Algeri, lo sguardo del saggio sul ciclismo di oggi

26.12.2024
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A 71 anni Vittorio Algeri è uno dei saggi del ciclismo contemporaneo. Non tanto per l’età, ormai un concetto piuttosto aleatorio, quanto per la sua esperienza e per l’occhio che da essa trae per guardare il mondo che lo circonda. Nato a Torre de’ Roveri, seguendo le orme del fratello Pietro ha vissuto tante fasi, da quella del ciclismo per gioco alle corse dilettantistiche fino al sogno olimpico solo sfiorato a Montreal 1976 (nell’edizione dell’argento di Giuseppe Martinelli), il grande rammarico della sua vita, più di tutte le gare professionistiche affrontate. Poi la vita da diesse, pilotando verso grandi traguardi gente come Bugno e Bortolami, con cui ha condiviso il trionfo al Fiandre 2001.

Nel team australiano il lombardo è spesso nella seconda ammiraglia, ma è molto ascoltato dai colleghi
Nel team australiano il lombardo è spesso nella seconda ammiraglia, ma è molto ascoltato dai colleghi

Oggi Algeri è alla Jayco AlUla. E’ ancora diesse, i suoi colleghi lo guardano quasi con deferenza anche se per sua scelta raramente sale sulla prima ammiraglia.

«Preferisco dedicarmi a tutti quei compiti – e sono tanti – che sono necessari per la vita di un team, partendo dall’organizzazione dei viaggi e dalla logistica passando per lo studio dei percorsi. Il ciclismo è cambiato molto da quando ho iniziato, ad esempio allora la lingua più diffusa era il francese, ora l’inglese che io non parlo bene».

Quando iniziasti a fare il direttore sportivo com’era?

Tutto diverso, in base ai numeri. Eravamo un paio per squadra, ma dovevamo gestire gruppi molto più ristretti, non si arrivava a 15. Oggi sono il doppio e io ho più di una decina di colleghi. Ma d’altronde non si potrebbe fare altrimenti. Il ciclismo è molto diverso ora, i corridori fanno vita a sé, hanno più relazioni con figure come preparatori, nutrizionisti, una serie di professionisti che ai tempi non erano così diffusi. Molti corridori li incontro raramente, è difficile così sviluppare un rapporto umano.

Algeri ha iniziato la carriera da diesse nel 1988 alla Chateau d’Ax. E’ alla Jayco dal 2012
Algeri ha iniziato la carriera da diesse nel 1988 alla Chateau d’Ax. E’ alla Jayco dal 2012
Prima invece?

Allora stavi vicino ai corridori, nei ritiri prestagionali e durante la stagione. C’era un interscambio continuo, c’era modo di trasmettere qualcosa, le proprie esperienze, confrontarsi. Oggi contano solo i numeri, la potenza, è un discorso fisico prima ancora che strategico, invece il ciclismo è fatto anche di fantasia, di invenzioni.

Non rimpiangi un po’ i tempi dei tuoi esordi da diesse, quando c’era una stragrande maggioranza di squadre italiane?

Altroché, ne avevamo anche 14, l’epicentro del ciclismo era da noi. Ma era un’altra epoca, giravano altre cifre. I soldi hanno cambiato tutto. Oggi tenere una squadra professionistica costa svariati milioni anche perché sono vere e proprie imprese con oltre un centinaio di dipendenti. Da noi ci sono addirittura più di 170 persone a libro paga. Ai tempi era inconcepibile. Noi avevamo due diesse, due meccanici, un medico e finiva lì…

Nel team Jayco-AlUla ci sono 3 italiani in una squadra quanto mai internazionale, con 14 Nazioni
Nel team Jayco-AlUla ci sono 3 italiani in una squadra quanto mai internazionale, con 14 Nazioni
Ma ti diverti?

Meno, anche se il ciclismo resta sempre la mia passione, ha contraddistinto quasi tutti i miei 71 anni considerando che i miei primi ricordi sono legati proprio alle due ruote, a quando giravo per la fattoria della mia famiglia con la mia piccola bici già senza rotelle. Il fatto è che il ciclismo di oggi è più asettico, ma anche più frastornante: noi facciamo anche tripla attività in contemporanea. In questo la tecnologia aiuta molto.

Prima parlavi delle figure professionali affiancate alla vostra attività. Un vecchio saggio come te come le vede?

Hanno cambiato molto, ma non si può negare che per molti versi abbiano contribuito alla crescita del ciclismo insieme ad altri fattori, come quelli tecnici, dei materiali. E’ un’altra epoca e la preparazione degli allenatori svolge un ruolo molto importante. I corridori sono molto legati a loro e non potrebbe essere altrimenti perché il livello delle prestazioni si è alzato sensibilmente. Noi abbiamo riunioni online tutte le settimane, praticamente appena finita una stagione si è già al lavoro per la successiva.

Filippo Zana è uno dei talenti italiani del team. Per Algeri la strada per i nostri, senza un team di riferimento, è più dura
Filippo Zana è uno dei talenti italiani del team. Per Algeri la strada per i nostri, senza un team di riferimento, è più dura
E i corridori li vedi diversi?

Sì, per me anche un po’ troppo schiavi dei numeri, della preparazione, della routine. Ci mettono un’energia fisica ma ancor più mentale che è superiore a quella che mettevamo noi e temo che tutto ciò avrà un costo di logorio precoce. I corridori devono seguire una marea di dettami, manca loro quel guizzo che tante volte cambiava le sorti di una corsa.

A chi sei rimasto più legato nella tua carriera?

Bugno ad esempio, è stato con me 5 anni e non era un personaggio facile, era difficile legare, per certe cose era quasi un precursore del ciclismo di oggi. Ma anche Bortolami, indimenticabile quella giornata belga, oppure Leblanc o il povero Rebellin. Lo stesso Gianetti, un grande corridore, un uomo squadra. Ecco, lui trasmette quel che ha imparato nel suo nuovo lavoro.

La vittoria di Bortolami al Fiandre 2001, per Algeri la più grande soddisfazione vissuta da diesse
La vittoria di Bortolami al Fiandre 2001, per Algeri la più grande soddisfazione vissuta da diesse
Il rischio è che dai corridori di oggi usciranno diesse di domani con meno capacità empatiche…

E’ vero, ma già adesso questa figura è cambiata, molto professionale. Sono tutti colleghi, pochi fra loro sono amici se si capisce quel che intendo. Manca una componente importante: anche nella costruzione di un treno per le volate, non potrà mai funzionare appieno se non si svilupperà un rapporto stretto fra i suoi componenti.

Tanti ragazzi non approdano al ciclismo professionistico pur avendo valori, capacità. E’ qualcosa che ti preoccupa?

Non tanto, perché la selezione naturale c’è sempre stata. Come diceva la canzone “uno su mille ce la fa” ma è sempre stato così. Certo, i posti sono pochi e si vanno a cercare talenti sempre più giovani, ma è questo il trend di oggi e bisogna adeguarsi, dobbiamo farlo innanzitutto noi italiani che non abbiamo un team di riferimento. Intanto però dovremmo imparare a far crescere i ragazzi senza schiacciarli dalla pressione del risultato, che conta ma non è tutto e qui lo sappiamo bene.

