La scelta di Sagan è un assaggio di futuro

02.11.2021
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Lo guardi. Lo ascolti. Provi a ricordare com’era e ti rendi conto che il Sagan di oggi è un altro mondo rispetto al ragazzino che a vent’anni cominciò a spaccare tutto. E’ cambiato lo sguardo, è cambiato anche il tono. Ci si chiede fino a quando saranno vincenti Pogacar ed Evenepoel, senza rendersi conto che Peter l’ha già fatto e la sua parabola potrebbe aver tracciato la via. Nove anni al top con 109 vittorie, dai 20 ai 29. Il Fiandre, la Roubaix, tre Gand, tre mondiali di seguito, 12 tappe e 7 maglie verdi al Tour. Si fa fatica a contarle, sembra poco? Sembra un secolo fa, in realtà si va così veloci che in una stagione si concentra quello che normalmente accadeva in due. Pensate alla Sanremo di Stuyven, non vi sembra lontanissima? Invece è successo quest’anno.

E così, con le 32 candeline che spegnerà il 26 gennaio in maglia Total Energie, Peter si spinge in una fase da decifrare. C’è chi dice che la scelta francese sia stata un ripiego a fronte di risultati che non vengono come prima, si vedrà. Di sicuro, quasi fosse un robot instancabile, da lui si continuano a pretendere il salto doppio e la piroetta, come da Pogacar si vorranno ogni anno il Tour e la Liegi. E sembra persino strano che Evenepoel, in un raro riflesso di normalità, sia rimbalzato contro le durezze del Giro. Bentornati con i piedi sulla terra.

Progetto di crescita

Sagan riparte dalla Francia, da una squadra più piccola di quelle cui era abituato. Si dimentica però che anche la Bora-Hansgrohe in cui approdò nel 2016, fresco di maglia iridata, era ancora una professional sulla porta del WorldTour.

«Voglio aiutarli a crescere – dice – presto mi sentirò come a casa mia. Bernaudeau (team manager della squadra, ndr) è serio quando necessario e divertente nel resto del tempo. Vuole che i suoi corridori si divertano sulla bici. Attenzione, siamo d’accordo: il ciclismo è un lavoro a tempo pieno e bisogna prenderlo sul serio. Richiede molti sacrifici, ma bisogna anche saper valorizzare il piacere, mettere un po’ di leggerezza in tutto ciò che si fa, altrimenti non dura».

Alla partenza del Fiandre, con Pedersen, Van der Poel, Van Aert e Alaphilippe: nell’olandese Sagan rivede se stesso?
Alla partenza del Fiandre, con Pedersen, Van der Poel, Van Aert e Alaphilippe: nell’olandese rivede se stesso?

La routine della pressione

Con Peter in Francia sono arrivati Specialized e Sportful. E se due marchi così continuano a seguire il personaggio più che le sue vittorie, vuol dire che oltre all’amicizia si può parlare di un ritorno.

«La TotalEnergie – dice Peter – mi voleva davvero e lo ha dimostrato per tutto il tempo. Ad ogni nostra domanda, hanno risposto immediatamente, mentre altri impiegavano settimane. Sta nascendo una squadra intorno a me e questo è ciò che mi attrae del progetto. E’ una pressione, certo, ma la pressione è la mia routine da molto tempo. Non crediate che nelle squadre precedenti fosse troppo diverso».

Suo figlio Marlon va a scuola a Monaco e sta crescendo con il francese: «Dovrò impararlo meglio per capire cosa dice!»
Suo figlio Marlon va a scuola a Monaco: «Dovrò imparare il francese per capire cosa dice!»

Sbarco in Francia

Il salto verso l’ignoto sarà semmai l’approdo in un team francese. Perché è vero che Specialized è americana, ma è altrettanto vero che in Francia comanda la Francia. La lingua del gruppo smetterà di essere l’inglese a prescindere e per rapporti quotidiani con gli sponsor e i media, imparare il francese diventerà un passaggio piuttosto cruciale.

«Ho conosciuto tre squadre prima di questa – dice – e ogni volta mi sono integrato rapidamente. Anche se questa volta mi rendo conto che dovrò prendere lezioni di francese. Parlare la lingua è fondamentale in una squadra di casa, una vera risorsa. In realtà è anche ora di farlo. Mio figlio Marlon va a scuola a Monaco e parla già un po’ di francese. E’ essenziale che lo impari anche io per capire cosa sta dicendo…».

