Pochi italiani in gara: 27 in tre corse. Cosa succede?

10.07.2023
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In questa estate di grande ciclismo c’è stato un dato che, purtroppo, ci ha colpito. Fra Tour de France, Sibiu Tour e Giro d’Austria, le tre maggiori gare di questa prima parte di luglio, sommando squadre WorldTour e professional avevamo 27 italiani in gara. Il solo Belgio ne aveva 28 al via della Grande Boucle. Un dato che da solo fa riflettere.

Roberto Amadio è il team manager delle nazionali della Federciclismo e a lui ci siamo rivolti per fare una “foto” di questa situazione. Ma lo abbiamo voluto ascoltare anche in virtù del suo passato da general manager di un grande team, l’ultimo grande team italiano, la Liquigas.

Roberto Amadio in visita agli juniores alla Roubaix di quest’anno
Roberto Amadio in visita agli juniores alla Roubaix di quest’anno
Roberto, partiamo da quel dato iniziale: 27 italiani in gara in tre corse. Un po’ pochino?

Eh – sospira – non è un tema di facile considerazione e di certo non fa piacere. Diciamo che le programmazioni, soprattutto dei team WorldTour, vengono fatte in base al Giro d’Italia e, ancora di più, in base al Tour, quindi giugno per chi ha fatto il Giro è un mese di riposo e luglio uno in cui si riprende. E molti di questi corridori sono italiani. 

Che stanno preparando la seconda parte di stagione…

Stanno preparando la seconda parte di stagione, ma è anche vero che contestualmente non abbiamo la qualità di performance come tra gli anni ’90 e il 2010 o poco più. Si è ridotto il numero di corridori di un certo livello. Li abbiamo, sia chiaro, penso a Rota o a Trentin e a come si sono comportati al mondiale in Australia l’anno scorso. Rota se fosse stato più abituato a stare davanti in certi finale magari sarebbe andata diversamente. Idem Bettiol. Ma sono pochi.

Senza fare nomi, ci sono stati atleti importanti visti al Giro e che adesso sono a riposo, ma ce ne sono altri che al Giro non c’erano e non sono neanche al Tour. Perché?

Perché sono di qualità, ma non tanta che sia adatta alle prestazioni del Tour: questo è il punto. Sono le settime, ottave, none… scelte di queste squadre e nella selezione subentrano poi altri fattori.

I team maggiori ormai contano tante nazionalità al via. Al Tour, la UAE per esempio ha 8 corridori di 8 Paesi differenti e molte altre ne hanno 7 su 8
I team maggiori ormai contano tante nazionalità al via. Al Tour, la UAE per esempio ha 8 corridori di 8 Paesi differenti e molte altre ne hanno 7 su 8
Purito qualche giorno fa ci parlava degli spagnoli degli anni 2000, di “infornate”… Quindi volendo riassumere questa carenza di italiani è un po’ un mix fra assenza di squadra e ondata di corridori? 

E’ anche così, ma come detto la squadra conta. Se io italiano fossi stato il team manager di un team, il Fabbro della situazione (nome preso a caso, sia chiaro, ndr) lo avrei fatto correre. Ma se si ritrovano in una squadra belga o australiana, sono fra i tanti.

E allora cosa si può fare?

Continuare a lavorare, sfruttare ogni occasione e tenere duro. Sì, è bello assistere a queste volate del Tour, ma senza un velocista italiano tanta adrenalina viene meno. Prima invece era diverso con i tanti uomini veloci che avevamo.

Si dice sempre che questa situazione sia figlia della mancanza di una squadra italiana, ed è vero. Ma non è che sta diventando anche una scusa sulla quale adagiarsi?

I nostri sono condizionati anche dalle scelte delle squadre e quando una Lidl-Trek, tanto per dirne una, fa una formazione, dentro deve esserci un olandese, un americano, un tedesco… sono multinazionali.

Giro 2021: Ganna in rosa tira per Bernal. Fu un caso emblematico. Vero che il ciclismo è cambiato, ma forse un team italiano lo avrebbe tutelato di più
Giro 2021: Ganna in rosa tira per Bernal. Fu un caso emblematico. Vero che il ciclismo è cambiato, ma forse un team italiano lo avrebbe tutelato di più
I fattori di cui ci dicevi prima…

Esatto, ma di base devi andare forte… quello è sempre il primo motivo chiaramente per correre ad alti livelli. Ecco, restando in tema Lidl-Trek e agli sprinter del Tour, magari il prossimo anno potremmo vedere Jonathan Milan.

Ma c’è Pedersen! E ritorniamo al discorso delle competizione interna, del rischio che bravi atleti si ritrovino a tirare. Ne abbiamo molti di casi.

E’ così. Io speravo molto in Cassani. Speravo che Davide riuscisse a fare la squadra grazie alle sue capacità e alle sue conoscenze, ma non è facile. Stiamo soffrendo, soprattutto in Italia… Oggi se non c’è un interesse diretto della politica, del governo, sarà sempre più difficile fare delle squadre forti, visti i budget che servono. Ci sono 7-8 team che hanno il supporto governativo, le differenze si notano. Servono 30-35 milioni di euro all’anno, cifre enormi difficili da reperire privatamente.

Questo riguarda anche altri sport, persino il calcio. In questi giorni si parla di calciomercato e l’Arabia Saudita che vuole i mondiali 2030 e vuole aumentare il livello del suo campionato compra i giocatori e la stessa Federazione, col supporto del governo, li smista ai vari club. 

Ci stanno lavorando da anni, stanno facendo degli studi e il ciclismo fa parte degli sport a cui sono interessati. E quando loro entrano in gioco, ci entrano pesantemente…

Una settimana di curiosità tecniche al Tour de France

10.07.2023
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Come consuetudine, dopo la prima settimana di Tour de France, che si è chiusa con il suggestivo colpo d’occhio sulla Canyon di Van der Poel dedicata al nonno Poulidor (foto di apertura), andiamo ad analizzare le curiosità tecniche e gli spunti che ci offre il palcoscenico della Grand Boucle.

La nuova BMC già notata al Delfinato e ora in dotazione a O’Connor e Cosnefroy, passando per le scarpe argento di Philipsen e i nuovi componenti della trasmissione Sram. E quella S-Works usata da Hindley in salita? Spunta anche una nuova Ridley e molto altro. Cerchiamo di entrare nel dettaglio.

