Giro Women. Colle delle Finestre giudice supremo (ma non solo)

02.12.2025
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ROMA – Se il Giro d’Italia non è parso impossibile nella sua versione maschile, il Giro Women femminile è invece tosto, tosto. Una tappa in più rispetto a quello dell’anno scorso, una cronoscalata e una salita infinita come quella del Colle delle Finestre.

Si parte da Cesenatico il 30 maggio e si arriverà a Saluzzo il 7 giugno dopo nove tappe, 1.171 chilometri e 12.500 metri di dislivello. Sono numeri davvero importanti. Appena usciti dalla grande sala della presentazione, Giada Borgado a caldo ha fatto un’analisi piuttosto approfondita.

TappaPartenza-ArrivoDistanza
1ª tappa (30/5)Cesenatico-Ravennakm 139
2ª tappa (31/5)Roncade H-Farm-Caorlekm 164
3ª tappa (1/6)Bibione-Bujakm 154
4ª tappa (2/6)Belluno-Nevegal (crono ind)km 12,7
5ª tappa (3/6)Longarone-S. Stefano Cadorekm 138
6ª tappa (4/6)Ala-Brescellokm 155
7ª tappa (5/6)Sorbolo Mezzani-Salice Termekm 165
8ª tappa (6/6)Rivoli-Sestrierekm 101
9ª tappa (7/6)Saluzzo-Saluzzokm 143
Totale km 1.171,7

Il premio del Giro Women è un infinito, come l’amore del Giro per l’Italia e viceversa. E l’amore è quello che si vede anche negli occhi di Elisa Longo Borghini. Secondo noi, ma anche secondo le sue parole, questo Giro Women le piace davvero. Si capisce dallo sguardo. E le piace anche perché c’è un bel pezzo del suo Piemonte.

Come per gli uomini, il cui percorso meno ostico invita una maggiore partecipazione da parte degli uomini di classifica in ottica doppietta Giro-Tour), la stessa cosa potrebbe essere per le donne che scatteranno qualche giorno prima rispetto al calendario abituale. Potremmo avere un super parterre.

Il Trofeo Amore Infinito per la regina del Giro Women. Chi lo porterà a casa il prossimo 7 giugno?
Il Trofeo Amore Infinito per la regina del Giro Women. Chi lo porterà a casa il prossimo 7 giugno?

Inizio per velociste

Appena chiuso il Giro degli uomini, ecco che tocca alle donne: una staffetta come accade al Tour de France e al Tour Femmes e già questo è un bel punto messo a segno da parte di RCS Sport. Magari l’attenzione resterà alta anche per le ragazze.


La prima frazione è piatta, così che anche le sprinter possano indossare la maglia rosa. La seconda è ancora per le ruote veloci nonostante la salita di Ca’ del Poggio, mentre le cose iniziano a cambiare dalla terza tappa, quando il gruppo si muoverà verso il Nord-Est affrontando alcuni strappi nel finale. Ma il Giro Women cala l’asso nella quarta frazione con la cronoscalata del Nevegal: 12,6 chilometri quasi tutti all’insù. Viste le pendenze, visto che è una crono e visto come è migliorata, sembra già di intravedere la firma di Marlene Reusser, che tra l’altro ha il dente avvelenato con il Giro. Ma qui servono soprattutto gambe.

Dolomiti e Cadore ancora protagonisti il giorno dopo con una frazione di ben quattro Gpm, con salite come il Passo Tre Croci e il Passo di Sant’Antonio. Questa è una tappa che i tecnici qui all’Auditorium di Roma hanno rimarcato parecchio.

Verso Saluzzo

Da qui si apre un altro Giro Women. La classifica sarà ben delineata. Dopo le Dolomiti, le gambe delle ragazze troveranno ossigeno verso Brescello, il paese caro alla penna di Guareschi, quello di Peppone e Don Camillo. Magari Lorena Wiebes o Chiara Consonni ne raccoglieranno l’eredità.

La settima tappa, verso Salice Terme, ricorda molto la terza: tanta pianura all’inizio e un finale nervoso. Magari le big non si muoveranno in attesa del grande tappone del giorno dopo: quello del Colle delle Finestre (18 chilometri e cima che sfiora quota 2.200 metri) e l’arrivo a Sestriere.


Il finale non è un circuito passerella, neanche per sogno. La Saluzzo-Saluzzo propone tre salite (non lunghe) e tanti strappi. E qui a stupirci è proprio Elisa Longo Borghini.
«Nevegal e Finestre centrali? Sì, ma io terrei gli occhi puntati anche sulla tappa di Longarone e su quella di Saluzzo. In particolare quest’ultima la conosco e posso garantirvi che sono strade insidiose, che nascondono trabocchetti e che possono fare selezione».

Elisa Longo Borghini (classe 1991) è la campionessa uscente del Giro Women. Sue le ultime due edizioni
Elisa Longo Borghini (classe 1991) è la campionessa uscente del Giro Women. Sue le ultime due edizioni

Il pensiero di Elisa

«Ci sono tappe che possono rivelarsi tranello – riprende Elisa Longo Borghini – la tappa di Longarone è considerata molto, molto difficile: sia per il dislivello in sé, sia perché segue la cronometro del Nevegal del giorno prima. Insomma, per confermarsi, per provare a conquistare il successo finale bisognerà correre praticamente con tutte le forze, scavare fino in fondo. Quello che posso dire è che mi presenterò al massimo delle mie capacità e se ci sarà qualcuno di più forte…».

Longo Borghini rimarca come sia un percorso che richiede, testuali parole: «Sempre le antenne dritte».
«Le prime tre tappe sembrano semplici, in particolare le prime due, però già la terza ha una salitella nel finale che potrebbe favorire qualche attacco. Penso che già lì ci dovrà essere una tensione molto alta».

Il finale in Piemonte è qualcosa che la stimola ulteriormente, ammesso che una campionessa e una professionista come lei ne abbia bisogno. Il Colle delle Finestre è un sogno che si avvera.
«Quando pedalavo lassù nei ritiri ci speravo – conclude Elisa – e ora è realtà. Forse è merito anche di mio marito (Jacopo Mosca, ndr) che mi ha sempre detto che questo giorno sarebbe arrivato. Non so: forse ha parlato col sindaco di Sestriere! Lassù sarà durissima, ma avrò seppur per dieci secondi, il tifo dalla mia parte».

Non solo per scalatori? Roma presenta il Giro d’Italia numero 109

01.12.2025
8 min
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ROMA – Atteso, sognato, spoilerato, ma finalmente eccolo il Giro d’Italia numero 109 della storia. Un Giro accattivante e certamente duro, ma che sin da subito non sembra essere affatto impossibile. E questo, stando a quel che dicono gli atleti, potrebbe essere sinonimo di maggior spettacolo… specie se ci dovessero essere alcuni attesi protagonisti, due su tutti: Tadej Pogacar e, molto più probabilmente, Jonas Vingegaard.