Sagan lascia la Bora-Hansgrohe dopo 5 stagioni, le stesse trascorse nel gruppo Liquigas, poi Cannondale
Sagan lascia la Bora-Hansgrohe dopo 5 stagioni, le stesse trascorse nel gruppo Liquigas, poi Cannondale

Il tempo che passa

Le cinque vittorie e gli otto podi fanno capire che sarebbe bastato davvero poco per dare anche al 2021 i contorni di una stagione trionfale: con cinque vittorie è comunque un’annata positiva. E se Nibali  e gli uomini di classifica hanno dovuto chinare il capo davanti a Pogacar, Bernal, Tao Geoghegan Hart e Hindley, uno come Peter si è scontrato contro quella furia di Van der Poel e c’è da scommettere che in certi momenti gli sia sembrato di rivedere il se stesso di dieci anni fa.

«Faccio tanti piazzamenti – ammette – ma ogni tanto vinco anche io. Il ciclismo è cambiato molto negli ultimi tre anni. Questo di per sé potrebbe non avere nulla a che fare con il mio percorso precedente, ma è un dato di fatto. Sono comparsi volti nuovi, ragazzi di talento ed è cambiato anche il modo di correre. Se voglio continuare, non ho altra scelta che adattarmi e lavorare e lavorare ancora. Una volta vincevo regolarmente e sono diventato campione del mondo per tre anni consecutivi, ma non è mai stato facile. Le mie vittorie, come quelle degli altri, sono frutto di sacrifici. E’ il prezzo da pagare per arrivare in cima e soprattutto per restarci. Corro da quando avevo 9 anni, oggi ne ho 31: è tanto tempo. Penso di poter dire che amo quello che faccio, che faccio tutto il possibile per essere protagonista in gara. Ma sì, sto invecchiando anch’io…».

Ursus “guida” la performance del team TotalEnergies

06.07.2021
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Sulle strade del Tour de France, così come nel corso dell’intera stagione agonistica, gli atleti della TotalEnergies montano sulle proprie Wilier Triestina le ruote Ursus Miura TS37 Evo Disc e Miura TS47 Evo Disc. 

Anche quest’anno il brand veneto, con sede (nuova e bellissima) a Rosà, è ancora al fianco della squadra francese. Come? Con la fornitura delle ruote top di gamma Miura TS37 Evo Disc e Miura TS47 Evo Disc: due specifici set da competizione molto apprezzati dagli atleti per le loro caratteristiche di leggerezza, scorrevolezza e reattività.

Le Miura TS47 Disc, le più apprezzate dai corridori
Le Miura TS47 Disc, le più apprezzate dai corridori

Miura, una tecnologia al top

I corridori della TotalEnergies che alla Grande Boucle hanno preso il via da Brest sono: Anthony Turgis, Cristian Rodriguez, Fabien Doubey, Jeremy Cabot, Julien Simon, Pierre Latour, Victor de la Parte e l’esperto norvegese Edvald Boasson-Hagen. In base alle caratteristiche del percorso, e ovviamente alle condizioni meteo, tutti loro hanno la possibilità di scegliere se utilizzare cerchi con profilo da 37 oppure da 47 millimetri. In entrambi casi, sia le Miura TS37 Evo Disc quanto le TS 47 Evo Disc, sono ruote in carbonio monoscocca per tubolari da 24 millimetri e dotate di tecnologia CeramicSpeed.

La Wilier della TotalEnergies con le ruote Ursus
La Wilier della TotalEnergies con le ruote Ursus

Feedback essenziali

Il reparto di ricerca e sviluppo Ursus ha prima disegnato, sviluppato e poi ottimizzato le ruote della linea TS Evo tenendo conto proprio dei feedback forniti dai moltissimi corridori che negli ultimi quindici anni hanno impiegato in corsa ed in allenamento le ruote con il marchio del toro. E proprio per soddisfare le loro specifiche (e rigorose) esigenze, Ursus ha sintetizzato nelle ruote di questo segmento la leggerezza, la rigidità e l’affidabilità necessaria per delle ruote altissimo di gamma.

