Van Eetvelt senza paura: alla Vuelta per attaccare

14.08.2023
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Lo avevamo lasciato aggredire con ferocia e determinazione le rampe del Colle della Fauniera al Giro d’Italia U23 dello scorso anno. Questo giovane belga aveva staccato tutti, persino il grande favorito Lenny Martinez. Chi era? Lennert Van Eetvelt, ora pro’ con la squadra che lo aveva lanciato, la Lotto-Dstny.

Marino Amadori ci aveva detto che sarebbe stato uno scalatore tosto per quel Giro e così fu. Quell’impresa valse al classe 2001 il podio finale della corsa rosa alle spalle di Leo Hayter. Oggi Lennert è un pro’ che si sta facendo largo. E anche bene. Ha già messo nel sacco tre corse e ha vinto la classifica dei giovani in gare come il Sibiu Tour che non sono più “corsette”.

Lennert conquista il Fauniera e va a prendersi la piazza d’onore al Giro U23 del 2022 (foto Isola Press)
Lennert conquista il Fauniera e va a prendersi la piazza d’onore al Giro U23 del 2022 (foto Isola Press)

Tra i grandi

Ma la sua stagione non è finita. Anzi, il pezzo forte deve arrivare e come accade per molti giovani, tra cui proprio il suo rivale Martinez, per lui si profila la Vuelta: il primo grande Giro in carriera.

«E’ la mia prima stagione da pro’ – ha detto Lennert – sto andando bene, sono molto felice di questa situazione. Tutto sommato mi sento pronto. Mi sono adattato abbastanza bene, anche se tra le due categorie – gli under 23 e i pro’ – c’è molta differenza. Qui sono tutti molto forti e non solo di gambe, anche in gruppo. La mia difficoltà maggiore è stata quella delle posizioni in gruppo. Tutti scartano, limano… Tra gli under ti basta pedalare forte e via. Qui non è così facile».

E anche sulla gestione dello sforzo le cose sono diverse a quanto pare. In Polonia, per esempio nel finale della seconda frazione, in salita aveva seguito Majka. Lo aveva fatto con una certa spavalderia forte delle buone sensazioni del Sibiu Tour e dei blocchi di lavoro prima di questa corsa.

Lui stesso aveva parlato di sessioni di 5′ ad alta intensità, di un monte ore annuale che va a crescere da qualche anno a questa parte, ma per sua stessa ammissione, in relazione a quella tappa, aveva poi detto di essersi sopravvalutato e che quel chilometro finale era diventato una sorta di calvario. Errori di gioventù.

Seconda tappa del Tour de Pologne Majka e Van Eetvelt sono stati ripresi ai 400 metri
Seconda tappa del Tour de Pologne Majka e Van Eetvelt sono stati ripresi ai 400 metri

In Spagna

Al Tour de Pologne è arrivato 15°. Tra i suoi ex colleghi di categoria è stato battuto da Oscar Onley e proprio Lenny Martinez, ma i tre erano raccolti in appena 22”.

«Ora – prosegue Van Eetvelt – andrò alla Vuelta. E’ il grande obiettivo. Vedremo come andrà. Io sono curioso delle tre settimane. So che sarà molto, molto difficile, non solo fisicamente ma anche mentalmente.

«Sarà un test, un test importante che mi dirà molte cose. Io voglio farlo al meglio delle mie possibilità. Ma non vado lì solo per il futuro. Io voglio fare subito qualcosa di buono». E qui emerge il carattere del campione, che se ne infischia di età ed esperienza.

Questa stagione si era aperta alla grande per Van Eetvelt, con due podi nelle primissime gare, poi però erano arrivate le streghe. Uno spray nasale lo aveva fatto cadere nell’ombra di un presunto caso di doping tra Freccia e Liegi. Era stato persino sospeso dalla sua squadra, salvo poi essere reintegrato un paio di settimane dopo perché il tutto si è risolto con un nulla di fatto.

In questo modo il belga aveva potuto proseguire la sua stagione, ma si può tranquillamente dire la sua carriera. 

Van Eetvelt ha vinto il tappone del Sibiu Tour questa estate (foto Focus Photos Agency)
Van Eetvelt ha vinto il tappone del Sibiu Tour questa estate (foto Focus Photos Agency)

Linea giovane

In questi giorni Van Eetvelt è salito ad Andorra con la squadra e questo cosa lo gasa non poco, visto che non ha fatto spesso l’altura sin qui.

«Sarà fantastico – dice il belga – ricordo l’anno scorso che ci andai prima de l’Avenir. Spero di fare ancora un ottimo lavoro. Poi in generale vedo che ogni anno vado meglio, mi sento più forte». Tra l’altro Lennert seppur venga dal Belgio dove non ci sono né lunghe salite, né tantomeno montagne, ha un ottimo feeling sia con la quota che appunto con le scalate grandi.

Sopra i 2.000 metri rende benone. Ha vinto sul Fauniera, ad oltre 2.500 metri di quota, e si è ripetuto al Sibiu, di nuovo su un arrivo over 2.000. E saliva alzandosi e rilanciando sui pedali in continuazione come fanno (o facevano) i veri scalatori.

Ma un giovane che arriva nel WorldTour, per forte che sia, cerca sempre un appoggio. E più o meno indirettamente anche Van Eetvelt non è sfuggito a questa dinamica. Solo che la sua chioccia è un po’ insolita. Non è un atleta super esperto.

«Vero – sorride Lennert – Andreas Kron è colui che più mi dà consigli. E’ come un mentore per me. Ha solo 24 anni ed è già un corridore forte, bravo in tutto (forse essendo giovane parlano la “stessa lingua”, ndr). E’ fantastico averlo in squadra. Ma devo dire che in tanti mi danno dei consigli».

Carpazi: una vera sorpresa dalla Polonia

14.08.2023
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Se avete minimamente presente le alture delle Ardenne in Belgio, allora potete immaginare facilmente anche i Carpazi Occidentali, vale a dire la parte polacca di quella che è la seconda catena montuosa più lunga d’Europa, dopo quella scandinava. Chi mastica ciclismo, grazie alla Freccia Vallone e alla Liegi-Bastogne-Liegi soprattutto di certo ha un’idea ben precisa delle Ardenne: colline a perdita d’occhio, boschi verdissimi e case col tetto a punta.

Ecco, i Carpazi che ci hanno stregato al Tour de Pologne ricordano moltissimo il paesaggio belga, solo che queste sono montagne e non colline. Sono più a punta e sono più grandi. Si arriva ben al di sopra dei 1.500 metri e ci sono persino gli impianti di risalita. 

