Ciclocross olimpico? Van der Spiegel è pronto a tornare sulla neve

09.03.2025
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La stagione di ciclocross si è conclusa da poco, ma l’argomento continua a tenere banco. Fra pochi giorni dalla riunione plenaria del CIO che eleggerà il nuovo presidente, potrebbero arrivare novità importanti a proposito dell’ingresso della specialità nel programma olimpico invernale, a partire dal 2030. Ma questo fa un po’ a pugni con la sparizione dal calendario di gare sulla neve.

Di questo e di altro abbiamo allora voluto parlare con Tomas Van der Spiegel, “deus ex machina” di Flanders Classics, reduce dall’impegno organizzativo all’Omloop Het Nieuwsblad.

Tomas Van der Spiegel è stato un famoso cestista, dedicatosi poi all’organizzazione di eventi ciclistici
Tomas Van der Spiegel è stato un famoso cestista, dedicatosi poi all’organizzazione di eventi ciclistici
Come giudichi la stagione di ciclocross appena conclusa?

Noi siamo molto soddisfatti. Credo che l’aspetto principale sia che abbiamo trovato una stabilità intorno anche alla Coppa del mondo, cambiando il calendario non sapevamo che cosa aspettarci. Il nuovo format è piaciuto molto ai tifosi, la stagione è stata seguitissima e non possiamo che rallegrarcene e continuare su questa strada.

Secondo te la presenza non frequente dei grandi campioni come Van der Poel e Van Aert penalizza quella parte di stagione senza di loro?

Meno di quel che si poteva pensare, perché anche nei mesi ottobre-novembre siamo riusciti comunque ad avere tanta gente nei percorsi e gli ascolti televisivi erano molto buoni. Il ciclocross ha molto seguito perché è facile da capire, attira nella sua meccanica. E’ chiaro che la presenza di Mathieu Van der Poel cambia tutto in positivo, ma la stabilità di cui parlavo prima credo che c’era anche prima del rientro suo e di Van Aert.

Van der Poel è un richiamo enorme quando c’è, con un crescita di presenze intorno al 25 per cento
Van der Poel è un richiamo enorme quando c’è, con un crescita di presenze intorno al 25 per cento
Ma come partecipazione popolare hai notato delle differenze, in base alla loro presenza o meno?

Certo che c’è una differenza, soprattutto se ci sono tutti e due, ma non è come avveniva in passato che la massa di gente raddoppiava. Ora c’è un aumento più contenuto, diciamo sul 20-30 per cento in più. Ma va anche considerato che a livello complessivo c’è stato un forte aumento delle presenze.

L’ingresso del ciclocross nel programma olimpico appare sempre più probabile, che cosa ne pensi?

Sarebbe una cosa bellissima per il nostro sport, darebbe una spinta spettacolare al suo sviluppo. Potrebbe significare che ci sarà interesse in altri Paesi, in altri mercati che potrebbero solo aiutare questa disciplina. Siamo entusiasti all’idea, ma finché non ci sarà nulla di ufficiale dobbiamo rimanere con i piedi per terra.

Il pubblico quest’anno ha invaso le gare internazionali, con un forte aumento di presenze
Il pubblico quest’anno ha invaso le gare internazionali, con un forte aumento di presenze
Appare però un controsenso che, mentre si discute dell’ingresso olimpico del ciclocross siano sparite le prove sulla neve…

Noi siamo consci che abbiamo fatto una bellissima cosa a Vermiglio. Una cosa non semplice, che ci ha spinto per ora ad accantonare l’idea, ma non è escluso che dal 2026 in poi non si riprenda a gareggiare sulla neve, magari anche in un’altra destinazione invernale, magari ampliando anche la gamma di eventi. Abbiamo già delle candidature adesso per la stagione 2026-27 che riguardano percorsi sulla neve. Stiamo alla finestra… Teniamo però presente che lo spirito del ciclocross è di regola un altro, fatto di fango, di ostacoli, dove i percorsi sulla neve sono un po’ l’eccezione anche considerando le temperature.

Accennavi al calendario. Voi state prendendo in considerazione la possibilità di ristabilire qualche prova sulla neve, ad esempio per testare il futuro percorso in Francia per il 2030?

Noi siamo aperti a tutti i siti e a tutte le possibilità, abbiamo già pensato anche a fare primi test proprio nella stagione 2026-27, ma abbiamo anche tante altre candidature. Come detto c’è solo da attendere, poi affronteremo la questione con tutta la nostra struttura.

Flanders Classics ha sperimentato il ciclocross in Val di Sole. Un’esperienza da ripetere
Flanders Classics ha sperimentato il ciclocross in Val di Sole. Un’esperienza da ripetere
Quelle esperienze vissute in Val di Sole che cosa ti hanno lasciato?

Siamo molto orgogliosi di quel che abbiamo fatto. Di essere stati i primi a organizzare lì perché prima nessuno sapeva cosa aspettarsi. Credo sia stata molto ben organizzata, grazie anche all’apporto del comitato locale, molto esperto e rodato dalla mountain bike attraverso l’organizzazione di coppa del mondo e mondiali. I partecipanti erano molto contenti dell’evento anche sotto l’aspetto tecnico. Abbiamo un ricordo molto positivo e speriamo di tornarci.

Quelle esperienze vissute in Val di Sole che cosa ti hanno lasciato?

