Tour of the Alps: viaggio in 5 tappe sulle strade dell’Euregio

21.11.2023
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Autunno, tempo di presentazioni. Così oggi a Milano è stato sollevato il velo sul Tour fo the Alps, giunto alla 47ª edizione: corsa che, come poche altre, è capace di coniugare sport e turismo. Ancora una volta infatti il racconto del territorio è stato proposto con pari dignità rispetto al racconto delle tappe, a conferma che questo sport può trovare una seconda giovinezza nella collaborazione con le regioni in cui si svolge.

Il prossimo anno la corsa parte da Egna. Si passa poi per due giorni in Austria con i traguardi di Stanz e Schwaz. E si conclude in Valsugana a Borgo Valsugana e Levico Terme. Nel mezzo, come detto, i territori dell’Euregio (Tirolo, Alto Adige e Trentino) mostrati e animati nelle loro bellezze e le particolarità che li rendono unici. Forte del nuovo accordo con Infront, quest’ultimo aspetto avrà un momento di grande risonanza proprio grazie alla Bike Experience voluta proprio da Infront per spiegare l’evento e sensibilizzare l’opinione pubblica su temi di interesse generale, che culmineranno nell’ultima giornata con una pedalata alla presenza di alcuni grandi testimonial.

Architetture, culture, tradizioni cucite con il filo magico del ciclismo: questo è il Tour of the Alps
Architetture, culture, tradizioni cucite con il filo magico del ciclismo: questo è il Tour of the Alps

Il percorso

Come di consueto e vista l’orografia dei territori attraversati, la corsa sarà vivace e ancora una volta si atterrà alla regola scolpita dal GS Alto Garda: solo tappe brevi e stuzzicanti. Ciò consentirà nuovamente agli atleti dei 20 team partecipanti di esprimersi al meglio senza che siano bloccati dallo spauracchio dei 200 chilometri.

Leggendo le carte della corsa, si parte dalle coltivazioni della Strada del Vino dell’Alto Adige. Si passa poi in Tirolo nella bassa valle dell’Inn. Si finisce in Valsugana con l’inedita Strada dei Baiti, versante molto impegnativo del Passo del Vetriolo. Totale di 709,3 chilometri (141,8 la lunghezza media delle 5 tappe), con 13.250 metri di dislivello.

TappaDataPartenza-ArrivoDistanzaDislivello
1ª tappa(15/4)Egna-Cortina sulla Strada del Vinokm 133,3mt 2.069
2ª tappa(16/4)Salorno-Stanskm 189,1mt 2.510
3ª tappa(17/4)Schwaz-Schwazkm 127mt 2.360
4ª tappa(18/4)Laives-Borgo Valsuganakm 141,3mt 3.830
5ª tappa(19/4)Levico Terme-Levico Termekm 118,6mt 2.490

L’Alto Adige

Come già accennato in precedenza, ci si muove su tre territori ben distinti ciascuno dalle sue prerogative. L’Alto Adige ha da tempo eletto la bicicletta a destinazione privilegiata, Bolzano è una vera capitale delle due ruote e i servizi per ciclisti non mancano. Il progetto Alto Adige Pedala spinge nel senso della mobilità dolce.

La Bikemobil Card, ad esempio, si può richiedere in tutta la Provincia di Bolzano e permette di prendere autobus, treni e di accedere a punti di noleggio che ci trovano lungo la linea ferroviaria.

La rete ciclabile del fondovalle misura 600 chilometri, con 1.900 percorsi a misura di mountain bike e tutti i passi dolomitici e alpini a disposizione degli amanti della bici da corsa. Il territorio è anche attraversato da alcune delle direttrici più rinomate, come la Via Claudia Augusta, la Monaco-Venezia e la ciclabile a lunga percorrenza Eurovelo 7, che unisce in un unico profondo respiro Capo Nord a Malta.

In parallelo si distinguono i percorsi cicloturistici a tema, come i Wine and Bike, che uniscono il ciclismo all’enogastronomia.

Si attraversano zone montuose che ad aprile possono ancora presentarsi così (foto Tour fo the Alps)
Si attraversano zone montuose che ad aprile possono ancora presentarsi così (foto Tour fo the Alps)

Il Tirolo

La corsa entrerà in Tirolo attraverso il passo del Brennero. E anche se i corridori non avranno probabilmente modo di rendersene conto, entreranno in una regione maestosa quanto a possibilità per il cicloturismo. Si parla di 6.400 chilometri di percorsi per mountain bike (il solo Bike Trail Tirol ne misura 1.000), 330 chilometri di single track, 1.000 chilometri di percorsi cicloescursionistici.

Per chi ama la bici da strada, la proposta delle “Great Rides” è un invito a nozze. Si tratta infatti di 10 itinerari di grandi dislivelli, viste panoramiche e discese da grandi… manici. Anche qui non mancano eventi, manifestazioni e la possibilità di scoprire la gastronomia e i celebri dolci della tradizione austriaca.

La sicurezza è da sempre un puntiglio e un fiore all’occhiello del Tour of the Alps (foto Mattia Finotto)
La sicurezza è da sempre un puntiglio e un fiore all’occhiello del Tour of the Alps (foto Mattia Finotto)

Il Trentino

Il Tour of the Alps 2024 si conclude in Valsugana, territorio già avvezzo ad ospitare eventi e gare, ma che questa volta offre scorsi inediti alla corsa e di riflesso a chi vuole servirsene per esplorare la regione.

La Valle dei Mocheni, con il doppio passaggio a Palù del Fersina farà entrare la corsa in un mondo a parte: celebre per la cultura che risente della minoranza tedesca, che si insediò nei primi anni del 1300 quando vi giunsero dalla Boemia i canopi, minatori specializzati che sfruttavano le risorse locali e per questo non ebbero mai buoni rapporti con le popolazioni locali. La valle è costellata di baite, masi e gruppi di case sparse, senza un vero centro abitato di riferimento. Un trionfo della natura, dove l’opera dell’uomo è riconoscibile nell’allevamento e nell’agricoltura. Palù del Fersina, il centro di riferimento, sorge a 1.360 metri di quota.

Tra i fornitori ufficiali, l’Acqua Eva, che sgorga ad alte quote (foto Svoboda Jaroslav)
Tra i fornitori ufficiali, l’Acqua Eva, che sgorga ad alte quote (foto Svoboda Jaroslav)

I partner

In questo microcosmo fatto di bellezza, economia e natura, il vero capolavoro degli organizzatori sta nell’aver coinvolto sponsor locali. Marchi come Melinda, la Cassa Centrale Banca, SPORTLER e Autostrade del Brennero, i vini della Val di Cembra e l’Acqua Eva, cui sono affiancati da anni Alé, Vittoria e Suzuki.

I prossimi passi saranno la definizione delle squadre (fra le 20 previste al via, circa la metà sarà WorldTour) e altre iniziative che saranno messe in campo grazie alla collaborazione con Infront.

Tour of the Alps-Infront: cinque anni per crescere ancora

29.09.2023
4 min
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Se è vero che quella sui diritti televisivi è una delle trattative più calde nel professionismo mondiale, vale la pena far notare che ancora una volta il Tour of the Alps si è smarcato, mettendo a segno un importante colpo nel segno della crescita. Infatti il GS Alto Garda, che lo organizza, ha siglato un accordo quinquennale di collaborazione con Infront Sports & Media, azienda di riferimento nel mondo dello sport professionistico, in tema di diritti media, marketing e produzione audiovisiva.