Verde potente

In particolare abbiamo avuto modo di scoprire i Carpazi nel corso della seconda frazione, che poi si è rivelata decisiva con la vittoria di Mohoric. Dalla pianura del Nord man mano iniziano delle dolcissime e basse colline. Poi le strade tendono a stringersi un po’. E a regalare curve ampie in successione.

In estate il giallo degli immensi campi di grano lascia spazio a zone verdissime. Quasi sempre c’è un corso d’acqua che scorre parallelo alle strade stesse. Sono come dei rami che dal monte scendono verso valle. Noi però le abbiamo risalite.

Le strade sono perfette e super pulite. Si fa difficoltà persino a trovare delle cicche di sigaretta. L’asfalto è un biliardo nel 99 per cento dei casi in Polonia, quindi non si dovrebbe avere questo genere di problemi. Gli alberi molto spesso creano un arco la cui volta copre l’intera carreggiata, almeno nelle parti più basse. Poi diventano abetaie. Sembra una fiaba.

Le salite tendenzialmente sono dolci, ma non mancano dei piccoli muri, come il finale della tappa di Karpacz
Le salite tendenzialmente sono dolci, ma non mancano dei piccoli muri, come il finale della tappa di Karpacz

Salite dolci e strappi

Ripercorrendo la parte finale della seconda frazione del Tour de Pologne si arriva a Karpacz, che da quanto abbiamo capito è un po’ una Cortina d’Ampezzo di questa Nazione. Qui il turismo è forte, anche d’inverno. Ci sono resort a cinque stelle, villaggi, hotel e piste da discesa e per lo sci di fondo.

La salita inganna non poco. Nel senso che dalla pianura si prende quota quasi in modo impercettibile. Ed è così per molti chilometri. Uno, due, tre per cento… a volte anche meno. Poi all’improvviso ecco delle rampe. Scalini di un chilometro che salgono decisi.

E’ su queste strade che si è anche tenuta la granfondo collaterale al Tour de Pologne. In 2.500 hanno aggredito questo muro, che qualche ora dopo ha visto come protagonisti i pro’. E incontrando la coda di questo evento amatoriale non è mancato chi saliva facendo zig zag! Però non sono strappi impossibili. Al massimo si tocca il 15 per cento. Con dei buoni rapporti e una buona dose di “senza fretta” che non fa andare le gambe in acido lattico si superano benone.

Da Swierzawa, ripercorrendo gli ultimi 75 chilometri di questa seconda frazione, in pratica si fa un anello nel cuore dei Carpazi polacchi, “guardiani” della Bassa Slesia. E che separano la Polonia dalla Repubblica Ceca. Si toccano le località di Przelec e Sosnowka, altre due perle di questa zona.

I Carpazi polacchi in autunno, una vera esplosione di colori. Ma bisogna ben coprirsi
I Carpazi polacchi in autunno, una vera esplosione di colori. Ma bisogna ben coprirsi

Verso il confine

Una volta arrivati in cima a Karpacz, siamo a 792 metri di quota, si può scendere verso il “Lake Hill” a Nord, un lago artificiale ormai divenuto attrazione turistica, o continuare a salire in direzione Sud-Est verso il confine con la Repubblica Ceca. Qui si hanno più alternative, specie se si dispone di una gravel bike o, meglio ancora di una Mtb, che da queste parti è diffusissima. Ci sono molti sentieri e vengono organizzate anche diverse gare.

Con la bici da strada si può proseguire verso il passo che sovrasta Kowary. Siamo sul filo fra Polonia e Repubblica Ceca appunto. In mtb bastano meno di dieci chilometri, con la bici da strada invece i chilometri sono una ventina. Ci si deve immettere dapprima sulla DW 366, poi 367 e infine 368, la strada che appunto porta al confine e ai 1.100 metri del valico che separa le due Nazioni.

E’ qui che siamo all’ombra dello Skalny Stol (1.281 metri), mentre la vetta maggiore della zona è il Monte Sniezka (1.602 metri). Tutte vette, e zone, che fanno parte del Parco Nazionale Karkonosze.

E una volta tornati a valle ecco che ci attende un piatto di Pierogi, una sorta di ravioli, acqua e farina, riempiti solitamente con carne, ma si trovano anche con spinaci o formaggio.

Stando nell’Est Europa vanno assaggiate anche le zuppe. Non solo, in Polonia sono buone le salse, su tutte la senape o quella al mirtillo. Se si ha la fortuna di non imbattersi in locali troppo commerciali, queste salse hanno un sapore molto più dolce e inteso al tempo stesso. Ottime sulle carne ovviamente!

Bilancio e futuro del Tour de Pologne: ecco Lang e Lelangue

12.08.2023
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«Quale bilancio? Direi formidabile. Avevamo tre tappe per velocisti, una crono, tre di montagna e non è mai successo che arrivassero alla vigilia dell’ultima tappa con due corridori staccati tra loro da meno di un secondo!». Czeslaw Lang è euforico della “sua creatura”, il Tour de Pologne. E ne ha ben ragione. In effetti è stato uno spettacolo assistere a questa corsa e lo è stato per più motivi, primo dei quali quello tecnico.

Rafal Majka sempre applauditissimo dal pubblico polacco
Rafal Majka sempre applauditissimo dal pubblico polacco

Con Lang

Con appunto il patron Lang e il suo braccio destro, nonché direttore di corsa John Lelangue, che quest’anno si è unito al gruppo del grande ex pro’ polacco, ripercorriamo i punti salienti di una corsa che cresce sempre più e che ormai è un caposaldo del WorldTour nonostante venga immediatamente dopo il Tour e quest’anno, immediatamente prima dei mondiali.

Signor Lang, si cresce…

Guardando al totale dico che è una bellissima gara, con grandi corridori e tantissima gente lungo le strade. 

E questo è un elemento che abbiamo notato e che le avremmo chiesto: la gente.

In Polonia amano il ciclismo. Due anni fa su sette tappe abbiamo contato 4,5 milioni di spettatori e credo che quest’anno siamo stati su quei livelli (nonostante si siano riaperte le frontiere e la gente vada in vacanza dopo il Covid e la vicina guerra ucraina, ndr). E poi tanti fanno il tifo, partecipano, tutte quelle bandiere polacche… c’era felicità. Portiamo energia positiva.

La Polonia è molto grande, ma le tappe sono solo sette. Avete delle richieste dalle vostre città?