TappaPartenza-ArrivoDistanza
1ª tappa (8/5)Nessebar-Burgaskm 156
2ª tappa (9/5)Burgas-Veliko Tarnovokm 220
3ª tappa (10/5)Plovdiv-Sofiakm 174
Primo riposo (11/5)
4ª tappa (12/5)Catanzaro-Cosenzakm 144
5ª tappa (13/5)Praia a Mare-Potenzakm 204
6ª tappa (14/5)Paestum-Napolikm 161
7ª tappa (15/5)Formia-Blockhauskm 246
8ª tappa (16/5)Chieti-Fermokm 159
9ª tappa (17/5)Cervia-Corno alle Scalekm 184
Secondo riposo (18/5)
10ª tappa (19/5)Viareggio-Massa (crono ind.)km 40,2
11ª tappa (20/5)Porcari-Chiavarikm 178
12ª tappa (21/5)Imperia-Novi Ligurekm 177
13ª tappa (22/5)Alessandria-Verbaniakm 186
14ª tappa (23/5)Aosta-Pilakm 133
15ª tappa (24/5)Voghera-Milanokm 136
Terzo riposo (25/5)
16ª tappa (25/5)Bellinzona (Svi)-Carì (Svi)km 113
17ª tappa (26/5)Cassano d’Adda-Andalokm 200
18ª tappa (27/5)Fai della Paganella-Pieve di Soligokm 166
19ª tappa (28/5)Feltre-Alleghe (Pian di Pezzè)km 151
20ª tappa (29/5)Gemona del Friuli-Piancavallokm 199
21ª tappa (30/5)Roma-Romakm 131
Totale km 3.458,2

All’Auditorium Parco della Musica, dove si è scoperto il percorso del Giro, il danese non c’è. Al suo posto c’è il compagno Simon Yates, la maglia rosa uscente. Ha le “guanciotte”, l’inglese: per adesso va bene così. Lancia ancora messaggi d’amore alla corsa rosa, dice come custodisca il Trofeo Senza Fine quasi come un totem, ma non rivela nulla sui suoi piani futuri e su quelli della sua squadra.

La Bulgaria e il Sud Italia

Ma andiamo al percorso. Si parte dalla Bulgaria e più precisamente da Nessebar, e si arriverà a Roma dopo 21 tappe, 3.459 chilometri e circa 50.000 metri di dislivello.
Nessebar è una cittadina di circa 15.000 abitanti, una sorta di Rimini della Bulgaria, le cui coste sono bagnate dal Mar Nero. La prima volta che ebbe a che fare con “l’Italia” fu nel 71 avanti Cristo, quando venne conquistata dai romani. A distanza di 2.100 anni, più o meno, vi ritorniamo per esportare una delle perle del Belpaese: la corsa rosa.

Tre tappe in Bulgaria, dunque, come ormai è prassi quando un Grande Giro scatta dall’estero. Un via veloce, ma con un urlo nel finale della seconda frazione: uno strappo di 3,5 chilometri al 7,5 per cento. Poi arrivo nella splendida capitale bulgara, Sofia.

Si arriva in Italia e si risale la Penisola dal Sud: Catanzaro è la prima località italiana a ospitare il Giro. Tappe mosse e veloci solo su carta. Quella di Potenza, come sempre sarà una volata che gli sprinter dovranno sudarsi.

Il Blockhaus e la crono

La musica cambia radicalmente con la settima tappa, la più lunga dell’intero Giro: la Formia – Blockhaus di 246 chilometri, con l’arrivo sulla mitica montagna abruzzese. Una delle scalate più toste dell’intera corsa 2026, tanto più che la si affronta dal versante di Roccamorice, quello più “cattivo”.
Il Blockhaus dà il via a una tripletta niente male, tutta appenninica, con anche i muri di Fermo e l’arrivo di Corno alle Scale.

Questa tripletta farà sì che il gruppo arrivi alla cronometro individuale Viareggio – Massa, l’unica in lista, con la classifica già abbastanza delineata. La crono, dopo il giorno di riposo, potrà dare una grossa mano agli specialisti. E’ alquanto lunga visti i tempi moderni, 40,2 chilometri, e del tutto pianeggiante. Il nostro pensiero va ai Giri dell’epoca di Miguel Indurain.

Si va verso il finale della settimana attraverso tappe perfette per velocisti e uomini da fuga, prima del terzo grande arrivo a Pila, la montagna di Aosta. E’ una salita “da Tour”, con strada relativamente larga e pendenza regolare: 17 chilometri al 7 per cento. Un arrivo non impossibile ma duro. Pila è una di quelle scalate dove chi ha gamba può fare una bella differenza. Ma soprattutto, Pila arriva dopo una frazione tostissima: di 133 chilometri e oltre 4.400 metri di dislivello. Una frazione così può fare davvero tanto male.

Le Dolomiti e Roma

Dopo l’arrivo di Milano e il terzo, ed ultimo, giorno di riposo, l’ultima settimana si apre con la brevissima ma intensa Bellinzona – Carì: pertanto c’è un nuovo sconfinamento, in Svizzera. La salita di Carì è dura e potrebbe quasi essere la sorpresa di questa corsa: misura 11 chilometri e ha una pendenza media superiore all’8 per cento. Senza contare che arriva dopo il giorno di riposo. Questa frazione, e le due successive perfette per le fughe, porta agli ultimi due grandi tapponi.

Il primo di questi è la Feltre – Alleghe, più precisamente a Piani di Pezzè, affrontando nell’ordine Duran, Staulanza, Giau – che sarà Cima Coppi – e Falzarego prima dell’arrivo.
Il Giro d’Italia n. 109 si deciderà però a Piancavallo, con la doppia scalata della montagna friulana. Una curiosità: ancora una volta c’è una salita nel segno di Marco Pantani. Il Pirata vinse infatti sia a Piancavallo nel 1998, iniziando la rimonta nei confronti di Alex Zulle, sia a Piani di Pezzè dove conquistò il Giro dilettanti.

Il gran finale? Ancora a Roma. E’ il quarto anno consecutivo. «Speriamo che possa essere qualcosa di permanente così come Parigi è per il Tour de France», ha detto l’assessore dello Sport di Roma, Alessandro Onorato.

Simon Yates ha detto che vorrebbe esserci, ma prima dovrà vedere i programmi con la sua Visma-Lease a Bike. Il percorso però gli piace
Giro Italia, Simon Yates
Simon Yates ha detto che vorrebbe esserci, ma prima dovrà vedere i programmi con la sua Visma-Lease a Bike. Il percorso però gli piace

Non solo scalatori?

La mix zone dell’Auditorium si trasforma in una sorta di “Processo alla tappa”. Si cerca di capire se sarà duro, per chi sarà più congeniale e magari fare qualche nome. La nostra sensazione è che sia un Giro d’Italia equilibrato. Ci sono quattro scalate che più di altre potranno essere decisive: Blockhaus, Pila, Carì e Piancavallo. Ma nel complesso la terza settimana sembra più “morbida” del solito, specie nelle tappe finali. Manca la tripletta classica e chissà che non possa essere un bene per lo spettacolo e gli attacchi.

Altra considerazione, che magari a molti non piacerà: torna una vera tappa lunga all’interno di un Grande Giro. La Formia – Blockhaus misura 246 chilometri. Era da un po’ che non si aveva più il coraggio di proporre una frazione tanto lunga. Anche Vincenzo Nibali l’ha sottolineato. E’ il regalo di Mauro Vegni, che ha firmato la sua ultima creatura rosa? Forse… A noi una, sottolineiamo una, frazione così lunga piace. Aiuta a fare emergere gli uomini di fondo e chi ha doti di recupero. In tutto, le frazioni oltre i 200 chilometri sono quattro.

A questa dose di “vintage” si contrappone il moderno della frazione di Aosta: 4.400 metri di dislivello in 133 chilometri sono numeri che fanno tremare le gambe a tutti, soprattutto agli sprinter.

