Trofeo Pian Camuno Memorial Angelo Felappi, Montecampione 2025, Mattia Proietti Gagliardoni (foto Instagram/Rodella)

Proietti Gagliardoni, l’altro figlio di Gentili, è pronto per il decollo

03.11.2025
6 min
Salva

Massimiliano Gentili va ripetendo spesso di avere due figlie femmine che portano il suo nome e due figli maschi che si chiamano Giulio Pellizzari e Mattia Proietti Gagliardoni. Li ha cresciuti entrambi con i suoi metodi: di uno ha già fatto un fior di corridore, sull’altro c’è ancora da lavorare, ma le premesse sono eccellenti. Mattia, umbro come il suo mentore, ha corso le ultime due stagioni al Team Franco Ballerini e correrà le prossime due nella neonata Movistar Academy.

La sua stagione è stata perfetta fino al cuore dell’estate, poi si è inceppata su un intervento chirurgico che ha compromesso la sua partecipazione ai pezzi forti della stagione: il mondiale di Kigali e l’europeo in Drome et Ardeche, entrambi adatti a lui. Il suo profilo resta però uno dei più appetiti del recente mercato, al punto che sulle sue tracce si erano messi anche i devo team della Lidl-Trek e della Jayco-AlUla, superati dalla Movistar

«Il finale di stagione non è stato come mi aspettavo – dice – ho dovuto saltare le ultime gare e verso la fine di settembre mi sono operato. Sono stato fermo un mese e dieci giorni e ho ripreso a pedalare il primo novembre. Ho fatto le ferie forzate quando avrei preferito correre, anche se la stagione è stata positiva. Per agosto, quando arrivavano gli impegni più importanti, ad esempio il Lunigiana, sarei stato preparato al meglio e aspettavo di mettere a frutto la condizione. Purtroppo le cose non sono andate come dovevano, ma succede».

Che cosa è successo?

Sono andato in altura con la nazionale, poi però sono venute fuori delle cisti al sottosella. Come prima cosa, sono stato fermo per due settimane e ho dovuto saltare il Lunigiana, quindi a quel punto il mondiale non l’avrei fatto. In ogni caso, ho iniziato ad allenarmi nuovamente, perché avrei dovuto fare gli europei. Sono tornato alle gare al Trofeo Top Automazioni, ma sono caduto e mi sono fatto male a un gomito. Sono stati necessari dei punti e gli antibiotici, per cui ho finito lì la mia stagione.

Come definiresti questi due anni da junior? Anni spinti? Anni di scuola? Oppure anni di maturazione?

Sicuramente sono cresciuto molto. Il primo anno è stato una scoperta. Mi sono subito trovato bene con le nuove distanze e ho fatto dei buoni risultati, come il secondo posto al campionato italiano. Mi sono piazzato bene nelle gare nazionali, ma non sono stato molto costante, perché non ero abituato a fare grandi carichi di lavoro, quindi ci ho messo un po’. Invece quest’anno non sono partito molto bene perché ho avuto un po’ di problemi all’inizio di stagione. Ma quando sono stato bene, nelle gare adatte alle mie caratteristiche come all’Eroica, sono sempre riuscito a stare davanti. Nel mese d’agosto ero arrivato a stare parecchio bene.

Ti brucia non aver corso il Lunigiana?

Visto come è andato, penso che mi sarei potuto giocare benissimo la generale. Mentre a parere mio, penso che sarei riuscito a essere protagonista al mondiale e all’europeo, sicuramente in uno dei due, visto che i percorsi mi si addicevano.

Dopo la vittoria a Montecampione, l'ultima del 2025, con Lucchini e Scinto (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria a Montecampione, Proietti con lo sponsor Lucchini e il diesse Scinto (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria a Montecampione, l'ultima del 2025, con Lucchini e Scinto (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria a Montecampione, Proietti con lo sponsor Lucchini e il diesse Scinto (foto Instagram/Rodella)
Sei entrato negli juniores senza la limitazione dei rapporti, che una volta esisteva per evitare dei lavori troppo pesanti. In che modo avete gestito il salto di categoria?

Diciamo che questo passaggio non l’ho accusato. Io ho sempre avuto tanta agilità, fin da quando ero giovanissimo e allievo, per cui ritrovarla con i rapporti liberi non è stato un problema.

Che tipo di cammino ti ha prospettato la Movistar?

Diciamo innanzitutto due anni di crescita nella squadra devo. Avrò tempo di maturare e fare gare sia a livello professionistico sia le più importanti con gli under 23. Vedremo come sarà impostata la stagione, per ora abbiamo già fatto un ritiro conoscitivo con allenatori, staff e nutrizionisti. Ci hanno dato la bici nuova, che è tanta roba. L’ho avuta a casa per dieci giorni e oggi ci sono uscito per la prima volta. E’ identica alla bici della WorldTour.

Ti attira l’idea di poter fare delle corse tra i professionisti?

Sicuramente non vedo l’ora. Correre con i professionisti è sempre bello, quindi non vedo l’ora di farlo. Però allo stesso modo non vedo l’ora di competere con i miei coetanei per provare a giocarmi qualche corsa a tappe importante, come un Giro d’Italia o magari il Tour de l’Avenir.

Dominio del corridore umbro al Memorial Colò, con 40" su Galbusera e O'Brien (foto Rodella)
Il Memorial Colò è finito nella bacheca di Proietti Gagliardoni nel 2024 e anche nel 2025 (foto Instagram/Rodella)
Dominio del corridore umbro al Memorial Colò, con 40" su Galbusera e O'Brien (foto Rodella)
Il Memorial Colò è finito nella bacheca di Proietti Gagliardoni nel 2024 e anche nel 2025 (foto Instagram/Rodella)
Hai parlato dei tuoi coetanei: che effetto fa vedere che state tutti partendo per squadre all’estero?

Con tanti di loro ci conosciamo da quando eravamo piccoli. E ora guardandoci indietro, fa anche un po’ strano pensare che eravamo tutti in squadre regionali e per la maggior parte siamo in team satelliti del WorldTour. Fa un po’ strano, ma penso di parlare a nomi di tutti. Questa è la strada giusta, quindi penso che ognuno darà il massimo, ognuno lavorerà al massimo per cercare di ottenere il meglio.

Su quali strade ti alleni quando sei a Foligno? Hai delle salite su cui fai i tuoi test?

Non ho una salita di riferimento, però ho dei tempi di riferimento su diverse salite e su quelle mi regolo. Di solito salgo sempre verso Colfiorito, verso le Marche. Da quelle parti ci sono parecchie salite nel giro di pochi chilometri: salite da 20 minuti, da 15 minuti, da 10 e anche da 5, quindi è una zona veramente top per allenarsi.

Ti capita mai di allenarti con Pellizzari?

Ci siamo incontrati a inizio anno. Io ero uscito una mattina che non ero andato a scuola e l’ho incontrato mentre lui faceva sei ore. Giulio tornava a casa, si è girato per un pezzo e abbiamo parlato un po’. Altrimenti le altre volte in cui usciamo insieme è quando c’è anche Massimiliano, che parla con entrambi.

Dopo la vittoria del 15 agosto, Proietti ha iniziato ad avere problemi di salute (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria del 15 agosto a Montecampione, Proietti ha iniziato ad avere problemi di salute (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria del 15 agosto a Montecampione, Proietti ha iniziato ad avere problemi di salute (foto Instagram/Rodella)
Dopo la vittoria del 15 agosto, Proietti ha iniziato ad avere problemi di salute (foto Instagram/Rodella)
Quest’anno c’è da fare la maturità?

