Guerciotti e Selle Italia si salutano dopo 30 anni di successi

07.08.2023
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Per oltre trent’anni Guerciotti e Selle Italia hanno affrontato fianco a fianco, anzi spalla a spalla, i circuiti di ciclocross di tutto il mondo. Insieme hanno scritto pagine importanti nella storia di questa nobile disciplina. Oggi, dopo aver ottenuto insieme tanti prestigiosi successi, le due aziende hanno deciso di intraprendere percorsi differenti. Non si tratta però di un addio, ma di un arrivederci.

L’hanno voluto sottolineare Paolo e Alessandro Guerciotti attraverso un comunicato stampa fatto per ringraziare Selle Italia per la storica e fruttuosa collaborazione e nello stesso tempo anticipare l’arrivo a breve di un nuovo partner. Tutto ciò ci conferma che continueremo a vedere ancora per lungo tempo sui campi di gara la storica maglia giallonera di Guerciotti con la stella al centro, da sempre simbolo del marchio milanese.

Anche il titolo mondiale

La collaborazione fra Guerciotti e Selle Italia ha portato in dote tantissimi trofei. Tra questi spicca il titolo mondiale conquistato a Monaco di Baviera da Daniele Pontoni nel 1997. A ripercorrere le tappe più significative di una storia ricca di successi è Alessandro Guerciotti, team manager Selle Italia – Guerciotti. Un’occasione questa per ringraziare l’azienda di Casella d’Asolo, in provincia di Treviso, per il sostegno dato in trent’anni di attività sportiva.

«Ringraziamo Selle Italia per averci sostenuto in questi anni – ha affermato Alessandro Guerciotti – ed aver contribuito a rendere grande il nostro team. In questi 30 anni abbiamo scritto pagine storiche del ciclocross italiano e internazionale. Abbiamo conquistato l’ultimo titolo iridato elite da parte di un italiano con Daniele Pontoni, oltre ad una storica coppa del mondo di ciclocross, senza contare i numerosi titoli italiani conquistati. I più grandi ciclocrossisti italiani degli ultimi anni hanno corso con il binomio Selle Italia-Guerciotti sul petto. Tra di loro citiamo Marco Aurelio Fontana, Enrico Franzoi, Sanne Cant, Gioele Bertolini, Alice Arzuffi.

«In tutti questi anni, il Team Selle Italia-Guerciotti è stato il sogno per qualunque ragazzo iniziasse a correre il ciclocross e molti di loro sono riusciti ad esaudirlo. Difficilmente si riuscirà a costruire una collaborazione cosi vincente e longeva in una disciplina sportiva». 

In passato un altro grande nome del mondo fuoristrada ha corso con la maglia Selle Italia Guerciotti: Marco Aurelio Fontana
In passato un altro grande nome del mondo fuoristrada ha corso con la maglia Selle Italia Guerciotti: Marco Aurelio Fontana

Un nuovo sponsor

Una delle caratteristiche che contraddistingue la famiglia Guerciotti, ed in particolare papà Paolo, è la capacità di rimboccarsi sempre le maniche e guardare avanti. Sarà così anche per il team che il prossimo autunno si presenterà sui campi di gara. A breve sarà annunciato un nuovo sponsor che figurerà come primo nome sulla maglia.

«Tutte le cose belle prima o poi sono destinate a finire – ha affermato Paolo Guerciotti – ma siamo entusiasti del nuovo corso che stiamo prendendo e della nuova collaborazione che abbiamo appena siglato con una importante azienda esterna al settore del ciclo. L’obiettivo non è solo quello di ripetere le vittorie che hanno costellato il nostro passato, ma anche arrivare a superare traguardi ancora più ambiziosi. Non possiamo che ringraziare la Selle Italia e, soprattutto Giuseppe Bigolin, per tutti questi anni di collaborazione, accompagnati da numerose vittorie. Ma nella vita non si può mai sapere, potrebbe solo essere un arrivederci”.  

Il nuovo sponsor verrà rivelato nelle prossime settimane. Nel frattempo prosegue la promozione Guerciotti dedicata al modello Lembeek Disc rivolta a tutti i tesserati FCI e altri enti. L’utente finale che presenterà la propria tessera al rivenditore di riferimento, potrà acquistare la bici completa montata con ruote in carbonio Ursus Orion Disc a partire da 2.520 euro IVA inclusa.

Guerciotti

Agostinacchio vuol diventare un crossista puro

25.01.2023
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Filippo Agostinacchio non sembra un under 23, almeno da come parla. La sua postura, quel modo di guardarti dritto negli occhi, la chiarezza dei suoi concetti… sembra di avere di fronte un atleta ben più maturo. Ma non c’è solo questo.

Agostinacchio, classe 2003, è una realtà del nostro fuoristrada. Uno dei talenti più promettenti della mtb, è anche una delle speranze azzurre del ciclocross… e non solo in vista dei prossimi mondiali di Hoogerheide. E sì che tra l’altro la categoria U23 è forse la nostra migliore tra gli uomini. Pensiamo a Toneatti, Masciarelli, Leone… 

Filippo Agostinacchio commosso sul podio di Ostia, sta per vestire la maglia tricolore
Agostinacchio commosso sul podio di Ostia, sta per vestire la maglia tricolore

Filippo re d’Italia

«Ecco lui – ci racconta Filippo sul podio di Ostia in riferimento al compagno Leone – è stato sfortunato sul rettilineo d’arrivo (aveva perso un pedale, ndr). Mi sarebbe piaciuto giocarmi la vittoria anche con lui. Vincere due gare nazionali in due giorni (il sabato avevano conquistato il team relay, ndr) è una cosa che non mi sarei mai aspettato all’inizio di questa rassegna tricolore. Venivo da una settimana di influenza molto pesante. Mi sono concentrato sul recupero più che sugli allenamenti e alla fine questa scelta ha dato i suoi frutti».

Con Toneatti in corsa con gli elite, Filippo e i suoi compagni avevano stretto nella morsa Masciarelli. Alla fine, però erano scappati in tre, appunto Agostinacchio, Leone e Masciarelli. Poi in volata Agostinacchio è stato il più veloce.

