Gruppo ,Cesenatico, Porto Canale, Giro d'Italia 2020

EDITORIALE / Buon compleanno, bici.PRO

18.10.2021
6 min
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Questa è la storia di un viaggio iniziato un anno fa. Il Giro d’Italia 2020 entrava nel vivo. Filippo Ganna aveva appena vinto la crono di Valdobbiadene, Almeida era ancora in rosa e l’indomani Tao Geoghegan Hart avrebbe posto a Piancavallo la prima pietra per la vittoria. Nell’hotel La Rosina di Marostica con un clic e un brindisi allo scoccare della mezzanotte, con questa stessa foto di apertura che ritrae il gruppo in partenza da Cesenatico, venne alla luce bici.PRO

Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020, Valdobbiadene
bici.PRO è andato online nella notte della crono di Valdobbiadene del Giro d’Italia 2020
Filippo Ganna, Giro d'Italia 2020, Valdobbiadene
bici.PRO è andato online nella notte della crono di Valdobbiadene del Giro 2020

La nostra casa

E’ passato un anno. Siamo nati durante il Covid, quando il mondo era chiuso e le prime riaperture stavano appena riportando il ciclismo sulle strade. Folle intraprendere una nuova iniziativa in quei giorni o la mossa migliore? Forse all’inizio avremmo impiegato qualche minuto per rispondere, oggi indichiamo senza dubbio la seconda opzione: è stata la mossa migliore. Si poteva scegliere di rannicchiarsi nell’attesa, invece siamo andati in fuga. Come tutte le aziende del settore che durante la chiusura hanno investito e acquistato e ora sono in vantaggio su chi si è lasciato intimidire.

Vout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Julian Alaphilippe, caduta moto, Giro delle Fiandre 2020
Questa caduta di Alaphilippe ha deciso il Fiandre 2020? C’era da parlarne, non ci sono episodi che non meritino approfondimenti
Vout Van Aert, Mathieu Van der Poel, Julian Alaphilippe, caduta moto, Giro delle Fiandre 2020
Questa caduta di Alaphilippe ha deciso il Fiandre 2020? C’era da parlarne, non ci sono episodi che non meritino approfondimenti

Chilometro 162, la società editrice alle spalle del magazine nacque il 6 agosto 2020, fra la Strade Bianche e la Sanremo. Giorni di grande fervore. Per le corse da un lato e per l’amico Francesco Pelosi dall’altro, che con la sua Suntimes disegnava la struttura della nuova… casa seguendo le indicazioni ricevute.

Volevamo un magazine di fruibilità immediata. Elegante. Che permettesse di pubblicare foto grandi anche su dispositivi mobile. Che ci permettesse l’approfondimento del mensile per più volte al giorno. E ci consentisse di giocare anche in modo interattivo con le piattaforme social più diffuse. Caratteri. Grafica. Tipografia. Plugin. Template. Seo. Lo sguardo severo e insieme bonario di Lucia. La disponibilità di Emilio. In breve il mondo intorno a noi cambiò e ci imbarcammo nella più bella avventura professionale dopo anni di anni sempre uguali.

Con Alberto Dolfin da Tokyo abbiamo raccontato il fantastico oro degli azzurri del quartetto
Con Alberto Dolfin da Tokyo abbiamo raccontato il fantastico oro degli azzurri del quartetto

Il nostro stile

Una volta disegnata la struttura, la palla è passata alla redazione. Nessuna porta chiusa. Il ciclismo è un mondo vastissimo. Dalle parole di qualsiasi corridore nascono spunti per approfondimenti su temi tecnici, di alimentazione, salute, allenamento. Ogni attore sulla scena è portatore di storie e idee, ogni atleta è un gigante.

Volevamo passare dalla dimensione dei soliti nomi alla pluralità del gruppo, sfuggendo alla logica dei comunicati copiati e incollati, rifiutando la copertura frenetica di ogni notizia che altri fanno meglio di noi.

Non siamo nati per distruggere altri siti o per sotterrarli, come invece qualcuno si vanta di aver fatto. La terra è sotto piedi ben saldi che anche oggi, come ogni giorno da un anno a questa parte, sono già in cammino dalle prime luci dell’alba.