Sì, ma per scelta mia, ho deciso di passare a una scuola privata. Ho fatto quattro anni di liceo scientifico ed è stata sempre tosta, non sono mai stato agevolato dai professori. Quindi abbiamo deciso così di passare a una scuola privata. Posso seguire tutto online, così la mattina ho tempo per allenarmi e il pomeriggio si studia. Penso che farò base a casa, ad eccezione di quando ci sono i ritiri. Ne faremo uno dall’11 al 22 dicembre  in Spagna, vicino ad Alicante. Poi avremo la presentazione della squadra a Madrid prima di Natale. In ritiro saremo con la WorldTour, anche di questo non vedo l’ora…

Proietti Gagliardoni, in nazionale col contratto in tasca

10.08.2025
5 min
Salva

Mattia Proietti Gagliardoni continua a essere protagonista della stagione juniores, l’oggetto del desiderio di molte squadre anche estere, il perno della costruenda nazionale per le gare titolate. Ma soprattutto il corridore umbro continua ad avere una grande costanza di rendimento, tanto che il successo di domenica scorsa al Memorial Antonio Colò è il suo quinto centro stagionale il che per uno scalatore, non è davvero poco.

Dominio del corridore umbro al Memorial Colò, con 40″ su Galbusera e O’Brien (foto Fruzzetti)
Dominio del corridore umbro al Memorial Colò, con 40″ su Galbusera e O’Brien (foto Fruzzetti)

Di carne che bolle in pentola ce n’è tanta, soprattutto ora che Mattia ha messo da parte la scuola per le vacanze estive. Il bilancio è decisamente in attivo e il corridore del Team Franco Ballerini lo sa bene.

«Sono partito un po’ così – dice – ma adesso va meglio e credo di avere una buona media di risultati. Considerando che ho fatto quasi sempre corse nazionali e internazionali. La vittoria di domenica mi ha dato molta soddisfazione perché una gara che conoscevo e che avevo già vinto lo scorso anno».

Che corsa era?

Il tracciato era un po’ cambiato rispetto allo scorso anno. Invece della salita finale si faceva due volte una salita lontana dal traguardo, lì devo dire che la squadra è stata essenziale nel tenere la corsa. Ho fatto fare il ritmo a un compagno di squadra, poi a 2 chilometri dalla vetta ho attaccato e sono riuscito a togliermi di ruota anche Galbusera che mi aveva seguito. In discesa sono andato forte, in pianura ho finito per guadagnare e alla fine sono arrivato con circa 45 secondi di vantaggio.

Al GP Neri Sottoli, Proietti Gagliardoni ha aiutato Pascarella nel suo successo (foto FB team)
Al GP Neri Sottoli, Proietti Gagliardoni ha aiutato Pascarella nel suo successo (foto FB team)
Stessa vittoria a un anno di distanza, ma non è lo stesso Mattia dello scorso anno. Hai un’altra autorità anche nella gestione della squadra…

Sono cresciuto molto sia a livello mentale che anche fisico. I wattaggi sono molto più alti, quindi diciamo che è un buon periodo, soprattutto dopo. Con la squadra siamo riusciti a fare 10 giorni di altura grazie al nostro sponsor Lucchini che ha messo a disposizione il suo hotel. Io dopo sono andato anche una settimana con la mia famiglia a Livigno, quindi l’ho continuata completando un bel blocco di lavoro.

Per la seconda parte di stagione quali obiettivi ti sei posto?

Dal 22 agosto al 2 settembre tornerò a Livigno con la nazionale, dovrebbe essere il gruppo di europei e mondiali, ma intanto l’obiettivo principale sarà il Lunigiana dove appunto il CT deciderà le convocazioni per queste gare. Io voglio farmi trovare pronto e disputare un Lunigiana da protagonista perché è uno degli obiettivi principali della stagione.

Per i ragazzi del team un lungo raduno in altura all’Hotel di Lucchini (foto FB team)
Per i ragazzi del team un lungo raduno in altura all’Hotel di Lucchini (foto FB team)
Alla fine della quale cambi di categoria.  Ci sono tante squadre anche internazionali che sono sulle tue tracce. Sappiamo che hai già scelto ma che sta alla squadra, appartenente al WorldTour, ufficializzarlo. Come sei arrivato alla decisione?

Il mio procuratore inizialmente mi aveva dato una destinazione – specifica Proietti Gagliardoni – ma non era convinto a farmi rimanere in quella realtà. Io ho appoggiato la sua decisione. Poi ci sono state altre due squadre che mi hanno proposto un contratto. Io ne ho parlato con lui ma anche con la mia famiglia e anche con il mio preparatore Massimiliano Gentili per capire quale poteva essere la scelta più adatta al mio futuro. Soprattutto in base alle mie caratteristiche. Ma la decisione alla fine l’ho presa io.

Quali fattori avete considerato, e soprattutto l’aspetto tecnico, quello economico, quello della nazione e della presenza di altri italiani?

Partiamo dal fatto che non ho ancora un inglese molto fluente, quindi ho pensato a una squadra con la cultura molto più vicina a quella italiana, in un ambiente più vicino al nostro. L’aspetto economico sinceramente lo guardo, ma so che i veri guadagni si fanno quando si passa professionista. Ora è solo un momento per crescere, per imparare.

Il Team Franco Ballerini è stato fondamentale nella sua crescita in questo biennio (foto FB team)
Il Team Franco Ballerini è stato fondamentale nella sua crescita in questo biennio (foto FB team)
E’ contato anche il fatto che ci fossero già altri italiani?

Sinceramente non ci ho badato, magari ci si può trovare un po’ meglio perché trovi un compagno di squadra della tua Nazione, la comunicazione è sempre migliore, ma comunque è una squadra straniera e quindi è giusto che sia io ad adeguarmi.

Quanto è importante il rapporto con il procuratore alla tua età, tu che sei giovanissimo e che stai entrando adesso in questo mondo ti fidi ciecamente della sua esperienza?

Da allievo ero in contatto con Andrea Noè, parlavo spesso con lui delle gare, finché lo scorso anno ho conosciuto i Carera, sono venuti a casa mia. Abbiamo fatto un pranzo e abbiamo parlato un po’ e nel sentire la loro esperienza, i loro contatti in questo lavoro, la loro professionalità mi sono convinto subito.

In quota con Scinto: il ritiro del Team Ballerini sul Maniva

19.07.2025
5 min
Salva

Non è consuetudine per le squadre juniores italiane organizzare un ritiro in altura. E’ successo invece al Team Franco Ballerini, che guidato da Luca Scinto ha scelto il Passo Maniva, spartiacque tra la Val Trompia e la Val Sabbia, per un periodo di lavoro intenso ma anche di crescita. La località, a quota 1.800 metri, ha garantito tranquillità e concentrazione.

Con la consueta schiettezza, Scinto spiega perché questo training camp in quota è stato un passaggio necessario per affrontare un ciclismo che viaggia ormai a ritmi alti fin dalla categoria juniores. Anche la squadra toscana pertanto si è (e si sta) evolvendo.

