E’ Shimano Italia il nuovo distributore commerciale di Elite

20.07.2024
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Elite, marchio italiano ben noto per la produzione di componenti ed accessori di alta qualità per il ciclismo, ha annunciato una partnership esclusiva con Shimano Italia per la distribuzione dei propri prodotti sul nostro mercato domestico. A partire dal primo agosto, i rivenditori italiani avranno dunque accesso all’intero catalogo Elite attraverso il servizio di distribuzione offerto da Shimano. Elite è nota per la propria ampia gamma di prodotti, tra cui rulli “smart”, tecnologie per l’allenamento indoor e accessori per biciclette come borracce e portaborracce, utilizzati dai campioni del ciclismo come Tadej Pogacar

I Justo 2 sono i rulli più tecnologici e di alto livello di Elite
I Justo 2 sono i rulli più tecnologici e di alto livello di Elite

Tra i prodotti di punta spicca il rullo Justo 2, dotato di un misuratore di potenza integrato, resistenza automatica che simula pendenze fino al 24%, una cassetta Shimano a 12 velocità, connettività WiFi e piedini che simulano il movimento della bici su strada. I rulli interattivi di ultima generazione di Elite sono anche compatibili con il Rizer, un simulatore di pendenza con steering integrato, che permette di elevare il telaio della bici fino al 20% in salita e di abbassarlo del 10% in discesa. Questa tecnologia avanzata rende gli allenamenti indoor estremamente realistici e coinvolgenti.

Elite fornisce inoltre le borracce e i portaborracce ufficiali alla maggior parte delle squadre professionistiche, che utilizzano i prodotti del marchio durante le gare e gli allenamenti. Tra i prodotti più popolari vi sono le borracce Fly e Fly Team, apprezzate per la loro leggerezza e il getto d’acqua abbondante, e il portaborracce Leggero Carbon, rinomato per la sua leggerezza e la resistenza alle sollecitazioni, grazie al rinforzo in fibra di carbonio.

Ilaria Deidda, Country Manager Shimano Italy
Ilaria Deidda, Country Manager Shimano Italy

Obiettivo crescita

Nell’ambito dell’accordo con Shimano, quest’ultima gestirà le vendite e il servizio clienti per il mercato italiano, collaborando con Elite nello sviluppo di iniziative di marketing locali. «L’aggiunta di Elite al nostro portfolio prodotti – ha dichiarato Ilaria Deidda, Country Manager di Shimano Italia – è un passo importante per rafforzare la nostra strategia di distribuzione. Il nostro obiettivo è offrire ai rivenditori una gamma sempre più completa di prodotti, ed Elite si inserisce perfettamente in questa visione con la sua innovazione, con la sua qualità e con il suo impegno per la sostenibilità ambientale. Siamo entusiasti di questa collaborazione e siamo pronti a lavorare affinché sia una partnership di lunga durata».

«Desideriamo ringraziare sinceramente tutto il team di AMG per il lavoro svolto e per i risultati ottenuti insieme – ha ribattuto Nicoletta Sartore, CEO di Elite – la loro professionalità e attenzione ai dettagli hanno contribuito in modo significativo al nostro successo. Guardando al futuro, siamo entusiasti di iniziare questa nuova fase di crescita con un partner come Shimano Italia. Siamo convinti che questa collaborazione porterà a un ulteriore consolidamento della nostra posizione sul mercato nazionale. Shimano Italia è nota per la sua competenza nel settore, la capacità di servire il mercato e una rete di distribuzione ben sviluppata. Siamo certi che il nostro lavoro insieme garantirà un servizio eccellente ai nostri clienti, ampliando il pubblico che potrà beneficiare dei nostri prodotti ciclistici. Insieme, siamo pronti a raggiungere nuovi traguardi e a servire il mercato italiano con passione e dedizione».

Elite fornisce le borracce a gran parte dei team WT tra cui la UAE Team Emirates di Pogacar
Elite fornisce le borracce a gran parte dei team WT tra cui la UAE Team Emirates di Pogacar

Due storie di successo

Fondata nel 1979, Elite vanta una storia di innovazione tecnologica al servizio dei ciclisti, con un ecosistema integrato di tecnologie e accessori progettati per migliorare l’esperienza sportiva e il benessere dell’atleta. I suoi prodotti, dalle borracce e portaborracce ai rulli e roller per allenamenti indoor, sono pensati per offrire un realismo senza precedenti e rendere ogni singola pedalata un momento di crescita, divertimento e soddisfazione. Shimano, dal canto suo, è un nome storico nel mondo del ciclismo. Fondata nel 1921, l’azienda ha sempre sostenuto i ciclisti nel realizzare i propri sogni e avvicinarsi alla natura, attraverso la creazione di componenti e articoli d’abbigliamento di eccellenza. Con oltre un secolo di esperienza, Shimano ha contribuito alle vittorie di numerosi atleti a livello mondiale e continua a sviluppare prodotti che rendono ogni viaggio in bici un’esperienza senza limiti.

Shimano

Elite

Il poker di Pogacar, puntuale come una promessa

19.07.2024
7 min
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ISOLA 2000 (Francia) – La spallata più decisa nel giorno da cui, in teoria, sarebbe dovuto partire il riscatto. Ci sono dichiarazioni che si fanno per onorare la corsa e quelle di cui sei davvero convinto. E forse alla Visma-Leasa a Bike sapevano da almeno due giorni – dallo scatto di Evenepoel a Superdevoluy – che Vingegaard non fosse all’altezza del compito. Il continuare a rimandare appellandosi alla presunta crescita oggi ha impattato contro il muro giallo di Pogacar, in una giornata in cui nel team olandese si era pensato a un attacco più per forma che per convinzione. La presenza di Jorgenson là davanti e il suo rammarico finale dicono chiaramente che, nonostante una finestra aperta, si fosse partiti per vincere la tappa, lasciando dietro il capitano con scelta piuttosto rischiosa.

«In teoria non dovrei essere così deluso – dice Jorgenson, secondo all’arrivo – ma ci sono andato così vicino… Sento che io e il Tour de France abbiamo un pessimo rapporto. Io do il massimo, ma non ottengo niente. Negli ultimi 10 chilometri pensavo alle mie gambe, non agli altri. Cercavo di fare il massimo sforzo possibile, finché negli ultimi tre ho sentito che stava arrivando Pogacar ed ho avuto una brutta sensazione. Quando mi ha superato, mentalmente sapevo che anche se fossi rimasto alla sua ruota, mi avrebbe battuto ugualmente.

«Quindi sono deluso, anche per una giornata che non è andata come volevamo. Inizialmente dovevamo essere dei riferimenti per Jonas. Poi via radio ci hanno dato via libera di concentrarci sulla tappa. Devo dire grazie a Kelderman, altruista e un ottimo compagno di squadra. Poteva correre per sé, invece ha lavorato per me senza fare domande. Entrare nella fuga è sempre uno sforzo, ma senza quei quattro minuti, non avremmo avuto la possibilità di arrivare prima del gruppo. E’ stato uno sforzo necessario».

Jorgenson, qui con Carapaz (più combattivo di tappa), ha chiuso secondo a 21 secondi
Jorgenson, qui con Carapaz (più combattivo di tappa), ha chiuso secondo a 21 secondi

Una squadra pazzesca

Pogacar ha gestito la tappa con una sicurezza infinita, avendo intorno tutta la squadra. Di solito in una tappa come questa, sull’ultima salita i primi della classe hanno attorno un paio di uomini, mentre gli altri sono sparpargliati fra discese e salite. Il UAE Team Emirates ha puntato Isola 2000 tutto compatto, perdendo appena Politt, che pure ha tirato come un fabbro. Il cielo qua in cima è velato, si suda anche a stare fermi, anche se qualche folata d’aria a tratti rimette le cose in pari.