Nuova BMC, la conferma

Se quella vista al Giro del Delfinato poteva essere una sorta di esca, oppure un antipasto e un modo per fare vedere la bici nuova, il fatto di vederla al Tour de France è una conferma. La sensazione è quella di una bicicletta tanto aerodinamica, quanto versatile e siamo sicuri anche piuttosto leggera, considerando le ultime produzioni BMC.

Spiccano i foderi obliqui del carro, piuttosto bassi e uniti al piantone da uno “zoccolo” di carbonio bello voluminoso, ma anche una forcella che nella parte alta si allarga tantissimo verso l’esterno. Ovviamente, dall’azienda svizzera non ci sono conferme, ma neppure smentite.

Uno Sram diverso

Le Cervélo S5 di Van Aert e Vingegaard le abbiamo notate con la monocorona anteriore, ma gli aspetti che hanno attirato la nostra attenzione sono stati il pacco pignoni, la colorazione del bilanciere posteriore e i manettini del corridore danese (non quelli di Van Aert).

Crediamo che la nuova piattaforma Sram Red AXS prenda dei contorni sempre più precisi. I comandi, come già sottolineato in precedenti pubblicazioni, hanno un’architettura molto simile a quella del nuovo Force, che a sua volta deriva dal Rival. Il cambio posteriore ha una colorazione scura, differente dalla livrea della versione attuale. I pignoni invece mostrano un’evidente lavorazione nella porzione interna del rapporto più agile, scavato e rastremato.

Nelle tappe più dure, in mano ai corridori della Arkea-Samsic si rivede la Specialissima
Nelle tappe più dure, in mano ai corridori della Arkea-Samsic si rivede la Specialissima

La Specialissima non passa di moda

Usata anche da Barguil al Giro d’Italia, durante le frazioni con un dislivello positivo importante, la Specialissima è utilizzata anche nel corso del Tour de France, ad esempio da Delaplace.

Questa bicicletta è la conferma di un progetto molto versatile e sfruttabile in diverse situazioni, con allestimenti diversi tra loro, pur non essendo “avveniristica” come la nuova Oltre RC e con concetti aerodinamici meno estremizzati.

Due scarpe interessanti

Le prime sono quelle tutte argentate di Philipsen, che in realtà corrispondono alle Shimano S-Phyre in dotazione a tutti gli atleti del Team Alpecin-Deceuninck, ma con una livrea dedicata al fortissimo velocista. Queste calzature hanno i rotori Boa in alluminio.

Molto interessanti le Q36.5 indossate da Jacopo Guarnieri (che purtroppo ha dovuto lasciare il Tour de France a causa di una caduta) e non sono le Unique tradizionali. Danno l’impressione di essere una nuova versione con la tomaia in tessuto knit, con la suola scaricata ai lati, mutuata dal modello classico.

I nuovi bollini applicati su telai e componenti
I nuovi bollini applicati su telai e componenti

Un secondo bollino UCI

Oltre all’adesivo applicato ai telai (sul piantone) che sancisce l’omologazione della bicicletta, compare un secondo bollino dell’UCI, posizionato in punti diversi a seconda della bici e del componente.

A tutti gli effetti è un chip, una sorta di anti-frode che troverà diverse collocazioni su biciclette e componenti. E’ logico pensare che in futuro potrebbe essere inserito all’interno dei materiali, a scomparsa.

Quella S-Works tutta nera

Difficile pensare ad una nuova versione della Specialized Tarmac. Le forme di questa bici tutta nera usata da Hindley sono del tutto accostabili a quelle della Tarmac normalmente utilizzata (con l’interno della forcella di colore rosso e con il retrotreno verde) e già vista in dotazione ad Evenepoel, prima al Giro d’Italia e poi al Tour de Suisse.

L’impressione è quella di una bici più leggera, grazie al mancanza della verniciatura, ma nessuno vieta di pensare che è stato utilizzato anche un layup differente del carbonio. Crediamo al tempo stesso che i tempi per una nuova Tarmac siano maturi. E poi la sella “non convenzionale” di Hindley, non è una S-Works, ma potrebbe essere una Fizik, o meglio, una versione 00 ricoperta e unbranded fornita al corridore australiano. Avevamo già notato questo componente nel corso del Giro d’Italia 2022.

E questa Ridley?

La sola scritta sulla tubazione obliqua, nessun logo sullo sterzo, aerodinamica si, ma non estrema come la Noah Fast. Alcuni corridori del Team Lotto-DSTNY, come ad esempio Pascal Eenkoorn e Florian Vermeercsh, stanno utilizzando una bici differente dalla Helium SLX e dalla Noah Fast.

Cosa notiamo? Una forcella che offre tanto spazio al passaggio della ruota, delle tubazioni non troppo grandi e voluminose, un carro posteriore ribassato. Ridley si appresta al lancio di un nuovo modello?

Esile e sfinata, categoria O2 VAM. Vedremo una nuova Factor pensata per gli scalatori?
Esile e sfinata, categoria O2 VAM. Vedremo una nuova Factor pensata per gli scalatori?

Una Factor mai vista prima

L’abbiamo notata nel corso del tappone pirenaico che, tra le altre vette, ha scalato il Tourmalet ed è stata utilizzata da Simon Clarke. L’idea è quella di una versione rinnovata del modello O2 (infatti il logo compare sul fodero basso del carro), bicicletta che comunque utilizza anche l’acronimo VAM.

La nuova bicicletta è piuttosto sfinata, soprattutto nelle sezioni posteriori e mediana, dove si nota un’orizzontale schiacciato. L’anteriore invece, se pur accostabile alla Ostro, per forme e design, è magro ed asciutto, con una forcella con gli steli sottili. Anche le ruote basse sono una chicca, nell’era dei ruotoni lo sono ancora di più.

Monocorona da 56

Utilizzata per la prima volta nella frazione con arrivo a Bordeaux, è stata vittoriosa a Limoges. Pedersen ha usato una trasmissione con la corona singola anteriore da 56 denti. Il diametro di questo “padellone”, che prende forza anche per il fatto che è “piena” è davvero impressionante. Il corridore danese è solito utilizzare i pignoni con scala 10/30 oppure 10/33.

