A Yates la tappa, a Carapaz la maglia. E domani si sale

21.05.2022
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C’è voluta parecchia testa per restare in corsa dopo la botta al ginocchio sull’Etna e quella al morale sul Blockhaus. Simon Yates se ne è andato in giro per qualche tappa come uno zombie nella coda del gruppo, cercando di ricollegare i punti.

«Ammetto che negli ultimi giorni ho pensato molto al ritiro – mormora – avevo ancora problemi al ginocchio, ero venuto a combattere per la vittoria e di colpo avevo perso tutto. Adesso penso solo di lottare per qualche altra tappa».

Dopo il colpo al ginocchio, ora Yates può di nuovo alzarsi sui pedali. Si è visto bene…
Dopo il colpo al ginocchio, ora Yates può di nuovo alzarsi sui pedali. Si è visto bene…

Dodici borracce

L’inglese sfortunato della Bike Exchange-Jayco oggi è stato il più furbo di tutti. Li ha lasciati sfogare davanti. E quando poi ha capito che la pendenza fosse giusta per rientrare, lo ha fatto e ha poi piazzato l’attacco vincente. Uno e uno solo. Avrebbero potuto rispondergli, certamente Hindley e Carapaz ne avevano le gambe. Ma quando hanno realizzato che il distacco in classifica di Simon fosse a dir poco tranquillizzante, hanno preferito fingere di non averlo visto. L’unico a fare professione di rammarico è stato a quel punto Nibali, come abbiamo già raccontato.

«Quando sono partito – dice Yates – la situazione era veramente una lotta. I ragazzi della classifica si marcavano, mentre io stavo solo cercando la tappa, quindi ho dovuto approfittare di quel vantaggio. Lì davanti c’erano corridori più forti di me, quindi ho dovuto decidere dove attaccare e farlo bene. Ho sofferto il caldo e l’umidità, non ho potuto realmente raffreddare il mio corpo. Credo di avere bevuto 10-12 borracce per permettere al mio corpo di raffreddarsi».

Dopo la crono di Budapest, ecco la tappa di Torino. Nel mezzo il crollo del Blockhaus
Dopo la crono di Budapest, ecco la tappa di Torino. Nel mezzo il crollo del Blockhaus

Ginocchio (quasi) a posto

Dopo il blackout al Giro del 2018, Yates non è più stato lo stesso. E anche se l’anno scorso il suo terzo posto è quasi passato in sordina, non è un mistero che quest’anno fosse indicato tra i possibili vincitori.

«Però ho avuto un sacco di problemi al ginocchio – ammette – e non sono ancora al 100 per cento, ma adesso posso alzarmi sui pedali. Prima provavo molto fastidio e per me che non sono mai seduto sulla sella, era un bel problema. Mi sento finalmente dove dovrei essere, ho un po’ di frustrazione perché non posso più combattere per la classifica, ma ormai è andata così. I vari leader al momento mi sembrano equivalenti. Carapaz ha speso tante energie ad attaccare per primo, gli altri non si sono concessi spazio e questo mi ha permesso di andarmene, di prendere la mia occasione. Forse queste tappe non sono neppure fatte per certi corridori, la prossima settimana sarà loro più congeniale».

Carapaz di nuovo in rosa dopo la vittoria del 2019: oggi però la Ineos ha mostrato un po’ il fianco
Carapaz di nuovo in rosa dopo la vittoria del 2019: oggi però la Ineos ha mostrato un po’ il fianco

Carapaz e la rosa

E così, spodestato il giovane “Juanpe” Lopez, Richard Carapaz si è infilato nuovamente nella maglia rosa che aveva conquistato a Courmayeur nel 2019, nella stessa Val d’Aosta che domani abbraccerà nuovamente il Giro.

«Oggi è stato un giorno molto duro – dice – la Bora ha voluto correre in modo abbastanza aggressivo. Pensavamo che sarebbe stato tutto diverso, invece il gruppo si è spaccato. I mei compagni sono rimasti dietro, ma è andata bene. Quando mi sono reso conto che tanti erano al limite, ho provato ad approfittarne e ho attaccato. Siamo rimasti in quattro, per me è stato un movimento buono, perché tanti della generale hanno perso tempo significativo».

Giro complicato

A chi gli chiede se abbia sofferto per il caldo, Carapaz strabuzza gli occhi e passa avanti. In Ecuador umidità e calore non fanno difetto.

«Anche a casa mia c’è questo tipo di clima – sorride – non è un problema, sapevamo che avrebbe fatto molto caldo. La settimana che viene è abbastanza complicata. Si deciderà il Giro, c’è tanta montagna e già dopo il riposo ci sarà una tappa importante, come anche domani. Sarà duro. Domani sarà una corsa diversa. Ci sono più montagne e dovremo difenderci. So come si fa. La prima volta che indossai la maglia rosa ero più giovane. Ora ho esperienza e una squadra per provare a vincerla. Ci sono corridori forti che hanno perso tempo nella prima settimana, come Yates e pure Nibali. Credo che se tornano in ballo anche loro, il Giro sarà anche più complicato».