La Roubaix di Colbrelli, dopo l’europeo e l’italiano… Spunti a non finire in un anno di strepitoso ciclismo italiano
La Roubaix di Colbrelli, dopo l’europeo e l’italiano… Spunti a non finire in un anno di strepitoso ciclismo italiano

La nostra squadra

La squadra si è andata formando e ancora cambierà forma. Al fianco dei tre fondatori – Emiliano Neri, Luciano Crestani ed Enzo Vicennati – lavorano ogni giorno con passione Filippo Lorenzon dal suo borgo in Sabina. Gabriele Gentili e Giada Gambino dalla Sicilia. Umberto Toscanelli dalla Val d’Aosta. Simone Carpanini dall’Emilia e Gabriele Bonetti e Dalia Muccioli dalla Romagna. Stefano Masi dalla Lombardia e Alberto Dolfin dal Piemonte. Matteo Capobianchi da Roma e Carlo Alberto Melis dalla Sardegna.

La prima intervista con Elisa Balsamo proprio sul nascere di bici.PRO e poi fino a Leuven. Vittoria doppia…
La prima intervista con Elisa Balsamo proprio sul nascere di bici.PRO e poi fino a Leuven. Vittoria doppia…

Da pochissimo si sta sperimentando con noi anche Rossella Ratto, atleta azzurra laureata in Scienza dell’Alimentazione, che al momento di appendere la bici al chiodo, disse proprio al nostro Carpanini di volersi provare come giornalista. Era il 16 settembre, dieci giorni dopo abbiamo pubblicato il suo primo articolo, il terzo è andato online giusto ieri. Probabilmente questa scheggia di vita vissuta è l’esempio di come la voglia di fare, la capacità di farlo e di imparare siano la chiave d’accesso a un mestiere bellissimo ma per niente facile.

Con noi sin dal primo giorno, Roberto e Luca Bettini e tutti i fotografi della loro bettiniphoto.net, da Ilario Biondi a Dario Belingheri e Tommaso Pelagalli, ci hanno permesso di avere una copertura straordinaria dalle strade di tutto il mondo.

Qualcuno si è fermato lungo il cammino, davanti a difficoltà nel sostenere una vita ad alta velocità e i ritmi, la preparazione e le esigenze di un lavoro che non fa sconti. A loro va comunque il nostro abbraccio e la gratitudine per aver camminato al nostro fianco.

E a Leuven con la vittoria di Ganna nella crono si è come chiuso un cerchio: con lui abbiamo iniziato, da lui si riparte alla grande
E a Leuven con la vittoria di Ganna nella crono si è come chiuso un cerchio

Il vostro mondo

Punto Pro (.PRO) più che il nome di un dominio è uno stile di vita e un modo di lavorare che domani si estenderà anche agli altri ambiti che affronteremo. Storie. Tecnica. Approfondimenti. Corse. Viaggi. Incontri. Tutto ciò che è agonismo abita in queste pagine, qualsiasi sia la specialità, qualsiasi l’ispirazione.

Vi abbiamo raccontato i grandi nomi e anche i più piccoli. Abbiamo aperto le porte del ciclismo femminile, della pista e del cross senza la pretesa di essere i primi o i migliori. Altri c’erano prima di noi, altri verranno dopo.

Abbiamo però il nostro stile e il nostro rigore che rivendichiamo con orgoglio. Tutto questo ci ha portato a pubblicare finora 3.151 articoli. Ogni giorno a partire dalle 8,30, poi ogni due ore. E nel mezzo quel curiosare imperterrito fra le novità del mercato, componendo e scomponendo vetrine mai uguali a se stesse.

Pogacar Merckx 2021
Il ciclismo è il posto più bello in cui essere giornalisti, con incontri indimenticabili fra leggende. Qui Merckx e Pogacar
Pogacar Merckx 2021
Il ciclismo è il posto più bello in cui essere giornalisti, con incontri indimenticabili fra leggende. Qui Merckx e Pogacar

E’ il nostro mondo ed è anche il vostro. Nello spegnere la prima candelina ci stringiamo forte alla comunità che si è formata e si sta consolidando con numeri sempre crescenti. E con una stretta di mano alle aziende che prima per la fiducia e l’amicizia e ora per quegli stessi numeri hanno scelto di camminare con noi sulle infinite e bellissime strade del grande ciclismo.

