La costanza e la voglia di Ulissi, un esempio per i giovani

25.08.2024
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Spalla a spalla con Jonas Vingegaard. La lunga carriera di Diego Ulissi si fregia anche di questo particolare, in un Giro di Polonia vissuto da assoluto protagonista, lottando alla pari con il danese uscito rinvigorito dal Tour de France. Chi conosce il toscano sa che è solo un ulteriore capitolo di una carriera tanto lunga quanto luminosa, ancora lungi dallo scrivere le ultime parole.

Ulissi, uomo vincente in ogni anno della sua lunga storia, è davvero un esempio, ancor di più nel ciclismo italiano di oggi che fatica enormemente a ritagliarsi i suoi spazi. Ma Diego non è uomo da vantarsi, anche il suo Giro di Polonia è una delle tante avventure vissute.

«Sapevo che bisognava partire bene – racconta – nelle prime tappe si faceva il 90 per cento della classifica. Nei primi due arrivi sono rimasto sempre fra i primi, nel terzo ho chiuso secondo dietro Nys ed ero alle spalle di Vingegaard che aveva già costruito la sua leadership a cronometro, a quel punto era pura gestione. Il secondo posto finale era il massimo risultato possibile, il danese ha sempre fatto buona guardia».

Il podio finale del Giro di Polonia, da sinistra Kelderman, il vincitore Vingegaard e Ulissi
Il podio finale del Giro di Polonia, da sinistra Kelderman, il vincitore Vingegaard e Ulissi
Colpisce però il fatto che ti sia anche avvinato a lui, chiudendo a 13”…

Il Polonia è una corsa a tappe un po’ atipica, con tante frazioni impegnative ma senza salite lunghe. Lui ha fatto la differenza nella seconda frazione, a cronometro, poi ha sempre gestito. Io ho lavorato sugli abbuoni e sfruttato un tracciato che in generale mi si addiceva, ma è chiaro che con una salita più lunga e dura, il vantaggio di Jonas sarebbe stato maggiore.

Quel che colpisce è la tua costanza di rendimento. In 53 giorni di gara sei finito fra i primi 10 ben 31 volte comprese tre vittorie. Numeri da big, da quella ristretta fascia di corridori appena al di sotto dei “magnifici sei”…

La costanza è sempre stata una mia caratteristica, è grazie a essa che riesco sempre a finire l’anno nelle posizioni alte del ranking. Dopo il Giro d’Ungheria mi sono preso un mese di stop perché non stavo bene, non respiravo bene, ma quella sosta mi ha consentito di tirare il fiato e riprogrammare tutta la mia stagione.

Una delle vittorie di Ulissi, nella tappa di Alpendorf al Giro d’Austria (foto EXPA/Groder)
Una delle vittorie di Ulissi, nella tappa di Alpendorf al Giro d’Austria (foto EXPA/Groder)
Come ti gestisci durante il riposo?

Ormai ho anni e anni di esperienza alle mie spalle. Ad esempio sono refrattario ai periodi di allenamento in altura, a me non hanno mai dato grande giovamento, la faccio solo all’inizio con tutto il team. Preferisco lavorare alla maniera solita, seguendo le tabelle a casa mia. Praticamente mi alleno correndo, come si faceva una volta. I risultati mi pare che dicano che faccio bene…

Tu però anche a 35 anni sei lì che combatti, lotti con i primissimi, anche con i big. Perché gli italiani più giovani non ci riescono?

Difficile a dirsi, se lo sapessi potremmo dire che la crisi che stiamo attraversando sarebbe risolta… I risultati non arrivano a caso, ci vogliono doti. Io dico che di giovani validi ne abbiamo e ne continuiamo a sfornare, ma serve tempo, ognuno ha il suo per maturare ed emergere. Non tutti si chiamano Pogacar o Evenepoel. Io qualche anno di esperienza sulle spalle ce l’ho e vedo che oggi è più difficile emergere perché il livello è altissimo e le squadre sono costruite in maniera diversa, con tutti corridori che hanno nelle corde il colpo.

Per il toscano tante occasioni come finalizzatore, che si è guadagnato con la sua costanza
Per il toscano tante occasioni come finalizzatore, che si è guadagnato con la sua costanza
Questo cosa significa?

Prendi la mia squadra, la Uae. Dovunque andiamo, quando non c’è Tadej, ci sono almeno 4-5 capitani, poi in corsa si decide per chi si corre in base a tanti fattori: percorso, condizione del giorno, evoluzione della corsa… Un giovane italiano che approda in un team WT deve andare veramente forte per scalare le gerarchie e guadagnarsi fiducia. Bisogna fare le cose per gradi, io dico che se lavoreranno bene verrà anche il momento buono e dovranno essere pronti a sfruttarlo.

E’ pur vero però che, pur non considerando i super, ci sono tanti corridori giovani da ogni nazione che sono sempre lì a lottare per la vittoria, i nostri spesso si vedono nelle prime fasi delle corse, nelle fughe, ma poi?

Attenzione, quando parliamo di giovani, io dico sempre che noi valutiamo un ciclismo preso sull’immediatezza, ma quanti di questi corridori riusciranno a tirare avanti, ad avere carriere lunghe, ad arrivare alla mia età? Solo il tempo ci dirà se c’è un prezzo da pagare in termini di durata delle carriere. E’ vero, oggi guardiamo le corse e sembra che i talenti siano solo fuori dai nostri confini ma non è così, ci sono anche da noi ed emergeranno. Il ciclismo è fatto di fasi storiche, tra qualche anno magari saremo noi a gioire.

La grinta di Ulissi deve essere un esempio per i giovani, lottando in ogni corsa fino all’ultimo
La grinta di Ulissi deve essere un esempio per i giovani, lottando in ogni corsa fino all’ultimo
E’ un discorso anche caratteriale?