Paul Double alla Jayco AlUla: un cammino lungo otto anni

16.10.2024
6 min
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COMO – Mentre nelle strade della provincia di Bergamo e di Como, tra salite e discese si è disegnato il 118° Giro di Lombardia, ai pullman parcheggiati dietro lo stadio Sinigaglia c’era un gran via vai di persone e curiosi. Sul bus della Lidl-Trek Paolo Barbieri ha ripercorso insieme a noi i suoi anni nel ciclismo, nei quali ha curato la comunicazione e i rapporti con la stampa per grandi campioni. Pochi metri più avanti, invece, seduto nel vano dei bagagli del mezzo della Polti-Kometa c’era Paul Double. Occhiali a goccia alla Top Gun, giubbino da aviatore, un largo sorriso e tanta voglia di raccontarsi. Il britannico parla un italiano praticamente perfetto, frutto degli anni trascorsi da noi a gareggiare. 

E’ arrivato nel lontano 2017 alla Zappi’s Racing Team, con la quale ha gareggiato per due stagioni. Nel 2019 è passato nella bergamasca Colpack-Ballan, poi ancora alla Zappi, che nel frattempo era diventata Holdsworth Zappi Team. Nel biennio 2021 e 2022 invece è arrivata la MGKVis, ultima squadra continental della sua carriera. E’ passato professionista con la Human Powered Health nel 2023, ma alla chiusura della professional americana ha dovuto cercare una nuova sistemazione. Ecco che spunta la Polti-Kometa, ennesima realtà italiana del suo cammino lungo e tortuoso. Un anno alla corte di Basso e Contador e per Paul Double è arrivata la chiamata nel WorldTour, a 28 anni. 

«Il 2024 – racconta – è stato un anno bellissimo per me. All’inizio la squadra non mi conosceva bene, ma dal primo training camp mi dicevano che andavo forte e mi sono guadagnato la loro fiducia. La prima parte di stagione è andata bene, sono arrivato terzo nella classifica generale del Presidential Tour of Turkey ad aprile. Non sono ancora riuscito a vincere una gara da professionista, ma in Slovenia ci sono andato tanto vicino. Sono sempre stato accanto ai primi, corridori che da anni sono nel WorldTour, e questo mi ha reso fiero. Penso sia stata la gara più bella per me nel 2024».

Una delle persone più importanti sul suo cammino è stato Flavio Zappi, con il quale ha corso per tre stagioni
Una delle persone più importanti sul suo cammino è stato Flavio Zappi, con il quale ha corso per tre stagioni
Facciamo un salto indietro, raccontaci il tuo percorso da corridore. 

Non è stato normale (dice con una risata contagiosa, ndr) è stato davvero difficile. Ho iniziato tardi, correvo come amatore in Inghilterra, ma più per divertirmi. Poi ho vinto una gara di club e Flavio Zappi mi ha detto di provarci, di venire in Italia perché aveva visto qualcosa in me. 

Com’è stato l’approccio con il nostro Paese e il ciclismo?

All’inizio è difficile, il  gruppo è doppio. Nelle prime gare ero sempre in fondo, ma Flavio non ha perso la volontà. Era convinto che in me ci fosse qualcosa, mi ha convinto a restare. Però ogni anno a fine stagione mi trovavo sempre nel mondo delle continental e pensavo che il ciclismo non facesse per me. Ero lì che mi dicevo «Okay, voglio fare professionista però forse non sono adatto».

Nel 2018 la sua prima vittoria con la maglia del team Zappi, a Pinerolo (foto Dario Costantino – Pinerolo)
Nel 2018 la sua prima vittoria con la maglia del team Zappi, a Pinerolo (foto Dario Costantino – Pinerolo)
Poi però è arrivata la Human Powered Health.

A 26 anni, è stata una bella iniezione di fiducia. Ero davvero contento di passare professionista con loro, però a fine 2023 dopo un anno la squadra ha chiuso. E ancora mi sono trovato a chiedermi se ne valesse la pena, fare tutti questi sacrifici per non avere certezze. Il destino era contro, ecco. 

E invece la Polti-Kometa ti ha dato una grande mano…

Fortunatamente mi hanno preso e dai, è stato, come ho detto, un bell’anno. Adesso provo una sensazione un po’ strana perché mi piace tanto qui, però a 28 anni volevo provare il massimo livello del ciclismo e vediamo che riuscirò a fare. Penso che la Jayco-AlUla sia una bella squadra. 

Tanta Italia nel suo cammino, nel 2019 ha vestito i colori del Team Colpack
Tanta Italia nel suo cammino, nel 2019 ha vestito i colori del Team Colpack
Come ti hanno contattato?

Stavo lavorando con il mio procuratore Gary McQuaid di Altus e abbiamo detto che se fossi dovuto andare in un team WorldTour avrei dovuto farlo con una squadra che potesse andare bene per me. Non voglio andare nel WT solo perché arriva un’offerta. La Jayco ha mostrato interesse nei miei confronti e nel parlare abbiamo trovato diversi punti in comune.  

Perché pensi che possa essere giusta per te?

Parlo italiano, è vero, però andare in una squadra in cui la lingua principale è l’inglese mi piace. Non è che lo preferisco, però forse capisco di più. Tornare in un ambiente dove si parla la mia lingua d’origine sarà bello, però lì ci sono tanti italiani quindi è perfetto. 

Se ti guardi indietro quanto pensi sia stato importante l’insistere di Flavio Zappi? 

Per la mia carriera è stato importante, senza di lui non sarei arrivato qui. Mi ha aiutato tanto e ho parlato spesso con lui negli anni in cui ho corso nella sua squadra.

Come hai vissuto il fatto di ripartire ogni anno da zero?

Forse ho avuto un po’ di stupidità, però alla fine eccomi qui. Penso di essere una persona resiliente e adattabile e questo è importante. E poi perché mi piace davvero quello che faccio, questa vita è bella, uno spettacolo. Quando sei in gara c’è sempre tanta emozione, una sensazione che non puoi trovare in altro. 

Si fa avanti la Polti-Kometa con la quale vive il suo miglior anno, e dal 2025 sarà WT con la Jayco-AlUla (foto Maurizio Borserini)
Si fa avanti la Polti-Kometa e dal 2025 sarà WT con la Jayco-AlUla (foto Maurizio Borserini)
In che modo ti sei appassionato così tanto alla bici?

Probabilmente quando ero piccolo ho usato la bici qualche volta, ma non ricordo. Mio padre era un amatore molto forte, però non mi ha trasmesso questo interesse. Un giorno mi hanno detto di andare a fare una cronometro, in Inghilterra fanno tante gare del genere, sono andato forte. E da qui ho iniziato a usare la bici, ma come hobby. Solo alla Zappi ho pensato che sarei potuto diventare un ciclista professionista. 

Con la Jayco hai fatto dei test?