Buon compleanno a bici.PRO. E buona settimana a tutti voi.

Wilier Garda, la bici dai mille volti (anche per rim brake)

28.09.2021
4 min
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Non solo altissima gamma da Wilier. Con la nuova Garda la casa vicentina torna ad abbracciare anche il settore della media gamma e di una bici “meno spinta”, ma con l’eleganza e la qualità che contraddistingue questo storico marchio.

Geometrie “alte”

All’Italian Bike Festival abbiamo potuto ammirare la Garda, appunto, esposta sì ma non in prima linea in quanto l’embargo su questa specialissima scadeva proprio oggi. Si tratta di una bici che propone una geometria meno racing e più confortevole.

A parità di lunghezza con le bici votate al racing, la Garda ha tubi leggermente più alti. Anche per questo motivo si è optato per una fibra meno estrema, la NH-Mod (Normal e High Modul) meno rigida: 24 o 30 Ton a seconda dei punti. Tuttavia il peso del telaio è ottimo: 1.124 grammi (considerando che si tratta di una struttura per freno a disco).

Gomme extra large

Si tratta comunque di un telaio certificato Uci, che volendo potrebbe anche essere utilizzato in una corsa WorldTour (magari lo vedremo la prossima settimana alla Roubaix!). Dicevamo di geometrie meno estreme, ma non mancano gli elementi che la rendono rapida e moderna. Per esempio il disegno del carro è molto simile a quello della Filante che usano i corridori dell’Astana-PremierTech, quindi molto reattivo. E nella Garda trovano alloggio coperture fino a 32 millimetri. In pratica può essere “trasformata in una gravel”, con le ruote adatte.

Anche l’anteriore non è da meno. Dicevamo più alto sì, ma anche aerodinamico. Tanto che la serie sterzo è da 1”1/4 che rende il tubo di sterzo più sottile. Quindi okay, una bici meno estrema, più comoda, ma anche molto versatile. Il tutto con il passaggio dei cavi interno che vengono “inghiottiti” dall’attacco “made in Wilier”.

Rim brake: un gioiello

Non è tutto perché in Wilier, quasi stupendoci un po’, hanno fatto un investimento importante anche sulle versione rim brake. E non è una scelta sbagliata, a nostro avviso, e tantomeno di ripiego. E’ stata una scelta fatta, un po’ per il contenimento dei costi e un po’ per dare un’opportunità in più a chi ancora non vuole fare il “grande salto”. Il freno tradizionale, specie se ben ponderato come quello che stiamo per farvi vedere, può ancora dire ancora tanto. Specie in una bici “tuttofare”: dal viaggio alla gran fondo, dalla gara al “gravel” (meno estremo).

«Abbiamo rivisto totalmente l’alloggiamento dei freni sul telaio. Non ci sono fori con filettatura sul carro, ma i tubi escono già predisposti con spazio ad hoc in fase di produzione. Abbiamo adattato i tubi pendenti alle bussole di Shimano. In questo modo non si rischia di indebolire il telaio e il freno lavora meglio», ci ha detto Marco Genovese, l’ingegnere che ha progettato la Garda.

La bici da corsa e le regole Uci che ne impediscono lo sviluppo

17.09.2021
5 min
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All’Italian Bike Festival abbiamo visto parecchie novità per quel che riguarda il mondo gravel, qualcosa in meno per quel che riguarda la Mtb e quasi nulla per le bici da strada. L’innovazione ha riguardato di più accessori, componenti, caschi…  Perché? La specialissima ha raggiunto lo stato dell’arte attuale? E’ una questione di marketing? Lo sviluppo non procede perché è bloccato dalle regole Uci?

Tutte questioni che abbiamo analizzato con un ingegnere super partes, Simone Omarini di Hardskin. Come sappiamo, lui è un vero esperto di aerodinamica, ma anche in fatto di materiali non è da meno.