Guarda, abbiamo un fenomeno assoluto con Mathieu e un altro fenomeno con Van Aert. Ma la corsa che mi fa più piacere è vedere che dietro stanno emergendo altre nazioni, altre scuole. Guardate fra le donne, con la Backstedt, la Vas, anche le italiane con la Casasola, si vede che la concorrenza si amplia e questo fa bene. Lo stesso dicasi per le categorie giovanili, le affermazioni dei ragazzi italiani, con Agostinacchio ad esempio, sono un bel segnale, di crescita del movimento. E’ però importante che questi giovani possano continuare a dividersi fra le due discipline ma questo è quel che sta succedendo. Vedere Pieterse o Backstedt che possono essere sulla breccia d’estate come d’inverno è importantissimo.

Blanka Vas è una delle principali oppositrici al dominio olandese. Van den Spiegel punta però anche sull’Italia
Blanka Vas è una delle principali oppositrici al dominio olandese. Van den Spiegel punta però anche sull’Italia
Secondo te un ingresso del ciclocross alle Olimpiadi porterà altri grandi nomi di strada e mountain bike a frequentare i campi d’inverno?

Dalla strada al ciclocross è molto difficile, però se prima tanti campioni del ciclocross poi lo lasciavano per dedicarsi solo alla strada, in futuro magari non avverrà più. Noi abbiamo avuto autentici talenti come Alaphilippe o Sagan che andavano forte anche nel ciclocross, penso che avendo uno sbocco olimpico non avrebbero lasciato. Quello è un po’ anche il nostro obiettivo e per quello che noi come società abbiamo investito molto nella specialità, perché crediamo veramente nella sua complementarietà con la strada.

La Coppa in Sardegna, per Pontoni è un ritorno al passato

02.12.2024
5 min
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Non è stata certo foriera di grandi soddisfazioni, la tappa di Dublino della Coppa del Mondo di ciclocross. Partita con una formazione ridotta a soli 3 elementi (quelli che avevano conquistato la medaglia agli europei), la nazionale italiana ha colto buoni piazzamenti ma nulla più con il cittì Pontoni che ha onestamente definito la prestazione generale «un po’ zoppicante, ma ne eravamo consapevoli. Filippo Agostinacchio era alla sua prima gara dopo la prova continentale, suo fratello Mattia aveva subìto uno stop nelle ultime due settimane ed era un po’ arrugginito, mentre mi è piaciuta la Pellizotti che era poco a suo agio sul percorso ma ha chiuso in crescendo».

Per il campione europeo Mattia Agostinacchio una trasferta complicata in Irlanda
Per il campione europeo Mattia Agostinacchio una trasferta complicata in Irlanda

Agostinacchio, mal di schiena e niente Sardegna

C’erano grandi aspettative sul campione europeo Mattia Agostinacchio, ma lo junior subito dopo la gara ammetteva le difficoltà: «Sono partito bene, affacciandomi anche in prima posizione ma poi ho sentito le gambe vuote ed è tornato il mal di schiena che mi aveva afflitto in settimana. Comincia a essere un problema, infatti domenica in Sardegna non ci sarò perché voglio affrontarlo e risolverlo prima possibile. Gli avversari non mi preoccupano più di tanto, lo stesso francese che ha vinto (Soren Bruyere Joumard, nella foto di apertura, ndr) , all’europeo aveva chiuso 17° e anche i belgi dietro di lui sono corridori con i quali posso giocarmela alla pari».

Nella sua disamina, Agostinacchio ha anche sottolineato le difficoltà della trasferta, logisticamente molto onerosa e lo stesso Pontoni aveva sottolineato questo aspetto alla vigilia, ma a parti invertite sarà lo stesso per chi ora dovrà spostarsi verso la Sardegna: «Sono trasferte onerose per i team che hanno un budget definito. Ho parlato con un po’ di responsabili in Irlanda e molti mi hanno detto che sono stati costretti a fare delle scelte: o lì o qui, d’altronde ci sono 2.500 chilometri di distanza, spostare il materiale sarebbe un costo esorbitante. Infatti in Irlanda non c’erano la Casasola, la Alvarado tanto per dire due nomi e so che anche in Sardegna soprattutto al femminile ci sarà qualche defezione».

Un percorso veloce e ordinario

Considerando la località di gara, c’era da aspettarsi un percorso molto vicino ai canoni del nord Europa, vicino alla spiaggia e quindi con molti passaggi su sabbia, ma dalle informazioni che il cittì ha non sarà così: «Non ho ancora visto il percorso di persona, mi baso sui link inviatimi dagli organizzatori. Presumo che sarà un percorso veloce, con ostacoli artificiali. So che hanno impedito il passaggio sulla sabbia di Sa Ruda, quindi ci sarà un breve passaggio su spiaggia e un paio di gobbe di terra e sabbia riportata che metteranno alla prova la guida dei corridori».

E’ una tipologia che si adatta ai corridori nostrani? «Diciamo che è nell’ordinario del nostro calendario, dove l’unica vera eccezione quest’anno è stata il weekend di Brugherio e Salvirola. Ormai la tipologia del nostro ciclocrossista medio è portata più verso i tracciati veloci piuttosto che fangosi. Poi molto influirà chi sarà della partita».