Ogni anno cambiamo zona e diamo un po’ la possibilità a tutti, perché una gara ciclistica non è solo sport, ma è anche promozione del territorio. E in questo abbiamo ripreso molto dagli italiani, dai francesi. Dalle località c’è richiesta. Anche perché abbiamo cambiato modo di fare vedere la gara, nelle immagini, nelle ore di diretta televisiva… e ora tutti si vogliono far vedere.

Sempre belle le location del Tour de Pologne. Quest’anno si è toccato molto più il sud della nazione
Sempre belle le location del Tour de Pologne. Quest’anno si è toccato molto più il sud della nazione
Avete investito molto sulla sicurezza. Abbiamo visto le transenne Boplan nei 500 metri prima dell’arrivo e i 50 metri successivi.

Questo aspetto lo abbiamo sempre curato. Sempre. Ma siamo anche stati sfortunati. Abbiamo Boplan, abbiamo tanto personale. Lungo la crono, per esempio, su 16,6 chilometri c’erano dislocate oltre 400 persone.

Ultima domanda Signor Lang, una domanda di colore: Kwiato ha vinto il mondiale, recentemente anche la tappa al Tour, eppure quando arriva Majka il tifo aumenta. Come mai?

Eh – ride Lang – perché Rafal è più aperto. Lui ride, scherza, si concede di più alla gente. Michal invece è più concentrato sulla gara, ma posso garantirvi che anche a lui vogliono tanto bene.

Sicurezza in pole position con Boplan al Polonia dopo l’incidente di Jakobsen
Sicurezza in pole position con Boplan al Polonia dopo l’incidente di Jakobsen

Con Lelangue

Da Lang a Lelangue… e non è uno scioglilingua. John è stato team manager della Lotto fino allo scorso anno. Poi ha ripreso il suo ruolo di organizzatore. Agisce con passione e sembra far parte del Tour de Pologne da anni.

John sei stato un team manager e ora fai parte della macchina organizzativa: cosa significa “incastrare” questa gara tra due eventi così importanti?

Penso che il calendario è complicato. Ma meglio così, che anticipare al lunedì dopo il Tour. Io credo siano delle buone date. E’ di certo un anno particolare, tanto più con il mondiale multidisciplinare. E’ complicato per l’UCI e anche per i team WorldTour. Ma nonostante tutto abbiamo avuto un ottimo livello e un’ottima starting list.

La Polonia è grande e come ci ha detto anche Lang c’è tanta richiesta da parte delle città per ospitare il Tour de Pologne: si può pensare di aumentare il numero delle tappe in futuro?

No, o comunque è molto, molto difficile. Con il calendario del WorldTour una settimana per una corsa a tappe, grandi Giro esclusi, va bene. Altrimenti tutto si comprimerebbe troppo. Sarebbe troppo complesso. Un giro di 10-12 giorni non avrebbe senso nel calendario attuale. Credo che mantenere questo numero di frazioni sia giusto. In questo modo hai una bella lista di partenti, i corridori possono preparare bene i loro impegni successivi e anche gli staff non sono enormi. In questo modo qualcuno può sfruttare l’onda lunga del Tour. Con più tappe non sarebbe possibile. Idem guardando alla Vuelta. Vero, la Polonia è grande ma una volta andiamo più a Nord un’altra più a Sud, una volta ad Est…

Verso Bielsko-Biala tanto dislivello e ritmi alti ma nessun attacco. Ha inciso anche il fatto che l’ultimo strappo duro fosse a 41 chilometri dall’arrivo?
Verso Bielsko-Biala tanto dislivello e ritmi alti ma nessun attacco
Tornando all’edizione di quest’anno, forse è mancata una grande salita o una delle salite più dure più vicine all’arrivo. Cosa ne pensi?

C’era un tappone con 3.100 metri di dislivello ma se il gruppo non ha attaccato noi cosa possiamo fare? Non fa differenza. Noi facciamo il percorso. Quella tappa era pensata per far esplodere la classifica. Ci sono stati scalatori che non hanno fatto niente, se non impostare un grande ritmo. Ma alla fine sono arrivati 80-100 corridori. Oggi spesso la selezione si fa nella salita finale e alla fine in questo Tour de Pologne ha fatto più selezione l’arrivo sullo strappo dei Carpazi che non il tappone.

Bene invece i circuiti finali. Portano gente. E’ una strategia che manterrete?

Portano gente anche le location di partenza ben ponderate. Se il circuito finale si può fare, lo facciamo altrimenti no. Non deve essere pericoloso, deve essere scenico, ci deve essere una valenza tecnica e sportiva. Ad Opole per esempio non aveva senso, a Cracovia sì. 

Mosca: la fuga e quella (quasi) maglia a pois…

07.08.2023
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KRAKOW – “Una vita da mediano, lavorando come Oriali. Anni di fatica e botte e vinci casomai i mondiali”, così cantava Ligabue parafrasando il calcio. Il mediano del ciclismo è il gregario e la lista sarebbe molto più lunga rispetto all’Oriali della situazione. Al Tour de Pologne c’era forse il gregario perfetto, Salvatore Puccio, ma c’era anche Jacopo Mosca.

Il corridore della Lidl-Trek stavolta non vestiva i soliti panni. Aveva un altro ruolo. Stava conquistando la maglia dei Gpm con voglia, gambe, intelligenza. Era sempre entrato nella fuga buona. Poi nel giorno del tappone, la quinta frazione, che metteva in palio più punti dell’intero Polonia, succede che la fuga la prende, ma non è quella buona. E i sogni svaniscono.

Jacopo Mosca (classe 1993) in maglia a pois blu al Tour de Pologne
Jacopo Mosca (classe 1993) in maglia a pois blu al Tour de Pologne

Sogno sfumato

Tornando a Ligabue, lotti e le botte magari le dai anche, ma se il destino dice che tu non devi vincere, non vinci. Lottatori e “dannati”: alla fine sono questi i corridori che più piacciono. A Mosca restano tre giorni sul podio e una maglia da guardare con orgoglio e piacere una volta a casa. Cosa che ci aveva detto lui stesso.

Il secondo giorno, aveva concluso la frazione con cinque punti, come Lucas Hamilton. Erano leader entrambi.

«Magari mi danno la maglia a pois per simpatia», ci aveva detto Jacopo dopo il traguardo.

Il giorno successivo prima del via ci fa: «Ohi, forse non gli sono stato simpatico! Non me l’hanno data!». Ma mentre scherzava era già in prima linea. Voleva tornare in fuga. Aveva riassaporato dopo parecchio tempo quelle sensazioni di libertà. Aveva un progetto chiaro in testa.