«Ho vinto la tappa regina del Tour de France – ansima Pogacar in maglia gialla – e posso confermare che la Bonette è davvero spaventosa da fare in gara. In allenamento è davvero bella perché puoi saltare l’ultimo chilometro, ma lo stesso sono super felice di aver avuto buone gambe. Siamo stati qui ad allenarci per un mese intero tra Giro e Tour, è stato un periodo difficile. Non sono mai giornate facili, perché ogni giorno bisogna rifare la salita, per questo la conoscevo bene. Questo ci ha permesso di fare la strategia che volevamo. Ne avevamo parlato già durante il nostro ritiro ed è incredibile che l’abbiamo fatta esattamente come avevamo detto. Sono scattato nel punto che avevamo indicato, è stato davvero perfetto al 100 per cento».

L’attacco (sfumato) di Jonas

Eppure i due uomini Visma in fuga per qualche chilometro hanno creato apprensione o comunque un sottile strato di allerta nell’ammiraglia e nel gruppo in gara. Vingegaard vuole attaccare? Perché è vero che la classifica è ormai tutta scritta, ma se uno t’ha staccato malamente come il danese negli ultimi due anni, il ricordo genera sempre timore.

«Ho pensato che Jonas volesse provarci sulla Bonette – dice Pogacar – questo è stato il mio pensiero iniziale. Ma davanti stavano andando davvero molto forte, non sembrava stessero aspettando qualcuno che attaccava. E quando abbiamo capito che puntavano alla tappa, ci siamo un po’ tranquillizzati. Devo dire però che non è stata facile come potrebbe sembrare. Nell’ultimo chilometro mi sono voltato spesso. Ho speso tanto per riprendere Carapaz e Simon Yates. Quando mi hanno detto che anche Matteo (Jorgenson, ndr) stava perdendo un po’ di smalto, ho provato a superarlo di slancio e lì mi sono ucciso le gambe. Così ho cominciato a pensare che forse sarebbe rientrato e mi sarebbe scattato in faccia o qualcosa del genere, perché indubbiamente oggi è andato davvero forte…».

Per Vingegaard all’arrivo l’abbraccio di sua moglie Trine Marie
Per Vingegaard all’arrivo l’abbraccio di sua moglie Trine Marie

La resa del re

Jonas ha abbracciato sua moglie Trina Marie e in quella stretta ha sfogato tutto lo stress di tre settimane cercando di ritrovare se stesso anche quando tutto diceva che sarebbe stato impossibile. Ed è la prima volta che parla di quel che gli successo, avendo evitato per tutto il Tour di usarlo come scusa.

«Ho capito di dover semplicemente lottare per qualcos’altro – dice – ed è quello che ho fatto. Non sono così deluso, perché ho ben chiara la storia degli ultimi 3 mesi. Ho lottato per quasi tre settimane e ora probabilmente possiamo dire che è quasi finita e probabilmente non vincerò. Penso ancora che posso essere orgoglioso di come abbiamo corso e di come ho corso io per primo. La vittoria ormai non c’è più, ecco come stanno le cose: devo accettarlo. Invece Tadej la merita, è andato fortissimo. Io non ero al mio livello normale, tanto che mi sono messo dietro a Remco quando ho capito che vuole il mio secondo posto. Ho cambiato tattica dopo Superdevoluy, accettando anche di non scattare per toglierlo di ruota, altrimenti avrei finito per perdere il secondo posto. Ho detto per tre settimane che volevo correre per vincere, ma quando ti rendi conto che è del tutto impossibile, allora forse è anche meglio lottare per un obiettivo ragionevole».

Vingegaard è certo che domani Evenepoel darà l’attacco alla seconda posizione
Vingegaard è certo che domani Evenepoel darà l’attacco alla seconda posizione

Il pericolo Evenepoel

Ma il Tour non è finito. Evenepoel ha fiutato il suo… dolore e sa che fra domani e domenica nella crono può riuscire nel sorpasso. E così da cacciatore, sia pure ferito, ora Vingegaard si ritrova nei panni della preda. Ugualmente ferita, pertanto più fragile.

«Adesso vado in albergo – dice – e poi domani spero di avere gambe migliori. So che sarò attaccato, quindi nei prossimi due giorni non mi resta che dare tutto quello che ho. Mi aspetto che Remco vada per il secondo posto, lo farei anche io se fossi al posto suo. Per cui mi metterò alla sua ruota e la squadra mi darà una mano per controllarlo. Ma adesso lasciatemi andare, il viaggio è ancora lungo».

Novanta chilometri, per l’esattezza, fino all’hotel di Nizza da cui domani partirà la ventesima tappa. Un lungo trasferimento, come i tanti di questo Tour. Mentre noi ci mettiamo a scrivere le sue parole, aspettando il momento giusto per riprendere la strada.

La Bonette, il valico più alto d’Europa: lo scollinamento è a quota 2.802
La Bonette, il valico più alto d’Europa: lo scollinamento è a quota 2.802

Domani senza fretta

Si potrà scrivere la parola fine sotto questo Tour de France? Il sorriso con cui Pogacar racconta la sua ennesima impresa ti fa capire che è davvero contento della conquista e per niente annoiato per la superiorità. Sta accadendo quel che abbiamo già visto al Giro e anche se lo strapotere sembra eccessivo, perché mai dovrebbe rallentare?

«Ho guadagnato ancora 1’42” su Jonas e Remco – dice – la situazione sembra più bella che mai. Sono felice perché domani potrò godermi la tappa. Magari lasceremo andare la fuga e ci godremo le strade su cui ci siamo allenati. Speriamo che non accada nulla. Questo Tour è stato davvero sorprendente per le vittorie di tappa. Diciamo che quest’anno ho bilanciato il conto rispetto alle due che ho vinto l’anno scorso. Posso dire che marcio al ritmo di tre tappe per Tour, il che è pazzesco e mi rende davvero orgoglioso».

Ballerini, Cavendish e Cees Bol sono stati gli ultimi tre ad arrivare: distacco di 43’46”, tempo massimo di 48’49”
Ballerini, Cavendish (con loro anche Cees Bol) sono stati gli ultimi tre ad arrivare: distacco di 43’46”, tempo massimo di 48’49”

Qualcuno crede che domani, sulle strade di ogni giorno, rinuncerà a vincere ancora? Con Isola 2000 è arrivato a quota 15 tappe vinte. Come dire che al ritmo di tre vittorie all’anno, fra sette Tour potrebbe battere il record di Cavendish, facendolo però con lo stile di Merckx. Eppure sette anni in questo ciclismo così veloce sono lunghi come un’era geologica. Forse per questo fa bene a godersi un passo alla volta e anche a non andare alla Vuelta, lasciandosi la porta per altri stimoli. Le carriere restano lunghe se si sceglie di non bruciare tutto e subito.

Carapaz, il sogno è nel cassetto. Ma l’applauso è per Vingegaard

17.07.2024
6 min
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SUPERDEVOLUY (Francia) – E’ un sogno che si realizza, ma Carapaz è troppo stanco per mettersi a saltare. Il sole a piombo disegna ombre profonde sul suo volto sfinito, solo i denti bianchi brillano più degli occhialoni specchiati. Il venezuelano ha vinto la sua prima tappa al Tour, dopo essere stato il primo ecuadoregno a indossarne la maglia gialla. E forse per averci parlato del tutto casualmente stamattina prima del via, capiamo che in quella voglia di arrivare e vincere c’è anche altro.

La bici dorata da campione olimpico ha fatto ottimamente la sua parte, quasi alla fine di un viaggio durato un anno meno di tutti gli altri, dato che Il Covid s’è mangiato un anno e da Tokyo è passato appena un triennio.

«Ci riprovo – le sue parole alla partenza – penso che manchi una settimana molto dura. Spero che la classifica si sia assestata, così arriveranno anche le fughe di giornata. La verità è che sto bene, sto ritrovando buone sensazioni. Spero di continuare questa crescita e di riuscire a trovare qualcosa qui al Tour. Ormai mi sono fatto una ragione del fatto che non mi porteranno alle Olimpiadi, è un problema che ho già affrontato. Penso di avere davanti ancora una bella stagione. La Vuelta e persino il campionato del mondo, che sarà una bella conclusione della stagione».