Al vertice del GS Alto Garda ci sono Giacomo Santini, a sinistra, e Maurizio Evangelista
Al vertice del GS Alto Garda ci sono Giacomo Santini, a sinistra, e Maurizio Evangelista

Due soggetti che crescono

Il Tour of the Alps è una delle corse che più cura temi come sicurezza, impatto ambientale e ricerca dello spettacolo della corsa, mediante scelte tecniche che incoraggino i corridori a cercare il bel gesto, piuttosto che a restare passivi nel gruppo. Infront per contro è un soggetto già piuttosto attivo nel mondo del ciclismo, anche se ha consolidato la sua forza nello sci, detenendo da oltre vent’anni in esclusiva la distribuzione degli eventi di Coppa del mondo di Sci.

Iniziò a far parlare di sé nel 2013, quando si aggiudicò la produzione dei mondiali di Firenze. Dal 2016 è partner di Velon, con cui raggiunse un accordo decennale. Nel 2021 ha firmato la collaborazione con il Tour de Pologne che andrà avanti anche nel 2024. Più di recente ha raggiunto un accordo con Flanders Classics, organizzatore del Giro delle Fiandre e delle principali corse del Belgio, con Cycling Unlimited, che organizza fra le altre anche il Giro di Svizzera, e con PP Sport Events di Pippo Pozzato.

Il Tour of the Alps si muove nell’Euregio, che comprende il Trentino, l’Alto Adige e il Tirolo Austriaco
Il Tour of the Alps si muove nell’Euregio, che comprende il Trentino, l’Alto Adige e il Tirolo Austriaco

Comunione di intenti

Già quest’anno, fra l’azienda che ha base in Svizzera e il Tour of the Alps era iniziato un rapporto di collaborazione legato all’area marketing. Si intuiva che si trattasse di una fase di studio e gli esiti positivi dell’esperienza hanno convinto le due parti a spingere sull’acceleratore, mettendo nel mirino obiettivi più importanti. L’accordo fra Tour of the Alps (che fino a quest’anno era stato prodotto da PMG Sport) ed Infront inizierà con il Tour of the Alps 2024, in programma dal 15 al 19 aprile.

«L’accordo di lungo termine con Infront – ha commentato Giacomo Santini, presidente del GS Alto Garda – rappresenta il riconoscimento della credibilità che il Tour of the Alps ha saputo costruirsi negli anni, in virtù dell’ottimo lavoro della sua struttura organizzativa. Il coinvolgimento di un così prestigioso player globale ci apre ancora di più al contesto internazionale, naturale riferimento strategico dei territori – Trentino, Alto Adige e Tirolo – che a questo progetto hanno dato anima e sostanza. La collaborazione con Infront nasce sotto i migliori auspici, grazie all’ottimo rapporto che si è instaurato, e ci dà modo di guardare al futuro con ancora maggiore serenità».

Alessandro Giacomini è il Managing Director di Infront Italy (foto Ciamillo)
Alessandro Giacomini è il Managing Director di Infront Italy (foto Ciamillo)

Divisione di competenze

L’accordo, annunciato alla metà di settembre, consente a Infront di acquisire in esclusiva tutti i diritti di sfruttamento e trasmissione del Tour of the Alps, oltre ai diritti commerciali e promo pubblicitari. L’organizzazione della corsa invece manterrà in via diretta i rapporti promozionali con gli Enti partner dell’evento e con i partner storici, con cui il legame si è ormai consolidato nel corso delle 47 edizioni della corsa (fino al 2016 Giro del Trentino). 

«Siamo molto soddisfatti di poter annunciare l’accordo con il Tour of the Alps – ha spiegato Alessandro Giacomini, Managing Director di Infront Italy – non solo perché rappresenta di per sé un evento di grande prestigio, ma anche perché contribuisce a rafforzare la nostra presenza nel settore. Il nostro portfolio ciclistico comprende infatti numerosi eventi di primo livello, tra i quali il Giro delle Fiandre, il Tour de Suisse, il Giro del Veneto, la nuova Veneto Classic e la Serenissima Gravel.

«Come Infront stiamo puntando con convinzione sul settore e siamo certi che il Tour of the Alps sia un’importantissima occasione per mettere in luce le nostre competenze sia dal punto di vista della produzione TV, dell’intermediazione dei diritti media e della gestione degli sponsor. Grazie alle competenze di GS Alto Garda nella gestione della parte sportiva, siamo certi che riusciremo a dare un forte impulso alla riconoscibilità di questo evento e al suo prestigio, sia a livello nazionale, sia internazionale».

Tour of the Alps
Infront Italy

E’ Felt il main sponsor della nazionale austriaca

25.05.2023
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Il Tour of the Alps è da alcuni anni una sorta di “antipasto” del Giro d’Italia, una gara che serve da ultima rifinitura in vista della Corsa Rosa. In occasione dell’edizione 2023 del TotA non è certo passata inosservata la presenza di un team particolare. Stiamo parlando della nazionale austriaca di ciclismo che ha fatto il suo debutto al Tour of the Alps sfoggiando su maglia e pantaloncini il logo Felt.

La presenza sulla divisa della nazionale austriaca del brand californiano è il risultato di un ulteriore step nel rapporto di collaborazione fra Cycling Austria, la Federazione Ciclistica Austriaca, e Pierer Mobility. Quest’ultima è ormai una realtà di riferimento nel mondo della mobilità elettrica su due ruote, tanto da annoverare nel suo portfolio brand come GASGAS e Husqvarna E-Bicycles, ai quali di recente si è aggiunto proprio Felt.

Il nome Felt era presente sul fianco delle divise utilizzate dai corridori della nazionale austriaca al Tour of the Alps
Il nome Felt era presente sul fianco delle divise utilizzate dai corridori della nazionale austriaca al Tour of the Alps

Cuore austriaco

Pierer Mobility ha la sua sede in Austria, aspetto questo che ha sicuramente facilitato il rafforzamento della collaborazione con Cycling Austria. L’accordo, nato nel 2021, è stato rinnovato e ampliato nel corso del 2023, andando a interessare il ciclismo su strada e quello su pista.

Il nuovo accordo raggiunto con Felt è stato accolto con queste parole da Harald J. Mayer, presidente di Cycling Austria: «Con questa partnership – ha dichiarato – le attività sportive di Cycling Austria si rafforzano in modo significativo e si evidenzia il legame tra un’azienda industriale austriaca di alto livello e la Nazionale. Siamo lieti di aver rinnovato l’accordo stipulato nel 2021 e che il marchio più giovane del gruppo Pierer Mobility abbia deciso di seguirci, dimostrando così la nostra importanza come interessante partner in questo settore».

A queste dichiarazioni hanno fatto eco le parole di Federico Macario, responsabile del marketing globale di Felt: «Sostenere la Federazione Ciclistica Austriaca – ha commentato – è innanzitutto un grande onore prima ancora che un’operazione pubblicitaria. Felt fa parte del Gruppo Pierer e l’Austria è ormai la nostra casa. Proprio per questo vogliamo aiutare la Federazione a crescere e, allo stesso tempo, fornire agli atleti austriaci di tutte le discipline ciclistiche le migliori infrastrutture. Tuttavia, con Cycling Austria le competizioni sono solo una faccia della medaglia: insieme vogliamo lavorare allo sviluppo di nuovi progetti di mobilità e di campagne di educazione alla sicurezza stradale». 