Woods nel vuoto del Puy de Dome. Colpi di stiletto fra “i due”

09.07.2023
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Due corse in una sul Puy de Dome, incredibilmente vuoto e silenzioso senza pubblico. Stavolta al Tour de France si è corso in modo simile al Giro d’Italia con due corse in una. E le due corse di oggi se le sono aggiudicate Michael Woods e Tadej Pogacar.

Due sfide dai contenuti tecnici più profondi di quanto non si sia visto da fuori e per questo Domenico Pozzovivo ci aiuta ad analizzarli. Il lucano ha una doppia valenza, è compagno di Woods alla Israel-Premier Tech ed è uno scalatore e visto che si parla di salita…

Per la tappa

La corsa si potrebbe riassumere in un “tanto tuonò che non piovve”, o quanto meno fece una “pioggerellina”. C’era un’attesa enorme attorno a questa tappa e a questa montagna, che mancava da 35 anni. L’Equipe aveva proposto una copertina dal sapore storico, giocando sul duello del 1964 fra Poulidor e Anquetil.

Invece il gruppo degli uomini di classifica lascia andare. La fuga va via al primo tentativo e prende un margine enorme, il cui vantaggio massimo supererà i 16′. 

All’imbocco della salita Matteo Jorgenson scappa e sembra averla fatta franca. Tutti gli occhi sono puntati su Woods, il favorito, che invece non reagisce. 

Woods mette Jorgenson nel mirino. Recupera qualche istante, poi scatta. Per il canadese (classe 1986) un successo che corona una lunga carriera di sport
Woods mette Jorgenson nel mirino. Recupera qualche istante, poi scatta. Per il canadese (classe 1986) un successo che corona una lunga carriera di sport
Domenico, ha vinto un tuo compagno. Complimenti!

Missione compiuta! Quando una squadra come la nostra, allestita per le tappe, ne vince una può ritenersi soddisfatta. Adesso i ragazzi correranno in modo più rilassato e magari potranno correre anche rischiando di più e, perché no, vincere ancora. 

Vincere porta a vincere, insomma?

Sì, sei più rilassato, non hai paura di perdere e rischi. E tutto sommato già oggi Woods è come se avesse giocato a poker. Si è un po’ rilassato ad inizio salita e poi è stato costretto a recuperare. Ma è riuscito a sfruttare le sue qualità.

E quali sono le sue qualità?

Quelle di un corridore molto bravo su salite di questo tipo: dure ma non troppo lunghe. Lui è molto esplosivo e venendo dall’atletica, dal mezzofondo, ha una capacità lattacida invidiabile.

Tu già lo conoscevi?

Sì, sono anni che lo conosco, che siamo avversari e poi da quest’anno corriamo insieme. Una persona di qualità, forte…

E anche lui non è proprio un bimbo! Woods conosceva questa frazione? Era venuto in avanscoperta in quella giornata organizzata da ASO?

No, perché non era al Delfinato. Michael era con me al Tour d’Occitanie, dove ha anche vinto. E’ riuscito a sfruttare questa tappa. La fuga è stata favorita dall’andamento tattico. Ci si aspettava un controllo fra Vingegaard e Pogacar, una partita a scacchi che appunto ha favorito la fuga. Se uno dei due doveva recuperare avrebbero chiuso, ci sarebbe stato un altro ritmo e la fuga non sarebbe arrivata.

L’altra corsa…

E poi appunto c’è stata la partita a scacchi fra la Jumbo-Visma e la UAE Emirates. Solo poco prima della salita la squadra di Vingegaard ha preso in mano la corsa. Poi sono subentrati i ragazzi di Pogacar e di nuovo i gialloneri. Fino allo scatto dei due a 1.500 metri dal traguardo.

Domenico, passiamo dunque alla sfida fra i due grandi di questa Grande Boucle… Tanto tuonò che non piovve: anche tu la vedi così?

Come detto prima si sono controllati. Quando poi di mezzo non c’è la vittoria di tappa le polveri inevitabilmente si bagnano un po’, non c’è mai la stessa carica agonistica. Per di più oggi la tappa è filata via tranquilla e ci hanno messo un po’ per passare alla modalità aggressiva.

Si conoscono molto bene. Pogacar ha portato un attacco di “X” secondi e l’altro sapeva che il suo affondo sarebbe durato così. Poi ha tenuto duro, ma l’altro ha insistito un pelo di più. Erano sul filo. Tutto molto tecnico-tattico. Tu come la vedi?

La verità è che io ho visto più preoccupato Pogacar che Vingegaard. Per me Tadej era molto attento al caldo. Se ci avete fatto caso si bagnava spesso su tutto il corpo. Sappiamo che quando fa caldo lui ha spesso una piccola contro-prestazione. Vingegaard dal canto suo contava su questa cosa e forse si aspettava che calasse un filo. Mentre Pogacar si è sentito meglio di quel che credeva e ha attaccato.

E riguardo ai watt?

Credo che entrambi ne abbiano espressi un filo meno che sui Pirenei, e credo dipenda proprio dal caldo.

Pogacar e Vingegaard sono davvero al limite e alla pari. Ormai si parla di metri, neanche di secondi. Sarà una lotta anche di nervi?

Senza ombra di dubbio. Questa è una componente fondamentale nella sfida uno contro uno. E in questo Tadej forse ha qualche chance in più, anche se l’altro ha una grande squadra.

Tutti per le tappe, senza Carapaz non cambiano i piani

09.07.2023
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La EF Education-Easy Post è una delle squadre più interessanti di questo Tour de France e per assurdo lo è ancora di più dopo che aver perso il suo leader: Richard Carapaz. La squadra americana infatti è piena zeppa di grandi attaccanti. Corridori di qualità che possono andare a caccia di tappe.

Qualche giorno fa il loro team manager, Jonathan Vaughters, un po’ a sorpresa, ha detto che il ritiro del loro leader non ha poi sconvolto così tanto la squadra della Grande Boucle.

Richard Carapaz sul traguardo di Bilbao col ginocchio sanguinante. Vaughters ha detto che Carapaz è tornato subito in Ecuador
Richard Carapaz sul traguardo di Bilbao col ginocchio sanguinante. Vaughters ha detto che Carapaz è tornato subito in Ecuador

Tutti per le tappe

Moreno Moser fa ci aveva detto di comprendere bene le scelte fatte dallo stesso team manager, vale a dire, portare tutta questa qualità anche a scapito di aiutare Carapaz.