Masciarelli, Leone e Agostinacchio… “in fuga” all’ultimo giro del tricolore U23
Masciarelli, Leone e Agostinacchio… “in fuga” all’ultimo giro del tricolore U23

Alla Beltrami 

Agostinacchio è già un grande della mtb, nel cross sta crescendo forte e non è un caso che il team Selle Italia-Guerciotti se lo sia assicurato sin dai tempi degli juniores. Ma anche per lui suonano le sirene della strada. Però è interessante capire perché suonano queste sirene. A quanto pare infatti non si tratta del “solito” passaggio.

«Le sirene della strada – spiega Agostinacchio – sono già suonate perché quest’anno correrò con il Team Beltrami. Però non abbandonerò del tutto la mountain bike: farò le gare più importanti del circuito internazionale. Devo ancora definire bene con la squadra il programma ma la direttrice è quella. Posso dire che sicuramente farò le prove di Coppa del mondo, quelle europee e i campionati italiani e chiaramente in tutto ciò ci sarà la strada.

«Ho fatto questa scelta, quella di spostarmi su strada intendo, perché il mio fine è quello di concentrarmi sul ciclocross in quanto ho visto che non c’è nessun vero italiano che si sta concentrando al momento su questa disciplina. Ed è una disciplina che mi affascina veramente. Voglio diventare uno specialista e per diventare uno specialista del cross in questo momento servono le grandi corse su strada. Volenti o nolenti è questa la via maestra, perché ti dà una gamba diversa. Voglio quindi fare la strada in preparazione all’inverno del cross».

«Perché ho scelto Beltrami? Perché ha investito sul ciclocross. Già quest’anno ha creato una squadra molto interessante con alcuni elementi di spicco come Federico Ceolin e mi allettava il fatto che investissero così tanto nel fuoristrada pur essendo un team professionistico.

«Mi possono far fare le gare su strada, senza pressioni, proprio perché sanno qual è il mio fine… che è anche il loro. È forse, anzi senza forse, la prima squadra in Italia che crede così tanto nella strada e nel fuoristrada e quindi questo mi ha convinto».

Guerciotti ride. Sul podio Leone, Agostinacchio e la famiglia del team giallo-nero
Guerciotti ride. Sul podio Leone, Agostinacchio e la famiglia del team giallo-nero

Crescita totale

Ecco dunque le idee chiare di Agostinacchio. Il valdostano è anche un ottimo scrittore. Ha un suo blog in cui racconta i pre e i post delle sue gare, fa considerazioni e forse anche da qui si capisce la sua sicurezza e la sua personalità nel parlare. 

«E’ qualcosa sulla quale ho lavorato tanto – spiega Filippo – perché fino all’anno scorso ero un ragazzo un po’ timido, introverso. Espormi sui social anche col mio canale Youtube, mi ha aiutato un sacco. Perché parlare così alla gente o davanti a una telecamera, mi ha aperto un mondo nuovo.

«Ci ho lavorato con il mio mental coach, Roberto Spedicato, che ringrazio. E’ ormai dagli italiani dello scorso anno di cross che mi aiuta. E’ giusto un anno che lavoriamo insieme e questo è il frutto del nostro lavoro. L’anno scorso ho fatto un “DFN” (ritiro, ndr) ai campionati italiani per un infortunio e quest’anno… eccomi qui».

Agostinacchio è un ottimo biker, da qui le sue doti tecniche (foto Instagram – @evigarbolinophotographer)
Agostinacchio è un ottimo biker, da qui le sue doti tecniche (foto Instagram – @evigarbolinophotographer)

Verso la strada

Per un atleta che nasce biker il passaggio su strada non è poi facile. Si presentano delle difficoltà, ma è del tutto normale. E anche in questo caso Agostinacchio non “cade dal pero”.

«Della strada – spiega – mi “spaventano” le distanze perché non ho mai fatto grandi chilometraggi o ore in tutta la mia carriera. Quest’anno per esempio ho fatto circa 12.000 chilometri in tutto, quindi sono consapevole che dovrò alzare, e tanto, il monte ore.

«E non è un caso che per fare questo passaggio abbia aspettato questa stagione. Prima infatti volevo  finire la scuola. Adesso che sono più libero posso sfruttare al meglio questa grandissima opportunità che mi dà il team Beltrami».

«Però in generale non sono spaventato… anzi. Al termine di questa stagione del cross vedremo come andranno le cose, perché io comunque tra cross e mtb sono due anni che non stacco davvero e un paio di settimane mi serviranno, anche mentalmente, per rifiatare. Poi vediamo, magari finisco la stagione del cross che sono ancora abbastanza fresco e posso pensare di tirare avanti per le prime corse professionistiche su strada».

Bertolini in Coppa, come Davide contro Golia

11.12.2022
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Gioele Bertolini è di fatto l’unico italiano (o quasi) che sta correndo con una certa costanza nella Coppa del mondo di ciclocross. Un impegno importante sotto tanti punti vista: muscolare, mentale, logistico.

Il corridore della Selle Italia Guerciotti riesce a raccogliere qualche punto e poi a fare bene, se non molto bene, in Italia dove il livello è inevitabilmente più basso. Che utilità hanno dunque queste trasferte se da noi si lotta per vincere e oltre confine si va per un piazzamento?

Quando si va in Coppa ci si scontra con i ben noti mostri sacri, ma anche gli altri atleti sono ad un livello altissimo
Quando si va in Coppa ci si scontra con i ben noti mostri sacri, ma anche gli altri atleti sono ad un livello altissimo
Gioele sei l’unico italiano in Coppa, come ci si sente? 

Sto solo solo tra i giganti! L’ambiente bene o male è sempre lo stesso. Certo, quando c’è qualche italiano ci si spalleggia un po’ di più. Fa sempre piacere parlare, provare il percorso con degli amici, perché alla fine siamo tutti amici, e aiutarsi. Da parte mia le uscite che ho fatto nel Nord Europa le ho sempre fatte con la mia compagna di squadra Sara (Casasola, ndr). Abbiamo fatto gruppetto anche con il Trinx Factory Team, che è la squadra che mi appoggia d’estate quando faccio Mtb. Lì c’è Luca Bramati che è anche il mio preparatore, sua figlia Lucia che corre. Mentre tra gli uomini sono praticamente solo.