Nel corso delle tappe a cronometro, gli stessi corridori della TotalEnergies impiegano la ruota lenticolare posteriore Gauro accoppiata alla anteriore TS87 Disc, oppure in alternativa una ruota a tre razze realizzata esclusivamente per il team: in ogni caso e sempre ruote progettate da Ursus per raggiungere alti livelli di aerodinamicità e di controllo delle traiettorie.

ursus.it

Un’estate senza Tour per Niccolò Bonifazio

26.06.2021
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La valigia era pressoché pronta. In pratica, mancava soltanto la nuova maglia del Team Total Drect Energie per completare i bagagli e volare in Bretagna. Dopo due Tour de France consecutivi, invece, Niccolò Bonifazio non sarà alla partenza della Grande Boucle che scatta oggi. Una doccia fredda che ha lasciato svuotato il ventisettenne ligure di Diano Marina, già pronto però a riscattarsi sin dalle prime occasioni che si troverà davanti.

Che effetto fa vedere spegnersi il sogno così in extremis?

Brucia, perché ci arrivavo con uno stato di forma perfetto. Ho fatto il campionato italiano senza particolari ambizioni perché il percorso era troppo duro per me e così avevo già la testa al Tour, impaziente di partire.

Niccolò con suo fratello Leonardo ai campionati italiani di Imola
Niccolò con suo fratello Leonardo ai campionati italiani di Imola
La squadra che cosa ti ha detto riguardo all’esclusione?

Hanno fatto delle scelte tecniche, decidendo di puntare sulle fughe e sulle tappe in salita. Quest’anno non c’era proprio spazio per gli uomini veloci. 

Hai pensato a come riorganizzare la stagione?

Non è stato detto, ma all’inizio dell’anno ho avuto il Covid e questo ha creato parecchi problemi nella preparazione, perché a gennaio sono rimasto fermo a casa. Ho corso poco e non è stato un bell’inizio di stagione, però nei test successivi avevo i miei numeri migliori degli ultimi anni, a dispetto della malattia. 

E’ stato difficile ritrovare la forma?

Sono un esperto nelle preparazioni invernali, avendo sempre vissuto in una zona dove c’è sempre bello e non manca mai la possibilità di allenarsi. Volevo partire forte anche quest’anno, già da novembre mi ero mentalizzato per arrivare al top a marzo.

Vincitore di una tappa alla Parigi-Nizza 2020, il contratto di Niccolò con il team scade nel 2022
Vincitore di una tappa alla Parigi-Nizza 2020, il suo contratto scade nel 2022
Anche perché la Milano-Sanremo è la tua corsa di casa, basta passare sul Poggio per accorgesene, trovando tante scritte per te…

Sono nato a 10 chilometri dalla Cipressa, per cui per me Cipressa e Poggio sono la routine negli allenamenti e anche ora che vivo a Montecarlo continuo a farle come salite appena posso. Purtroppo, a causa di questo “buco” di allenamenti di 20 giorni, mi è mancato qualcosa a livello fisico e all’ultimo chilometro del Poggio mi sono staccato. Con il senno di poi, non si sa, perché la preparazione è stata giusta, ma mi sono mancati quei due minuti di resistenza in cima al Poggio per arrivare giù coi migliori quest’anno. 

Senza Tour, come cambia la tua estate?

Viene a mancare l’obiettivo a cui tenevo di più, ma mi riscatterò con le corse di fine stagione. Agosto, settembre e ottobre mi farò trovare super pronto e spero di fare davvero bene. Penso e spero che correremo tanto in Italia, per cui spero che mi vediate là davanti. Non mi sono sorpreso della sua vittoria, ha trionfato praticamente senza appello.

Esclusione a parte, come va con la compagine francese?

Mi trovo bene, a parte questo inizio di stagione che non ha girato per il verso giusto, e con loro ho il contratto che mi lega ancora per un altro anno, vediamo come andrà. 

Lo scorso anno, Niccolò ha concluso il Tour con il 14° posto a Parigi
Lo scorso anno, Niccolò ha concluso il Tour con il 14° posto a Parigi
Parlando d’Italia, ti aspettavi il morso del cobra al campionato tricolore?

Sonny (Colbrelli, ndr) andava già forte al Delfinato e con una condizione così su quel percorso, un corridore come lui non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione. Ha stravinto e con quella forma lì al Tour si leverà parecchie soddisfazioni.

Il tuo sogno per il futuro?