La Giant Tcr Advanced Sl di Yates: telaio mini, attacco maxi

15.05.2022
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Accattivante, compatta, leggerissima: è la Giant Tcr Advanced Sl di Simon Yates. Abbiamo ammirato da vicino la belva per il Giro d’Italia del capitano della Bike Exchange Jayco. Una bici che certe volte deve essere “piombata”, nonostante infatti abbia i freni a disco, viaggia sul filo dei 6,8 chili consentiti dall’Uci.

E non a caso non mancano accessori come il “dente di cane”, per non far cadere la catena o in alcuni casi dei portaboracce più robusti.

Tcr Advanced Sl

Passiamo ai raggi X la Giant dell’inglese. Partiamo dal telaio. Si tratta come detto del Tcr Advanced Sl, quello con il reggisella integrato. Simon, che è alto 172 centimetri potrebbe usare una taglia S, invece come molti suoi colleghi preferisce la taglia più piccola, quindi una Xs. Non a caso per rispettare le sue quote ha un attacco manubrio da 140 millimetri. Di solito certe misure si riscontrano sulle bici dei passistoni.

Xs significa che ha un tubo di sterzo da 120 millimetri e un orizzontale da 520. Con angolo di sterzo di 71° e angolo piantone di 74,5°.

La fibra in carbonio è quella migliore di Giant, vale a dire la Grade Composite: molto rigida, ma anche confortevole. Sul discorso della rigidità poi nel caso specifico, conta non poco la taglia piccola, che di fatto riduce la lunghezza dei tubi. Ma ci arriveremo.

Shimano ovunque

La Tcr di Yates è chiaramente tutta montata col top di gamma. Si tratta dello Shimano Dura Ace Di2. Simon usa pedivelle da 170 millimetri, con il misuratore di potenza e anche i pedali sono griffati Dura Ace. All’anteriore ha un debole per la corona piccola da 38 mentre la grande è un 53 e al posteriore opta praticamente sempre per un 11-34.

Ci dice Mattia Romano, uno dei meccanici della Bike Exchange-Jayco, che Yates non cambia quasi mai questi ingranaggi, anche nei percorsi più facili.

Altra scelta di Yates. L’inglese, non avendo problemi di peso sulla sua Tcr, ha chiesto, il doppio comando. Sul manubrio infatti ci sono anche i pulsantini per il cambio. E per uno scattista e finisseur come lui, è una soluzione alquanto condivisibile.

Per quanto riguarda la scelta dei freni, Romano conferma che Yates, come tutto il team, utilizza solo prodotti certificati Shimano: dalle pastiglie (che vengono sempre rodate da un’apposita macchina prima di essere montate) alla scelta dei diametri dei dischi: 160 millimetri all’anteriore e 140 al posteriore. Questa scelta è dettata anche dal fatto che i cambio ruote ormai hanno adottato questo standard.

Abbiamo poi saggiato di persona la corsa dei freni. E abbiamo notato che all’anteriore Yates vuole una corsa molto breve e al posteriore una più lunga. Questo per modulare bene la frenata che il più delle volte serve per accompagnare la curva e le svolte. E poi perché se fosse troppo tirata andrebbe al bloccaggio troppo facilmente e un bloccaggio frequente non è ideale per le gomme (e le forature).

Ruote e non solo

Ci sono poi alcuni particolari che non ci sono passati inosservati. Il primo, che particolare non è, sono le ruote. Si tratta delle nuove Cadex, cerchio full carbon con profilo alto da 42 millimetri (ma ci sono anche da 65) e canale interno da 21.

Questo consente alla gomma di “spalmarsi” bene sul cerchio stesso e il risultato è che il battistrada si “apre” senza fare la pancia sulla spalla. Ciò comporta una serie di vantaggi: innanzitutto si può sfruttare al meglio il battistrada. Si guadagna qualcosa in termini “altezza” della gomma così da evitare le “pizzicate” in caso di buche e poi si può utilizzare un copertone più piccolo. Yates per esempio ha optato per dei Vittoria Corsa da 25 millimetri, che montati su questo cerchio sembrano dei 28, tanto si allargano.

Simon Yates, predilige un telaio piccolo, ideale per uno scattista come lui
Simon Yates, predilige un telaio piccolo, ideale per uno scattista come lui

Altra peculiarità di queste ruote sono i raggi in carbonio. Sono piatti, aerodinamici e poco tirati. E’ il movimento della ruota che li “tira”: il risultato di questo particolare innesto dei raggi tra mozzo e cerchio fa sì che rilascino energia elastica, senza disperdere potenza (e aumentando il comfort). Da qui il discorso sulla rigidità complessiva della Tcr fatta all’inizio. Bici super rigida sì, ma anche guidabile.

E a proposito di ruote, Mattia Romano ci dice che è l’unica cosa sulla quale Yates dedica più di attenzione, chiedendo spesso a quanto siano gonfiate le sue gomme.

La sella è un prototipo di Giant, non ha ancora un nome e per il momento in casa BikeExchange Jayco la stanno utilizzando lui e Matthews.