«Siamo al Tour, ci sono due corridori che già prima del via si sapeva che si sarebbero giocati la generale, meglio puntare dunque sui traguardi parziali».

E tutto sommato il manager ha dato ragione al nostro esperto. Qualche giorno dopo il ritiro aveva detto a Cyclisme Actu che: «Vero, il morale dopo la perdita di Carapaz non è al 100 per cento, ma non è basso. E’ al 90 per cento».

L’americano aveva ribadito che la squadra era a caccia di tappe e che la loro corsa sarebbe cambiata ben poco dopo l’abbandono del campione olimpico, rivelando che anche Carapaz infatti puntava alle tappe.

Neilson Powless è per ora il leder della classifica dei Gpm, ma riuscirà a tenere questa maglia fino a stasera? (foto Instagram)
Neilson Powless è per ora il leder della classifica dei Gpm, ma riuscirà a tenere questa maglia fino a stasera? (foto Instagram)

Maglia a pois

E così tutto appare più lineare. Neilson Powless che va alla ricerca della maglia a pois. E ci va con criterio. Attacca, guadagna terreno e una volta agguantati tutti i punti dei Gpm necessari si ferma e si fa riprendere dal gruppo per non sprecare energie. Con l’incredulità del suo compagno di fuga. Questa è storia della terza frazione.

Powless ha cercato di restare davanti anche sui Pirenei, cercando di tenere le ruote di quel treno chiamato Wout Van Aert. Allo scollinamento del Tourmalet non è riuscito a fare la volata, ma è comunque transitato in quarta posizione, sufficiente per rivestirsi di bianco e rosso.

«Quando ho visto quella fuga dovevo esserci – ha detto l’americano ai microfoni del Tour – ma sapevo che sarebbe stata dura. Quando assaggi la maglia a pois è difficile farne a meno. So che sarà difficilissimo mantenerla. Vorrei farlo fino a domenica (oggi, ndr)». Nel pomeriggio si va sul Puy de Dome, salita storica e durissima.

Da Bettiol ci si attendono grandi cose. Il toscano sta correndo bene sin qui
Da Bettiol ci si attendono grandi cose. Il toscano sta correndo bene sin qui

Bettiol e Uran

C’è poi Alberto Bettiol, che in più di qualche occasione ha messo il naso davanti. E’ successo a San Sebastian e in parte ieri, seppur non ha trovato il varco – e forse le gambe – giuste. Alberto è un diesel ed è uno dei pochissimi ad aver corso anche il Giro d’Italia. La squadra ha grande fiducia in lui e le occasioni non gli mancano.

E da un veterano, perché tale è ormai Alberto per questa squadra, ad un altro: Rigoberto Uran. In gruppo i suoi colleghi ci dicono che va forte, ma i Pirenei lo hanno respinto. E dicono anche che dopo la prima frazione di montagna, avendo capito di non averne, “Rigo” si sia messo in modalità cacciatore di tappe.

Ha incassato un grande ritardo e risparmiato energie. Il problema è che i big qui vogliono tutto. Anche quando lasciano spazio – e non lo lasciano – alla fuga, poi vanno talmente forte che recuperano distacchi enormi in pochi chilometri.

Magnus Cort scatta un selfie coi compagni. L’atmosfera è buona: ora serve “solo” la vittoria (foto Instagram)
Magnus Cort scatta un selfie coi compagni. L’atmosfera è buona: ora serve “solo” la vittoria (foto Instagram)

Garanzia Cort?

Restano il giovane James Shaw, Esteban Chaves, l’esperto Andrei Amador e forse l’atleta più forte, Magnus Cort. Anche lui ha disputato il Giro e ha lasciato il segno a Viareggio, tappa molto simile a tante di quelle che ci sono nella porzione centrale di questo Tour de France.

Sin qui non si è mosso. Al Giro aveva fatto la stessa cosa. Lui è uno che fa male. Lo scorso anno aveva vinto a Megeve, nel cuore delle Alpi. Tuttavia la sua condizione non sembra essere al top e su di lui circolano voci di mercato che lo vorrebbero in direzione del connazionale Vingegaard.

«I ragazzi stanno bene – ha proseguito Vaughters – chiaramente non abbiamo più nessuno per la classifica generale, ma le tappe erano il nostro obiettivo sin dall’inizio. Cercheremo di stare attenti e di correre bene nelle tappe in cui la fuga avrà più possibilità di arrivare».

E non è un caso che ieri i suoi ragazzi, visto che la fuga non ha avuto scampo, e non sono riusciti a prenderla, nel finale si siano rialzati. Solo Bettiol, 47°, e Chaves hanno provato a tenere duro, gli altri hanno fatto gruppetto e sono arrivati ad oltre 6′. Energie risparmiate. Il Tour si corre anche così, con la strategia di Vaughters.

Pedersen stronca Philipsen, ma pesa l’addio di Cavendish

08.07.2023
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La tappa di Limoges ha la gioia di Mads Pedersen e dei suoi compagni della Lidl-Trek e lo sguardo silenzioso e sconfitto di Cavendish sull’ambulanza. «Questo è il ciclismo», diceva stamattina il velocista dell’Isola di Man, ma non avrebbe mai immaginato che il suo sogno di superare il record di Merckx si sarebbe fermato sull’asfalto a 60 chilometri dall’arrivo.

Mancano 60 chilometri all’arrivo, una distrazione e Cavendish finisce sull’asfalto. Il sogno finisce qui
Mancano 60 chilometri all’arrivo, una distrazione e Cavendish finisce sull’asfalto. Il sogno finisce qui

Quelli del cross

Non sarebbe stata la sua tappa e Mark lo sapeva. Scherzando aveva parlato di traguardo disegnato per gli uomini del ciclocross, indicando così Van der Poel e Van Aert, ma di colpo su quei due si è abbattuta una nemesi sfavorevole. L’olandese si è votato ancora una volta alla causa di Philipsen, finito secondo. Il grande belga invece aveva le gambe per vincere, ma si è dovuto fermare a ruota di Laporte che, nel tirargli la volata, ha avuto un rallentamento che l’ha fatto inchiodare.

