Grosu, l’uomo che finora era mancato alla Drone Hopper

12.07.2022
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Zarnesti è una cittadina della Romania. Poco più di 25.000 anime che vivono nel mito del Conte Dracula. E tra queste anime c’è Eduard-Michael Grosu, che non è un vampiro, ma un ciclista. E anche di quelli tosti.

Grosu veste i colori della Drone Hopper-Androni. La sua storia con il ciclismo è legata a doppio filo con l’Italia. Il suo fisico possente, unito con la nostra mentalità ne fanno un corridore scaltro, uno di quelli che sa il mestiere. Il guaio è che per una serie di acciacchi non ha potuto correre il Giro e la squadra ne ha sentito davvero la mancanza.

Eduard Grosu (classe 1992) con suo padre Viorel, anche lui corridore
Eduard Grosu (classe 1992) con suo padre Viorel, anche lui corridore

Figlio d’arte

«Vero – racconta Grosu fresco del suo Sibiu Tour – abito a tre chilometri dal castello di Dracula. Di solito sono in Romania, vengo in Italia quando ci sono le corse.

«Ho iniziato con il ciclismo perché mio papà Viorel è stato a sua volta un ciclista. E’ stato sei volte campione di Romania, ma essendoci il comunismo non poteva uscire dalla patria Lui ha messo su una squadra di ciclismo ed è lì che ho iniziato. 

«Da bambino facevo tanti sport. Anche box, sci… però alla fine ero sempre in bici».

«Sono arrivato in Italia la prima volta nel 2011 per la stagione del cross. Io cercavo squadra già da un po’. Ero stato in Svizzera, al centro Uci, da juniores ma poi ero dovuto tornare a casa. Si sapeva che cercavo squadra. Arrivai al Team Cerone, in Piemonte. Ero al primo anno da under 23.

«Su strada invece arrivai a metà dell’anno successivo. Arrivai alla Overall, grazie alle buone parole del diesse del Team Cerone».

Nel 2020 Grosu ha vinto la generale del Sibiu Tour, la più importante corsa in Romania dall’appeal sempre più internazionale
Nel 2020 Grosu ha vinto la generale del Sibiu Tour, la più importante corsa in Romania dall’appeal sempre più internazionale

Abilità di guida

Grosu mette subito in mostra le sue doti di abile pilota, buon velocista e una super grinta. Doti che già anni fa il suo primo tecnico tra i pro’ alla Nippo-Vini Fantini, Stefano Giuliani esaltò: «Ce ne sono pochi che guidano bene come Grosu».

«Forse perché in bici ho fatto un po’ di tutto da bambino – spiega Grosu – in Romania essendoci poche gare si faceva di tutto: ciclocross, mtb, pista, strada, i criterium E poi essendo un velocista mi piace l’adrenalina, devo essere abile. Se trovo spazio, in discesa metto sempre me stesso e gli altri alla prova».

 

«E credo che per questo motivo sappia leggere bene la corsa. Il ciclismo è cambiato, ma io mi sono sempre adattato».

Eccolo agli europei 2020 a Plovdiv dove è stato 9° nell’eliminazione (foto Instagram)
Eccolo agli europei 2020 a Plovdiv dove è stato 9° nell’eliminazione (foto Instagram)

Grinta Grosu

Un corridore così non poteva passare inosservato a Gianni Savio. Valori perfetti per una squadra che ha nella grinta e nell’attacco il suo Dna.

«Sono arrivato alla Drone Hopper-Androni quest’anno. La Delko chiudeva per mancanza di soldi e i miei procuratori, i Carera, mi dissero di questa offerta. Pensate che facemmo tutto in un giorno. Ero alle Olimpiadi di Tokyo e firmai il contratto online».

«Sono in una squadra nuova e ho messo la mia esperienza al servizio dei più giovani. E questo mi piace. Mi piace correre davanti, sapere sempre cosa succede e così poter guidare i ragazzi. Magari loro vedendomi possono imparare. Ed è per questo che sono stato preso: per loro e anche per fare qualche risultato ovviamente».

Eduard è molto veloce e sa destreggiarsi bene in gruppo
Eduard è molto veloce e sa destreggiarsi bene in gruppo

Chioccia e apripista

Ma uno dei ruoli fondamentali di Grosu era ed è quello di aiutare i velocisti. Lui stesso è molto veloce e con le sue caratteristiche può essere un ottimo apripista.