Sicuramente, forse preponderante. Tanti di quei giovani stranieri di cui prima li vedi correre senza paura, con una grande voglia di emergere. E’ quella che in primis un corridore deve avere, pensando che il contratto da professionista è un punto di partenza e non di arrivo. Poi è chiaro che dipende tutto dalle gambe…

Torniamo a te. E ora?

Dopo Plouay seguirò tutto il calendario italiano, fino al Lombardia, intanto valuterò che cosa fare, se rimanere alla Uae o no. Io voglio continuare per almeno un paio d’anni, vediamo dove e come.

Notari: una settimana con Del Toro e la Vuelta dietro l’angolo

09.08.2024
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Sulle cime che circondano Andorra i ragazzi del UAE Team Emirates lavorano per preparare il finale di stagione. Al loro fianco, per qualche giorno, c’è stato Giacomo Notari preparatore del devo team che ha portato la sua esperienza anche agli atleti del WorldTour. Andare in altura serve, tra le altre cose, per scappare dal caldo soffocante della pianura. 

«Si stava parecchio bene a livello di clima – dice Notari che nel frattempo è tornato a casa – ad Andorra le temperature erano alte, superiori ai 30 gradi. Più in alto, dove dormivamo noi, si abbassavano parecchio. Il grosso vantaggio è che si riposa davvero molto bene. Io sono stato lì per i primi otto giorni, poi è arrivato un altro allenatore a darmi il cambio. Con me c’erano Baroncini, Del Toro e Ayuso, oltre al gruppo Vuelta».

I ragazzi del UAE Team Emirates in ritiro ad Andorra
I ragazzi del UAE Team Emirates in ritiro ad Andorra

Un puzzle da comporre

La Vuelta, terza ed ultima grande corsa a tappe della stagione, partirà tra poco più di una settimana: il 17 agosto. Comporre una squadra che possa arrivare pronta non è facile, i corridori sono stanchi e la stagione è stata lunga. Tra acciacchi e voglia di rivalsa la gara spagnola diventa l’ultimo grande banco di prova per gli uomini di classifica

«Il primo gruppo che è salito ad Andorra – spiega Notari – è quello che non ha corso al Tour de France. A loro si è aggiunto Ayuso, che ha abbandonato la Grande Boucle per Covid, il quale però stava preparando le Olimpiadi di Parigi. Gli altri che saranno alla Vuelta: Yates, Almeida, Sivakov e Soler, non vengono in ritiro. Hanno la fortuna di abitare ad Andorra, quindi dormono a casa e si allenano con noi. Un buon compromesso per non stressarli e non tenerli troppo lontani dalle famiglie».

Del Toro ha esordito al meglio nel WorldTour, prima corsa e prima vittoria al Tour Down Under
Del Toro ha esordito al meglio nel WorldTour, prima corsa e prima vittoria al Tour Down Under
Gli otto giorni passati in altura ti hanno permesso di lavorare fianco a fianco a Del Toro, che cosa hai visto?

Che dire, si è presentato bene a inizio stagione. La vittoria al Tour Down Under e la Tirreno-Adriatico hanno dimostrato che il talento c’è. In parte donato da Madre Natura e in altra parte ben coltivato da chi lo allenava prima, ricordiamoci che ha vinto il Tour de l’Avenir nel 2023. Del Toro è uno scalatore molto forte, e questo lo si è visto, ma è anche tanto esplosivo. Ha una sparata incredibile con potenze elevate in brevi periodi. E’ il prototipo del corridore vincente, prendete tutto con le pinze ma un po’ ricorda Pogacar. 

I primi passi del messicano nel vostro team come li hai visti?

E’ un ragazzo che parla volentieri, dal punto di vista atletico ha fatto prestazioni di livello e i dati lo dimostrano. Ha tanta voglia di imparare, il che lo aiuta a essere tanto curioso, però allo stesso tempo si fida di chi ha intorno. Chiaro che ci sono delle lacune, ma ben vengano, altrimenti non avrebbe i margini di miglioramento che ci prospettiamo. 

Ad aprile il giovane messicano ha vinto la Vuelta Asturias, la sua prima corsa a tappe da pro’
Ad aprile il giovane messicano ha vinto la Vuelta Asturias, la sua prima corsa a tappe da pro’
Nel rapporto con lo staff com’è?

Si fida totalmente di tutti: dei preparatori, dei nutrizionisti, dei meccanici… E’ bello che un corridore così giovane abbia tutta questa fiducia. A volte i ragazzi si fanno mille domande e rischiano di consumare energie mentali che sarebbe meglio incanalare sulla bici. Del Toro invece chiede perché è curioso, ma poi esegue quel che gli viene detto. 

Vi immaginavate potesse partire così forte?

Sicuramente nemmeno lui se lo sarebbe aspettato. L’esplosività però lo ha aiutato a subire meno il salto di categoria e poi le poche pressioni addosso gli hanno permesso di correre come avrebbe voluto. 

Del Toro ha un grande talento, aiutato da una mentalità vincente
Del Toro ha un grande talento, aiutato da una mentalità vincente
Come mai dici che l’esplosività gli ha dato una mano?

E’ normale sia così. I giovani arrivano da un ciclismo diverso, dove non ci sono regole di gestione della gara, si va sempre a tutta. I professionisti, invece, hanno un copione. Tanti giovani con caratteristiche esplosive che passano tra i grandi hanno un vantaggio

Dal punto di vista psicologico pensi sia consapevole del suo grande potenziale?