Sto pensando di lasciare un po’ perdere l’obiettivo Sanremo, ma ogni anno ci ricapito in mezzo. Quest’anno ho evitato le salite, ho lavorato tantissimo sull’esplosività e sulla forza perché avevo pensato alle volate di gruppo del Tour. Sono sempre stato fissato sul peso per passare le salite perché un chilo o due in più sono determinanti a un certo livello e fanno sì che ti stacchi. Per questa stagione, ho deciso di rimanere un po’ più pesante e ho avuto i miei frutti perché ho fatto tutti i miei record in volata, compreso quello sul minuto. Dispiace, perché mi sentivo davvero pronto per lasciare il segno in Francia. 

Che lavori hai fatto?

Tante volate, innumerevoli ripetute da seduto sulla sella o in piedi. Mi sono concentrato su questi sprint da un minuto “alla morte” per essere ancora più forte. Nel nostro gruppo di allenamento siamo in tre o quattro e c’è sempre mio fratello Leonardo. Averlo di fianco mi motiva a dare il 120 per cento, è sempre molto bello.

Turgis, un Fiandre spavaldo. Ma quella borraccia…

05.04.2021
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Forse avrebbe avuto persino le gambe per seguire Asgreen e Van der Poel. Se c’è un corridore che ieri ha sprecato l’ira di Dio è Anthony Turgis.

Il francese passa nella zona mista che sembra abbia disputato un’altra corsa. Il suo volto è decisamente più impolverato della media, almeno degli altri capitani. E’ segno che è stato parecchio a bordo strada, che ha dovuto spesso prendere aria per risalire o mantenersi nelle posizioni di testa e che non aveva chi lo proteggeva.

Anthony Turgis (26 anni) ha chiuso il Fiandre all’ottavo posto
Turgis AnthAnthony Turgis (26 anni) ha chiuso il Fiandre all’ottavo postoony

Energie sprecate

Un sacco di volte scattavano e dietro lui chiudeva, rincorreva. Il corridore della Total Direct Energie non è nuovo a grandi prestazioni. Lo scorso Giro delle Fiandre fu quarto e quest’anno aveva aperto la sua campagna del Nord con il secondo posto alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne.

Ma nonostante sia il più impolverato, Anthony ci sembra anche uno dei più sereni. Il suo sguardo sembra appagato, soddisfatto.

«I miei compagni hanno cercato di proteggermi il più possibile – ha detto Turgis, quasi a mettere le mani avanti quando un collega francese gli faceva notare che ha praticamente corso da solo – e mi hanno aiutato a rientare dopo la caduta.

«E’ stato molto bello riuscire a seguire Alaphilippe nel suo attacco sul Koppenberg. Peccato sia rimasto un po’ “incastrato” sul Taaienberg. Ci ho pensato un po’ troppo e forse avrei dovuto chiudere prima. Ho spinto anche tra i muri, però o mi muovevo o sarei rimasto indietro».

Borraccia fatale?

E alla fine in qualche modo era rientrato sul drappello dei migliori. Ma prima dell’ultimo passaggio sul Kwaremont, dove tutti sapevano che sarebbe accaduto qualcosa, ecco l’ennesimo spreco. Turgis si sposta per prendere la borraccia. E si “distrae” dalla corsa. Il suo sguardo è rivolto verso il massaggiatore che gliela pone e in quel momento c’è un attacco di Asgreen. Van der Poel e Van Aert rispondono e lui resta lì.

E quando glielo chiediamo, lui capisce al volo.

«Nessuna distrazione – dice Turgis – avevo assolutamente bisogno di una borraccia. Ero a secco già da un po’. Ho preferito essere sicuro di potermi idratare perché gare del genere se non lo fai alla fine può essere fatale. Possono arrivare dei crampi all’improvviso».

Di certo, per come pedalava ieri sembrava uno dei più forti. Spingeva bene il rapporto nonostante non sia un gigante. Chi lo conosce ci dice che non è un ragazzo affatto timido. E’ uno che quando ha gamba lo dice, punta e corre senza paura.

Asgreen scatta e dietro si nota Turgis che mette a posto la borraccia Anthony
Asgreen scatta e dietro si nota Turgis che mette a posto la borraccia Anthony

Sognando la Ronde

Secondo a Bruxelles, come detto, decimo alla Sanremo, ottavo alla Gand… questo Turgis è un corridore vero. Deve maturare e affinare il suo modo di correre, ma è altrettanto vero che la sua squadra, seppur buona, non è all’altezza delle WorldTour. Solo Van der Poel per adesso è riuscito a rompere l’egemonia dei team più grandi. E per questo capiamo quel suo sguardo tutto sommato felice e senza rimpianti.