Vermiglio ha ospitato la Coppa fino al 2023. La rinuncia alla neve non aiuta la candidatura olimpica
Vermiglio ha ospitato la Coppa fino al 2023. La rinuncia alla neve non aiuta la candidatura olimpica

La mancanza di gare sulla neve

Fino allo scorso anno la tappa italiana era però quella di Vermiglio, si gareggiava sulla neve, ora c’è stato un ritorno al passato che sotto alcuni aspetti rappresenta anche un passo indietro che stride con le voci sempre più insistenti di un ingresso del ciclocross nel programma olimpico invernale a partire dal 2030: «Qui ci addentriamo in un discorso complesso, del quale non abbiamo neanche tutti gli elementi per giudicare. Alla base ci sono le scelte dell’Uci che redige il calendario in base principalmente alle richieste, tra l’altro c’è stato un cambio di società, le prove italiane hanno una genesi completamente diversa. Le gare sulla neve non sono semplici da allestire e anche in quel caso ci sono da preventivare forti spese, considerando anche le differenze tecniche con il resto del calendario. Almeno da questo punto di vista in Sardegna si rimane su canoni abbastanza comuni».

A Dublino eravamo completamente assenti nelle prove Elite, ma era una scelta da parte dei team abbastanza condivisibile: «Nel weekend c’era il GP Guerciotti che era di classe C1, quindi garantiva tanti punti, non avrebbe avuto senso investire ingenti cifre per spostarsi con un ritorno tecnico di gran lunga inferiore. A maggior ragione per la Fas Airport Services Guerciotti Premac che affrontava la sua gara di casa. Non c’è alcun casus belli».

Daniele Pontoni sempre molto acuto nel giudizio sulla gestione internazionale del ciclocross (foto Luca Giulietti)
Daniele Pontoni, cittì azzurro, sempre molto acuto nel giudizio sulla gestione internazionale del ciclocross

Un movimento depauperato

Parlando di elite però spicca il fatto che, a differenza delle categorie giovanili dove Pontoni spinge fortemente e in questo quadriennio ha comunque raccolto molti risultati, l’Italia (Casasola a parte) è ai margini del movimento, anche prescindendo dalle due nazioni guida Belgio e Olanda: «Parliamoci chiaro, come facciamo ad avere corridori di riferimento nella massima categoria se quando i nostri talenti ci arrivano, vengono tolti dal giro per dedicarli solo alla strada? Toneatti non c’è più, lo stesso dicasi per la Realini, la Persico, vedremo se si riuscirà a recuperare almeno parzialmente Corvi e Venturelli, come anche Masciarelli che ho visto riaffacciarsi. Questa è la realtà, c’è poco da fare. Io spero che le scelte di Casasola e Viezzi, in team che fanno doppia attività, possano portare altri a fare lo stesso. Ma senza un vero cambio di cultura non potremo fare molto».

La Pauwels lo molla, Ryan Kamp riparte da solo

06.01.2024
4 min
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Il giorno prima della Coppa del mondo di Vermiglio, in quel bianco che sapeva di Natale e buoni sentimenti, Ryan Kamp ha saputo dalla sua squadra che non gli avrebbero rinnovato il contratto. Non è una bella notizia da ricevere quando la stagione del cross è già cominciata e le squadre sono tutte in Spagna per il primo ritiro.

«I dirigenti della Pauwels Sauzen-Bingoal – spiega – mi hanno detto che per il 2024 avrebbero investito sugli under 23 e quindi io a 23 anni ero troppo vecchio per loro. Era tardi, ma lo stesso i miei manager si sono messi a chiamare in giro chiedendo alle varie squadre nelle quali secondo loro sarei stato bene. Le risposte però erano tutte uguali. Non avevano spazio o non avevano budget per ingaggiarmi oppure avevano problemi con qualche sponsor».

I fratelli Roodhoft

Ryan Kamp, che nella sua carriera ha vinto un mondiale U23 di ciclocross e uno nel team relay, oltre a due titoli europei di categoria, si è ritrovato a piedi. Così si è rivolto ai fratelli Roodhoft, titolari della Alpecin-Deceuninck, che non sono riusciti a trovargli un posto in squadra, ma hanno lavorato fino a mettere insieme l’equipaggiamento necessario.

«Abbiamo trovato del buon materiale – racconta Kamp – con la bicicletta Colnago e il gruppo Campagnolo. Non li ho mai usati, ma so che sono materiali molto buoni. Ho ricevuto tutto negli ultimi giorni di dicembre. Non ho ancora firmato un contratto per l’abbigliamento, ma quello che conta è che potrò andare avanti con la stagione del cross. All’estate ci penseremo più avanti, per ora non posso guardare troppo lontano».

La Coppa del mondo

L’obiettivo è portare avanti una buona classifica in Coppa del mondo. Al momento Kamp viaggia in settima posizione, con appena un punto meno di Sweek che lo precede. In testa alla classifica c’è il suo vecchio compagno Iserbyt, ormai inarrivabile.