«E stato uno sprint molto lungo – racconta Pedersen, il danese diretto e fortissimo – ma i ragazzi mi hanno pilotato bene. Ero ancora fresco quando ho iniziato la volata. Sprintare in salita in quel modo è molto difficile. A 50 metri dalla linea, le gambe mi facevano così male che ho avuto la tentazione di sedermi. Ma sapevo che anche Philipsen avrebbe fatto uno sforzo estremo per rimontare. E al Tour non importa che si vinca per un metro o per un centimetro».

I record intoccabili

Chissà a cosa starà pensando adesso Cavendish, che aveva davanti alle ruote altre due tappe per dare l’assalto a Merckx. Verrebbe quasi da dire che certi record andrebbero rispettati. Armstrong provò a umiliare quelli dei cinque Tour e finì schiacciato dalla sua arroganza, ma qui la storia è diversa. Lo sport si costruisce sull’abbattimento dei limiti insuperabili e abbiamo sognato tutti accanto a Cavendish. Solo che adesso davanti a lui non c’è più uno scopo apparente.

«E’ un onore aver corso con Mark – dice Pedersen – e a proposito, deve ancora darmi una maglia, perché dovevamo scambiarcele. Spero di esserci quando farà la corsa d’addio».

Il contratto di Mark con l’Astana Qazaqstan Team è per tutto l’anno, ma aveva il fuoco sul Tour: l’unica corsa che ha sempre avuto la capacità di accenderlo. Il secondo posto di ieri gli ha dato la sensazione di essere vicino, ma ora? Cav troverà ancora motivazioni ad andare avanti?

I due sconfitti

In cima al rettilineo di Limoges è andato in scena uno scontro fra pesi medi dotati di infinita potenza. E se tutti si aspettavano una resa dei conti fra Van Aert e Van der Poel, l’evidenza ha proposto lo scontro fra Pedersen e Philipsen, uno scintillante Groenewegen e lo sfortunato Van Aert.

«Mads è stato più forte – dice Philipsen – io ho sentito le gambe inchiodarsi. Mathieu ha fatto un altro super lavoro e mi dispiace non essere riuscito a finalizzarlo, soprattutto perché questo era un arrivo adatto anche a lui. Abbiamo deciso di puntare su di me, perché altrimenti avrei potuto perdere troppi punti per la maglia verde».

«E’ sempre frustrante – dice Van Aert – quando non riesci a finalizzare il lavoro della squadra. Ho fatto l’errore di aspettare troppo. Mathieu e Jasper mi hanno superato proprio mentre Christophe Laporte si è fermato. E’ colpa mia, dovevo partire prima. Avevo le gambe per vincere? Ce l’ho da tutta la settimana. Ma ora è il momento di lavorare per la maglia gialla, sperando di cancellare presto lo zero dalla casella delle mie vittorie».

Van der Poel avrebbe potuto fare il suo sprint? Probabilmente sì, ma è rimasto fedele a Philipsen
Van der Poel avrebbe potuto fare il suo sprint? Probabilmente sì, ma è rimasto fedele a Philipsen

Irriconoscibile VDP

Chi dovrebbe e di sicuro avrebbe qualcosa da dire è Mathieu Van der Poel, che continua nel cambiamento. Già qualche settimana fa aveva spiegato la necessità di selezionare gli obiettivi, il fatto che a Limoges si sia piegato alla necessità di difendere la maglia verde lo rende quasi irriconoscibile.

«Penso che Jasper non sia più riuscito a fare il suo sprint – dice – il che non è illogico in un simile arrivo. Peccato, ma ha fatto un buon lavoro per la maglia verde. Mads è ovviamente forte negli sprint lunghi e impegnativi come questo, sapevamo che la pendenza sarebbe stato il limite per Jasper. L’ho lasciato bene alla ruota di Pedersen, però Mads ha continuato ad accelerare. Se ho pensato a fare il mio sprint? No, avrei avuto carta bianca se Philipsen non avesse avuto gambe. Ma le aveva e poteva fare un buon lavoro per la maglia verde».

Il Tour è lungo, occasioni non mancheranno. In questa dolce serata nella Nouvelle Aquitaine si segnalano i brindisi in casa Lidl-Trek, per la gioia di Luca Guercilena e dei nuovi investitori. Ma chissà che l’imprevedibile Mathieu non abbia in testa di fare bene domani sul Puy de Dome, sulle strade che fecero la storia di suo nonno Raymond Poulidor. Anzi, varrebbe quasi la pena di scommettere che qualcosa inventerà…

Nuove opportunità per rendere unica la propria Trek

08.07.2023
3 min
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Alla vigilia del Tour de France Trek ha presentato una nuova iniziativa destinata ad incontrare l’interesse dei tanti appassionati del brand americano. Si tratta di otto nuovi schemi di verniciatura personalizzati Project One ICON che possiamo ammirare in questi giorni sulle strade di Francia. La Trek Madone con la quale sta gareggiando l’ex campione del mondo Mads Pedersen della Lidl-Trek presenta infatti una livrea del tutto particolare, che non sarà di certo sfuggita ad occhi attenti. 

Trek può contare su nuovi sistemi di colorazione: i Project One ICON
Trek può contare su nuovi sistemi di colorazione: i Project One ICON

Modelli unici

Grazie al sistema di verniciatura Project One ICON oggi è possibile rendere davvero “unica” la propria Trek. Chi acquista un modello Emonda SLR o Madone SLR ha infatti la possibilità di scegliere tra una infinita varietà di colorazioni differenti rispetto a quelle di serie. Il risultato finale è una bici dalla livrea unica, destinata ad essere notata e ammirata da tutti. 

Ogni schema è realizzato a mano utilizzando processi di verniciatura personalizzati per creare un design che non può essere in alcun modo replicato. Non ci saranno mai due Trek identiche.

I nuovi schemi di verniciatura rendono ancora più personalizzabili le bici del marchio americano
I nuovi schemi di verniciatura rendono ancora più personalizzabili le bici del marchio americano

Otto nuovi schemi

La Trek Madone di Pedersen è stata realizzata attraverso lo schema di verniciatura “Chroma Ultra-Iridescent”. Nasce da anni di prove, ma anche dalle capacità artistiche dei maestri più affermati di Project One. Per creare una livrea così particolare, occorrono livelli non comuni di abilità e know-how. 