Una vittoria per sempre

Meno di cinque ore dopo, la sua missione si è compiuta e a giudicare da come la racconta, potrebbe non essere ancora del tutto completa. La linea di arrivo è un ribollire di massaggiatori, perché il caldo si è fatto sentire e i corridori arrivano stremati. Le ultime due salite piene di gente hanno offerto uno scenario pazzesco e persino educato, per quello che si è potuto vedere dal nostro punto di osservazione.

«Questa vittoria significa tutto! Ho cercato di ottenerla dall’inizio del Tour – racconta – quello era l’obiettivo. Sono riuscito a ottenere questo risultato che ricorderò per sempre, ho sfruttato al meglio il momento. Conoscevo bene la salita finale avendola studiata con il mio direttore sportivo. Avevo vinto tappe al Giro e alla Vuelta, ma il Tour de France è la corsa con tutti i migliori corridori del mondo. Ogni squadra arriva con il suo miglior assetto e la squadra migliore. Il Tour è la gara più bella. Sono felice anche per tutte le persone che mi seguono, sono orgoglioso di essere qui e rappresentare tutta l’America nel miglior modo possibile».

Pogacar si volta, dietro c’è Evenepoel: Vingegaard è in difficoltà, l’attacco prosegue
Pogacar si volta, dietro c’è Evenepoel: Vingegaard è in difficoltà, l’attacco prosegue

L’istinto stupido

Mentre davanti la fuga dei 48 si andava scremando e da dietro prima Simon Yates e Poi Carapaz rientravano sui primi e li saltavano, nel gruppo della maglia gialla quel diavoletto di Pogacar si è accorto che Vingegaard non avesse esattamente una bella cera. E così, prendendo bene la rincorsa sul Col du Noyer, ha attaccato e l’ha messo sulle ginocchia. Il senno di poi dirà che non è servito a molto, dato che i distacchi sul traguardo sono stati contenuti.

«E’ stata una giornata molto bella – dice Pogacar nella zona mista – c’è stata una partenza veloce, come se nei primi 125 chilometri fossimo in una gara juniores. Forse per questo prima dell’ultima salita c’è stata un po’ di fatica e ne ho approfittato. Non so se tanto attaccare faccia parte del mio dna, potrebbe essere. Non so davvero perché ho provato. Ho seguito l’istinto, ma è stato un istinto stupido. Ho tolto due secondi a Jonas e ne sono felice. Invece Remco è stato bravissimo. Ha fatto un ottimo attacco nel finale. La Visma ha lavorato molto bene come squadra. Se Jonas non avesse più uomini davanti, penso che io e Remco potremmo mettergli più pressione e il risultato sarebbe stato diverso».

Evenepoel ha attaccato per la prima volta in questo Tour: un bel segno della condizione che cresce
Evenepoel ha attaccato per la prima volta in questo Tour: un bel segno della condizione che cresce

Remco cresce

Vedere Vingegaard in difficoltà ha dato infatti morale a Evenepoel. Il belga ha prima risposto a Pogacar. Assieme a Vingegaard e a Laporte lo hanno raggiunto in discesa. E quando poi si sono ritrovati sugli ultimi chilometri verso Superdevoluy, la maglia bianca ha attaccato in prima persona. Vingegaard ci ha provato, ma quando alla fine gli è andato via anche Pogacar, ha capito che le stagioni non sono tutte uguali. Alla fine Evenepoel ha guadagnato 10 secondi su Pogacar, che ne ha guadagnati due su Vingegaard. Non è tanto per il margine in sé, ma quello che significa alla vigilia di altre tre giornate sulle montagne.

«Mi sentivo ancora bene – dice Evenepoel – e avevo ancora Jan Hirt davanti. A un certo punto mi hanno gridato all’orecchio che avrei potuto attaccare se il ritmo fosse sceso ai piedi dell’ultima salita. E’ quello che ho fatto. Forse avrei dovuto essere più aggressivo, ma per me è tutto nuovo. Non oso ancora dare il massimo su un arrivo in salita di quattro chilometri. Jan è stato fortissimo, mi ha lasciato all’ultimo chilometro come gli avevo chiesto. Poi io ho fatto un altro chilometro a tutta. Alla fine la differenza con Pogacar e Vingegaard è di pochi secondi. Ma con gli uomini dietro di me in classifica oggi è stata di oltre due minuti. Mi aspettavo che Pogacar rispondesse, ma forse visto che ho 5 minuti di ritardo ha preferito far lavorare la Visma. Non so se ci riproverò, vorrei rispettare il nostro piano che prevede podio e una tappa. Forse ne vincerò un’altra, ma tutto ciò che di nuovo potrò sperimentare è un vantaggio. Perciò resto concentrato sul terzo posto e poi si vedrà. Jonas ha vinto due Tour, non credo sia semplice riprendergli due minuti».

Vingegaard si è difeso bene, tenendo testa a Pogacar e onorando il Tour
Vingegaard si è difeso bene, tenendo testa a Pogacar e onorando il Tour

Onore a Vingegaard

A questo punto forse si impone una riflessione. La presenza di Vingegaard al Tour è un miracolo. Visto l’incidente di aprile non avrebbe mai potuto recuperare il suo livello migliore. Ma siccome da più parti lo si ritiene una sorta di robot e la sua squadra capace di tirare fuori l’acqua dal sale, erano tutti convinti che sarebbe venuto e sarebbe stato tutto come al solito. Così non è. E se l’anno scorso si è accettato lo scafoide di Pogacar come causa nel ritardo di condizione, davanti a questo ragazzo danese tutto pelle, grinta, ossa e muscoli, bisogna solo togliersi il cappello.

«Alla partenza avevo immaginato una tappa conservativa – dice Vingegaard – ma a un certo punto ho visto che la Trek attaccava e ho pensato che sarebbe stato possibile che partisse Tadej. E in quell’istante lui ha attaccato. Ogni volta che qualcun altro rende la corsa difficile, allora devi aspettarti che se ne andrà. Poi Remco ha attaccato e Tadej si è messo alla mia ruota. Pensavo che l’avrei ripreso, ma avevo già chiesto tanto ai miei compagni di squadra, che oggi devo ringraziare molto. Laporte è stato davvero prezioso. Sulla mia condizione, cosa dire? Mi sento ancora come se stessi migliorando e oggi forse non è stato il mio giorno migliore. In un Grande Giro può capitare di avere una brutta giornata e se questa è la mia brutta giornata, allora sono felice».

Avrebbe potuto fregarsene e puntare tutto sulla Vuelta. E’ qui a rendere più grande la vittoria di Pogacar. Già solo per questo Jonas Vingegaard merita che gli si faccia un applauso.

Contador a Vingegaard: bene i programmi, ma ascolta l’istinto

17.07.2024
4 min
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GRUISSAN (FRANCIA) – Alberto Contador segue il Tour con Eurosport, che si è accaparrata le sue osservazioni sempre attente e in certi giorni pungenti. A vedere ragazzi come Pogacar e Vingegaard spianare le sue salite, il Pistolero prova sicuramente qualche moto interiore, che si guarda bene dall’ammettere. Però dal tono di voce capisci che se ne morirebbe di avere qualche anno in meno per metterci becco. Ma il tempo è passato e quel che resta è la grande esperienza.

Domenica s’è parlato tanto di Pantani, si è continuato a farlo anche ieri. E Alberto che col mito del Pirata è cresciuto e che nel giorno del Barbotto si è fermato in mezzo ai suoi tifosi rimanendo incantato dalla loro fede, torna sulla sfida fra Pogacar e Vingegaard e i record che ancora cadranno.

