Pogacar ha davvero riunito i tifosi di Pantani? L’idea di Agostini

28.05.2024
5 min
Salva

ROMA – L’ultimo giorno del Giro, a margine del delirio in rosa nella zona del bus del UAE Team Emirates, abbiamo sequestrato per qualche minuto Andrea Agostini che nella squadra è cresciuto come dirigente al fianco di Gianetti e Matxin: ciascuno con la sua area di competenza. Andrea lo conosciamo da una vita, da quando era l’ex compagno di squadra di Pantani nei dilettanti e dopo la laurea fu voluto proprio da Marco come addetto alle comunicazioni nella Mercatone Uno. C’era lui la mattina di Campiglio a difendere la posizione, in un battesimo del fuoco di cui chiunque avrebbe fatto a meno. Tanta strada da allora, passando per varie squadre, fino al team di Pogacar con il ruolo Chief Operating Officer. Un incarico che lo vede alle dirette dipendenze dell’amministratore delegato, quindi di Gianetti, con responsabilità di coordinamento e ottimizzazione delle attività della squadra.

Nonostante tutto questo e la definizione altisonante, Agostini è soprattutto un appassionato di ciclismo e nella mattina di Roma ha gli occhi ebbri per la soddisfazione della vittoria. Quando lo intercettiamo ha appena finito di partecipare alla discesa dal pullman dei corridori vestiti di rosa. E anche se della comunicazione di Pogacar si occupa da tre anni Luke Maguire, che ha instaurato con lo sloveno un rapporto di fiducia, il punto di vista di Andrea può arricchire la figura di Tadej di altre sfumature.

Pogacar è arrivato al UAE Team Emirates nel 2019, a 21 anni. Prima corsa il Tour Down Under
Pogacar è arrivato al UAE Team Emirates nel 2019, a 21 anni. Prima corsa il Tour Down Under
Pogacar è arrivato da voi cinque anni fa, quanto è cambiato rispetto al ragazzino di allora?

Guardate, è maturato tanto nella gestione del quotidiano, però i principi sono rimasti quelli. Tadej è sempre il ragazzo della porta accanto e questa da un certo punto di vista è la cosa più facile da gestire. E’ chiaro che deve fare i conti con una pressione che è centuplicata, questo è normale. Quindi, se vogliamo, in certe situazioni è un po’ più schivo, ma per una questione di autoprotezione che aiuta tutte le persone che raggiungono un certo livello di notorietà.

Si è parlato del suo cambio di allenatore, c’è stato forse un momento in cui ha avvertito la necessità di fare il corridore un po’ più sul serio?

L’anno scorso! Al Tour de France si è reso conto che il dettaglio è fondamentale anche per un campione come lui. E’ vero che arrivava da cinque settimane di stop per l’infortunio, però se prima, tra virgolette, gli bastava allenarsi con il sostegno di madre natura, poi ha capito che doveva essere un po’ più maniacale. Il grosso salto l’ha fatto soprattutto nell’alimentazione.

All’inizio del Giro è parso infastidito, poi è venuta fuori la spiegazione dell’allergia. E’ possibile che fosse seccato anche dalle critiche per il suo modo di correre e voler sempre vincere?

No, non era infastidito da quello, assolutamente: ne abbiamo parlato più di una volta. Avere questo malessere generale, che ha colpito mezza squadra, lo ha reso più nervoso del solito. E poi ha dovuto fare i conti con la popolarità in Italia che non si aspettava. E’ il motivo per cui è voluto venire al Giro. Ama tuttora alla follia sentir pronunciare il suo nome dappertutto, ma all’inizio questo lo ha un po’ disorientato. E’ normale, non si aspettava una cosa del genere.

Le fatiche del Tour 2023 hanno convinto Pogacar ad alzare il livello dell’impegno
Le fatiche del Tour 2023 hanno convinto Pogacar ad alzare il livello dell’impegno
Tu invece pensavi che sarebbe accaduto?

Io credevo che lui potesse raccogliere in parte i tifosi di Pantani in Italia, perché è quello che si avvicina un po’ di più come caratteristiche. Gli italiani stanno aspettando da tanti anni un personaggio del genere ed è diventato un po’ il beniamino di tutti, Tadej in questo momento non ha bandiere. Quindi mi aspettavo la popolarità, ma non a questi livelli. Probabilmente il fatto che abbia vinto le sei tappe e il modo in cui l’ha fatto, ha accresciuto a dismisura la sua popolarità.

Hai toccato la nota dolente: Tadej ha sempre rifiutato di parlare di Pantani, dicendo di essere nato nell’anno delle sue grandi vittorie. Gliene hai mai parlato?

No, mai.

Perché? Non è stato bello sentirlo rispondere in modo evasivo sull’ultimo che ha vinto Giro e Tour nello stesso anno…

Lui sa tante cose, Tadej sa tutto. E’ molto più sveglio e informato di quel che noi pensiamo. Sa tantissime cose, sa tantissime cose di me. Io non gli ho mai parlato di Marco semplicemente perché ho un ruolo diverso. Oggi sono dirigente di una squadra e faccio fatica a condividere con gli atleti le cose personali. Non c’è il rapporto di amicizia di quando ero un addetto stampa. Ho sempre pensato che quella parte della storia sia una cosa mia privata, forse perché ne sono un po’ geloso…

Pogacar vince la seconda Liegi, Agostini lo accoglie sul traguardo
Pogacar vince la seconda Liegi, Agostini lo accoglie sul traguardo
A livello di gestione dei media, Luke Maguire è super indaffarato: il Giro ha richiesto un lavoro straordinario?

Al momento è sotto controllo, ma è chiaro che ci stiamo facendo questo tipo di domanda perché la pressione sta aumentando di giorno in giorno. Non solo per la presenza di Tadej, perché anche senza di lui, la squadra sarebbe ugualmente la prima al mondo. Tadej è la ciliegina su una torta ben farcita. Quindi ci stiamo facendo questo tipo di domande e dovremo rinforzare un po’ tutti i reparti, a partire da quello delle comunicazioni.

Anche Agostini è convinto, come Gianetti, che Tadej rimarrà a vita in questa squadra?

Sì, assolutamente.

EDITORIALE / Pogacar, signori: lieto di stupire

27.05.2024
5 min
Salva

ROMA – Il giorno dopo è difficile persino rendersi conto che non si tratti di un altro riposo. Si torna alla solita vita e il Giro di Pogacar rimane negli occhi e negli appunti: quelli già trasformati in articoli e quelli che presto lo saranno. Andando via dalla zona di arrivo dell’ultimo traguardo, la sensazione di aver preso parte a un grande evento è stata rafforzata dalla presenza oceanica di pubblico, che si è ripetuta anche a Roma come su ogni strada d’Italia. Pensavamo che il Veneto fosse stato un’eccezione, fra Padova e il Monte Grappa, ma scorrendo le foto delle 21 tappe è immediato rendersi conto che quest’anno il riscontro di pubblico sia stato ogni giorno impetuoso.

Il ragazzo biondo col ciuffo

Non è semplice spiegare il perché. La considerazione più ovvia è che il ragazzo biondo con il ciuffo abbia stregato i tifosi di tutta Italia. Sarebbe stato bello avervi a bordo per rendervi conto del quotidiano assedio del pullman della UAE Emirates, ma sarebbe riduttivo limitare tutto a Pogacar. I tifosi hanno avuto attenzioni per tutti i corridori, dimostrando di aver capito la sola cosa che conta di questo Giro d’Italia. Abbiamo assistito allo show del solista più grande, quello che dopo la Strade Bianche definimmo in un altro Editoriale il vero fenomeno di questo ciclismo. Perché vince le classiche, le crono, doma le montagne e lo fa senza la supponenza e la freddezza di alcuni suoi colleghi altrettanto forti.

La disponibilità di Pogacar verso i bambini non è venuta meno neppure sulle grandi salite
La disponibilità di Pogacar verso i bambini non è venuta meno neppure sulle grandi salite

Tadej Pogacar ha firmato migliaia di autografi e se lungo le salite ha avuto occhi e cuore per i bambini non è stato per ruffianeria, ma perché sente di dover fare qualcosa per i più piccoli. Allo stesso modo in cui, portato a seguire la tappa di Trieste al Giro del 2014, quando aveva 16 anni, trasse da quello sprint l’ispirazione per diventare un corridore. A ben vedere, andando da anni in cerca di un faro per il ciclismo italiano, quale fra i grandi azzurri degli ultimi tempi ha mostrato una simile disponibilità verso i piccoli? Pogacar ha mostrato lo stesso candido entusiasmo che nei primi anni fu di Sagan, non a caso altro beniamino di un pubblico ampio e trasversale.