A volte ti viene da pensare che sia lui stesso a doverci credere di più, ma è una questione di indole. Giù dalla bici ha un carattere tranquillo e pacato, piacevole da avere intorno. Poi attacca il numero alla schiena e si trasforma, diventa più determinato e sa quel che deve fare e quel che vale. 

I suoi numeri fanno capire il grande potenziale che c’è dietro, serve però pazienza
I suoi numeri fanno capire il grande potenziale che c’è dietro, serve però pazienza
Tanti lo danno già presente alla Vuelta, è così?

A gennaio l’idea era di non fargliela fare, poi hanno visto i risultati e si è deciso di mandarlo… in ottica futura. Sarà un’esperienza che lo aiuterà a crescere, d’altronde correrà con Soler, Yates, Almeida… Gente dalla quale puoi solo imparare. 

Nessuna pressione?

Nemmeno una. Poi i giovani forti sono sempre un’incognita ma non ci sono aspettative di classifica o altro. Scenderà dall’altura l’8 agosto e correrà a San Sebastian, poi da lì diretto a Lisbona per iniziare la sua prima grande corsa a tappe della carriera.

DMT Pogi’s: è il momento di celebrare un’altra impresa

02.08.2024
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La fame di vittoria di Tadej Pogacar nel 2024 è stata pressoché inarrestabile. Il fuoriclasse sloveno dopo aver vinto il suo primo Giro d’Italia ha portato a casa anche il terzo Tour de France. Pogacar è riuscito, 26 anni dopo Marco Pantani, nella celebre doppietta Giro-Tour. Un’impresa che lo fa entrare direttamente nell’olimpo del ciclismo. Il corridore del UAE Team Emirates ha “costretto” DMT, azienda che gli fornisce le scarpe, a creare un altro modello celebrativo delle Pogi’s

Questa volta il colore è il giallo, come quello della maglia che contraddistingue il vincitore della Grande Boucle. Simbolo che Pogacar ha conquistato a Valloire e che ha portato fino a Nizza, senza vacillare nemmeno una volta. 

Sempre migliori

Le DMT Pogi’s migliorano anno dopo anno, come il talento dello sloveno. Nella nuova versione sono tanti i particolari che portano queste scarpe ad essere uno dei prodotti più ambiti. Innanzitutto la particolarità rimane sempre una: la chiusura con i lacci, richiesta dallo stesso Tadej e diventata celebre con le sue imprese. Per una maggior sicurezza in corsa e una migliore aerodinamicità DMT ha pensato di creare e perfezionare la tasca Aerosafe. Posizionata nella parte superiore della scarpa permette di riporre il nodo in maniera ottimale, senza ingombri. 

La tomaia, invece, leggerissima e traspirante, è realizzata con tecnologia Knit. Il tutto è arricchito con un nuovo filato super tecnologico che ne aumenta le qualità tecniche. Le Pogi’s diventano così una combinazione perfetta, avvolgendo comodamente il piede. Il collarino Flex Fit assicura una calzata unica e confortevole anche dopo tante ore di attività. 

La suola, realizzata con un mix di fibre di carbonio è rigida e leggera
La suola, realizzata con un mix di fibre di carbonio è rigida e leggera

Sicura e performante

Per un ciclista il trasferimento di potenza è importante, riuscire a trasmettere alla bici ogni singolo watt sprigionato è fondamentale. DMT ha così deciso di realizzare una suola rigida e leggera, creata con un mix di carbonio unidirezionale ad alta resistenza. La pedalata risulta sempre piena e permette di spingersi oltre i propri limiti. 

Anche la chiusura è un aspetto fondamentale, le Pogi’s hanno un sistema di canaline integrate 3D che fanno scorrere i lacci perfettamente. Non sarà più necessario stringere ogni singolo passaggio, ma basterà tirare dall’estremità per avere una chiusura omogenea. Per assicurare la chiusura DMT ha pensato ad un sistema di aggancio comodo e immediato. Tramite due alette è possibile assicurare i lacci, senza alcuna preoccupazione. 

Il prezzo al pubblico è di 499 euro.

DMT

TeoSport con Pissei: e il fondello TruFlo fa “suo” anche il Tour

30.07.2024
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Alcuni weekend sono destinati a rimanere impressi nella storia, e quello vissuto recentemente da Pissei e TeoSport a Nizza ha segnato un nuovo capitolo nella storia del ciclismo mondiale. In un anno già ricco di traguardi storici, il fondello TruFlo ideato e prodotto proprio da TeoSport è diventato un perfetto sinonimo della performance italiana nel mondo, unendo prestazioni eccezionali a emozioni intense.

Il prodotto di punta di questa collaborazione, TruFlo, è stato inserito nella speciale capsule collection “Magistrale” di Pissei. Questo pantaloncino non è solo un omaggio a UAE Team Emirates e ai suoi incredibili traguardi, ma è anche il frutto della stretta collaborazione tra il brand e la squadra. Realizzato con uno speciale tessuto che conferisce una pressione uniforme su tutta la gamba, combina questa caratteristica con la tecnologia iconica di TruFlo AirLight. Progettato per affrontare lunghe distanze, la speciale schiuma monodensità è in grado di garantire lo stesso livello di comfort fino a otto ore, mantenendo una leggerezza e traspirabilità eccezionali.

I pantaloncini realizzati per il UAE Team Emirates e ai suoi traguardi
I pantaloncini realizzati per il UAE Team Emirates e ai suoi traguardi

Innovare, sempre…

«Il lavoro che sta dietro alla realizzazione di ogni nostro singolo fondello – ha dichiarato Daniela Osellame, Marketing & Brand Manager di TeoSport – lo amiamo da sempre. Ma è la passione su cui è fondata TeoSport l’ingrediente che ci spinge a inseguire costantemente nuovi risultati. Il ciclismo è uno sport di sfide, e vediamo i campioni come moderni Ulisse, desiderosi di superare le colonne d’Ercole. Grandi imprese dettate da un coraggio illimitato: questo è ciò che ci ispira ogni giorno a dare il massimo. Ci riempie di orgoglio collaborare con un brand come Pissei, che ci ha portato su un podio così prestigioso, accanto a un team straordinario. Vogliamo ringraziare il grande lavoro di squadra che è stato fatto nell’ambito di questa partnership. Non solo i risultati, ma anche le modalità hanno confermato quanto sia importante la sinergia tra i brand per puntare all’eccellenza».