Alberto Contador sta seguendo il Tour con Eurosport, di cui è opinionista
Alberto Contador sta seguendo il Tour con Eurosport, di cui è opinionista
Cosa ne pensi di questo Tour e del loro duello?

Penso che stiamo assistendo ad un Tour molto bello. Penso che nonostante la caduta avvenuta al Giro dei Paesi Baschi, Vingegaard sia di nuovo competitivo, quindi penso che valga la pena festeggiare. Altrimenti vivremmo qualcosa di simile al Giro d’Italia. In questo momento c’è emozione, anche se tre minuti sono comunque tanti da recuperare.

Secondo te questo Pogacar è tanto superiore a quello del Giro oppure i due livelli si equivalgono?

Secondo me è migliore, ha tenuto il meglio per il Tour. I suoi sono tutti d’accordo che si trovi nel momento migliore della sua vita e si vede che è più forte. Inoltre penso che Vingegaard stia ottenendo i migliori numeri anche in salita, quindi penso che sia una questione di preparazione. Non credo che lui sia al suo meglio.

Pogacar in salita: che corridore vedi?

E’ un bravo scalatore, ma per me non ha il fisico dello scalatore puro. Penso che abbia così tanto motore, così tanto talento e così tanta classe, che messi tutti insieme gli permettono di scalare i passi più difficili del mondo più velocemente di altri corridori che sono degli scalatori puri. Come Vingegaard, ad esempio, che ha più capacità da scalatore. Jonas ha anche il fisico più adatto, ma qui il discorso si sposta sui watt e in questo momento Pogacar ne ha di più.

Pogacar attende le Alpi con calma serafica, forte dei tre minuti di vantaggio
Pogacar attende le Alpi con calma serafica, forte dei tre minuti di vantaggio
Si è parlato del record di Plateau de Beille: quanto incidono su questo le attuali tecnologie?

E’ incalcolabile, una autentica barbaridad. Anche la strada, anche l’asfalto non c’entra niente con quello del 1998. E poi bisogna tenere conto che la salita a Plateau de Beille era perfetta per fare una cronometro. Ha iniziato la Visma. Jorgenson è salito molto, molto veloce. E poi il miglior corridore del mondo per le corse a tappe ha tirato per 6 chilometri con Pogacar alla sua ruota e alla fine Tadej ha continuato. E’ stata una cronosquadre in salita, normale che abbiano battuto il record.

E le biciclette?

Ci stavo arrivando. Tutto questo unito al fatto che le biciclette di oggi sono più veloci e avanzano meglio anche in salita, hanno meno attriti… E’ normale che i record cadano, è qualcosa di naturale.

Pogacar ha 3 minuti di vantaggio ed è convinto che Vingegaard cercherà un solo giorno in cui attaccare a fondo. Mettiti nei suoi panni: cosa faresti?

Attaccherei ogni giorno, ogni occasione e ogni momento. E bisogna lasciarsi guidare anche dall’istinto. Non puoi fare un programma di tre giorni, devi anche vedere come ti alzi la mattina. E il giorno in cui lo vedi meno forte, attacchi.

Contador entrò nella 17ª tappa della Vuelta 2012 secondo a 28″ da Rodriguez. Ne uscì primo con 1’52” di vantaggio. Fu l’impresa di Fuente De
Contador entrò nella 17ª tappa della Vuelta 2012 secondo a 28″ da Rodriguez. Ne uscì primo con 1’52” di vantaggio. Fu l’impresa di Fuente De

Lo dice col gesto della mano che scivola in avanti. Chissà se osservando e commentando le fasi di corsa si sia trovato a pensare cosa farebbe lui nelle varie situazioni. Alberto riaprì più di qualche corsa compromessa, ma i tempi sono diversi e la capacità di improvvisare che prima era una dote adesso rischia di ritorcersi contro. Oggi intanto si corre per 177 chilometri fino a Superdevoluy, con tre salite nel finale e un costante crescendo di quota che porta sull’uscio delle grandi salite alpine. E poi non ci sarà più troppo tempo per grandi ragionamenti.

Riposo finito, inizia la settimana più dura. Pogacar non ha paura

15.07.2024
7 min
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GRUISSAN (Francia) – Pogacar è di buon umore. Racconta di aver fatto appena un giro con i compagni stamattina (in apertura foto di Alen Milavec) e di essersi fermato in una pasticceria, mangiando – con preghiera di non dirlo al suo nutrizionista – il miglior muffin di sempre.

La maglia gialla si racconta online, come si usa dagli anni del Covid e come le squadre amano fare per non dover allestire una sala in cui accogliere i giornalisti. In più l’impennata di casi di Covid ha indotto ASO a imporre le mascherine ai media che hanno a che fare con gli atleti. Una decisione che la gente comune non capisce, sta però il fatto che per il Covid diversi atleti hanno già dovuto rinunciare alle prove olimpiche.

In questo giorno di riposo hanno già detto la loro Vingegaard e anche Evenepoel. Il belga ha ammesso che difenderà il terzo posto e non vede l’ora di correre l’ultima crono. Dice che ha studiato le tappe che ci attendono e che ieri a Plateau de Beille lo ha motivato il fatto di aver corso più veloce di Pantani.

Pogacar è di buon umore, forte del vantaggio accumulato e della consapevolezza di avere ancora del tempo libero, prima che riprenda la rumba del Tour. «Manca ancora metà del giorno di riposo – sorride – spero che finiremo velocemente la conferenza stampa così potrò rilassarmi nella mia stanza e guardare un bel film…».

Quando ieri Jorgenson è passato in testa, dice Pogacar, i numeri sono esplosi
Quando ieri Jorgenson è passato in testa, dice Pogacar, i numeri sono esplosi
Vingegaard ha detto che ieri ha avuto la migliore prestazione della sua vita. Cosa significa per te?

Penso che ieri tutti abbiamo assistito a una delle migliori esibizioni in salita di sempre. Anche per me, quando ho controllato i miei numeri, è stato davvero pazzesco. Soprattutto la parte in cui Matteo Jorgenson e Jonas sono andati in testa, sono stati i numeri più alti che abbia mai fatto nella mia carriera. E’ stato un grande giorno. E si capisce che Jonas è venuto qui preparato a lottare per la vittoria. Ieri finalmente hanno mostrato le palle e hanno colpito forte. Alla fine è stato uno sforzo totale, dal basso e fino alla cima. E’ stata una tappa pazzesca, davvero pazzesca.

Si è molto parlato del fatto che tu abbia battuto il record di Pantani.

Marco Pantani ha fatto la doppietta. Giro-Tour, penso che fosse l’anno in cui sono nato. Purtroppo in Italia Marco Pantani è il dio del ciclismo, ma personalmente non mi piacciono questi confronti. Ci sono quasi 30 anni di differenza, quindi non voglio pensare alla doppietta in termini di un confronto. Mi concentro ogni giorno per raggiungere l’obiettivo in giallo, senza pensare a queste cose.

Hai letto i commenti sui social media?

Ci sono sicuramente commenti negativi, me ne sono reso conto negli ultimi due anni. In nessuna situazione puoi piacere a tutti. Anche se fai tutto alla perfezione, ci sarà sempre qualcuno a cui qualcosa non piace. Per alcuni non va bene se non vinci, per alcuni non va bene se attacchi in quel chilometro. Ci sono venuto a patti. Sui social non seguo quasi nulla, ho persone che mi aiutano in questo, soprattutto su Instagram. Il mio Instagram è una parte di me, sembra piuttosto bello, ma non guardo troppo cosa succede, perché penso che i social network siano una specie di veleno in questo nostro mondo.

Quello che ha fatto la differenza negli utlimi anni , per Pogacar sono l’alimentazione, le gomme e le ruote
Qello che ha fatto la differenza negli utlimi anni sono l’alimentazione, le gomme e le ruote
La prestazione di ieri a cosa ti fa pensare?