Le regole di una volta

All’inizio del Giro ci sono state critiche, compresa quella di Bettini che abbiamo condiviso e in parte ancora sposiamo. Sembrava strano che il leader della corsa si mettesse a inseguire tutti, come animato da un’ingordigia mal mascherata. In realtà con il passare dei giorni abbiamo imparato a riconoscere nei gesti di Pogacar lo stupore per logiche che non gli appartengono, forse perché i campioni o o vecchi del gruppo che lo hanno accolto non hanno avuto il carisma, la capacità o la voglia di spiegarle. O forse perché a 25 anni non si ha troppa voglia di sottostare a schemi che si reputano vecchi e ti impediscono di dare un seguito e un premio al duro lavoro. La faccia di Pogacar nel giorno in cui ha lasciato andare la fuga di Cusano Mutri era piena di stupore, più che di convinzione. Avrebbe potuto e forse voluto vincere anche lassù, ma ha scelto di stare a quelle regole. Poi però basta. E dove ha potuto, ha vinto.

Un arrivo e un inchino: a Bassano del Grappa, Pogacar ha ringraziato così il pubblico del Giro
Un arrivo e un inchino: a Bassano del Grappa, Pogacar ha ringraziato così il pubblico del Giro

Dicono e pensiamo che lo abbia fatto con un margine così ampio perché non aveva di fronte avversari della sua altezza. Vero, ma se guardiamo la classifica dell’ultimo Tour in cui Vingegaard lo piegò a suon di scatti, i margini sono gli stessi di questo Giro. E alle spalle dei due giganti (pur divisi da 7’29”) c’erano stati baratri altrettanto profondi. La sua supremazia ha infastidito qualcuno? Immaginate di essere andati a un concerto di Eric Clapton e di annoiarvi per i suoi assoli di chitarra. Il Giro d’Italia del 2024 è stato un grande concerto, con momenti corali e altri splendidi assoli, ma quando Pogacar ha guadagnato il centro del palco, non s’è potuto fare altro che applaudirlo.

L’Italia che arriva

E l’Italia c’è stata, forse più che in un recente passato. Il quinto posto di Tiberi che riporta a casa la maglia bianca dopo nove anni è uno squarcio molto interessante di futuro. Gli scatti di Pellizzari hanno mostrato la grinta di un ragazzino per nulla intimorito dai nomi che ha osato sfidare. Piganzoli si è messo alla prova scegliendo di non uscire di classifica: il suo 13° posto al primo grande Giro dice che ha la testa dura e i mezzi per riprovarci. Milan sta diventando un gigante dello sprint, con ancora tanto da imparare per gestire i finali più complessi. Ganna ha ritrovato il passo nella crono di Desenzano e per il resto della corsa ha tirato per la squadra con una generosità a volte persino eccessiva. Sembrano piccoli sprazzi, al cospetto di un gigante come lo sloveno, ma sono molto di più.

Sportivi e tifosi

E sullo sfondo, ma più spesso davanti c’è stato Pogacar. Ha attaccato. Ha vinto, gestito e dimostrato qualità di leadership fuori del comune. Ogni giorno ha confermato una normalità e un’educazione sbalorditive. Ha mostrato coraggio nel correre il Giro prima del Tour e insieme la determinazione feroce nel cercare di migliorare ancora. Si è aperto con i giornalisti, ammettendo anche dei piccoli momenti di difficoltà. Ha raccontato di sé. Ha dato spettacolo in tappe da campioni che altrimenti sarebbero state consegnate a velleità di rango inferiore.

Non ha corso al risparmio, come avrebbe potuto fare avendo in testa il Tour: gli sarebbe bastato gestire il vantaggio delle crono e correre sulle ruote. Non l’ha fatto. A quelli che l’hanno criticato e hanno criticato il suo Giro chiediamo il favore di chiudere per un istante gli occhi. Di rivedere tutti i momenti salienti di questo Giro e le sue vittorie. E poi, arrivati al podio di Roma, di riaprirli e immaginare che Pogacar sia italiano. Parlerebbero ancora allo stesso modo?

Il Giro di Pogacar, ultimo atto: Roma impazzita per la rosa

26.05.2024
6 min
Salva

ROMA – Roma è davvero bella in questa sera che celebra la vittoria al Giro d’Italia di Tadej Pogacar. La maglia rosa si affaccia dal balcone della Sala Protomoteca e guarda la città eterna ai suoi piedi. Non era mai stato a Roma, probabilmente non riuscirà nemmeno a farsene una grande idea. Ha l’espressione stanca. L’ultima tappa è stata tirata, altro che passerella. E poi la serie di interviste e formalità è stata appesantita dalla scorta della Polizia che ha sbagliato strada e ha allungato il tragitto dal podio alla sala stampa. Può capitare, le strade trasudano ancora di tifosi (tanti bambini) con lo sguardo sognante: non è stata una giornata qualsiasi.

«Sono stanco, è vero – conferma – voglio solo andare a preparare la cena e godermi questo momento con i ragazzi. Penso che tra una settimana, quando mi riposerò a casa, mi renderò conto di tutto. Mi guarderò indietro e sarà fantastico. Ho vissuto tanti bei momenti, alcuni splendidi soprattutto con i bambini. Sono super felice di vedere tante maglie del Pogi Team sul percorso. Tanti ragazzi sono venuti a tifarci e avevano l’espressione felice. Quello che voglio lasciare loro è il consiglio di godersi il momento, godersi il gioco. Finché è un gioco, va tutto bene. Per cui che si divertano e sviluppino la giusta mentalità»

La giornata per la UAE Emirates è iniziata con festeggiamenti tutti rosa
La giornata per la UAEEmirates è iniziata con festeggiamenti tutti rosa

L’idolo dei bambini

Ci pensavamo stamattina guidando allegri da Bassano del Grappa a Roma: quanto è stata bella la sua attenzione verso i tifosi più piccoli? E’ sembrato che il campione abbia sentito su di sé la responsabilità di ispirare le nuove generazioni, allo stesso modo in cui da ragazzo fu portato a vedere il passaggio del Giro d’Italia e il suo connazionale Mezgec vinse la tappa, destando in lui la voglia di essere un corridore del Giro d’Italia.

«Penso che un giorno potrei tornare – dice – ma vediamo come va questa stagione e come il Giro incide sui prossimi impegni. Penso che sia stata una gara bellissima, un momento bellissimo e sicuramente vorrò provarci ancora in futuro. E’ stato pazzesco. L’atmosfera, i tifosi. Tifosi da tutto il mondo e anche molti sloveni. Quindi ho potuto godermelo davvero con una grande emozione. E’ stato una grande esperienza, i percorsi erano super belli e anche l’organizzazione è stata abbastanza buona. Devo dire che mi sono davvero divertito con i miei compagni».

Ti mancheranno tutte queste interviste?

Sarò super felice quando tutto sarà finito. Queste sono le ultime pedalate, per cui andiamo avanti. Penso che fra due, tre giorni tutto sarà perfetto.

Davanti a tanto calore, abbiamo avuto l’impressione di vederti cambiare anche nel modo di porti, come se tu in qualche modo sia cresciuto durante il Giro.

Penso che ogni gara ti dia esperienza. Tre settimane sono un periodo lungo e forse in questo Giro ho fatto davvero un altro passo avanti come uomo. Vedrò come mi sento e come saprò pormi davanti alle prossime sfide.

Hai detto dall’inizio dell’anno che saresti venuto per provare a fare qualcosa di nuovo e con nuove certezze come corridore: pensi di esserci riuscito?

Come corridore, mi sono sentito molto forte e a mio agio sulla bici. In tre settimane si passano tante ore in sella e mi sono trovato nel punto in cui volevo essere. Penso di poter trarre molto da questa gara per quanto riguarda le prestazioni, per come mi sento in bici e anche come l’ho guidata. Perciò penso che dopo un buon riposo questa sensazione potrà anche migliorare. Penso di essere davvero sulla buona strada anche per la prossima parte della stagione.