Bianchi Oltre XR4 Jumbo
Per la Bianchi Oltre XR4 profilo dei tubi più aero: la tendenza è quella di proporre sezioni alari ma i limiti Uci non lasciano ampi margini
Bianchi Oltre XR4 Jumbo
Per la Bianchi Oltre XR4 profilo dei tubi più aero: la tendenza è quella di proporre sezioni alari ma i limiti Uci non lasciano ampi margini
Simone, partiamo dalle regole: quanto incidono?

Senza dubbio le regole Uci sono stringenti e anche un po’ arretrate. Di fatto dai tempi di Coppi e Bartali il disegno della bici è rimasto quello. Mentre nel triathlon per esempio non ci sono regole e infatti si vedono disegni differenti. Ci sono bici senza triangolo centrale, prive di piantone e propongono altre soluzioni.

Ed è più performante come tipologia di telaio?

A livello di aerodinamica? Difficile dirlo. Bisognerebbe fare dei test specifici, ma é difficile fare dei confronti. E’ come mettere a confronto le pere con le mele. Perché bisognerebbe utilizzare gli stessi manubri, gli stessi componenti e anche le stesse posizioni. Basta pensare che nel ciclismo c’è il vincolo sull’arretramento della sella, sull’altezza e lunghezza delle protesi e nel triathlon no.

E dove si può fare innovazione?

Beh, in pista c’è dell’innovazione, almeno per quel che concerne l’aerodinamica. E’ la F1. Mentre la F1 dei materiali e dei componenti è la Mtb. Per esempio i freni a disco, il monocorona le gabbie lunghe dei deragliatori vengono da lì. Ecco, un’innovazione che personalmente mi piaciuta molto su strada sono stati i rapporti di Shimano con l’ultimo Dura Ace presentato. Loro hanno proposto il 54-40, quindi corone grosse invece che piccole. Ci guadagna la resa e la scorrevolezza della catena che ha meno attrito girando su corone più grosse. Anche perché con le 12 velocità e i pacchi pignoni 11-32 vai praticamente ovunque.

I materiali attuali sono ancora migliorabili? Oppure, viste le necessità i tipi di carbonio attuali sono più che sufficienti?

In realtà il vero nome di questo materiale sarebbe composito, che noi volgarmente chiamiamo carbonio. Composito perché è un insieme di varie tipologie di fibre, tenute insieme da delle resine. Ma questo materiale non è isotropo, a differenza dei metalli, cioè non reagisce allo stesso modo se tirato o compresso in direzione diverse da quella dell’orientamento delle fibre. Per questo motivo si mettono più strati di carbonio uno sull’altro, con direzione delle fibre diverse, per renderlo più resistente e più simile ad un materiale isotropo. Il composito è molto resistente, leggero e rigido ed è per questo che è adatto ai telai da bici da corsa.

Quello che noi chiamiamo carbonio è un composito di fibre (in foto) e resine
Quello che noi chiamiamo carbonio è un composito di fibre (in foto) e resine
E quindi come si riconosce un buon composito?

Deve avere alta resistenza e alta elasticità, il giusto mix tra queste due caratteristiche che a loro volta dipendono dalle resine, che lo devono rendere un pezzo unico, e dall’orientamento dei fogli di composito: 45°, -45°, unidirezionale…

Secondo te c’è margine di miglioramento?

Sicuramente c’è margine, perché oggi la priorità è quella di arrivare a produrre telai in modo efficiente, veloce e a basso costo. Si lavorerà sempre su fibre e resine per ottimizzare i processi produttivi, garantendo la qualità del prodotto finito. Sicuro oggi c’è un limite, che è lo stampo e quindi di fatto che i telai sono disponibili in taglie, senza troppa possibilità di personalizzazione. Sarebbe bello avere dei telai personalizzabili, come geometrie intendo, poiché dovrebbe essere il telaio ad adattarsi alle esigenze del ciclista e non viceversa.

Però questo si può fare con un telaio fasciato…

Sì, ma resta un prodotto di nicchia come alcuni metalli, vedi il titanio, acciaio o alluminio. Sicuramente è possibile fare un telaio artigianale su misura, ma pesi ed aerodinamica sono spesso lontani da un telaio standard.