«Stiamo lottando per la sesta posizione – spiega Kamp – e poi, se sarò fortunato, cercherò di arrivare alla quinta. Questo è il mio primo obiettivo di stagione, ma il vero traguardo per le prossime settimane saranno i campionati nazionali e semmai più avanti i campionati del mondo. Ho avuto poco tempo per sistemare i materiali, in un momento della stagione in cui è tutto molto convulso. Avevo una vecchia bici con le mie misure, ho fatto un bike fit e abbiamo cercato di replicarle. Il passaggio da Shimano a Campagnolo significa anche tenere diversamente il manubrio, ma sto finalmente trovando il feeling. Questo è davvero il momento centrale della stagione e non vedo l’ora di cominciare».

Opzione strada

Il cross in Olanda è una religione quasi come in Belgio e il suo telefono in breve si è riempito di messaggi increduli di tifosi e amici. Come si fa a lasciare a piedi un simile talento della specialità più amata? Una spiegazione fatica a darsela anche Ryan, che ha gli occhi sul cross, ma sa anche che una possibilità potrebbe arrivargli dal mondo della strada. Come per Thibau Nys, che ha due anni meno di lui e si divide fra i due mondi.

«Per i prossimi due anni – dice Kamp – sono abbastanza sicuro che punterò forte sull’inverno e sul ciclocross, ma sento anche che ogni estate sto facendo dei passi avanti. Nel 2023 ho partecipato ad alcune gare da professionista e sono arrivato spesso molto vicino al podio. Anche ai campionati nazionali vinti da Van Baarle sono arrivato pochi secondi fuori dai primi dieci, pur non avendo una grande preparazione. Quindi sono davvero curioso di sapere cosa potrei fare quando mi preparerò sul serio».

Il concetto di manubrio fa passi da gigante anche nel cross

12.12.2023
5 min
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Il manubrio è uno dei punti di contatto che influisce in modo esponenziale sulla bicicletta. Per molti atleti la leggerezza non è fondamentale, per altri è importante anche nel ciclocross. La maggior parte dei corridori cerca il giusto compromesso tra rigidità ed ergonomia.

Abbiamo messo insieme quattro considerazioni di altrettanti atleti, molto differenti nello stile di guida e nel modo di aggredire i tracciati di ciclocross. Manon Bakker (vittoriosa tra le donne a Vermiglio) e Laurens Sweeck, Ryan Kamp e Michael Vanthourenhout. Tutti (e non sono i soli) utilizzano la piega Deda Superzero e nessuno di loro ama particolarmente l’integrato in ambito cx. Cambiano le scelte per quello che concerne l’attacco manubrio: c’è chi lo preferisce più “morbido” e chi invece lo cerca rigido.

Bakker, leggerezza al top

«Ritengo che anche in ambito ciclocross – spiega l’atleta olandese – la leggerezza sia importante. Lo è perché dove si possono risparmiare dei grammi, senza compromettere la sicurezza del componente, è importante farlo e per me una bici leggera è più funzionale. La leggerezza è importante perché influisce anche sulla rigidità complessiva e un manubrio troppo rigido nel ciclocross può essere controproducente.

«Questo è uno dei motivi – prosegue Bakker – che orientano la mia scelta su un binomio non integrato. Inoltre, non utilizzando le leve troppo inclinate verso l’alto, per me è fondamentale avere una piega che mi permetta di appoggiare i polsi sulla piega, visto che per la maggior parte del tempo il palmo delle mani è sui comandi».

Sweeck, compromesso semi-aero

«Al di là delle scelte soggettive e delle sponsorizzazioni – spiega il ciclocrossista belga – il fatto di avere a disposizione una piega con la parte superiore più larga, una sorta di concezione aero, offre dei vantaggi sfruttabili per l’appoggio del palmo delle mani. Un manubrio del genere ti aiuta nel controllo della bici quando è fondamentale tirare con la parte superiore del manubrio.

«Rispetto ai manubri completamente rotondi il feeling è migliore e così anche la sensazione di rigidità. Diventa importante anche la scelta dell’attacco manubrio, a mio parere più rigido è, meglio è».

Kamp, come su strada

«Dal manubrio passa tutto – spiega Ryan Kamp – il giusto manubrio ti permette di guidare bene la bicicletta, di avere un buon feeling e di essere comodo. Ti supporta e ti sostiene, ma nel ciclocross non deve essere estremamente rigido. Preferisco la piega e l’attacco manubrio separati che lasciano sempre un margine di elasticità, rispetto ad un integrato che nel cx può diventare eccessivo, anche se entrano in gioco gli sponsor tecnici e le scelte personali.

«Nel corso della stagione di gare – ci racconta il ventitreenne olandese – uso la bici da ciclocross anche per allenarmi su strada e mi piace avere sempre il medesimo setting».

Vanthourenhout, Superzero e Zero100

«La scelta della tipologia di piega – spiega infine il campione europeo Vanthourenhout – è condizionata dal fatto che a me piace utilizzare i manettini con una inclinazione rialzata. Ho iniziato ad usare il Superzero Carbon e forse non tornerei ad un manubrio rotondo di tipo standard. Se è vero che noi crossisti passiamo buona parte del tempo con le mani alte sui comandi, è altrettanto vero che quando le spostiamo sulla parte centrale dobbiamo avere un manubrio rigido, ma che ci permette di non modificare eccessivamente le caratteristiche della bici sull’avantreno.

«Rigido sì – conclude – ma non troppo. Un’altra caratteristica importante è la larghezza: troppo stretto non è funzionale quando la guida diventa molto tecnica e tutto il corpo si muove in parallelo alla bicicletta».