Era la tua prima volta a Roma: avevi chiesto informazioni sul Giro a Roglic?

Devo dire che Roma è una città davvero fantastica, bella. E soprattutto avere la maglia rosa alla fine del Giro me l’ha fatta sembrare stupenda. E’ fantastico che gli ultimi due vincitori del Giro siano due sloveni, qualche anno fa non ci avremmo neppure immaginato. Possiamo essere tutti orgogliosi. Quanto a Primoz, ho parlato qualche volta con lui, ma mai di ciclismo. Altrimenti è come se questo sport fosse attivo 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Per cui a volte è meglio non parlare delle gare… (sorride, ndr).

Pensi che sarà difficile chiudere col Giro e riprogrammarti per il Tour?

Penso che ci vorrà ancora qualche giorno per spegnere un po’ la mente, rilassarmi e poi ricostruire lentamente. Spero di mantenere questa condizione e se possibile provare a migliorarla. Vedremo le sensazioni alla ripartenza.

Vedremo se sei cresciuto come uomo, ma di certo sei parso un grande capitano. Pensi che gli insegnamenti dei tuoi genitori ti abbiano in qualche modo preparato per questo ruolo?

Sono piuttosto felice e orgoglioso di come i miei genitori mi hanno cresciuto, fino a diventare quello che sono. Gli sono grato per tutto quello che hanno fatto per me. Cerco di comportarmi per come mi hanno insegnato. Sono convinto che se ricevi qualcosa da qualcuno, devi sempre ricambiarlo.

La prossima sfida

Tadej se ne va con il trofeo che lo segue fra le braccia di Luke Maguire. Ha vinto e convinto, richiamando sulle strade una folla che non si vedeva da tanti anni e da altri campioni. E’ stato un Giro che ha fatto riscoprire al pubblico italiano il bello di scalare le montagne e scendere in strada per guardare il ciclismo. Ha davvero richiamato sulle strade il pubblico orfano di Pantani?

Non serve forzare paragoni con qualcuno che è stato immensamente grande e non sarà mai uguagliato nei cuori di chi lo seguiva. Tuttavia la presa di Pogacar sul pubblico è un dato su cui riflettere. Stasera farà festa. La prossima sfida che lo attende lo metterà contro Vingegaard, Roglic, Evenepoel, Bernal, Rodriguez e Tao Geogeghan Hart. Per allora dovrà aver smaltito la fatica e messo nelle gambe altro fuoco. Dopo un Giro alla grande, il Tour che parte da Firenze sarà qualcosa di stellare.

Il Grappa si inchina a sua maestà Tadej: il Giro 2024 è suo

25.05.2024
7 min
Salva

BASSANO DEL GRAPPA – E’ tutto un tripudio rosa, nello sventolare di bandiere slovene che ricorda le scene di Monte Lussari. La sensazione è che Roglic ne avesse richiamate di più, forse per la vicinanza del confine, ma certo oggi il Monte Grappa ha offerto uno spettacolo di folla che raramente è capitato di vedere negli ultimi anni. Solo qualche tifoso troppo irruente ha rischiato di rovinargli la festa, ma alla fine Tadej dirà grazie anche per loro. Adesso sorride nel recinto alle spalle del palco. Regala un mazzo di fiori alla figlia di Alex Carera e uno alla sua compagna Urska. Il terzo prova a lanciarlo dall’altra parte della strada dove sono assiepati i tifosi, ma il tiro è corto e i fiori finiscono per terra. Ci pensa Joseba Elguezabal, il massaggiatore basco, a raccoglierlo e tirarlo oltre la transenna.

Ha attaccato quando davanti era rimasto solo Pellizzari ed è piombato su di lui come una furia. Fra i due si è creata una sorta di legame. Giulio era al Processo alla tappa e ne è uscito quando Pogacar è uscito sul palco per ricevere la maglia rosa. Il marchigiano si è fermato con la bici dietro la schiera dei fotografi e l’ha guardato. Tadej l’ha visto, ha sorriso e l’ha salutato con il pollice in alto. Lo stesso ha fatto Giulio, che poi si è diretto verso la sua gente.

Il Veneto risponde alla grande. Dopo la folla di Padova, ecco Ca’ del Poggio sulla via per Bassano
Il Veneto risponde alla grande. Dopo la folla di Padova, ecco Ca’ del Poggio sulla via per Bassano

Umile e cannibale

Matxin si avvicina e racconta che le cose sono andate come avevano previsto. Che la squadra è stata grande e che lavorare per uno come Pogacar rende tutti dei leoni. Dice che il piano di spendere il giusto per non arrivare vuoti al Tour ha dato ottimi frutti. Ogni giorno si faceva il punto su quanto si potesse spendere e le cose sono andate come nei piani. Sulla strada invece c’è ancora Majka, che come al solito ha dato l’ultima stoccata prima dell’attacco del capitano.

«Si faceva due volte il Monte Grappa – dice Rafal – voleva vincere. Con la bici rosa e tutto quel pubblico, lo capite. Con Pogacar è tutto bello. Io avevo già vinto la Vuelta con Contador, il Tour e adesso il Giro con lui, ma è la prima volta in vita mia che incontro un ragazzo così forte e umile. Più che un vincitore è un cannibale. Sono molto contento. Il Grappa è stato bellissimo. Quando siamo rimasti in tre o quattro corridori, mi ha detto di fare l’ultima accelerata, ma oggi tutta la UAE Emirates è andata fortissimo. Siamo partiti che pioveva, ma quando siamo arrivati qua c’era il sole. E’ stata una giornata perfetta. Non l’ho mai visto in difficoltà, per me al Tour arriverà ancora più forte. Sta crescendo, adesso recupera e poi sarà pronto per la Francia».

Questo è il momento dell’attacco: Majka dà tutto, sta per scattare l’attacco di Tadej
Questo è il momento dell’attacco: Majka dà tutto, sta per scattare l’attacco di Tadej

Tadej è rilassato e capiremo a breve che il giorno della crono era nervoso per davvero. Un attacco imprevisto di allergia lo ha preoccupato per diversi giorni. Poi col cambiamento del meteo le cose sono andate a posto e il risultato si è toccato con mano. Così adesso il Pogacar che ci troviamo davanti è sereno, felice, consapevole e in apparenza ancora fresco. Certo anche lui avrà fatto fatica e avrà avuto qualche preoccupazione, ma dando sempre la sensazione di essere in controllo. Ci fosse stato qualche avversario più solido, forse l’asticella sarebbe stata più alta.

E’ stato davvero tutto facile?

In un grande Giro non c’è mai niente di facile. Sono state tre settimane difficili, a cominciare da questo problema di allergia che a Napoli si è fatto più fastidioso e non se ne andava nemmeno con la pioggia. Non è stato tutto liscio, ma siamo arrivati fin qui con un buon margine sul secondo, per cui sono contento.

Per 18 chilometri senza soluzione di continuità: il pubblico del Grappa è stato una cornice eccezionale
Per 18 chilometri senza soluzione di continuità: il pubblico del Grappa è stato una cornice eccezionale
Difficile valutare le prestazioni senza i numeri: pensi di essere il miglior Pogacar visto finora?

Forse sì. Ho fatto un altro passo avanti, ma ogni anno è più difficile migliorare. Sono fortunato di poter ancora trovare qualche margine durante l’inverno. Sto ancora crescendo, invecchio, per cui adesso entra in gioco anche l’esperienza. Non posso dire tutto quello che ho fatto di diverso nella preparazione, ma è certo che qualcosa volevo cambiare.

Perché?

Con Inigo Sanmillan (suo preparatore fino al 2023, ndr) ci siamo lasciati in ottimi rapporti. L’allenamento con lui è stato molto positivo, ma a volte hai bisogno di un po’ di cambiamento di ritmo e di cose diverse. Un diverso metodo di lavoro. Per cui dopo cinque anni, ho voluto provare qualcosa di nuovo, anche giù dalla bici. Ho lavorato di più anche sul fisico e devo dire che è stato un bel cambiamento. Niente di troppo grande, ma sono soddisfatto del risultato e di come sono andati il mio inverno e la preparazione per le gare.

Non solo il bambino visto in tivù: Tadej ha regalato borracce anche ad altri
Non solo il bambino visto in tivù: Tadej ha regalato borracce anche ad altri
Adesso che è finito si può dire: sei mai stato in difficoltà durante il Giro?