Luca Scinto (classe 1968) con i suoi ragazzi. Da ormai quattro stagioni ha preso in mano il team juniores Franco Ballerini
Luca Scinto (classe 1968) con i suoi ragazzi. Da ormai quattro stagioni ha preso in mano il team juniores Franco Ballerini
Luca, avete portato i ragazzi in ritiro in montagna. E’ la prima volta che lo fate?

Sì, dobbiamo fare un salto di qualità in termini di organizzazione e di squadra, perché volenti o nolenti la categoria juniores ormai va veloce e bisogna essere pronti. Bisogna adeguarsi e credo che il Team Franco Ballerini abbia risposto bene. In Italia ci sono una decina di squadre, tra cui la nostra, che non sono inferiori ad alcune blasonate formazioni straniere.

Come mai avete scelto il Passo Maniva?

Perché ha buone caratteristiche geografiche, siamo sul filo dei 1.900 metri e uno dei nostri sponsor, Lucchini, ha un hotel lì. Per me è il ritiro ideale: non c’è niente. Solo l’albergo. Niente distrazioni. Perfetto anche per rilassarsi. Aria buona e tanta natura.

Rilassarsi…

E’ stata una stagione tirata: abbiamo fatto tre corse a tappe e corso sempre con i soliti sei o sette. Due hanno smesso per via della scuola. In Italia purtroppo studiare e correre ad alti livelli è ancora molto difficile. Io dico sempre che gli studi vengono prima. Ma servirebbero tre anni per questa categoria, aiuterebbe parecchio. Intanto ho rivisto anche il calendario.

In che senso?

Era logico: dopo il Val d’Era erano stanchi. Ho cancellato in pratica tutto il mese di luglio: a partire dalle gare in Toscana nonostante i nostri sponsor, ma anche corse nazionali come l’Arno, la Tre Valli Varesine, il Monte Grappa. Era giusto così.

I ragazzi di Scinto, di stanza sul Passo Maniva, hanno alloggiato presso l’hotel Bonardi di Imerio Lucchini, sponsor del team e grande appassionato di ciclismo
I ragazzi di Scinto, di stanza sul Passo Maniva, hanno alloggiato presso l’hotel Bonardi di Imerio Lucchini, sponsor del team e grande appassionato di ciclismo
Una scelta moderna: periodi di lavoro, corse, recupero…

Il salto di qualità passa anche da questo. Ho deciso: un mese senza gare. Gli sponsor mi hanno seguito. Non è facile farlo in Italia, ma bisogna iniziare.

Come hanno reagito invece i ragazzi?

Loro correrebbero anche mattina e sera, però sono contenti. Stanno insieme, fanno gruppo, imparano a gestirsi da soli, senza genitori. Crescono, diventano uomini.

Come gestisci il lavoro se ognuno ha un preparatore?

Ho cambiato il mio approccio da due anni. Quando un ragazzo arriva, ha già il suo preparatore. Chi va da Michele Bartoli, chi da Pino Toni, chi da Massimiliano Gentili. Quest’anno è entrato anche Matteo Urgu, che correva ai miei tempi e allena da un paio d’anni. E’ preparato, moderno… Lui segue Cerami per ora.

E gli altri?

Pascarella, Sciarra e Proietti sono preparati da Gentili. Fino all’anno scorso li seguivo io, ma quest’anno ho preferito delegare. Rimango in contatto, guardo gli allenamenti, mi interfaccio con i preparatori. Così riesco anche a stare più tranquillo.

Da sinistra: Iacchi, Buti, Proietti, Pascarella e Cerame. Assenti Sciarra e Battistelli per motivi scolastici
Da sinistra: Iacchi Buti, Proietti, Pascarella e Cerame. Assenti Sciarra e Battistelli per motivi scolastici
E in ritiro come li coordini?

Ognuno parte con il suo lavoro: chi deve fare quattro ore, chi deve fare lavori specifici in salita. Poi si ritrovano tutti in cima e ripartono. Il ritiro funziona anche così.

Quante ore di lavoro fanno a settimana?

Circa 20 ore.

Come hanno affrontato l’altura?

I primi quattro-cinque giorni sono serviti per l’ambientamento, da 1.880 a 2.050 metri. Dal Maniva parte una strada che rimane in quota verso il Passo Crocedomini, lunga 12-13 chilometri. Facevano avanti e indietro per due-tre ore. Ci vuole testa, sono stati bravi. Ma era ideale per adattarsi.

Poi il lavoro è aumentato?

Sì, poi sono scesi in basso. E lì abbiamo iniziato con quattro ore, cinque ore, tre ore e mezza. Hanno lavorato parecchio in Z2, sulla forza. In salita hanno fatto anche lavori a intervalli, tipo due minuti in soglia. Alla fine sono i lavori che fanno tutti.

A che quota svolgevano i lavori più intensi?

Fino agli 800-1.000 metri. Il resto anche fino ai 1.700.

Dopo i primi giorni di adattamento per i giovani del Ballerini sono iniziati anche i lavori specifici
Dopo i primi giorni di adattamento per i giovani del Ballerini sono iniziati anche i lavori specifici
E nel pomeriggio?

Lì arriva il bello: facevano palestra con le bottiglie d’acqua! Ne ho portate tante, e con quelle facevano squat ed altri esercizi di potenziamento. Davvero un bello spirito d’adattamento e d’impegno.

Che impressione ti hanno fatto i ragazzi?

Sono contenti. Prima di tutto stanno al fresco. L’appartamento è a 20 metri dall’hotel. Quando arrivano tardi, cucinano loro, oppure cucino io. Comunque hanno un po’ di spesa che gli ho fatto io. Se tornano tardi in bici e il ristorante dell’hotel è chiuso, si fanno la pasta. E’ un po’ come da noi a San Baronto.

Parlano di ciclismo, ti fanno domande?

Mi prendono in giro! Quando racconto di Museeuw, mi chiedono chi era. Non conoscono Tafi, Richard, Sorensen. Al massimo sanno chi è Bugno. Quando mostro un video, mi mandano a Mai Dire Gol… Però hanno ragione: oggi si va più forte. E’ cambiato tutto.

Ma devono ancora mangiarne di pagnotte, come si dice a Roma…

Assolutamente. Io glielo dico sempre: «Non vi sgrido, ma vi faccio capire dove sbagliate». Perché un domani, se diventeranno professionisti, nessuno gli spiegherà più le cose: gli manderanno una mail e li lascieranno a casa. Il ciclismo non è più umano come ai nostri tempi. L’ho detto tante volte.

Da Maddaloni arriva Pascarella, ciclista coi libri appresso

06.06.2025
5 min
Salva

La storia di Michele Pascarella, impegnato negli scorsi giorni al Giro del Friuli per juniores, è particolare perché per qualche verso ricorda quella di suoi predecessori, pochi per la verità perché la Campania non è mai stata particolarmente prodiga di ciclisti venuti alla ribalta. Forse l’ultimo è Raffaele Illiano, rimasto poi nell’ambiente del ciclismo anche in veste di organizzatore e preparatore. Michele, vincitore della 2 Giorni di Bergamo e Brescia, viene da Caserta, ma per emergere è dovuto ciclisticamente emigrare, approdando al Team Franco Ballerini.

Bisogna ben intendersi su questo punto, perché la base di allenamento (ma sarebbe meglio dire di vita quotidiana) resta per lui sempre Maddaloni, centro della provincia casertana, ma il sapore del corridore costretto a emigrare per emergere resta e bisogna dire grazie alla “longa manus” di Scinto e Citracca, che si sono studiati con attenzione la sua attività da allievo se Pascarella ha potuto affrontare la carriera da junior ed emergere.