E’ quindi un Giro esclusivo per scalatori? Un cronoman come Remco Evenepoel, per esempio, non potrebbe scavare un solco importante e poi correre sulla difensiva? Non è stato un caso se prima abbiamo pensato ad Indurain. Vedremo chi vi parteciperà e che corsa, anche tatticamente, ne verrà fuori. Il terreno per attaccare o difendersi c’è tutto. Non resta che attendere l’8 maggio.

Premiazione Coppa Italia delle Regioni 2025, Palazzo rospigliosi, Roma, Lega del Ciclismo Professionistico

Coppa Italia delle Regioni, il brindisi a un passo dal Quirinale

19.11.2025
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ROMA – La premiazione della Coppa Italia delle Regioni si trasforma di colpo in un meraviglioso spot per il ciclismo quando vengono invitati a parlare Claudio Chiappucci, Alessandro Ballan e Paolo Bettini. Da un lato c’è Roberto Pella, il presidente della Lega Ciclismo Professionistico. Dall’altro c’è Flavio Siniscalchi, in rappresentanza del ministro dello sport Abodi. E quando i tre campioni, ben ispirati da Lucia Blini, raccontano la loro passione per lo sport, la sala ammutolisce. Siamo a Palazzo Rospigliosi, dall’altro lato della strada ci sono le Scuderie del Quirinale e poco più avanti la stessa sede del Presidente della Repubblica. Roberto Pella sfrutta i suoi contatti e lo fa bene: non si era mai visto tanto ciclismo a Roma e Roma sembra ben contenta di accoglierlo.

Chiappucci racconta quello che fa per valorizzare i territori. Ballan racconta dell’impegno con i più piccoli e il ciclismo femminile nella Giorgione in cui iniziò a correre. Bettini racconta del ponte culturale creato con la Grecia e dell’iniziativa del Pedale Rosso contro la violenza sulle donne. Il ministro delle pari opportunità Roccella annuisce, Pella fa la sintesi e sottolinea il tutto.

«Questi grandi campioni – dice – non solo ci hanno fatto sognare, non solo ci hanno fatto vivere delle emozioni, ma continuano a far vivere alle altre persone queste esperienze. Sostegno al settore giovanile, valorizzazione dei territori, impegno in favore degli altri. Dobbiamo ringraziarvi perché siete di esempio. Non solo per aver dato tanto, ma perché continuate a dare tanto al mondo dello sport e alla gente comune. Le iniziative che portate avanti sono importanti anche oltre il ciclismo».

Il momento iniziale con Bettini, Ballan e Chiappucci ha colpito i presenti
Il momento iniziale con Bettini, Ballan e Chiappucci ha colpito i presenti

Undici regioni, 800 Comuni

La Coppa Italia delle Regioni taglia il secondo traguardo, dopo che l’edizione 2024 si articolò in appena quattro tappe: poche per darle una valenza tecnica, ma fu il seme dell’idea che Roberto Pella avrebbe lanciato per il 2025. Questa volta le prove sono state 31, con ben altro riscontro. Il presidente ha grandi slanci e non è sempre facile stargli dietro e mantenere tutte le parole. Non tutto è stato fatto come annunciato, qualche prova non si è svolta, ma già per il 2026 si annunciano corse nuove ed è lo stesso Pella a dare l’appuntamento per la presentazione: 28 gennaio, ore 15, alla Camera dei Deputati.

«Lo scorso 27 febbraio – dice Pella aprendo la mattinata – alla Camera dei Deputati nasceva la Coppa Italia delle Regioni 2025, un progetto realizzato grazie ai ministri dello sport Andrea Abodi, della famiglia Eugenia Maria Roccella, degli esteri Antonio Tajani, del turismo Santanché. Un progetto che come Lega del Ciclismo abbiamo voluto costruire insieme alla Conferenza delle Regioni. Grazie alla Coppa Italia delle Regioni abbiamo fatto conoscere in Italia e nel mondo le nostre corse leggendarie. Abbiamo valorizzato le imprese sportive delle nostre atlete e dei nostri atleti. Abbiamo attraversato ben 11 regioni e oltre 800 comuni. Infine abbiamo fatto innamorare e rinnamorare milioni e milioni di italiani. Nessuno di noi si sarebbe immaginato un successo così grande, il nostro meraviglioso film ha avuto inizio così».

Scaroni e podio XDS Astana

Ci sono Scaroni, Velasco e Ulissi: tre uomini della XDS Astana ai primi tre posti e forse non è un caso. La squadra aveva bisogno di fare punti ed essere davanti in tutte le corse ha portato a questa classifica. C’è il quarto, Davide Piganzoli, in procinto di conoscere i compagni della Visma-Lease a Bike, superato da Ulissi proprio alla Veneto Classic, che si consola con la classifica degli under 25. C’è Mattia Bais, che ha vinto la classifica dei GPM, e con lui Stefano Zanatta per raccogliere il premio della classifica a squadre del Team Polti-Visit Malta.

«Sicuramente è un motivo d’orgoglio essere qui – dice Scaroni – per il lavoro che abbiamo fatto nell’arco di tutta la stagione. Una classifica del genere si vince facendo le corse che la compongono e cercando di restare sempre davanti. Sicuramente dalle corse in Toscana in avanti, si può dire che sia diventata un obiettivo, ne parlavamo anche con i ragazzi che sono venuti qua oggi. E’ diventata un obiettivo e l’abbiamo conquistata con un buon margine. Mi viene da sorridere se penso che tre anni fa ero sul punto di smettere per la vicenda della Gazprom. E’ servita soprattutto tanta resilienza, non è stato facile. Però dopo tre anni di crescita è arrivata questa soddisfazione e speriamo che ne arrivino tante altre nelle prossime stagioni».

Monica Trinca Colonel, premiata dal ministro della famiglia e pari opportunità Roccella
Monica Trinca Colonel, premiata dal ministro della famiglia e pari opportunità Roccella
Monica Trinca Colonel, premiata dal ministro della famiglia e pari opportunità Roccella
Monica Trinca Colonel, premiata dal ministro della famiglia e pari opportunità Roccella

La parità di genere. E di premi…

Fra le donne dei piani alti della classifica, c’è solo Monica Trinca Colonel, che racconta la sua caparbietà nel voler sfondare nel ciclismo. La lombarda ha concluso al secondo posto dietro Elisa Longo Borghini, collegata in videoconferenza al pari di Eleonora Gasparrini, prima fra le giovani. Alle sue spalle Gaia Segato, presente con Walter Zini, premiato per il successo della BePink-Imatra nella classifica a squadre.

«Volevo ringraziare fortemente le istituzioni presenti – dice la Longo – perché la Coppa Italia delle Regioni è un’iniziativa unica nel suo genere. E’ importantissima per far crescere il ciclismo in generale, ma soprattutto il ciclismo femminile che ne ha molto bisogno. Vorrei ringraziare il presidente Pella che ha fortemente voluto questa parità, anche per quanto riguarda i premi tra le classifiche maschili e le femminili. E ringrazio anche la Conferenza delle Regioni che ha aiutato a far sì che questa nuova challenge prendesse forma».