«Sono molto felice. Ho pedalato fianco a fianco con i big dimostrando di essere uno dei corridori che vincere il Giro delle Fiandre». 

Chissà, magari senza quella borraccia già quest’anno sarebbe potuta andare diversamente…

Jerome Cousin

Ursus non si accontenta, anzi rilancia!

16.02.2021
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Dopo aver messo in archivio una stagione di corse professionistiche particolarmente complicata, per i motivi a tutti noi ben noti, Ursus non arretra: ma al contrario rilancia. Anche per questa stagione difatti, la realtà produttiva 100% Made in Italy con sede – bellissima nuova sede – a Rosà, alle porte di Bassano del Grappa, riveste il ruolo ufficiale di fornitore e partner tecnico di diversi team professionistici.

Giro, Tour e Vuelta

La stagione 2021 vede le ruote Ursus ancora ben montate sulle biciclette Wilier Triestina del Team Total Direct Energie, la compagine francese capitanata dal neo acquisto Boasson-Hagen, che lo scorso anno ha regalato ai propri sponsor e tifosi la prima, storica partecipazione al Tour de France. Prosegue anche l’impegno e la collaborazione, ormai storica con la Vini Zabù di Angelo Citracca e Luca Scinto, “fresca” di invito per partecipare al prossimo Giro d’Italia, che ha si salutato il capitano Giovanni Visconti, ma che ha accolto nuovamente nel proprio organico il velocista Jakub Mareczko: il bresciano dal cognome polacco sarà difatti una freccia in più per puntare a qualche vittoria di rilievo, perchè no proprio al Giro d’Italia.
Ma come detto il marchio veneto non si ferma qui, e oltre a questi due team importanti inizia una stretta collaborazione con una delle squadre più longeve e riconosciute dell’intero panorama agonistico: la spagnola Caja Rural-Seguros RGA, che consentirà ad Ursus di aprire un nuovo canale commerciale sulla penisola iberica e a livello agonistico di completare con la Vuelta la partecipazione a tutti e tre i grandi Giri in calendario.

In gara e non solo su strada

Occorre ricordare che nel triathlon Ursus è al fianco di Davide Uccellari, atleta in lizza per rappresentare l’Italia a Tokyo nell’olimpico. Mentre nella Mtb, la ruota Kodiak, l’ammiraglia Ursus per quanto riguarda il mondo offroad, si cimenterà nel circuito Xc assieme al Team Torpado-Ursus di Mauro Bettin. Il gruppo sportivo italiano lancerà sugli sterrati alcuni giovani e promettenti talenti come l’austriaco Mario Bair, il danese Oliver Vedersø e l’elite Marcel Guerrini. Nel Cross invece, l’azienda italiana ha conquistato ben due maglie rosa al Giro d’Italia di categoria al fianco del Team Guerciotti-Selle Italia-Elite.

ursus.it

Niccolò Bonifazio, Parigi Nizza 2020

Casa Bonifazio, Niccolò presenta Leonardo

20.12.2020
4 min
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Niccolò Bonifazio era così pronto per la Sanremo di marzo, che quando si è trovato a correrla ad agosto devono essergli girate un bel po’ le scatole. Il fatto è che il ligure, che vive a Monaco e per allenarsi fa ogni giorno di qua e di là dal confine, aveva fatto un bellissimo inverno che gli aveva permesso di vincere alle prime corse, perciò il lockdown è arrivato con la prepotenza del bullo che ti porta via il pallone quando è arrivato il tuo momento di fare goal. E visto che nei giorni scorsi avevamo chiesto a suo fratello Leonardo di parlare di Niccolò, siamo qui per rendergli il favore…

Niccolò Bonifazio, Saudi Tour 2020
Niccolò Bonifazio, vince la seconda tappa al Saudi Tour 2020
Niccolò Bonifazio, Saudi Tour 2020
Vince così la 2ª tappa al Saudi Tour 2020

«Avevo fatto tre mesi alla grande – dice con frasi brevi e rapide – mi ero preparato con una precisione incredibile, per partire forte come piace a me. La prima corsa, sono caduto. La seconda l’ho vinta ed eravamo al Saudi Tour. Poi mi sono ammalato la sera prima dell’Haut Var e a quel punto, dovendo rientrare alla Tirreno-Adriatico, ho fatto una settimana di scarico. E proprio durante quella, il sabato, mi chiamano in tutta fretta dicendo che la corsa Rcs è stata annullata e che devo presentarmi per la Parigi-Nizza. Ci sono arrivato un po’ indietro, ma la gamba c’era e appena ho ripreso a respirare bene ho vinto la quinta tappa. Poi anche la Parigi-Nizza è stata fermata. E si è fermato tutto…».