L’arrivo solitario di Pascarella, con 14″ sul gruppo, vincendo la 2 Giorni di Brescia e Bergamo (foto Rodella)
L’arrivo solitario di Pascarella, con 14″ sul gruppo, vincendo la 2 Giorni di Brescia e Bergamo (foto Rodella)

«Da allievo avevo vinto 15 gare – racconta – rimanendo però sempre nella mia regione. Loro un giorno sono venuti a casa a Maddaloni, a parlare con me e la mia famiglia. Le loro idee hanno convinto i miei genitori, anche perché io sono rimasto a casa, per seguire la scuola. Per i miei la preminenza degli studi non era in discussione, così abbiamo trovato un accordo. Con me è entrato un altro ragazzo delle mie parti, Giuseppe Sciarra, con cui mi alleno».

Quindi fai la spola fra Campania e Toscana?

Sì, mi sposto per le gare, se poi sono particolarmente concentrate rimango più giorni in Toscana in modo da affrontare tutto il periodo. Quest’anno però è abbastanza complicato perché è l’anno della maturità. Studio al Liceo Scientifico Scienze Applicate e queste settimane sono particolarmente intense. Gareggio, ma la mente è anche allo studio, all’esame. Per questo la vittoria in Lombardia ha un sapore speciale.

Nello scorso anno 7 top 10 per il campano, in questa stagione la prima vittoria da junior (foto Paletti)
Nello scorso anno 7 top 10 per il campano, in questa stagione la prima vittoria da junior (foto Paletti)
A scuola come vedono la tua attività sportiva?

Devo dire che ho trovato davvero una grande disponibilità. Mi hanno permesso di fare le assenze necessarie per le trasferte ma anche orari ridotti per gli allenamenti, a condizione naturalmente che seguissi il corso delle lezioni e fossi preparato per le interrogazioni. Quest’anno è tosta, ma ce la sto facendo e poi per me lo studio è importante, infatti voglio andare avanti, vorrei frequentare la facoltà di Scienze Motorie e Fisioterapia. Questo influirà sulle mie scelte future, sull’eventualità di trasferirmi in pianta stabile.

Veniamo alla tua attività ciclistica…

Penso di essere un corridore abbastanza completo, con una buona propensione per la salita e per i percorsi duri e selettivi. Sono anche abbastanza veloce, quindi mi adatto bene alle corse dove si formano gruppi ristretti.

Il campano si era messo in luce da allievo con 15 vittorie, nel Team Cesaro (foto Facebook)
Il campano si era messo in luce da allievo con 15 vittorie, nel Team Cesaro (foto Facebook)
Come nella seconda tappa della 2 Giorni, che ti ha permesso di vincere la classifica combinata?

Sì, era una corsa che avevo visto subito potesse essere adatta alle mie caratteristiche. Erano 5 giri piatti e poi 4 giri con una salita di 2 chilometri che ha fatto la selezione. Quando la strada iniziava a salire provavo a fare selezione, poi all’ultimo giro ho preso l’iniziativa e sono salito con il mio passo finché sono rimasto da solo. Arrivare braccia alzate senza nessuno dietro è stata una bella sensazione.

Non capita spesso di parlare di corridori campani, qual è la situazione nella vostra regione, perché siete così pochi a emergere e cercare di andare avanti?

La situazione è un po’ complessa perché a livello di giovanissimi c’è tanta attività, di bambini che vanno in bici ce ne sono molti. Il problema inizia a comparire quando si sale fra gli esordienti perché ci sono poche società e quindi c’è anche un calendario molto scarno, poche possibilità per emergere e potersi mettere in mostra. Bisogna gareggiare soprattutto fuori regione, ma quante società possono permetterselo? Quindi per tanti ragazzini l’attività va presto a ridursi e spegnersi. Devo dire grazie ad Aurelio Cesaro e alla sua società se ho potuto mettermi in mostra perché ci ha portato in giro per l’Italia a gareggiare mettendoci tanto di suo.

Anche in Friuli Pascarella si è messo in evidenza con fughe da lontano. Ora punta al tricolore
Anche in Friuli Pascarella si è messo in evidenza con fughe da lontano. Ora punta al tricolore
Quale pensi sia la strada giusta per emergere?

Io ho la tendenza a provarci sempre. L’ho fatto anche al Giro del Friuli, nell’ultima tappa ho tentato la fuga da lontano fino ad avere oltre un minuto e mezzo sul gruppo della maglia gialla, poi mi hanno ripreso a 3 chilometri dall’arrivo. Ho portato a casa la piazza d’onore nella classifica dei Gran Premi della Montagna. Io sono così, non mi arrendo facilmente.

Si avvicina però il momento delle scelte…

Ci penserò dopo gli esami e dopo le gare d’inizio estate, il campionato italiano in primis. Vedremo che cosa fare, ma deciderò sempre con la mia famiglia. A maggior ragione se arriverà una proposta dall’estero, quel che conta è poter seguire sì l’attività, ma continuare anche la mia carriera negli studi.

Partenza lenta e mente al 2026, le scelte di Proietti Gagliardoni

01.04.2025
5 min
Salva

Non solo Fedrizzi. Anche Mattia Proietti Gagliardoni sta correndo con in tasca il contratto che gli permetterà di entrare nel devo team della Wanty Nippo ReUs. Anzi, il corridore umbro lo farà un anno prima del suo avversario, in quanto è già alla seconda stagione da junior e non vede l’ora di affrontare quel che il destino gli metterà dinnanzi: senza paura, ma con grande curiosità.

A dispetto dei suoi 17 anni, Mattia è già da qualche tempo sulla cresta dell’onda, tanto che lo scorso anno la sua preparazione fu oggetto di un dibattito acceso con protagonisti Daniele Pontoni, cittì della nazionale di ciclocross che lo ha sempre voluto fra i suoi portacolori e Massimiliano Gentili, l’ex professionista che ancora oggi è il suo preparatore. L’attenzione che il team belga ha riversato su di lui cambia però un po’ la situazione

Per Proietti Gagliardoni quest’anno un 8° posto alla Piccola Liegi delle Bregonze
Per Proietti Gagliardoni quest’anno un 8° posto alla Piccola Liegi delle Bregonze

«E’ stata una sequenza molto veloce – racconta Mattia – a novembre ho contattato Carera come procuratore e già a dicembre mi ha chiamato proponendomi due settimane di ritiro con loro. Io non ero sicurissimo anche perché ero ancora nel pieno della stagione di ciclocross. Poi, visto che ai tricolori non sono andato come mi aspettavo e sapevo di non rientrare nella selezione per i mondiali, ho deciso di accettare e di partire per la Spagna. Da lì è venuto tutto naturale».

Nel tuo caso la domanda viene subito spontanea conoscendo il tuo valore in due discipline: con i dirigenti belgi hai già parlato se continuerai a fare ciclocross?

Ancora non ho affrontato il discorso. Mi atterrò comunque alle loro decisioni, qualsiasi esse siano. Io vorrei continuare, ma non mi dispiacerebbe neanche dedicare tutto l’inverno alla preparazione considerando quello che mi aspetta. Io non mi distaccherò dalle loro decisioni, intanto so che mi faranno avere a breve la bici da crono con la quale affronterò la Corsa della Pace.