La collaborazione tra Pissei e Teosport rappresenta un perfetto esempio di come l’unione di passione, innovazione e lavoro di squadra possa portare a risultati straordinari. I ciclisti che indossano TruFlo non sono solo atleti, ma pionieri di una nuova era del ciclismo, dove ogni pedalata è un passo verso il superamento dei propri limiti. Il coraggio di osare senza porsi alcun limite resta il mantra di una stagione che continua a regalare momenti altissimi di sport. Ogni gara, ogni traguardo raggiunto, è un tributo all’incessante ricerca della perfezione, che spinge questi atleti e i loro sostenitori a dare sempre il massimo.

Un omaggio a Tadej Pogacar per aver realizzato la doppietta Giro-Tour (foto Fizza)
Un omaggio a Tadej Pogacar per aver realizzato la doppietta Giro-Tour (foto Fizza)

La tecnologia all’avanguardia e il design innovativo del fondello TruFlo AirLight rappresentano un passo avanti significativo, non solo in termini di prestazioni, ma anche di comfort e sicurezza per chi affronta le sfide delle competizioni ciclistiche.

TeoSport

Tour e Covid: problema vero? Risponde doc Rotunno

20.07.2024
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EMBRUN (Francia) – Siamo probabilmente gli unici in Europa ad andare (nuovamente) in giro con le mascherine e per questo veniamo anche presi un po’ in giro da chi è a casa e ascolta. Eppure il Covid c’è ancora. Al Tour sono attentissimi che la misura venga rispettata, perché corridori positivi ci sono stati e probabilmente ce ne sono ancora. Racconta qualche direttore sportivo che si era già iniziato ad avere delle avvisaglie al Delfinato. E che poi, nei giorni del Tour in cui se ne è preso coscienza, capitava di vedere ragazzi che arrivavano alla partenza nell’ammiraglia e non sul pullman. Oppure altri che di colpo si staccavano anche su percorsi semplici e finivano fuori tempo massimo.

Al UAE Team Emirates per il Covid hanno dovuto rinunciare ad Ayuso e non osiamo pensare quanto sarebbe stata devastante la squadra di Pogacar avendo tra le sue file anche lo spagnolo. Recalcitrante e dotato di un ego importante, Juan resta comunque un signor atleta e al Tour teneva tanto. Perciò, per capirne di più, ci siamo rivolti ad Adrian Rotunno, il medico della squadra emiratina. Magari non abbiamo scelto il momento migliore per farlo, dato che sul bus si stava pianificando la tattica per il giorno di Isola 2000. Eppure, visto come è andata a finire, si può dire che gli abbiamo portato anche fortuna (in apertura, Mauro Gianetti e il fotografo Lorenzo Fizza Verdinelli).

Adriano Rotunno è nato in Italia e cresciuto in Sudafrica (foto UAE Team Emirates)
Adriano Rotunno è nato in Italia e cresciuto in Sudafrica (foto UAE Team Emirates)
Buongiorno dottore, ecco la prima domanda: perché indossiamo queste mascherine?

E’ importante cercare di limitare il diffondersi delle infezioni, non solo per il Covid, ma per qualsiasi altro virus. Soprattutto perché c’è così tanta interazione con la folla. Non è come il calcio o il rugby, dove sei in uno stadio separato dai tifosi. Quindi dobbiamo cercare di mantenere la massima distanza possibile. E ovviamente le indossiamo anche per il Covid, che resta una malattia molto contagiosa, cercando di mitigarne gli effetti.

Quanto è diverso il Covid per un atleta e una persona normale?

Colpisce il corpo allo stesso modo, ma una persona normale non corre 200 chilometri ogni giorno per tre settimane. Per questo la sua incidenza sull’organismo è enorme. Ovviamente dobbiamo essere consapevoli del rischio e valutare, qualora avessimo un atleta positivo, se sia salutare o meno per lui continuare la gara o non sia meglio tornare a casa e riprendersi. Normalmente lo prendiamo molto sul serio e ci assicuriamo che i nostri corridori siano sempre assistiti al meglio.

Può essere pericoloso correre con il Covid addosso?

Può esserlo, ma può essere pericoloso anche per chi va a fare una passeggiata. Dipende da come influisce sul corpo. L’importante è che non ci siano segnali di pericolo in termini di rischio cardiovascolare o di compromissione respiratoria.

I corridori fermati quest’anno per il Covid sembrano molto stanchi, come se fossero più stanchi del solito.

Normalmente la spossatezza è una delle manifestazioni più grandi. Non si riesce a sostenere lo stesso sforzo. A volte si ha una frequenza cardiaca più alta, perché il corpo sta combattendo un virus, oltre a cercare di ottenere prestazioni elevate sulla bicicletta. Generalmente, questi sono quelli di cui ti preoccupi maggiormente e che di cui ti accorgi. Durante il Tour abbiamo visto spesso molti ragazzi, che normalmente sarebbero stati davanti sulle salite, penzolare nelle retrovie. Alcuni hanno mollato, altri si sono ripresi e sono tornati forti la settimana successiva.

Perché alcuni sono stati fermati?