Quest’anno il Tour of the Alps partiva dall’Austria, da Rattenberg, questi sono i corridori della nazionale durante la presentazione dei team
Quest’anno il Tour of the Alps partiva dall’Austria, da Rattenberg, ecco i corridori di casa durante la presentazione dei team

Buona la prima

Al suo debutto con il logo Felt presente su maglia e pantaloncini, la nazionale austriaca non ha deluso le aspettative. Al Tour of the Alps gli atleti austriaci hanno infatti ben figurato. Grazie alle cinque vittorie negli sprint intermedi e al maggior numero di chilometri in fuga, Moran Vermeulen è stato uno degli atleti più in vista del team Austria. Vermeulen ha inoltre indossato la Maglia Rossa a punti di miglior “sprinter” dall’inizio della seconda tappa fino all’ultima, arrendendosi solo a Tao Geoghegan Hart, vincitore dell’edizione 2023 del Tour of the Alps. 

A livello di curiosità, ricordiamo che in questo 2023 i piloti MotoGP Brad Binder e Jack Miller del Red Bull KTM Factory Racing Team, stanno pedalando su bici da strada Felt. 

FELT

Pierer Mobility

De Plus, signori: l’asso nella manica della Ineos

09.05.2023
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Nel backstage di queste primissime tappe del Giro d’Italia, il nome di Laurens De Plus ricorre spesso. Dicono sia l’arma in più della Ineos Grenadiers. Il luogotenente che dovrà supportare i capitani del team Thomas e Geoghegan Hart appena la strada si rizzerà sotto le ruote e magari, insieme a Dennis, permettere loro di mettere in crisi Evenepoel e Roglic. La curiosità sta nel fatto che questo, se da una parte gratifica il belga da molti ritenuto il migliore in questo ruolo, dall’altro non è ciò per cui era passato professionista.

Le sue ambizioni erano ben altre, ma quando si passa una stagione dopo l’altra a fare i conti più con gli infortuni che con le corse, quando il tuo curriculum di vittorie inizia a languire, devi saperti adattare. De Plus lo ha fatto, pagando anche un prezzo.

Al Tour of the Alps sono state fatte le vere prove generali per il Giro. De Plus ha lavorato tantissimo
Al Tour of the Alps sono state fatte le vere prove generali per il Giro. De Plus ha lavorato tantissimo

La discesa del Sormano

Era il 2017 quando al Lombardia, nella discesa dal Sormano, De Plus volò oltre il guardrail fratturandosi un ginocchio. Neanche il tempo di riprendersi che nel ritiro prestagionale della Quick Step in Sud Africa un camion andò addosso al loro gruppo. Vakoc ci rimise la spina dorsale e un anno intero di dolori e fisioterapia, lui “se la cavò” con la frattura di bacino e osso sacro, ripartendo solo a maggio.

Può bastare? Macché. Nel 2019, passato nel frattempo alla Jumbo-Visma che voleva investire su di lui come uomo di punta, aveva vissuto un’ottima stagione vincendo il Benelux Tour e dando un grande supporto a Kruijswijk nella conquista del podio al Tour, ma ecco che nel 2020 un’infezione lo mette completamente a terra. Com’era avvenuto con la Quick Step, anche il team olandese non ha la pazienza di aspettare.

De Plus spesso ci ha ripensato e facendo appello al suo ottimismo, quando ne parla cerca di guardare il bicchiere mezzo pieno: «Era una stagione assurda, con tutto concentrato in tre mesi, io sono riuscito a tornare in gara proprio alla fine e perlomeno ho avuto la soddisfazione di condividere la vittoria di Roglic alla Liegi. E’ stato un bel modo per andarmene».

La terribile caduta nella discesa del Sormano. L’inizio di un calvario segnato dalla sfortuna
La terribile caduta nella discesa del Sormano. L’inizio di un calvario segnato dalla sfortuna

Il giusto peso alle cose

Tante traversie che non potevano non avere qualche influsso sul corridore belga. Lui stesso ammette che è una persona profondamente diversa da quella che nel 2016 si affacciò nel mondo dei professionisti.

«Ho imparato a dare il giusto peso alle cose – ha raccontato a Cyclingnews – a mettere le priorità al loro posto. Ad esempio non so neanche esprimere il piacere che provavo, quando mi sono ripreso dalle fratture, nello stare con la mia famiglia senza avere l’incombenza della visita del dottore… Ho capito che ci sono valori che prevalgono. Amo questo mestiere, non avrei continuato altrimenti, ma lo guardo in maniera disincantata, pensando a fare il mio dovere per favorire gli altri».

Due anni per il belga in casa Jumbo-Visma. Approdato con ben altre ambizioni, non ebbe possibilità
Due anni per il belga in casa Jumbo-Visma. Approdato con ben altre ambizioni, non ebbe possibilità

Il periodo dell’isolamento

Paradossalmente, più che gli incidenti e le fratture, è stato il virus del 2020 a metterlo in crisi. Era diventato un altro: isolato da tutti, non rispondeva neanche ai messaggi. Comunicazioni laconiche quanto necessarie con il team, pochi che avevano notizie delle sue condizioni.

«Non avevo niente da dire – ricorda – questa è la verità. Forse sono sembrato supponente ed egoista, non è da me, ma quello era un periodo particolare. Dopo tante sofferenze, dopo tanta sfortuna avevo bisogno di isolarmi e stringermi alla mia famiglia, tanto è vero che sono tornato a casa dei miei genitori. Sentivo che il corpo mi richiedeva tempo, riposo, stasi. Psicologicamente allora era molto difficile vedere che gli altri viaggiavano, correvano, vincevano e io ero fermo, ma non poteva essere altrimenti, dovevo dare tempo al mio fisico di riprendersi».

Quel periodo però gli ha dato una nuova dimensione di sé che gli è servita nell’approdo alla Ineos, della quale è diventato una colonna portante e vuole dimostrarlo al Giro, la prima grande corsa a tappe affrontata da quattro anni a questa parte. Nelle ore di vigilia De Plus ha rivelato un particolare importante, che si poteva anche desumere dalle starting list delle varie gare primaverili, ma nelle sue parole si va molto oltre.

De Plus ha rivelato che il team al Giro è stato costruito con molto anticipo. Qui è con Sivakov e Thomas
De Plus ha rivelato che il team al Giro è stato costruito con molto anticipo. Qui è con Thomas

Un team cementato da mesi

«La squadra del Giro è stata costruita nel tempo – ha raccontato De Plus – abbiamo fatto il ritiro insieme a Sierra Nevada ed eravamo insieme al Tour of the Alps. E’ servito per cementare il gruppo, abbiamo un team equilibrato fatto di gente che si conosce nel profondo e che ha passato tanto tempo insieme, non solo in corsa. Io posso e voglio dare una mano quando servirà, sulle Alpi ho acquisito fiducia, sono stato molto soddisfatto delle mie prestazioni.

«Alla Ineos ho trovato la mia dimensione – prosegue il ventisettenne di Aalst – d’altronde qui aveva già lavorato mio fratello e c’è un amico che opera come meccanico. Tante piccole cose che mi hanno convinto della mia scelta. E comunque, sarò anche luogotenente, ma ho licenza di colpire quando si può. Mi piacerebbe farlo in una gara di casa, in Belgio, ma se capita al Giro perché no?».

Tejay in ammiraglia per tentare il colpaccio con la EF

02.05.2023
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BRUNICO – Il preannunciato dualismo Evenepoel-Roglic che dovrebbe attirare l’attenzione maggiore al Giro d’Italia potrebbe essere spezzato da tanti altri contendenti. Leggendo la lista dei partenti, non mancano le formazioni che possono inserirsi nella lotta al podio finale. Fra queste c’è la EF Education-EasyPost che con i suoi uomini ha tutte le credenziali per sparigliare le carte in tavola.