Abbiamo parlato un po’ dei miei numeri, penso sia un mio punto forte. Vero che anche se i tuoi dati sono buoni devi fare i risultati, però quest’anno sono andato bene e mi sono meritato una posizione così.  Questo è un forte punto per me. Dal 2017 a ora sono cresciuto anno dopo anno ed è questa la motivazione che mi ha spinto a continuare. Non c’è ancora un limite, ora magari sono ad un punto in cui mi sono posizionato ma penso ci sia ancora spazio per migliorare. 

Allora non resta che farti un grande in bocca al lupo per i prossimi due anni. 

Grazie, a presto!

Terzo in Danimarca, Foldager torna a far parlare di sé

23.08.2024
5 min
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La conclusione del Giro di Danimarca vinto da Arnaud De Lie ha riproposto una vecchia conoscenza del ciclismo italiano (anche se parlare di “vecchia” a proposito di un corridore di 23 anni suona un po’ contraddittorio…). Parliamo di Anders Foldager, il corridore danese approdato quest’anno al team Jayco AlUla dopo aver fatto la sua gavetta dalle nostre parti, precisamente dalla Biesse Carrera.

Foldager ha conquistato il terzo gradino del podio nella classifica finale, in una gara di alto livello con molti team del WorldTour. In quest’occasione il corridore di Skive non vestiva però la maglia del team australiano, bensì quella della nazionale il che dà maggior risalto alla sua prova.

Il podio finale con De Lie vincitore con 1″ su Cort e 27″ su Foldager (foto Moller)
Il podio finale con De Lie vincitore con 1″ su Cort e 27″ su Foldager (foto Moller)

Per Foldager è il giusto premio per una prima stagione nel grande ciclismo vissuta con qualche difficoltà ma sempre da protagonista: «Finora l’anno è stato positivo – racconta Anders mentre si sta dirigendo in Francia per la Bretagne Classic di domenica – con qualche problema all’inizio della stagione e un sacco di malattie che mi hanno rallentato. Ma da maggio è stato positivo».

Rispetto allo scorso anno le difficoltà sono aumentate, il calendario è di livello più alto?

Sì, certo. Faccio solo gare professionistiche del WorldTour o immediatamente sotto, quindi forse la gara più grande dell’anno scorso è la più piccola per me quest’anno. Quindi è sempre difficile, ma allo stesso tempo è sempre più intrigante e mi accorgo che vado sempre meglio.

La stagione del danese è stata segnata da un difficile inizio, ma ora i risultati arrivano
La stagione del danese è stata segnata da un difficile inizio, ma ora i risultati arrivano
Raccontaci il tuo Giro di Danimarca, come sei riuscito a conquistare il podio?

Prima di tutto abbiamo avuto la cronometro a squadre dove siamo arrivati al quarto posto. E’ stato un buon inizio se volevamo puntare alla classifica. La tappa successiva era già decisiva per l’esito finale e me la sono cavata più che bene, finendo ancora quarto a non molta distanza da Magnus Cort e Arnaud De Lie che avevano già fatto la differenza. Da lì sono stati solo sprint piuttosto numerosi in cui ho dovuto restare con la squadra, difendendo il podio.

Voi correvate con la nazionale contro squadre WorldTour che vivono insieme tutto l’anno. E’ stato uno svantaggio per te?

Forse un po’. Soprattutto perché abbiamo perso due corridori, Mathias Nordsgaard e l’ex iridato U23 a cronometro Johan Price-Pejtersen già alla seconda tappa. Quindi ero l’unico corridore del WT nella squadra, ma ho avuto un buon aiuto dagli altri ragazzi. È difficile quando non si corre insieme tutti i giorni, avevamo sicuramente minor amalgama rispetto alle altre formazioni perché non ci conoscevamo molto bene, per questo il risultato finale ha maggior valore e lo condivido con tutti i miei compagni.

Foldager ha corso con la nazionale, pagando dazio in termini di amalgama con i compagni (foto Moller)
Foldager ha corso con la nazionale, pagando dazio in termini di amalgama con i compagni (foto Moller)
Eri già stato quarto al Giro di Slovacchia: stai diventando un corridore più portato per le corse a tappe?

Non lo so, forse. Penso che le brevi corse a tappe senza le grandi montagne e senza circuito cittadino, vadano bene per me, ma resto comunque migliore come cacciatore di tappe e nelle corse di un giorno. Le mie caratteristiche non cambiano.

Che cosa ti è rimasto della tua esperienza in Italia?

Ora posso dire con certezza che il grande calendario Under 23 in Italia mi ha dato un sacco di esperienze e opportunità per emergere nei finali e poi ovviamente la squadra mi ha aiutato a crescere. Apprezzo moltissimo il mio tempo trascorso in Italia, che mi ha davvero costruito il corridore che sono oggi. Non solo tecnicamente, ma anche mentalmente, per essere un professionista.

Magnus Cort vincitore della seconda tappa su De Lie. Tappa che si rivelerà decisiva, ma il belga la spunterà (foto Moller)
Magnus Cort vincitore della seconda tappa su De Lie. Tappa che si rivelerà decisiva, ma il belga la spunterà (foto Moller)
Quanto conta nell’evoluzione del ciclismo danese avere un campione di riferimento come Vingegaard?

E’ fondamentale avere delle grandi star per i giovani ciclisti. Da ammirare come un idolo. L’idea è che se ce l’ha fatta lui, allora vuol dire che possiamo farcela anche noi. Grazie alle imprese di Tomas, il ciclismo nel mio Paese è cresciuto enormemente l’anno scorso e si vedeva dalla quantità di gente presente proprio al Tour di casa, per le strade danesi. Ora il ciclismo è davvero molto popolare, fra i più diffusi.

Ora quali sono i tuoi obiettivi da qui alla fine della stagione?

Dopo Plouay continuerò con le gare di un giorno, forse Amburgo, forse alcune gare in Italia, ma il programma non è ancora ben definito. Il mio obiettivo è di rimanere in forma e di aiutare i ragazzi quando devo farlo e se devo, cercando comunque di avere la mia possibilità, a volte. Magari per cercare un’altra vittoria quest’anno.

Per il danese già ottimi segnali al Giro di Slovacchia con vittoria di tappa e 4° posto finale
Per il danese già ottimi segnali al Giro di Slovacchia con vittoria di tappa e 4° posto finale
Tu hai già il contratto per il prossimo anno: speri di essere selezionato per un grande giro?

Per l’anno prossimo, spero proprio di sì. Penso che sarebbe bello fare un Grand Tour, ma non ho ancora pensato alla prossima stagione e lo faremo, sicuramente faremo un piano con la squadra e con il mio allenatore. Per scegliere quello che si adatta meglio alle mie possibilità, fra Italia, Francia o Spagna non ho preferenze. Anche se personalmente potrebbe essere davvero bello correre il Giro…

Riecco De Marchi. Vince al TotA col suo marchio di fabbrica

16.04.2024
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STANS (Austria) – Novecentoventiquattro giorni dall’ultima vittoria. Probabilmente Alessandro De Marchi se li ricorda tutti, uno ad uno. Appena tagliato in solitaria il traguardo di Stans della seconda frazione del Tour of the Alps, il 37enne friulano tira qualcosa di molto simile ad un sospiro di sollievo davanti ai massaggiatori contentissimi della sua Jayco AlUla come a dire “ce l’ho fatta” nuovamente. Tutti si complimentano con lui, compagni e avversari. Zana lo abbraccia sapendo che lo avrebbe rivisto gioioso. Ganna invece lo fa sorridere con una battuta scherzosa.