Maledetto lockdown, dovremmo dire…

Con tanto esercizio fisico e poca bici. Ho preso qualche chilo e quando abbiamo ricominciato non ero al 100 per cento e non riuscivo ad arrivare alle volate. Un bel problema. Il Tour, che era l’obiettivo di tutti, è stato il più duro che abbia mai fatto. Praticamente, invece di calare verso la terza settimana, siamo andati sempre ad aumentare. E anche le tappe di volata non è che fossero proprio delle giornate veloci. Ormai per fare gli sprint devi avere dei buoni test nei 20 minuti. E ovviamente ci rimettono i velocisti puri, che stanno sparendo.

Quindi adesso che hai ricominciato, qual è l’obiettivo?

Seguire lo stesso schema dello scorso anno. Sono ripartito il 20 novembre, con il mezzo dolce in bocca del secondo posto a Scheldeprijs, quasi alla fine. Voglio essere pronto subito. Il ritiro di dicembre è stato annullato e rimandato a fine gennaio. Voglio fare subito un bel numero di vittorie. Ripartire per due volte quest’anno è stato davvero duro. Anche mentalmente.

TI alleni da solo?

No, parto ogni giorno da Monaco e mi trovo a metà strada con Troia e poi andiamo incontro a mio fratello Leonardo che stanno entrambi in Liguria. Facciamo l’allenamento insieme e poi ce ne torniamo ciascuno verso casa sua. Magari però sotto le Feste me ne sto un po’ a casa dei miei anche io.

Niccolò e Leonardo Bonifazio (in bici) 2016
Nel 2016, Niccolò Bonifazio passa la borraccia al fratello Leonardo
Niccolò e Leonardo Bonifazio (in bici)Niccolò e Leonardo Bonifazio (in bici) 2016
Nel 2016, Niccolò e il rifornimento per Leonardo
Nei giorni scorsi abbiamo chiesto di te proprio a Leonardo, cerchiamo di ricambiare il favore. Come lo vedi?

Fisicamente sta molto bene, pedala forte. Ha giusto bisogno di ingranare nelle corse che contano, perché è abituato a fare quelle cui potevano partecipare le continental (lo scorso anno correva alla Sangemini, ndr) e quest’anno per chi come lui doveva ambientarsi è stato un anno perso.

La squadra cosa dice?

Alla Total-Direct Energie sono soddisfatti, ma ovviamente aspettano che dimostri qualcosa. E’ un buon corridore e soprattutto mi ascolta molto. Una cosa che non faceva quando conduceva un’altra vita. Tutto sommato, anche adesso su certe cose mi dà retta e altre no, ma quando si parla di ciclismo non sgarra.

Ad esempio?

Più si sale e più ci sono dettagli che fanno la differenza. Ieri ad esempio avevamo in programma di fare 3 ore, ma il meteo diceva che oggi e domani c’era rischio pioggia. Così abbiamo allungato fino quasi a 5 ore e lui non ha battuto ciglio.

Ha le tue caratteristiche?

E’ certamente veloce, ma più leggero di me. Speriamo riesca a ritagliarsi il suo spazio. Per scelta della squadra non facciamo lo stesso calendario, perché non vogliono che si appiattisca su di me. E anche se un po’ ci dispiace, è un bel segnale, perché vogliono che si metta alla prova e abbia il suo spazio. Insomma, sono suo tifoso almeno quanto lui lo è per me.

Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020

Cousin, a zonzo in Algarve prima di ripartire

09.12.2020
7 min
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Ai primi di ottobre, un mesetto dopo la fine del Tour, Jerome Cousin ha caricato la sua gravel con tutto quello che gli serviva ed è partito per l’Algarve con la sua ragazza Fiona. Per la terza volta. Le prime due a maggio e giugno. Nelle scorse settimane vi abbiamo raccontato delle imprese di Lachlan Morton, di Nibali che sulla gravel ha montato le gomme da Mtb e di Aru che l’ha usata mentre nevicava. Questa volta ci premeva però raccontare che cosa spinga un professionista che nell’anno somma nelle sue gambe migliaia di chilometri a mettercene altri quando finalmente potrebbe riposarsi. Come Oss, come De Gendt e Wellens, come altri prima di loro

Come è nata l’idea del viaggio in bicicletta?