Il ciclismo si sta evolvendo davvero tanto. Quando sei anni fa sono arrivato in questa squadra, non voglio parlarne male, ma era tutto totalmente diverso. Se confronto quest’anno con il mio primo alla Vuelta, allora era quasi tutto dilettantistico, eppure pensavo che fosse molto professionale. Andiamo avanti così velocemente perché le squadre si spingono a vicenda con la tecnologia, la nutrizione, con i piani di allenamento, con i ritiri in altura. Penso soprattutto alla Visma contro UAE e Ineos. Alla Lidl-Trek e alla Soudal-Quick Step. Ci rincorriamo per raggiungere i nuovi limiti. E così ieri abbiamo assistito alla scalata più veloce mai vista. E penso che potremmo vedere qualcosa del genere ogni anno, perché tutti si concentrano così tanto sui dettagli, altri limiti cadranno. Si ragiona su ogni singolo grammo di cibo, dove puoi risparmiare sulla bici. Stiamo andando molto veloci e per me è davvero impressionante vedere come sono cambiate le cose negli ultimi sei anni della mia carriera.

Quali sono gli aspetti che più hanno cambiato le cose?

La nutrizione, per quanto mi riguarda. Sei anni fa, quando ho iniziato, era tutto incentrato sui carboidrati. A colazione si mangiava pasta in bianco, riso bianco e magari frittata. Adesso facciamo una colazione più normale come riso, porridge, fiocchi d’avena. Ancora frittata, pane, pancake e già penso questa piccola cosa faccia la differenza. Per cui non hai più bisogno di mangiare la pasta al mattino. Il cibo è ponderato per la colazione, per la tappa, per il dopo la tappa, per i tempi in cui hai bisogno di mangiare. Quando un anno dopo di me Gorka si è unito al team, il nostro nutrizionista, per me è stato molto difficile seguirlo. Devo dire che ci sono voluti circa quattro anni per iniziare a concentrarmi davvero sul suo piano, perché non è facile seguire mentalmente così tanto l’alimentazione. Questo è stato un grande cambiamento.

E sulle bici?

Ora sono molto più veloci. Penso che le gomme facciano la differenza più grande rispetto a quelle che avevamo sei anni fa, dieci anni fa. Le ruote, l’aerodinamica, i telai. E’ semplicemente incredibile quanto sia diversa la bici adesso rispetto a cinque anni fa.

Pogacar non conosceva molto bene Evenepoel: ora ha imparato ad apprezzarlo
Pogacar non conosceva molto bene Evenepoel: ora ha imparato ad apprezzarlo
Ti abbiamo visto parlare più spesso di un tempo con Evenepoel: come è cambiato il vostro rapporto?

Quando lo guardavo in tv, sembrava un vero campione. Uno che non gliene frega niente di nessun altro, che ha sempre fatto le sue cose e vinceva davvero sempre tutto. Fra noi non abbiamo gareggiato quasi mai negli ultimi cinque, sei anni. E ora finalmente ci siamo trovati al Tour de France. Devo dire che in queste due settimane ho sviluppato tanto rispetto nei suoi confronti. Il modo in cui guida nel gruppo, non è nervoso, è davvero rispettoso verso tutti, per cui mi piace correre contro di lui. E’ un corridore di super classe.

Nell’ultima settimana ci sono più montagne che in qualsiasi altra settimana e poi la crono. Ti aspetti attacchi di Vingegaard?

Attaccherà di certo. Non penso che punteranno su entrambe le tappe, venerdì e sabato: penso che si concentreranno su una. Noi proveremo a fare la nostra gara, non credo che possano fare nulla di pazzesco. Siamo fiduciosi di poter andare al nostro ritmo e passare le montagne con quanti più corridori possibile, perché abbiamo una squadra super buona. Ma penso che sicuramente ci proveranno. Jonas ha detto che non rinuncerà alla lotta e penso che sia il giusto modo di pensare e parlare. Sarà una settimana dura in cui sicuramente vedremo molti fuochi d’artificio, da parte di tutti.

La tappa della Bonette può essere un ostacolo, vista l’altitudine e l’arrivo a Isola 2000?

Adoro il Col de la Bonette, è una salita super bella. L’ho fatta per la prima volta l’anno scorso ad agosto e mi è piaciuta. Amo quei passi sulle Alpi e poi la discesa verso Isola 2000, dove ci siamo allenati prima del Tour. Per cui non ho paura né apprensione e non vedo l’ora che quella tappa arrivi. La scalata a Isola 2000 è fantastica, simile a quella del Plateau de Beille. Invece la tappa di sabato è quasi la mia tappa di casa, direi che è la mia tappa di casa. Mi alleno molto su quelle salite. Le conosco molto bene e non vedo l’ora di trovarmi lì il prossimo fine settimana.

Vingegaard scatterà ancora, Pogacar gli sarà attaccato come un’ombra
Vingegaard scatterà ancora, Pogacar gli sarà attaccato come un’ombra
Che cosa ti fa paura?

Non so cosa temo di più, credo di non temere nulla. Ci sono ancora sei tappe da percorrere, prima di finire a Nizza con una cronometro davvero dura. Ovviamente non voglio ammalarmi o altro nell’ultima settimana, quindi proviamo a evitarlo. Nel complesso, sta girando molto Covid e molte malattie. Anche in salita, quando le persone sono così vicine, è difficile prevenirlo. Perciò, incrociamo le dita perché vada tutto liscio.

Ci sono corridori malati in gruppo?

Sembra di sì, Covid soprattutto. Il team di Aso ha provato a mettere le mascherine sui podi, dietro il podio e nelle zone con la stampa. Penso che più o meno tutti stiano sperimentando lo stesso Covid che ho avuto anche io prima del Tour. Era una lieve malattia, due giorni in cui mi sono sentito un po’ spento. Niente di veramente pazzesco. Qualcuno ha la febbre o qualcosa del genere, allora forse è meglio fermarsi.

Continui a escludere di andare anche alla Vuelta?

Manteniamo la percentuale del 99 per cento che non ci andrò quest’anno. Più probabile il prossimo.

EDITORIALE / Tadej è un fenomeno, ma lasciate in pace Pantani

15.07.2024
5 min
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GRUISSAN (Francia) – Tadej Pogacar si avvia a conquistare la doppietta Giro-Tour che in anni più recenti ha respinto campioni come Contador e Froome, in una sorta di rincorsa che ricorda quella di Cavendish al record di Merckx. Si legge stamattina che ieri lo sloveno e anche Vingegaard abbiano battuto e di parecchio il record di Pantani su Plateau de Beille e di certo altri record cadranno. I record sono fatti per essere battuti. Però allo stesso modo in cui si è stati molto cauti nel dire che Cavendish non sia stato grande quanto Merckx, si potrebbe fare la stessa considerazione nell’affiancare Pogacar a Pantani e a quelli che prima di lui fecero l’agognata doppietta: Coppi, Anquetil, Merckx, Hinault, Roche, Indurain, Pantani.

Pogacar merita a pieno titolo di esser iscritto a questo club così esclusivo, come è probabile che la sua carriera alla fine sarà superiore a quella di molti di loro. Eppure voler a tutti i costi dipingere il prodigio con colori anche superiori a quelli che sfoggia suona un po’ pretestuoso. Tadej è un fenomeno, Vingegaard è un fenomeno, ma hanno attorno soltanto se stessi, in un duello che si protrae senza contraddittorio. Altri ottennero il loro primato nuotando in un mare pieno di squali. E’ sbagliato perseguire la sostituzione.