Sobrero, uno scalatore (e cronoman) in più per Yates

12.05.2022
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Al netto della caduta di martedì, sin qui il Giro d’Italia di Simon Yates è più che positivo: ha già una vittoria nel sacco e tra i leader della classifica generale è il primo. Al suo fianco c’è una spalla preziosa, un cronoman ma forse qualcosa di più: Matteo Sobrero.

Il campione nazionale contro il tempo, da quest’anno è approdato alla BikeExchange-Jayco. Nel clan australiano ha trovato nuovi stimoli, un tecnico (Marco Pinotti) che lo ha accolto a braccia spalancate e nuovi obiettivi. 

Matteo Sobrero (classe 1997): mentre parlavamo ci mostrava la sua Giant da crono
Matteo Sobrero (classe 1997): mentre parlavamo ci mostrava la sua Giant da crono
Matteo come sei arrivato a questo Giro?

Bene. Penso di stare meglio rispetto all’anno scorso. Ho fatto il Giro di Romandia, dove ho sofferto parecchio, ma arrivavo da un periodo di altura. E tutto sommato sapevamo che sarebbe andata così. Più che altro era un po’ rischioso perché al Romandia c’è spesso brutto tempo, ma stavolta abbiamo trovato sempre il sole.

Ci sembri più magro dell’anno scorso: è così?

Sì è così. Ho lavorato parecchio sul peso quest’inverno e in altura. Sono un po’ più magro della partenza dell’anno scorso, ma sono ancora com’ero l’anno scorso a fine Giro!

Potrai aiutare Yates anche in salita così! Squadra nuova, un nuovo leader: come sono stati i primi approcci con Simon?

Devo dire che Simon è un ragazzo tranquillissimo, veramente vive nel suo mondo, nei suoi pensieri. E’ molto bello lavorare con lui perché essendo così tranquillo, appunto, trasmette serenità e ci si lavora bene. Non dà neanche l’idea di essere un capitano…

E’ esigente, fa qualche richiesta specifica in gruppo…

Essendo io nuovo in questa squadra e avendo fatto due avvicinamenti un po’ diversi, prima del Giro abbiamo avuto modo di correre insieme ad inizio stagione alla Ruta del Sol. Poi lui ha fatto la Parigi-Nizza e io la Tirreno. Però ci siamo allenati parecchio insieme nel ritiro di Andorra e anche a Sierra Nevada. E alla fine ho capito un po’ che tipo è. 

Yates corre spesso in fondo al gruppo. Sobrero dice che in BikeExchange ne sono consapevoli
Yates corre spesso in fondo al gruppo. Sobrero dice che in BikeExchange ne sono consapevoli
E che tipo è?

Uno molto alla buona. Ci si scherza bene.

In allenamento si fanno prove del tipo prendere una salita a tutta per preparare un’attacco? Visto che Simon è un vero attaccante…

Si fanno, si fanno… O almeno erano in programma. Ma poi per un motivo o per l’altro non le abbiamo fatte. Un giorno volevamo fare la simulazione di gara, ma non c’è stato tempo.

Da quel che hai visto in corsa è uno esigente, vuole degli uomini intorno? O preferisce fare da solo?

Assolutamente non è esigente. Diciamo, anzi che sta parecchio in fondo al gruppo, ama stare tranquillo. Se non vai a prenderlo, resta là in fondo! Però mi dicono che stia cambiando un po’, che abbia capito che è meglio correre avanti. Così mi dicono i compagni che sono qua da più tempo.

Matteo, qual è il tuo ruolo specifico?

Fare bene! Ho le due cronometro in cui dire la mia, la prima è andata con un quarto posto, vediamo la prossima. E poi nel resto, per quanto potrò, cercherò di aiutare Simon sulle salite o prima, nell’avvicinamento delle stesse. Ma questo dipenderà da tante cose, anche dalla mia condizione in quel momento.

A Budapest Sobrero ha terminato la crono al quarto posto. E così ha indossato la maglia bianca
A Budapest Sobrero ha terminato la crono al quarto posto. E così ha indossato la maglia bianca
Quindi non sei chiamato a tirare sin dall’inizio in pianura?

No, in teoria no. Insomma, spero di non fare più come la tappa dello Zoncolan dell’anno scorso: io e Felline in due a tirare praticamente per tutta la tappa, da quando è andata via la fuga fino alle prime rampe dello Zoncolan.

Hai parlato di crono, quelle del Giro sembrano abbastanza adatte a te. A Budapest sei andato forte e quella di Verona con le Torricelle…

Beh, io non sono proprio specialista puro, perché comunque il peso è quello che è (i suoi 63 chili sono pochi rispetto allo standard dei cronoman puri, ndr), però quando il percorso è mosso e un po’ tecnico, mi difendo bene…

Appunto, la salitella delle Torricelle fa venire l’acquolina in bocca…

Eh sì. E’ all’ultima tappa. L’anno scorso sono uscito bene dal Giro, magari anche quest’anno…

BikeExchange, primo e quarto: Pinotti al settimo cielo

07.05.2022
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Pinotti carica il camion e stasera si sente proprio leggero. «Un’emozione fortissima – dice – dopo più di un anno a mangiare la polvere!». Simon Yates ha vinto la crono di Budapest, Sobrero è arrivato quarto. Per l’allenatore del Team BikeExchange-Jayco che si occupa proprio delle prove contro il tempo, la serata ha un sapore pazzesco.