Non lo so, onestamente. Penso che si siano basati sui sintomi. Quindi, se lo hanno fatto, vuol dire che c’era uno spettro di malattie più preoccupanti. Alcune persone hanno sintomi lievi. Altre non hanno nulla. Mentre alcuni hanno sintomi molto gravi e questo è ciò che metterebbe in pericolo il corridore. Ovviamente il quadro deve essere esaminato e valutato dal punto di vista medico, prima che il corridore inizi la tappa. Dobbiamo capire se sia sufficientemente in forma per correre. Bisogna anche tenere sempre presente che gli atleti hanno bisogno di ascoltare il proprio corpo.

Che cosa significa?

Se qualcosa va storto, devono fermarsi immediatamente. E poi ovviamente li mandiamo via perché recuperino.

Ayuso si è ritirato nella tappa di Pau: sapeva di essere positivo, ma ha provato a partire lo stesso
Ayuso si è ritirato nella tappa di Pau: sapeva di essere positivo, ma ha provato a partire lo stesso
Ayuso è stato fermato per il Covid o perché era stanco?

Principalmente per il Covid. Era in buone condizioni, ma anche estremamente sintomatico. Non c’era niente di pericoloso nel suo caso, tanto che gli è stato permesso di iniziare la tappa. Era già successo alla Vuelta del 2022 ed era andata bene, tanto che Juan finì terzo. Invece questa volta, a causa di quei sintomi, sfortunatamente non è riuscito a tenere il passo. E’ stata proprio una giornata difficile per lui.

Ecco perché anche stamattina, andando verso la corsa, ci siamo sincerati di avere una mascherina nuova. L’organizzazione del Tour ha in giro degli addetti alla loro distribuzione e adesso viene da chiedersi se alle Olimpiadi si andrà a finire allo stesso modo. Il disagio c’è, perché ci si disabitua facilmente alle pratiche scomode. L’elenco che a causa del contagio dovranno rinunciare a Parigi vanta già i primi nomi. Per rispetto verso tutti gli altri, indossare una mascherina non è certo la cosa peggiore.

Pogacar sui Pirenei: il piccolo principe con i denti di un lupo

13.07.2024
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PLA D’ADET (Francia) – Oggi ha l’espressione beata del Grappa e di tutte le volte al Giro in cui un piano pensato alla vigilia andava a buon fine. Certo la sensazione che questa vittoria Pogacar dovrà sudarsela secondo dopo secondo si fa largo ogni giorno. Quei numeri del Giro appartengono a un’altra dimensione, qui Vingegaard e anche Evenepoel sono avversari ben più cattivi di quelli incontrati in Italia. E forse nella scelta di puntare sul Giro s’è tenuto conto anche di questo. Però intanto Vingegaard oggi ha dovuto subire e tanto gli basta per andare a letto più sereno.

Yates gli ha permesso di respirare e di spiccare nuovamente il volo
Yates gli ha permesso di respirare e di spiccare nuovamente il volo

Lo sgabello della star

Pogacar è seduto sullo sgabello della mix zone con centomila microfoni puntati sulla faccia. Sorride e racconta, mentre dalla strada alle spalle del palco arrivano boati al suo indirizzo. Su questo il Tour non fa eccezioni rispetto al Giro: lo sloveno è idolo anche qui.

«Volevamo davvero correre in modo conservativo – sorride – ma puntavamo comunque alla vittoria di tappa, perché sapevo di poter arrivare con un buono sprint nel finale. Poi ho visto l’opportunità per Adam (Yates, ndr) di fare il vuoto e di arrivare anche alla vittoria di tappa, in più facendo lavorare la Visma. Di colpo però mi sono accorto visto che quando ha attaccato, il ritmo è addirittura calato, non tiravano poi così forte. E allora ho avuto la sensazione che forse avrei potuto provare a raggiungere Adam. Lui è il compagno perfetto, quello che vorresti avere sempre con te. Si è appesantito un po’, ma ha dato tutto quello che aveva. Io alla sua ruota ho potuto respirare per un paio di volte e questa oggi è stata, credo, una delle principali differenze. Il fatto che Adam fosse lì per me. E’ stata una splendida intuizione. Per questo stasera devo dire che grazie a tutti i compagni di squadra. Oggi hanno fatto davvero un lavoro incredibile, sono super felice».

Pogacar con Sivakov nella discesa del Tourmalet: la squadra sempre unita
Pogacar con Sivakov nella discesa del Tourmalet: la squadra sempre unita

Il record di Cavendish

Politt finché ne ha avuta. Poi Soler gli ha poggiato una mano sulla schiena, ringraziandolo e autorizzandolo a spostarsi. E quando lo spagnolo ha finito il suo lavoro, è stata la volta di Almeida, inatteso in questo ruolo, lui che spesso gioca da primo attore e ha il suo bel caratterino. Se ci fosse stato ancora Ayuso, forse, avrebbero potuto fare di più.

«Manteniamo questo slancio – dice Pogacar – e una buona energia nella squadra, buone gambe. Proviamo a mantenere questa mentalità in un’altra giornata, quella di domani, in cui tutti saranno nuovamente importanti. Vincere tante tappe è qualcosa cui non ho mai pensato, neppure quando ero più piccolo. Ad esempio, vedendo Mark Cavendish vincere così tanti sprint, ho sempre pensato che venisse da un altro pianeta e che non fosse raggiungibile. Ma se insegui i tuoi sogni, allora forse puoi reggiungerli. Non è il mio obiettivo raggiungere Cavendish (Pogacar finora ha vinto 13 tappe in 5 Tour, ndr), l’ho detto solo per far capire quanto io l’abbia ammirato e quanto fosse bello vederlo vincere con la sua squadra».