Sull’ammiraglia rosa del team statunitense ci sarà Tejay Van Garderen (in coppia con Matti Breschel), uno che di gare a tappe se ne intende. Il 35enne nativo di Tacoma, comune dello Stato di Washington, è diventato diesse della squadra con cui ha chiuso la carriera e con la quale vuole provare ad arrivare dove non è riuscito lui. Al recente Tour of the Alps lo abbiamo incrociato ogni giorno, scambiandoci più di una chiacchiera. Ne è saltato fuori un quadro generale sulla sua nuova vita e sull’imminente Giro.

Van Garderen sta lavorando a stretto contatto con Carthy e spera possa fare una grande carriera
Van Garderen sta lavorando a stretto contatto con Carthy e spera possa fare una grande carriera

Avvicinamento al Giro

La stagione della EF Education-EasyPost si può già ritenere molto buona. Dieci vittorie (aperte da Bettiol in Australia) ottenute con sette atleti diversi, senza contare i quattro titoli nazionali tra Sudamerica e Sud Africa vinti con altrettanti corridori. L’ultimo appuntamento prima del Giro è stato proprio il “TotA”.

«Il nostro Tour of the Alps – racconta Van Garderen – è andato alla grande. La Ineos-Grenadiers è stata super forte, ma ognuno dei nostri ragazzi ha provato a mettere in piedi una bella sfida con loro e con le altre squadre. Abbiamo chiuso la generale con il secondo posto di Carthy ed il quarto di Cepeda. Poi all’ultima tappa abbiamo messo la ciliegina sulla torta con la vittoria di Carr e la seconda piazza di Steinhauser. Quindi non abbiamo molto di cui lamentarci. Al Giro sappiamo che sarà tutto diverso, ma abbiamo finito con diverse indicazioni interessanti».

Rigoberto Uran sarà l’altra punta per la generale al Giro, dove ha ottenuto due podi e due vittorie di tappa (foto EF Education/Getty)
Rigoberto Uran sarà l’altra punta per la generale al Giro, dove ha ottenuto due podi e due vittorie di tappa (foto EF Education/Getty)

Obiettivo rosa

Storicamente la EF ha sempre sfoggiato livree ad hoc e molto originali per i grandi Giri. Anche se non c’è alcuna ufficialità, facile attendersi qualche cambiamento cromatico sui due blocchi di tonalità rosa che caratterizzano la loro maglia di gara durante l’annata. Ovviamente Van Garderen e soci si augurano che il rosa possa essere il colore da indossare il 28 maggio a Roma.

«Al Giro – spiega Tejay in modo molto semplice – avremo obiettivi multipli anche se quello principale sarà la classifica generale. La cureranno Carthy e Uran, che partono come capitani mentre un cacciatore di tappe sarà senz’altro Cort Nielsen. Dobbiamo ancora sciogliere qualche riserva per la nostra formazione. Di sicuro c’è che avremo più di una direttiva e più di una pressione da parte del diesse numero uno (Charlie Wegelius è il responsabile del reparto, ndr). Studieremo diverse tattiche di gara in base agli uomini che porteremo e giorno dopo giorno. Ci saranno sicuramente corridori che dovranno lavorare per le nostre punte. Siamo fiduciosi perché tutto è possibile».

Erede in corsa

Se Uran, pur avendo perso lo smalto dei giorni migliori, rappresenta un “usato sicuro” grazie ai podi ottenuti anni fa a Giro e Tour, Carthy può considerarsi ancora un atleta da scoprire nonostante abbia già 28 anni. Il magro “lungagnone” britannico vorrebbe ripetere il terzo posto finale della Vuelta 2020 e contemporaneamente migliorare la quasi progressiva escalation di piazzamenti nella top ten al Giro.

«Hugh mi somiglia molto fisicamente – prosegue Van Garderen con un mezzo sorriso sulle labbra – ma non credo possa essere considerato un mio erede. Siamo simili, ma alla fine abbiamo caratteristiche un po’ diverse. Lui è decisamente molto più scalatore di quanto lo fossi io, mentre io andavo più forte a cronometro. Relazionandomi con lui però ho potuto capire come si sente in corsa, come gli piace correre. Spero potremo continuare in questo modo. So che mi renderà super felice e sinceramente spero che possa avere una carriera migliore della mia. Sono contento e orgoglioso di quello che ho fatto, ma ormai appartiene al passato. Il mio obiettivo del presente è rendere più sicure altre persone col mio lavoro e far ottenere loro, come ad esempio a Hugh, più successi possibile».

Hugh Carthy al Giro vuole salire sul podio come alla Vuelta 2020 (foto EF Education/Getty)
Hugh Carthy al Giro vuole salire sul podio come alla Vuelta 2020 (foto EF Education/Getty)

Vita da diesse

Fa un certo effetto vedere Van Garderen nel ruolo di diesse. Sembra ancora un corridore, tra le fila della EF ha un paio di ragazzi più vecchi di lui e non ce lo immaginiamo mentre rimbrotta severamente i suoi a fine gara. Ma è solo una questione di approcci ad un nuovo impiego.

«Mi piace tanto fare il diesse e mi diverto – continua nella spiegazione l’attuale diesse della EF Education – mi sembra di essere un regista, che deve essere un po’ audace. Sento che è un lavoro in cui posso sia portare la mia esperienza da atleta e sia impararla da chi fa questo mestiere da più tempo di me. Posso aiutare i miei corridori per la loro carriera. Sto insegnando a loro tante cose. Quale può essere la tattica più facile o come gestire la pressione. Oppure ancora a non preoccuparsi di quello che fanno o dicono gli altri. Devono concentrarsi su se stessi. Tutte cose che ho imparato dalla mia carriera. Chissà cosa avrei potuto fare diversamente se avessi avuto più saggezza o esperienza. Questo è importante da far capire ai corridori di oggi».

La gioia di Ortisei

Le frazioni del Tour of the Alps suscitano ricordi al Van Garderen corridore. Lui ha disputato solo due volte il Giro d’Italia perché era più adatto ai disegni del Tour de France (nove partecipazioni e due quinti posti finali) ma il successo più bello lo ha conquistato da noi. E’ il 25 maggio del 2017, Van Garderen si scalda sui rulli di nascosto dagli occhi indiscreti dietro al bus dell’allora BMC perché vuole andare in fuga già al pronti-via. Ha le ultime possibilità per dare un cenno di presenza a quella edizione del Giro.

«Amo assolutamente questa zona in cui ho vinto – conclude Tejay mentre con lo sguardo sembra indicare tutte le montagne attorno – pensate che quando ho finito la mia carriera ho fatto due camps proprio in cima a Passo Gardena. Amo le Dolomiti. Quel giorno di sei anni fa ho conquistato una tappa bellissima con Pordoi, Falzarego, Valparola e Gardena. Non avevo una grande condizione in quel periodo. Avevo sofferto tanto in tutte le tappe ma ero riuscito a finire con una buona forma, trasformando quella tappa in un giorno speciale. Da allora questi posti hanno un posto speciale nel mio cuore».