Per il diciassettenne già pronta una maglia azzurra per la prossima Corsa della Pace (Photors)
Per il diciassettenne già pronta una maglia azzurra per la prossima Corsa della Pace (Photors)
Come sei d’accordo con loro, anche tu come Fedrizzi sei già seguito da loro? Hai il loro materiale?

No, per ora continuo con Gentili che mi segue da quand’ero allievo secondo anno e con il quale mi trovo benissimo, anche dal punto di vista umano oltre che professionale. La bici da strada resta quella del Team Franco Ballerini-Lucchini-Energy anche perché hanno un contratto con la Ktm per tutti i loro tesserati.

La chiamata del team belga ti ha sorpreso?

Più che sorpreso, per me rappresenta il raggiungimento di un obiettivo che mi ero posto sin dall’inizio della mia avventura. Volevo fortemente entrare in un devo team perché penso che sia decisivo per la mia crescita. Quando l’ho saputo, ero strafelice e chiaramente ho subito detto di sì, quasi a scatola chiusa.

L’esperienza ai tricolori di ciclocross a Faé di Oderzo, guastata da una caduta iniziale (foto Billiani)
L’esperienza ai tricolori di ciclocross a Faé di Oderzo, guastata da una caduta iniziale (foto Billiani)
Una notizia che ha addolcito anche il tuo inverno sui prati, non proprio felicissimo…

Sì, mi ha lasciato molto l’amaro in bocca perché non sono riuscito a centrare gli obiettivi che mi ero posto. Il problema principale è stato un edema al sottosella che mi ha tenuto fuori addirittura un mese, poi ho avuto un incidente stradale in allenamento e mi sono dovuto fermare altri 5 giorni, insomma riprendersi non è stato semplice. Durante le feste natalizie avevo anche recuperato la condizione, sono persino riuscito a centrare un podio in Belgio, che non è certamente cosa comune. Sapevo però che mi giocavo tanto ai tricolori, lì sono caduto nelle prime battute e ho corso tutta la gara in rimonta finendo quinto. Non è bastato…

Finora hai gareggiato abbastanza poco…

Ho affrontato solamente due gare, ma la cosa non mi dispiace. Mi concentro soprattutto sull’allenamento in vista della parte della stagione che più mi interessa, quella centrale dove ci sono gare più adatte alle mie caratteristiche. Io voglio essere pronto da maggio in poi, anche perché si comincerà a ragionare anche per le gare titolate. Alla Piccola Liegi delle Bregonze ho ottenuto un 8° posto correndo soprattutto in difesa.

Il podio del ciclocross di Dendermonde con l’umbro secondo dietro il tedesco Benz (Lucvdlphotography)
Il podio del ciclocross di Dendermonde con l’umbro secondo dietro il tedesco Benz (Lucvdlphotography)
Su quali gare hai messo gli occhi?

Non c’è un appuntamento specifico, diciamo che mi interessano soprattutto le prove a tappe perché amo gli arrivi in salita e credo che, considerando le mie caratteristiche di recupero, sono le corse più adatte a me. Considerando anche che sono molto sotto l’occhio degli osservatori esteri, ci tengo a far bene lì.

Che impressione ti fa andare a correre all’estero?

Mi fa estremamente piacere soprattutto come crescita personale, immergermi in una nuova cultura, con ragazzi di altre nazioni, trovando un linguaggio comune per confrontarci. Credo che sia  un’esperienza di vita importante e questo a prescindere dal discorso ciclistico.

Il corridore del Team Franco Ballerini-Lucchini-Energy ha già militato in nazionale all’Eroica 2024 (Photors)
Il corridore del Team Franco Ballerini-Lucchini-Energy ha già militato in nazionale all’Eroica 2024 (Photors)
Prima accennavi al discorso azzurro: tu dovresti essere già nel giro per le prove di Nations Cup, ma quest’anno sia europei che mondiali sono per scalatori. Che cosa ne pensi?

A dir la verità Salvoldi me ne ha già parlato, so che sono percorsi adatti alle mie caratteristiche e anche per quello sto un po’ “nicchiando” per avere energie tra primavera ed estate. La strada è tracciata, io voglio farmi trovare pronto quando servirà. Anche perché in vista dell’approdo nel team multinazionale, vorrei avere dalla mia risultati di un certo peso da presentare al mio ingresso.

San Baronto e Mastromarco: la rivalità si rinnova tra gli juniores

21.01.2025
4 min
Salva

Nel ciclismo le rivalità hanno segnato, forse più che in altri sport, epoche e identificato campioni. Tra queste ce n’è una che si legava e si lega tutt’ora ai giovani: quella tra San Baronto, nel pistoiese, e Mastromarco, nel fiorentino. Due località vicine ma divise da una collina e da una sana competizione sportiva. Una rivalità nata negli anni in cui Giovanni Visconti e Vincenzo Nibali si affrontavano tra gli under 23, infiammando le strade toscane e facendo accorrere tifosi da ogni angolo.

Oggi, quella sfida sembra pronta a rinascere, anche se con proporzioni diverse. A tenere alta la bandiera di San Baronto c’è il Team Franco Ballerini-Cesaro, una realtà ormai consolidata nel panorama juniores. Mentre Mastromarco rinasce con una nuova squadra che porta lo stesso nome, con l’intento di recuperare il prestigio di un tempo.

Luca Scinto, oggi direttore sportivo della Franco Ballerini, era il tecnico della Finauto, la squadra che all’epoca rappresentava San Baronto (e Visconti) nella sfida con Mastromarco. Con lui abbiamo ripercorso quegli anni e analizzato le prospettive future di questa storica rivalità.

Rispetto a questa salita, San Baronto si trova a destra in cima. Mastromarco a sinistra, ai piedi della collina. Pochi chilometri di distanza, due tifoserie distinte
Rispetto a questa salita, San Baronto si trova a destra in cima. Mastromarco a sinistra, ai piedi della collina. Pochi chilometri di distanza, due tifoserie distinte
Luca, ci risiamo dunque? San Baronto e Mastromarco come ai tempi di Visconti e Nibali?

Che tempi! Era una rivalità sana e scherzosa, che però portava entrambi a dare il massimo. I paesi della zona si svuotavano per vederli correre. Quel dualismo ha fatto bene al ciclismo perché spronava tutti a migliorarsi. Nibali è diventato un campione straordinario e Visconti ha avuto una carriera di tutto rispetto con 40 vittorie tra i professionisti.

Pensi che la rivalità possa tornare con le nuove squadre juniores?

Credo che oggi sia difficile ricreare una rivalità simile o almeno a quei livelli. Me lo auguro, sarebbe bello per il ciclismo toscano e italiano, ma i tempi sono cambiati. Oggi ci sono meno corse e le squadre WorldTour stanno prendendo tutto e sul fronte del valore tecnico si perde qualcosa. Tra qualche anno, tre o quattro, il ciclismo rischia di diventare elitario, per chi ha i soldi. Però sono contento che Mastromarco abbia rilanciato il progetto juniores.

Cosa succedeva quando le due squadre magari si incontravano per strada?

Ma no, un saluto e via. Però posso raccontarvi questa: io ho allenato Visconti e Nibali insieme. Mi ricordo di un’uscita dietro scooter con loro due prima dell’Europeo che vinse Giovanni. Nessuno dei due voleva mollare, si spingevano al limite. In salita era una lotta vera, ma sempre con rispetto. Era davvero uno spettacolo vederli. Due corridori che sono diventati quello che sono grazie anche ad episodi come questi. Oggi spero di rivedere qualcosa di simile, anche se in scala ridotta.

