha una gamma che riguarda principalmente i prodotti per la corsa e quelli per il recupero. Per la corsa parliamo di gel, barrette, polveri a base di carboidrati… prodotti con diverse materie prime per avere un assorbimento più graduale e fornire energia costante lungo la tappa o l’allenamento.

E per il recupero?

Abbiamo dei prodotti a base di proteine e carboidrati in un rapporto ottimale tra loro, per agevolare il recupero di ogni atleta da una tappa all’altra. E ne abbiamo anche altri a base di sali minerali. Pharmanutra ci realizza alcune formulazioni specifiche sulle barrette, in base a quello che abbiamo richiesto per ottimizzare il lavoro in corso.

Ecco, ha parlato di diverso assorbimento del prodotto, che poi è un po’ la sfida di oggi: quella di fornire energia costante senza dare picchi o problemi di stomaco…

Con Cetilar Nutrition si utilizza il trealosio, sostanza che rallenta moltissimo l’assorbimento. Ha un “diverso ingresso”, entra in circolo dopo rispetto a glucosio e fruttosio pertanto l’energia viene rilasciata in un tempo maggiore. Questo può avere grandi benefici soprattutto in momenti in cui non si riesce sempre a mangiare.

Luca Porfido è il nutrizionista del team dei Reverberi
Luca Porfido è il nutrizionista del team dei Reverberi
Quando si parla di velocità diverse di assorbimento comunque ci riferiamo sempre agli ormai noti 100-120 grammi di carbo l’ora immaginiamo. Ma se questo assorbimento è più lento si riesce a prenderli comunque?

La scelta di quanti grammi-ora ingerire è soggettiva. Ci sono delle linee guida, date da prove che si fanno anche ad inizio stagione, nei ritiri, per vedere anche la tolleranza dell’atleta e quanto è allenato l’intestino di ognuno. Da qui si va a specificare l’integrazione per ogni ragazzo in base a quello che riesce a tollerare ma anche in base a come si trova meglio. Quindi non per forza si va a 120 o 130 grammi l’ora. Alcuni vanno anche sotto. Il trealosio tra l’altro non è presente in tutti i prodotti, ma questo consente il vantaggio di usarlo quando serve, quando fa più comodo e di poter differenziare ulteriormente. 

Tempo fa, dottor Porfido, ci diceva che le rice cakes stanno quasi sparendo: perché? E come vengono sostituite soprattutto?

Stanno sparendo perché si va più verso un’alimentazione, un’integrazione al grammo e con le cakes non si riesce ad avere una precisione simile: non solo di quantità di carboidrati, ma anche degli altri elementi. Con una rice cake è impensabile arrivare a tanta precisione. C’è questa tecnologia d’integrazione, perché non sfruttarla? Senza contare che un gel, delle polveri disciolte in borraccia o una barretta… sono molto più pratiche, masticabili o ingeribili anche quando si ha il fiatone.

Cetilar Nutrition è partner del team VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè, alcuni dei prodotti sono sviluppati insieme
Cetilar Nutrition è partner del team VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè, alcuni dei prodotti sono sviluppati insieme
Chiaro…

Si misurano bene anche i macro e i micro elementi ingeriti in un’ora di attività. E poi bisogna ricordare che già solo con una borraccia di carbo, oggi si può arrivare a 80-90 grammi/ora. Pertanto è chiaro che se un ragazzo deve assumerne 100-120 gli basta una minima integrazione solida per raggiungere l’obiettivo: una gelatina, un gel, un morso di una barretta.

Anche per questo si tende sempre più ad un’alimentazione liquida?

Esatto. In corsa si fa riferimento a liquidi, carboidrati e sali. 