E il progetto stava andando bene. L’unica consolazione è che quella maglia è rimasta in casa Lidl-Trek. Markus Hoelgaard in teoria doveva difenderla dagli attacchi, ma una volta fiutato il pericolo di perderla giustamente ha affondato il colpo. Meglio lui, della Lidl, che un altro.

Il piemontese è stato spesso in fuga, poi quando i sogni sono sfumati nell’ultima tappa ha aiutato il velocista della squadra
Il piemontese è stato spesso in fuga, poi quando i sogni sono sfumati nell’ultima tappa ha aiutato il velocista della squadra

Quasi come Ciccone

Mosca era un po’ il Ciccone del Polonia. E come Cicco a gestito le energie. Attaccava quando era il momento, si staccava per risparmiare negli altri frangenti.

«Sì – commenta Mosca con ironia – ma Cicco era al Tour! La differenza era che i puntini qui erano blu e in Francia sono rossi. La sua era più bella. Un po’ come Instagram versus realtà! Sul social è bellissima, nella realtà decisamente meno… Lui aveva quella grossa, io quella più piccola! A parte tutto ci abbiamo provato. Spesso il gruppo non ci ha lasciato troppo spazio, ma va bene così». 

«Quella maglia a pois la porterò a casa e me la guarderò», ha scherzato Mosca qui poco prima di indossarla per la prima volta
«Quella maglia a pois la porterò a casa e me la guarderò», ha scherzato Mosca qui poco prima di indossarla per la prima volta

Capitano per un giorno

Sentirsi leader. Una sensazione insolita per Mosca. Lui è uno dei gregari più apprezzati. Sa fare bene il suo lavoro. Poi è arrivata questa opportunità.

«Eravamo venuti al Polonia per aiutare Edward Theuns nelle volate – ha detto Mosca – io ed Otto Vergaerde dovevamo supportarlo nel finale. Poi c’è stato un po’ di spazio e questo, per noi che lavoriamo sempre, è bello. Ti dà la carica.

«Mi ero “inventato” questo obiettivo della maglia dei Gpm, ma sapevo che la tappa numero cinque sarebbe stata decisiva». E così è stato…

Mosca entra poi anche nel dettaglio tecnico. Andare in fuga, lottare quando mancano tanti chilometri all’arrivo, comporta anche un approccio differente.

«Nei primi anni da pro’ – va avanti Mosca – facevo solo quello: ero sempre in fuga. A me piace attaccare, chiaramente oggi con il gruppo che va sempre più forte è anche difficile andarci e una volta che ci riesci sicuramente spendi di più. 

«E il discorso è semplice: per stare fuori da solo, o in pochi, prendi più aria e per fare velocità fai più watt. Quindi spendi di più e di più devi mangiare. Ma devo dire che tra App, riunioni e soprattutto esperienza ti gestisci alla grande».

Alla fine Jacopo è stato in testa alla classifica dei Gpm per tre giorni
Jacopo ha indossato la maglia a pois per tre giorni

Studiando Elisa…

Mosca è ottimista, propositivo. Più o meno scherzando gli chiediamo se in questo Polonia, in cui è stato più libero, ha chiesto qualche consiglio alla sua compagna, Elisa Longo Borghini.

«Ah – ride Mosca – semmai dovrei essere io a darle dei consigli su come andare in fuga. Lei ci va di gambe. Io me la devo guadagnare. I suoi attacchi non contano come fughe! Sono sono le azioni di quelli forti!

«Scherzi a parte, andare in fuga è bello. Ma è interessante vedere i suoi approcci alle corse, agli attacchi. In questo modo anche io vedo come affronta la gara un leader. Lo vedo da un’altra angolazione. E quando ho a che fare con i miei compagni che puntano a qualcosa penso ai sacrifici che devono fare, alle pressioni che hanno addosso…

«Non è detto che essendo nati più forti, tutto gli venga facile, così come per noi che “andiamo più piano”. Alla fine loro hanno gambe migliori, sono stati più fortunati, ma su certi aspetti siamo uguali. Tutti e tutte facciamo i ciclisti al 100 per cento, altrimenti coi tempi di oggi non vedremmo neanche la coda del gruppo».

Kwiatkowski, una volata da casa alla Scozia

05.08.2023
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KATOWICE – Era il 2014 e un ventiquattrenne ben poco conosciuto, Michael Kwiatkowski, vinse il campionato del mondo. Quell’edizione si svolgeva a Ponferrada, in Spagna. La formazione degli spagnoli era ancora quella formidabile di Valverde, Purito, Luis Leon Sanchez… Basta pensare che lasciarono a casa, non senza qualche polemica, un certo Contador. Si diceva che il percorso non fosse abbastanza duro per lui.

In quegli anni, quando il Belgio non era così forte e l’Olanda non aveva Van der Poel, c’era ancora il giochino del “fiammiero” fra Italia e la Spagna appunto: Tirate voi! No, tocca a voi! E in questo giochino delle parti quel ragazzo semisconosciuto realizzò un’azione senza pari.

Kwiatkowski scattò a sei chilometri dall’arrivo. Apparentemente neanche troppo forte, ma spingeva un rapporto lunghissimo. Sembrava, all’epoca, un corridore attuale. Risultato: lo rividero all’arrivo.

Ebbene il mondiale che partirà fra qualche ora ricorda molto quell’edizione iridata, almeno nell’approccio per “Kwiato”. Anche se quel tracciato era più duro.

Ponferrada, il giovane Kwiatkowski si laurea campione del mondo davanti a Gerrans e Valverde
Ponferrada, il giovane Kwiatkowski si laurea campione del mondo davanti a Gerrans e Valverde

Tenere duro

Kwiatkowski è arrivato al Tour de Pologne con la gamba formidabile del Tour de France. Fino a metà gara il motore era era ancora settato “sui giri” della Grande Boucle.

Poi c’è stata una lenta, ma inesorabile inversione di rotta: la fase down, come l’hanno definita nel suo staff. La condizione non è infinita e Michael ha iniziato un po’ a calare. E lo si è visto nella quinta tappa, quella vinta da Van den Berg. E’ vero che l’olandese è un velocista, ma è stato nettamente più brillante.

Però questo non vuole e non può tarpare le ali a chi è abituato a lottare. A guadagnarsi con estrema fatica ogni risultato. E’ stato così in quel mondiale 2014, è stato così all’ultimo Tour de France quando ha vinto sul Grand Colombier… E tutto sommato anche nella crono di Katowice non è andato male.