Certo, è successo. Mi sono sentito a disagio molte volte. Sono state tre settimane di gare e ci sono molti momenti in cui ti senti a disagio sulla bici, fuori dalla bici. Hai problemi a dormire e cose del genere. E’ stata una corsa dura, ma devo dire che è stato uno dei migliori grandi Giri che abbia mai fatto nella mia carriera. Mi sono sentito benissimo con le gambe durante le tre settimane.

Potresti descrivere due momenti della tappa? Il primo, quando hai affiancato i compagni prima dell’attacco. Il secondo quando hai preso una borraccia e l’hai data a un bambino…

Sulla salita finale era impossibile parlare alla radio, perché nessuno sentiva niente a causa del baccano della gente. Quindi se vuoi comunicare, devi andare dai tuoi compagni di squadra e dire quello che vuoi dire. In quel momento volevo solo sapere come si sentissero, quanto ancora potessero spingere. Così avrei saputo dove prepararmi per attaccare e ho potuto pianificare gli ultimi chilometri. Invece quel ragazzo è stato davvero fortunato ad essere lì e correre accanto a me. Ho visto un uomo della mia squadra con la borraccia. L’ho presa e gliel’ho data. Penso di avergli rallegrato la giornata e forse non solo quella. Forse sarà una storia che racconterà per tutta la vita. Io comunque avevo ancora le borracce piene dalla cima della salita, perché in discesa non sono riuscito a bere.

Un arrivo e un inchino: nell’ultimo chilometro Tadej Pogacar ha ringraziato i tifosi che lo hanno accolto
Un arrivo e un inchino: nell’ultimo chilometro Tadej Pogacar ha ringraziato i tifosi che lo hanno accolto
Sei riuscito a finire il Giro con il serbatoio ancora pieno?

Il piano era sicuramente quello di finire il Giro con il morale alto, buone gambe e buona forma e penso di esserci riuscito. Sono felice di aver raggiunto questo obiettivo. Oggi è stata la prova finale in salita, per vedere se esco dal Giro con buone gambe e sono davvero soddisfatto della risposta che ho avuto dalle gambe.

Ci sono stati momenti di tensione con i tifosi?

Il Grappa è stato fantastico. Dal basso verso la cima, c’era un’atmosfera pazzesca. Davvero, davvero incredibile. Non potevamo nemmeno parlare alla radio, non si sentiva niente. Abbiamo pedalato così per 18 chilometri, c’era un sacco di gente. Qualcuno ha cercato di avvicinarsi troppo e ha provato a toccarmi. Qualcuno mi ha colpito in modo un po’ troppo energico, ma bisogna essere preparati anche per questo. Devi essere abbastanza stabile sulla bici per non cadere. Tutto sommato non è stato così male. A un certo punto c’era un ragazzo con una torcia in mano che mi correva accanto, forse un po’ troppo vicino. Ho avuto paura che mi bruciasse, ho sentito le scintille sul braccio. Ma dico anche che senza di loro non ci sarebbe stato questo spettacolo, per cui gli sono grato.

Il bacio a Urska, arrivata sul traguardo pochi minuti dopo il trionfo
Il bacio a Urska, arrivata sul traguardo pochi minuti dopo il trionfo

Nessun rimpianto

Il discorso va avanti fra le motivazioni per cui secondo lui gli sloveni brillano in così tanti sport. Poi con la domanda se ci tenesse ad arrivare con 10 minuti sul secondo, che Tadej ha rispedito al mittente dicendo che è bello vincere anche con un solo secondo di vantaggio. E a chi gli chiede se non aver preso la maglia rosa il primo giorno gli abbia rovinato la festa, risponde con le parole che chiudono degnamente questa sua giornata tutto rosa.

«Non ho rimpianti – sorride – penso che abbiamo corso davvero bene. Ci manca una sola cosa, provare a vincere domani a Roma con Molano. Se ci riusciamo, sarà un Giro più che perfetto. Ma se anche non si riuscisse, posso dice che è andato tutto alla grande, non ci sono stati brutti momenti. Sono felicissimo di come è andata, non potevo chiedere di meglio».

Voleva ritirarsi, per poco vinceva: Pellizzari ricomincia da qui

21.05.2024
7 min
Salva

MONTE PANA – Quando si capisce che Pogacar l’ha messo nel mirino, le speranze che Giulio Pellizzari vinca la tappa si riducono al minimo. Per la logica secondo cui è giusto che la maglia rosa vinca quando può, non possiamo che toglierci il cappello. Ma in questa giornata nata male e finita meteorologicamente non troppo meglio, la resurrezione del marchigiano del VF Group-Bardiani è la conferma di un talento che cresce e si affaccia sulla terza settimana con la testa alta e lo sguardo fiero. Il gruppo ha raggiunto il traguardo dopo una tappa accorciata a causa della neve che ha bloccato i grandi passi e che dopo un po’ ha iniziato a fioccare anche su Livigno. La decisione di lasciare la Valtellina percorrendo la galleria La Schera era l’unica da prendere, senza il tentennare che ancora una volta ha trascinato il Giro in una dimensione che non merita. «Noi siamo pronti – ha detto Pogacar prima di prendere il via – non so se lo è anche l’organizzazione».

Altri atleti hanno scritto parole di troppo, ma è stato imbarazzante dover attendere l’orario della partenza senza alcun aggiornamento e trovarsi poi davanti alla proposta di fare una sfilata per Livigno sotto la neve. Bene hanno fatto i corridori a rifiutare, non avrebbe avuto alcun senso, se non essere riconoscenti all’Amministrazione cittadina che ha pagato anche per una partenza che di fatto non c’è stata.

Un’ombra rosa

Pellizzari esce dalla tenda in cui si è riparato Pogacar con una mantellina rosa e gli occhiali dello sloveno in una mano. Tossisce. Si piega sulla bici accanto alla transenna. Poi quando riconosce la voce, si solleva, sorride e stringe la mano. Voleva ritirarsi, stava per vincere. Solo che a un certo punto si è voltato e ha visto arrivare Pogacar. Cosa hai pensato, Giulio, in quel momento?

«Bastardo! Ancora?», poi fa una risata a sottolineare l’ironia e la rassegnazione contenute nella parola. Qualcosa del genere gli era già successo a Torino, ma se tutti sapessero quello che ha passato per arrivare sin qui, forse anche per loro questo secondo posto avrebbe il sapore della vittoria.

L’azione di Pellizzari è stata esplosiva e in crescendo: il marchigiano ha recuperato
L’azione di Pellizzari è stata esplosiva e in crescendo: il marchigiano ha recuperato

La forza giusta

Il giorno di riposo ha fatto il miracolo, coronando un recupero per certi versi insperato. Si era pensato che fosse meglio fermarlo per evitare che la fatica fosse superiore ai suoi mezzi, invece il giorno senza corsa a Livigno ha completato la sua risalita.

«Ieri stavo molto bene – racconta mentre continua a piovere – infatti la mia paura era che oggi non stessi come ieri, però sono contento. Sentivo di avere la forza giusta ed è bello esserci riuscito all’inizio della terza settimana. Cinque giorni fa ero a casa più che in gara. Ho avuto tosse, raffreddore, mal di gola e… Ero più di là che di qua, però grazie alla mia famiglia, a Massimiliano Gentili, a Leonardo Piepoli e alla mia fidanzata Andrea, sono rimasto e oggi non ho vinto, però va bene così».

Per un po’ si è riformata la coppia Alaphilippe-Maestri, ma presto il francese è rimasto da solo
Per un po’ si è riformata la coppia Alaphilippe-Maestri, ma presto il francese è rimasto da solo

Un secondo padre

Se lo conosciamo, pensiamo, Massimiliano Gentili sarà da qualche parte da solo a piangere. Così dopo aver parlato con Pellizzari e prima di iniziare a scrivere questo articolo, pensiamo di chiamarlo.

«Sono fermo in autostrada – conferma l’umbro con la voce ancora scossa – è una giornata che mi ricorderò per sempre. Ero a Bologna per un intervento al ginocchio di mia figlia e avevo addosso la tensione per questo e per tutto quello che abbiamo fatto nei giorni scorsi con Giulio. Ha detto che mi dedica questa tappa che per me è come una vittoria e questo mi commuove. Mi sono fermato per vederlo.