C’è poca voglia di rubargli tempo, andiamo subito al sodo. Anche perché c’è tanto lavoro da fare prima di cena.

Sobrero ha fatto registrare il miglior tempo parziale, chiudendo poi al 4° posto. Pinotti era certo della condizione in arrivo
Sobrero ha fatto registrare il miglior tempo parziale, chiudendo poi al 4° posto
Marco, era nell’aria?

Me lo sentivo, stavolta sì. Visti i risultati di ieri e i dati fatti sulla salita finale, ho detto che ne avremmo messi due nei dieci. Sobrero è uscito bene dal Romandia. Temevo Dumoulin, ma quando stamattina ho rivisto il percorso, ho pensato a Van der Poel.

Quando lo avevi visto la prima volta?

Mercoledì, da solo. Ho fatto anche un video e l’ho fatto vedere ai ragazzi. Stamattina poi l’ho fatta due volte con Yates. E poi ho seguito Craddock (il campione americano, 31° all’arrivo, ndr) facendo pure un video che ho fatto vedere a Simon.

Era uno Yates molto sereno quello che alla partenza del Giro scherzava con i giornalisti
Era uno Yates molto sereno quello che alla partenza del Giro scherzava con i giornalisti
Che tipo di crono è stata?

Tecnica. Bisognava guidare bene e rilanciare forte. Sono venuti fuori gli specialisti, ma anche quelli dotati di grande cambio di ritmo. Facevo bene a temere Van der Poel. Per fortuna la salita era lunga 2’25” e Yates è leggero e potente. Se fosse stata una salita da un minuto, Mathieu vinceva la crono.

Una rivelazione Yates così forte a crono?

Più che altro un bel riscatto. L’anno scorso, nonostante ci lavorasse tanto, non ne veniva fuori. Non sapete quante notti senza dormire ho passato pensando a cosa non andasse. Poi abbiamo cambiato bici e abbiamo tirato una riga. Siamo andati con lui e con Sobrero in galleria nel vento. Ricordate? Poco prima dell’incontro con Malori. Siamo partiti dalla biomeccanica più che dall’aerodinamica e abbiamo messo le basi per ripartire bene.

Ha funzionato subito?

Simon ha ricevuto il manubrio custom fatto da Sync, brand australiano partner di Giant, prima della Parigi-Nizza e si è trovato subito bene, soprattutto con la convinzione di aver trovato la giusta posizione. Sobrero invece l’ha ricevuto prima della seconda crono del Romandia. Se a tutto questo si aggiunge che adesso c’è finalmente anche la condizione, si capisce perché siamo andati così bene.

Dopo la vittoria, Yates ha ringraziato Giant…

Non è stato facile avere tutto il materiale con gli strascichi della pandemia, ma sono stati eccezionali. Se un dubbio c’era venendo qua era legato alla condizione di Sobrero.

Cosa intendi?

Siamo stati in altura e non aveva grandi sensazioni. Pensava di non andare. Mi chiedeva se si sarebbe sbloccato al Romandia e ho lavorato tanto per dargli fiducia, perché secondo me sarebbe andato meglio, come poi è stato. Forse con lui abbiamo spinto troppo…

Nel fare cosa?

Nel caricarlo di aspettative, con il discorso di provare a fare classifica. Non regge ancora, deve maturare e fare uno step ulteriore. Ma a crono è un talento naturale, mi fa pensare a Malori o a com’ero io. Ascolta i consigli, ma capisce da sé come affrontare i percorsi.

Le bici da crono vengono con voi in Sicilia?

No, tornano in Italia domani con… Pinotti. Le porto io. Solo quella di Yates resterà nel bus: potrebbe volerla per qualche allenamento. Che bella serata, ragazzi…

Giant Surge Pro: la scarpa preferita da Yates

15.04.2022
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Giant lancia la nuova Surge Pro, una scarpa ultra leggera e studiata per essere performante nel modo giusto, Dove tutta la spinta è concentrata sui pedali e sulla massimizzazione dello sforzo. Lo studio e lo sviluppo della scarpa Surge Pro mette insieme le caratteristiche delle prestazioni cycling-specific che ne aumentano l’efficienza complessiva.

Descrizione tecnica

La tomaia è in materiale PU, ovvero poliuretanico, con densità alta e rinforzata. Le cuciture saldate offrono un supporto incredibile e una resistenza al vento che le rende estremamente confortevoli. Nella parte superiore sono presenti delle micro perforazioni che permettono il passaggio dell’aria bilanciando il microclima interno del piede.

La chiusura è la BOA Powerzone con sistema di microregolazione “on-the-fly” da poter utilizzare in qualsiasi situazione di gara. Grazie alla tecnologia ExoBeam il plantare è di carbonio e più rigido, il che favorisce il trasferimento di potenza sui pedali. Questa tecnologia permette di avere una pedalata più rotonda riducendo l’affaticamento del ginocchio e della caviglia. 