Ho trascorso il primo confinamento in Algarve, Portogallo. Un Paese e una regione che non conoscevo molto bene. Quindi ogni giorno guardavo la mappa e mi dicevo: questo villaggio sembra carino, questa montagna è bella. Voglio andare a vedere questo fiume o assaggiare questo piatto tipico. Perciò dopo una breve settimana di allenamento per rimettermi in forma, ho equipaggiato le bici con le borse. E ho iniziato con la mia ragazza il viaggio di 12 giorni e 1.200 chilometri che avevo immaginato durante la chiusura. Quello è stato il mio primo viaggio.

Il secondo?

Il secondo è stato totalmente improvvisato. Stavamo guidando nel Sud del Portogallo e ho visto che c’era questa strada, la N2. La terza più lunga del mondo e la strada più lunga d’Europa. Mi sono detto perché non attraversiamo il Paese? Per cui di nuovo ho messo le bisacce, la mia ragazza mi ha lasciato a Chaves (città di partenza) e sono sceso a Faro in 4 giorni, facendo 200 chilometri al giorno. E due!

Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
L’Atlantico di fronte, solitudine quasi perfetta e temperature miti
Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
L’Atlantico di fronte, il silenzio intorno
E poi c’è stato il terzo…

L’ultimo viaggio volevo farlo a piedi, in autonomia. Però pedalando nei dintorni di casa, ho visto che i sentieri erano percorribili con una gravel, quindi sono partito per questa nuova avventura. Ci siamo attrezzati con sacco a pelo e qualcosa che ci permettesse di essere autonomi per qualche giorno. E poi siamo partiti.

Pro’ da nove anni

Cousin un tempo portava i baffi, ma quest’anno ha sempre avuto il barbone lungo da antico esploratore. E’ nato a San Sebastien sur Loire, vicino Nantes, ma vive a Lione, a quasi 2.000 chilometri dall’Algarve. Classe 1989 come Nizzolo e Viviani, è professionista dal 2011 e veste attualmente la maglia della Total Direct Energie. Come i fratelli Bonifazio. La sua ripresa dopo il lockdown è stata piuttosto difficile e di fatto ha chiuso la stagione finendo fuori tempo massimo al Tour nella tappa di Villard de Lans.

Utilizzi la gravel da tanto tempo?

No, per niente, ho ricevuto la mia Wilier poco prima di partire. Ma prima a casa mia, a Lione, facevo gare di cross su una bici che somiglia parecchio a una gravel.

Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
Cousin quasi in cima a Monchique, col buio, dovendo ancora fare due ore di strada
Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
Buio sul Monchique, mancano due ore di strada
Quanto tempo prima hai iniziato a pianificare il viaggio?

Solo pochi giorni, perché inizialmente volevo farlo a piedi. Ho studiato la situazione nei punti fondamentali, mi sono attrezzato con un buon equipaggiamento e ci ho provato. Amo l’avventura e gli incontri inattesi. Sono state proprio tre belle giornate. Veramente non facili in bici, con alcuni passaggi a piedi perché normalmente si trattava di un sentiero escursionistico. Ci sono un sacco di bei paesaggi.

Hai guidato solo in fuoristrada?

Il 95 per cento della Via Algarviana si snoda su piccoli sentieri. Tuttavia ho fatto un po’ di strada tra Sagres e Lagos, in modo da prendere il treno e tornare a casa l’ultimo giorno.

Quanti chilometri avete percorso in media ogni giorno?

Circa 100 al giorno, per quasi 8-9 ore di bicicletta. E’ stata davvero dura. E tanto di cappello alla mia ragazza, a proposito. Spesso finivamo le tappe con le luci accese.

Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
Cousin e gli agrumi. Ci si rinfresca lungo la strada: guardate che spettacolo!
Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
Lungo il viaggio, ci si rinfresca come capita
Hai trovato caldo o freddo?

In Algarve il clima è generalmente molto buono. Abbiamo dormito sotto le stelle, di notte si scendeva a 10 gradi e di giorno al massimo siamo arrivati a 30.