Ultime sgambate prima del Giro. Un giorno a casa Covili

30.04.2023
8 min
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S. ANTONIO DI PAVULLO – Gli incontri a casa dei corridori sono sempre un’occasione per scoprire le curiosità delle loro zone di allenamento. Perché il ciclista nasce per pedalare ma cresce diventando un esploratore. L’altopiano modenese di Pavullo nel Frignano è il territorio di Luca Covili, che possiamo anche considerarlo guida turistica di un’area ben più vasta. Quando non è in ritiro, lui sa che strade andare a cercare attorno a sé per preparare gli appuntamenti più importanti.

Fra meno di una settimana parte il Giro d’Italia e noi facciamo una visita a domicilio del 26enne della Green Project Bardiani CSF Faizanè. Quest’anno lui punta a curare un po’ di più la classifica, o quanto meno migliorare quella dello scorso anno. Ci incontriamo nel giorno in cui lui deve uscire con la bici da crono per alcuni lavori specifici. Ci condividiamo la posizione in tempo reale e intercettiamo Covili a pochi chilometri da casa su un tratto di strada celebre per un altro sport. Sta facendo ripetute sui falsopiani di Coscogno dove c’è uno degli undici impianti provinciali riconosciuti dalla federazione del lancio del ruzzolone. Modena è la capitale di questo antico gioco (che tutti in realtà conosciamo se ci riflettiamo bene) e quassù si sono svolti più volte i campionati nazionali con una partecipazione piuttosto sentita.

Compagno di allenamento

La giornata è calda, c’è bel tempo ma non il cielo non è nitido. Un vero peccato perché dalla porta di casa Covili si sarebbe visto ancora meglio il Cimone. Assieme a Luca c’è anche Stefano Masoni, classe 2002 della Technipes #inEmiliaRomagna, anche lui di Pavullo. Compatibilmente ai loro impegni, si trovano spesso per allenarsi pur rispettando le proprie tabelle di lavoro. Stefano, ormai alla fine del suo allenamento, abita vicino allo scalatore della Green Project e lo scorta fino davanti alla sua abitazione.

«Quest’anno ci stiamo allenando di più insieme – spiega Masoni – e ho notato fin da subito la crescita di Luca in tanti particolari. Anzi, spinge forte e in salita lo lascio andare anche perché per fortuna mia ho lavori diversi dai suoi da fare (sorride, ndr). Si è impegnato tanto in vista del Giro. Forse il suo punto debole resta la crono ma ha lavorato sodo anche sulla specialità e in quella finale della Coppi e Bartali non è andato così male. Luca quando ha la gamba può andare bene dappertutto».

Al Tour of the Alps, Covili ha centrato la fuga all’ultima tappa chiudendo sesto e traendo buone indicazioni
Luca prendiamo spunto dalla crono. Come hai curato questo esercizio?

Sto usando tanto la bici da crono e mi sono accorto immediatamente dei miglioramenti. Più la uso e meno mi fanno male quei muscoli che, vista la posizione più schiacciata, solitamente mi davano fastidio. Mi alleno sempre nella piana in cui eravamo prima. Alla fine qui ci sono posti in cui poter sviluppare certi lavori. Faccio sedute da un’ora e mezza e ogni tanto cambio bici finendo con un po’ di dietro motore. Adesso mi sento a mio agio su quel tipo di bici, anche dal punto di vista mentale cercando di restare sempre concentrato

Al Giro ci saranno tre prove contro il tempo, di cui l’ultima in salita più adatta a te. Ti spaventano?

Con la squadra partiremo il 3 maggio e nei giorni successivi faremo la ricognizione della crono inaugurale di Fossacesia Marina. Sono quasi 20 chilometri di pista ciclabile da fare a tutta su un tracciato molto veloce e ondulato nel finale. Avrò subito qualche indicazione su di me. Quella di Cesena sarà altrettanto veloce ma per specialisti. Saranno 35 chilometri e solo nel 2019 alla Riccione-San Marino avevo fatto una distanza simile, pagando tanto. Spero che quest’anno vada meglio (sorride, ndr) limitando di più i danni. Infine quella del Lussari, malgrado sia di poco più di 18 chilometri, durerà più di quella di Cesena. Sarà un altro tipo di sforzo e, sebbene sia molto dura, è forse quella che mi preoccupa di meno. In questi anni sono cresciuto. Solitamente io più vado avanti e meglio sto, perdendo poco in performance. Però si sarà sempre a fine Giro e si sa che bisognerà vedere quante energie uno avrà consumato, anche a livello mentale. Ci penseremo il giorno prima.

Nel 2022 hai chiuso 24° nella generale, quarto italiano, quinto nei giovani. Quest’anno punterai di più alla classifica?

Rispetto ad un anno fa mi basterebbe non prendere una crisi nera da 20 minuti come nella tappa dell’Etna al quarto giorno. Avevo pagato le frazioni in Ungheria, il trasferimento e la ripartenza a gas aperto. La mia intenzione sarebbe quella di perdere il meno possibile in ogni tappa, quanto meno all’inizio. Già nelle prime tappe ci sono arrivi in salita come a Lago Laceno e Campo Imperatore e l’idea è quella di cercare di restare con i migliori. Dovrò essere bravo a non voler strafare perché poi rischi di non averne più dopo. Mi metterò alla prova in qualcosa che ho iniziato a fare da poco. Ovvio che se perderò del tempo dovrò iniziare a recuperarlo.

Andando in fuga, giusto?

Esatto. Una cosa simile, con le dovute proporzioni, l’ho fatto al Tour of the Alps. All’ultima frazione ho cercato di anticipare i tempi con un gruppetto e alla fine sono riuscito a chiudere sesto a Brunico. Al Giro la volontà è di curare la generale ma vedremo dopo la famosa crono di Cesena cosa fare. Non voglio snaturare troppo il mio modo di correre. Se ci sarà l’occasione di andare in una fuga giusta, di quelle in cui ti giochi qualcosa, non me la lascerò scappare. Ad oggi questo tipo di tattica la lascerei per la seconda parte del Giro. Vedremo giorno per giorno.

L’avvicinamento al Giro com’è andato?

Intanto ho fatto l’ultima distanza con buone sensazioni. E’ andato tutto in crescendo, già dalla Coppi e Bartali in poi. Al Tour of the Alps guadagnavo sempre qualcosina ogni giorno in condizione nonostante fossi stato in altura al Teide fino ad una settimana prima. Infatti i primi giorni ero un po’ ingolfato però credo che al Giro dovrei stare abbastanza bene. Questo sarà il mio quarto Giro anche se lo considero il terzo perché quello del 2020 è durato solo un giorno. Mi sento molto maturato rispetto a quattro-cinque anni fa ed anche dal punto di vista della pressione sono riuscito a gestire tutto bene. Non mi sono creato aspettative ed anche l’eventuale cattivo risultato lo contestualizzerei alla fine. Ho sicuramente molti più stimoli che paure. Il Giro è sempre il Giro e ti dà sempre motivazioni forti.

Meglio vincere una tappa o fare un’ottima classifica? Qual è il vero obiettivo di Luca Covili nei giorni di maggio?

Nemmeno da chiedere. La tappa tutta la vita. Non la baratterei mai (risponde ridendo, ndr). Battute a parte, sono entrambi obiettivi legati fra loro ma che, come dicevo prima, valuteremo col passare del tempo. Sappiamo che nelle ultime tappe mosse o di montagna si aprono un po’ di più gli spazi per gli attaccanti. Ne ho parlato con la squadra, mi sento pronto a giocarmi le mie carte e perché no, provare a conquistare una tappa.