Come sta andando questa stagione?

Sin qui le corse non sono andate tanto bene, anche perché partendo un po’ indietro è sempre una gran faticata in partenza. E lì basta veramente poco per perdere il treno giusto. Ed ecco che hai già buttato mezza gara. Risalire è difficile. Però devo dire che ad Anversa ho sentito che la mia gamba girava meglio.

E infatti qualche giorno fa hai vinto…

E voglio continuare su questa strada e continuare ad ottenere buoni risultati, anche sabato prossimo in Val di Sole. Lì ci sarà tanto tifo e ci saranno anche tante aspettative su di noi. Spero di non deludere i tifosi. 

Bertolini ha vinto a Faè di Oderzo merito anche delle “tirate di collo” in Coppa (@alessiopederiva_photo)
Bertolini ha vinto domenica scorsa a Faè di Oderzo, merito anche delle “tirate di collo” in Coppa (@alessiopederiva_photo)
Prima hai detto che ti appoggi anche alla Trinx e che provi il percorso con le ragazze, ma magari non è la stessa cosa che fare il giro con un Dorigoni che ha una potenza simile alla tua, la stessa velocità di entrata in curva, utilizza gli stessi rapporti… Sarebbe un confronto più indicativo?

Un po’ più indicativo sì, ma non così tanto. Diciamo che provando il giro con le ragazze, loro ne giovano di più perché io magari vedo cose che loro non vedono, riesco ad aiutarle nei tratti in cui fanno più fatica. Mentre io la traiettoria giusta devo individuarmela da solo. Però è anche vero che quando arrivi a un determinato livello devi saper fare da te. E poi – aggiunge – ogni tanto parlo e scherzo con qualche belga o olandese più simpatico!

Guardando il lato un po’ più romantico, diciamo così, quando parti da solo per andare in Belgio o in Olanda a lottare con i giganti e tu sei da solo, non ti scatta l’orgoglio del Davide contro Golia? 

Ormai ci ho fatto l’abitudine, sono anni che faccio così. E poi alcune tappe, come quelle più lontane per esempio, non le faccio. Considerate che anche a livello logistico sono trasferte impegnative. Sono difficili da gestire nel loro insieme. 

Analizzando i tuoi risultati in Coppa, viaggi tra la ventesima e la trentesima posizione, più o meno. Da fuori ci si può dire: “Fai queste grandi trasferte e poi fai fatica ad entrare nei primi 10”. Allora ci si chiede: servono davvero?

Io sono stato sempre dell’idea che quando un corridore in Italia vince deve uscire dai confini. Deve alzare il livello. Entrare nei primi 10 in Coppa è un grande risultato. Piuttosto, non capisco tanti atleti che in Italia arrivano decimi o quindicesimi e vogliono andare all’estero. Fare magari delle trasferte onerose, buttare via tempo ed energie. Io dico: prima cresci e fai i risultati in Italia, poi dopo vai all’estero. Perché se arrivi “esimo” in Italia e vai fuori rischi di non finire la gara e di non finirla molto presto. Perché il livello è veramente alto. Io mi ricordo di una gara che hanno finito in 16. Io ero stato uno degli ultimi a prendere l’80%. In 16 finiscono una corsa: questo ti fa pensare.

Quindi sei stato chiaro: serve…

Eccome. Ma bisogna anche essere realisti. Devi avere una buona base per andare lassù e non solo per la gara in sé stessa. Bisogna considerare che per andare in Belgio partiamo da soli. Dobbiamo prendere un volo, prendere una macchina e guidare delle ore per poi andare alla gara. Dobbiamo organizzare i pasti, il dormire. I belgi o gli olandesi partono sempre da casa. Il Belgio è grande come la Lombardia e alla fine da dove abitano in un’ora e mezza al massimo sono dappertutto.

Tutto è più facile…

Loro possono dire: «Corro, sabato poi torno a casa mia. Mangio, faccio quello che voglio, mi rilasso e la domenica corro». Oppure: «Dopo le prove torno a casa». E’ ben diverso partire dall’Italia il sabato o il venerdì sera per correre la domenica. Anche per questo loro fanno tutta la Coppa. Quegli atleti certi sbattimenti ce li hanno una o due volte l’anno. E’ ben diversa la situazione, lo stress, il viaggio…

Gaia di nome e di fatto: Realini pronta per la Trek-Segafredo

25.08.2022
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Il suo nome è lo stato d’animo col quale una settimana fa ha condiviso sui suoi profili social l’ufficialità di una notizia che era nell’aria da inizio anno. A partire dal 2023 Gaia Realini correrà per la Trek-Segafredo. E la 21enne pescarese ha tutto il diritto di essere felice per questo trasferimento considerando il contratto triennale.

«Quando si viene a gare come il Giro Donne – ci aveva detto Luca Guercilena, il general manager del team statunitense WorldTour, a Reggio Emilia al termine della quinta frazione – non si guardano solo le proprie atlete, ma si valutano anche altre da poter inserire nel roster per le annate successive. Gaia è ancora molto giovane e deve fare tanta esperienza, però quando l’abbiamo vista all’opera l’anno scorso abbiamo pensato che ci sarebbe piaciuto lavorare con lei. Vogliamo aiutarla a crescere».

La scalatrice ora in forza alla Isolmant-Premac-Vittoria andrà a rinfoltire la pattuglia italiana team americano, in cui troverà Balsamo e Longo Borghini (e, stando ai rumors, molto probabilmente anche Ilaria Sanguineti) a farle gli onori di casa. Però Realini resta concentrata con la sua attuale squadra, con la quale sta disputando il Giro di Toscana (da oggi fino al 28 agosto).

Gaia innanzitutto quali sono gli obiettivi in questi giorni?