«Abbiamo – dice Grosu – corridori veloci come Marchiori. E anche Benedetti. il problema è che dall’inizio dell’anno, per un motivo o per un altro, ci siamo visti poco. Alla fine ho passato molto più tempo con “Natalino” (Natnael Tesfatsion, ndr), con Andrii Ponomar, con Santiago Umba e ultimamente anche con Andrea Piccolo. Con loro abbiamo fatto dei ritiri per conto nostro. Con Natalino e Andrii davvero ci ho passato un sacco di tempo.

«Con Piccolo ero in camera al Sibiu Tour e abbiamo parlato molto. Un ragazzo davvero forte».

«Per quanto riguarda Marchiori, spero che da adesso in poi potremo vederci di più. E spero di cogliere qualche risultato. Verrò in Italia per le corse di fine stagione. Sono affascinato dalla Bernocchi con il Piccolo Stelvio. Andai forte l’anno che vinse Nibali. E mi piace anche la Milano-Torino».

Aleotti, raccontaci del Sibiu Tour e della Romania

10.07.2022
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Mentre sulle strade del Tour de France, tra un colpo di fioretto ed uno di spada, si chiudeva una prima settimana infuocata, il mondo del ciclismo non si è fermato. A 2.000 chilometri da Parigi, in Romania, nella regione di Sibiu è andata in scena l’omonima corsa a tappe: il Sibiu Tour. Vinto, per il secondo anno di fila da Giovanni Aleotti (foto di apertura di Tiberiu Hila). 

Per il corridore della Bora-Hansgrohe si trattava del ritorno alle corse dopo i campionati italiani, mentre subito prima aveva partecipato al Giro d’Italia vinto dal suo capitano Jai Hindley. Da Giovanni ci facciamo raccontare qualcosa di questa corsa, di cui tutti parlano bene, ma che conosciamo poco…

Giovanni Aleotti in azione nel prologo di apertura del Sibiu Tour (foto Max Schuz)
Giovanni Aleotti in azione nel prologo di apertura del Sibiu Tour (foto Max Schuz)

Storia breve ma intensa

Il Sibiu Cycling Tour esiste da 12 anni e nonostante la sua giovane età vanta un palmares invidiabile. Sul gradino più alto del podio della città di Sibiu, nella regione della Transilvania, sono saliti ben 5 volte dei corridori italiani (Marchetti, Rebellin, Finetto e due volte Aleotti). Inframezzati dalla doppietta colombiana con Bernal nel 2017 e Sosa nel 2018.

«E’ una corsa in crescita, davvero molto in crescita – racconta Aleotti – basta vedere anche la posizione che occupa nel calendario. E’ nello stesso periodo del Tour de France, ma essendo l’unica alternativa, per forza di cose le squadre WorldTour mandano qui i propri corridori, per non farli rimanere fermi. Il Sibiu Tour è una corsa organizzata molto bene, lo era anche quando ho vinto lo scorso anno, anche se devo riconoscere che il livello era un pochino più basso».

Si sale e non poco

Il Sibiu Tour è una corsa a tappe breve, sono 3 giorni di corsa con 4 tappe, l’ultimo giorno si affrontano due frazioni: una cronoscalata ed una tappa breve. Nel guardare il profilo delle tappe si nota che in questa regione le salite, non mancano, anzi…

«Rispetto al 2021 – riprende a raccontare Giovanni pescando nella memoria – le strade erano più o meno quelle, la salita finale della seconda tappa (Balea Lac, ndr) l’avevamo fatta anche lo scorso anno. E’ la loro salita di riferimento, come se fossero le nostre Dolomiti, anche se ben diversa. Innanzitutto si parte da molto più in basso, e di conseguenza è una salita lunga, ben 23 chilometri e si arriva a quota 2000 metri. La pendenza è molto regolare, adatta alle mie caratteristiche, infatti l’anno scorso ero arrivato secondo, mentre quest’anno ho vinto.

«Nella prima parte si passa in un bosco molto fitto con la strada che fa poche curve. Nella seconda la vegetazione si dirada e iniziano i tornanti, più o meno a 6 chilometri dalla vetta. Lì la pendenza un po’ rinforza. Ammetto che mi ricordavo questa cosa e l’ho usata a mio favore per sferrare l’attacco giusto (conclude con una risata maliziosa il giovane corridore emiliano, ndr). La strada è particolare, sempre larga e molto bella».