Covili è uno scalatore che predilige le salite lunghe. Sta migliorando la sua esplosività su quelle corte
Covili è uno scalatore che predilige le salite lunghe. Sta migliorando la sua esplosività su quelle corte
Nei giovani si parla tanto di ossessioni da risultati. Tra junior e U23 ti sei fatto tanta gavetta vincendo poco anche se non ti sono mancate le soddisfazioni. Che effetto ti fa adesso considerato una delle punte della tua squadra al Giro?

Sicuramente mi muovo meglio in gruppo in generale e so di essere tra i più esperti della Green Project. In realtà però non ci penso tanto perché non mi sento arrivato. Io stesso devo e voglio migliorare ancora perché l’ambizione è quella di arrivare nel WorldTour. Non credo ci sia un insegnamento giusto, posso solo dire però che bisogna continuare a lavorare sodo anche se non sei un fenomeno. So che ci sono momenti in cui ci si demoralizza perché le cose non vanno mai per il verso giusto magari a causa di una caduta o altro. E tuttavia non si deve mollare. Ognuno deve farlo col proprio metodo. Quando le cose mi andavano male, io mi allenavo ancor più costantemente. Lo sto facendo ancora adesso per altri obiettivi.

Radio e giovani corridori: come insegnare ad usarle?

28.04.2023
4 min
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Tiene banco il tema della sicurezza e delle comunicazioni tra diesse e corridori una volta in corsa. Abbiamo sentito il parere di Sagan, e quello di Gasparotto riguardo i nuovi strumenti ed i metodi con i quali vengono utilizzati. Ma per quanto riguarda le radio, i corridori che cosa ne pensano?

Il tre volte campione del mondo aveva sottolineato come troppe comunicazioni distraggano il corridore ed allo stesso tempo creino un enorme stress in gruppo. Soprattutto tra i giovani che si ritrovano bombardati di informazioni e vengono così sopraffatti dal momento.

Pellizzari ha ricevuto tante indicazioni via radio nella tappa del Tour of the Alps con arrivo a Predazzo
Pellizzari ha ricevuto tante indicazioni via radio nella tappa del Tour of the Alps con arrivo a Predazzo

L’esempio Pellizzari

Al Tour of the Alps Giulio Pellizzari, sulle rampe di Passo Pramadiccio, mentre si lanciava alla ricerca della vittoria, continuava a ricevere incitamenti via radio. Ci siamo chiesti allora in che modo venga inserito questo strumento nella vita di un giovane corridore. Ne parliamo con Alessandro Iacchi, classe 1999 in forza al Team Corratec

«Ho fatto in tempo ad utilizzare la radio sia con i professionisti che con gli under 23 – ci dice – la differenza si nota. Rispetto a quando non c’era, si è molto più sicuri in gruppo. Se viene unita alle nuove tecnologie (VeloViewer e ciclocomputer) facilita le comunicazioni. Il diesse ha modo di segnalare i pericoli nei punti cruciali e viceversa».

Gli strumenti sono super accurati, sul ciclocomputer si può caricare il percorso e leggere l’altimetria
Gli strumenti sono super accurati, sul ciclocomputer si può caricare il percorso e leggere l’altimetria
In che modo si insegna ad un corridore giovane come utilizzare questo strumento?

Ti spiegano il funzionamento e come utilizzarlo per parlare. Dal punto di vista tecnico è estremamente facile, schiacci un bottone e sei in contatto con tutti: dai diesse ai tuoi compagni di squadra. 

Come ti spiegano il funzionamento una volta che sei in corsa?

Logicamente mi viene da dire che ti insegnano ad utilizzarla nei momenti importanti della gara. Per quanto riguarda noi corridori, la si usa quando fori, devi andare a prendere l’acqua o devi metterti in comunicazione con un compagno o un diesse. Mi è successo qualche volta di bucare, l’ammiraglia non ti vede a bordo strada e tira dritto. 

Tu hai corso anche senza radio, il modo di interpretare la gara cambia…

Assolutamente. La radio riduce i tempi di comunicazione, e di conseguenza aumenta la sicurezza. Non serve andare ogni volta alla macchina per avere un’informazione e in questo modo si riduce il via vai nel gruppo. 

Alessandro Iacchi compirà 24 anni il 26 maggio. E’ alto 1,70, pesa 59 chili ed è pro’ dal 2020
Alessandro Iacchi compirà 24 anni il 26 maggio. E’ alto 1,70, pesa 59 chili ed è pro’ dal 2020
Però aumenta il nervosismo. 

Questo succede perché alcuni diesse la utilizzano in modo sbagliato a mio modo di vedere. Con gli strumenti che abbiamo possiamo vedere tutto in tempo reale, i ciclomputer ci dicono quanto è lunga una salita e quale sia la pendenza media. Ci avvertono anche quando ci sono delle curve pericolose. 

I ciclocomputer di ora ti segnalano ogni minimo dettaglio del percorso…

Vero. Non servono comunicazioni tecniche, diciamo che è sufficiente ricordare che sta per iniziare una salita. Poi il resto lo vediamo da noi. 

Qual è il modo sbagliato di utilizzare la radio?

Quando la corsa diventa una radiocronaca, ogni minuto hai una voce in testa che ti dice qualcosa. Alla fine diventa fastidioso, soprattutto quando cerchi di concentrarti, che sia in volata o nel leggere il momento giusto della gara. Se il diesse mi parla tutto il tempo, si rischia che la sua voce diventi un brusio di sottofondo e, che tu voglia o meno, non lo ascolti più. 

Fanno eccezione gli eccessi di comunicazione quando si sta raggiungendo un’impresa. Qui Baldato e Marcato dietro Pogacar al Fiandre (immagine Velon)
Fanno eccezione gli eccessi quando si sta raggiungendo un’impresa. Qui Baldato e Marcato dietro Pogacar al Fiandre (immagine Velon)
Qual è secondo te il modo corretto?

Nei momenti concitati della corsa, come quando si forma la fuga, dall’ammiraglia ci dicono subito chi è nel gruppo davanti. In questo modo si possono aggiustare le tattiche in corsa, lì la comunicazione è fondamentale. Un altro esempio è quando il massaggiatore si trova al rifornimento ed inizia a piovere. Lui può avvisare che è cambiato il meteo e noi corridori ci regoliamo di conseguenza. 

Per i giovani allora la radio diventa quasi stressante?

Come detto, dipende da come la si usa dalla macchina. A me troppe comunicazioni non piacciono, altri invece le preferiscono. Però mi sento di dire che a volte è importante ascoltare il gruppo e i suoi rumori.

Tour of the Alps, gruppo affiatato e dettagli al top

24.04.2023
7 min
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PREDAZZO – Quando si dice Tour of the Alps si dice principalmente una gara in preparazione al Giro d’Italia come dimostra la vittoria di Geoghegan Hart con la sua Ineos, ma si intende anche un format che va oltre l’aspetto prettamente agonistico. I tre territori dell’Euregio (Tirolo, Alto Adige e Trentino) dal 2017 ad oggi hanno caratterizzato il percorso evolutivo di quello che era il vecchio Giro del Trentino.

A dirla tutta, bisogna parlare praticamente di due eventi diversi, nonostante la collocazione nel calendario internazionale sia rimasta la medesima. Per scoprire il dietro le quinte dell’organizzazione della corsa, abbiamo sentito Maurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps (foto in apertura). Davanti a noi ci sono i trampolini dello stadio del salto con gli sci “Giuseppe Dal Ben” di Predazzo che saranno teatro delle olimpiadi invernali di Milano-Cortina del 2026.