Al fianco dei pro’

La scarpa Surge Pro è ai piedi dei professionisti del team Bike Exchange-Jayco. E’ stato proprio Simon Yates che l’ha portata al successo sulle strade della Parigi-Nizza di quest’anno in occasione dell’ultima tappa. Il corridore britannico è particolarmente affezionato a questa scarpa così leggera e performante, dove i grammi risparmiati possono fare la differenza, soprattutto in salita.

Tutti i corridori del team stanno testando e correndo con le Surge Pro a partire da gennaio. Come abbiamo visto in diverse occasioni lo sviluppo di un prodotto da parte dei professionisti è ottimale per il perfezionamento dello stesso.

Le scarpe Surge Pro sono disponibili nei numeri dal 39 al 48, con nuovi colori disponibili sul sito.

Giant

Roglic scaccia la maledizione francese: Nizza è sua

13.03.2022
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Primoz Roglic ha vinto la Parigi-Nizza, lavando la ferita dello scorso anno, quando soffiò la tappa a Gino Mader e l’indomani il gruppo non si fermò ad aspettarlo dopo la caduta, malgrado fosse il leader della corsa.

Deve tutto o quasi a Van Aert che è stato di parola e si è messo al suo servizio quando Simon Yates lo ha attaccato sul Col d’Eze, cercando di recuperare i 47 secondi di ritardo. Giornata di pioggia, salita fredda e discesa infida. Senza il belga, probabilmente Roglic avrebbe perso la corsa, piombando nuovamente nel finale dello scorso anno. Quando i due hanno iniziato il loro inseguimento a Yates, il contachilometri del fuggitivo segnava 43 chilometri orari, quello degli inseguitori indicava 57. In qualche modo la tappa di oggi segna un momento di svolta nella carriera di Primoz, che al traguardo ha ricevuto un pugno benevolo al centro del petto da parte del compagno, ha bevuto una Coca e poi si è diretto al podio.

Sul traguardo di Nizza, vittoria di Simon Yates, che ha fatto tremare Roglic
Sul traguardo di Nizza, vittoria di Simon Yates, che ha fatto tremare Roglic

Il colpo del Turini

Primoz Roglic ha vinto la Parigi-Nizza e Maximilian Schachman, che nel 2021 gli sfilò la maglia e con un certo imbarazzo si mise in tasca la seconda edizione della corsa in due anni, è andato a casa con l’influenza assieme a una gran parte del gruppo: la Parigi-Nizza l’hanno finita in 59. E soprattutto non ha potuto applaudire il rivale sloveno che ieri, dopo la vittoria nella neve del Col du Turini, ha dato spettacolo sul podio.

Primoz infatti questa volta aveva con sé il figlio Lev di tre anni. I due hanno eseguito contemporaneamente la mossa del telemark, tipica dell’atterraggio nel salto con gli sci che Roglic ha praticato fino al terribile incidente per il quale salì su una bicicletta.

«Fra tutti i podi che ho fatto – ha sorriso lo sloveno – questo è stato sicuramente il momento migliore in assoluto. Intendiamoci, voglio esercitarmi molto a farlo con Lev quest’anno».

Condizione che cresce

Mentre Pogacar stravinceva sul Carpegna, il successo del connazionale in Francia, pur nella neve, è stato più faticoso. Roglic infatti ha trovato sulla sua strada un Martinez e un Simon Yates straordinariamente motivati. In ogni caso, per stare alla larga dal pasticcio dello scorso anno a La Colmiane, Primoz è andato a riprendere tutti e poi ha attaccato.

«E’ sempre bello – ha dichiarato poi – vedere le buone sensazioni tradotte in vittoria. Anche se sapevo di essermi allenato duramente dopo il ritiro, vincere è stato la conferma che ogni corridore spera di trovare. Non sono cose che puoi comprare al mercato, è stato difficile arrivare alla condizione con questa partenza più soft. E nella tappa di oggi (ieri per chi legge, ndr) è stato difficile rimanere davanti e controllare la corsa per quasi 100 chilometri, in modo che non ci fosse spazio per giochi tattici».

Sabato ha dovuto vedersela con Martinez, più brillante degli attaccanti
Sabato ha dovuto vedersela con Martinez, più brillante degli attaccanti

Maledizione addio

Rispetto a dodici mesi fa, Roglic è leggermente meno in forma, come ci ha raccontato il suo allenatore. Quando stamattina si è presentato al via dell’ultima tappa, che si è conclusa a Nizza dopo la scalata del Col d’Eze, lo sloveno aveva 47 secondi di vantaggio su Simon Yates e un minuto su Daniel Martinez. Nonostante la relativa tranquillità della sua posizione, ma ricordando il pessimo finale di corsa del 2021 e la caduta del Tour, prima di partire Roglic ha fatto ricorso all’ironia.

«Vorrà dire che non penserò di correre sulle strade francesi – ha detto – fingerò di essere in Francia».