E c’è uno sviluppo tra squadra e fornitore? Altri brand iniziano  a mettere i sali anche nelle barrette…

Diciamo che con Pharmanutra c’è uno scambio d’informazioni. Abbiamo dei prodotti a base di sali minerali che contengono anche del sodio, che si è visto avere sempre più che un ruolo cruciale per mantenere l’idratazione. E riguardo al sodio ci sono delle linee guida rispetto all’assunzione di liquidi. Considerando questi prodotti solidi e le polveri, riusciamo a tenere sotto controllo il rapporti dei sali, dei liquidi e del sodio.

Le novità di Cetilar Nutrition per un’integrazione ottimale

11.05.2024
4 min
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Cetilar Nutrition propone sei novità legate al mondo dell’integrazione sportiva nel ciclismo. Sei prodotti pensati per ogni fase della corsa o dell’allenamento, realizzati anche grazie al supporto e al lavoro fatto con i ragazzi della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè. Carboidrati, barrette, integratori per corsa e recupero, tutte le novità di Cetilar vogliono aiutarvi a massimizzare la prestazione in bici. 

Cetilar Nutrition supporta i corridori della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè al Giro
Cetilar Nutrition supporta i corridori della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè al Giro

Carboidrati in polvere

Fare il pieno di energia prima e durante l’allenamento è importante per portare a termine il lavoro senza esaurire il fisico. Nella gamma di Cetilar entra quindi Race Carb, un concentrato di carboidrati in polvere da sciogliere nella borraccia, ideale per una sessione di allenamento di massimo 90 minuti. Oppure è ideale da assumere durante uscite più impegnative per avere un boost di energia. Il suo rapporto perfettamente bilanciato tra maltodestrine e fruttosio (1:0,8) permette un assorbimento ottimale dei carboidrati. Per un perfetto consuma il consiglio è di sciogliere il contenuto della bustina in 650 millimetri di acqua e ogni 20 minuti. 

Barrette

Race Bar Coconut è una barretta proteica perfetta da consumare mentre si pedala o in una pausa rilassante. La formulazione bilanciata (40-30-30) fornisce tutti i nutrienti fondamentali per le tue sfide sportive. I valori energetici di una barretta, dal peso di 60 grammi, sono così suddivisi: 24 grammi di carboidrati, 19 grammi di proteine e 7,8 grammi di grassi. L’alto contenuto di proteine sostiene la crescita e il mantenimento della massa muscolare. 

La Energy Race Bar è studiata per fornire un apporto ottimale di carboidrati: 40 grammi, abbassando il contenuto di grassi, 3 grammi per barretta. E’ un prodotto che fornisce tre tipologie di carboidrati: maltodestrine a rapido effetto, fruttosio e amidi a rilascio rallentato. Il sostentamento energetico è così sempre costante e aiuta l’organismo a sostenere le prestazioni sportive anche per lunghi periodi e senza mai raggiungere il picco glicemico. 

Integratori

Allenarsi ad alta intensità richiede un costante apporto proteico per sostenere la crescita e il mantenimento della massa muscolare. Dual Protein è il sostegno di cui si necessita per raggiungere la quota proteica necessaria. Questo prodotto contiene due fonti di proteine del siero del latte: isolate e idrolizzate. Grazie alla sua alta digeribilità può essere usato in qualsiasi momento della giornata, senza causare fenomeni di pesantezza tipici dei prodotti a base di proteine.

Il fisico ha bisogno di sostegno per mantenere alto il livello della prestazione, ma è necessario fornire anche il giusto supporto alle ossa. Master Race è un integratori pensato per chi pratica attività sportiva di endurance dove sono previste sollecitazioni articolari importanti. E’ utile peri prevenire e migliorare la salute di articolazioni e ossa. Si tratta di un integratore in stick liquido da bere con 3 funzioni specifiche: benessere delle articolazioni, condroprotezione e antiossidante. 

E’ importante anche reintrodurre le riserve di ferro, che durante le attività di endurance tendono ad abbassarsi. Ogni compressa di Iron Race contiene 30 milligrammi di ferro Sucrosomiale, la cui formulazione permette di migliorare l’assorbimento e la tollerabilità di questo minerale.

Cetilar Nutrition