Il Tour of the Alps è riuscito a coinvolgere a fondo i territori dell’Euregio (Tirolo, Alto Adige e Trentino)
Il Tour of the Alps è riuscito a coinvolgere a fondo i territori dell’Euregio (Tirolo, Alto Adige e Trentino)
Maurizio che tipo di gara è il “TotA”?

Abbiamo ereditato il Giro del Trentino che non riusciva più a reggere da solo un certo tipo di standard. Anche se noi siamo un’altra società, riconosciamo la sua storia e non possiamo rinnegarla. Tuttavia il messaggio che ci era arrivato era quello di allestire una corsa di alta qualità. Siamo partiti bene e credo che ad oggi abbiamo alzato l’asticella ogni anno. Questa è la filosofia della nostra manifestazione. Naturalmente portiamo avanti una nostra idea di gara. Cerchiamo di cadenzare la giornata dell’atleta. Abbiamo tappe con chilometraggi non troppo lunghi, facciamo partenze ad orari comodi e di conseguenza arriviamo presto, anche perché siamo in luoghi in cui ad aprile si trova ancora brutto tempo o neve.

Come gestite o scegliete i transiti sulle montagne della corsa?

Se avete fatto caso, se non in rarissimi casi, non facciamo mai passaggi o arrivi in alta quota perché non servono a nulla in questo periodo. Né all’atleta e le squadre, né agli addetti ai lavori e tantomeno a noi. Ci faremmo un clamoroso autogol se volessimo cercare di arrivare su certe cime. Saremmo costretti a rivedere lo svolgimento della tappa ogni giorno e quindi fare il lavoro due volte, considerando la nostra macchina organizzativa. Molta gente sottovaluta che qua attorno esistono delle signore salite a quote più basse che possono rendere spettacolare ugualmente il Tour of the Alps. Non dobbiamo fare la leggenda, noi dobbiamo fare una corsa moderna.

Renon e massiccio dello Sciliar. Le partenze e gli arrivi del TotA hanno sempre scenari suggestivi
Renon e massiccio dello Sciliar. Le partenze e gli arrivi del TotA hanno sempre scenari suggestivi
Cosa intende?

L’evento non è solo una corsa, ma tutta una serie di attività. Ovviamente abbiamo massimo rispetto per corridori e squadre però vogliamo intrattenere e coinvolgere il pubblico nelle nostre sedi di tappa. Musica, radio ufficiale, stand dei nostri sponsor, delle zone che ci ospitano e tanto altro. Abbiamo la predominanza del colore verde che ad ogni edizione è accompagnato da un altro colore. Quest’anno è il blu, l’anno prossimo sarà l’arancione. Sviluppando questo tipo di cose abbiamo generato un volano di interesse tra le amministrazioni locali. Sono loro adesso che cercano noi, come una sorta di passaparola. Per dire, quest’anno è stata Brunico a chiederci di avere una tappa, spingendo forte più per l’arrivo che la partenza. In questi sei anni siamo riusciti a dare una riconoscibilità al Tour of the Alps. Credo che per noi sia un grandissimo risultato.

Il road-book del TotAe parte del materiale turistico che ogni veniva consegnato in ogni tappa
Il road-book del TotA e parte del materiale turistico che ogni veniva consegnato in ogni tappa
Come sono i rapporti con gli enti territoriali?

Sono diventati buoni. In questa corsa inizialmente era prevalentemente solo il Trentino ad avere un certo tipo di tradizione col ciclismo mentre Tirolo e Sud Tirol non erano molto coinvolti. Abbiamo dovuto far percepire a queste altre zone dell’Euregio cosa volevamo portare a casa loro. In questi anni hanno visto il nostro impianto organizzativo, che si basa su tante persone che hanno saputo fare squadra in modo affiatato come noi richiediamo. Ed anche questo piace alle amministrazioni. Ma c’è anche un’altra cosa che mi rende molto contento.

Quale?

La collaborazione tra enti e sponsor. In questi anni abbiamo messo in contatto realtà che prima non si conoscevano fra loro. Il Tour of the Alps ha un certo di tipo di esigenze organizzative e le istituzioni con cui lavoriamo hanno sempre saputo soddisfarle. Noi cerchiamo sempre di partire da zone molto vicine in cui siamo arrivati per facilitare il compito di tutti. Da lì in avanti molte di queste amministrazioni si sono attivate autonomamente per confrontarsi con quelle delle annate precedenti o della stessa edizione per cercare di fare qualcosa in più per noi. I comitati di tappa prendono spunto da altri. Poi loro quasi ogni sera, con altre associazioni locali, organizzano per noi un rinfresco con prodotti del posto, distribuendo anche materiale informativo turistico. Da queste parti ci tengono particolarmente anche se sono posti conosciuti in tutto il mondo. E per noi è più semplice lavorare.

Al TotA ogni comitato di tappa organizza una cena o un rinfresco con prodotti tipici locali (foto Finotto)
Al TotA ogni comitato di tappa organizza una cena o un rinfresco con prodotti tipici locali (foto Finotto)
C’è qualcosa che contraddistingue il vostro gruppo di lavoro?

Innanzitutto va detto che noi muoviamo complessivamente una carovana di circa 600 persone, quindi diventa più facile gestire tutto. Però, viste le nostre dimensioni, direi che cerchiamo di curare i dettagli pur sapendo che difficile mantenere un certo di livello. Altro esempio, in sala stampa cerchiamo di non far mancare nulla a chi segue la corsa. E tra l’altro mi ha fatto molto piacere averla vista piena in questi giorni, soprattutto di testate straniere. Questo è per tornare al discorso che facevo prima. La gara ci interessa, ma ci interessano anche altri aspetti che non possono più prescindere in una manifestazione. Naturalmente sommando il tutto in paesaggi del genere, anche il prodotto televisivo diventa e resta molto interessante.

Sala stampa. Per i giornalisti italiani e stranieri c’è sempre un buonissimo trattamento (foto Tour of the Alps/Sprint)
Sala stampa. Per i giornalisti italiani e stranieri c’è sempre un buonissimo trattamento (foto Tour of the Alps/Sprint)
La reputazione del Tour of the Alps è ormai assodata. Vi manca però non avere al via i cosiddetti fenomeni di questa generazione?

Noi siamo felici e orgogliosi dei vincitori e dei partecipanti alla nostra corsa. Sono tutti corridori che vengono da noi in preparazione al Giro d’Italia o per fare una esperienza di qualità. Anzi facendo finire la gara di venerdì, molti di loro hanno sempre avuto la possibilità di rifinire la condizione per la Liegi-Bastogne-Liegi, per fare l’ennesimo esempio che ci riguarda. Detto questo, è ovvio che mi piacerebbe avere al via Evenepoel o Pogacar. Ho un po’ di anni di ciclismo alle spalle e per me questo è il più bel ciclismo che abbia mai visto. Questi fenonemi se le danno di santa ragione e appena tagliano il traguardo si fanno reciprocamente i complimenti. Questo è lo spirito che piace a me. E poi il Tour of the Alps, con tappe corte ed intense, sarebbe perfetto per il loro modo di interpretare la corsa.

Il TotA si appoggia spesso ad impianti di altri sport. Qui i trampolini di Predazzo in lavorazione per MilanoCortina 2026
Il TotA si appoggia spesso ad impianti di altri sport. Qui i trampolini di Predazzo in lavorazione per MilanoCortina 2026
Appuntamento all’anno prossimo quindi con loro?