«Per me contava molto questo Giro di Polonia – ha detto più volte il polacco – ho dato il massimo. Dopo il Tour non ho corso, chiaramente, visto quello che mi aspettava. Ho dedicato attenzione al riposo e alla dieta. Soprattutto ho cercato di dormire molto».

Czeslaw Lang con Kwiatkowski, volo raggiunto in tempo anche grazie al patron del Polonia
Czeslaw Lang con Kwiatkowski, volo raggiunto in tempo anche grazie al patron del Polonia

Sotto scorta

Il mondiale è un obiettivo. Ma questa volta il corridore della Ineos Grenadiers correrà da solo. La Polonia è scesa nel ranking per Nazioni, è trentunesima, e quindi può schierare un solo atleta.

«Kwiato – ci spiega Cioni – è motivato per il mondiale. Certo che ci pensa. Alla fine dopo il Tour e dopo questa corsa gli viene abbastanza naturale tirare dritto sin lì. Va in Scozia per fare bene. Non è facile certamente».

«Io sono “easy”, tranquillo – ci ha detto Kwiato la mattina prima della crono di Katowice – e lo sono sia per la crono che per il mondiale. Certo, sarà un po’ dura andarci. I tempi sono stretti. Il Polonia tra una cosa e l’altra finirà alle 19,30 e alle 21 ho l’aereo per andare in Scozia». 

Pensate che Kwiato, dopo aver parlato con Lang, il patron del Tour de Pologne, ha ottenuto una scorta della polizia per raggiungere in tempo l’aeroporto.

«Io credo di avere tutto sotto controllo. Sinceramente non vedo grossi problemi con questo brevissimo intervallo di tempo tra il Polonia e il mondiale. E’ una questione di atteggiamento mentale e fisico, basta solo pianificare tutto».

Al Polonia, al centro in maglia bianca. Kwiato si è arrabbiato nel giorno in cui ha vinto Majka, reo a suo dire di uno sprint non regolare
Al Polonia, in maglia bianca. Kwiato si è arrabbiato nel giorno in cui ha vinto Majka, reo a suo dire di uno sprint non regolare

A Glasgow da solo

Kwiatkowski è molto bravo a correre sulle ruote. In gara sa destreggiarsi bene. A proposito, la caduta nella tappa finale non sembra aver lasciato strascichi. Il suo staff, ma anche altri corridori, ci dicono che Michal è un senatore del gruppo. Stare da solo in squadra per lui non sembra un problema dunque.

«Non penso troppo, non mi stresso. Mi concentro solo su ciò che so fare meglio. Quindi dormo, penso al recupero, alla dieta… Vivrò questo sabato un po’ come il giorno di riposo di un grande Giro».

«Non ci saranno grandi tattiche. Vero, correrò da solo, ma magari questo mi permetterà di concentrarmi meglio su me stesso. Farò il massimo… come sempre. Credo che con un po’ di fortuna e la capacità di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, si possa fare una bella gara». 

Se le sono date sul traguardo volante. Polonia a Mohoric

04.08.2023
5 min
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KRAKOW –  Settantaquattro centesimi di secondo e cento chilometri all’arrivo. Il gruppo fila via tra le campagne polacche pancia a terra. Un treno della UAE Emirates da una parte, un treno della Bahrain-Victorious dall’altra e un chilometro più avanti il traguardo volate. Forse il più importante traguardo volante della storia del ciclismo, almeno di quella recente.

Perché era importantissimo? Perché è qui che venivano assegnati i secondi di abbuono ed è qui che Matej Mohoric e Joao Almeida si sono giocati il Tour de Pologne. Al mattino erano separati da meno di un decimo di secondo. Tutti si aspettavano questo epilogo della gara. Tutti li aspettavano al varco e loro non si sono fatti attendere.

UAE aggressiva

La fuga non parte. Davide Formolo non fa uscire neanche una mosca. «Qualcosa proveremo a fare – ci aveva detto Marco Marzano diesse della UAE Emirates prima del via – Non molliamo. Loro si faranno trovare pronti, ma qualcosa abbiamo escogitato».

«Certo che ieri Matej è stato bravo – ha proseguito il tecnico –  l’ho diretto alcuni anni alla Lampre e ricordo quanto era meticoloso. Immagino si sarà studiato la crono nel dettaglio. Immagino anche come possa essere andato in quel drittone a scendere ai 3 chilometri dall’arrivo e nella successiva curva. In quei frangenti è fortissimo e poi guida anche bene. Un animale da gara.

«Anche Joao andava forte, ma Matej lì guadagnava secondi. E’ difficile avere di preciso quei tempi, ma conoscendolo ne sono quasi sicuro».

Tappa a Tim Merlier. Il corridore della Soudal-Quick Step ha fatto il bis precedendo De Kleijn (a destra) e Gaviria (a sinistra)
Tappa a Tim Merlier. Il corridore della Soudal-Quick Step ha fatto il bis precedendo De Kleijn (sulla destra fuori dalla foto) e Gaviria

Ackermann un diavolo

In Bahrain-Victorious hanno fatto i loro conti. Sapevano dell’attacco e come spesso accade la miglior difesa è l’attacco. Ad un chilometro dal traguardo volante è la squadra del leader a prendere le redini della corsa. Allunga il gruppo.

Solo un possente Ackermann – della UAE – abituato a fare le volate coi velocisti veri, fa a spallate e con quasi troppa facilità spezza il treno di Mohoric. Solo che per poco non ci rimette anche Almeida!

Alla fine il tedescone si rende conto che è da solo e si sposta. Pasqualon parte. Mohoric passa tra il compagno e le transenne. Per poco non lo chiude. Invece la lezione su VeloViewer è stata perfetta. 

Morale: primo Mohoric, secondo Almeida e terzo Pasqualon. Il pugno – di cortesia, quello del Covid per capirci – che si sono scambiati i due protagonisti dopo quel traguardo volante di fatto ha sancito la fine del Polonia. Mohoric ha portato il suo vantaggio nelle generale ad un secondo sul portoghese.

«Abbiamo preparato lo sprint nel dettaglio – spiega Pasqualon – non l’ho stretto. Matej sarebbe dovuto passare in quel punto. Io avrei provato a fare secondo, ma Almeida è risalito forte. Poi siamo stati attenti anche nel finale, perché comunque poteva essere rischioso, ma tutto è andato bene».

«Ci abbiamo provato – ha spiegato Formolo – anche perché non avevamo nulla da perdere. La nostra tattica era arrivare compatti sin lì e ci siamo riusciti. Poi in quelle stradine il lavoro non è stato facile».