Dal successo della Tre Valli Varesine del 2021 sembra passato molto più tempo. Per il “Rosso di Buja” la giornata vissuta in Tirolo ha il sapore di una rinascita e di istanti che gli mancavano. Un successo alla De Marchi conquistato apponendo il suo classico bollino “doc”.

Gli ingredienti sono sempre quelli. Fuga a lunga gittata (più di 150 chilometri), amministrazione delle forze e gestione dei momenti difficili quando nel finale ha dovuto ricucire assieme a Pellaud su un allungo convinto di Gamper. Infine l’attacco decisivo sfruttando il punto più congeniale sulla salita corta e dura di Gnadenwald per eliminare la scomoda concorrenza dello stesso Pellaud, più veloce di lui in un eventuale testa a testa conclusivo. Sembra facile detta così, ma nel ciclismo di adesso non c’è nulla di semplice e scontato. E De Marchi ce lo spiega con la sua solita lucidità.

De Marchi torna alla vittoria dopo 924 giorni di digiuno. Lo fa in solitaria, sempre col suo marchio di fabbrica
De Marchi torna alla vittoria dopo 924 giorni di digiuno. Lo fa in solitaria, sempre col suo marchio di fabbrica
Alessandro cos’hai pensato in quegli ultimi quindici chilometri quando eri tutto solo?

Ho pensato che se Brent Copeland (il team manager della Jayco AlUla, ndr) due anni fa non mi avesse dato una possibilità, non sarei stato qui. Fortunatamente c’è ancora qualcuno che la vede lunga e che ha intuito che potevo dare qualcosa alla squadra. La stagione scorsa è stata molto positiva e quella era già una risposta. La vittoria di oggi è la seconda risposta. Alla fine ho pensato che avevamo ragione noi.

Vinci poco, ma di qualità. Che effetto fa vincere alla tua età, considerando quello che ci hai appena detto?

In questo ciclismo riuscire a vincere a quasi 38 anni (è il secondo vincitore di tappa più anziano del “TotA” alle spalle di Bertolini, ndr) ha un valore in più. Sappiamo bene come sta andando il ciclismo e il livello di preparazione che devi avere. Ovviamente per me adesso non è semplice come a 25 anni. E poi ad uno come me non capita molto spesso, quindi me la godo di più.

Con questo risultato ti sei guadagnato un posto per il Giro d’Italia?

Credo di averlo confermato. Era già nei piani, a dire il vero. Abbiamo confermato che siamo tutti sulla buona strada. Anche il resto dei compagni sta pedalando bene. Da domani torno a lavorare per Chris Harper, che per noi è il capitano al Tour of the Alps. Il percorso di avvicinamento al Giro sta procedendo bene, dobbiamo solo continuare così.

Erano tutti felici della tua vittoria e questo rende onore alla tua persona. Che sensazione è per te?

Credo di essere sempre stato uno educato e rispettoso all’interno del gruppo e nei confronti di tutti. Forse nelle reazioni che avete visto c’è un po’ di questo. Sapere di essere apprezzato non è una cosa da poco. Di sicuro mi fa molto piacere, poi chiaramente ci sarà qualcuno che salirà sul carro come sempre, ma non mi preoccupo.

Rosso di Buja in tinta: con la vittoria di Stans, De Marchi guida la classifica a punti del TotA
Rosso di Buja in tinta: con la vittoria di Stans, De Marchi guida la classifica a punti del TotA
All’età di Alessandro De Marchi si fanno ancora le dedica per una vittoria?

Ci sarebbe una lista infinita. Sicuramente la prima persona a cui dovrei dedicare qualcosa è mia moglie. Per starmi dietro e seguire tutte le faccende famigliari è quella che fa più sacrifici di tutti.

Lo lasciamo allontanare in sella alla sua Giant pronti a ritrovare domattina De Marchi in tinta con la maglia rossa (leader della classifica a punti) sulla linea di partenza della terza tappa a Schwaz. Forse lo pervaderà un briciolo di emozione, lo stesso che ha fatto provare a chi lo conosce bene.

Intanto Zana incamera chilometri pensando al Giro e non solo

26.03.2024
5 min
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Con il 19° posto alla Tirreno-Adriatico, l’ex campione italiano Filippo Zana ha chiuso la prima porzione stagionale. Chi guarda solamente ai numeri potrebbe dire che squilli non si sono sentiti, eppure dei segnali ci sono stati, soprattutto in ottica Giro d’Italia che è il suo vero obiettivo stagionale. Zana ha assommato 14 giorni di gara, appena uno in meno rispetto alla passata stagione, quando la miglior forma era ancora di là dall’arrivare.

Zana ha tenuto un rendimento costante alla Tirreno-Adriatico, senza particolari squilli, chiudendo 19° a 6′ da Vingegaard
Zana ha tenuto un rendimento costante alla Tirreno, chiudendo 19° a 6′ da Vingegaard

Lo stesso si può dire stia succedendo quest’anno, ma Filippo sente che qualcosa è cambiato: «Per me è stato un buon inizio. Qualche gara è cambiata, ad esempio ho saltato le prime classiche francesi e il Catalogna partecipando invece alla Tirreno-Adriatico e il 19° posto finale dice che sono sulla strada giusta perché la corsa a tappe italiana era davvero ben frequentata e con corridori già molto avanti nella condizione, molto più di me. Nel complesso posso dire di stare meglio rispetto allo scorso anno e questo mi rende ottimista».

Sei solito partire abbastanza tranquillo, quasi col freno a mano tirato. E’ parte di un tuo modo di essere, di una tua assuefazione maggiore ai mesi caldi?

Probabilmente è così, la mia condizione cresce proporzionalmente all’aumento dei gradi che percepiamo. A inizio anno non vado mai molto forte, vedremo come saranno le cose con il prosieguo della stagione, ma so che queste gare sono fondamentali proprio per quello, infatti non guardo molto i risultati.

Il successo di Zana al Giro 2023, rimontando Pinot nello sprint a due
Il successo di Zana al Giro 2023, rimontando Pinot nello sprint a due
Dopo il Giro dello scorso anno con la vittoria di tappa e il vederti protagonista anche nei tapponi alpini, molti preventivavano per te un Giro da caccia alla classifica. Sarà così?

No, non parto per la corsa rosa con questo obiettivo dichiarato. Io punterò a qualche tappa, lavorando per Eddie Dunbar che sicuramente può far bene ed è ben attrezzato per cercare un piazzamento di prestigio. Se poi la corsa si metterà in un certo modo vedremo come gestirla, ma io andrò soprattutto a caccia di occasioni e per farlo la forma dovrà essere quella giusta.

Ha colpito la tua prestazione alla Strade Bianche, quel 9° posto finale è stato finora il tuo squillo maggiore. Te lo aspettavi?