«Giulio è il mio orgoglio da quando è un bambino, da quando ho smesso di correre e ha dato un senso agli anni dopo la carriera da corridore. L’ho visto, l’ho capito e gli ho promesso che lo avrei portato dov’è ora. E’ un figlio che condivido col suo vero padre e posso dire che arrivare sin qui non è stato semplice».

Scaroni anche oggi all’attacco, ha chiuso al quarto posto
Scaroni anche oggi all’attacco, ha chiuso al quarto posto

Antibiotici al Giro

Abbiamo fatto bene a chiamarlo, pensiamo. E con l’ex professionista umbro ci avventuriamo nelle disavventure di Pellizzari che hanno rischiato di farlo andare via dal Giro e la sua spiegazione è davvero illuminante.

«Prima ha avuto problemi di stomaco – dice – poi deve aver preso freddo dopo la crono, perché andando verso Napoli ha cominciato ad avere raffreddore e mal di gola. La sera mi chiamava e mi diceva: “Sono vuoto come un calzino”. Allora mi sono sentito con Leonardo Piepoli, che lo allena, e abbiamo deciso di rischiare gli antibiotici durante il Giro. Gli ho detto di tenere duro, perché una volta che li avesse finiti e poi smaltiti, avrebbe potuto fare il Giro che avevamo sempre sognato. Li ha finiti a Francavilla ed era distrutto. Aveva visto andare via Uijtdebroeks, voleva mollare. E allora gli ho detto di non farlo, di non andare via dal Giro con il rimpianto di averlo abbandonato. Di non fare come me quando mi sono ritirato senza lottare. “Deve uscire fuori il corridore che sei”.

«Giulio nasce per la terza settimana. Ha 20 anni, è ancora immaturo per certi ritmi, ma geneticamente è predisposto per queste cose. Il nostro è un film, anche se io non posso apparire. Però mi piace che parli sempre al plurale. E domani sono certo che andrà ancora in fuga e anche dopo. Restano tre tappe di montagna, non le lascerà passare a vuoto. Era già andato bene sul Mortirolo ed è stato intelligente a farsi riprendere, ma oggi ho visto il suo colpo di pedale…».

La maglia e gli occhiali

La magia di quello che è successo sotto la tenda è immortalata da un meraviglioso video su Instagram girato da Gabriele Reverberi. Pellizzari è entrato e si è parato al cospetto di Pogacar. Gli ha chiesto gli occhiali e la maglia rosa e Tadej, con un sorriso stupendo e stupito, gli ha passato i primi e si è sfilato la seconda. Poi, dopo che Giulio gli ha poggiato la mano sul casco, i due si sono abbracciati. Se non ci fosse stato dietro Martinez, magari Pogacar non avrebbe accelerato. Ma tutto sommato la vittoria, quando arriverà, sarà vera e avrà un sapore ancora più dolce.

«Ieri mi ha scritto mio fratello – dice – e mi ha detto di trovare il modo per rimediare gli occhiali di Pogacar. Così sono entrato e glieli ho chiesti e lui mi ha dato anche la maglia rosa. Gli auguro tutto il meglio, è il migliore della storia».

Quindi si continua? «Si continua? Scherzi? Il mio Giro è appena cominciato!».

Tutto Pogacar, da mattina a sera, nel giorno dell’impresa

19.05.2024
7 min
Salva

LIVIGNO – Quando un corridore del Team Polti arriva, solleva lo sguardo verso la vetta e si chiede sconsolato se non si potesse arrivare un po’ più in alto, la gente intorno ride, mentre Tadej Pogacar è già nel pieno del racconto. La tappa è finita come avevano pianificato, ma tra il dire e il fare c’erano di mezzo l’ultima salita e una scalata prodigiosa per riprendere tutti i fuggitivi e per ultimo il brillante Quintana.

Matxin ha seguito la tappa nel box dei giornalisti, 100 metri dopo il traguardo. Seduto su una sedia e senza farsi notare, inviava aggiornamenti nel gruppo whatsapp dei DS del UAE Team Emirates. Tempi e annotazioni. Poco prima che Tadej attaccasse, uno sguardo per anticiparci quanto stava per succedere. Poi, quando era ormai chiaro che lo sloveno fosse involato verso la vittoria, abbiamo messo da parte la scaramanzia, chiedendogli qualche lume. La conferma dal tecnico spagnolo arrivava puntuale. L’attacco è venuto nel punto desiderato, dove iniziava il vento a favore. E poi ammetteva di trovare insolito vivere le tappe da fermo e non in ammiraglia, ma a guidare la squadra oggi c’erano i diesse italiani: Baldato, Mori e Marcato.

Tadej appare un po’ stanco, ma di certo quelli che continuano ad arrivare dopo di lui (lo faranno ancora per un’ora e 58 minuti) sono conciati decisamente peggio. La crono ha presentato il conto ai suoi sfidanti, ma è ragionevole pensare che per vincere oggi qua in cima anche lui abbia dovuto fare i conti con la fatica. Però quando ha attaccato sembrava che volasse. Agile e potente, con quel 55 spinto senza apparente fatica, ma la fatica c’è stata. Il suo umore tuttavia è decisamente migliore rispetto alla prima settimana e lo si capisce quando con le risposte salta da un tema all’altro con leggerezza e la voglia di sorridere.

Ricordi quando sei stato a Livigno per la prima volta?

Sono stato qui molte volte, la prima al primo anno da junior. Eravamo stati a Sankt Moritz per dieci giorni in una casa in ritiro con la nazionale, quello che potevamo permetterci. E così venimmo a Livigno con un furgone mezzo rotto per fare benzina, perché costa meno e per comprare del cibo. Quella è stata la prima volta, un bellissimo ricordo. Da lì ci sono tornato quasi ogni anno e qui ho anche uno dei ricordi più belli della mia vita. Questa vittoria si avvicina alla cima della lista, ma è ancora molto lontano dal numero uno. Sono super felice di essere di nuovo qui e di aver vinto la tappa regina.

Adesso però dovrai dire qual è il ricordo più bello della tua vita…

Forse posso dirlo, che diavolo! E’ stato quando ho iniziato a uscire davvero con la mia ragazza, la mia fidanzata Urska. A Livigno ci fu il primo appuntamento, un bellissimo momento della mia vita.

Veniamo alla tappa, è durata più di sei ore, come era stato il risveglio? Puoi dirci qualcosa della tua colazione oppure è segreta?

No, non è segreto (ride, ndr). Mi sono svegliato alle 7,20, per fare colazione alle 7,30. Ho mangiato porridge di riso, insomma del riso dolce. Si sposa bene con le fragole e i mirtilli. Poi il pane, quello fatto in casa a lievitazione naturale dal nostro chef, con una piccola omelette. Poi i waffle, sempre fatti dal nostro chef, con marmellata di pesche e anche di lamponi. Insomma, una colazione abbondante e siamo rimasti a tavola per circa 40 minuti. E alle 8,30 siamo partiti dall’hotel per andare alla partenza.

Da adesso in poi, forse comincia un nuovo Giro, dato che i distacchi sono così ampi. Pensi di correre in modo accorto o proverai a vincere ancora per fare la storia della corsa?

Non so cosa dire cosa serva per essere una leggenda o per fare la storia del Giro. Di sicuro però ogni Giro ha la sua storia e le sue storie. In ogni grande corsa avviene qualcosa che poi finirà nei libri. Perciò ora penso più al giorno di riposo qui a Livigno, che per me è uno dei posti più belli d’Italia. E poi vedremo cosa porterà la prossima settimana. Per ora posso dire che sono felice del vantaggio, dei risultati e della mia squadra, il resto lo vedremo giorno per giorno. Mancano ancora sei tappe, speriamo di arrivare a Roma allo stesso modo.

Riprendere Quintana per Pogacar è stato rivivere i ricordi di quando da ragazzo guardava il Tour in tv
Riprendere Quintana per Pogacar è stato rivivere i ricordi di quando da ragazzo guardava il Tour in tv
Matxin ha detto che avete eseguito il piano alla perfezione: avere Quintana là davanti lo ha reso più faticoso?