Ultimamente abbiamo fatto buoni risultati alle gare open, ci facciamo sempre notare. A Ferragosto abbiamo vinto con Rossato a Vittorio Veneto ed io ho fatto quarta, come a Tarzo. Poi domenica scorsa abbiamo vinto con Zanetti a Noventa di Piave, la sua terza vittoria stagionale. Qui in Toscana cercheremo di fare bene nelle tappe pianeggianti. Sono qui a lavorare per la squadra, anche se la frazione di Montecatini Terme è adatta alle mie caratteristiche.

Finalmente possiamo parlare del tuo passaggio. Che effetto ti fa?

Ovviamente mi fa molto piacere, sono contenta. Considerando che la nostra squadra ha sempre fatto un calendario più contenuto a livello internazionale, ho sempre cercato di fare del mio meglio mettendomi in mostra. Gli ultimi due Giri Donne sono state le vetrine più importanti. L’anno scorso avevo attirato l’attenzione della Trek-Segafredo e da lì è nato tutto. Però devo ringraziare almeno un miliardo di volte Giovanni Fidanza (il team manager della Isolmant, ndr) ed il resto della società per avermi dato la possibilità di giocarmi le mie carte. Senza di loro non ce l’avrei fatta.

Gaia Realini aveva firmato il contratto con la Trek-Segafredo già nel 2021 restando “in prestito” alla Isolmant per una stagione
Gaia Realini aveva firmato il contratto con la Trek-Segafredo già nel 2021 restando “in prestito” alla Isolmant per una stagione
Questo trasferimento sarà anche una scelta di vita. Cosa ti hanno detto lo stesso Fidanza e i tuoi genitori?

Giovanni è molto orgoglioso del mio passaggio. Se pensiamo che da una formazione così piccola negli ultimi anni in tre, tra le sue figlie e me, siamo finite nel WorldTour o in team più grandi, credo che sia un bel riconoscimento al proprio lavoro. Anche i miei genitori sono contenti. Per loro, che mi portavano alle corse quando ho iniziato a correre da G1, è una bella soddisfazione vedermi in una squadra importante come la Trek-Segafredo.

Cosa ti aspetti dall’anno prossimo?

Cercherò di godermi ogni momento della mia prossima avventura. Per me sarà tutto nuovo e stimolante. Sono pronta a stare molto più lontano da casa. Sapevo a cosa andavo incontro, così come lo sa anche la mia famiglia. So che entro in un bel gruppo ed onestamente mi tranquillizza sapere che troverò due compagne italiane che mi aiuteranno nell’inserimento della squadra. In ogni caso da circa sei mesi ho iniziato a prendere lezioni d’inglese per migliorare il mio livello scolastico. Sto leggendo libri e riviste, guardando film in inglese per abituarmi ed essere pronta. Certo che al momento lo sto parlando poco…

A proposito, alla penultima tappa del Giro Donne hai fatto tanti chilometri di fuga con la Faulkner. E’ stata un’occasione per testare il tuo inglese?

No no, ero a tutta e chissà cosa potevo dirle (ride, ndr). Battute a parte, eravamo concentrate e abbiamo parlato poco, però ci siamo sempre intese con poche parole e qualche cenno.

Una curiosità. Alla partenza della settima tappa, seduta dal vostro camper, ti avevamo vista seduta con accanto una musette della Trek-Segafredo. Ce l’avevi per un motivo particolare?

No guardate, è stato solo un caso. Il giorno prima nella tappa che arrivava a Bergamo, mentre eravamo impegnate nella zona del rifornimento, un nostro massaggiatore ha raccolto la loro borsa buttata da una delle loro ragazze. Così il mattino dopo me l’ha consegnata sapendo dove sarei andata a correre. Una sorta di regalo in anticipo (sorride, ndr).

Col ciclocross invece come farai?

Nel 2023 inizierò un nuovo capitolo della mia carriera e al momento ho deciso di mettere da parte il ciclocross. E’ stata una scelta mia. Da una parte mi dispiace perché è una disciplina a cui tengo. Dall’altra no, perché concentrandomi solo sulla strada ho più tempo per migliorare. Quando ho firmato con la Trek avevo informato i Guerciotti (Paolo ed Alessandro, rispettivamente padre e figlio, padroni dell’azienda e dirigenti del team, ndr) che ci sarebbe stata questa possibilità. A loro dispiace, come a me naturalmente, però hanno capito e rispettato la mia decisione.

Nel frattempo contatti con il tuo futuro staff ne hai avuti?

Al momento solo con l’ufficio stampa per le dichiarazioni di rito. Al Giro Donne invece, specie nelle ultime frazioni, ci si trovava con gli sguardi. Qualcuno al traguardo o in partenza mi faceva un cenno per le buone prestazioni, ma nulla di pù. Per il resto non ho sentito nessuno. Giustamente credo che non vogliano distrarmi dagli impegni con la Isolmant. Avremo tempo di sentirci più avanti.

E con le future compagne invece? Ad esempio nelle tappe di montagna al Giro sei stata spesso in fuga o a fianco di Longo Borghini.

No, nemmeno con loro. Anzi al Giro non avrei saputo cosa dire loro. Se penso alle campionesse che sono lei o la Balsamo, io sono davvero piccolissima. E’ giusto che ci sia un po’ di timore reverenziale. Ad esempio nel finale della nona tappa mi sono trovata con Longo Borghini a tirare. Lei, che stava inseguendo il terzo posto del podio, mi ha chiesto se le davo una mano. Finché ho potuto l’ho fatto, ma ormai ero con poche forze perché ero in avanscoperta da molti chilometri. Mi dispiace non averla potuta aiutare di più. Ma dall’anno prossimo non vedo l’ora di essere a sua completa disposizione.

Variano, tricolori elite: brindano Persico e Dorigoni

09.01.2022
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Il ghiaccio si è trasformato in fango. E nel fango i corridori fanno fatica a stare in piedi. Anche ieri le gare del pomeriggio si erano corse in insidiosi toboga, ma oggi per gli elite sembra che la melma sia persino più scivolosa.

La maglia tricolore se la portano a casa Silvia Persico e Jakob Dorigoni, entrambi con gare dominate dall’inizio alla fine, complice un po’ di sfortuna dei rivali, che però fa da sempre parte del pacchetto.