Dopo essersi scontrati tra gli U23 (e le colline toscane), Visconti e Nibali sono stati compagni in nazionale e tra i pro’ alla Bahrain
Dopo essersi scontrati tra gli U23 (e le colline toscane), Visconti e Nibali sono stati compagni in nazionale e tra i pro’ alla Bahrain
Quali sono le principali differenze rispetto ad allora?

Il livello è diverso. Ora ci sono poche squadre del Nord Italia molto più forti, come la Borgo Molino o il Team Giorgi, dalle nostre parti va bene la Vangi. Noi, come altri team, abbiamo una buona squadra, ma non possiamo competere con le giovanili dei team WorldTour. Mastromarco sta ricostruendo, ci vorranno un paio d’anni almeno per essere competitivi ad alto livello. Come ripeto, noi della Franco Ballerini abbiamo una buona squadra, ma il ciclismo di oggi è più veloce e non aspetta nessuno.

Voi organizzate il 2 marzo il GP Baronti: è un punto di partenza per la rivalità?

Può esserlo, è una gara importante che apre il calendario nazionale juniores. Ringrazio la famiglia Baronti della Neri Sottoli per il supporto. Sarà più dura rispetto all’anno scorso, con 130 chilometri e salite impegnative: abbiamo seguito le indicazioni che ci ha dato il cittì. Avremo 200 partenti e passeremo 4-5 volte proprio da Mastromarco.

Che squadra è la Franco Ballerini 2025?

Un buon team con 12 ragazzi promettenti. Mattia Proietti Gagliardoni (la stellina del gruppo, ndr) andrà in ritiro con la Intermarché-Wanty, poi abbiamo Michele Pascarella, Giuseppe Sciarra e altri giovani interessanti. In generale i ragazzi devono imparare in fretta, perché oggi il ciclismo non aspetta. Quest’anno poi abbiamo cambiato qualcosa in termini organizzativi.

Luca Scinto con i suoi ragazzi
Luca Scinto con i suoi ragazzi
Cosa?

Ognuno ha il suo preparatore. Io cerco di coordinare tutti al meglio. Quest’anno ho delegato di più per concentrarmi maggiormente sulla gestione sportiva, altrimenti finiva che non avrei fatto bene né il direttore sportivo, né il preparatore. Il ciclismo richiede sempre più specializzazione.

E la Mastromarco che squadra sarà?

Non so davvero, non posso esprimermi, ma come ho detto sono contento che Franceschi e Balducci non abbiano abbandonato del tutto il ciclismo dopo la chiusura del team under 23 e abbiano creato questa squadra. E’ un bene per la Toscana e non solo.

A casa Iacchi, dove il ciclismo è una passione di famiglia

21.03.2024
6 min
Salva

«Dai miei nonni fino a mio fratello più piccolo, in famiglia tutti pedaliamo o abbiamo corso. Ricordo la mia prima biciclettina, una Parkpre bianca. Ero felicissimo». Alessandro Iacchi ci apre le porte della casa di famiglia, da generazioni dedicata al ciclismo. Sport che ormai fa parte del loro Dna.

In questi anni di interviste e gare, spesso usciva fuori il nome degli Iacchi. Tra chi ricordava i nonni in sella, chi i più giovani e chi li ringraziava per aver vissuto presso di loro, vedi Svrcek.

Nella foto di apertura Alessandro è tra il fratello più piccolo, Niccolò, e quello maggiore, Lorenzo, ex pro’ che ha appeso la bici al chiodo nel 2022. Oggi quindi è lui il numero uno della dinastia. E’ infatti professionista con il Team Corratec. Grande impegno, grande passione e una buona costanza di rendimento che si spera possa migliorare.

Nonno Mauro vince una corsa tanti anni fa…
Nonno Mauro vince una corsa tanti anni fa…
Alessandro, come nasce dunque questa passione per il ciclismo da parte della famiglia Iacchi?

Nasce dai miei nonni, sia quello paterno, Piero, che da quello materno, Mauro Romani. Furono dilettanti ai tempi in cui le maglie erano ancora di lana! Una volta smesso e messo su famiglia, nonno Piero fondò il Pontassieve. Era lui che portava alle corse tanti ragazzini, tra cui mio papà Sauro, ma anche gli zii. Alla fine è stato tutto un tramandarsi, fino all’ultimo che va in bici, mio fratello Nicolò, il quale è uno juniores.

E tu come sei salito in bici? Ti ci hanno messo loro?

In realtà è venuto tutto naturalmente. Io da piccolo ho provato mille sport, tra cui il calcio e la pallavolo, ma mi piaceva pedalare. E già dai giovanissimi eccomi in bici. Tra l’altro iniziavano a sparire le squadre per i più piccoli e dopo tanti anni mio “babbo” fece con me quel che all’epoca aveva fatto mio nonno: vale a dire rifondare il Pontassieve. E fu un bel progetto. Eravamo una ventina di bambini. Ed è rimasto in piedi fino a che c’è stato mio fratello Niccolò. Poi purtroppo andare avanti era sempre più complicato, i bambini erano sempre meno e, passato tra gli esordienti Niccolò, hanno chiuso il team. Io dopo i giovanissimi ho fatto gli esordienti in una società mitica.

Quale? 

La SS Aquila, a Ponte a Ema, in pratica la squadra di Gino Bartali. La sede era al museo. Bellissimo.

Spesso quando certe passioni sono tanto forti e radicate, si finisce col mettere pressione ai ragazzi. E’ stato così anche per te?

No, no… assolutamente. Anzi, quando le cose non andavano bene, non mancavano parole di conforto. Mentre non mi hanno mai puntato il dito o detto: perché non sei arrivato? Perché non hai fatto così o colà?

In una famiglia così immaginiamo il tifo, le corse alla tv, l’occhio tecnico…

Mio nonno Mauro soprattutto era un tifosissimo di Pantani. Ogni volta che c’era una corsa non troppo lontana, saltava in macchina e andava a vederlo. Mi racconta sempre di quella volta che per andarlo a vedere nel maledetto giorno di Campiglio fece un sacco di strada a piedi. C’era talmente tanta gente che aveva dovuto lasciare la macchina lontano. Giusto qualche settimana fa, spostando dei mobili, sono riemerse delle vecchie pagine della Gazzetta dello Sport proprio di quei giorni.

Vi capita mai di uscire tutti insieme?

No, difficilissimo. Però con mio fratello che ora è junior a volte sì. Anche due giorni fa abbiamo fatto un paio d’ore insieme.

E poi, Alessandro, gli Iacchi sono stati anche un “porto sicuro” per alcuni vostri colleghi. Giusto?

Giusto. Da noi sono passati diversi corridori ma due si sono fermati a lungo. Uno è stato Martin Svrcek e l’altro Veljko Stojnic. Veljko arrivò che io ero dilettante di secondo anno. Eravamo alla Franco Ballerini. Venne con l’intento di trovare casa di lì a poco e rimase a lungo. Di fatto lo accogliemmo bene e lui si fece voler bene. Sempre rispettoso, educato, disponibile. Avevamo una “casetta” libera di nostra proprietà e lì rimase. Col tempo è diventato un fratello acquisito. Ci allenavamo insieme, uscivamo insieme… Tante volte voleva cucinare da solo, ma i miei nonni gli dicevano: «No, no, tu vieni da noi. Solo non ci stai». Anche se ora è tornato in Serbia, lui stesso si sente con la mia famiglia e i miei nonni.