A Plateau de Beille, la prima vittoria di Pantani al Tour del 1998
A Plateau de Beille, la prima vittoria di Pantani al Tour del 1998

Il record di Plateau de Beille

Pogacar ha scalato Plateau de Beille in 39’42” alla media di 23,800, iniziando la salita a tutto gas. Pantani impiegò 43’28”. Un risultato stupefacente, certo, che però non tiene conto del fatto che Marco fu fermato da Roberto Conti (leggete l’articolo pubblicato pochi giorni fa) per aspettare Ullrich, il suo avversario in maglia gialla, che aveva bucato. Per cui il tempo di scalata di Pantani è composto dai minuti necessari perché Ullrich si fermasse, aspettasse l’arrivo dell’ammiraglia, cambiasse bici e risalisse il gruppo che intanto non si era fermato. Già questo basterebbe.

Non è una questione di asfalti più veloci (le strade erano belle anche nel 1998), ma se volessimo guardare, potremmo parlare delle bici e ci sarebbe tanto da dire. La Bianchi con cui il romagnolo vinse il Giro e dopo il Tour era in alluminio, non aveva ruote ad alto profilo e in termini di aerodinamica non era certo al livello delle bici di adesso. Impossibile fare confronti.

Pantani non sapeva cosa fosse un powermeter e questo magari per colpa sua, refrattario com’era all’impiego di ogni tecnologia legata alla preparazione. Quando all’inizio del 1999 cercarono di imporgli l’uso del cardiofrequenzimetro, faceva di tutto per dimenticarlo a casa o in hotel. Non andava ad allenarsi in altura, gli bastava il Carpegna. E come spuntino dopo l’allenamento, mandava giù uno zabaione. Colpa sua anche quella: c’era già chi studiava la nutrizione come un fronte sensibile, ma di certo nel 1998 non c’erano le consapevolezze di oggi.

La sfida con Tonkov al Giro del 1998 tenne Pantani sulla corda sino alla fine. Non fu abbastanza fenomeno o il russo era un osso duro?
La sfida con Tonkov tenne Pantani sulla corda sino alla fine. Non fu abbastanza fenomeno o il russo era un osso duro?

Fra Giro e Tour

Fu colpa sua anche il fatto che dopo il Giro non avesse alcuna intenzione di andare al Tour, per cui trascorse la sua bella decina di giorni in spiaggia e chissà cos’altro. Fu la morte di Luciano Pezzi a spingerlo verso la corsa francese. Nessuna ferrea pianificazione: quella apparteneva semmai a Ullrich e Riis, che sul Tour affrontato nel segno della scienza avevano costruito la loro storia. Nessuna altura per Marco e certamente per lui le fatiche del Giro furono superiori rispetto a quelle incontrate da Pogacar lo scorso mese di maggio.

Pantani dovette fronteggiare prima Zulle e poi Tonkov: due ossi molto duri. Il primo lo mise in croce all’inizio fino alla crono di Trieste. Il secondo lo sfidò fino a rischiare l’infarto nel giorno di Montecampione e poi nella crono finale di Lugano. Si avanzarono delle ipotesi assai brutte al riguardo: la fortuna di Pogacar è che nessuno dice contro di lui quello che un tempo era abituale dire su chi andava così forte. In questo il ciclismo è cambiato di molto, per fortuna: oggi si ha il diritto di vincere senza insinuazioni.

Il livello del Tour 2024 è vicino a quello del Tour 1998: i due rivali sono entrambi fortissimi
Il livello del Tour 2024 è vicino a quello del Tour 1998: i due rivali sono entrambi fortissimi

Quali avversari

Nel Giro del 1998, che non ebbe giorni di riposo, Pantani chiuse la prima settimana 6° a 1’02” da Zulle. La seconda la chiuse 2° in classifica a 22” da Zulle. Concluse il Giro con 1’33” di vantaggio su Tonkov.

Nel Giro 2024, Pogacar ha concluso la prima settimana con 2’40” su Martinez. La seconda con 6’41” su Thomas. E ha concluso il Giro con 9’56” su Martinez.

La differenza fra i due è che Tadej è indubbiamente un fenomeno: Pantani non ha mai vinto la Liegi e nemmeno il Lombardia. Ma in quel ciclismo che faceva della specializzazione il suo punto di forza, Marco si ritrovò al Giro contro avversari che sapevano come si vincesse un Grande Giro. Fra gli avversari di Pogacar al Giro, tolti Thomas e Quintana ormai sul viale del tramonto, nessuno aveva mai vinto un grande Giro.

Il Tour del 1998, con un solo giorno di riposo, è invece molto più simile a quello attualmente in corso, con due fenomeni in testa, capaci di dominare il gruppo con superiorità disarmante. L’attacco di Ullrich all’indomani della sconfitta delle Deux Alpes somiglia tanto a quello condotto ieri da Vingegaard. Due fenomeni e dietro il vuoto. Si è tutti fenomeni, in attesa di uno più grande: la storia insegna questo. E allo stesso modo in cui i corridori degli anni Novanta fecero sentire piccini quelli del ventennio precedente, i fenomeni di oggi mettono in ombra quelli che li hanno preceduti.

All’indomani della batosta di Les Deux Alpes, Ullrich attaccò a testa bassa
All’indomani della batosta di Les Deux Alpes, Ullrich attaccò a testa bassa

E’ tutto relativo

Evviva Pogacar, campione assoluto. Evviva però anche Pantani, che ci fece sognare e per farlo dovette sfidare i giganti. Il resto sono chiacchiere da bar che ormai non attecchiscono più neppure sui social. So bene anche io che la Volvo elettrica con cui stiamo… correndo il Tour ha un’accelerazione migliore di certe auto da corsa del Novecento, ma non mi sognerei mai di dire di essere più veloce di Josè Manuel Fangio.

E comunque, giusto per non togliere interesse, il Tour è tutt’altro che finito. Mancano le Alpi e la crono finale. E sta iniziando a fare veramente caldo.

Red Bull dopo Roglic: due giorni per resettarsi e ora tutti in fuga

15.07.2024
5 min
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PLATEAU DE BEILLE (Francia) – Seduto in ammiraglia in attesa dell’evacuazione generale, Rolf Aldag ricompone i pezzi di una tappa che ha visto in fuga quattro dei sei corridori della Red Bull-Bora-Hansgrohe rimasti in gara (in apertura Jai Hindley). Per il team che aveva investito su Roglic perché diventasse il… terzo uomo, si è trattato di un atterraggio piuttosto pesante. Dopo aver perso il Tour del 2020 nell’ultima crono, lo sloveno non ne ha più finito uno. Sempre una caduta a rimandarlo a casa. Così anche nella Vuelta del 2022, al punto di farsi qualche domanda sul perché. Se sia per l’abilità in sella, il posizionamento in gruppo o una sfortuna cronica come raramente ci è stato dato di vedere.

Visto che il tempo non manca, con il capo dei tecnici della squadra iniziamo un viaggio nei giorni più recenti: quelli successivi alla caduta di Roglic. Aprendo prima una breve parentesi: c’era anche lui quassù il 22 luglio del 1998, quando Pantani per la prima volta in quel Tour piegò il suo capitano Ullrich in maglia gialla. Aldag aveva allora 30 anni, oggi ne ha 55 e adesso racconta.

«Ci sono voluti due giorni per ridefinirci – spiega – trovare nuovi obiettivi e poi andare avanti, perché il Tour merita molto rispetto come gara. E penso anche che per il lavoro svolto dai ragazzi in altura, i giorni e i mesi che trascorrono lontani dalla famiglia, valga la pena provare qualcosa. Non è facile, ma vale la pena provarci».

Roglic non riparte: Aldag si sottopone alle domande dei giornalisti che chiedono aggiornamenti
Roglic non riparte: Aldag si sottopone alle domande dei giornalisti che chiedono aggiornamenti
Come hai vissuto il giorno in cui Roglic è caduto?

Era vicino al traguardo. C’è sempre molta tensione in macchina e penso anche in bici. Di colpo l’ho visto cadere e quando è così, non va mai bene. Si vedeva subito che fosse un brutto incidente, per cui ero lì che speravo per il meglio. Quando però ho visto che c’è voluto del tempo per rialzarsi e ripartire, allora nella mia testa hanno iniziato a prendere forma tutti i tipi di scenario.