La Strade Bianche mi piace moltissimo, probabilmente in quella gara riesco a esprimere le mie radici che vengono dal ciclocross. Mi piace molto e mi esalta correre su quel tracciato così diverso dal solito, infatti riesco sempre a ottenere buoni risultati, pur non essendo al massimo della forma.

La Strade Bianche è stata la sua miglior prestazione fino ad ora: 9° posto a 4’49” da Pogacar
La Strade Bianche è stata la sua miglior prestazione fino ad ora: 9° posto a 4’49” da Pogacar
Cominci a capire che tipo di corridore sei e quindi in quali gare riesci maggiormente a emergere?

Credo che la mia dimensione ideale sia quella delle corse a tappe brevi, quelle fino a 5-6 giorni dove posso puntare anche alla classifica. D’altronde un elemento che vedo è in crescita è la resistenza, anche al Giro d’Italia nella terza settimana stavo bene, avevo recuperato dagli sforzi e tenevo anche i più forti, ma da questo a puntare alla classifica finale ce ne corre, perché in quel caso non puoi avere defaillance e questo non è semplice. Io comunque per indole guardo a qualsiasi gara come a un’occasione per me.

Questo è il tuo secondo anno alla Jayco AlUla, come ti stai trovando?

Con loro mi sono trovato bene da subito, in questa squadra ho i miei spazi, credono in me e nelle mie possibilità e soprattutto mi stanno dando il tempo per maturare, alzando ogni anno l’asticella di un po’. E proprio questa situazione mi sta dando quella tranquillità necessaria per concentrarmi sui miei obiettivi.

L’ultima vittoria del corridore di Thiene è al Giro di Slovenia 2023
L’ultima vittoria del corridore di Thiene è al Giro di Slovenia 2023
A fine marzo comunque 14 giorni di gara non sono molti se confrontati con altri che ambiscono alla corsa rosa…

E’ una scelta che reputo giusta per arrivare il più fresco possibile all’obiettivo, ma se guardate bene anche altri che puntano al Giro, a prescindere dalle finalità, stanno facendo lo stesso. Ad esempio lo stesso Pogacar ha ridotto di molto i suoi impegni. Se vuoi essere competitivo per tutte e tre le settimane devi programmarle per tempo e risparmiare le energie perché ho imparato che il Giro consuma molto. La mia stagione poi non si fermerà certo alla corsa rosa…

A tal proposito, pensi di riprovare con la Vuelta? Lo scorso anno la tua esperienza spagnola è durata poco…

Sicuramente ho una grande voglia di riprovarci. Nel 2023 ero partito con le migliori intenzioni, ma tutta la preparazione è stata buttata via per colpa della caduta e della conseguente frattura della clavicola. La Vuelta per me è ancora da scoprire, uno stimolo molto forte al quale però penserò quando sarà il momento.

Per Zana una Vuelta 2023 sfortunata, appena 5 tappe con una caduta che l’ha estromesso anzitempo
Per Zana una Vuelta 2023 sfortunata, appena 5 tappe con una caduta che l’ha estromesso anzitempo
Prima di quella ci sono però le Olimpiadi. E’ vero che di posti a disposizione ce ne sono appena tre, pensi di poter comunque rientrare nella rosa se avrai prestazioni all’altezza al Giro e al campionato italiano?

Credo che il percorso per la sua conformazione sia più adatto a un altro genere di corridore, ma per ora voglio pensare al Giro. Se si paleserà la possibilità di guadagnarmi un posto mi farò comunque trovare pronto, questo è sicuro. La logica dice che non ho grandi speranze, ma in fondo un pensierino c’è…

Merckx ci presenta la nuova Hagens, con forze italiane

20.01.2024
5 min
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E’ un anno importante per l’Hagens Berman Jayco, dopo aver stretto una importante collaborazione con il Team Jayco+AlUla. Axel Merckx, che della squadra è il mentore, ha sempre detto che il suo non è un devo team, ma è un semplice riferimento per la squadra australiana, il che significa che anche gli altri team possono accedere ai suoi gioielli e provare a convincerli a firmare il contratto.

Per la formazione americana è un passaggio fondamentale anche dal punto di vista prettamente italiano, perché per la prima volta vestiranno la sua casacca due corridori nostrani, Samuele Privitera e Mattia Sambinello, arrivati non senza sorpresa alla corte del dirigente belga che molto crede nelle loro possibilità.

Per Axel Merckx gennaio in Canada dove studia la figlia Athina, ma ora si ricomincia…
Per Axel Merckx gennaio in Canada dove studia la figlia Athina, ma ora si ricomincia…

Ritorno dei ritiri in Toscana

La stagione del team è iniziata con una semplice presa di contatto a dicembre, ma il primo vero raduno, dove si lavorerà insieme e si prenderanno le misure alla nuova stagione avverrà nella prima decade di febbraio, in una sede diventata inconsueta, Castagneto Carducci. Sì, proprio quel territorio che nel secolo scorso era metà di quasi tutti i team professionistici italiani (e non solo…) vedrà i ragazzi dell’Hagens percorrere le sue strade, inizialmente gli europei, poi si aggiungeranno coloro che vengono da oltreoceano.

«Ci sono stati tanti cambi nella nostra squadra – ammette Merckx – ci ritroviamo con il 70 per cento del team rinnovato, è come ripartire da zero. E’ una bella scommessa, vediamo il gruppo come crescerà, ma servirà tempo e pazienza anche se so che la stagione ci regalerà i nostri momenti. Dobbiamo anche considerare che abbiamo in squadra molti ragazzi ancora alle prese con gli impegni scolastici, quindi è tutto un discorso in divenire».

Primo ritiro del team a dicembre con la consegna delle maglie. Ci si rivede presto in Toscana
Primo ritiro del team a dicembre con la consegna delle maglie. Ci si rivede presto in Toscana
La sensazione però è che, rispetto al passato, manchi il leader, il corridore di riferimento per tutti…

All’interno del gruppo un vero e proprio leader non c’è mai stato, forse qualcuno faceva più risultati di altri ma questo non influiva sui rapporti di forze. D’altronde nel team c’è anche chi ha già ottenuto risultati di un certo peso, ad esempio Hamish McKenzie bronzo ai mondiali U23 nella cronometro o Ben Wiggins sul podio iridato da junior sempre contro il tempo. La base c’è, serve il lavoro. Con il nuovo sponsor poi abbiamo più sicurezza e tranquillità anche perché il contratto ci copre per 3 anni, pur lasciandoci pienamente liberi e soprattutto lasciando liberi i ragazzi di fare le loro scelte.

Come va a proposito la collaborazione con il team australiano del WorldTour?

Molto bene, è parso sin da subito evidente che lavoriamo con la stessa mentalità. Vogliamo costruire qualcosa che invogli i corridori a venire, da qualsiasi angolo del mondo provengano. Come da noi, al Team Jayco-AlUla condividono la ricerca di un ambiente di lavoro tranquillo e all’insegna della concentrazione, di un impegno serio in qualsiasi momento della giornata, in corsa e fuori. Siamo ancora all’inizio, ma c’è molta condivisione d’intenti e un contatto pressoché continuo.