Sì, il piano era esattamente questo. Quando ho sentito il divario da Steinhauser, ho pensato: “Sì, facciamolo. Proviamo ad aumentare il divario con gli avversari in classifica generale”. Quando abbiamo alzato il ritmo con Majka, non avevo molto chiara la strada, però sapevo che c’era il vento a favore e che mi avrebbe favorito. Mi piace il vento a favore. Poi ho sentito che Steinhauser si stava spegnendo lentamente e che Quintana lo aveva scavalcato. Però non mi sono mai preoccupato davvero. Anche se non avessi vinto la tappa, sarebbe stata comunque una giornata fantastica.

Hai qualche ricordo di Quintana, di quando lottava per i Tour?

Guardavo sempre il Tour quando Froome e Quintana si attaccavano a vicenda ed ero sempre arrabbiato con Nairo. Mi chiedevo perché non provasse ad attaccare prima, a scattare a dieci chilometri dall’arrivo. Invece aspettava sempre gli ultimi tre chilometri. Sono questi i miei ricordi ed era bello comunque da vedere in televisione e ragionare su come avrei voluto fare io. Oggi è andato forte, quelli dalla fuga sono andati tutti.

Il calore deitifosi si è fatto sentire: Pogacar ha sostenitori davvero in ogni angolo d’Italia
Il calore deitifosi si è fatto sentire: Pogacar ha sostenitori davvero in ogni angolo d’Italia
Attila Valter ha provato a seguirti, ma ha detto che era folle rendersi conto della facilità con cui andavi oltre i 400 watt. Ti sorprende che i rivali della classifica non abbiano provato a seguirti?

Non ho guardato indietro quando Majka ha accelerato. Sapevo cosa dovevamo fare, so come corre Rafal e anche cosa mi aspettava. Non mi sono voltato. Ho semplicemente guardato avanti e ho cercato di impostare il mio ritmo. Ho sentito che Martinez ha provato a seguirmi, ha fatto davvero un buon lavoro. Dopo aver preso vantaggio, sapevo che se fossi riuscito a respirare, poi avrei trovato un ritmo davvero buono e così è stato. Quando sono rientrato nel gruppo di Attila Valter, ho dato subito un po’ più di gas. Si fa quando riprendi una fuga, perché qualcuno prova sempre a seguirti. Così è il ciclismo…

Ti manca il fatto di non avere uno sfidante come Vingegaard?

So che quella sfida arriverà a luglio. Per ora posso dire che in questo Giro mi sto divertendo, e d’ora in avanti mi permetterà di fare le mie cose. Non vedo l’ora che arrivi luglio per incontrare Jonas, Remco, Primoz e forse qualcun altro. Perciò, cerchiamo di sopravvivere a questa settimana e poi concentriamoci su luglio.

Ieri hai dimostrato di aver fatto dei grandi passi avanti anche nella crono: una buona notizia proprio pensando a luglio?

Avevamo migliorato la posizione già prima dei campionati del mondo dell’anno scorso, ma era un po’ troppo aggressiva e mi ha rovinato i glutei e anche la testa. Quella con cui ho corso al Giro è un po’ meno aggressiva e nel frattempo sto lavorando sul mio fisico per spingere e adattarmi meglio alla posizione. Ogni allenamento che faccio è migliore, sono davvero soddisfatto della direzione e del miglioramento del mio corpo, della mia posizione, delle mie gambe, della mia motivazione. Dobbiamo concentrarci finché non arriviamo a curare ogni dettaglio.

Tiberi ha pagato la fatica della crono arrivando a 3’59”. E’ 5° nella generale
Tiberi ha pagato la fatica della crono arrivando a 3’59”. E’ 5° nella generale
Dopo queste prestazioni così esaltanti, pensi di essere ancora un atleta con dei margini?

Di sicuro sì. Posso migliorare soprattutto nella crono, perché penso che il mondo del ciclismo ci porterà nei prossimi anni a sfide ancora superiori. E io penso di poter crescere molto. Quindi andiamo per gradi, ma sono davvero felice del punto in cui sono. Le bici per il Tour de France dovranno essere perfette.

Qualcuno dice che il Giro è finito.

No, il Giro finisce sul Monte Grappa, a Bassano. E’ l’ultima dura tappa di montagna, una giornata davvero brutale. Per questo ho continuato a guadagnare vantaggio. Meglio farlo quando si può. Oggi è stato un bel giorno.

La crono a Ganna, il re è tornato. E dice grazie a Pogacar

18.05.2024
6 min
Salva

DESENZANO DEL GARDA – E’ fatta. Sotto il podio la grande famiglia di Ganna sorride come in poche occasioni, come dopo le vittorie più importanti. La cronometro ha ritrovato il suo re, ma gli ultimi minuti nell’attesa di Pogacar sono stati uno stillicidio insopportabile. Lombardi ha la faccia del pericolo scampato. I genitori sono dietro il podio. Papà Marco è seduto e dice che ci voleva, per tutto quello che avrebbe comportato un’eventuale sconfitta. La mamma guarda la cagnolina Mya stesa per terra e fa notare che anche lei è sfinita. Cioni dice che era ora.

«Per la forma che aveva – precisa il diesse toscano – e per il lavoro fatto. E’ stato sfortunato a Sanremo, era arrivato secondo nella crono della Tirreno. Fare secondo come a Perugia avrebbe bruciato come avere zero vittorie. Stamattina siamo tornati sul percorso. Abbiamo scelto il monocorona da 64 con pignoni 11-34 per avere una scala. Ha fatto fatica a ingranare per i primi 2-3 chilometri. Poi quando ha iniziato ad andare, andava veramente forte. Non ero tanto preoccupato, perché mi aspettavo che nel finale Pogacar calasse. Ma lo avevamo pensato anche a Perugia, per cui con Tadej non si può dare mai nulla per scontato».

Quel ragazzo in rosa

Ganna ha voglia di parlare. Tirare fuori il tumulto che aveva dentro e che spesso tiene per sé. Le immagini mentre aspettava che arrivasse Pogacar sono state estenuanti, aveva negli occhi la paura che si ripetesse la beffa di Perugia. Accanto a lui a un certo punto è spuntato Jonathan Milan, che per fortuna l’ha aiutato a calare la tensione. E Pippo racconta.

«Dietro a questa vittoria – dice – c’è tanto lavoro, soprattutto quando sai che al giorno d’oggi la differenza la fai veramente nelle piccole cose. Ormai anche l’uno per cento di ogni minima cosa ti fa fare la differenza. Siamo stati in galleria del vento prima di venire qua. Abbiamo cercato di migliorare la posizione, cercato di fare tutto il meglio. Anche nella crono di Perugia, quando era veloce, riuscivo a mantenere i miei soliti standard di velocità. E oggi non c’era la salita di quel giorno. E comunque c’è stato un ragazzo di rosa che mi ha fatto soffrire tanto».

Pogacar è stato in testa fino alle porte del tratto più veloce, poi è calato e ha preferito mollare
Pogacar è stato in testa fino alle porte del tratto più veloce, poi è calato e ha preferito mollare

Niente di scontato

Un Pogacar così forte a cronometro, specie se piatte, non se lo aspettava nessuno. Alla vigilia di questa tappa, tanti temevano che potesse batterlo ancora, come se nei giorni scorsi si fosse trattenuto dal dare tutto. E quando ai primi intermedi lo sloveno ha iniziato a fare tempi migliori rispetto all’azzurro, la paura si è fatta largo.

«Come ho detto già a tanti – riprende Pippo – devo anche ringraziarlo per avermi stimolato giorno per giorno. Per arrivare a questo obiettivo e cercare di vincere. Sembra facile. Ganna arriva alle crono e vince. Magari! Firmerei anche io un pezzo di carta in cui ci fosse scritto questo. Andrei a dormire molto più rilassato e alla mattina mi sveglierei come un bimbo. Però non è mai scontato, non è mai facile. Riuscire a vincere dà quel colpo in più di morale, anche in vista della prossima settimana.

«Il giorno dopo Perugia c’era una tappa veramente tosta e dopo due chilometri sono stato il primo a staccarmi insieme a Gaviria. Non so se di testa perché avevo mollato o se perché ho avuto una giornata no. Però l’idea di affrontare 160 chilometri di gruppetto non è mai facile. Per questo ogni giorno ho cercato non tanto di risparmiare, ma certo di tenere più energie possibili per arrivare a oggi e spingere sui pedali sia con le energie positive, sia con quelle negative».