Roberto Pella ha fatto gli onori di casa: la Lega Ciclismo con lui ha cambiato marcia
Roberto Pella ha fatto gli onori di casa: la Lega Ciclismo con lui ha cambiato marcia
Roberto Pella ha fatto gli onori di casa: la Lega Ciclismo con lui ha cambiato marcia
Roberto Pella ha fatto gli onori di casa: la Lega Ciclismo con lui ha cambiato marcia

Una grande occasione

C’era tanto ciclismo e tanti ne hanno approfittato per passare un paio di giorni a Roma, che stamattina li ha accolti con un bel sole, mentre ieri li ha costretti a rintanarsi in qualche accogliente trattoria vista la pioggia. Il presidente Pella annuncia per il prossimo anno una serie di circuiti serali che vedranno impegnati gli ex professionisti e si prenota con Fabretti per avere la diretta RAI. Si respira l’enorme possibilità che per il ciclismo può venire da un tale presidente di Lega, ma annotiamo ancora una volta l’assenza di rappresentanti della FCI che della Lega è genitrice (era presente Maurizio Brilli, presidente del Comitato Regionale del Lazio). Se i due enti riuscissero a parlare, forse davvero si potrebbero fare cose grandissime.

Rinasce il Velodromo a Roma? Progetto definito, ora al lavoro

22.09.2025
6 min
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E se la pista italiana ripartisse da Roma? E’ vero, il movimento ha a Montichiari una sede fondamentale, in piena attività e dove continuano a nascere i grandi successi del movimento italico, ma è pur sempre un impianto che non può essere utilizzato per competizioni. Quello di Spresiano è in perenne via di completamento e appare difficile districarsi nelle sue pastoie burocratiche per capire quando potrà essere pronto. A Roma il Velodromo è stato uno dei principali teatri delle leggendarie Olimpiadi del 1960, poi è andato progressivamente in rovina, utilizzato più come uffici (per anni è stato la sede della Primavera Ciclistica, organizzatrice del GP Liberazione) fino ad essere abbattuto nel 2008. Ma ora potrebbe rinascere come l’araba fenice…

Il vecchio velodromo olimpico, andato in rovina dopo i Giochi del 1960 e abbattuto nel 2008
Il vecchio velodromo olimpico, andato in rovina dopo i Giochi del 1960 e abbattuto nel 2008

Un’idea nata dagli appassionati

L’idea gira nell’ambiente da un po’ di tempo ed è frutto dell’iniziativa privata, portata avanti dal Comitato E.O.S. (EurOmniSport) di Marco Muro Pes che ha redatto un vero e proprio progetto, relativo a un impianto coperto utile sia per il ciclismo che per l’atletica (altra disciplina che da anni lamenta la mancanza di una struttura per l’attività indoor che risponda alle esigenze internazionali), ma che potrebbe benissimo essere utilizzato per una vasta gamma di iniziative, sportive e non solo.

Muro Pes tiene innanzitutto a sottolineare la primogenitura del progetto in questione: «Io ho approntato un’iniziativa che possa risolvere un doppio atavico problema, accogliendo le istanze sia ciclistiche che atletiche: due sport che amo molto. Quando il Velodromo è stato abbattuto, subito nell’ambiente si è sentita la sua mancanza, la voglia di costruirne uno nuovo, più moderno, che rispondesse alle esigenze del tempo. Forse l’atletica più del ciclismo ha fatto sentire la sua voce, ma in Europa impianti con la doppia funzione abbondano, perché non farne uno anche qui? Un impianto del genere non esiste in Italia e l’Italia non può per questo allestire eventi internazionali né per l’atletica né per il ciclismo. Nel primo caso ci sono Ancona e Padova che non hanno la capienza utile, nel secondo c’è Montichiari che ugualmente non può ospitare eventi non avendo spazio per il pubblico».

Marco Muro Pes, presidente del Comitato E.O.S. realizzatore del progetto
Marco Muro Pes, presidente del Comitato E.O.S. realizzatore del progetto

Ciclismo e atletica convivono

L’impianto sarebbe quindi pienamente a norma: «Certamente, è pensato perché risponda alle esigenze internazionali ma non solo. Correre su una pista da 250 metri che ha le curve paraboliche che sono più strette, che ha tutta un’altra struttura è fondamentale per crescere per tanti ragazzi. Noi abbiamo pensato a un impianto da 250 metri con curve paraboliche inclinate a 45 gradi. Per certi versi, lo dico da appassionato di atletica che segue anche il ciclismo, è incredibile come con una tale carenza di impianti abbiamo così tanti campioni».

Voi che zona avete identificato? «Rimarremmo all’Eur, esattamente dov’era posto il vecchio impianto che per posizione era ideale. Oltretutto non andremmo a toccare ulteriori spazi se non marginalmente. Il Velodromo demolito è una ferita aperta per ogni romano, dal punto di vista sia dello sport che del quartiere stesso. La memoria olimpica c’è, l’area è storicamente destinata a quello, abbiamo riscontrato anche un cambio di sensibilità da parte della nuova dirigenza politica e sportiva verso l’idea, mentre prima c’era molta più renitenza.

«Il problema è che quell’area nel tempo ha cambiato destinazione, diventando residenziale, commerciale, per uffici. Insomma di sportivo non c’era più nulla. Quindi noi ci siamo attivati per innanzitutto modificare la destinazione, farla ritornare per uso pubblico e uso sportivo proponendo un impianto di livello internazionale».

Una pista “dentro” la pista

Come si fanno convivere una pista di atletica e una di ciclismo che hanno sviluppi diversi, 200 metri per la prima e 250 per le due ruote? «Quella di ciclismo è sostanzialmente fissa, anche se su una parte di rettilineo può essere allestita una tribuna aggiuntiva. La pista dell’atletica sta dentro il parterre di quella del ciclismo, con le curve che per l’atletica sono ugualmente sopraelevate, ma meno che nel ciclismo. Queste curve paraboliche sono realizzate con degli impianti oleodinamici che consentono di abbassarsi. Quindi quando non si fanno gare di atletica e si fa ciclismo o si fa qualsiasi altro sport, si possono abbassare le curve e il parterre è totalmente piano, per questo possono essere realizzate delle tribune aggiuntive. Ciò ci consente di avere un impianto molto flessibile, che consente l’adattamento sia per le discipline sportive che si possono realizzare, sia per quanto riguarda la capienza di pubblico».

Avete già idea dei costi? «Diciamo che il progetto tende a ottimizzarli. Noi abbiamo preso il Palalottomatica come esempio, ha costi di gestione enormi per cui o viene riempito o va subito in perdita e questo ha pesato tanto sul suo utilizzo, ad esempio per il basket. Il Pala Tiziano è piccolo, manca qualcosa in mezzo che sia più flessibile. Inoltre entrambi hanno un difetto nella conformazione del parterre, a pianta rotonda per il Palazzo dello Sport, leggermente rettangolare per il Pala Tiziano. Quello dell’eventuale Velodromo e della pista atletica, essendo un anello allungato consente di fare tutti gli sport».

Un impianto da utilizzare anche per allenamenti? «Certo, noi vogliamo che abbia un uso quotidiano, stabilito su turni per accontentare sia chi corre che chi pedala. La flessibilità per l’organizzazione può passare dai 5 mila posti ai 12 mila per un evento internazionale».

L’impianto di Apeldoorn, sede degli ultimi europei, ospita anche la pista da atletica
L’impianto di Apeldoorn, sede degli ultimi europei, ospita anche la pista da atletica

Un cammino che è solo agli inizi

Quale iter bisogna seguire adesso? «Il primo passo è convincere la proprietà dell’area che è EUR SPA a orientarsi su una proposta del genere. I contatti finora lasciano spazio all’ottimismo. E’ una proprietà privata, ma a totale capitale pubblico al 10 per cento di Roma capitale, al 90 del MEF. E’ da fare anche un ragionamento economico sugli introiti che potrebbe avere un impianto del genere. Bisogna trovare le convergenze giuste dal punto di vista della proprietà e dell’amministrazione capitolina, perché bisogna fare una variante al piano regolatore per farlo ritornare all’uso sportivo.