Gli altri schemi di verniciatura presentati alla vigilia del Tour de France sono stati i seguenti: “Chroma Diamond Flake”, milioni e milioni di microscopici frammenti di cromo danno vita a uno schema dall’effetto straordinario. Il risultato è una livrea che brilla in modo diverso in base alla luce che cattura.

“Real Smoke”, uno schema di verniciatura sfumato, realizzato a mano che utilizza il fuoco come ingrediente principale. 

“Crystalline Blue Prismatic” e “Viper Frost”, due schemi di verniciatura, unici nel loro genere, creati organicamente fondendo insieme migliaia di minuscoli cristalli in reticoli che brillano con qualsiasi luce. 

“Team Tie Dye”, un esclusivo schema di verniciatura utilizzato sulle bici dei team professionistici.

Questa è la colorazione Red Smoke uno schema di verniciatura sfumato realizzato a mano
Questa è la colorazione Red Smoke uno schema di verniciatura sfumato realizzato a mano

Fra le aziende TOP

La vigilia del Tour de France ha portato in dono a Trek non solo otto nuovi schemi di verniciatura personalizzati, ma anche un importante riconoscimento. L’azienda americana è stata infatti inserita nell’elenco di Fortune Magazine che comprende le 100 migliori aziende per cui lavorare. Il riconoscimento si basa sul modello di indagine dei dati di “Great Place To Work” che raccoglie i feedback di 100 milioni di dipendenti in tutto il mondo.

«Il Great Place To Work Trust Survey è riconosciuto come lo standard globale per quantificare l’esperienza dei dipendenti (afferma Mark Joslyn, vicepresidente delle risorse umane di Trek, ndr).  Siamo onorati di essere elencati tra alcuni dei marchi più ammirati al mondo e siamo orgogliosi dei 7.000 dipendenti in tutto il mondo che hanno reso Trek l’azienda che è oggi».

Trek

Con Purito, gigante senza tempo, tra passato e futuro

08.07.2023
6 min
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VITORIA GASTEIZ – Camminando nel villaggio del Tour de France capita d’incontrare Joaquim “Purito” Rodriguez. Il grandissimo spagnolo è allo stand di Santini, che fornisce le maglie ufficiali della Grande Boucle. Purito è il testimonial spagnolo del brand italiano.

Tanti i tifosi che si fermano per una foto o passano per un saluto, uno è Alberto Contador! I due si battono il pugno, rispettando il protocollo sanitario imposto dal Tour.

Due battute per rompere il ghiaccio. «Sai che in Italia hai tanti tifosi?», gli facciamo. «Sì, tanti… poi dopo quel Giro ancora di più – replica lui – ma devo dire che ne avevo parecchi in tanti posti».

Giro 2012 Purito Rodriguez fu 2° per soli 16″ da Hesjedal. Per la crono finale lui e Mariano stravolsero la posizione nella notte pur di scovare qualche watt in più
Giro 2012 Rodriguez fu 2° per soli 16″ da Hesjedal. Per la crono finale lui e Mariano stravolsero la posizione nella notte pur di scovare qualche watt in più
Purito, iniziamo con un amico in comune con bici.PRO, il biomeccanico Alessandro Mariano… Quanti aneddoti. Lo facevi impazzire?

Sì, “Sandro” è il mio papà italiano. L’ho conosciuto nel 2004 ai tempi della Saunier-Duval ed è vero: era l’unico che mi poteva mettere in bicicletta bene come dicevo io. E’ la persona che più mi conosceva a fondo nel modo di pedalare.

Uno spagnolo nel Tour che è partito dalla Spagna, le prime frazioni, soprattutto quella inaugurale, sarebbe stata la tua tappa…

Purtroppo sono vecchio (ride, ndr), tutto questo doveva succedere qualche anno fa e sarebbe stata una bella tappa per me. Però dico che l’hanno fatta ad un alto ritmo. La tappa era dura, ma non durissima e presto si è fatto un gruppetto di 40 corridori. Il ciclismo di oggi è abbastanza più veloce del nostro.

Purito sarebbe stato competitivo in questo ciclismo?

Io credo di no. E ne sono quasi certo. Dico questo perché io correvo in un altro modo. Un modo più esplosivo. Mi piaceva una corsa un po’ più lenta e poi dare una grande botta, puntare su una grande differenza di ritmo. Invece come ho detto prima, oggi vanno a tutta sin da subito. E io ricordo bene che la velocità alta e costante mi ammazzava. I leader non stanno troppo a guardarsi. Se devono partire a 60 chilometri dall’arrivo partono e basta. A me piaceva tenere le energie per la sparata alla fine.

Purito era un fenomenale scattista. Era fortissimo sulle salite ripide. Eccolo vincere la Freccia Vallone 2012
Purito era un fenomenale scattista. Era fortissimo sulle salite ripide. Eccolo vincere la Freccia Vallone 2012
Ti piace il percorso di questo Tour così mosso? E in generale ti piacciono i nuovi tracciati, appunto parecchio ondulati?

Molto. Basta pensare a queste prime tappe: sia a quelle nei Paesi Baschi che sui Pirenei. L’ultima settimana magari è la meno impegnativa, ma nel complesso è un percorso duro e bello per gli scalatori… e per gli attaccanti.

Secondo te sarà ancora un discorso a due? O si potrà inserire qualcun altro?

Io credo che loro due – Vingegaard e Pogacar – siano un passo avanti a tutti. Deve succedere qualcosa di particolare perché il Tour non lo vinca uno di loro e che l’altro faccia secondo.

Mikel Landa ha detto che lui e gli spagnoli di oggi hanno dovuto raccogliere un’eredità importante: la vostra, quella di Purito, di Contador, di Valverde. Secondo te è un peso per loro?

Non è un peso, ma certo è vero che per la Spagna quell’epoca, la nostra epoca, è stata spettacolare. Eravamo parecchi: Alejandro (Valverde), Oscar (Freire), Samuel (Sanchez), io, Alberto (Contador)… Uno ti vinceva il Tour, l’altro il Giro, quell’altro il Lombardia, l’altro ancora l’Olimpiade…

Mamma mia!