Il test con Foccoli

Fuori c’è un baccano d’inferno di gente che chiama lui e chiama Pogacar, come un tifo trasversale che s’è innamorato sì dello sloveno in rosa, ma sa riconoscere la passione e la forza del gigante piemontese. E Ganna va avanti a raccontare.

«Devo dire grazie alla gente – dice – c’era tanta gente che mi ha dato veramente un supporto incredibile. Anche grazie a loro oggi siamo riusciti a portare a termine questa piccola impresa. Sono stati soltanto 32 chilometri, ma nella testa sono sembrati molto più lunghi, quasi una Sanremo. Volevo vincere. Desenzano è quasi la seconda casa, con la pista a pochi chilometri. Ero venuto a vedere il percorso anche prima del Giro, dopo il Tour of the Alps, insieme al meccanico Andrea Foccoli. Mi aveva seguito lui quel giorno, mi ha accontentato e ha detto: “Va bene, andiamo a provarla». Quindi devo dire grazie anche a lui e a tutta la squadra che mi ha fatto arrivare oggi qua con le migliori gambe, con la miglior forza nella testa e con tutto quello che serve per riuscire a vincere».

Alla fine Ganna era commosso: la vittoria sarà benzina per le sue motivazioni
Alla fine Ganna era commosso: la vittoria sarà benzina per le sue motivazioni

L’attesa con Milan

L’ultima battuta, proprio prima di tuffarsi nell’affetto di quel pubblio straordinario, Ganna la dedica a quegli estenuanti e assieme divertenti minuti assieme a Milan. Solo due atleti azzurri per ora hanno vinto tappe in questo Giro: loro due. Ed entrambi vengono dal gruppo della pista, che oggi si è presentato qui per fargli sentire il suo calore. Alla partenza c’erano Viviani, Scartezzini e Lamon, la sua famiglia: un altro motivo per dare tutto.

«Con Johnny – ride – abbiamo avuto anche tempo di scherzare. Gli ho detto: “Pensa Johnny, tu aspetti 4-5 ore di tappa, poi fai la volata. Sono 17-20 secondi di volata e sai immediatamente se hai vinto o perso. Io ho aspettato due ore, ti rendi conto? Io sono qui che ho finito. Ho fatto la mia migliore performance, però fino all’ultimo, finché l’altro non taglia il traguardo, non saprò mai se ho vinto oppure ho perso”. Quindi è stato un momento un po’ così. Lui è arrivato da dietro l’angolo, ha fatto cucù con la testa. Quando l’ho visto, gli ho detto: «Dai Johnny, vieni vicino perché mi serve un supporto per finire la giornata…».

Quando i corridori diventano bianchi: integrare il sodio

15.05.2024
5 min
Salva

NAPOLI – La prima volta che si iniziò a parlare della poca predisposizione di Pogacar per le giornate molto calde fu al Tour del 2022, quando Tadej si arrese per la prima volta a Vingegaard. Si saliva sul Granon e quel giorno, oltre al caldo, l’allora maglia gialla dovette rispondere agli attacchi a raffica di Roglic e Vingegaard. Per questo, oltre al dispendio calorico, al traguardo ci si accorse che i pantaloncini neri erano segnati dal bianco del sale perso sudando (foto di apertura). Un’osservazione che si ripeté anche in altre occasioni impegnative, accendendo la luce sulla necessità di investire nella ricerca in tal senso.

Il tema del sodio

Finora il Giro non ha proposto giornate particolarmente calde, ma avendo già iniziato a parlarne alla vigilia della Liegi, siamo tornati sull’argomento con Gorka Prieto che cura la nutrizione del UAE Team Emirates.

«Nelle borracce c’è sempre sodio – disse quel giorno – ma se ne perde tanto. Per questo Enervit ha fatto per noi delle barrette un po’ salate, quelle al burro di arachidi, che sono veramente buone. Le ho chieste io, perché vedevo che tanti dopo un po’ avevano i crampi o diventavano bianchi dal tanto sodio che perdevano. E in quel caso anche la performance cala un po’, per cui tutti i prodotti che stiamo sviluppando hanno una notevole base scientifica. Anche il recovery che fanno per noi nasce dalle indicazioni che gli abbiamo dato e contiene carboidrati e proteine».

Lunedì, approfittando del riposo, nell’hotel del UAE Team Emirates, come pure in quello della Lidl-Trek, si sono visti gli uomini di Enervit, pronti a raccogliere i feedback degli atleti e dei nutrizionisti. L’approfondimento dei nuovi prodotti si fa a dicembre nel primo ritiro, ma le corse sono un eccezionale stress test da cui ricavare opinioni e riscontri. Con Gorka siamo perciò tornati sul tema del sodio, che di certo tornerà attuale nei torridi giorni del Tour e si spera del Giro, se il meteo sarà benevolo come finora.

L’ultima volta abbiamo parlato del sodio e della sudorazione. Si disse che Tadej è particolarmente sensibile al discorso…

Non in particolare, dipende dai giorni. Ci sono anche altri della squadra, che si vedono bene in tivù per quanto diventano bianchi. Ragazzi che perdono più sale di altri. Alla fine è una cosa personale.

Si può fare un lavoro personalizzato di integrazione?

E’ quello che facciamo per ciascuno di loro. Alla fine si può testare quanto sodio per ora perde un corridore e anche analizzare cosa contiene il suo sudore. In base a questo, si dà una raccomandazione sui prodotti da assumere. La quantità di sodio da assumere ogni ora dipende dalla temperatura e dall’umidità della giornata.

Fate questi test solo in ritiro o anche alle corse?

Di solito si fa tutto in ritiro, ma dipende dalla temperatura. Si fanno su più giorni e si vede quanto sodio perde il corridore. Alle corse si cerca di valutare tutti i fattori esterni. Il giorno prima si guarda il meteo, si valuta l’umidità. Ogni atleta ha un target di sodio per ora, allo stesso modo dei carboidrati. Quando è molto caldo, aumenta la quantità di sodio.

Il test del sudore e quello delle urine permettono di capire la disidratazione e la sua composizione
Il test del sudore e quello delle urine permettono di capire la disidratazione e la sua composizione
Aumenta anche la quantità di acqua in cui il sodio viene disciolto?

Non solo acqua. Abbiamo il gel, abbiamo l’Isocarb, abbiamo anche quella barretta salata che contiene una quantità di sodio. Ormai tutti i corridori ingeriscono più sodio di un tempo e ugualmente diventano bianchi e per questo possono avere i crampi. Per questo bisogna essere attenti alla quantità giusta.

Parlando di carboidrati, si è detto che il consumo per ora va dai 100 ai 120 grammi o anche meno se la giornata non è impegnativa. Come ci si regola col sodio?

Parliamo di 300 mg ogni ora fino a 500 mg. Dipende dal corridore. Abbiamo anche l’integratore degli elettroliti che contiene tanto sodio: 480 mg per 500 ml di acqua. Quindi riescono a integrarlo senza problema, perché abbiamo i prodotti specifici.

Come ci si regola con l’idratazione prima della tappa per chi suda molto?

Si fa anche questo. Se il corridore è ancora disidratato la mattina, gli diamo più elettroliti, quindi più sodio. Lo si pesa prima della tappa in hotel, poi sul pullman dopo la tappa e il dottore fa anche un esame delle urine per valutare la disidratazione.

Majka e la sua borraccia: si beve per dissetarsi, assumere carboidrati e integrare il sodio
Majka e la sua borraccia: si beve per dissetarsi, assumere carboidrati e integrare il sodio
Quindi Pogacar non è un soggetto su cui stare particolarmente attenti sotto questo punto di vista?

Diciamo che sta nel mezzo. Ci sono altri che perdono sodio tre o quattro volte più di lui. Poi è chiaro che lui fa più notizia, per cui se lo vedi bianco, pensi che sia un problema. Sul Granon non era il solo ad aver sudato così tanto. Ma alla fine lui è il campione, tutti lo guardano e dicono che ha questo problema, ma non è così.

EDITORIALE / Quanto pesa la maglia rosa?

13.05.2024
6 min
Salva

NAPOLI – Primo giorno di riposo. Mentre i corridori ricaricano le batterie di un Giro che finora non ha fatto mancare fatica ed emozioni, noi facciamo un passo indietro e torniamo al giorno di Fossano. Riprendiamo un tema che si potrebbe a buon diritto ritenere superato e che invece continua ad agitare i nostri lettori con numeri sbalorditivi. Quel giorno riportammo su Facebook e su Instagram una considerazione di Paolo Bettini a proposito della condotta di Pogacar, già in maglia rosa, che seguendo l’attacco di Honoré, cercò di anticipare i velocisti.