A cosa hai pensato?

Come prima cosa, ovviamente, ho sperato che stesse bene. A quel punto non era tanto una questione di tempo perso in classifica, ma riguardava davvero la persona. Speravo che non stesse soffrendo troppo, l’unica cosa che avesse importanza. Non era rilevante invece che perdesse 2-3 minuti.

Anche Sobrero verso Plateau de Beille ha recitato la sua parte: con Roglic avrebbe fatto un gran Tour
Anche Sobrero verso Plateau de Beille ha recitato la sua parte: con Roglic avrebbe fatto un gran Tour
Hanno detto che quel tratto fosse pericoloso.

Penso che non abbia senso iniziare adesso il gioco delle colpe. E’ un po’ come se mi chiedessi quanto sia difficile per gli organizzatori creare i percorsi. Se vuoi finire in un centro città, cosa che penso piaccia a tutti, come ci arrivi? Devi prendere una strada e adesso le strade sono costruite per rendere il traffico più sicuro. Avere isole spartitraffico va bene per 364 giorni all’anno, fanno davvero qualcosa di buono per il traffico. Ma per quel solo giorno del Tour de France non vanno bene. Quindi non è facile, ma non direi che sia stata una colpa di ASO. Penso che facciano del loro meglio.

Hanno parlato di segnalazioni imperfette.

Qualcuno ha detto anche questo, ma in realtà non è che qualcuno ci sia finito contro. Penso che, sfortunatamente, Lutsenko fosse già da una parte. Poi gli si è impuntata su quel cordolo la ruota anteriore ed è caduto dall’altra parte. Dovremmo sempre cercare la strada più sicura, non c’è dubbio, ma penso sia quello che fanno oggi.

Oggi Hindley e Sobrero in fuga nel finale: il programma per i prossimi sette giorni è questo?

Per un momento abbiamo avuto quattro ragazzi in fuga dei sei corridori rimasti in gara. Quindi penso che l’hanno interpretata in modo molto offensivo e aggressivo ed è quello che volevamo fare. Voglio dire, se aspettiamo il momento in cui oggi attaccherà Vingegaard, non vinceremo mai nulla. Questo è molto chiaro. Quindi cerchiamo di ottenere il meglio, mantenendo uno stato d’animo e un atteggiamento positivi. Ed è quello che hanno fatto i ragazzi oggi.

Nico Denz ha preso parte alla fuga, con il progetto di lanciare Hindley
Nico Denz ha preso parte alla fuga, con il progetto di lanciare Hindley
La fuga di oggi era pianificata oppure è venuta da sé?

Era tutto organizzato per lanciare Jai Hindley. Ad esempio, Nico Denz era lì, certamente non alla sua ruota, ma dando tutto per guadagnare vantaggio e far decollare la fuga. Poi Matteo (Sobrero, ndr) ha fatto ponte e si è ritrovato in fuga con Hindley e Bob Jungels. Nella vallata prima del finale si stavano assolutamente sacrificando per dare a Hindley un vantaggio consistente. Quindi ho grande rispetto per il lavoro che hanno svolto.

La decisione di fermare Primoz Roglic è stata presa dai medici, oppure è servito a salvargli le Olimpiadi?

No, noi come squadra non siamo realmente interessati alle Olimpiadi, ma siamo interessati alla salute della nostra gente e penso che questa abbia la priorità. Non conosco nemmeno la situazione delle Olimpiadi, non ho visto l’elenco con i nomi, ma per noi non era proprio questo l’obiettivo. Olimpiadi o no, per noi l’obiettivo era il Tour e ora è riaverlo sulla bici. Tenete presente anche quello che è successo dopo il suo incidente…

Jungels fra i più attivi della tappa di ieri per lanciare Hindley verso l’ultima salita
Jungels fra i più attivi della tappa di ieri per lanciare Hindley verso l’ultima salita
Cosa?

C’è stata una giornata intensa con vento di traverso, in cui devi avere tutta la concentrazione. Devi avere l’interruttore acceso e un corpo pronto. E con lui non era proprio così, perché rischiare? Non si trattava davvero di programmi futuri o altro. Penso che a Primoz e al suo team, a tutti noi il Tour sia piaciuto così tanto, che faremo qualsiasi cosa possibile per rimanerci.

E’ stato già fatto un programma per Roglic?

Non ancora, non siamo ancora in quella fase. Sono felice che adesso abbia un po’ di tempo con la sua famiglia. E penso che sia importante non prendere decisioni affrettate. In ogni caso, è importante anche per lui superare la delusione, avere un po’ di lucidità e poi cercare nuovi obiettivi. Ma ripeto: non è questo il momento.

Seconda settimana finita: Pogacar brinda, cosa trama Vingegaard?

14.07.2024
6 min
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PLATEAU DE BEILLE (Francia) – Le ha prese anche oggi, ma Vingegaard dimostra di avere due attributi grossi così. Sarebbe potuto restare passivo, pensando a difendersi. Invece ha fatto tirare la squadra per tutto il giorno. E quando a 10,5 chilometri dalla fine Jorgenson ha dato l’ultima strappata, il danese ha attaccato. Niente a che vedere con le “aperture” dello scorso anno, ma ha comunque chiamato Pogacar allo scoperto, anche se alla fine ha dovuto cedergli 1’08”. Per definire la differenza di livello fra Giro e Tour, basti osservare che alla fine della seconda settimana del Giro, Tadej aveva già 6’41” su Thomas. Qui il suo margine su Vingegaard è ora di 3’02”. Sempre tanto, ma pur sempre la metà.

Jonas arriva e sembra ben disposto. Noi indossiamo tutti la mascherina per disposizione del Tour. La sua grande educazione in certi giorni ti incanta, al confronto con altri sportivi sconfitti che rifiutano di parlare o lo fanno con tono risentito.

Nonostante il passivo di 1’08”, Vingegaard si dice soddisfatto della sua prova. E il Tour è ancora lungo
Nonostante il passivo di 1’08”, Vingegaard si dice soddisfatto della sua prova. E il Tour è ancora lungo
Ti ha fatto tanto male?

In realtà penso di aver fatto la prestazione della vita sull’ultima salita. Per cui posso essere super felice e orgoglioso di come ho corso, di come ha corso la squadra. Tadej è stato semplicemente molto meglio, quindi congratulazioni a lui. Oggi pensavo di poterlo battere, avevo ancora delle speranze, ma ha dimostrato quanto è forte. Io sono andato al top e lui ha guadagnato un minuto? Merita di vincere.

Come dire che sei pronto ad arrenderti?

Se riesce a mantenere questo livello sino in fondo, arrivare secondo non sarebbe un disonore. Ora non ho niente da perdere, sono un po’ nel mezzo, per così dire, e attaccherò ancora. Penso ancora di poter vincere, anche se sembra difficile. Può ancora avere una brutta giornata, lo abbiamo visto negli ultimi due anni (nel 2022 e nel 2023, in occasione dei due attacchi di Jonas, Pogacar perse più di 3 minuti in un solo colpo, ndr). Quindi penso che dobbiamo sperare in questo e lavorare perché accada. Non me ne andrò da questo Tour senza averci provato sino in fondo.

E’ sembrato che quando hai attaccato, lo stessi guardando. Volevi studiarlo?

Non stavo guardando indietro, stavo solo cercando di fare il massimo che potevo. E ho attaccato. Da quel momento ho spinto il più forte possibile fino al traguardo. Questo era un piano studiato da mesi, questa tappa andava corsa così. E non ho avuto dubbi, anche se ieri è andata come sapete. Abbiamo una buona strategia e negli ultimi due anni ha funzionato. Sappiamo che posso sopportare grandi fatiche e potrei farlo anche quest’anno.

Si pensa che potrai crescere, ne sei convinto anche tu?