«E serve l’interessamento del Governo e del Parlamento – prosegue Muro Pes – perché un impianto del genere difficilmente potrebbe essere gestito solo da un ente pubblico o privato che sia. Ma serve il riconoscimento dell’interesse nazionale e da parte comunale della pubblica utilità. E’ un cammino articolato, che dovrà passare anche per la Finanziaria. Per ora stiamo solo esponendo un’idea, chiaramente stiamo lavorando con tutte le figure istituzionali, politiche, sportive, imprenditoriali che possono essere interessate per capire se c’è interesse e mi sembra di capire che dal punto di vista politico comunque ci sia abbastanza convergenza tra le varie parti».

Roma e il Giro, sarà la volta buona per nozze durature?

01.08.2025
5 min
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Il Tour de France si è chiuso da una settimana, ma ci sono alcune considerazioni che tengono alta l’attenzione anche sul Giro d’Italia, che si è chiuso esattamente due mesi fa a Roma. Già, Roma, la capitale, che con la corsa rosa ha sempre avuto un rapporto molto stretto ma certamente diverso da quello di Parigi con il Tour.

L’ultima tappa della corsa rosa è stata un viaggio fra i monumenti iconici della città, Colosseo in testa
L’ultima tappa della corsa rosa è stata un viaggio fra i monumenti iconici della città, Colosseo in testa

Roma come Parigi?

Lo scorso anno, quando Parigi era alle porte della sua terza edizione olimpica, gli organizzatori furono costretti ad emigrare dalla consueta conclusione sugli Champs Elysées e nel mondo delle due ruote si alzarono alti i peana di chi parlava di attentato alla tradizione. Perché la conclusione del Tour “è” a Parigi, c’è poco da fare. Roma non vive lo stesso rapporto con il Giro d’Italia: la Capitale è stata per ben 112 volte sede di arrivo di tappa (solo Milano le è superiore con 144), ma la corsa rosa si è conclusa sulle strade capitoline appena 7 volte, di cui le ultime tre consecutivamente.

E’ ancora presto per parlare della prossima edizione, anche se alla RCS Sport i contatti per le varie sedi di tappa sono già iniziati da tempo. Quel che è certo è che Roma tiene fortemente a continuare su questa strada e l’Assessore allo Sport del Comune di Roma, Alessandro Onorato, non ne ha mai fatto mistero: «Lo splendido epilogo del Giro d’Italia a Roma è stato un successo, anche grazie a qualcosa che solo Roma  può offrire: il passaggio in Vaticano, con tutte le emozioni profonde che ne conseguono. Cosa che non avviene tutti i giorni, considerando che siamo in un altro territorio, in un altro Stato. La bellezza della capitale, dal centro storico allo spettacolo di Ostia, è il degno traguardo di una delle competizioni sportive più importanti a livello italiano e internazionale».

Alessandro Onorato, Assessore allo Sport del Comune di Roma, fortemente propenso ad avere il Giro nella Capitale
Alessandro Onorato, Assessore allo Sport del Comune di Roma, fortemente propenso ad avere il Giro nella Capitale

Un successo contro chi era scettico

Come detto, Roma ha ospitato la conclusione del Giro, con l’incredibile scenario delle premiazioni finali con lo sfondo dei Fori Imperiali, per la terza volta consecutiva ma l’intenzione ferma del Comune di Roma è che questa serie non vada interrompendosi, anche per smentire coloro che avevano salutato con poca soddisfazione la scelta degli organizzatori di porre Roma come approdo del lungo viaggio della carovana rosa.

«Tre anni fa c’era molto scetticismo intorno a questa possibilità – sottolinea Onorato – ma noi abbiamo dimostrato che questa era una scommessa che si poteva vincere e così è stato. Abbiamo dimostrato che Roma può essere un modello organizzativo e gestionale anche nel mondo delle due ruote. Una metropoli internazionale efficiente, dove i grandi eventi sono un valore aggiunto per il territorio. Il Giro d’Italia non è una manifestazione come le altre, non può essere confinato nel solo ambito sportivo perché fa parte del tessuto sociale, della cultura, della tradizione del nostro Paese. Noi abbiamo sempre considerato il Giro d’Italia come una grande festa popolare che si tramanda di generazione in generazione».

La tappa conclusiva del Giro ha attirato tantissime persone sul percorso ad applaudire i protagonisti
La tappa conclusiva del Giro ha attirato tantissime persone sul percorso ad applaudire i protagonisti

E se arrivassero altri grandi eventi?

Sarebbe importante che, oltre al Giro, Roma rimanesse legata a doppio filo con il ciclismo anche attraverso altri eventi. Il Gran Premio Liberazione, grazie all’impegno e all’abnegazione di Claudio Terenzi e del suo staff è diventato un riferimento per la primavera che abbraccia la città per un lungo weekend, coinvolgendo quasi tutte le categorie e con un interesse intorno ad esso che sta tornando internazionale, ma se si parla di professionisti è innegabile che molti, soprattutto coloro che hanno qualche anno in più sulle spalle rimpiangono il Giro del Lazio, che era una delle grandi classiche dell’autunno e un appuntamento fra i più prestigiosi all’infuori delle classiche Monumento.

Chissà se, sulla spinta del Giro, anche la corsa autunnale tornerà. Intanto però tutti gli sforzi sono concentrati sulla corsa rosa con l’auspicio che si continui su questa strada e che magari Roma possa pian piano avvicinarsi a quel sentimento di “abitudine” che circonda Parigi e il Tour.

L’edizione del 2004 del Giro del Lazio, vinta dall’iberico Flecha su Simoni e Ullrich. L’ultima edizione è del 2014
L’edizione del 2004 del Giro del Lazio, vinta dall’iberico Flecha su Simoni e Ullrich. L’ultima edizione è del 2014

Uno scenario che nessuno può vantare

«Come nelle due edizioni precedenti, quando oltre un milione e mezzo tra residenti e turisti hanno assistito al passaggio dei campioni, anche questa volta le strade di Roma si sono riempite di persone in festa e dobbiamo replicare, anzi fare ancora meglio perché ci sono le possibilità e abbiamo a disposizione qualcosa che nessuno obiettivamente ha. E’ stata un’occasione straordinaria di promozione turistica con le immagini più suggestive trasmesse in oltre 200 Paesi e con tutta la città che si è potuta giovare, anche economicamente, della presenza di tantissima gente di tutto il mondo arrivata per applaudire Yates e gli altri protagonisti. Roma lo merita».

Marcellusi: sei fughe, tanta grinta e Van Aert sul Sestriere

07.06.2025
5 min
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ROMA – A Martin Marcellusi una volta chiedemmo quale fosse un suo punto di forza e lui ci rispose: la grinta. Che non mollava l’osso facilmente. E in effetti il romano della VF Group-Bardiani in questo Giro d’Italia la grinta l’ha sfoggiata in tante occasioni. Sei volte in fuga, un settimo e due sesti posti (anche se poi in uno dei due è stato declassato all’85°).