Van Aert ha capito che Roglic non fosse al massimo e ha tirato sul Col d’Eze in modo decisivo
Van Aert ha capito che Roglic non fosse al massimo e ha tirato sul Col d’Eze in modo decisivo

Con l’aiuto di Wout

L’operazione ha funzionato, con quel po’ di strizza che ti viene quando l’attaccante sparisce dallo sguardo, mentre la tappa di oggi ha dimostrato il ritorno di Yates ai livelli che più gli competono. Dani Martinez ha invece accusato un cedimento ed è arrivato al traguardo con Quintana e Guillaume Martin con 1’44” dal vincitore.

Ai piedi del podio, Roglic ha incontrato nuovamente sua moglie Lora e ha preso in braccio nuovamente Lev, pronto a replicare il loro gesto di vittoria.

«Ieri ero contento per aver vinto la tappa – ha detto lo sloveno – oggi per aver vinto la prima corsa a tappe in Francia. Devo un grande ringraziamento alla squadra e soprattutto a Wout Van Aert che ha dimostrato di poter davvero fare tutto. Yates è partito forte, io stavo bene, ma ho sofferto e combattuto per limitare il ritardo. Wout è stato super forte, è davvero grande. E io sono davvero contento».

Simon Yates e un’ossessione chiamata Giro d’Italia

19.02.2022
5 min
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Per Simon Yates passano gli anni, ma non cambia l’obiettivo. Nel 2022 lo scalatore britannico punterà ancora al Giro d’Italia. Quello tra Simon e la Corsa Rosa è un conto aperto che va avanti ormai da 4 anni, quello che sta per iniziare è il quinto alla ricerca della vittoria. Quando a metà della scorsa stagione, dopo il terzo posto conquistato alle spalle di Bernal e Caruso, avevamo chiesto a Vittorio Algeri se quella di Yates non fosse diventata un’ossessione la risposta fu un timido: «Potrebbe essere». 

Da un anno e mezzo, il corridore della Bike Exchange Jayco, è seguito anche da Marco Pinotti che vuole aiutarlo a conquistare il suo personale santo Graal, a forma di trofeo senza fine. Come un saltatore in alto Yates cambia la rincorsa ma non l’altezza dell’asticella…

Il Giro d’Italia 2018 sembrava poter incoronare il britannico, ma alla fine la spuntò Froome
Il Giro d’Italia 2018 sembrava poter incoronare il britannico, ma alla fine la spuntò Froome
L’obiettivo del 2022 rimane il Giro?

Sì, cambia però l’avvicinamento. I giorni di corsa rispetto al 2021 non variano, è differente però la distribuzione. Il grande obiettivo dei primi mesi di gare è la Parigi-Nizza, corsa che non è mai riuscito a vincere (arrivò alle spalle di Soler nel 2018 per soli 4 secondi, ndr). 

L’anno scorso fece Tirreno-Adriatico, Catalunya e Tour of the Alps…

Sì, infatti al Tour of the Alps era troppo avanti di condizione e al Giro d’Italia non ha mai avuto un picco di forma, è stato costante. Questo lo si intuisce anche dai risultati, fece bene dopo l’ultimo giorno di riposo a Sega di Ala, sintomo che avesse bisogno di riposo per assimilare gli sforzi fatti. Analizzando i dati e le sue sensazioni abbiamo capito che forse gli mancasse anche un po’ di base per il recupero, quindi si è deciso di cambiare approccio.

Nel 2021 il principale obiettivo dei primi mesi fu il Tour of the Alps, poi vinto
Nel 2021 il principale obiettivo dei primi mesi fu il Tour of the Alps, poi vinto
Ora Simon è impegnato alla Ruta Ciclista del Sol, il suo debutto per il 2022, poi cosa farà?

Questa prima corsa serve per assimilare i lavori fatti in preparazione invernale. All’arrivo della seconda tappa si è visto come negli ultimi 200 metri abbia mollato, vuol dire che è ancora un po’ appesantito dal carico di lavoro fatto in altura fino a pochi giorni fa. I prossimi impegni saranno Parigi-Nizza e Volta a Catalunya, poi un periodo di altura ed infine una corsa proprio a ridosso del Giro.

La Corsa Rosa non rischia di essere un’ossessione? Soprattutto dopo così tanti anni di tentativi? Anche Simon soffre il freddo e il Giro non è mai clemente con il tempo.

Sono tutte considerazioni giuste, però, alla fine è una corsa che non ha vinto, come la Parigi-Nizza. Simon è un campione e come tale vuole tentare dove non è riuscito. 

Cambiare obiettivo?

Alla fine la Vuelta, che è una corsa non adattissima alle sue condizioni, l’ha vinta. Cambiare obiettivo vorrebbe dire andare al Tour de France (pausa di silenzio, ndr). Non dico che non sia alla sua portata, ma corridori come Pogacar e Roglic sono difficili da battere. Soprattutto se si considerano le lunghe cronometro che ci sono. Per come è disegnato il Giro, direi che è più alla sua portata.

La seconda tappa a Budapest è una cronometro, avete lavorato anche in questo campo?