Il pubblico ha accolto calorosamente i corridori nonostante si sia corso in settimana (foto Max Schuz)
Il pubblico ha accolto calorosamente i corridori nonostante si sia corso in settimana (foto Max Schuz)

Un bel pubblico

La risposta del pubblico è sempre un sintomo di quanto una corsa sia sentita, basti vedere la cornice che ha accompagnato la Grande Boucle nei giorni in Danimarca e non solo.

«Devo ammettere che la corsa era davvero seguita – dice Giovanni – il pubblico sulle strade era numeroso, nonostante corressimo in settimana. Poi, quando tornavamo negli hotel il personale aveva seguito la gara in televisione e ci faceva i complimenti e capitava di scambiarci qualche battuta. Anche dal punto di vista degli alloggi l’organizzazione ha fatto un lavoro eccellente. Alla Bora, ma come anche altre squadre, nelle gare importanti abbiamo sempre dietro il camion cucina, questa volta non lo avevamo. Però l’organizzazione ha fatto trovare a tutti gli hotel una lista degli alimenti da comprare. Così avevamo tutto il necessario: pasta, riso, pollo, pesce, verdure».

Sibiu è stata fondata nel 1190 da coloni di origine tedesca, per questo la sua architettura ricorda quella tedesca (foto Tiberiu Hila)
Sibiu è stata fondata nel 1190 da coloni di origine tedesca, per questo la sua architettura ricorda quella tedesca (foto Tiberiu Hila)

Un felice ritorno

Dopo un anno Aleotti è tornato dove ha ottenuto la sua prima vittoria da professionista. Ritornare su quelle strade ha significato fare un passo indietro nella memoria con lo sguardo però rivolto in avanti.

«Devo ammettere – racconta infine – che quando mi hanno detto che sarei tornato al Sibiu Tour mi ha fatto piacere. Ero contento perché sono legato a questo luogo, dove ho il ricordo della mia prima vittoria tra i professionisti. Ma anche la città di Sibiu mi è rimasta impressa nella memoria. Il centro della città è bellissimo, ricorda in parte l’architettura tedesca, in più le zone intorno, dove si svolge la corsa, sono bellissime, sono ricche di montagne, di salite e di grandi distese verdi».

Fiorelli al Sibiu Tour riparte dalle dritte di Visconti

03.07.2022
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Il Sibiu Tour, la corsa che lo scorso anno vide il duello fra Aru e Aleotti (l’emiliano è in gara per difendere il successo del 2021), poi sarà tempo di staccare la spina e riflettere. Filippo Fiorelli in Romania c’è andato anche per provare a sbloccare la stagione, che finora l’ha visto tante volte fra i primi dieci e solo raramente, come una maledizione, a giocarsi la corsa. L’azione ai campionati italiani in compagnia di Baroncini ha acceso però una luce diversa e dato un senso alle parole di Giovanni Visconti, che proprio alla vigilia del tricolore gli aveva suggerito di sganciarsi dalla mentalità del velocista e osare di più.

«Giovanni me lo ha sempre detto – conferma Fiorelli dall’hotel di Sibiu, città della Transilvania – di cambiare modo di correre. Con i velocisti non riesco a spuntarla, quindi l’idea di anticiparli c’è. Come all’italiano. Sapevo che quelli davanti ormai non si prendevano e ho colto l’occasione per mettermi in luce. Lanciare magari un segnale al cittì della nazionale e vedere cosa sarebbe venuto fuori».

Ecco, appunto, i velocisti: tu non lo sei mai stato…

E neanche mi reputo tale. Solo che in squadra non lo abbiamo, i direttori sportivi sanno che sono veloce, che guido bene la bici e che mi butto, così finisco spesso a fare le volate. Da dilettante non ho mai fatto quelle di gruppo. I miei risultati li ho sempre fatti diversamente.

Andare in fuga, quelle che Visconti ha chiamato le «fughe stanche»…

Ci provo, non sto sempre ad aspettare. La fregatura è che, sapendo di essere veloce, la tentazione di restare in gruppo effettivamente c’è e non mi muovo. Ai campionati italiani ha attaccatoo Zana e ha preso la fuga giusta. Se fossero entrati altri corridori, sarei dovuto andare anche io.