E di base un telaio fasciato è meno performante di uno monoscocca?

Se è ben fatto, no.

Partendo dai disegni attuali come si potrebbero migliorare le bici?

A livello di aerodinamica con un diverso profilo dei tubi. Un profilo più alare. Ma ci sono delle regole Uci che limitano i rapporti tra sezione e lunghezza dei tubi. Pertanto fin che ci saranno queste norme è difficile vedere qualcosa di diverso da quello che vediamo oggi.

Nell’efficienza aerodinamica del “pacchetto” (bici + atleta) incide moltissimo la posizione, ma anche questa è inficiata dalle regole Uci
Nell’efficienza aerodinamica del “pacchetto” (bici + atleta) incide moltissimo la posizione, ma anche questa è inficiata dalle regole Uci
Oggi molti costruttori propongono due modelli: uno più aero e uno per la salita…

Vero, ma ormai vedo che si va verso la bici unica. Ormai il peso è limitato anche per bici aero. Quindi si ha un compromesso tra peso ed aerodinamica.

Dal punto di vista aerodinamico la bici è un oggetto efficiente?

Se i tubi non fossero tondi, sì. Servirebbero dei profili alari per i tubi del telaio, e manubri per governare meglio le turbolenze a valle. E poi l’efficienza aerodinamica va considerata anche con il ciclista e la sua posizione. Ecco io lavorerei molto sulle posizioni. Il vero guadagno si ha lì perché il ciclista occupa tanta area frontale.

E quanto possono essere migliorate in percentuale l’aerodinamica e la posizione?

A crono, fino ad un 10-13% rispetto a chi non ha grandi studi alle spalle. Ovviamente non per un Ganna o un Dennis, perché da anni studiano ed ottimizzano la posizione. Su strada è più difficile da stabile. Si parte sempre dalla posizione dell’atleta, mani alte, mani basse… Ma anche dall’insieme dei componenti: bici, casco, scarpe, vestiario, ruote… anche perché magari il margine di miglioramento è più piccolo, ma si protrae per tanti chilometri. Pensiamo alla Sanremo: anche se piccolo, un miglioramento su 300 chilometri fa risparmiare tantissime energie a fine gara.

Sella ricurva o piatta? Due filosofie a confronto con Selle SMP

17.09.2021
3 min
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Diciamolo chiaramente: una sella Smp è differente dalle altre. Non migliore o peggiore, ma di certo i prodotti della casa veneta si distinguono per il design e la filosofia costruttiva che hanno a monte. Hanno una forma tipicamente ricurva, anche se come vedremo (e come stiamo assistendo da qualche anno) ci sono linee più tradizionali, e un grandissimo foro centrale.

All’Italian Bike Festival ne abbiamo parlato con Nicolò Schiavon, marketing manager di Selle Smp. Con lui abbiamo analizzato sia il prodotto in sé per sé, che le scelte che fanno i professionisti della Bardiani Csf Faizané, di cui Selle Smp è fornitrice.

Versioni per tutte le tasche

«La linea F, che sia 20, 30… – spiega Schiavon – è il nostro top di gamma. Si rivolge quindi ad utenti professionisti o amatori molto esigenti. Utenti decisamente tecnici che utilizzano molto la bici. Tuttavia abbiamo voluto mettere a disposizione la stessa tecnologia, ma ad un prezzo inferiore, anche per coloro che vogliono avere un prodotto che gli permetta di avere un ottimo compromesso tra comfort, il quale per noi resta fondamentale, e prestazioni. Ecco perché abbiamo sviluppato la linea F anche in versione VT. Hanno gli stessi benefici ergonomici.

«La differenza sta nel materiale utilizzato e nel processo produttivo dell’imbottitura. Il top di gamma, quindi la linea F, prevede una speciale imbottitura in elastomero espanso che offre una buona rigidità. Questa fornisce la migliore memoria elastica possibile. Le selle della linea VT invece hanno un’imbottitura in una speciale schiuma in poliuretano, che è un pochino più morbida pur mantenendo però tutte le caratteristiche sportive delle precedente».