Hamish KcKenzie, bronzo mondiale U23 a cronometro, ha già fatto esperienze con il Team Jayco AlUla
Hamish KcKenzie, bronzo mondiale U23 a cronometro, ha già fatto esperienze con il Team Jayco AlUla
Da quest’anno il vostro team si veste anche di tricolore con due ragazzi italiani. Che impressione ne hai avuto?

Ottima, sono due giovani promettenti che hanno voglia di fare e che si sono approcciati a questa nuova realtà con lo spirito giusto. Non hanno un passato esaltante, non sono l’Herzog della situazione ma questo significa solo che hanno spazio per imparare e maggiori margini di crescita. La prima cosa che ho notato conoscendoli è che avevano voglia di esserci, di condividere quest’esperienza all’estero, fare qualcosa di diverso anche in una realtà non della loro lingua. Privitera era già stato con noi in ritiro nel 2023, Mattia si è mostrato serio e intelligente, sono molto ottimista su di loro.

Hanno avuto difficoltà di adattamento?

Nessuna, hanno mostrato subito voglia di lavorare e fatto gruppo con gli altri. Forse addirittura hanno “troppa” voglia di fare, ma lì sta a noi guidarli nella maniera giusta. Per il resto sono esattamente come gli altri, partono tutti dallo stesso punto, non ci sono capitani e gregari.

Il giovane danese Holm Jorgensen, qui vincitore di tappa all’ultimo Tour de l’Avenir (foto team)
Il giovane danese Holm Jorgensen, qui vincitore di tappa all’ultimo Tour de l’Avenir (foto team)
Il calendario lo avete già studiato?

Per sommi capi, ma ne parleremo in ritiro. Non sarà comunque molto diverso da quello del 2023, speriamo nell’invito al Giro Next Gen e di fare bene in quell’occasione come in passato. Inizieremo a marzo, con parte della squadra all’Istrian Spring Trophy e l’altra parte al Tour of Rhodes in Grecia.

Sei ottimista?

Mi sentirei di dire che sono semplicemente realista. Abbiamo una buona squadra e soprattutto abbiamo un progetto che non si esaurisce in questa stagione ma comprende tre anni, quindi abbiamo tempo per fare un buon lavoro. So che già quest’anno qualche risultato arriverà all’altezza delle stagioni passate, ma il nostro occhio dovrà guardare più lontano. E’ questo il nostro compito.

Plapp, primo vincitore 2024 con un pizzico di nostalgia

19.01.2024
5 min
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A Luke Plapp un primato non potrà toglierglielo più nessuno, anche se a causa di una caduta è stato costretto a ritirarsi dal Tour Down Uder. E’ stato lui il primo vincitore di questo 2024, essendosi aggiudicato lo scorso 4 gennaio il titolo nazionale australiano contro il tempo. Non pago di ciò, ha colto anche un clamoroso tris consecutivo nella prova su strada, bagnando così nel migliore dei modi il suo approdo alla Jayco AlUla. Cinque titoli nazionali non sono davvero poco per un corridore di appena 23 anni, autore di un profondo cambiamento nella sua carriera lasciando dopo tre anni i fasti della Ineos Grenadiers.

Plapp al traguardo del campionato nazionale, indicando con le dita i tre titoli consecutivi. Con lui Chris Harper
Plapp al traguardo del campionato nazionale, indicando con le dita i tre titoli consecutivi

La sua terza vittoria consecutiva ha smosso l’interesse dei media nazionali e non solo tanto che il team, alla vigilia della partenza del Tour Down Under, ha dovuto organizzare un incontro con la stampa ad Adelaide. Nel frattempo però, a dispetto della distanza siderale fra l’Italia e l’Australia, Plapp ha trovato il tempo per rispondere ad alcune domande in esclusiva, in modo da poterlo conoscere meglio e capire a che punto è della sua carriera.

Quanto è importante per te essere in un team come la Jayco-AlUla a forte impronta australiana?

E’ davvero speciale. Sento che è una squadra perfetta per me. Penso che mi capiscano come persona, sanno cosa significhi essere australiano. E sono decisamente super, super felice di far parte di questa squadra. La sensazione è quella di svegliarmi ogni mattina e andare a una gara con un grosso sorriso sul viso, per questo non vedo l’ora di affrontare già il prossimo viaggio con la squadra.

Dopo il titolo nazionale, Plapp è partito al Tour Down Under, ritirandosi dopo 3 tappe per una caduta
Dopo il titolo nazionale, Plapp è partito al Tour Down Under, ritirandosi dopo 3 tappe per una caduta
Che cosa ti hanno lasciato gli anni alla Ineos Grenadiers?

Penso che Ineos sia uno dei team più professionali e trasformare un corridore specializzato sulla pista in uno stradista è stato un passaggio fondamentale per me del quale sarò sempre grato al team britannico e ai suoi tecnici. Ho imparato tanto da gente del calibro di Thomas e Swift e penso di essere un ciclista migliore proprio grazie al tempo che ho trascorso lì. Ma ora è il momento per me di provare a sfruttare le mie opportunità, salire di livello.

Il cambio di squadra significa anche nuove responsabilità, avrai più chance di vittoria e posizioni da leader?

Sì, penso di avere molta più leadership in questa squadra, molte opportunità e spero che negli oltre quattro anni che sarò qui, potrò diventare un leader per i grandi Giri. E’ un cammino lungo, so di apparire molto ambizioso ma credo che in questo ambiente ho tutto a disposizione per dimostrare che valgo quest’affermazione.

Il corridore di Melbourne ha chiuso al 95° posto la Vuelta 2022, lavorando per Rodriguez e Carapaz
Il corridore di Melbourne ha chiuso al 95° posto la Vuelta 2022, lavorando per Rodriguez e Carapaz
A maggio esordirai al Giro d’Italia: lo ritieni più difficile della Vuelta completata nel 2022?

Quella spagnola è stata sicuramente la gara più dura della mia vita. Sono entrato nella prima settimana che ero molto sottotono, ma l’ho comunque conclusa mostrando di avere molta resilienza. Ho imparato tanto in quelle tre settimane del 2022, quindi spero di essere preparato per questo Giro, di essere nella migliore forma possibile e di lasciare davvero il segno nella gara. Penso di essere cresciuto molto da allora, di non essere più lo stesso Plapp. Quindi non vedo l’ora di affrontare il Giro e spero di avere molto più successo di quello che ho avuto in terra iberica.

Che ruolo assumerai?

Difficile dirlo ora che siamo a inizio stagione, vedremo come andrà evolvendosi e quali saranno alcuni obiettivi realistici. Per ora sono solo concentrato sull’arrivare lì nella migliore forma possibile e poi parleremo con la squadra e capiremo se si tratta di andare a caccia di tappe o poter recitare un ruolo più compiuto pensando alla classifica generale o magari di aiutare anche Ewan negli sprint. Solo il tempo potrà chiarire quali potranno essere i target nelle tre settimane italiane.