Alessandro Iacchi e Veljko Stojnic nel 2022: squadre diverse, ma stessa casa
Alessandro Iacchi e Veljko Stojnic nel 2022: squadre diverse, ma stessa casa
Che storia!

Anche io sono stato a trovarlo in Serbia dalla sua famiglia. Ora corre per un team ungherese. E rivederci è sempre un piacere.

E Svrcek?

Più o meno la stessa storia. Tra noi c’è un bel rapporto. Ai miei genitori faceva piacere aiutarlo. Forse perché immaginavano se al suo posto ci fossi stato io. Pensavano a come si poteva sentire questo ragazzino da solo in un paese straniero.

Poi c’è tuo papà, Sauro, che aiuta gli allievi del team Cesaro-Franco Ballerini

Esatto. A papà alla fine è sempre piaciuto stare in mezzo alle corse, ai ragazzi. E’ rimasto lì anche dopo che mio fratello Niccolò è passato di categoria. Si è creato un bel gruppetto e ha deciso di portare avanti questo progetto. Non voleva lasciarli soli.

Alessandro in azione al Giro. Completare la corsa rosa è stata una vera soddisfazione e un orgoglio di famiglia
Alessandro in azione al Giro. Completare la corsa rosa è stata una vera soddisfazione e un orgoglio di famiglia
Insomma anche la Corratec è una famiglia allargata: dalla professional agli allievi, passando per gli juniores… E a proposito di famiglie allargate: tua nonna cucinava per tutti?

Eh sì. Era un porto di mare casa sua. Nonna Laura ci chiedeva e ci chiede sempre cosa dobbiamo mangiare. E’ diventata un’esperta di alimentazione per ciclisti. Sarebbe pronta per un team WorldTour!

Che poi tra chi va e chi viene, chi va a scuola, chi esce al mattino… avete orari diversi.

Esatto, la cucina è sempre aperta. Però lei è contenta. Anzi, se non andiamo, quasi si offende.

E tua mamma cosa dice?

Mia mamma, Gabriella, ormai ci è abituata. E per forza di cose alla fine anche lei spesso viene alle corse e si è appassionata.

Dove vive di preciso la famiglia Iacchi?

A Rufina, Firenze. Quest’anno ci passerà il Tour de France sotto casa. E’ un sogno

A Sambinello la prima degli juniores, sotto gli occhi di Salvoldi

03.03.2024
6 min
Salva

LAMPORECCHIO – Spianato sulla bici come Cavendish. Enea Sambinello è un falco sull’arrivo di Cerbaia di Lamporecchio (nella foto di apertura, la lunga volata). Il Gran Premio Giuliano Baronti è stato una sorta di campionato italiano. Che grande attesa che c’era per questo debutto stagionale della categoria juniores. Un parterre stellare, tanto da richiamare persino il cittì Dino Salvoldi. 

La giornata alterna vento e nuvoloni super minacciosi. In un inverno più mite che mai, forse questa è stata la giornata più fredda. Ma i motori dei corridori erano belli caldi. Mentre si radunavano, nella grande sala mensa ottimamente allestita da Neri Sottoli, che ha aperto i suoi stabilimenti, i ragazzi parlavano dell’impresa di Pogacar ieri alla Strade Bianche. Ma anche di allenamenti e stati di forma.

Giornata fredda, motori caldi

La corsa parte come se fosse una prova di velocità su pista. Dopo 200 metri il gruppo è allungatissimo. Complice anche il vento, i giri in basso si fanno più duri del previsto. Alla fine è un dolce ondulato, ma continuo. A ruota si risparmia tanto, altrimenti sono dolori.

Vangi, Team Franco Ballerini, CPS, Autozai, Team Giorgi… insomma le squadre dei favoriti, si alternano in testa. Solo due atleti alla fine riescono a scappare veramente. Riccardo Uderzo e Matteo Rinaldi arrivano a toccare i due minuti di vantaggio. Ma si sa che andare all’arrivo è difficile. 

Intanto Salvoldi segue la corsa dall’ammiraglia. Osserva e prende appunti: «In effetti c’è un grande parterre qui. Dopo il ritiro di gennaio, colgo l’occasione per vedere come stanno i ragazzi, soprattutto in vista del primo impegno internazionale, il trittico dell’Eroica».

In salita, verso San Baronto, scappano prima in cinque e poi nel finale in due: Andrea Bessega ed Erazem Valjavec, ma non guadagnano tanto. In discesa Giacomo Rosato, Enea Sambinello e Mattia Proietti Gagliardoni gli rientrano. Rientrano in un momento cruciale però, cioè proprio al termine della discesa. Altrimenti sarebbe stata dura.

Sambinello glaciale

A quel punto Sambinello è glaciale. Non si fa intimorire. Sa di essere il più veloce e sul rettilineo finale detta la sua legge. A dicembre lo avevamo lasciato tra le interrogazioni su Ariosto e il ritiro-premio con la UAE Emirates in Spagna.

«Abbiamo fatto il ritiro poco tempo fa con la squadra, la Vangi – racconta Sambinello – e avevo buone sensazioni. Questa settimana è iniziata male perché lunedì sono caduto e sono stato un po’ male, quindi non sapevo bene a che livello ero.

«Oggi però sulla salita ho visto che stavo bene. Ho preso un po’ dai primi, ma in discesa ci siamo buttati giù forte. Sapevo di essere tra i più veloci e sono riuscito a giocarmela bene. Sono rimasto tranquillo. Anche perché sapevo che dietro c’erano due miei compagni, pertanto potevo non dannarmi eccessivamente l’anima per portare avanti la fuga e al tempo stesso concentrarmi sulla volata».

Sambinello vince con due bici buone di vantaggio. Man mano che arrivano i suoi compagni, i ragazzi della Vangi si abbracciano. Si nota un certo affiatamento. Un affiatamento che, a quanto pare, c’è stato anche in corsa.

«In effetti devo ringraziare tantissimo i miei compagni – racconta Sambinello – soprattutto Giacomo Sgherri, perché mi ha aiutato veramente tanto a prendere la salita davanti. Ma in generale tutta la squadra ha lavorato bene e siamo stati molto uniti. Parlavamo spesso su come gestire la corsa. Comunque era la prima gara e c’era molto nervosismo in gruppo. Quindi cercavamo di stare davanti, di evitare le cadute. Ma qualche battuta l’abbiamo scambiata anche con gli avversari, più che altro per salutarci, per sapere come stavano dopo l’inverno».

«Se ho parlato con Salvoldi? Non ancora, ma spero sia contento». Sambinello ci congeda parlando dei prossimi impegni, quelli con la nazionale e quello già cerchiato di rosso: il GP Liberazione a Roma.

Salvoldi sorride

E a proposito di Dino Salvoldi, il cittì non si può lamentare. Il tecnico azzurro si è fermato sulla salita per osservare meglio i ragazzi e trarre nuovi spunti. Dino si era confrontato anche con Luca Scinto per la scelta del percorso.

«Un tracciato così – spiega il cittì – era ideale: in linea con i percorsi moderni per durezza e chilometraggio. Insomma non era il “circuitino”. I ragazzi oltre ad avere più possibilità di andare all’arrivo, potevano anche prepararsi meglio con più convinzione ad un appuntamento simile».