Eh – sospira con orgoglio – diciamo che alle corse in cui andavamo normalmente c’era uno spagnolo che vinceva. Ma questo non vuol dire che adesso non ci sia un buon ciclismo in Spagna. Posto che poi per me i paragoni sono sempre un po’ brutti. E’ come quando si compara il nostro ciclismo a questo. Il nostro era bello, questo è bello altrettanto. Anzi, da fuori, mi piace più questo che il nostro. Poi tecnicamente mi si adattava meglio l’altro, ma entrambi sono stati belli. E lo stesso è buono il livello del ciclismo spagnolo. Magari ci sono meno corridori super forti che ai nostri tempi.

Alberto Contador, Joaquim Rodriguez e Alejandro Valverde: quanta classe in una foto. Forse il più alto momento di sempre del ciclismo spagnolo
Alberto Contador, Joaquim Rodriguez e Alejandro Valverde: quanta classe in una foto. Forse il più alto momento di sempre del ciclismo spagnolo
La generazione spagnola che arriva sembra ancora più forte. Avete Juan Ayuso, Carlos Rodriguez…

E ci sono altri nomi ancora dietro tra le giovanili. Penso per esempio ad Arrieta o al figlio di Beloki, Markel, che ha vinto il campionato nazionale juniores a crono ed è stato secondo in quello in linea. Ci sono corridori che stanno crescendo parecchio. Io credo che sia in arrivo un’altra generazione fortissima. E’ questione di pochissimi anni.

E allora dicci: qual è il segreto della Spagna?

Il ciclismo stesso, perché fa parte della nostra cultura. Abbiamo una tradizione ciclistica “tremenda”. Ho smesso quasi da dieci anni, ma quando vado in giro per strada mi conoscono tutti. Nei Paesi Baschi poi… In Spagna, il ciclismo si vive. La gente si appassiona col nostro sport. E se nella tua famiglia si respira una bell’atmosfera ciclistica, i bimbi vanno in bici. E credo che questa sia la cosa più importante.

Il ciclismo vive di duelli, da quelli storici in bianco e nero, a quelli attuali passando per i tuoi. Sempre restando in Spagna ce n’è uno che promette scintille: Ayuso-Carlos Rodriguez. Se ne parla in Spagna?

Ancora non se ne parla, ma se ne parlerà: seguro. Per ora ci sono ancora grandi corridori come Marc Soler, Mikel Landa stesso, Pello Bilbao che stanno tirando il ciclismo spagnolo. Poi credo anche già alla fine di quest’anno Juan Ayuso sarà il ciclista spagnolo più forte.

Carlos Rodriguez (a sinistra) e Juan Ayuso: i gioielli della Spagna per i prossimi anni (foto Real Federacion Espanola Ciclismo)
Carlos Rodriguez (a sinistra) e Juan Ayuso: i gioielli della Spagna per i prossimi anni (foto Real Federacion Espanola Ciclismo)
Cosa te lo fa dire?

Abbiamo visto al Giro di Svizzera come si è comportato, come ha corso e non solo per il risultato. E mi è piaciuto come ha reagito dopo il problema al ginocchio, questa sua resurrezione. E’ tornato in corsa al Romandia, dopo tanti mesi senza gare, e ha vinto. Vuol dire che è un ragazzo che ne ha. E’ stato capace di fare terzo alla Vuelta così giovane. Sicuramente Ayuso farà parte dei grandissimi… non solo spagnoli.

Chi ti piace di più fra i due?

Ayuso: più dinamico. Carlos Rodriguez è fortissimo, ma è più regolare, meno vistoso, ideale per i grandi Giri. Mentre Ayuso, come gli dico io, è un “assassino”! Quando vede l’arrivo… non perdona.

Quindi Ayuso è Purito e Carlos Rodriguez è Indurain!

Ah, ah, ah… Purito non sta a quel livello! 

Philipsen strozza l’urlo di Cavendish e fa infuriare Girmay

07.07.2023
4 min
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«Tu stavi per alzare le braccia – dice Zanini con un sorriso amaro – se vinceva Cavendish, io alzavo la macchina…».

La volata di Bordeaux si è conclusa da poco con la terza vittoria di Jasper Philipsen, ma anche questa volta, come nel primo sprint a Bayonne, alle sue spalle non si sono levati applausi ma pugni al cielo. Sono furibondi quelli della Intermarché-Circus e anche l’Astana non è parsa troppo conciliante. Al punto che Bourlart del team belga e lo stesso kazako sono andati a parlare con la Giuria dello spostamento plateale del vincitore da sinistra a destra, che ha ostacolato i rivali: Girmay su tutti. I due si erano stretti la mano dopo che Biniam aveva soffiato al collega i punti del traguardo volante, ma ora la rivalità rischia di farsi incandescente.

La Giuria ha fermato le ammiraglie, la rincorsa di Cavendish e Van der Poel è stata lunga e dispendiosa
La Giuria ha fermato le ammiraglie, la rincorsa di Cavendish e Van der Poel è stata lunga e dispendiosa

«Tanto non lo squalificano – riprende Zanini – ormai non si può più fare reclamo come una volta. Loro decidono e così resta. Comunque ci riproviamo. “Cav” sta bene, meglio che al Giro. E arrivato qua più magro e al Tour le motivazioni non mancano di certo. Magari il giorno non sarà domani, visto che l’arrivo un po’ tira, ma le occasioni ci sono.

«Peccato anche che per rientrare da un cambio bici abbiamo impiegato un sacco di strada. Ci sono più moto che corridori. I giudici vogliono tenere la colonna stretta, ma quando è il momento di tenere le macchine vicine, non ti fanno passare. E lì si creano i buchi. E’ già la seconda volta…».

La Giuria ha rivisto il filmato e ha giudicato regolare la vittoria di Philipsen. Cavendish in ogni caso non ne era stato ostacolato, ma in caso di squalifica, avrebbe avuto la vittoria che gli manca.

Anche oggi un grande lavoro di squadra per la Alpecin-Deceuninck per la volata di Philipsen
Anche oggi un grande lavoro di squadra per la Alpecin-Deceuninck per la volata di Philipsen

Nessun regalo

Philipsen fa il tris con il solito imperiale lavoro di Mathieu Van der Poel, che è partito fortissimo per portarlo fuori dal gruppo e c’è da capire se spenderebbe di meno e otterrebbe ugualmente il risultato voluto se partisse più lungo e in modo più graduale.