Ebbene, sia nelle prime ore e ancora adesso, quel tema e quel post continuano a smuovere opinioni. Per chi ne mastica, i 3.205 “Mi piace”, le 149 condivisioni e 1.395 (per ora) commenti su Facebook sono il segno di un argomento che ancora interessa e divide. Su Instagram, dove raramente si avviano grandi discussioni, i numeri parlano di 1.198 “Mi piace” e 66 commenti. Dati ancora in evoluzione, se volete in modo sorprendente.

Bettini ha mosso un appunto più che logico alla maglia rosa, ma forse il ciclismo è ormai lontano da certe logiche
Bettini ha mosso un appunto logico alla maglia rosa, ma forse il ciclismo è ormai lontano da certe logiche

Le parole di Bettini

Bettini, per chi non lo sapesse, è stato campione olimpico, ha vinto due mondiali, due Liegi, due Lombardia e la Sanremo. Una carriera da 62 vittorie, cui si aggiungono quattro anni da tecnico della nazionale. E’ un personaggio credibile, competente e che merita rispetto. Davanti a lui però si è schierato con prepotenza il popolo dei sostenitori di Pogacar, il cui tono è diventato presto incandescente. Che cosa aveva detto Paolo?

«A mio parere sono azioni che non deve fare – disse dopo Fossano – a me non è piaciuto. Non per il gesto atletico, chapeau, lo sappiamo che è un fenomeno, ma attenzione perché il Giro è lungo. In una tappa come questa, doveva lasciar giocare gli avversari, starsene dietro e non esporsi perché le azioni come queste poi ti rendono antipatico. Già sei forte e già vinci tutto, vuoi anche una tappa per velocisti facendo un’azione come questa? Attenzione, perché se arriva il giorno che lo trovano in difficoltà e inizia a girare il gruppo, gliele fanno suonare alla grande e a volte è più difficile gestire una tappa veloce che non una tappa di montagna (…) Non sto parlando di fair play, qui si sta parlando di gara».

Finita la prima settimana di Giro: finora la UAE Emirates ha corso da padrona in difesa della maglia rosa e spesso all’attacco
Finita la prima settimana di Giro: finora la UAE Emirates ha corso da padrona in difesa della maglia rosa e spesso all’attacco

Lo stile del leader

Il discorso di Bettini non è di stampo mafioso, come ha tuonato qualcuno, ma richiama un codice non scritto del gruppo che evidentemente non è più così attuale. In qualche modo stamattina lo ha sottolineato anche Bugno, sia pure con toni diversi. Se Pogacar in maglia rosa fa incetta di tutto quello che c’è in palio, si è chiesto Gianni, come farà ad avere buoni rapporti in gruppo?

Il fatto che dopo Bettini abbia parlato anche Bugno, rende palese che il ricambio generazionale esploso nel 2020 coinvolge i tifosi e probabilmente anche le ammiraglie e le reazioni del gruppo.

Non si sono mai visti campioni come Indurain, Contador, Nibali, Bernal, Froome, Pantani, Dumoulin, Roglic, Vingegaard, Quintana e persino Armstrong, che quanto a ingordigia non scherzava, mettersi a sprintare per i traguardi volanti. Si è sempre pensato che se un leader fa così, vuol dire che non si sente tranquillo dei risultati che potrà ottenere. Negli ultimi due Tour, Pogacar ha corso in questo stesso modo, ma alla fine ha pagato nel testa a testa con Vingegaard. Qui al Giro finora non ha lasciato nulla a nessuno e questo, applicando i canoni della tradizione e in assenza di un avversario davvero temibile, suona insolito.

Dieci anni fa quel che ha detto Bettini sarebbe stato di un’ovvietà disarmante, in un ciclismo che aveva nella durezza e nel galateo non scritto i suoi punti chiave. Il leader più forte ha sempre diviso la torta con il resto del gruppo. E se pure alla fine, oltre alla rosa vinceva la maglia della montagna e quella a punti, lo faceva con i risultati delle tappe decisive. Nel mezzo, c’erano 10-12 giorni in cui il palco era anche per gli altri, per la gioia dei loro sponsor.

Giro 1998: Pantani non aveva ancora la maglia rosa, ma a Selva lasciò la vittoria a Guerini
Giro 1998: Pantani non aveva ancora la maglia rosa, ma a Selva lasciò la vittoria a Guerini

Il diritto di Pogacar

D’altra parte ha ragione Roberto Damiani, quando ne difende la libertà di vincere come e quando gli pare. Ravvisando anche l’incapacità di fare pace con le proprie aspirazioni di chi reclama sempre tutto e il contrario di tutto.

«Pogacar è un campione – dice – uno che quando sente il profumo di vittoria va a cercarla, bello che sia così. Abbiamo martellato per anni quei campioni calcolatori che facevano solo il Giro o solo il Tour e adesso ce la prendiamo con questo che vince le classiche e poi viene a vincere il Giro? Chapeau a lui. Sinceramente non lo conosco, probabilmente gli ho detto tre volte ciao, però tanto di cappello».

Fossano, terza tappa: Pogacar attacca e stana Thomas. Inizia tutto così
Fossano, terza tappa: Pogacar attacca e stana Thomas. Inizia tutto così

Il ciclismo che cambia

Interpellato nei giorni successivi per commentare le reazioni alle sue parole, Bettini ha aggiunto di aver ricevuto messaggi e audio da parte di alcuni direttori sportivi dall’ammiraglia, seccati dell’andazzo di questo Giro e disposti a fare lo sgambetto alla maglia rosa qualora se ne presentasse l’occasione.

Nei giorni scorsi avete letto di un Pogacar nervoso, qualcuno ha anche ironizzato. Fra le ammiraglie si sussurra e si cerca di capire, fra giornalisti si fa lo stesso. Si dice che ciò sarebbe dovuto al fatto che lo sloveno non si stia divertendo a dominare in lungo e in largo, ma che questo gli venga imposto dalla squadra. Sono voci: lasciano il tempo che trovano, ma potrebbero spiegare i sorrisi più rari e la minore disponibilità della maglia rosa con i tifosi e con la stampa. Non deve essere facile essere guardato con fastidio e portare avanti una posizione che si condivide a stento. Al contrario, quanto sarebbe fastidioso doversi giustificare e quasi scusarsi per l’esercizio del proprio diritto di vincere?

Ciò detto, sulle ammiraglie ci sono davvero tecnici con il “pelo” per attuare le tattiche minacciate? Il ciclismo non è più fatto così, valuteremo successivamente se aggiungere l’avverbio purtroppo o fortunatamente. Siamo di fronte a uno sport che si decifra attraverso numeri e formule ripetibili. Che ha fatto della scienza e sempre meno della tattica il suo punto di partenza. Però il mal di pancia è sempre lo stesso e ricorda quello che si respirava nell’ambiente al Giro del 1999, quando si pensò che Pantani stesse esagerando. Anche Marco si trovò in mezzo alle rimostranze dei colleghi e alla posizione forte contro di lui di alcuni team. Anche in quel caso fu la squadra a spingerlo?

Il genio napoletano! Pogacar ha radunato attorno a sé un popolo di tifosi accesissimi
Il genio napoletano! Pogacar ha radunato attorno a sé un popolo di tifosi accesissimi

Se fosse tricolore…

Peccato che sia fallito il piano del Giro di portare alla partenza anche Evenepoel. La presenza di un rivale molto forte avrebbe reso meno evidente il gap fra la maglia rosa e il resto del gruppo. Di certo, infilandosi in queste dinamiche e non avendo ancora affrontato le giornate davvero difficili del Giro, la corsa sembra tutto fuorché noiosa.

Tadej è di un altro pianeta. La tirata data ieri nell’ultimo chilometro dalla maglia rosa dimostra che ha forze traboccanti e forse anche per il miglior Vingegaard quest’anno sarebbe duro tenerlo a bada. E allo stesso modo in cui siamo certi di questo, un’altra consapevolezza si fa largo mentre si ragiona su questo Giro e il fatto che rischi di perdere interesse: se Pogacar fosse italiano, lamentele ce ne sarebbero certamente di meno.