Tante volte ha lottato su terreni anche non congeniali. Di certo quello di Marcellusi è uno dei nomi più gettonati che ci ha regalato la corsa rosa. Dalle volate (quasi) di gruppo in Albania, all’arrivo in montagna di Sestriere, fino allo show di Roma. Pensate che proprio prima della partenza della tappa nella Capitale ci aveva detto: «E’ andata, ma non è ancora finita». Covava qualcosa…

Martin Marcellusi (classe 2000) ha concluso il suo terzo Giro d’Italia
Marcellusi (classe 2000) ha concluso il suo terzo Giro d’Italia
Martin, come giudichi dunque il tuo Giro?

Positivo. Se non mi avessero tolto il piazzamento, il sesto posto nella terza, tappa sarei stato ancora più contento, perché per me e per noi erano punti importanti. Purtroppo mi è rimasto un po’ l’amaro in bocca, però mi sono rifatto bene…

Hai lottato per tutte e tre le settimane e da come eri partito sappiamo che non ti sentivi al top: te lo aspettavi un Giro così gagliardo?

C’era un’incognita un po’ sulla condizione, però nei primi giorni ho visto che stavo bene. Sinceramente non pensavo di poter arrivare alla terza settimana così bene… ma ci sono arrivato, per fortuna! Ora l’obiettivo è mantenere anche questa condizione per le prossime gare, già a metà mese sarà di nuovo in gara. Porto via una buona condizione.

Questa gamba va sfruttata. Possiamo ripartire da qui per ottenere qualcosa d’importante?

Sì, sicuramente dopo Sestriere ho capito che la condizione è buona. La tappa è stata durissima e sono riuscito a ottenere un buon risultato su un percorso che sicuramente non era adatto alle mie caratteristiche. Quindi spero proprio di sfruttarla questa gamba, come dite voi… Il programma prevede, dopo un po’ di recupero, il rientro il 13 giugno a Gippingen, che è una corsa abbastanza dura. L’obiettivo da qui in poi è cercare di mantenere il livello di attenzione elevato fino a lì. E poi ci saranno anche i campionati italiani a fine mese. Quindi si tira dritto.

Hai detto: «Quella di Sestriere non era il mio percorso». Però in più di qualche tappa all’attacco non eri sul tuo percorso. Cosa significa?

Voglio dire che la gamba c’è sicuramente. Ho fatto dei risultati in volata, in salita. Mi manca la cronometro, ma quella penso che non arriverà mai, e quindi penso di essere combattivo un po’ ovunque, anche se al Giro poi ottenere un successo è complicato.

Il romano di Corcolle (paese appena ad Est della Capitale) in fuga nella tappa finale
Il romano di Corcolle (paese appena ad Est della Capitale) in fuga nella tappa finale
Se dovessi fare un’autoanalisi di questo Giro, come ne esce Marcellusi? Che corridore sei?

Scalatore no, passista nel senso stretto neanche, direi uno scattista… sto un po’ nel mezzo.

Raccontaci qualcosa che solo tu e pochi altri che l’avete vissuto da dentro potete fare. Ti sei ritrovato nell’epilogo del Giro con Van Aert e Simon Yates…

Incredibile veramente! Personalmente non stavo molto bene prima del Colle delle Finestre, poi quando sono arrivato lì sotto e ho visto il GPX che dava 18 chilometri di salita, ho pensato che fosse solo questione di testa. Quindi mi sono messo lì del mio passo, e piano piano riprendevo corridori, e ho scollinato a poco da Van Aert. Sapevo che poi avrebbe aspettato Simon Yates. Mi avevano comunicato dalla radio che Simon era dietro e stava risalendo. Così per non saltare ho lasciato andare Van Aert e in un certo senso ho aspettato Yates.

In un certo senso…

Non l’ho aspettato perché volessi, ma perché le gambe erano quelle che erano. A quel punto ho cercato di gestirmi tra la sua risalita e la distanza dal GPM. Credo di aver scollinato dieci secondi davanti a lui. Così in discesa ci siamo ricompattati: Yates, Van Aert ed io. Con Wout che tirava.

E come tirava! Dalla tv sembrava una locomotiva che man mano ha ripreso tutti gli altri della fuga…

Mamma mia, il computerino nel fondovalle segnava 370-380 watt… a ruota. Un ritmo asfissiante, tanto è vero che poi li ho mollati quando è ripresa la salita finale perché ero veramente al limite.

A Sestriere l’arrivo davanti a Carlos Verona… dopo averlo redarguito con il più classico dei richiami romani: «Ahò?!»
A Sestriere l’arrivo davanti a Carlos Verona… dopo averlo redarguito con il più classico dei richiami romani: «Ahò?!»
A proposito di salita e di arrivo, abbiamo saputo di un siparietto con Verona…

Ma no, è stata una battuta – e intanto ride Marcellusi – eravamo lì sul rettilineo finale, quando ai 200 metri lo vedo che mi affianca e mi passa, dopo che avevo tirato io gli ultimi chilometri, perché lui mi aveva detto che non poteva. Allora…

Ti è uscito un delicatissimo “ahò” romanesco. Ce lo ha raccontato Roberto Reverberi…

Esatto. Mi è uscito spontaneo questo “ahò”… E infatti poi si è rimesso dietro. Più che altro mi ero preoccupato perché eravamo ben messi, si lottava per un buon piazzamento (il sesto posto, ndr) e c’erano dei bei punticini in palio, che per noi della VF Group-Bardiani sono importanti.

Non avete vinto una tappa però alla fine qualche bel punto l’avete portato a casa, no?

Abbiamo fatto il conto giusto stamattina. E se i calcoli sono giusti dovremmo aver racimolato 400 punti, pertanto siamo soddisfatti. Purtroppo è mancata la vittoria e secondo me poteva anche arrivare, però si sa che il Giro d’Italia è complicato, che il livello è alto e bisogna avere anche un po’ di fortuna.

Moschetti a Roma, un terzo posto che sa di ritorno

06.06.2025
4 min
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Terzo sul traguardo di Roma. Davanti a lui Kooij e Groves, dietro Pedersen. Il Giro d’Italia di Matteo Moschetti si è concluso con un sorriso amaro, perché quando arrivi sul podio vuol dire che avresti potuto anche vincere. Eppure dentro quel piazzamento ci sono così tante sfumature, che se ne può anche essere contenti. Pochi giorni prima, il corridore della Q36.5 aveva il morale quasi nero. Ecco perché abbiamo parlato di sorriso amaro. Ed ecco perché ne parliamo proprio con il milanese, che da lunedì ha cercato di recuperare quanto più possibile, prima di buttarsi nelle prossime corse.

«Onestamente fino a Roma – dice – non avevo avuto grandissime sensazioni. E’ stato un Giro con tre occasioni per le volate e fino a quel momento non ero riuscito a esprimermi come volevo. Sentivo che potevo dare di più, volevo riscattare un Giro che non era stato così buono. Ci tenevo tanto, ma francamente speravo in una vittoria che dopo tre settimane ci sarebbe stata davvero bene».

A destra c’è Kooij, al centro Moschetti, a sinistra Groves: la strada sale al 5%. Alla fine Matteo sarà terzo
A destra c’è Kooij, al centro Moschetti, a sinistra Groves: la strada sale al 5%. Alla fine Matteo sarà terzo

Un arrivo inedito

La volata di Roma si presentava meglio di quella di Cesano Maderno, dove le salite della prima parte avevano lanciato Nico Denz, lasciando alle sue spalle il gruppo frantumato e non certo schierato per lo sprint. La differenza rispetto alle edizioni precedenti, è che nell’ultima tappa non si sarebbe sprintato sul solito arrivo dei Fori Imperiali, ma sullo strappo sopra al Circo Massimo. Duecento metri al 5 per cento: roba per gambe forti, soprattutto alla fine del viaggio.