Pogacar lo ha detto chiaro: Almeida ha fatto gli straordinari, ma davvero bene
Pogacar lo ha detto chiaro: Almeida ha fatto gli straordinari, ma davvero bene

Correre d’istinto

In fondo è tutto molto semplice oppure tale lo fa sembrare. La realtà è che per un tipo orgoglioso come lui non è stato facile essere preso a schiaffoni. Attacco spettacolare, ma a vuoto sugli sterrati. Attacco spettacolare, ma a vuoto (e con la beffa della sconfitta) a Le Lioran. Un inverno di diete, studi sulla posizione e lavori di fino. Finché arriva Vingegaard dopo un infortunio come quello dei Paesi Baschi e ti sembra che nulla sia cambiato? Doveva riprovarci, senza meno…

«Mi sentivo davvero bene oggi – dice – le cose non sono andate secondo i piani sulla salita finale, perché ci mancava un uomo: Ayuso si è dovuto ritirare e quindi Almeida ha lavorato molto duramente già a 8 chilometri dalla fine. Ho attacato anche perché ho visto che nessun uomo di classifica stava provando qualcosa. Ho visto un’opportunità e sono partito. C’è ancora molta strada da fare fino a Nizza, ma oggi sono iniziate le vere tappe di montagna! La chiave è che abbiamo una squadra forte per supportare le mie opzioni. In ogni intervista mi dicono che devo risparmiare energie, ma amo correre d’istinto. A volte funziona, a volte no… ma a me piace così».

Dopo il 55, ecco il 38: il segreto dell’agilità di Pogacar

08.07.2024
3 min
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Sulla bici di Pogacar, assieme alla corona da 55 richiesta lo scorso anno per contrastare il 54×10 di Vingegaard, gira un ingranaggio interno da 38 denti. Una guarnitura 55-38 che permette allo sloveno di essere veloce nelle discese e agile come gli piace in salita. Eppure, tanto è semplice scriverlo, per quanto è difficile da mettere in atto.

La realizzazione delle due corone avviene ugualmente nelle officine di Carbon-Ti che al UAE Team Emirates fornisce anche dischi per freni (leggeri oppure aerodinamici), guarnitura monocorona per la crono e la doppia guarnitura a 4 bracci per la bici da strada.

«La lavorazione non cambia – spiega Marco Monticone – la progettazione per il 38 da abbinare al 55 è completamente nuova. Il know how di partenza è lo stesso, ma il prodotto è completamente nuovo. Le macchina al CNC sono state riprogrammate e anche in tempi rapidi, dato che la richiesta del 38 è arrivata abbastanza all’improvviso e di recente».

La proposta di Chiesa

Chiunque si sia divertito a riassortire la propria guarnitura sa che non tutti gli abbinamenti sono compatibili e certo il salto di 17 denti fra il 38 e il 55 è un bell’ostacolo da superare.

«Infatti il succo del discorso – prosegue Monticone – è far funzionare il 38 con il 55 e per questo c’è stato un grandissimo lavoro. Il deragliatore Shimano in uso alla UAE Emirates è progettato per il 54-40: se si vuole fare qualcosa di diverso, bisogna che il deragliatore continui a lavorare bene. Ci abbiamo lavorato e alla fine siamo riusciti a prototiparlo. L’idea di partenza era di usarla per i Grandi Giri nelle tappe di montagna, in modo che Pogacar possa mantenere il suo ritmo di 90-95 pedalate al minuto. Eppure quando Alberto Chiesa ce l’ha proposto (parla del capo meccanico del team, ndr), abbiamo pensato che fosse una follia».

Pogacar ha ricevuto il 38 nei giorni della Liegi ed ha subito voluto usarla, vincendo
Pogacar ha ricevuto il 38 nei giorni della Liegi ed ha subito voluto usarla, vincendo

Debutto alla Liegi

Eppure la sfida era stimolante e nei computer dei progettisti di Carbon-Ti le varie ipotesi hanno cominciato a prendere forma. Hanno fatto vari test, fino a vedere uno spiraglio.

«L’abbiamo costruita – sorride Monticone – e gliel’abbiamo consegnata. Pogacar ha chiesto di montarla e poi, come fa di solito, l’ha usata in gara. Nel 2023 gli avevamo fornito le guarniture in carbonio e lui le usò come prima volta per vincerci il Giro delle Fiandre. Non credevamo che l’avrebbe usata, invece alla Liegi ha fatto un test per sua iniziativa. Ha visto che funziona e da allora non l’ha più tolta. E adesso tutti la vogliono».

Gianetti e la UAE: un mosaico costruito minuziosamente

13.06.2024
6 min
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La Svizzera è una cartolina, la bellezza ti viene in faccia quando meno te lo aspetti allo stesso modo in cui, non appena la pendenza delle salite si fa cattiva, i corridori si trovano senza gambe. Carì si trova sulle montagne del Ticino a 1.655 metri di quota, luogo incantato per escursioni e sport invernali. Ed è proprio in un punto più verde di altri che Adam Yates, dopo l’assaggio di ieri, decide di attaccare. E’ la quinta tappa del Tour de Suisse e ancora una volta il UAE Team Emirates ha preso in mano la corsa, risucchiando i fuggitivi.

«Oggi all’arrivo le primissime parole che mi ha detto Adam Yates – fa Gianetti al settimo cielo – sono state: “Mamma mia, che lavoro di squadra”. Lo ha detto un metro dopo l’arrivo e neanche ringraziando loro, ma dicendolo a me. La squadra ha fatto il lavoro e lui l’ha solo finalizzato. Questo è uno spirito bellissimo, che mi piace. Adam e Joao Almeida sono dei ragazzi straordinari. Non sono solo dei corridori veramente fenomenali, ma delle persone molto intelligenti con le quali è veramente bello lavorare».