Podio e abbraccio

Fra le donne certi gesti sono più ricorrenti. E così, mentre Silvia Persico sta per scendere dal podio con la medaglia al collo e il tricolore indosso, dal cancello irrompe sotto al palco Alice Maria Arzuffi, che ha appena concluso la gara. Lascia la bici sull’asfalto e si protende verso il palco, mentre Persico e Lechner si chinano per abbracciarla. E’ un gesto di forte intensità.

«E’ stato un momento importante – conferma Silvia Persico – l’anno scorso glielo avevo dato io perché a me le cose non erano andate bene. Quest’anno ci siamo scambiate. Sapevo che sarebbe stata un’avversaria importante, però non so cosa le sia successo. Siamo amiche anche fuori dal ciclismo».

Eva Lechner è una sua compagna di squadra alla FAS Airport Services, anche se oggi correva con la maglia dell’Esercito. Dopo l’arrivo si sono scambiate battute e abbracci.

Arzuffi arriva sotto al podio, Lechner e Persico si chinano per abbracciarla
Arzuffi arriva sotto al podio, Lechner e Persico si chinano per abbracciarla

Lechner, soprattutto amica

«Sapevo che Eva sarebbe stata un’avversaria importante – dice Silvia – nonostante fossimo compagne di squadra. Con lei mi trovo molto bene, proviamo sempre insieme i percorsi. Quando mi è tornata sotto, sono ripartita di nuovo, riprendevo margine, ma sbagliavo. Così ho capito di dover fare le cose con calma e mantenere la tranquillità, perché stavo molto bene. Ho voluto dimostrare che Silvia Persico c’è e speriamo di continuare sino a fine stagione. Questa squadra mi dà serenità. Siamo quattro ragazze molto unite, con un’amicizia che va oltre il ciclismo. Quando c’è bisogno, ci siamo l’una per l’altra. Sono alla Valcar da quando avevo 12 anni, devo ringraziare Valentino Villa per questo. E la maglia tricolore vale davvero tanto, è un punto di partenza. Spero di continuare così e di portarla in giro per il mondo».

Tecnica e sfortuna

Fra gli uomini si va di pugni e strette di mano. La corsa la stava guidando Filippo Fontana, autore del giro più veloce del campionato italiano, ma a causa di un salto di catena e di una foratura, il ventunenne veneto si è ritrovato a inseguire senza riuscire più a ripetere i tempi di inizio corsa. E così Dorigoni, che ha avuto i suoi problemini in avvio di gara, ha preso il largo e non si è più voltato.

«La maglia tricolore è un simbolo molto importante – dice l’altoatesino della Guerciotti – in tutto il mondo si conoscono le tre strisce. E’ molto bello vincere, soprattutto il campionato italiano che è una delle gare cruciali della stagione. Al mattino il fondo era ghiacciato e man mano che usciva il sole, si scioglieva, ma sotto c’era ghiaccio. E’ stato davvero insidioso, in più Pontoni ha disegnato un percorso molto duro. C’era da scegliere se andare in bici e correre a piedi, bisognava stare attenti alla guida. Era molto completo».

Menare, scattare, correre…

«Secondo me oggi ho guidato molto bene, ma anche Filippo (Fontana, ndr) guida molto pulito. Per vincere, bisognava essere completi, menare, scattare, correre, però anche saper guidare. Ed è stato importante anche andare sul sicuro. Gomme da fango e su certi pezzi scendere a piedi e correre. Ho avuto anche io i miei problemi, ma sono riuscito a superarli».

Terzo fra gli elite è stato Nicolas Samparisi, fratello di quel Simone con cui ieri avevamo parlato della bicicletta KTM di Francesca Baroni, che ha chiuso all’ottavo posto. I camper si allontanano, presto Variano sprofonderà nel gelido silenzio dell’inverno. Il baccano delle motoseghe che salutavano il passaggio dei corridori si è spento. Da stasera i tricolori hanno cambiato padrone.

Realini, la crescita passa da (tanta) strada

25.12.2021
4 min
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Prosegue il viaggio tecnico sui nostri atleti, e in questo caso, atlete del ciclocross. L’importanza di creare un motore grande per sfidare i protagonisti e le protagoniste del Nord Europa diventa sempre maggiore. Per un Dorigoni che punta sulle marathon, c’è una Gaia Realini che invece ha insistito, e molto, sulla strada.

E stando ai profili dei maggiori interpreti, sia maschili che femminili, del cross sembra proprio essere questo il viatico vincente: appunto fare la strada d’estate. La portacolori della Selle Italia – Guerciotti è partita molto bene, tanto da raggiungere quattro podi (una vittoria, quella di Brugherio) e si è assicurata una maglia azzurra per i campionati europei.

L’abruzzese, classe 2001, impegnata negli ultimi campionati europei (sesta tra le U23)
L’abruzzese, classe 2001, impegnata negli ultimi campionati europei (sesta tra le U23)
Gaia, questa estate hai fatto parecchia strada, come ti stai trovando in questa stagione del cross?

Sicuramente non avendo staccato al termine della stagione su strada e avendo tirato dritto, la gamba nelle prime gare girava molto bene. Poi dopo Tabor, ho staccato tre settimane e ho ripreso l’8 dicembre.

Questo stacco è stato totale?

No, no… Comunque mi sono allenata normalmente. Ho solo preso una pausa dalle gare. Adesso piano, piano sto riprendendo il ritmo. La mancanza dalle corse un po’ si è sentita.

Hai notato differenze nel cross con l’aumento del volume su strada? Vedendo i migliori interpreti, Lucinda Brand, Marianne Vos… sembra che sia la strada a tracciare la via vincente nel cross…

Per me dipende anche dal fisico, ma quei nomi che avete citato voi effettivamente fanno pensare che sia meglio passare dalla strada. Però c’è anche qualche bravo crossista che viene dalla mountain bike.

Realini Riale 2021
Al Giro Donne, Gaia è arrivata undicesima nella generale e seconda tra le giovani (nella classifica per la maglia bianca)
Realini Riale 2021
Al Giro Donne, Gaia è arrivata 11ª nella generale e 2ª tra le giovani
A te è piaciuto fare la strada?