Agostinacchio e la sua Factor LS, una gravel nel cross

11.12.2023
4 min
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VERMIGLIO – Abbiamo incontrato Filippo Agostinacchio subito dopo il bel podio di Faé di Oderzo e alla vigilia della prova di Vermiglio. Con lui abbiamo scambiato due battute sulla nuova maglia della nazionale, sul percorso della Val di Sole e sulla Factor LS del Team Beltrami-TSA.

La Factor LS è di fatto la gravel racing bike di riferimento. Grazie alle sue geometrie (una bici con passo molto corto) e ad una altezza da terra in puro stile ciclocross è apprezzata anche dai crossisti tecnici come il giovane valdostano.

La bici numero 2 pronta per Vermiglio
La bici numero 2 pronta per Vermiglio
E’ la bici per la tua stagione di ciclocross?

La bici è questa a prescindere dal tracciato e dalle condizioni del terreno. Factor LS, tutta in carbonio, forcella compresa e utilizzo una taglia 54. Diciamo che la variabile più grande sono i tubolari che sono Challenge, ma che ovviamente cambiano l’impronta a terra in base al fango o ad un terreno duro.

Quali tubolari hai usato sulla neve?

I Grifo da 33. Abbiamo adeguato la pressione, leggermente inferiore rispetto agli standard, diciamo di 0,2 inferiore. Nelle prove ho girato con 1,3 davanti e 1,35 dietro.

Le Corima da 47 per i tubolari
Le Corima da 47 per i tubolari
Una 54? Sembra più piccola!

E’ davvero corta e compatta, una bicicletta agile e guidabile, molto veloce nei cambi di direzione.

Come è allestita?

Ruote Corima con cerchio in carbonio da 47 di altezza. La trasmissione è un mix tra Sram Rival, per pignoni e cambio posteriore, mentre la corona è Red da 46 denti. 170 per la lunghezza delle pedivelle. La scala dei pignoni è 10-36. Manubrio, pipa e reggisella sono Zipp, mentre la sella è una Repente Quasar, che è un modello stradale e che uso anche sulla bici da strada.

Quale è la larghezza della piega? Sembra largo se consideriamo gli standard attuali!

Uso un 42 centro/centro, mi trovo bene soprattutto per quello che concerne la stabilità e l’essere aggressivo nella guida.

Nella stagione del cross, quando ti alleni su strada usi la Factor LS, oppure una bici da strada?

Preferisco usare la bici da strada, una Argon18.

Due bici diverse. E per quanto riguarda il setting?

La Factor e la Argon18 hanno due settaggi completamente differenti, pensate che quella strada è una 52. Vi dico un particolare su tutti, sulla Argon ho il manubrio largo 40. Riesco a saltare da una bici all’altra senza alcun problema.

Quindi hai una biomeccanica più raccolta sulla bici da strada?

Ho il telaio che è decisamente più corto, ma utilizzo l’attacco manubrio da 130. E’ comunque difficile fare delle sovrapposizioni tra i due telai, perché la concezione geometrica è completamente differente.

La bici di Manon Bakker, signora di Vermiglio

10.12.2023
5 min
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VERMIGLIO-Analizziamo ed entriamo nel dettaglio della bicicletta di Manon Bakker, che ha conquistato la gara al femminile in Val di Sole.

Stevens Superprestige, una taglia 58 per la altissima atleta del Team Crelan-Corendon, forse meno tecnica nella guida rispetto a Pieterse e ad Alvarado, ma potente e costante, un’atleta molto solida anche per l’aspetto agonistico.

Rulli prima dell’ultima ricognizione sul percorso
Rulli prima dell’ultima ricognizione sul percorso

Quattro bici, quattro setting

Venti minuti di rulli prima di fare la ricognizione, due giri sul tracciato di gara e un paio di progressioni su asfalto prima di rientrare nel camper per cambiare il vestiario. Ancora una decina di minuti di rulli prima di incolonnarsi verso la partenza, così la Bakker ha strutturato le due ore che hanno preceduto l’inizio della prova al femminile.

Tre biciclette pronte per la gara, più una montata sui rulli e per il riscaldamento. L’unica variabile erano le gomme, ma Manon Bakker ha scelto di utilizzare quella con i tubolari intermedi, i Dugast Typhoon.

Una Stevens Superprestige in Coppa

Le caratteristiche della bicicletta rispecchiano quelle fisiche di Manon Bakker, alta un metro e 82 centimetri. Ovvero una posizione molto allungata e alta sull’avantreno. La bicicletta della atleta olandese è una Stevens Superprestige, taglia 58 e non è sloping. Ha un avantreno voluminoso nello sterzo (dove si notano anche diversi spessori tra il profilato e lo stem) e per quanto concerne la forcella, mentre è più sfinata nella sezione posteriore. Il diametro del reggisella è di 27,2 millimetri (non ha usato un Deda, ma uno Scope, sempre full carbon).

Bakker ha utilizzato due ruote DT Swiss Spline CRC per tubolare (Dugast da 33 per terreni veloci e mescola Monsoon), con mozzo Spline 240s. La piega è una Deda Superzero Carbon, mentre lo stem è il Superbox.

Doppia corona tra le donne, mono tra gli uomini

Volendo considerare il profilo strettamente tecnico è interessante sottolineare la vittoria di un doppio plateau in campo famminile e il dominio di una monocorona in quello maschile con Nieuwenhuis (corona da 44).