Il Giro di Svizzera si corre in uno scenario da cartolina, ma a volte la fatica è meno poetica
Il Giro di Svizzera si corre in uno scenario da cartolina, ma a volte la fatica è meno poetica

Yates e dietro Almeida

Yates attacca come gli scalatori di una volta: lui l’alta frequenza di pedalata non sa cosa sia. Quando dà la prima bordata, il primo a tenerlo è Bernal. Poi il colombiano cede e si fa sotto Mas, finché entrambi vengono ripresi da Almeida. Procedono così, staccati di una manciata di secondi fino al traguardo. Primo Yates, secondo Almeida a 5″, terzo Bernal a 16″, quarto Riccitello a 18″, quinto Mas a 22″. Lo scenario dei due compagni di squadra quasi appaiati ricorda l’identico scenario alla Vuelta dello scorso anno.

«Sapevamo di voler fare un ritmo serrato – racconta il leader – l’intera squadra ha lavorato davvero duramente per tutto il giorno. All’inizio la Ineos ha provato a spronarci un po’ nelle prime due salite, quindi abbiamo dovuto riorganizzarci. Poi però i ragazzi sono stati super forti. Hanno controllato la fuga e poi abbiamo fatto un gran ritmo nel finale. Soprattutto con Joao (Almeida, ndr) salivamo davvero forte. E quando dalla macchina mi hanno detto che stava risalendo, mi sono voltato e quasi pensavo di vederlo passare. So che anche lui è in ottima forma, siamo venuti qui come leader alla pari. Quindi per la squadra è stata una giornata fantastica».

Un mosaico chiamato UAE Emirates

Domani intanto si vivrà uno scenario che ricorda quello del Giro nel giorno di Livigno, ma con il dovuto anticipo. La tappa regina non si potrà fare a causa della neve e in alternativa verrà proposta una… tappetta di 42,5 chilometri. Nonostante gli sforzi, si è deciso che anche il percorso alternativo previsto per la tappa regina attraverso i passi del San Gottardo e del Furka non è fattibile. Si partirà da Ulrichen con la salita finale di Blatten-Belalp che potrebbe riservare comunque degli attacchi. Gianetti da queste parti gioca in casa e ancora una volta, dopo le meraviglie del Giro, si trova ad abbracciare i corridori dopo una gigantesca prova di squadra.

«E’ una soddisfazione – dice – dopo anni di costruzione minuziosa. Pezzo dopo pezzo, come un mosaico, ogni piccola pietrina fa parte del disegno globale. Il personale, i direttori sportivi, i massaggiatori, i meccanici, i manager, il nutrizionista, i cuochi, i fisioterapisti, gli ingegneri, i nostri partner… tutti! Ciascuno mette veramente qualcosa per far sì che questo mosaico sia un bel disegno. E’ bello perché è frutto di tanta passione».

Dopo la vittoria al Giro, al Tour si andrà tutti per Pogacar: Gianetti, grande capo della UAE, non ha dubbi sulla lealtà del team
Dopo la vittoria al Giro, al Tour si andrà tutti per Pogacar: Gianetti, grande capo della UAE, non ha dubbi sulla lealtà del team

Il segreto dell’amicizia

Yates disposto a mettersi a disposizione di Almeida, poi tutti a disposizione di Pogacar al Tour. Come si costruisce una simile intesa? Bastano gli ingaggi alti per spegnere le velleità di corridori nati per essere campioni? Gianetti ascolta. E’ stato corridore. Sa com’è quando dentro hai il fuoco della vittoria.

«Questa è la cosa della quale sono più orgoglioso – dice il Team Principal e CEO del UAE Team Emirates – perché abbiamo creato la squadra partendo dai giovani. Forse uno dei pochi innesti per cui siamo andati sul mercato è proprio Adam Yates. Però Almeida, Ayuso, Hirschi, McNulty, Bjerg, Del Toro e lo stesso Pogacar sono corridori che abbiamo forgiato noi, anche nel senso dell’amicizia. Vogliamo da subito che ogni corridore abbia lo spazio per vincere, tutti i nostri giovani quest’anno ci sono già riusciti. Sei giovane, ma non devi solo lavorare e questo dà loro una carica incredibile. Avete visto con quale personalità hanno lavorato oggi Christen, Del Toro e lo stesso Mark Hirschi? Insistiamo quotidianamente su questo aspetto, per far sì che i ragazzi abbiano rispetto uno dell’altro. Affinché ciascuno in questa squadra abbia rispetto per gli altri. Dobbiamo stare assieme tutti i giorni dalla mattina alla sera, anche in camere doppie: bisogna andare d’accordo.

«Vogliamo che abbiano una mentalità molto aperta, propositiva. Non critica, ma propositiva perché vogliamo migliorare. Voglio che ognuno possa portare qualcosa di suo. Siamo la squadra migliore al mondo perché ci sono 140 persone, tra corridori e personale, che fanno il meglio per far crescere la squadra: se stessi e il gruppo. I corridori questa cosa la sentono, la percepiscono. E’ un circolo che abbiamo costruito in maniera veramente ricercata e dettagliata e io ne vado veramente molto orgoglioso».

Bernal è stato il primo a rispondere all’attacco di Yates, poi ha pagato con 16″ di ritardo
Bernal è stato il primo a rispondere all’attacco di Yates, poi ha pagato con 16″ di ritardo

Al Tour per Pogacar

Per questo stesso motivo andranno al Tour a lavorare per Pogacar: sette capitani al servizio del più capitano di tutti. Come si fa a essere certi che uno non parta con il pugnale nascosto sotto la maglia? Mauro sorride, la situazione è sotto controllo.