Si è lavorato molto anche in galleria del vento perché abbiamo visto che in questi anni si è allontanato dai suoi diretti rivali. Stiamo lavorando molto con lui, alla fine il Giro d’Italia di quest’anno anche per parterre è davvero più abbordabile…

L’anno scorso è arrivato al Giro con la condizione non al meglio, dopo aver raggiunto il picco al Tour of the Alps
L’anno scorso è arrivato al Giro con la condizione non al meglio, dopo aver raggiunto il picco al Tour of the Alps
Simon quest’anno farà 30 anni, quali sono i parametri e i campi su cui lavorare per migliorare, se ancora possibile?

Più si va avanti con l’età più aumenta la resistenza, a discapito della forza nel breve periodo. Lui a differenza del fratello (Adam, dal 2021 alla Ineos, ndr) non è uno che può far bene nelle corse di un giorno. Nelle corse a tappe di una settimana ha dimostrato di essere stra competitivo. Potrebbe concentrarsi su quelle e fare il cacciatore di tappe ai grandi Giri. 

Quante stagioni potrà ancora lottare per la classifica generale?

Penso che per un paio d’anni, minimo, potrà ancora lottare per le corse a tappe. Alla fine con il passare dell’età migliori sotto alcuni aspetti, vedi Caruso che l’anno scorso ha fatto la sua miglior stagione a 34 anni…

Il Team BikeExchange vestirà italiano… con Alé

09.11.2021
3 min
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Alé non arresta la propria marcia nel mondo del ciclismo professionistico WorldTour. Anzi, rilancia e rafforza la presenza del brand andando a fornire tecnicamente, per la prossima stagione 2022, il Team BikeExchange. L’accordo, valido per le stagioni agonistiche 2022 e 2023, permetterà al marchio d’abbigliamento italiano di “vestire” la formazione australiana diretta da Brent Copeland. Una compagine che proprio quest’anno ha festeggiato i primi 10 anni di attività nel ciclismo mondiale.

GreenEDGE Cycling, la società che coordina l’operatività e l’attività del Team BikeExchange, non ha certo bisogno di molte presentazioni, rappresentando una squadra che ha al proprio attivo oltre 430 vittorie e in organico atleti del calibro di Michael Matthews e Simon Yates, nel team maschile, Amanda Spratt in quello femminile.

Alé collaborerà con il Team BikeExchange per le prossime due stagioni, la data di inizio sarà il primo gennaio
Alé collaborerà con il Team BikeExchange per le prossime due stagioni, la data di inizio sarà il primo gennaio

Per la squadra di proprietà di Gerry Ryan e guidata da Brent Copeland, Alé metterà a disposizione la propria esperienza nel settore del tessile e la validità del personale laboratorio di Ricerca & Sviluppo che negli anni ha assistito i capi di alcuni tra i più grandi campioni del pedale. Tutti i capi sono realizzati sfruttando le linee Alé PR.R e PR.S. Dove tessuti fit e tagli sono stati specificamente studiati per supportare i professionisti nel raggiungimento della massima performance.

Visibilità e performance

«Con estremo piacere – ha commentato Alessia Piccolo, Amministratore Delegato di APG, l’azienda a cui Alé fa capo – annunciamo questa importantissima partnership con il Team BikeExchange. Vestiremo la squadra con il nostro design inconfondibile, mettendo a loro disposizione il meglio dell’ingegneria tessile nel campo dell’abbigliamento ciclistico. Il nostro Ufficio Stile è già al lavoro anche per la parte grafica, che sarà come sempre d’impatto. In attesa di scoprire la maglia e la nuova formazione 2022, auguro a tutta la squadra un’ottimale preparazione invernale in vista della prossima stagione. Non vedo davvero l’ora d’iniziare a collaborare e vincere assieme».

Fra le partnership di Alé nel ciclismo che conta, c’è anche quella con la Uec per i campionati europei
Fra le partnership di Alé nel ciclismo che conta, c’è anche quella con la Uec per i campionati europei

«Pensiamo al 2022 con grande entusiasmo – ha commentato Brent Copeland, il General Manager del team BikeEchange – e questa nuova partnership ci fa già partire molto bene. Alé rappresenta un brand che sta investendo molto nel nostro sport, sia a livello marketing quanto nella continua ricerca e sviluppo di prodotti di altissima qualità. Questi due aspetti sono molto importanti perché ci possono ben supportare nella nostra crescita: come visibilità a livello internazionale e per la performance dei nostri atleti. Siamo solo all’inizio, ma ci aspettiamo di continuare a crescere insieme per molto, molto tempo ancora».

Alé

Da Burgos all’europeo, la via di Simon Yates per tornare grande

04.08.2021
5 min
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Il 2018 sembrava essere l’anno della consacrazione per Simon Yates. Il britannico nelle prime due settimane del Giro d’Italia impressionò tutti con la sua condizione che sembrava lanciarlo verso la conquista della maglia rosa. Poi la famosa tappa del Colle delle Finestre fece cadere nel baratro il corridore dell’allora Mitchelton-Scott. I primi scricchiolii arrivarono già il giorno precedente con arrivo a Prato Nevoso dove perse 30 secondi da Froome, vincitore di quel Giro.