Molto, io facevo sempre davvero poche gare, invece da quando sono con il team di Fidanza (Isolmant – Premac, ndr) ho potuto conoscere meglio questo ambiente e questa disciplina. E ne ho scoperto un altro lato che mi è piaciuto.

Da zero a dieci quanto pensi di essere cresciuta?

Difficile quantificare, posso dire però che sono due anni che sto lavorando bene. Ma il mio obiettivo è quello di migliorarmi anno dopo anno.

In percentuale quanto è aumentato il tuo volume su strada nell’ultimo anno?

Direi l’80%, senza esagerare. Negli altri anni facevo sei o sette gare, quest’anno ne ho fatte davvero tante e sì, è stato un impegno crescente.

Beh, passare da qualche garetta al Giro d’Italia… Questo ti ha reso anche diversa, più conosciuta, agli occhi delle avversarie?

Non credo, nel cross non sono una molto in vista, soprattutto a livello internazionale.

In Italia però sei una delle ciclocrossiste più importanti, tutto ciò ti responsabilizza?

Veramente no. Io guardo molto sia alle più grandi che alle più piccole, a chiunque abbia qualcosa in più. E al termine delle gare analizzo tutto e mi chiedo: perché quella ragazza in quel punto è andata meglio di me? Perché su quel tracciato è stata più brava? Motivi tecnici? Motivi atletici?

In Val di Sole, seconda gara dopo la pausa autunnale, la Realini è stata 20ª
In Val di Sole, seconda gara dopo la pausa autunnale, la Realini è stata 20ª
Che crossista sei? Prediligi i percorsi stretti e tecnici o quelli dove c’è da spingere?

Adesso quelli dove c’è da spingere…

E tu ti senti più crossista o stradista?

Bella domanda – sorride la Realini – più stradista… E non l’avrei mai detto!

Visto che sei così votata alla causa, il prossimo anno resterai con Fidanza. Lui era sicuro che il tuo futuro fosse sull’asfalto…

Sì, resto con la sua squadra. Poter fare il Tour sarebbe una bellissima esperienza dato che è una gara tutta nuova.

Per adesso la piccola, ma grintosissima, abruzzese resta concentrata sul ciclocross. L’obiettivo è certamente quello di far bene ai campionati italiani – come ci ha detto lei stessa – e ai mondiali. Ma conoscendo la sua grinta e la sua tenacia tra qualche anno potremmo trovarci tra le mani un’ottima stradista.

Jakob Dorigoni, San Fior 2020

Jakob Dorigoni: «Alla strada preferisco le marathon»

14.12.2021
4 min
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Jakob Dorigoni è uno degli atleti azzurri che domenica si è cimentato nella prova di coppa del mondo in Val di Sole, appuntamento stravinto da Van Aert. Questo è stato lo spunto per il nostro editoriale del lunedì. I corridori che dominano le corse di ciclocross sono gli stessi che troviamo poi a giocarsi la vittoria tutto l’anno su strada. E’ ormai chiaro come praticare due discipline ad alto livello aumenti lo stress e la fatica, ma una volta che si gestiscono i periodi di corsa, i risultati parlano da soli. L’Italia ha perso ottimi crossisti passati su strada e più tornati, ma è il modo giusto per gestire questi ragazzi? Non sarebbe meglio dare loro la possibilità di correre ad alto livello anche su strada per potersela giocare nel cross? Cambierebbe qualcosa nella carriera di Dorigoni se durante l’estate potesse disputare delle corse a tappe?

Dorigoni Sant'Elpidio 2021
Jakob Dorigoni nel ciclocross corre per il team Selle Italia Guerciotti
Dorigoni Sant'Elpidio 2021
Jakob Dorigoni nel ciclocross corre per il team Selle Italia Guerciotti
Innanzitutto Jakob, com’è andata domenica?

Bene, mi sono divertito molto, è stata una prima volta speciale sulla neve. Il percorso era bello anche se tanto tecnico.

Correre sulla neve è tanto diverso?

No, la formazione del percorso è simile a quando c’è il fango. Si creano le canaline e bisogna stare attenti a quale prendere per non finire al di fuori della traiettoria ideale e perdere così troppo tempo.

L’insidia più grande?

Essendo il percorso per lo più all’ombra, le basse temperature si facevano sentire. Anche durante il riscaldamento avevo freddo nonostante fossi al sole, quindi pensate che temperatura c’era… Una delle maggiori insidie era dovuta proprio all’ombra sul percorso perché la neve andava via via ghiacciandosi e mantenere l’equilibrio era fondamentale.

Ha vinto Van Aert con quasi un minuto sul secondo…

Lui è un fenomeno, domenica è atterrato un alieno in Val di Sole.

Jakob Dorigoni ha corso il Giro d’Italia under 23 nel 2018, 2019 e 2020
Jakob Dorigoni ha corso il Giro d’Italia under 23 nel 2018, 2019 e 2020

Doppia attività sì, ma quale?

I primi 5 della classifica di ieri alternano una buona, se non ottima, attività su strada a quella invernale di ciclocross. Anche Jakob fino al 2020 ha corso su strada in estate, ha partecipato al Giro d’Italia under 23 con la Work Service Dynatec Vega. Nella stagione appena conclusa però non lo ha fatto.

Che disciplina hai praticato quest’estate?

Ho corso in mountain bike, ho deciso di cambiare attività.

Come mai?

Ho sempre praticato questa disciplina e mi piace molto. Mi diverte e mi mantiene attivo nella stagione estiva.

Non pensi che l’attività agonistica su strada porti dei vantaggi maggiori in termini di preparazione?

Anche la mountain bike permette di fare molto fondo, non serve correre per forza su strada. Ho partecipato a gare marathon, che sono più lunghe di quelle classiche, e questo comunque fornisce molti vantaggi e comunque mi alleno spesso con la bici da strada.

Jako Dorigoni ha corso anche la prima edizione della Serenissima Gravel con la maglia della nazionale
Jako Dorigoni ha corso anche la prima edizione della Serenissima Gravel
Come ti alleni quindi in estate?