Almeida però è soddisfatto. La gamba è buona e lascia ben sperare in vista della Vuelta. Lo dice chiaramente a fine tappa.

La Bahrain-Victorious fa festa. Ma i complimenti vanno anche alla UAE Emirates, mai doma
La Bahrain-Victorious fa festa. Ma i complimenti vanno anche alla UAE Emirates, mai doma

Mohoric leader vero

Subito dopo il traguardo torniamo verso la mix zone. Parlando con i massaggiatori si dice che è stato il traguardo volante più importante della storia. Mohoric, appena davanti a noi, ci sente. Si volta e ride con un certo orgoglio.

«Devo ringraziare tutta la squadra – dice lo sloveno – hanno fatto un ottimo lavoro. Pasqualon è stato perfetto: mi ha preso ad oltre un chilometro e mi ha portato fino ai 50 metri. Serviva uno sprint corto. Ognuno di noi sapeva cosa fare. Sapevamo che la UAE ci avrebbe attaccato. Avevano una chance e hanno provato a coglierla. E’ stato incredibile giocarci l’intera corsa su un traguardo volante. Per tutta la settimana i ragazzi mi hanno supporto alla grande».

Poi, sottolineando ancora una volta la sua sensibilità, Matej ha aggiunto: «Mi spiace per la mia popolazione, la Slovenia, travolta dall’inondazione. Donerò loro il premio in denaro».

Il podio finale con Mohoric, Almeida a 1″ e Kwiatkowski a 17″
Il podio finale con Mohoric, Almeida a 1″ e Kwiatkowski a 17″

Il mondiale? Un’altra volta

Anche ieri Mohoric ha ripetuto di avere le gambe migliori di sempre. E allora perché non andare al mondiale?

«Perché – replica – gli obiettivi vanno preparati e devono essere concreti. Sono convinto che questo non è un mondiale adatto a me e quindi ci penserò quando lo sarà. Intanto vado avanti con il mio programma».

Infine il leader della Bahrain-Victorious torna sulla crono del giorno prima. Una corno che come effettivamente ci aveva suggerito Marzano aveva preparato con meticolosità: dalla bici allo sforzo.

«La bici – conclude Mohoric – me l’hanno sistemata i miei meccanici alla perfezione. Abbiamo un grande staff. Per la crono è vero: l’abbiamo ripassata al dettaglio la sera prima, ma sapevo più o meno cosa mi aspettava. Ripensandoci forse sarei partito un pelo più forte.

«Questa crono era simile a quella di due anni fa e qualcosa avevo in mente. Tra l’altro in quell’edizione finii secondo nella generale proprio dietro ad Almeida». 

Polonia, Scozia, Spagna: Milesi ha l’agenda piena

04.08.2023
4 min
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KATOWICE – Lorenzo Milesi è pronto per le grandi sfide. Il corridore della Dsm-Firmenich è chiamato al campionato mondiale di Glasgow under 23, sia su strada che a crono, e alla Vuelta. Al Tour de Pologne sta cercando di rifinire la gamba.

Lorenzo sorride, è uno dei pochi a dire il vero a farlo al foglio firma durante questa settimana, sono tutti seri. Lui però è così. Di solito sorride chi è in condizione, chi sta bene… e lo abbiamo visto anche ieri al via della crono con Cattaneo e Mohoric.

Ci appare abbastanza tirato. Anche se a a dire il vero è un corridore massiccio, potente. Non ha certo la gamba da fenicottero. Ma questa è la potenza che cerca Marino Amadori per la Scozia. 

Lorenzo Milesi (classe 2002) dopo il Polonia lo attendono le prove U23 su strada e a crono
Lorenzo Milesi (classe 2002) dopo il Polonia lo attendono le prove U23 su strada e a crono
Lorenzo, si va ai mondiali: siamo pronti?

Sì spera! Sì, dai sto bene. I test di questi giorni, in particolare la quinta tappa e la crono, non sono andati male. Forse la crono poteva andare meglio. Diciamo che non avevo delle gran gambe, anche se alla fine comunque non è andata troppo male (Lorenzo è arrivato 25° a 49″ da Cattaneo). Sono state due frazioni importanti per valutare bene la condizione, anche perché in Scozia farò anche la crono.

Da quanto tempo eri d’accordo con Amadori? Come ti sei organizzato con le gare?

Già dall’anno scorso il mondiale 2023, sia a crono che a strada, era l’obiettivo. Con Marino ne avevamo parlato prima dell’inverno. E la squadra pertanto mi ha dato il programma delle gare anche in funzione di questo impegno. Il Polonia me lo hanno fatto fare proprio per preparare mondiale e Vuelta.

Come hai lavorato?

Io credo bene. Ho fatto un mese di altura. Prima una settimana a Livigno da solo e poi altre tre con la squadra sul Kuhtai, sopra ad Innsbruck. Credo di aver raggiunto un buon livello, anche se ammetto che nelle prime tappe di questo Tour de Pologne ho avuto degli alti e dei bassi e sinceramente non ho capito il perché. C’erano dei momenti in cui mi sentivo molto bene e mezz’ora dopo stavo male. Poi di nuovo bene. Farà parte della ricerca del ritmo gara, boh…

In Polonia il lombardo si è dato da fare. Eccolo in fuga nella seconda tappa con Mosca (in prima ruota)
In Polonia il lombardo si è dato da fare. Eccolo in fuga nella seconda tappa con Mosca (in prima ruota)
Chi saranno i più pericolosi a Glasgow?

Nella crono di certo Alec Segaert e anche Fran Miholjevic. Sulla strada è un po’ un terno al lotto. Ci sono quei 15 corridori che possono vincere. Non sai mai come va. Pensiamo all’anno scorso: Fedorov ha attaccato tutti i giri, sembrava dovesse cedere, invece ha vinto… E nessuno se lo aspettava.

Voi azzurrini non avete corso molto spesso insieme. Tu sei nel WorldTour, loro nelle continental o in altre squadre: come si trova l’alchimia?

Però ci conosciamo già tutti per le gare fatte negli anni passati e quello aiuta. E poi siamo un bel gruppo – ride Milesi – abbiamo la nostra chat del mondiale e ci divertiamo. Vedremo di farlo anche là.

Lorenzo, non c’è solo il mondiale, giusto? C’è anche la Vuelta: il primo grande Giro…

Eh sì, ma con calma. Adesso sinceramente ho il mondiale in testa.

E non ci pensi alla Vuelta?

Sì certo. E’ ovvio che con la squadra sono qui soprattutto per preparare la Vuelta. E’ un insieme di lavoro, squadra, nazionale, preparatori, obiettivi… fatto nei mesi. Ma guardiamo gara per gara. Adesso c’è prima il mondiale.