«Siamo chiari dall’inizio della stagione – sorride – anzi da prima che il corridore firmi il contratto. “Vuoi venire da noi? Bene, perché vuoi venire da noi? Cosa vuoi da noi come squadra? Noi da te vogliamo questo, ma tu perché vuoi venire da noi? Vogliamo capire se siamo la squadra giusta per quello che tu vuoi”. Quindi è importante chiarire questo aspetto prima di tutto. Poi inizia la stagione e a novembre Matxin fa un lavoro straordinario, corridore per corridore, su quali siano le loro ambizioni e cosa vogliano fare.

«Okay, è chiaro, al Tour c’è Tadej e si lavora per lui: questo è scontato, quindi tutti lo sanno. E sanno che se vogliono trovare un’occasione per vincere, dovranno concentrarsi e identificare il momento in cui loro stessi avranno la squadra a disposizione. E’ frutto di una programmazione molto oculata e discussa in maniera esaustiva. Da domani Yates e Almeida faranno corsa parallela perché ovviamente non corriamo da soli. Ci sono molti avversari che proveranno ad attaccare, che proveranno a fare la corsa dura, difficile, complicata. Quindi ovviamente bisognerà correre bene, sfruttare questa situazione che ci vede al comando della classifica. E se alla fine uno dei due starà meglio dell’altro, la situazione sarà accettata in modo molto sereno».

Il Giro di Pogacar e dei piccoli tifosi: storia di un cappellino firmato

09.06.2024
3 min
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Lo ha detto Daniel Oss, parlando di Pogacar dopo il Giro d’Italia vissuto sulla moto di Eurosport. «Che cosa posso dire… è stato emozionante! Il mio parametro è sempre se piaci ai bambini, in quel caso hai fatto centro…».

Il Giro di Pogacar è stato anche il Giro dei bambini, che Tadej ha reso protagonisti con una serie di gesti strappa applauso. La borraccia presa dal massaggiatore e regalata a un ragazzino sul Grappa. Il cinque e poi il sorriso scambiati con un altro, che non lo dimenticherà mai (guardate la foto di apertura). Così come non lo dimenticherà un ragazzo di 13 anni, Simone Ponzani, che ha avuto la sorte di incontrare lo sloveno alla partenza dell’ultima tappa del Giro. Quello che ha fatto è stato provare a descrivere le sue emozioni e poi ce le ha inviate.

ROMA – Domenica del 26 maggio è stato il giorno più fortunato della mia vita. Alla partenza dell’ultima tappa del Giro d’Italia infatti, sono riuscito a vedere dal vivo Tadej Pogacar. E’ il corridore che tifo da quando seguo il ciclismo e sono riuscito anche a farmi regalare un cappellino autografato da lui. E’ stata un’esperienza unica, proprio non ci credevo.

Sono riuscito anche a fare molte foto, che sicuramente stamperò appena ne avrò l’occasione e le incornicerò insieme al cappellino. Penso che sono stato uno dei pochi ragazzi quel giorno ad aver vissuto questa esperienza e ad aver visto un campione del ciclismo e tutta la sua squadra da così vicino.

Simone era decisamente in ottima posizione: ecco la sua foto del team UAE Emirates
Simone era decisamente in ottima posizione: ecco la sua foto del team UAE Emirates

I calzini rosa

Io e mio padre quella mattina ci siamo svegliati presto per andare a vedere la partenza dell’ultima tappa del Giro, sperando di incontrare Pogacar all’uscita dal pullman della UAE Emirates. Era pieno di persone che aspettavano l’uscita di Tadej. Attraverso la porta del bus si vedevano appena i calzini, le scarpette e una parte dei pantaloncini tutti rosa e subito la folla lo chiamava per farlo scendere.

Ovviamente davanti a me c’erano molte persone, ma sono riuscito a infilarmi davanti a loro cosi che potessi vedere Pogacar. Però non mi sarei mai aspettato di vederlo da così vicino. Infatti io ero nella zona dei giornalisti, cioè davanti ai corridori.

Poi andando con mio padre verso la partenza siamo riusciti a farci due selfie. Uno con Joxean Fernàndez Matxin, lo sport manager del UAE Team Emirates, e uno con Matteo Trentin, corridore della squadra Tudor.

Il cappellino con l’autografo di Tadej Pogacar, prima del via di Roma
Il cappellino con l’autografo di Tadej Pogacar, prima del via di Roma

Calciatore e ciclista

Mi chiamo Simone Ponzani, un ragazzo di 13 anni che pratica calcio. Nonostante ciò, sono un appassionato di molti sport ma soprattutto di ciclismo. Possiedo una bici da corsa con cui sia in inverno che in estate (molto più spesso) faccio insieme a mio padre dei giri abbastanza lunghi per me, circa 50 chilometri.

Ovviamente da italiano tifo i corridori italiani, ma se gareggia Tadej Pogacar tifo solo e soltanto per lui. Tifo per lui da quando si è dimostrato uno dei giovani più forti, quindi intorno al 2020, l’anno in cui vinse il suo primo Tour de France. Ma già da quando esordì come professionista, cioè nel 2019, avevo capito che da lì a pochi anni sarebbe diventato un fenomeno, oppure come dicono i telecronisti un “exaterrestre”.

Pogacar oltre ad essere un ciclista molto giovane (25 anni) in cui si rispecchiano molti ragazzi, è anche una persona che ha “molto cuore”. Lo ha dimostrato nella sedicesima tappa del Giro di Italia 2024 (21 maggio) quando, dopo aver recuperato un altro corridore, è andato a vincere la tappa. E a quello stesso ciclista, ha regalato maglia e occhiali. Dal quel momento appena penso a lui mi viene voglia di andare in bici e mi sento molto fortunato a vivere l’apice della sua carriera.

Simone Ponzani