Se ho fatto davvero la migliore prestazione della mia vita, non so se sia possibile crescere ancora. Il Tour si vince gestendo le giornate di crisi e non calando di condizione. Io penso di poter restare a questo livello sino in fondo. Vedremo alla fine.

Tadej terrà questo livello?

Il parcheggio dei team ha facce diverse. I pullman sono a valle, a Les Cabannes, per cui i corridori hanno ricevuto i loro bei fischietti e stanno scendendo. Arthur Van Dongen, direttore sportivo con Niermann della Visma Lease a Bike, era abituato a commentare altre situazioni. Finisce di scrivere un messaggio, mette su la mascherina e poi risponde.

«Visto come è andata la gara – dice – penso sia chiaro quale piano avessimo. Dare il massimo tutto il giorno e rendere la gara più dura possibile. Abbiamo fatto un lavoro molto, molto buono. Abbiamo ammazzato tutti. A inizio salita i corridori di classifica si sono staccati subito. Ci sono stati subito distacchi importanti. Solo un corridore ci è stato superiore e ha fatto nuovamente la differenza. Jonas si sente bene e noi abbiamo ancora fiducia in lui. Sappiamo che nell’ultima settimana possono succedere molte cose. Non rinunciamo a combattere, ma dobbiamo essere realistici. Ci sono ancora montagne e una crono. Diversa dallo scorso anno, come diversi sono l’avvicinamento di Jonas al Tour e la forma di Pogacar. Tadej ora è fortissimo, aspettiamo di vedere se rimarrà a questo livello».

Il miglior Pogacar di sempre

Gianetti invece non sta nella pelle. Il Team principal del UAE Team Emirates si è fatto il giro di tutti i microfoni e adesso ragiona con calma sullo show cui abbiamo appena assistito. E poi, con una punta di saggezza, invita a mantenere la calma.

«Avevamo visto la sua crescita già da quest’inverno – spiega – poi ha fatto un gran Giro d’Italia e soprattutto una bellissima preparazione per questo Tour. Chiaro che vedere la sua differenza in questo momento con il resto degli avversari è bello. Credo davvero che sia il miglior Tadej di sempre, ma questo non deve farci abbassare la guardia. Tre minuti sono un bel vantaggio, ma la settimana finale di questo Tour de France è veramente molto impegnativa, ci saranno tante difficoltà. Oggi non abbiamo dovuto lavorare, ma pur rimanendo a ruota, è stato un giorno duro. Quindi è chiaro che ci sarà il lavoro da parte delle squadre e degli altri corridori che proveranno a migliorare la loro classifica.

«Sarà una settimana molto impegnativa, sia sotto l’aspetto fisico che mentale. Io non ho mai fatto Giro e Tour nello stesso anno, non posso neanche immaginare cosa sia. E’ qualcosa che va al di là dell’immaginazione, però questo è l’obiettivo e non l’abbiamo ancora raggiunto».

Pogacar sui Pirenei: il piccolo principe con i denti di un lupo

13.07.2024
4 min
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PLA D’ADET (Francia) – Oggi ha l’espressione beata del Grappa e di tutte le volte al Giro in cui un piano pensato alla vigilia andava a buon fine. Certo la sensazione che questa vittoria Pogacar dovrà sudarsela secondo dopo secondo si fa largo ogni giorno. Quei numeri del Giro appartengono a un’altra dimensione, qui Vingegaard e anche Evenepoel sono avversari ben più cattivi di quelli incontrati in Italia. E forse nella scelta di puntare sul Giro s’è tenuto conto anche di questo. Però intanto Vingegaard oggi ha dovuto subire e tanto gli basta per andare a letto più sereno.

Yates gli ha permesso di respirare e di spiccare nuovamente il volo
Yates gli ha permesso di respirare e di spiccare nuovamente il volo

Lo sgabello della star

Pogacar è seduto sullo sgabello della mix zone con centomila microfoni puntati sulla faccia. Sorride e racconta, mentre dalla strada alle spalle del palco arrivano boati al suo indirizzo. Su questo il Tour non fa eccezioni rispetto al Giro: lo sloveno è idolo anche qui.

«Volevamo davvero correre in modo conservativo – sorride – ma puntavamo comunque alla vittoria di tappa, perché sapevo di poter arrivare con un buono sprint nel finale. Poi ho visto l’opportunità per Adam (Yates, ndr) di fare il vuoto e di arrivare anche alla vittoria di tappa, in più facendo lavorare la Visma. Di colpo però mi sono accorto visto che quando ha attaccato, il ritmo è addirittura calato, non tiravano poi così forte. E allora ho avuto la sensazione che forse avrei potuto provare a raggiungere Adam. Lui è il compagno perfetto, quello che vorresti avere sempre con te. Si è appesantito un po’, ma ha dato tutto quello che aveva. Io alla sua ruota ho potuto respirare per un paio di volte e questa oggi è stata, credo, una delle principali differenze. Il fatto che Adam fosse lì per me. E’ stata una splendida intuizione. Per questo stasera devo dire che grazie a tutti i compagni di squadra. Oggi hanno fatto davvero un lavoro incredibile, sono super felice».

Pogacar con Sivakov nella discesa del Tourmalet: la squadra sempre unita
Pogacar con Sivakov nella discesa del Tourmalet: la squadra sempre unita

Il record di Cavendish

Politt finché ne ha avuta. Poi Soler gli ha poggiato una mano sulla schiena, ringraziandolo e autorizzandolo a spostarsi. E quando lo spagnolo ha finito il suo lavoro, è stata la volta di Almeida, inatteso in questo ruolo, lui che spesso gioca da primo attore e ha il suo bel caratterino. Se ci fosse stato ancora Ayuso, forse, avrebbero potuto fare di più.

«Manteniamo questo slancio – dice Pogacar – e una buona energia nella squadra, buone gambe. Proviamo a mantenere questa mentalità in un’altra giornata, quella di domani, in cui tutti saranno nuovamente importanti. Vincere tante tappe è qualcosa cui non ho mai pensato, neppure quando ero più piccolo. Ad esempio, vedendo Mark Cavendish vincere così tanti sprint, ho sempre pensato che venisse da un altro pianeta e che non fosse raggiungibile. Ma se insegui i tuoi sogni, allora forse puoi reggiungerli. Non è il mio obiettivo raggiungere Cavendish (Pogacar finora ha vinto 13 tappe in 5 Tour, ndr), l’ho detto solo per far capire quanto io l’abbia ammirato e quanto fosse bello vederlo vincere con la sua squadra».

Pogacar lo ha detto chiaro: Almeida ha fatto gli straordinari, ma davvero bene
Pogacar lo ha detto chiaro: Almeida ha fatto gli straordinari, ma davvero bene

Correre d’istinto

In fondo è tutto molto semplice oppure tale lo fa sembrare. La realtà è che per un tipo orgoglioso come lui non è stato facile essere preso a schiaffoni. Attacco spettacolare, ma a vuoto sugli sterrati. Attacco spettacolare, ma a vuoto (e con la beffa della sconfitta) a Le Lioran. Un inverno di diete, studi sulla posizione e lavori di fino. Finché arriva Vingegaard dopo un infortunio come quello dei Paesi Baschi e ti sembra che nulla sia cambiato? Doveva riprovarci, senza meno…

«Mi sentivo davvero bene oggi – dice – le cose non sono andate secondo i piani sulla salita finale, perché ci mancava un uomo: Ayuso si è dovuto ritirare e quindi Almeida ha lavorato molto duramente già a 8 chilometri dalla fine. Ho attacato anche perché ho visto che nessun uomo di classifica stava provando qualcosa. Ho visto un’opportunità e sono partito. C’è ancora molta strada da fare fino a Nizza, ma oggi sono iniziate le vere tappe di montagna! La chiave è che abbiamo una squadra forte per supportare le mie opzioni. In ogni intervista mi dicono che devo risparmiare energie, ma amo correre d’istinto. A volte funziona, a volte no… ma a me piace così».