In squadra, voi del “gruppo Vuelta” ne parlate?

Qui non molto, nel ritiro sì, come detto abbiamo passato tre settimane insieme…. Ma è abbastanza tranquilla la cosa. Non ne facciamo un punto fisso.

Per Milesi tanto lavoro e anche divertimento sul Kuhtai con la squadra (foto Instagram)
Per Milesi tanto lavoro e anche divertimento sul Kuhtai con la squadra (foto Instagram)

Avvicinamento top

Lorenzo sta correndo un buon Tour de Pologne. Si è messo a disposizione del velocista, Van Unden, nella prima tappa. E’ stato all’attacco nella seconda frazione. La crono di ieri è stato un test importantissimo. Ha cercato di mettere a punto alcuni dettagli per la crono iridata. Una gara contro il tempo a questa distanza da quella mondiale è ideale per ripassare certi protocolli, rivivere determinate sensazioni, trovare il feeling con una tipologia di gara che resta sempre particolare.

Quest’anno Milesi a Glasgow ci arriva con più gare di spessore nelle gambe, non solo più esperienza. L’anno passato Fedorov aveva fatto la Vuelta. Altri avevano preso parte a gare WT. Lorenzo aveva fatto “solo” l’Avenir. Le tirate di collo del Polonia magari saranno salutari per lui. Per gli azzurri. Per la Vuelta… Intanto fra meno di 24 ore l’aereo lo attende. L’agenda di Milesi è bella piena.

Cattaneo squillo mondiale. Una freccia fra le vie di Katowice

03.08.2023
5 min
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KATOWICE – Una freccia sul Tour de Pologne, una freccia che presto sarà azzurra. Mattia Cattaneo, atleta della Soudal-Quick Step, ha vinto la tiratissima crono in quel di Katowice. Tappa che poi dopo il nulla di fatto di ieri è diventata la frazione regina dell’intera gara. Quello del lombardo è un vero squillo mondiale.

La giornata non inizia nel migliore dei modi. Ci sono delle folate di vento, fa piuttosto fresco e soprattutto piove. Però lo stesso vento aiuta a spazzare via parte delle nuvole. E alla fine anche ad asciugare l’asfalto.

Col sorriso

Cattaneo vince dunque la crono di Katowice. Precede di 13” Joao Almeida e di 14” Geraint Thomas. Anche loro saranno impegnati nella crono iridata di Glasgow

«Squillo mondiale? Il mondiale è un’altra cosa – dice Cattaneo – ma sono contento perché questo dimostra che ci arrivo nel migliore dei modi. Ho lavorato tanto e da tanto tempo su questa specialità. La squadra ha creduto in me come cronoman. Questo per me è un risultato che vuol dire tantissimo».

Cattaneo ha superato molte difficoltà, sia in stagione che in carriera. A 30 anni suonati sembra aver trovato un certo equilibrio, una certa consapevolezza. Sa come affrontare gli stress, le difficoltà appunto.

Per fare un esempio, nel tendone appena dietro alla rampa del via, quasi tutti gli atleti che man mano aspettavano la chiamata erano tesi. Concentrati. Avevano lo sguardo basso o perso nel vuoto. Chi muoveva le gambe, chi toccava e ritoccava la bici, chi faceva stretching… Solo due corridori erano più sereni di altri: Cattaneo appunto e Mohoric, il quale è riuscito a mantenere la maglia per pochi decimi.

«E l’ultima curva – spiega ridendo lo sloveno – non l’ho fatta proprio bene».

Tornando a Cattaneo, la condizione psicofisica si valuta anche da questi aspetti marginali, come appunto il non essere teso prima di un momento importante. Elemento d’oro in vista dei mondiali.

«Ma questo sono io – riprende Mattia – vivo il ciclismo in modo “easy”. Anche se non rido in certi frangenti, o al contrario non ho il muso lungo, sono comunque concentrato, come tutti gli altri del resto. Ognuno ha il proprio modo di concentrarsi».

Cattaneo (classe 1990) era 18° nella generale prima della crono. Al termine era 5° (a 39″ da Mohoric)
Cattaneo (classe 1990) era 18° nella generale prima della crono. Al termine era 5° (a 39″ da Mohoric)

Verso Glasgow

Cattaneo si prende dunque una vittoria importante, tra l’altro la prima nel WT per lui. Il Tour de Pologne è una corsa che brilla di luce propria ormai. Il livello è alto, la cornice di pubblico importante, la diffusione mediatica ancora di più. In questi giorni ne parlano i tg, i giornali e in televisione ci sono repliche a ripetizione sino a notte fonda.

«In questo Polonia – spiega Cattaneo – sapevo che potevo fare bene nella crono e ci ho creduto tanto. Sapevo di poter fare un buon risultato. Onestamente non mi aspettavo di vincere. Credevo più in un quinto, sesto posto. Una top 10… visto il parterre. E per questo sono contentissimo».

E il parterre in effetti è di quelli pesanti. Oltre a Thomas ed Almeida, Cattaneo ha messo dietro gente come, Foss, Bisseger… tutti corridori che troverà poi al mondiale contro il tempo. 

Un po’ di numeri

Nel finale di gara, Mattia e Mohoric, e poco dopo anche Almeida, si ritrovano dietro al palco. Almeida, nonostante abbia perso per pochi centesimi il confronto con il corridore della Bahrain-Victorious, scherza. Si parla anche di watt.

«La ricognizione fatta al mattino – va avanti Cattaneo – è sempre un momento delicato. Era una crono abbastanza tecnica, con tante curve in città. Ma anche tanto veloce se fosse stata asciutta. Col bagnato sarebbe cambiato tantissimo e ammetto che sarebbe stata anche la mia preoccupazione… A me infatti non piace molto rischiare quando piove. Ma per fortuna la gara è stata asciutta.

«Ho utilizzato una corona da 60 denti e davanti una ruota da 100. Il vento non si sentiva tanto. Poi devo dire che con questi nuovi caschi Specialized e quella fascia non si sente proprio. Si fa fatica a percepirlo, sia per una questione di rumore, che di aria dietro al collo. Davvero è incredibile.

«Sì, in un paio di occasioni ho sentito delle folate sul manubrio, ma niente di che. Nel finale poi il vento spingeva parecchio: era a favore».

Mohoric nella sua analisi post gara spiega come abbia guadagnato su tutti nella seconda parte della prova tranne che su Cattaneo. Mattia aveva spinto ottimamente sin dal primo metro. Ed è stato il migliore non solo col crono dunque, ma anche nella gestione dello sforzo.