Il 23enne, qui nella conferenza stampa pre Tour Down Under, è stato 2° all’ultimo Uae Tour
Il 23enne, qui nella conferenza stampa pre Tour Down Under, è stato 2° all’ultimo Uae Tour
Che tipo di corridore ritieni di essere, più adatto alle corse a tappe o alle classiche?

Penso che la mia dimensione siano le gare a tappe di una settimana, dove posso sfruttare le mie qualità a cronometro e poter migliorare sempre più il mio rendimento in salita, in modo da poter emergere classifica generale.

Tu hai esperienza su pista: ci sono possibilità di vederti nel quartetto australiano per i Giochi Olimpici?

No, non farò parte della formazione australiana su pista ai Giochi Olimpici. Il gruppo è già stato costituito e i tecnici stanno lavorando su quello per Parigi. Mi dispiace, era un’opportunità ma dovendo fare una scelta è giusto che mi concentri sulla strada e sulla mia crescita in essa.

Il quartetto australiano bronzo a Tokyo 2020, con Plapp, O’Brien, Porter e Welsford
Il quartetto australiano bronzo a Tokyo 2020, con Plapp, O’Brien, Porter e Welsford
L’Australia ha una grande tradizione nel team pursuit ma negli ultimi anni ha perso qualche posizione: secondo te da che cosa dipende?

Penso che sia nel nostro sangue ed è ciò che facciamo quando cresciamo. Dietro i successi australiani al massimo livello c’è un enorme lavoro nelle categorie giovanili, la pista è una vera e propria scuola per noi, ci passiamo tutti. E’ sicuramente una mia passione e mi piace farne parte, essere stato nel quartetto di Tokyo è stato un grande onore e porterò quell’esperienza nel cuore. Mi spiace non essere più della partita: guarderò i ragazzi e farò il tifo per loro, con un pizzico di malinconia perché essere fra quei magnifici quattro è un po’ il sogno di tutti noi.

De Marchi tira le somme: «Avrei voluto correre di più»

27.11.2023
5 min
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Il ciclismo riparte lentamente: prime pedalate, qualche mini ritiro, sopralluoghi ed esercizi in palestra. Anche Alessandro De Marchi si è rimesso in moto e guarda al 2024, prendendo spunto dalla stagione passata. Lo intercettiamo mentre è in strada, diretto dal fisioterapista. «In realtà – dice – non si smette mai. Vero che mi sono fermato quattro settimane, ma il “callo del ciclista” non si perde mai».

La stagione era iniziata con una buona prestazione alle Strade Bianche: 130 chilometri di fuga
La stagione era iniziata con una buona prestazione alle Strade Bianche: 130 chilometri di fuga

10.000 chilometri

Tra i tanti numeri accumulati dal “Rosso di Buja” quello che fa più impressione è quello relativo ai chilometri in gara: 10.448. 

«Me lo avevano già fatto notare – ammette – e devo dire che non sono pochi. Anche se, ad essere sincero, con il senno di poi li dividerei in due momenti. La prima parte di stagione è andata molto bene, se guardo fino a giugno mi posso ritenere contento. Da quel momento in poi ho ciccato un po’ di cose. Avevo in programma tante gare a settembre, ma sono arrivato con una condizione traballante, con il senno di poi avrei cambiato qualcosa. Per esempio avrei messo qualche corsa in più ad agosto, cosa che era in programma, ma un malanno mi ha impedito di correre l’Arctic Race of Norway. Ammalarsi ti fa perdere il ritmo e nel ciclismo di ora non è una buona cosa».

Al Giro due tappe sfiorate, la prima a Napoli era in fuga con Clarcke. I due sono stati ripresi a pochi metri dall’arrivo
Al Giro due tappe sfiorate, la prima a Napoli era in fuga con Clarcke. I due sono stati ripresi a pochi metri dall’arrivo
Non è bastato allenarti?

Sono abituato a fare periodi di allenamento a casa, anche ad alta intensità, cosa che con il ciclismo di ora si fa spesso. Ma quest’anno avrei preferito fare un passo verso il ciclismo vecchio stile, la pausa di luglio mi ha fatto regredire troppo. Sarebbe stato meglio accorciarla. 

Un modo per prendere le misure verso il tuo secondo anno in Jayco-AlUla, visto il rinnovo…

Devo essere sincero, il rinnovo era una certezza già dalla firma del contratto a novembre dell’anno scorso. Non ho firmato un biennale perché la proposta è arrivata tardi e la squadra aveva qualche dubbio sui vari rinnovi. Ma al Giro avevo già in tasca il secondo anno qui.

La prima parte di stagione si è conclusa con la vittoria di Zana al Giro di Slovenia, De Marchi lo festeggia a modo suo
La prima parte di stagione si è conclusa con la vittoria di Zana al Giro di Slovenia, De Marchi lo festeggia a modo suo
Com’è stato questo primo anno nel team australiano?

Come me l’aspettavo e come lo avevo percepito. Fin da subito la squadra mi ha responsabilizzato dandomi il giusto valore. Questo vuol dire molto, vedere riconosciuto i propri meriti per un corridore è importante. 

Nella prima parte, positiva, di questo 2023 c’è da inserire il Giro, no?

Sono ritornato dove ero prima del 2022. Quella è stata una stagione strana e rischiavo di far diventare quello il mio livello standard. Invece grazie alla Jayco ho ritrovato le mie migliori prestazioni e già solo potermi giocare due tappe al Giro mi ha permesso di far vedere cosa so fare. Con il giusto ambiente intorno sono tornato ai miei livelli, e per questo un grazie va alla Jayco e Copeland. Ho un altro bel ricordo di questo 2023…

Ai mondiali gravel ha ritrovato il cugino Mattia, i due hanno corso insieme con la maglia della nazionale
Ai mondiali gravel ha ritrovato il cugino Mattia, i due hanno corso insieme con la maglia della nazionale
Dicci.

Un altro bel ricordo del 2023 è stato il Giro di Slovenia vinto da “Pippo” (Zana, ndr). Abbiamo dominato come squadra ogni giorno, prendendo in mano la corsa e senza paura. Zana meritava quella vittoria e sono contento che sia toccata a lui, un giovane.

Nel 2023 sei tornato anche a correre nel gravel, una disciplina che ormai ti ha conquistato?

Già nel 2022 volevo correre il primo mondiale, quello di Cittadella. Sono stato contento di tornare a correre questo evento (il mondiale, ndr) anche quest’anno, considerando che si era ancora in Italia. La parentesi dell’europeo in Belgio mi ha fatto scoprire anche un altro modo di vivere e vedere questa disciplina. In accordo con la squadra cercherò di tornare a correre in questa disciplina che fa gola a tanti, basti vedere Mohoric. In più il gravel mi ha permesso di correre accanto a mio cugino Mattia, altro fatto che mi ha reso felice. 

Valerio Piva
Nel 2024 De Marchi ritroverà Valerio Piva, hanno lavorato insieme per sei anni, prima in BMC e poi in CCC
Valerio Piva
Nel 2024 De Marchi ritroverà Valerio Piva, hanno lavorato insieme per sei anni, prima in BMC e poi in CCC
2024 che vedrà l’arrivo di un altro giovane, De Pretto, lo hai già conosciuto?