Quell’anno però conquistò la Vuelta e sembrava essersi ripreso definitivamente, tuttavia negli anni successivi non è più riuscito a riconfermarsi. Anche in questo 2021, dopo il Tour of the Alps i segnali erano incoraggianti, ma poi al Giro non è andata come ci aspettavamo. Ci facciamo raccontare gli ultimi anni di Simon da quello che è stato il suo diesse, Vittorio Algeri, le fragilità di quello che è un talento mai completamente esploso.

Buongiorno Vittorio, vorremmo capire cosa può lasciare nella testa di un corridore quel che è successo nel 2018 al Giro.

Partiamo dal presupposto che la condizione era strepitosa, Simon aveva una gamba impressionante. Stava vivendo una situazione stimolante e si è fatto prendere dall’emozione, arrivando a spremersi troppo nelle prime due settimane. Il contraccolpo psicologico è stato forte, per lui il Giro è diventata poi un’ossessione ed ha voluto riprovarci negli anni successivi.

Lo stesso anno si ripresentò alla Vuelta, vincendola in maniera netta. Nel 2019 non diede seguito ai risultati ottenuti, come mai?

La Vuelta del 2018 fu la sua rivincita, fece capire di non essere un fuoco di paglia. Il problema fu che arrivò stanco a fine stagione ed ebbe poco tempo per recuperare. A gennaio iniziò subito la preparazione per il Giro e arrivò prima della Corsa Rosa già scarico. Lì sbagliò la squadra, dovevamo ragionare di più, prendere tempo e preparare il Giro in maniera diversa.

Sul podio del Giro 2021: puntava a vincere, ha avuto grandi giorni come ad Alpe di Mera e crolli inattesi
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Invece nel 2020?

L’anno scorso prese il Covid, probabilmente sull’aereo che lo ha portato a Palermo. Alla seconda tappa già avevamo segnali di malessere ed infatti all’ottava risultò positivo al tampone. Il Covid interruppe la sua stagione, che di conseguenza finì lì. 

Quest’anno al Tour of the Alps ha dato segnali incoraggianti, anche se poi non è riuscito ad esprimersi a quei livelli al Giro

In questo Giro d’Italia ha sofferto tanto il freddo, eravamo partiti con l’idea di nasconderci nelle prime settimane ed uscire nei momenti cruciali. Una delle tappe evidenziate sul calendario era quella di Cortina, dove però il meteo ha penalizzato tanto Simon, che soffre troppo il freddo. Anche a Sega di Ala e Alpe Motta speravamo in prestazioni più convincenti, credevamo di riuscire a recuperare più margine.

Simon Yates ed Egan Bernal sullo Zoncolan: il britannico per un giorno fa tremare la maglia rosa
Simon Yates ed Egan Bernal sullo Zoncolan: il britannico per un giorno fa tremare la maglia rosa
Con un clima migliore, Simon avrebbe preso più condizione, migliorando giorno dopo giorno?

Sì, non è matematico ma l’obiettivo era quello, arrivare al top nella settimana decisiva.

Ma visto che soffre così tanto il freddo non sarebbe meglio puntare su corse calde come Tour o Vuelta? Non è che questa ossessione del Giro lo abbia penalizzato troppo?

E’ una considerazione giusta, non gli ha fatto bene quell’esperienza (Giro 2018, ndr) e avrebbe voluto mettersela alle spalle con un trionfo. Forse invece di insistere così, sarebbe stato meglio cambiare corsa, così da prendere più sicurezza dei propri mezzi

Al Giro del 2018 iniziò a calare nella terza settimana, sul Finestre il blackout
Al Giro del 2018 iniziò a calare nella terza settimana, sul Finestre il blackout
Da quel che ci racconta sembra che il momento cruciale per Simon sia stato il Giro 2019, quando c’era uno spazio per inserirsi tra i campioni degli anni precedenti e quelli di ora.

Sì, senza dubbio, non era minimamente pensabile che il livello si alzasse in così poco tempo. Tuttavia, quell’anno per Simon sarebbe dovuto essere quello dell’incoronazione, ma così non è stato.

La divisione da Adam gli ha fatto bene oppure no?

Simon e Adam sono molto diversi, ma si stimolavano molto in allenamento ed in gara, avevano uno spirito competitivo che li portava a migliorarsi a vicenda. Senza il fratello Simon si è sicuramente trovato più peso sulle spalle, dovuto anche al fatto che alcuni corridori, come Hamilton e Chaves, non hanno reso come ci si aspettava. 

Adam e Simon alla Vuelta del 2018 corsa insieme. Da quest’anno Adam è alla Ineos Grenadiers
Adam e Simon alla Vuelta del 2018 corsa insieme. Da quest’anno Adam è alla Ineos Grenadiers
Per concludere, quali saranno i prossimi appuntamenti per Simon, ha delle corse nel mirino?

Ora è a Burgos (nella prima tappa, corsa ieri, Yates è arrivato 19° con un ritardo di 13” dal vincitore di giornata Planckaert), si sta preparando per il mondiale e per il campionato europeo. Al momento è difficile dire quali saranno gli altri obiettivi, la Vuelta è fuori discussione, dato che ha fatto Giro e Tour.