«Non so – ha concluso Mattia – a quanto andassi: a crono guardo solo i watt… come tutti del resto. Però credo di aver fatto la differenza su un tratto a cinque chilometri e mezzo dalla fine. C’era un drittone di 900 metri che tirava e lì vedevo che i watt erano alti. Tanto alti… ».

Al top per Glasgow. Colbrelli punta sulla freschezza mentale

03.08.2023
5 min
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OPOLE – Si parla molto della condizione con la quale i corridori arriveranno al mondiale di Glasgow. Di solito la preparazione è molto più lineare e si sfrutta la Vuelta. Stavolta c’è il Tour de France, ma le due gare a quanto pare non sono proprio la stessa cosa. La prova francese è più snervante.

In più il percorso scozzese non è così duro. Sì, alla fine propone oltre 3.000 metri di dislivello, ma la disposizione dello stesso agevola i corridori più “pesanti”. E’ lecito dunque pensare se possa essere il viatico migliore per la prova iridata.

Qualche giorno fa Alessandro Ballan ci ha detto che chi esce dal Tour ha un’altra gamba – e questo è innegabile – ma poi ha aggiunto un aspetto che ci ha fatto riflettere: l’ultimo che ha vinto il mondiale senza passare dal grande Giro è stato Mads Pedersen. E guarda caso il percorso era piuttosto simile. Questi dubbi li abbiamo “girati” a Sonny Colbrelli, il quale è con Valsir sulle strade del Tour de Pologne.

Al Polonia i “tre tenori” del Tour (Majka, Mohoric, Kwiato) avevano più brillantezza, specie nelle prime tappe
Al Polonia i “tre tenori” del Tour (Majka, Mohoric, Kwiato) avevano più brillantezza, specie nelle prime tappe
Sonny, ma dunque è davvero fondamentale passare dal grande Giro in vista del mondiale? O si può arrivare bene a Glasgow anche  intraprendendo altre vie?

I corridori sono diversi l’uno dall’altro. Io, per esempio, riuscivo ad allenarmi bene in altura: ne uscivo con una gamba da Tour de France o quasi. Altri invece hanno bisogno di più gare. E’ indubbio che qui al Polonia chi è uscito dal Tour abbia un’altra gamba. Prendiamo Almeida, va forte, ma non è super brillante, come Majka, Mohoric o Kwiatkowski.

Chiaro…

Certo, il grande Giro ti dà una grande condizione: una condizione con la quale non dico che arrivi a fine stagione, ma quasi. Molto dipende però da come lo si è fatto. Vingegaard chiaramente ha speso tutte le cartucce, altri no. E se sei riuscito a risparmiare qualcosa, può darti molto.

Tu hai nominato tre corridori che qui al Polonia stanno brillando, ma dalla fine del Tour c’è stata una settimana di riposo, poi la settimana del Polonia, appunto, e domenica si corre il mondiale: la condizione non è infinita…

No, non è infinita, ma come ho detto conta molto come si è usciti dal Tour che è dispendioso sia di gambe che di testa. Io avrei fatto il grande Giro, finito quello di nuovo l’altura e poi il mondiale. Ma mi rendo conto che non è facile ripartire per l’altura dopo un grande Giro. Mi ricordo che nel 2021 ho finito il Tour de France, sono stato cinque giorni a casa e poi mi sono diretto a Livigno e ci sono rimasto un mese. Quella è stata la mia mossa vincente.

In vista di Glasgow conta molto come si è interpretato il Tour. Anche da un punto di vista mentale
In vista di Glasgow conta molto come si è interpretato il Tour. Anche da un punto di vista mentale
Stavolta non ci sarebbe stato neanche il tempo per andare in altura dopo il Tour. Semmai bisognava farlo dopo il Giro. Ma torniamo a cose più concrete: questo mondiale non è durissimo, magari anche arrivarci con più brillantezza, più forza esplosiva facendo altre gare può essere vantaggioso?

Una corsa come il Polonia può essere un ottimo viatico per Glasgow. Bene o male le tappe sono abbordabili. Le strade sono larghe, non c’è stress a parte nei finali, dove se vuoi ti puoi staccare. Puoi a fare il tuo lavoro senza appesantirti. 

Prima hai detto che uno come Vingegaard, o comunque un corridore che punta alla classifica, ne esce sfinito, ma altri possono risparmiarsi. Ti riferivi a qualcuno in particolare?

A Van der Poel. Lui si è messo a disposizione del suo capitano, Philipsen, per le volate e, a parte due o tre tappe in cui si è mosso per dare un po’ di spettacolo, non ha speso troppo. La sua testa era al mondiale. Penso che VdP quest’anno ha una grandissima occasione, tra l’altro è già salito sul podio in quel circuito quando Trentin ha vinto l’europeo. Il mondiale per lui sarebbe la ciliegina sulla torta di una stagione d’oro. E poi la squadra è tutta per lui. I belgi invece sono due: c’è Remco e c’è Van Aert, che al Tour, anche se si è ritirato ha speso più di Van der Poel.

Harrogate 2019, Pedersen vince la maglia iridata. Nel mese precedente aveva inanellato 10 giorni di corsa, ma non la Vuelta
Harrogate 2019, Pedersen vince la maglia iridata. Nel mese precedente aveva inanellato 10 giorni di corsa, ma non la Vuelta
Ballan ci ha fatto notare che l’ultimo a vincere il mondiale senza passare dal grande Giro è stato Petersen. Il percorso di Glasgow non è troppo diverso: magari rispetto ad altre volte il grande Giro potrebbe essere meno importante?

In parte sì, specie dopo un Tour de France corso come negli ultimi anni: sempre a mille, resta nelle gambe. Ma se il corridore riesce a smaltirlo, può aiutarti per un altro paio di settimane. Quello che più conta però è un’altra cosa.

Quale?

La freschezza mentale. Il mondiale è anche una gara lunga e non conta solo essere veloci o arrivare con la gamba ancora buona. E’ importante la freschezza mentale con cui si arriva all’appuntamento clou, l’ho capito sulla mia pelle. Ed è’ quello che ho fatto nell’ultimo anno in cui ho corso. Prima mi sfinivo, mi mettevo delle pressioni addosso da solo, poi ho iniziato a pensare diversamente. «Sono alla Roubaix, all’Europeo, all’italiano – mi dicevo – ma alla fine sono corse come altre: come vanno, vanno… Il prossimo anno ce ne sarà un’altra».