Al Giro di Slovenia ha provato a entrare in qualche fuga: è la via giusta per tornare a vincere
Al Giro di Slovenia ha provato a entrare in qualche fuga: è la via giusta per tornare a vincere
Non vincere rende nervosi?

L’anno scorso ho vinto subito (il Trofeo Porec, il 7 marzo, ndr), ma nel frattempo sono un anno più grande e non ho più alzato le braccia, quando magari mi sarei aspettato di farlo. A discolpa, c’è che la prima parte di stagione è stata sfortunata, fra Covid e altri problemi di salute. Quando ho recuperato, ho fatto parecchi piazzamenti, come quello di Bagheria al Giro di Sicilia. Sarebbe stata la giornata perfetta, è venuto un terzo posto.

Al Sibiu Tour ci saranno occasioni?

Ieri c’è stato il prologo di 2,3 chilometri. Oggi una tappa con salita in partenza: se si riesce a non perdere troppo, potrebbe arrivare una volata ristretta. Domani arrivo in salita. Martedì due semitappe. Cronoscalata al mattino e tappa corta il pomeriggio che potrebbe finire in volata. Quindi se va bene, ci sono oggi e martedì.

Fiorelli ha 27 anni ed è professionista dal 2020
Fiorelli ha 27 anni ed è professionista dal 2020
E poi?

E poi stacco, ho già 56 giorni di corsa che non sono pochi. Un po’ perché è tempo di recuperare per impostare il resto della stagione e un po’ perché non ci sono altre corse e la squadra si ferma.

Che cosa significherà preparare il resto della stagione?

Andrò in Sicilia per qualche giorno di vacanza, poi in altura per riprendere la preparazione, non so ancora dove. Nella seconda parte ci sono corse in cui ho sempre fatto bene, su tutte il Tour du Limousin.

Verso l’Etna, assieme a Conci. Come il trentino, Fiorelli è allenato da Alberati (foto Instagram)
Verso l’Etna, assieme a Conci. Come il trentino, Fiorelli è allenato da Alberati (foto Instagram)
Hai parlato di Bennati…

Ci sono corse come gli europei che si addicono a corridori veloci come me (la gara dei pro’ si svolgerà a Monaco il 21 agosto su percorso pianeggiante, ndr). Dalle sue dichiarazioni, posso pensare che abbia notato la mia azione ai campionati italiani e ammetto che l’idea di vestire per una volta la maglia azzurra mi stuzzica parecchio. Daniele sa che mi farei trovare pronto, ma certo sta a me far vedere di essere all’altezza. Per questo ascolterò Visconti e le vacanze dureranno il tempo giusto. C’è tanto lavoro da fare.

Dietro la curva spunta Aleotti. Giovanni firma la “prima”

13.07.2021
4 min
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Alzare le braccia al cielo dopo uno sprint, quasi all’improvviso, dietro una curva. E poi gioire. Sapere che dentro di te la strada percorsa è sempre più quella giusta, che i sogni, passo dopo passo, si stanno avverando. In una parola: sei felice. Giovanni Aleotti era felice qualche giorno fa sulla vetta del Paltinis, in Transilvania al centro della Romania.

Uno splendido posto: natura ancora selvaggia nei monti Cindrel. D’inverno si scia anche, ma nei giorni del Sibiu Tour la bici impazza. E vincere lassù, anche se non è il Tour che si corre 2.300 chilometri più ad ovest, ha il suo perché. Il corridore della Bora-Hansgrohe ha vinto la sua prima corsa da professionista, anzi le prime due, visto che oltre ad una tappa si è portato a casa anche la generale del Sibiu.

Al Sibiu Tour Aleotti firma la “prima”, davanti ad Aru
Al Sibiu Tour Aleotti firma la “prima”, davanti ad Aru
Giovanni, prima di tutto complimenti. Ti aspettavi questa vittoria?

Vincere al primo anno da professionista non me lo aspettavo. Partivo per fare bene perché la squadra mi dava l’opportunità di provarci. Sapevo che stavo bene ma da lì a siglare la prima… Comunque è stato un successo che mi dà molto morale per il resto della stagione.