Per 4-5 i giorni della settimana uso la bici da strada, i restanti allenamenti li faccio con la mountain bike, poi ovviamente c’è il giorno della gara. Uso la bici da corsa perché mi permette di fare meglio determinati lavori come quelli ad alta intensità. Sui sentieri incontri spesso degli ostacoli che ti tolgono ritmo, mentre se vado su una salita posso fare lavori dai 5 ai 20 minuti senza interruzioni.

Per lo stesso motivo allora fare gare su strada ti permetterebbe di fare sforzi più prolungati mentre in mountain bike questo diventa più complicato…

Per questo faccio anche le marathon dove i percorsi presentano lunghi tratti senza curve ed ostacoli. Correre d’estate in mountain bike è tanto diverso rispetto al ciclocross. Intanto il clima rende il terreno più secco, di conseguenza hai una maggiore scorrevolezza del mezzo e ti alleni a condurre la bici anche a velocità più elevate.

Guerciotti: dopo la gara, il punto della situazione

03.11.2021
6 min
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«Pensate che quando correvo io, partivamo in settanta e solo in 3-4 avevano una bici Guerciotti. A Cremona nella gara junior ho contato 74 partenti e ben 34 avevano una nostra bici. Quasi il cinquanta percento. Ecco, questo per me è motivo di grande soddisfazione».

Parole e musica di Paolo Guerciotti al termine del cerimoniale del Gran Premio Mamma e Papà Guerciotti di lunedì scorso, disputato per la prima volta al Parco del Po di Cremona. Già, quest’anno l’evento ha lasciato Milano e così l’area verde in riva al grande fiume è diventata la grande novità e contemporaneamente il quarto campo di gara della storia dopo il Parco Lambro, Parco Paini e l’Idroscalo.

Di Tano Mondiali
Vito Di Tano con la maglia iridata marcata Guerciotti. Il pugliese ha vinto il titolo mondiale nel 1979 e 1986
Di Tano Mondiali
Vito Di Tano con la maglia iridata marcata Guerciotti. Il pugliese ha vinto il mondiale nel 1979 e 1986

Parla il padre Paolo

Il tipico clima autunnale, condito da una pioggia divenuta sempre più battente, rende più suggestiva la giornata per chi del ciclocross fa la principale attività lavorativa ed organizzativa. Paolo Guerciotti, col figlio Alessandro poco, si trova a suo agio a parlare della propria gara sotto l’acquazzone, malgrado sia dovuto ricorrere a una protezione di fortuna per ripararsi meglio. 

Paolo fonda l’azienda di famiglia nel 1964 insieme al fratello Italo, partendo da un piccolo negozio di biciclette a Milano. Nel 1975 si allarga in una sede più adatta, incrementa la produzione di bici da corsa e da ciclocross. Due anni dopo nasce il Gs Guerciotti, la squadra ciclocrossistica.

Paolo nel frattempo riesce a partecipare in maglia azzurra al mondiale del 1979 a Saccolongo, nella pianura padovana, vinto da Vito Di Tano. Proprio colui che è stato il simbolo della formazione milanese per 13 stagioni e che l’anno prima aveva conquistato il primo Trofeo Guerciotti. Il resto è storia.

Paolo Guerciotti, come è andata la manifestazione?

Il bilancio è positivo. Aver spostato il Gran Premio Mamma e Papà Guerciotti a Cremona è stata una prova che abbiamo voluto fare e siamo molto soddisfatti. A Cremona abbiamo trovato gente disponibile in persone come Fulvio Feraboli e Marco Baccin (del Velo Club Cremonese, ndr) che hanno dei bei collaboratori. Per fare tutto questo lavoro hanno iniziato presto, pensate che Vito Di Tano ed un suo collega erano qui già da una settimana per tracciare e fettucciare il percorso. Tutte cose che per un evento come il nostro richiedono esperienza. C’è una bella area parcheggio per camper, perché ormai tutti i corridori si spostano così. Quando correvo io, cinquant’anni fa, mettevamo le bici sopra le auto, mentre ora non le usa quasi più nessuno. Sono organizzati diversamente, quindi giusto pensare anche a questo aspetto della logistica. 

E dal punto di vista della vostra squadra?

Abbiamo fatto un terzo posto con Gaia Realini nella prova femminile e poi la doppietta Dorigoni-Bertolini nella gara più importante (in apertura padre e figlio sono con Dorigoni, ndr). Questo primo e secondo ci volevano perché il giorno prima a Brugherio c’è stata un po’ di confusione a giochi quasi fatti, però sono cose che capitano. Due scivolate ai 200 metri ed è andata come sappiamo tutti. 

Quindi per la gara, appuntamento e testa già al 2022?

Dopo quarantadue gran premi, guardando l’albo d’oro, ho pensato: “Come sono vecchio!”. In realtà sono ben contento e anche mio figlio Alessandro è appassionato, sta facendo un gran lavoro in azienda. Per cui è una soddisfazione personale vedere il nome Guerciotti che va avanti nel tempo, sia con le bici sia con le organizzazioni delle gare. 

Risponde il figlio Alessandro

Alessandro Guerciotti, che dal 2000 è entrato in azienda proprio quando il marchio è sbarcato nuovamente tra i professionisti, completa il bilancio e spiega che a Milano mancava uno staff che potesse aiutarli ad organizzare, cosa che invece hanno trovato a Cremona. Così hanno cambiato scenari…

Un po’ colore e un po’ banda di amici, nel 2016 li guidano Arzuffi e Dorigoni
Un po’ colore e un po’ banda di amici, nel 2016 li guidano Arzuffi e Dorigoni
Per questo vi siete spostati?

Per organizzare gare di alto livello come le nostre serve sempre più avere un pool di sponsor e un gruppo di lavoro importante e imponente, specie attualmente con le normative anticovid che sono molto difficili. Sicuramente abbiamo trovato una location spettacolare. Il percorso è migliore rispetto all’Idroscalo, è più tecnico e in tanti lo hanno paragonato ad alcune corse del Belgio. Il clima tipicamente nordico ha reso tutto più impegnativo.