L’idea dei corridori

Ma dicevamo del discorso tra “ricurve”, la mitica Evolution, e le selle più “piatte”, come la F20C appunto. Posto che gli atleti del Greenteam hanno tutta la vasta gamma a disposizione, sostanzialmente scelgono principalmente tra i due modelli sopracitati. E la scelta, del tutto personale, dipende da quanto il corridore ama muoversi sulla sella stessa. C’è chi come Giovanni Carboni e Enrico Battaglin preferisce stare “fermo” e quindi opta per la Evolution, e chi come Visconti sceglie la F20, in quanto si muove avanti e dietro sulla sella.

«Di sicuro le selle Smp hanno un grande impatto – dice Giovanni Visconti – io ho scelto la F20 perché volevo una sella che fosse più simile possibile a quella che usavo in precedenza, senza stravolgere troppo la posizione. Tuttavia questo inverno proverò anche l’altra, la Evolution, perché sono molto curioso. So che i miei compagni che la usano si trovano molto bene. E tutto sommato avere un posteriore rialzato ti consente di avere un punto ulteriore di appoggio nelle fasi più intense della spinta non è un’idea sbagliata, anzi…

«Come scelgo la sella di solito? Non è facile, ma diciamo che se ci fai una gara di 200 e passa chilometri e non pensi alla sella o non hai dolori, quello è già un ottimo segno».

«Io invece – dice Battaglin – ho preferito la Evolution. E’ una sella particolare e per starci bene devi trovare la regolazione esatta. Non la puoi mettere in bolla, loro sul sito dicono che tra il posteriore e la punta deve esserci un dislivello di un centimetro (punta più bassa), ma io sono andato anche un po’ oltre. Me la sono regolata man mano da solo.

«In questo modo, se è ben regolata, riesci anche a muoverti un po’ avanti o indietro. Io l’ho scelta perché dietro è un po’ più tonda e mi ci sono trovato bene. Sentivo il mio bacino pedalare meglio».

Smp

Revox e Syntium, a Rimini ammirati due gioielli di Miche

12.09.2021
4 min
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Nel cuore di una fiera italiana non poteva mancare uno dei brand che meglio rappresenta il Made in Italy, Miche. In bella vista ci sono le sue ruote, anche quelle per la Mtb (presentati tre nuovi set: K4 Awr, 966 Spr e Xm-H 30), le stesse che vengono fornite anche all’Androni Giocattoli. Il Dna racing infatti non manca nella casa veneta. Ma per gli appassionati della strada le novità si chiamano Revox e Syntium.

Revox, il carbonio accessibile

Ma se le gamme maggiori, Supertype e Awr non vengono quasi toccate, la vera novità è la gamma Revox.

«Gamma che – spiega il sales manager Paolo Bisceglia – è il nostro entry level in carbonio. E’ una ruota del tutto nuova. Qui è presentata nella versione disco, ma esiste anche in quella rim. Ha un peso di 1.650 grammi e per essere una entry level è molto prestazionale».

Di sicuro è un set dalle caratteristiche moderne. Il cerchio è largo 17 millimetri e il profilo è da 38 millimetri. C’è la tendenza ad andare sui canali più larghi, ma se andiamo ad analizzare le prescrizioni delle normative con un canale 17 potresti installare una copertura fino a 2”! Va da sé che potresti montarci anche un 32 millimetri e avresti comunque una ruota con una rigidità e una prestazione buonissime ad un prezzo al pubblico intorno a 1.300 euro».

Syntium Wr

L’altra novità riguarda l’alluminio ed la Syntium Wr. Quindi Miche ha pensato anche ad ottimizzare e migliorare i prodotti più accessibili e non solo quelli dal prezzo più caro. «E’ un set in alluminio dedicato al freno a disco – conclude Bisceglia – E’ una ruota completamente nuova: cambiano sia i mozzi che i cerchi. Il canale in questo caso è da 19 millimetri e il profilo è da 25». Il peso delle Syntium è di 1.707 grammi la coppia.