E hai battuto Fabio Aru, che resta sempre un grande corridore. Vi siete parlati?

In realtà abbiamo parlato più dopo la tappa che in corsa. Mi ha chiesto se fossi andato in Sardegna per la Settimana Internazionale Italiana. Eravamo molto concentrati. Lui è stato fortissimo ed è un bravo ragazzo. E’ un corridore importante. E’ stata una bella sfida, dai. 

Cosa ti è passato per la mente quando hai tagliato quella linea?

Tanta gioia. Come detto ero concentrato, ma subito sono stato contento. La squadra era contenta, i diesse e lo staff erano contenti… E la sera con i compagni abbiamo festeggiato. Aver ricevuto da loro l’aiuto al primo anno da pro’ non è cosa da poco. E poi riuscire a finalizzare il lavoro è stata una soddisfazione in più.

Che poi il tuo piccolo capolavoro non lo hai fatto solo vincendo la prima tappa, ma controllando la corsa da vero leader. Come ti sei sentito in questo ruolo? Hai accusato un po’ la pressione?

Io mi sono impegnato al massimo sin da subito nel prologo cittadino del giorno prima. Poi dopo che abbiamo preso la maglia l’obiettivo era difenderla. Anche nella tappa successiva c’era un arrivo impegnativo: 23 chilometri di salita e traguardo a 2.030 metri di quota. Però io ero tranquillo e il team non mi ha fatto sentire la pressione. E poi già aver vinto una tappa era un buon risultato. No, no… l’ho vissuta bene!

In Romania podio italiano con il brindisi tra Aleotti ed Aru
In Romania podio italiano con il brindisi tra Aleotti ed Aru
Prima hai parlato di bella sfida con Aru. E infatti anche il giorno dopo siete arrivati secondo e terzo…

Mi aspettavo un suo attacco. Vedevo che Fabio era il più forte e il più attivo. E’ quello che mi ha messo più in difficoltà di tutti. Ma la squadra sapendo che Aru era il più pericoloso mi aveva detto di controllarlo, di stare attento soprattutto a lui. Poi devo dire che era una scalata adatta a me, perché era pedalabile, e anche questo magari ha inciso. 

Dopo il Giro cosa hai fatto?

Ho passato qualche giorno tranquillo anche se non ho staccato del tutto perché già pensavo all’italiano che era qua ad Imola (Aleotti è emiliano, ndr). Solo dopo ho staccato. Ma domani riprenderò alla Settimana Internazionale Italiana.

E non hai fatto altura? 

No, perché dopo il Giro ho deciso, in accordo con il team, di stare un po’ a casa. Di fatto mancavo da molto tempo, visto che ero stato in ritiro a Sierra Nevada prima proprio del Giro. E poi nel mezzo ci sono state parecchie gare e fare altura per pochi giorni ha poco senso.

Oltre alla Settimana Internazionale Italiana quale altre gare farai?

Farò San Sebastian e il giorno dopo il circuito Getxo.

La Bora controlla la corsa. Aleotti un vero leader
La Bora controlla la corsa. Aleotti (in giallo) un vero leader
San Sebastian è una gara importante. E’ adatta ad Aleotti…

Ed è anche impegnativa. Però con quelli che escono dal Tour…

Ma molti di loro però saranno a Tokyo…

Quello è vero – ride Aleotti – un occhio ce lo butto! E’ una bella gara, vedremo come starò.

Con Bressan, il tuo mentore tra gli U23 al Cycling Team Friuli, vi siete sentiti dopo il tuo successo?

Sì, subito mi ha inviato i vari articoli che parlavano di me. E’ una soddisfazione per lui, ma anche per la squadra, per  Renzo Boscolo. Ho messo in pratica tanto di quello che mi hanno insegnato. Loro mi hanno formato. E non lo dico tanto per dire.

C’era qualcosa che Bressan ti ripeteva sempre?

Roberto mi ripeteva sempre di fidarmi delle persone che avevo dietro, della struttura che mi supportava e così ho fatto. Quando senti la fiducia di chi hai intorno e gli altri si fidano di te fai la differenza. Tra di noi c’è un buon rapporto e l’ho sempre ascoltato. Tra gli under 23 ho messo da parte i suoi consigli già al primo anno perché potessi raccogliere qualcosa negli anni successivi.