Qual è stata la tappa più lunga?

L’ultima. Non era molto difficile, ma una volta a Sagres abbiamo dovuto affrettarci a prendere l’ultimo treno per Lagos, che distava 40-50 chilometri. Abbiamo dovuto pedalare abbastanza velocemente per prenderlo. Quindi quel giorno 110 chilometri di sterrato e 50 su strada.

Quale la tappa più difficile?

Le prime due, perché c’era molto dislivello. E a volte abbiamo dovuto fare le salite a piedi.

Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
Il viaggio di Cousin ha seguito la Via Algarviana: 300 km da Alcoutim a Cabo de Sao Vicente
Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
Via Algarviana, 300 km da Alcoutim a Cabo de Sao Vicente
Ti piace la gravel?

Mi piace la bicicletta in tutte le forme. Faccio pista, mountain bike, gravel, fixie… Sono fortunato grazie a Wilier ad avere un’ottima bici per tutte le discipline. Quello che mi piace della gravel è l’aspetto dell’avventura. Puoi andare quasi dovunque, non è faticoso e pedali bene sulla maggior parte dei percorsi.

Quali rapporti avevi sulla bici?

Ho messo un 40 davanti, ho provato gli sviluppi prima di partire e mi bastava.

Hai la stessa posizione sulla gravel e sulla bici da strada?

Sì, faccio attenzione a questo genere di cose. Uso la stessa sella e ho riportato le stesse misure.

Il Covid ha reso le cose più difficili per l’accoglienza?

Dormivamo fuori, quindi nessun problema. E abbiamo usato una mascherina classica per andare nei luoghi pubblici

Avevate un obiettivo?

Amo l’avventura, sono anche molto fortunato. La mia ragazza è molto atletica e ama anche lei le avventure. Scoprire nuovi posti e prendersi il tempo per fermarsi è importante. Volevo anche testare la mia attrezzatura e acquisire esperienza in viaggi in autonomia, per affrontare avventure nuove e un po’ più esotiche in futuro.

Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
Una notte ha barato: così ha detto Cousin. Si dorme in una roulotte, anziché per terra
Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
Notte in roulotte grazie a un ristoratore
Qual è il paesaggio più bello che ricordi?

In cima alla montagna a Monchique. La notte stava calando, mancavano 20 chilometri per arrivare. E’ stato magnifico, ma un po’ pericoloso.

Portavi con te del cibo con te o ti fermavi ogni volta?

La mia ragazza portava molto cibo per paura di trovarsi senza. Sennò ci fermavamo per mangiare qualcosa per pranzo e in un ristorante la sera. La cucina portoghese è molto buona e i portoghesi sono un popolo molto caldo e accogliente.

Come eri vestito?

Ho usato i capi che uso tutto l’anno in gara. Nalini ha prodotti molto buoni, sono molto versatili. Ho preso dei pantaloni da trekking extra e un piumino nel caso la temperatura fosse scesa.

Avevi anche il necessario per riparare i guasti tecnici?

Un classico kit di riparazione, ma ho forato poco. I tubeless Hutchison hanno resistito.

Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
Più di 100 chilometri al giorno, per circa 8-9 ore di sella
Jerome Cousin, viaggio gravel in Algarve, 2020
Una media di 8-9 ore di sella al giorno
Hai avuto incontri particolari lungo il percorso?

Sì, molti. Il Portogallo è un paese meraviglioso per questo. Le persone sono incredibilmente gentili. Una notte ho un po’ barato. Un ristoratore ci ha offerto il suo garage per dormire e dentro c’era una roulotte. E dato che era aperta ho preferito dormire dentro piuttosto che sul materassino con il sacco a pelo.

Hai usato questo viaggio come ripresa per la preparazione invernale?

Avevo già ripreso da qualche settimana, ma l’ho inserito nella mia preparazione, perché ho fatto parecchie ore sulla bici e questo mi fa stare bene di testa. Amo l’avventura di scoprire cose nuove e lasciare la mia comfort zone.

Pensi che sarebbe immaginabile una tappa gravel durante il Tour de France?

Una tappa intera? Mi sembra complicato che si utilizzino bici gravel. Il Tour de France deve restare il Tour de France. I brevi tratti di sterrato lungo la strada aggiungono pepe e questo è abbastanza credo. Non dobbiamo cadere negli estremi.