Speriamo di sì, anche se sappiamo che i preparatori talvolta nel nostro periodo prevedono ancora i ritiri in altura o altri tipi di programmi. Aspettiamo anche tanti altri campioni che non sono mai stati da noi. In ogni caso per la nostra macchina organizzativa avere due come Evenepoel o Pogacar sarebbe un grande richiamo internazionale ma anche tanto lavoro in più. Dovremmo raddoppiare alcuni spazi o ambienti, come le sale stampe. Ve lo immaginate? Sarebbe bellissimo, e noi siamo pronti per questo tipo di straordinari.

Una “buona” fatica. Il diario di Buratti al Tour of the Alps

23.04.2023
6 min
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PREDAZZO – Il ghiaccio lo aveva rotto alla Freccia del Brabante, ma Nicolò Buratti, malgrado la gran fatica, è ben felice di aver capito al Tour of the Alps ciò che lo attende tra i pro’. E’ quello che ha sempre voluto e adesso non fa certo il difficile se gli ultimi giorni sono tosti.

Alla corsa dell’Euregio abbiamo seguito un po’ più da vicino il 21enne della Bahrain-Victorius, formazione che era partita con l’obiettivo della vittoria finale e che ha chiuso sul podio grazie al terzo posto di Jack Haig. Ne abbiamo ricavato una sorta di suo diario giornaliero di tappa in tappa. Un momento in cui esprimere le proprie sensazioni che il friulano di Corno di Rosazzo ha accettato di buon grado, riuscendolo a gestire altrettanto bene. Parlare a caldo quando l’acido lattico ti sta mordendo ovunque non è la circostanza preferita di un corridore, ma Nicolò non ci ha mai negato un sorriso.

Nonostante la fatica, Buratti giudica molto buona e formativa l’esperienza al Tour of the Alps
Nonostante la fatica, Buratti giudica molto buona e formativa l’esperienza al Tour of the Alps

Prima tappa

La frazione inaugurale del Tour of the Alps prevede 2.470 metri di dislivello in meno di 130 chilometri di corsa. L’arrivo austriaco di Alpbach non appare troppo duro, a parte un tratto in doppia cifra di pendenza.

«C’è poco da dire – esordisce Buratti – qui si fa fatica. E’ stata una tappa corta e piuttosto esplosiva. Il ritmo è stato elevato in generale. Sono arrivato abbastanza stanco però ho cercato di aiutare la squadra nel miglior modo possibile in base alle mie capacità. Prima dell’ultima salita, che era bella dura (Kerschbaumer Sattel, 5,2 km al 10%, ndr) mi sono staccato e sono arrivato al traguardo cercando di recuperare».

Seconda tappa

La tappa numero due del “TotA” ha 400 metri e 35 chilometri in più rispetto al giorno prima. Sul traguardo della Ritten Arena a Renon vince ancora Geoghegan Hart (stavolta in uno sprint ristretto) ma la Bahrain-Victorius piazza Haig e Buitrago sul podio parziale. Inoltre il colombiano prende la maglia azzurra di miglior scalatore.

«E’ stata una giornata altrettanto dura come ieri – spiega Nicolò mentre si disseta con una aranciata – la tappa è stata più controllata, anche se il ritmo è comunque stato alto. Personalmente sono più contento perché sono riuscito ad aiutare molto di più la squadra. Il mio lavoro l’ho svolto. Anche oggi, sulla salita che portava a Renon, sono venuto su tranquillo».

Il compito di Buratti (in terza posizione) al TotA è stato di quello di lavorare per la squadra fino alle ultime salite
Il compito di Buratti (in terza posizione) al TotA è stato di quello di lavorare per la squadra fino alle ultime salite

«La squadra che c’è qua – aggiunge – in pratica è quella che andrà al Giro d’Italia, quindi i compagni sono in rampa di lancio. In ogni caso dal Brabante ad oggi è stato un percorso piuttosto positivo per me. La classica belga è stata corsa in maniera più simile alle gare U23 e devo essere sincero che non mi sono trovato troppo fuori luogo. Qui invece al Tour of the Alps è dura. C’è tanta salita, sono tutti scalatori e tutti in condizione pre-Giro. Insomma, si fatica e basta (sorride mentre ci saluta, ndr)».

Terza tappa

Il Tour of the Alps entra nel vivo con una frazione di non semplice lettura. Si scende dall’altopiano di Renon e si viaggia sulle fondovalli che portano sotto Trento. Praticamente tutta pianura tranne i due GPM di giornata. Dieci chilometri verso il Lago di Cei (a circa due terzi della tappa) e poi gli ultimi quindici abbondanti di ascesa (al 7,5 per cento) che portano a San Valentino di Brentonico.

«E’ stata una tappa dura come ci avevano anticipato – ci dice Buratti mentre i massaggiatori si preoccupano di coprirlo dall’aria fredda – le gambe stanno iniziando a bollire, a perdersi un po’ per strada. Anche se affaticato, tuttavia sono riuscito a finire abbastanza bene. Adesso vediamo come recupererò stasera. Domani si arriva a Predazzo e quella sarà veramente la tappa più dura di tutte. In ogni caso per me è sempre più un banco di prova importante. Per me sono le prime esperienze con i pro’, quindi è utile per fare gamba. Prendo quello che viene senza problemi».

Alla partenza della quarta di tappa da Rovereto, Buratti era sereno sapendo cosa lo aspettava
Alla partenza della quarta di tappa da Rovereto, Buratti era sereno sapendo cosa lo aspettava

Quarta tappa

Ha ragione Buratti, quella che parte da Rovereto è la tappa più incline al format della corsa. Un continuo su e giù per le vallate trentine per un totale di 3.600 metri di dislivello spalmati su poco più di 150 chilometri. Nel frattempo il meteo è diventato più inclemente e alla partenza scappa qualche goccione d’acqua. La pioggia accompagnerà i corridori fino a Predazzo. Nicolò lo intercettiamo tra il suo bus e il podio-firma. Non si aspetta nulla di particolare, sforzi a parte, ma l’umore appare buono. La sua tappa durerà poco più della metà.

«La fatica si è fatta sentire – ci racconta nel tardo pomeriggio – soprattutto con la partenza subito in salita (quasi sedici chilometri verso Passo Sommo, sopra Folgaria, ndr). Non è stata la mia miglior giornata e di conseguenza ho pagato un po’ più del dovuto. E’ vero, ho concluso in anticipo il mio Tour of the Alps però rientra tutto in quello che può considerarsi bagaglio di esperienza.

«Era la mia seconda gara con i pro’, una gara di una certa caratura tra l’altro, visti i partecipanti. Ho accusato un po’ il ritmo alto di andatura del gruppo. Tuttavia penso che queste mazzate facciano bene per crescere e capire il livello».

Dopo un periodo di recupero, Buratti potrebbe tornare in gara al Giro di Ungheria dal 10 al 14 maggio
Dopo un periodo di recupero, Buratti potrebbe tornare in gara al Giro di Ungheria dal 10 al 14 maggio

«Adesso farò qualche giorno di recupero – chiude Buratti – Devo ricaricare le batterie al meglio, poi tornerò ad allenarmi per i prossimi appuntamenti. Forse potrei correre il Giro di Ungheria però vedremo. So che devo continuare a migliorarmi per arrivare al livello dei grandi che si giocano le corse. E’ stata un’ottima esperienza, soprattutto perché alla fine ho fatto una settimana con la squadra. Sono molto contento perché mi ha consentito di conoscere meglio l’ambiente e capire come si muove una squadra World Tour durante una corsa a tappe. Prendo con piacere il lato positivo di questi giorni di fatica».