Tornerete nei prossimi anni?

L’obiettivo è rimanere. Abbiamo trovato un partner ottimo nel Velo Club Cremonese. Poi abbiamo avuto l’appoggio da parte dell’assessorato dello sport del Comune di Cremona che è stato fondamentale per organizzare una corsa di questo livello. Quello di quest’anno è stato un po’ un evento zero, vista la nuova location. Ma abbiamo già ricevuto dei complimenti da parte chi ha provato e corso su questo circuito. In futuro qui potremmo anche organizzare nuovamente un campionato italiano (già successo nel 1998, 2010 e 2019, ndr).

Sei il team manager anche della Selle Italia Guerciotti…

Abbiamo una squadra, la più storica del ciclocross italiano, con elementi importanti come Dorigoni, Bertolini e Realini, che saranno senz’altro protagonisti della stagione sia nazionale che internazionale.

Gaia Realini è la punta di diamante del team per questa stagione
Gaia Realini è la punta di diamante del team per questa stagione
Torniamo un attimo sulla questione Baroni. Vuoi aggiungere qualcosa?

Noi non recriminiamo nulla. Abbiamo fatto le nostre scelte, abbiamo Realini che è la giovane di maggior talento, che potrà portarci grandi risultati, anche internazionali. Francesca ha cambiato squadra. La ringraziamo per quello che ha fatto con noi vincendo due titoli italiani, ma guardiamo avanti.

Visto ciò che è successo, ti senti di dare un messaggio per evitare che in futuro possano verificarsi ancora casi del genere?

Dipende dagli accordi che ci sono tra le squadre. Con il Covid si sono allungate le stagioni su strada, creando quell’accavallamento che in passato non c’era. Noi di problemi non ne abbiamo mai avuti. E’ ovvio che ci debba essere una giusta comunicazione tra le squadra di cross, strada e mountain bike. Con le formazioni dei nostri atleti abbiamo ottime partnership, senza alcun problema. Tuttavia credo che le squadre su strada debbano capire che il ciclocross è importante e propedeutico. Oggi gli esempi di Van Aert, Pidcock e Van der Poel dimostrano che se uno ha talento può vincere da una parte e dall’altra. E che il dialogo è alla base di tutto.

Bertolini pensa all’europeo e intanto difende la maglia rosa

16.10.2021
3 min
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La stagione italiana del cross entra sempre più nel vivo. Domani per alcuni ragazzi sarà già la quinta gara dell’anno. Si corre infatti a Porto Sant’Elpidio la seconda tappa del Giro d’Italia Ciclocross. E in maglia rosa, tra gli elite, c’è Gioele Bertolini.

Il valtellinese, nonché campione italiano in carica, è tornato “a casa”, alla Selle Italia Guerciotti ed appare più pimpante che mai.

Bertolini al centro con la maglia rosa, conquistata ad Osoppo (foto Instagram)
Bertolini al centro con la maglia rosa, conquistata ad Osoppo (foto Instagram)

Il ritorno a casa

«Con Guerciotti – racconta – i rapporti erano rimasti buonissimi anche nella passata stagione in cui ero andato alla Trinx. Quella fu una scelta particolare in quanto molto mirata alla Mtb e alle Olimpiadi, poi è andata come è andata… Già dalla scorso inverno con Alessandro (Guerciotti, ndr) avevo parlato ed era emersa la possibilità di tornare. Così ho colto al volo questa possibilità. Ma con Luca Bramati non ci sono problemi. Pensate che è lui che mi allena adesso. Solo che anche Luca ha variato un po’ i suoi progetti con la Trinx e ha sposato il piano femminile del cross della Valcar».

Alla fine anche in una specialità che è “individuale” come il ciclocross sentirsi a casa e avere la fiducia di chi è intorno a te può fare la differenza. E il Bullo quando è in palla se la può giocare, anche all’estero. Guida come poche e i cavalli non gli mancano.

Ritmi subito elevati, anche in Italia. Ecco Bertolini ad Osoppo (foto Instagram)
Ritmi subito elevati, anche in Italia. Ecco Bertolini ad Osoppo (foto Instagram)

Livello già alto

In più è un ragazzo anche molto attento sul piano tattico. La scorsa domenica ha vinto ad Osoppo. Il percorso era molto veloce e fare la selezione non era semplice.

«A quel punto quando ho visto che non si riusciva ad andare via – racconta Gioele – e che eravamo sempre in due o tre, ho preferito mollare un po’. Abbiamo così viaggiato con un drappello di sette fino a metà gara. Eravamo in tre della Selle Italia-Guerciotti e non potevamo non portare a casa la corsa. Direi che abbiamo corso bene. Nel finale c’erano curve lente e così ho anticipato un po’. Sono partito ai 300 metri e ho chiuso un po’ le porte».

«La cosa che ho notato in questo avvio di stagione è che tutti sono già parecchio palla, sono partiti forte e per questo immagino sarà un’annata impegnativa».

Gioele in azione all’italiano di Lecce, vinto per pochi secondi su Dorigoni, da quest’anno suo compagno di squadra
Gioele in azione all’italiano di Lecce, vinto per pochi secondi su Dorigoni (che s’intravede alle sue spalle)

Gli europei in testa

Stagione impegnativa ma anche stimolante. Quando Gioele sente che c’è da lottare tira fuori gli artigli. Lo scorso anno, per esempio, il percorso tricolore di Lecce era più favorevole ad un corridore di grande potenza come Dorigoni, ma il Bullo ha sfruttato le sue doti di guida nella parte più tecnica, e lo ha tenuto per un’ora a 7-8 secondi di distacco. Ma come gestirà questa stagione? Sarà un crescendo fino ai mondiali o ci saranno dei picchi?

«Il primo obiettivo sono gli europei (a Col du Vam, in Olanda il 6-7 novembre, ndr) – dice Bertolini – Lì ci voglio arrivare in buona condizione per davvero. A quel punto con Bramati tireremo una riga e vedremo cosa fare: se trovare un altro picco o tirare avanti. Di certo bisognerà essere in forma per gli italiani e da lì magari arrivare ai mondiali».