Sì, è stato in stanza con me durante il training camp a gennaio 2023. Abbiamo passato una settimana abbondante insieme, è un ragazzo tranquillo e mi è sembrato anche timido, ma era normale visto il contesto molto grande. La cosa più importante che ho percepito è che sembra uno voglioso di ascoltare e apprendere. La Jayco per un giovane è l’ambiente giusto, dove il corridore non viene mai abbandonato. Avrà modo di lavorare con Pinotti una figura molto importante è che apprezzerà sicuramente, anche quando andrà avanti con la carriera. A mio modo di vedere è difficile trovare qualcuno come lui. 

Arriva anche Valerio Piva

Quando ho saputo di Valerio ero il più felice della squadra. Ho lavorato per sei anni con lui (quattro in BMC e due in CCC, ndr). Sono sicuro che darà un grosso stimolo e una grande spinta al team, sia dal punto di vista dell’organizzazione ma anche in corsa.

Sobrero e Bora: con Gasparotto all’origine della scelta

20.08.2023
5 min
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Con il mercato che già ci proietta mentalmente alla prossima stagione è facile iniziare a pensare e valutare i vari acquisti. Uno dei più importanti, per il ciclismo italiano, e non solo, è l’arrivo di Matteo Sobrero alla Bora-Hansgrohe. Un cambio importante, che ha aperto a tante considerazioni, ma cosa avranno in mente dal team tedesco per il nostro Sobrero? Lo chiediamo a Enrico Gasparotto, diesse della Bora che in queste ultime stagioni si è fatto apprezzare per idee e audacia in ammiraglia. 

Le qualità da diesse hanno portato Gasparotto a guidare la Bora anche al Tour nel 2023
Le qualità da diesse hanno portato Gasparotto a guidare la Bora anche al Tour nel 2023

Meritato riposo

Gasparotto in questi giorni è a casa, dopo il Tour si gode un po’ di meritato riposo. Intanto pensa alle corse future che lo attendono in ammiraglia: Eneco Tour, Plouay, Canada e poi il finale di stagione in Italia. 

«Dopo Giro e Tour – racconta – ho fatto rispettivamente un mese di pausa per volta. Era la prima volta che lo facevo, sinceramente lo preferisco, perché si ha più tempo per staccare e riposare. Delle ultime gare Il Lombardia sarà la più importante. L’anno scorso Sergio (Higuita, ndr) ha fatto bene, arrivando quarto. Peccato perché il podio era a portata di mano, sarebbe bastato prendere in testa il Civiglio. Anche Plouay e Canada avranno il loro peso, visto che sono delle WorldTour, e come team internazionale teniamo sicuramente a far bene. Come teniamo a far bene ovunque in realtà…»

Sobrero tra il 2021 e il 2022 si è confermato uno dei profili più interessanti nelle prove contro il tempo
Sobrero tra il 2021 e il 2022 si è confermato uno dei profili più interessanti nelle prove contro il tempo
Facciamo un passo di lato, che concetto c’è dietro l’arrivo di Sobrero?

Lo conosco dal 2020, quando correvamo insieme in NTT. E’ maturato tanto in questi anni e ho avuto spesso modo di confrontarmi con lui. A crono tra il 2021 e il 2022 ha fatto vedere grandi cose, in più è migliorato tanto in performance e numeri. 

Ha dimostrato di poter far bene…

Una nota positiva è quella mostrata all’Amstel e ai Paesi Baschi, sulle salite corte è andato forte. E’ cresciuto molto nelle salite e nelle gare di un giorno, e poi ha delle ottime abilità: sa stare in gruppo, limare… Sono qualità che abbiamo preso tanto in considerazione. 

Che ruolo potrà ricoprire quindi da voi?

Analizzando i file di potenza e prestazioni abbiamo notato degli ulteriori margini di miglioramento. Specialmente nelle salite lunghe e questa chiave per la Bora è importante, siamo una squadra incentrata sulle grandi corse a tappe. Per questo cerchiamo corridori che possano supportare al meglio i nostri capitani. Sobrero ha esperienza, avendo già corso a supporto di Simon Yates. 

Sobrero ha vinto la sua prima corsa in linea da professionista al Giro d’Austria, nel mese di luglio, un bel segnale
Sobrero ha vinto la sua prima corsa in linea da professionista al Giro d’Austria, nel mese di luglio
Quindi gli spetterà un ruolo principalmente di supporto?

Nei grandi Giri sì. Ma il suo apporto come persona è di supporto a 360 gradi, nel senso che quando ha libertà, sa prendersi le dovute responsabilità. E’ forte a crono e in salita, e corse gare di una settimana questa è una caratteristica davvero importante. Nelle gare delle Ardenne lo ha dimostrato, facendo bene fin dalla sua prima apparizione, quest’anno. 

Ha fatto vedere buone cose in questo 2023…

Ha dato continuità ai risultati dello scorso anno. Ai Baschi è stato continuo, è uscito di classifica in una giornata non felice per lui. All’Amstel ha fatto bene ugualmente, io c’ero. Ha bucato in un punto davvero brutto, altrimenti sarebbe stato tranquillamente nel primo gruppo. 

Un Ferragosto alternativo per Sobrero, passato al Rifugio Oberto Maroli insieme all’amico Ganna (foto Instagram)
Un Ferragosto alternativo per Sobrero, passato al Rifugio Oberto Maroli insieme all’amico Ganna (foto Instagram)
Che rapporto avete, visto che lo conosci da tanto?

Oltre all’anno in cui abbiamo corso insieme, il 2020, abbiamo fatto anche un ritiro insieme in altura prima dei mondiali di Imola. In più compro il vino dai suoi genitori (dice ridendo, ndr). Già tempo fa ho avuto modo di dirgli che ha un bel potenziale e che se avesse dato conferma delle sue qualità avrebbe attirato su di sé tante attenzioni. Anche al di fuori del discorso Bora, sono contento sia arrivato da noi.

Di recente ha anche vinto la sua prima corsa in linea.

E’ stata una bella dimostrazione, importante per lui e per le sue qualità. Essere ripagato dei propri sacrifici con una vittoria per un corridore è benzina in più. Sono emozioni che ti possono portare a diventare un vincente. Un’altra cosa importante.

La prima volta nelle Ardenne per Sobrero non è andata male, sicuramente tornerà e ci riproverà
La prima volta nelle Ardenne per Sobrero non è andata male, sicuramente tornerà e ci riproverà
Dicci.

Lui è un grande cronoman. E abbiamo visto che ASO ha reinserito la cronometro a squadre nelle sue corse. Non è da escludere che possa tornare anche al Tour de France. E’ una considerazione che in squadra abbiamo fatto nel momento in cui abbiamo scelto il suo profilo. 

Vi siete già sentiti?

Ci siamo scambiati giusto qualche messaggio, ma niente di più. Lui è in ritiro con Ganna, dovrebbe fare la Vuelta. E’ giusto che si concentri sul finale di stagione con la Jayco-AlUla. Ci sarà tempo di incontrarci e parlare, fin dal team building che ogni anno facciamo a fine stagione con i ragazzi vecchi e nuovi.