«Ancora una volta – dice Philipsen – possiamo essere orgogliosi di una grande prestazione di squadra. Senza di loro e il modo in cui lavoriamo e ci troviamo, non sarebbe possibile vincere. Sono sempre stato coperto e ho risparmiato perfettamente le forze per lo sprint. Chiunque mi avesse detto una settimana fa che avrei vinto le prime tre volate, lo avrei preso per pazzo, sono davvero molto felice e orgoglioso.

«Cav è stato di nuovo fortissimo – prosegue – mi piacerebbe anche vederlo vincere. Penso che tutti glielo augurino. Sicuramente continuerà a provarci, ma io non gli regalerò niente. Non vedo l’ora che arrivi lo sprint di Parigi, ne sto facendo il mio obiettivo, oltre alla maglia verde».

Philipsen inizia a spostarsi, Cavendish lo guarda: la volata entra nel vivo
Philipsen inizia a spostarsi, Cavendish lo guarda: la volata entra nel vivo

Le scelte di Van Aert

Chi invece nella volata non si è buttato e ha preferito sfilarsi e arrivare oltre i tre minuti è Wout Van Aert, visto in coda al gruppo per tutto il giorno e poi sfilato nel momento in cui i team hanno accelerato per preparare la volata.

«Ovviamente ero un po’ stanco dopo una giornata come quella di ieri – ha detto – è stata super dura per tutta la squadra. Naturalmente speravamo che Jonas (Vingegaard, ndr) potesse mettere la ciliegina sulla torta con una vittoria di tappa, invece ci siamo imbattuti in un Pogacar fortissimo. Dobbiamo accettarlo ed essere felici di avere ancora vantaggio in classifica. La battaglia è tutt’altro che finita. Non ho sprintato perché penso che la corsa di domani mi vada meglio. E’ il momento di fare delle scelte».

Bravo Johannessen, terzo dietro a “quei due” e re del Tourmalet

07.07.2023
4 min
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La tappa di ieri è stata calamitata dal duello fra Vingegaard e Pogacar, ma ha portato con sé un altro risultato importante, quello di Tobias Johannessen. Il norvegese della Uno-X Pro Cycling è arrivato terzo a Cauterets-Cambasque.

Qualcuno si è stupito, noi fino ad un certo punto. Conosciamo da un po’ questo biondo vichingo. Classe 1999, lo avevamo visto lottare al Giro U23 con Ayuso e poi al Tour de l’Avenir (che vinse) con Carlos Rodriguez nella calda estate del 2021.

In Norvegia, il ciclismo è uno sport importante: non è lo sci di fondo o il biathlon, ma sta crescendo tantissimo. Merito di campioni come Thor Hushovd, prima, e Alexander Kristoff, poi. Lo stesso ex iridato che è il leader della Uno-X ha espresso grandi parole per Tobias. E la stessa squadra lavora moltissimo col settore giovanile. Tobias ne è un esempio.

Il norvegese ha scollinato in testa sul Tourmalet. In Norvegia questa “conquista” ha avuto grande risalto
Il norvegese ha scollinato in testa sul Tourmalet. In Norvegia questa “conquista” ha avuto grande risalto

Un norvegese sul Tourmalet

In Norvegia ha fatto uno scalpore inaspettato non tanto il suo terzo posto, quanto il fatto che Johannessen sia passato in testa sul Tourmalet. “E’ la prima volta nella storia per un Norvegese”: più o meno sono stati questi i titoli della stampa scandinava. Di fatto, visti i loro fisici possenti, non hanno mai avuto tutti scalatori di questo livello.

“Un momento da pelle d’oca”, avrebbero detto i commentatori della Tv di stato di Oslo. E di pelle d’oca ci ha parlato lo stesso Tobias.

«Essere qui al Tour – ci ha detto Johannessen – è una forte emozione. E’ incredibile vedere tutta questa gente. Pazzesco. E’ la prima volta che provo qualcosa del genere. Essere qui è un sogno che avevo da bambino».

Tobias Johannessen è al suo primo Tour (che è anche il suo primo grande Giro)
Tobias Johannessen è al suo primo Tour (che è anche il suo primo grande Giro)

Obiettivi in divenire

Da uno come Tobias ci si poteva attendere che curasse la classifica generale, ma non è del tutto così. Già a Bilbao ci aveva confidato che prima avrebbe visto come sarebbero andate le frazioni iniziali e poi avrebbe valutato, ma che tutto sommato le tappe non gli sarebbero dispiaciute affatto.

«Io cercherò di tenere finché posso – ci aveva detto – ma credo che le tappe siano la carta migliore per noi della Uno-X».

Nella prima frazione di montagna non è andato benissimo: ha incassato oltre 15′. «Ho seppellito le mie gambe per seguire Van Aert», aveva detto in relazione alla frazione di Laruns. Ciò nonostante, ieri era di nuovo pronto a dare battaglia.

Johannessen (qui sul Tourmalet) ha tenuto le ruote dei big fino ai -4 km. Poi salendo di passo ha conquistato la terza piazza a Cauterets-Cambasque (foto Instagram)
Tobias (qui sul Tourmalet) ha tenuto le ruote dei big fino ai -4 km. Poi salendo di passo ha conquistato la terza piazza a Cauterets-Cambasque (foto Instagram)

Il nuovo che avanza

Ieri lui è arrivato terzo e Carlos Rodriguez settimo, tra i migliori del gruppetto della maglia gialla: una rivalità che si rinnova.

«Carlos è un rivale, lui può lottare per il podio. Ma se vuoi essere forte qui al Tour devi ragionare da squadra e non da singolo. Dico però che è bello vedere che molti dei ragazzi di quel Tour de l’Avenir siano presenti in questo Tour de France».

Per ora Tobias vuol fare il meglio possibile: questo è l’obiettivo, al netto di questa o quella tappa o di un determinato posto nella generale. Tutto è un po’ in divenire. Una cosa è certa: la grinta non gli manca. Nella prima frazione ha toccato i 210 battiti sul Pike.

«Con la squadra siamo stati in altura un paio di volte in questa stagione, spero che le gambe volino».

E le gambe tutto sommato hanno volato. Lo stesso Johannessen ieri ha detto che erano buone, ma che “quei due” erano troppo più forti.

«Chi vince il Tour? Penso uno di quei due, ma non so chi. Credo che sarà un Tour de France davvero fantastico da guardare in televisione. Pogacar e Vingegaard si attaccheranno a vicenda e lo faranno fino in fondo. Sicuro».