«Avevamo studiato bene il percorso – prosegue Moschetti – e anche se il Gran Premio Liberazione non passa su quel rettilineo, la salita che facevamo dopo la conoscevo già, quindi sapevo a cosa potesse somigliare il percorso. Poi non ci sono riuscito, perché ha vinto il più forte che è stato pilotato alla perfezione. Sarebbe stato importante, l’ultima tappa vale di più, ma la squadra era contenta. Chiudere il nostro primo Grande Giro con una nota positiva è stato una bella soddisfazione».

Valona, terzo giorno del Giro in Albania: Mosca e Moschetti. Il via non è stato dei migliori
Valona, terzo giorno del Giro in Albania: Mosca e Moschetti. Il via non è stato dei migliori

La volata finale

La prima grande corsa a tappe per il Q36.5 Pro Cycling Team si era aperta con la grandissima attesa di Tom Pidcock, terzo nel giorno di Matera e 16° nella classifica finale, che tuttavia non è mai stato all’altezza delle attese e tantomeno della sua reputazione.

«Non so che valutazioni farà la squadra – dice Moschetti – ma di sicuro avevamo aspettative alte. Volevamo fare bene, anche per onorare la corsa. Per quanto mi riguarda, qualche occasione in più per fare volate potevano anche prevederla, ma le dinamiche di gara sono state imprevedibili e si andava così forte che era impossibile tenere la corsa sotto controllo. E’ positivo che l’ultima tappa abbia previsto la volata, è gratificante per i velocisti che finiscono il Giro e diventa il motivo migliore per arrivare in fondo. Chiaro che essendo stati invitati, nessuno di noi si sarebbe sognato di andare a casa prima per fare meno salite, ma sono cose che succedono».

Pidcock al Giro, una presenza sotto tono. Qui è terzo dietro Pedersen e Zambanini a Matera
Pidcock al Giro, una presenza sotto tono. Qui è terzo dietro Pedersen e Zambanini a Matera

Dubbio tricolore

Il futuro più immediato parla di una corsa in Belgio a metà giugno, poi il nuovo evento Copenhagen Sprint di WorldTour e a seguire i campionati italiani da San Vito al Tagliamento a Gorizia. Sul percorso ci sono ancora pochi dettagli. Si dice che sia stato disegnato a misura di Jonathan Milan, ma lo stesso Moschetti è perplesso sul fatto che la zona di Gorizia possa avere strade così pianeggianti.

Sorridendo dice che adesso tornerà a dormire, perché tre settimane di Giro ti restano addosso a lungo, ma che certo gli piacerebbe mettere a frutto la condizione che ti lasciano nelle gambe. Il resto dipenderà dalle valutazioni della squadra, a partire dalla partecipazione alla Vuelta. Anche se in Spagna le occasioni per i velocisti saranno ancora di meno.

Pedersen, il Giro da protagonista (e da giornalista)

06.06.2025
5 min
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ROMA – E’ stato senza dubbio uno dei grandi protagonisti dell’ultimo Giro d’Italia: quattro tappe vinte, la maglia ciclamino, la maglia rosa per un giorno e una quantità di fughe pressoché infinite. Avrete capito che stiamo parlando di Mads Pedersen. Il gigante della Lidl-Trek è stato un personaggio in corsa e anche fuori.

Ricordiamo il taglio di capelli al compagno Jacopo Mosca nelle prime frazioni e il suo atteggiamento da vero uomo squadra.

A Roma, quando è arrivato in mixed zone e il buon Manuel Codignoni di Radio Rai Sport stava intervistando Lorenzo Fortunato, lui ha preso lo smartphone dalla tasca e, come un giornalista qualunque, si è infilato tra di noi mettendo il cellulare sotto la bocca di Lorenzo. A quel punto Codignoni, che è stato al gioco, gli ha detto: «Mads, fai tu una domanda a Lorenzo». E Pedersen non si è certo tirato indietro.

La Lidl-Trek ha dato una dimostrazione di forza: hanno avuto contemporaneamente maglia ciclamino, maglia rosa e maglia bianca
La Lidl-Trek ha dato una dimostrazione di forza: hanno avuto contemporaneamente maglia ciclamino, maglia rosa e maglia bianca

Giornalista mancato

Insomma, Pedersen oltre che corridore è anche giornalista mancato? Chissà… per ora meglio nelle sue vesti da atleta. Per fare il commentatore tecnico per una radio o tv danese avrà tempo.
Ieri, il team manager della Lidl-Trek, Luca Guercilena, ci ha parlato del grande spirito di squadra che si era creato in seno alla formazione e anche del carisma di Mads. Oggi tocca a lui raccontare tutto questo.

«Il mio giudizio sul nostro Giro – dice Pedersen – è molto alto. Io ho ottenuto quattro vittorie e due miei compagni altre due. E’ molto più di ciò che ci saremmo aspettati. E non so quante squadre potranno fare qualcosa di simile. Voglio ringraziare i ragazzi. Abbiamo condiviso degli splendidi momenti tutti insieme e nelle tappe finali è stato molto importante per me aiutarli. Ci siamo divertiti tantissimo».

Mads parla e ti dà l’impressione di essersi divertito per davvero durante le tre settimane rosa. Chiaro, con una gamba del genere è “facile” divertirsi… ma lui questo Giro l’ha proprio vissuto. Se l’è sentito addosso sin dall’inverno e non si è presentato in Italia svogliato o con l’atteggiamento di chi avrebbe preferito correre il Tour.

A Vicenza la quarta (e forse più bella) vittoria di Mads in questo Giro
A Vicenza la quarta (e forse più bella) vittoria di Mads in questo Giro

Fra Giro e Tour

E infatti un giornalista gli ha chiesto proprio questo: «A molti grandi atleti non piace il Giro, preferiscono il Tour. Anche per te è così?».
E Pedersen, con grande naturalezza, ha risposto: «Ho sempre amato il Giro, propone sempre belle tappe e ottime chances. Sì, è un po’ più tranquillo rispetto al Tour de France. In Francia c’è molta pressione e spesso ce la mettiamo noi corridori stessi, ma deriva anche dalla gestione degli sponsor. Qui in Italia c’è più libertà e puoi “giocare” un po’, rischiare. Mettiamoci anche che quest’anno noi della Lidl-Trek siamo stati fortunati. Nei primi cinque giorni abbiamo subito ottenuto tre vittorie e questo ci ha aiutato a stare sereni e a provare in corsa quello che volevamo. No, no… mi piace molto il Giro».

Tanto per restare in tema di grandi Giri, Pedersen ha detto che quest’anno non farà il Tour. Il che ci sembra anche normale, visto che veniva da una lunga campagna del Nord, dove è stato protagonista. «Quest’anno farò la Vuelta», ha detto.

Con questo Giro d’Italia, Mads ha rispolverato la sua bacheca. E’ stato il primo corridore danese ad indossare la maglia rosa. E’ diventato il corridore danese con più vittorie in assoluto: è arrivato a 54, superando le 51 di Rolf Sorensen. E’ anche grazie a lui (e ad Asgreen) che la Danimarca ha ottenuto il maggior numero di vittorie in un singolo grande Giro: cinque. Fino a quest’anno si era fermata a quattro.