Per Bakker una trasmissione Shimano Ultegra con doppia corona anteriore (46-36 e pedivelle da 172,5 millimetri) e una scala pignoni 11-34. I due dischi freno con il diametro da 140 millimetri. Interessante il fatto che, al contrario di altre colleghe che usano la doppia corona, l’olandese non impiega il chain catcher. La sella è una Selle Italia SLR, senza canale centrale di scarico. I pedali, Shimano XTR.

La prima a Vermiglio per Nieuwenhuis è divertimento puro

10.12.2023
4 min
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VERMIGLIO – C’è sempre una prima volta per tutto. Quella di Joris Nieuwenhuis è la prima sulla neve e la parola d’ordine è divertimento, ma senza togliere nulla alla ricerca della massima performance.

Durante le prove di ieri pomeriggio, il forte atleta olandese si è concesso a qualche dichiarazione e approfondimento sul setting della bicicletta.

Nieuwenhuis con il suo staff nella zona cambio
Nieuwenhuis con il suo staff nella zona cambio

Una Trek Boone taglia 56

La bici è quella standard fornita da Trek al Baloise-Trek-Lions. E’ una taglia 56 e Nieuwenhuis utilizza una sella Bontrager, così come le ruote RSL37. Hanno la predisposizione per i tubolari e questi ultimi sono Dugast. Il cockpit non è integrato, stem e curva sono separati, sempre Bontrager. La trasmissione è Sram Red con i comandi che hanno la nuova architettura mutuata dal Force.

Com’é pedalare sulla neve?

E’ divertente, una situazione molto differente a quelle che siamo normalmente abituati ad affrontare nel ciclocross. Se dovessi fare un accostamento potrei dire che è simile alla sabbia. Ma anche in questo caso è difficile essere precisi, perché c’è sabbia e sabbia.

Ti è spiaciuto rinunciare alla prova di Essen per essere qui a Vermiglio?

Mi piacerebbe correre sempre ed ovunque, ma non si può fare. Con il team avevamo messo in calendario Vermiglio, quindi non avendo pressioni dalla squadra e avendo il via libera sono contento di essere qui.

Quali aspettative ti sei creato?

Voglio divertirmi prima di tutto il resto e onestamente godermi anche questa esperienza che è qualcosa fuori dalla norma. Non voglio sottrarre nulla alla prestazione, ma è logico pensare che chi ha già affrontato la neve di Vermiglio parte con alcune skills in più.

E’ più difficile spingere o guidare la bici?

Guidare la bici su un terreno del genere porta via un sacco di energie, diventa fondamentale capire dove lasciarla correre e dove assecondare il cambio di direzione non ricercato. A tratti la bici sembra un cavallo impazzito e si deve guidare molto con il bacino. Proprio in questi momenti la cosa più sbagliata da fare è arpionare la bicicletta.

In merito alla bici hai fatto dei cambi di setting?

La bici è sempre la stessa, la Trek Boone taglia 56 che uso normalmente. Stessa trasmissione, userò la corona singola anteriore con 46 denti e una scala pignoni 10-36. Nessun cambio di setting anche per le pedivelle, uso sempre le 175. Stessa altezza di sella e stesso arretramento. Le ruote rimangono quelle con il cerchio da 37 millimetri.

La rapportatura è sempre questa a prescindere dai percorsi?

La scala posteriore è sempre 10-36, talvolta si interviene sulla corona. Quando il terreno è particolarmente pesante chiedo un plateau da 42, oppure 40 denti.

Invece per i tubolari?

Credo che utilizzerò le gomme da fango, con una pressione inferiore rispetto agli standard. Penso che la pressione adeguata sarà di poco superiore ad un’atmosfera. Ma decideremo domani mattina nelle ultime prove e comunque prima della gara. Mi sono fatto l’dea che la scelta degli pneumatici è molto personale. Ogni scelta sarà giusta e sbagliata al tempo stesso.

Come si costruisce un percorso da ciclocross sulla neve?

09.12.2023
4 min
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VERMIGLIO – La Val di Sole si prepara ad accogliere i crossisti, per la terza edizione della prova di Coppa del mondo di ciclocross. Abbiamo fatto due chiacchiere con Sergio Battistini, ovvero il responsabile del percorso e colui che cerca di far collimare i numerosi tasselli previsti per una competizione di questo calibro. Cerchiamo di capire, attraverso le sue dichiarazioni, l’impegno che comporta costruire un tracciato sulla neve.

Sergio Battistini con un commissario UCI per la verifica del tracciato
Sergio Battistini con un commissario UCI per la verifica del tracciato
Quanto tempo è necessario per costruire questo tracciato?

Si parte mesi prima, ma solo a ridosso dell’evento il percorso di ciclocross prende realmente forma. La variabile più grande da considerare è la neve, che è un materiale non facile da lavorare. Arriviamo a preparare il tracciato sotto data per capire la consistenza del manto e adeguare le modalità di lavorazione.

Rispetto alle edizioni precedenti, la neve è diversa?

Decisamente sì, soprattutto se facciamo un confronto con il 2022. L’anno passato era tanta e soffice e per rendere il tracciato praticabile è stato necessario rimuovere la strato a contatto con il terreno. Quest’anno invece c’è meno neve, ma lo strato inferiore è consistente e diventa una sorta di pavimento. Siamo riusciti a batterla in modo perfetto.