Il cittì è soddisfatto perché i nomi cerchiati di rosso non lo hanno “tradito” e questo è importante per proseguire il lavoro che ha in mente.

«Alla fine sono arrivati davanti tutti i ragazzi che mi aspettavo. Un buon segnale. Vuol dire che hanno lavorato bene. Ho sentito per radio che Sambinello è rientrato in fondo alla discesa. A quel punto era favorito. Mattia Proietti (un primo anno, ndr) è andato molto bene. Così come Giacomo Rosato, che in pianura ci ha provato. No, no… molto bene».

Stasera Salvoldi farà il giro di telefonate con i ragazzi. Anche se con la maggior parte di loro ha parlato faccia a faccia dopo l’arrivo.

«E’ molto importante questo dialogo, perché mi consente di capire meglio come stanno e soprattutto di sapere se qualcuno che poteva fare di più ha avuto qualche problema. Per esempio c’è stata una caduta prima della salita che ha spaccato parecchio il gruppo e per me è importante saperlo».

Juniores, 7 giorni al via: con Scinto sul percorso del GP Baronti

26.02.2024
7 min
Salva

SAN BARONTO – Ancora una settimana e domenica prossima scatterà anche la stagione dell’ultima categoria internazionale. Dopo i professionisti e gli under 23 infatti è la volta degli juniores. Partiranno dalla Toscana, più precisamente da Cerbaia di Lamporecchio, Pistoia, con il Gran Premio Giuliano Baronti.

Qui siamo in uno dei cuori ciclistici della regione. E il GP Baronti è dedicato ad un super appassionato di ciclismo, appunto Giuliano Baronti, scomparso nell’agosto del 2022, noto nel mondo del pedale come Neri Sottoli. Per anni ha sponsorizzato, e lo fa ancora, diverse squadre anche professionistiche.

Una foto al monumento dei ciclisti davanti a San Baronto. Qui, Scinto con due suoi ragazzi, Pavi Dell’Innocenti e Buti
Una foto al monumento dei ciclisti davanti a San Baronto. Qui, Scinto con due suoi ragazzi, Pavi Dell’Innocenti e Buti

Baronti nel cuore

Ad organizzare la gara è il Team Franco Ballerini, guidato da Luca Scinto. Siamo a Lamporecchio e questo era il “confine” tra Visconti, a San Baronto, e Nibali, a Mastromarco.

«L’idea di fare una corsa – racconta Scinto – già c’era, poi dopo la morte di Giuliano, i figli Alessio e Stefano volevano in qualche modo continuare l’opera del padre. A quel punto sono stato io a proporre una corsa di più alto livello, una corsa nazionale. E infatti il prossimo 3 marzo è da qui che si aprirà la stagione della categoria juniores».

Insomma, una piccola storia di passione ciclistica. Di rinascita, di tradizioni che vanno avanti.

«Vengono i team più importanti. Ci sono 198 iscritti. Non faremo pagare la tassa dei 5 euro, anche se va detto che questa norma non vale per le corse nazionali, ma non l’avremmo fatta pagare ugualmente. Potranno mangiare sia i ragazzi che gli accompagnatori. In più abbiamo previsto una sintesi su Radio Corsa, la trasmissione di Rai Sport del giovedì».

Tredici giri più uno

Proprio con Luca Scinto e due dei suoi ragazzi, siamo andati alla scoperta del percorso. Si tratta di un tracciato equilibrato. Non duro, ma che non regala nulla. In tutto 121 chilometri, in linea con gli standard attuali della categoria. E’ prevalentemente pianeggiante, poi nel finale si affronta una salita di 4 chilometri, prima di planare di nuovo su Cerbaia di Lamporecchio. 

«La salita l’abbiamo inserita nel finale – va avanti Scinto – così che tutti i ragazzi possano finire la corsa, mettere chilometri giusti nelle gambe. E prendere fiducia. A quel punto poi anche se si staccheranno, potranno di passo andare al traguardo che, ricordo, così come la partenza, è davanti la sede di Neri Sottoli».

Il GP Giuliano Baronti si articola su 14 giri in totale: 13 in pianura, lungo un anello di 8 chilometri, e uno di 17 chilometri che comprende anche la scalata e la discesa.

L’anello in basso è pianeggiante. Non è assolutamente difficile, ma è sempre ondulato. Le strade sono ampie, l’asfalto buono e le curve non sono affatto pericolose. Ce n’è solo una che è più secca e più stretta. Si tratta di una svolta a destra nella quale si arriverà abbastanza veloci, dopo un rettilineo. Ma nulla di pericoloso. E poi dopo la prima tornata i ragazzi l’avranno memorizzata.

Salita a San Baronto

Ma se l’anello in basso non riserva grosse peculiarità tecniche, per quello finale il discorso cambia.

«Per la salita – spiega Scinto – abbiamo scelto il versante di San Baronto noto come il Frantoio, che si attacca da località Centocampi e passa per San Giugnano».

Dalla curva (a sinistra) di Centocampi alla vetta ci sono 4,4 chilometri. Le prime centinaia di metri sono in falsopiano, praticamente pianura. Terminato il falsopiano, si passa man mano al 4, 5, 6 e 7 per cento. E per un po’ resta così.

A circa metà scalata, all’uscita da un tratto boscoso, ecco la zona dei tornanti. Sono tre in successione ravvicinati. Carreggiata stretta e pendenza del 12 per cento. Questo tratto misura più o meno 500 metri. 

Degli uliveti annunciano la fine del tratto duro. Poi la pendenza crolla, fino a diventare pianura per 150 metri. Di nuovo gli ultimi 4-500 metri sono al 4-7 per cento. Lo scollinamento è precisamente davanti alla vecchia Chiesa di San Baronto.

E’ una salita impegnativa, ma non impossibile. «Non so neanche io – dice Scinto – quante volte l’abbia fatta da atleta. Proprio nel tratto in cui spiana scoppiava la bagarre con Sorensen, Sciandri e Ballerini. Si metteva su il rapporto lungo e si menava forte. Il pezzetto finale mi dava noia, ma si faceva una grande gamba.

«Sempre su questa salita, qualche anno dopo, quando il “Ballero” era cittì, gli chiesi quante possibilità avessi di far parte della nazionale di Zolder. Lui mi rispose: “Tu al 60 per cento, ma motivato per fare un certo lavoro, vali più di molti altri, Luca”. Fu una carica incredibile per allenarmi al meglio e non deluderlo. E infatti in quel mondiale andai fortissimo».

Verso l’arrivo

Dopo aver scollinato a San Baronto, inizia la picchiata verso Lamporecchio, planata lunga 3,8 chilometri. E’ una strada larga. L’asfalto è ottimo e non mancano le curve, quasi sempre ampie e con ottima visibilità.

«E’ qui che transita anche il Gp di Larciano dei pro’ e proprio lungo questa discesa (in un tratto rettilineo, ndr) Matej Mohoric ha stabilito la velocità record di 107 all’ora».

Una volta ritornati in pianura restano circa 3 chilometri prima dell’arrivo. Le difficoltà altimetriche sono terminate, ma occhio al finale. L’ultimo chilometro, tende impercettibilmente a salire: la scelta del rapporto giusto potrebbe essere quantomai determinante.

Ai 500 metri c’è una rotatoria. E’ l’ultima curva. Da lì con una pendenza forse dell’uno per cento si va all’arrivo del Gran Premio Baronti. Si percorrono questi 500 metri finali in senso opposto alla partenza.