E per il gran finale di Roma, una t-shirt commemorativa per tutta la Lidl-Trek. E c’era anche Giulio Ciccone (foto Instagram)

Il gruppo e il suo leader

A Roma si è così concluso il suo primo, enorme, blocco di stagione. Forse un filo appagato, forse anche stanco. «Semplicemente non avevo le gambe giuste per saltare Kooij».
In fin dei conti era stato in fuga anche nelle ultime tappe di montagna, un po’ per guadagnare gli ultimi punti per la maglia ciclamino, che era ormai in cassaforte, il che la dice lunga su come abbia onorato la corsa rosa, e un po’ per aiutare i suoi compagni, come aveva promesso.

Quelle t-shirt viola indossate da tutto il team Lidl-Trek, staff incluso – maglie con il suo faccione sul davanti e i nomi dei compagni sul retro – parlano di una squadra affiatata. Pensate che a Roma è venuto a trovarli persino Giulio Ciccone, che si era ritirato quasi dieci giorni prima.

«Un momento difficile? Adesso non posso dirlo». Da quel che siamo riusciti a capire, dovrebbe essere stata la sera di Gorizia, quando il ginocchio gli si è gonfiato dopo una caduta. Ma evidentemente era nulla in confronto a quello che stava passando Ciccone. Anche in quel caos, la Lidl-Trek, arrivando in parata attorno a Giulio, mostrò un grande affiatamento.

«Mi è dispiaciuto molto quando si è ritirato Ciccone», aveva detto Pedersen. E qui andrebbero riprese le parole dell’altro Lidl-Trek Daan Hoole, il quale aveva raccontato come Mads, la sera del ritiro di Ciccone, avesse tenuto un discorso motivazionale alla squadra. Un discorso da vero leader. E di come, la sera della vittoria di Verona, fosse più felice per quel successo che non per i suoi personali.

Infine una battuta sull’inatteso incontro con il Papa. Inatteso, almeno così da vicino. «E’ stato piuttosto imbarazzante, devo dirlo – ha confessato Pedersen – non sapevo cosa dire. Ci hanno detto di sorridere per le foto».

Il primo Giro di Busatto, fra mal di gambe e la scoperta di sé

04.06.2025
4 min
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ROMA – Il primo Giro di Francesco Busatto, nel suo secondo anno di WorldTour, ha il buon sapore del quarto posto di Tirana nel giorno del debutto, accompagnato anche dal primo cartellino giallo. In quei giorni di inizio corsa è stato come se i giudici preposti alle ammonizioni abbiano voluto far capire chi comandasse e poi, una volta fatto passare il messaggio, si siano chetati. A 22 anni e con un trolley pieno di speranze, il vicentino è partito per la corsa rosa senza sapere più di tanto cosa aspettarsi, ma con la curiosità di scoprirlo.

Che cosa ti aspettavi dal primo Giro?

In realtà già finirlo era sarebbe stato buon obiettivo. Essendo il primo, sono arrivato in corsa con la prospettiva di uscirne meglio e secondo me è andato molto bene. Sono riuscito a fare un buon risultato nella prima tappa e poi mi sono messo un po’ in evidenza nell’ultima settimana. Mi sono anche un po’ sorpreso che comunque, essendo veramente stanco, avessi ancora le gambe per farlo. Ma alla fine è così per tutti, però personalmente non lo avevo mai provato.

Come descriveresti la fatica di svegliarsi ogni giorno, fare i conti col mal di gambe e cercare degli obiettivi?

Diventa quasi una routine. Sono le prime pedalate a inizio tappa quelle in cui si sente veramente un gran mal di gambe, però sei obbligato a seguire gli altri e poi, chilometro dopo chilometro, cominci a stare sempre meglio. Alla fine scopri che le gambe le hai, quindi è una fatica comune a tutti quanti ed è davvero una gran fatica (sorride, ndr).

Per un giorno in maglia bianca, ecco Busatto nella crono di Tirana, dopo il quarto posto della prima tappa
Per un giorno in maglia bianca, ecco Busatto nella crono di Tirana, dopo il quarto posto della prima tappa
C’è stato un momento in cui stavi per mollare?

No, però c’è stato un momento in cui ero parecchio in difficoltà dopo la seconda caduta. Non ho fatto tanta fatica a finire le tappe successive, diciamo quelle subito dopo. Però ho iniziato a dormire male, riposarsi bene è diventato parecchio impegnativo e lì lo sforzo è stato soprattutto mentale. Però sono riuscito a passare anche questo e qualora dovesse ricapitarmi una cosa di questo genere in futuro, saprei di dover tenere duro, perché un Grande Giro è lungo e può succedere di tutto.

Con i compagni si crea un rapporto speciali in questi 21 giorni?

Il Giro unisce. Siamo una squadra e siamo tutti nella stessa barca, la fatica è per tutti. Ci aiutiamo a vicenda e questo crea un bel clima di amicizia.

C’è stato un giorno in cui durante il Giro hai visto un bel Busatto?

Sicuramente nella prima tappa, in cui ho ritrovato un buon livello che nelle settimane precedenti facevo fatica ad avere. Insomma, dopo un inizio di stagione difficile, quel quarto posto mi ha dato molta motivazione e la consapevolezza che sono periodi che si attraversano continuamente. Per cui non bisogna cedere di testa, ma bisogna tenere duro perché prima o poi se ne esce.

Piazzola sul Brenta, a pochi chilometri da Bassano. Piove, ma a Busatto arriva il calore di casa
Piazzola sul Brenta, a pochi chilometri da Bassano. Piove, ma a Busatto arriva il calore di casa
Ad aprile non eri parso molto ottimista sul tuo futuro immediato, è bastato riallenarsi bene per riprendere il filo?

Penso che finalmente abbiamo trovato il giusto bilanciamento tra allenamento e riposo e questo mi ha dato tutta un’altra gamba. E poi ho fatto un bel periodo in altura a Sierra Nevada, dove non ho mai avuto alcun tipo di acciacco, nessuna influenza. E’ andato tutto liscio e questo mi ha permesso di trovare anche un’ottima condizione.

Quindi è vero che il Grande Giro fa crescere il motore?

Secondo me sì, sia per una questione fisica sia per una questione mentale. Ci si abitua a fare fatica ogni giorno.

Si dice che per tenere botta così a lungo serve evitare gli inutili sprechi di energia: è davvero così?

In realtà non penso di aver mai fatto niente di estremo. Alla fine si va sempre a tutta e ogni tappa sembra una corsa di un giorno, come se non ci fosse un domani. Per cui quello che fanno gli altri, lo fai anche tu perché sei obbligato. In questo modo inizi a prendere anche un certo modo di correre che non è proprio al risparmio, diciamo, però ti dà sicuramente un’altra condizione.

Cesano Maderno, Busatto 13°: si piazza secondo nello sprint del gruppo alle spalle di Denz che ha vinto
Cesano Maderno, Busatto 13°: si piazza secondo nello sprint del gruppo alle spalle di Denz che ha vinto

Il programma prevede ora due impegni a metà giugno: il Grosser Preis des Kantons Aargau il 13 giugno e il Giro dell’Appennino del 24, poi si vedrà quali saranno gli effetti del Giro sul giovane bassanese. La sensazione, incontrandolo alla fine del viaggio, è che sia già un po’ più grande. Forse fra qualche mese Francesco scoprirà che sono cambiate anche le gambe, ma intanto lo sguardo e l’essenzialità delle parole dicono che il ragazzo si sta facendo grande. E forse per tornare a ottenere i risultati di quando era un under 23 serviva proprio una fatica così grande.