Potrebbe essere un percorso veloce?

Ci sono i presupposti per una gara veloce, proprio perché la neve è più consistente. Potremmo vedere anche più tratti tecnici percorsi in sella alla bici, ovvio che poi le differenze sono relative alla tecnica di guida.

Una neve che potrebbe tenere di più anche nelle curve?

Esattamente, è probabile che lo strato battuto creato in questo 2023 terrà molto di più, un fattore che potrà influire su una media oraria maggiore.

La lunghezza ed il dislivello?

In tutto 2.900 metri e 60 di dislivello positivo. Ci sono comunque delle differenze, perché abbiamo creato due montagnette di neve che non erano presenti nelle edizioni precedenti. Diventano delle sorte di paraboliche improntate ad offrire spettacolo.

La parte nord del tracciato di ciclocross di Vermiglio, sotto al Tonale
La parte nord del tracciato di ciclocross di Vermiglio, sotto al Tonale
Due chilometri e nove, non sembra così lungo!

Come dicevo si lavora per lo spettacolo del ciclocross e cercando di offrire al pubblico una visibilità ottima da ogni angolazione e da ogni punto del tracciato. Inoltre c’è anche l’aspetto televisivo, perché ogni banner, ogni sponsor e telecamera sono posizionati nei punti strategici.

La cosa più complicata da gestire?

Senza dubbio la neve. Nel 2022 prima delle 4 del mattino eravamo all’interno del fettucciato a spalare e battere. Quest’anno siamo tutti molto più rilassati. La neve è imprevedibile.

Quante persone sono coinvolte per la costruzione del tracciato?

Noi del comprensorio siamo una ventina.

Quanto tempo è necessario per rimettere tutto a posto?

Ci vogliono due giorni, senza pause. Perché qui a distanza di una settimana, post evento ciclocross, la stagione dello sci di fondo entra nel vivo e tutto deve essere perfetto.

Coppa del mondo, meno 4: ritorno a Vermiglio con Fruet

07.12.2023
6 min
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Fu lui, Martino Fruet, a tenere a battesimo la prima edizione del cross sulla neve in Val di Sole. Gli organizzatori ne fecero il protagonista del video di lancio e anche noi lo riempimmo di domande. Oggi il trentino di anni ne ha 46, nel 2023 ha già vinto e pochi giorni fa è arrivato quinto a Motta di Livenza. Il cross scorre ancora nelle sue vene, con il fare scanzonato di sempre. E così, a quattro giorni dal ritorno sulla neve di Vermiglio (in apertura foto Podetti), ripartiamo da lui e dall’idea che si è fatto di questa gara così particolare, voluta da Flanders Classics quando si cominciò a dire che il cross potesse entrare nel giro delle Olimpiadi invernali.

Anche quest’anno Martino Fruet sarà a Vermiglio come opinionista, dopo essere stato uomo immagine del lancio della prova
Anche quest’anno Martino Fruet sarà a Vermiglio come opinionista
Dici che diventerà una classica?

Voi dite che loro ci credono? Diciamo che la possibilità di organizzare sulla neve potrebbero averla anche altre località, bisogna vedere che importanza vuole darle l’UCI. Il momento della stagione non è il più felice, purtroppo. A parte quest’anno che i grossi nomi partono tardi, dicembre è il mese in cui quelli che fanno anche strada vanno in ritiro al caldo. E’ come nelle gare negli USA, dove vanno più che altro quelli che vogliono seguire la Coppa in generale e gli atleti di casa. Però l’idea c’è ed è particolare, è come la Roubaix, ma bisogna starci dietro e lavorare per renderla interessante.

In che senso?

L’anno scorso si sono lamentati che il sabato c’era troppa neve fresca. In realtà, io che sono solo Martino Fruet e ormai vado per i 47, ho girato il sabato e anche la domenica. Sabato giravi da crossista e uno bravo, più o meno, faceva tutto in bici e se cadevi non ti facevi niente. Però sabato sera hanno tirato via tanta neve. La notte ha gelato ed è stato peggio, perché continuavano a cadere. E quando cadi sul ghiaccio, ti fai anche male. Per cui bisogna sempre trovare la giusta misura. Insomma, sono le prime edizioni, non sai mai come va a finire. Il primo anno secondo me è venuta fuori benissimo, perché le condizioni erano stabili e sabato e domenica c’era la neve giusta.

Molto dipende dal meteo, in effetti…

Quest’anno la neve c’è già e altra dovrebbe venire proprio oggi. Ora ce ne sono 20 centimetri, è già tutto bianco. Martedì hanno iniziato a piantare i pali, poi sono passati col gatto per dargli la tirata finale così si assesta bene. In compenso hanno modificato il percorso in extremis, si rimane più sulla sponda dell’arrivo, eliminando la salita più lunga che porta nel tratto in alto (la planimetria fornita alla presentazione la riporta ancora, ndr). Per il pubblico era impegnativo e alla fine si faceva la differenza in discesa e nel traversone in alto. Credo vogliano aggiungere un paio di dossi in zona arrivo per tenere la gara più concentrata e vederla quasi tutta senza doversi allontanare troppo.

La valle dei laghetti di Vermiglio è perennemente all’ombra: la neve tiene. Ma per Fruet dicembre non è il mese migliore (foto Podetti)
La valle dei laghetti di Vermiglio è perennemente all’ombra. Per Fruet dicembre non è il mese migliore (foto Podetti)
Sulle bici non sono state messe a punto soluzioni particolari, di fatto si interviene solo su sezioni e pressioni degli pneumatici…

Hai il limite che da regolamento non si possono usare i chiodi, che probabilmente farebbero una grossa differenza. Magari li usa qualche corridore che abita in Finlandia, che si allena sul ghiaccio e per quello sono imperativi. Ma dato che il regolamento non lo permette, puoi farci poco, quindi devi tirare fuori il meglio da quello che hai. Se non c’è ghiaccio, tra fango e neve non cambia tanto. Il problema grosso è la visibilità, per cui devi usare le lenti più chiare e guidare a sensazioni. E poi c’è il freddo, per cui il vestiario diventa importante. A stare nella neve, congeli molto prima.

L’anno scorso era meno rigido, no?

Dipende dai punti di vista. Nel 2021 c’erano 7 gradi sotto zero, l’anno scorso erano 5, dite che c’è tanta differenza? Era freddo ugualmente soprattutto perché dalla partenza in poi il percorso è sempre all’ombra. L’unico pezzo che vede mezz’ora di sole è il rettilineo di arrivo ed eventualmente se fanno qualche tratto sopra. Se il percorso prende il sole, il terreno molla e viene fuori il fango. Quindi alla fine per tenerla tutta bianca, resteranno nella parte bassa. Non credo che avere 10 metri di fango cambierebbe granché, ma si preferisce che sia tutto nella neve.

Senza il tratto a piedi in salita, le occasioni di mettere le scarpe nella neve spariscono?

Dipende da come fettucciano. Se fai una discesa con una curva a gomito e non riesci a stare in sella, ti tocca scendere e andare a piedi. Ma questo dipenderà molto da come tracceranno, si potrà capire solo alla vigilia. Martedì sera c’erano i pali, ora entreranno con il gatto calcare un po’ la neve. Poi inizieranno a mettere gli striscioni degli sponsor e piano piano tracceranno tutto. Oggi dovrebbe nevicare ancora, per venerdì il percorso sarà pronto ma chiuso. Sabato iniziano a girare e non credo che 50 corridori che ci passano per un’ora e mezza possano fare chissà quali danni.

Il tratto più in alto e la relativa salita sono stati tolti dal percorso, sostituiti da due dossi (foto Podetti)
Il tratto più in alto e la relativa salita sono stati tolti dal percorso, sostituiti da due dossi (foto Podetti)
Sperando che non sia necessario portare via della neve come l’anno scorso.

Penso che non faranno lo stesso errore. Penso che la tireranno appena e basta, devono lasciare lo strato di neve. Se la fanno troppo bassa, poi diventa ghiaccio e non va bene. Meglio lasciarne 10 centimetri, che portarla a 3 e rischiare che con il freddo notturno diventi una lasta di ghiaccio. Perché se poi con i passaggi il ghiaccio si sfonda, diventa anche peggio, perché sotto il terreno è davvero tanto duro. 

Anche quest’anno sentiremo Martino Fruet speaker a Vermiglio?

Non voglio rubare il lavoro a nessuno, faccio il commentatore tecnico al fianco dello speaker. Domani corro il cross del Ponte a Faè di Oderzo, poi vado su, proverò il sabato mattina assieme agli altri e poi mi metto molto volentieri in cabina con Paolo Mei.

Perché all’inizio ti chiedevi se l’UCI crede davvero a questa gara?

Del calendario abbiamo detto. Servirebbe una gara in zona il giorno prima, in Italia o magari in Svizzera. So che Van Kessel correrà a Faè di Oderzo, ma perché immagino che lo abbiano contattato loro, il 9 andrà in Val di Sole e il 10 parteciperà alla Coppa del mondo. Se vuoi dargli importanza, devi metterla a gennaio, ma a gennaio su quel tracciato c’è lo sci di fondo e si farebbe fatica a trovare posto negli alberghi, che anche adesso è una bella impresa. Si potrebbe pensare a Livigno, ma rischi di correre a meno 20 e non si potrebbe. Se il discorso resta legato alla Val di Sole, il posto è Vermiglio. Resta comunque una gara fuori dal normale.

Lo scorso anno fu tolta la neve fresca e rimase il ghiaccio, che rese il percorso scivoloso (foto Podetti)
Lo scorso anno fu tolta la neve fresca e rimase il ghiaccio, che rese il percorso scivoloso (foto Podetti)
Si parlava delle Olimpiadi invernali…

L’ho sentito, ma non ne sono troppo convinto. Sarebbe veramente la svolta, ma il cross c’è da cent’anni e non hanno mai fatto niente di ufficiale. Gare sulla neve se ne sono sempre fatte, una volta quando nevicava di più, non era raro correre sulla neve. Io ho delle foto di Longo e Di Tano che corrono su percorsi imbiancati. Ma siamo sicuri che le federazioni degli sport invernali vogliano far entrare l’UCI nelle loro Olimpiadi? E’ tutto da capire, per ora godiamocela così, sarà sicuro uno spettacolo.