Come per l’intera gamma Miche, tutti i mozzi sono fatti in casa: dal corpo ai cuscinetti. Solo nel top di gamma si utilizzano Skf. I portacricchetti sono in titanio per le gamme più alte, mentre sono in acciaio per le altre. I corpetti sono sempre in Ergal. «C’è quindi un grande connubio di leggerezza, prestazioni e capacità meccaniche elevate che sono necessarie per ruote di questo tipo».

Canale interno da 22 millimetri e profilo da 30, offrono stabilità e sicurezza oltre che a un’efficace scorrevolezza
Canale interno da 22 millimetri e profilo da 30, offrono stabilità e sicurezza oltre che a un’efficace scorrevolezza

E sul gravel…

Miche non è certo stata con le mani in mano per quel che concerne il settore gravel. A Rimini ha esposto un’intera gamma, tutta per freno a disco. Si parte da una coppia di ruote (al vertice della gamma) le Carbo Graff che pesano 1.445 grammi e sono in carbonio unidirezionale. Hanno il canale interno da 22 millimetri, un profilo da 30 e una struttura asimmetrica per ottimizzare le tensioni e le forze a cui è sottoposta.

Questo set è tubeless ready, è fornito (a richiesta) con kit tubeless da già montato. Un kit tubeless che è stato sviluppato in Miche. Altro modello gravel è la Graff Sp. Stavolta il cerchio è in alluminio. Cambiano le misure: il profilo è da 25 millimetri e il canale interno da 19, ma la struttura asimmetrica è la “stessa” della sorella maggiore Carbo Graff. Il loro peso è di 1683 grammi la coppia, a fronte di una grande robustezza.


Miche

Ursus, tutte le strade portano alle ruote Miura TC 47

12.09.2021
3 min
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Ursus presenta le Miura TC 47 Disc ruote rivoluzionate che possono essere utilizzate sia su strada che nel mondo gravel. Sempre fedele al tubeless che ormai è entrato di diritto nel mercato delle coperture per il ciclismo, da strada ed offroad. Le Miura si adattano benissimo a seconda delle situazioni e delle necessità dell’utente, la larghezza del canale da 21 millimetri è studiata per l’utilizzo del tubolare da 28 millimetri.

La Ursus Miura TC47 disc…
La Ursus Miura TC47 disc…

Diverse misure, diversi utilizzi

Il profilo delle Miura è disponibile in tre diverse misure. Il più piccolo è il 37 millimetri che è utilizzabile sia su strada che nel gravel. L’altezza intermedia, quella da 47 millimetri, ha un utilizzo più adatto alla strada grazie ad una rigidità maggiore, ma che non ne fa risentire in guidabilità.

Un salto di ben 20 millimetri, invece, porta all’altezza del profilo più grande proposto da Ursus, vale a dire quello da 67 millimetri. Misura utilizzata anche in cronometro ondulate in cui la ruota lenticolare o la tre razze non riescono a fornire risultati ai massimi livelli.

Da Ursus la massima compatibilità del mozzo, anche per il gravel
Da Ursus la massima compatibilità del mozzo, anche per il gravel

Per tutti i pacchi pignone

Per essere utilizzate in quasi tutti i terreni a disposizione i tecnici Ursus hanno svolto un lavoro meticoloso ed efficace. La compatibilità è totale, le Miura possono montare qualsiasi marchio che l’utente finale decide di utilizzare, dal Campagnolo Ekar fino a tutti i gruppi da strada. Questa implementazione è stata possibile grazie alle corone inserite alla base del mozzo posteriore che non fanno toccare il pacco pignone con i raggi. 

«La parte più complicata dello sviluppo è stata appunto rendere adattabile la ruota a tutti i gruppi strada e gravel – ci spiega Enrico Stragliotto, di Ursus – Il pacco pignone Ekar ha tre viti che sono difficili da fissare ed infatti il lavoro è stato fatto sull’aggancio al mozzo».

Canale da 21 millimetri, ideale per una copertura dalle sezioni più larghe
Canale da 21 millimetri, ideale per una copertura dalle sezioni più larghe

Pesi contenuti

Ursus rimane fedele alla sua produzione made in Italy che caratterizza anche la ruota Miura TC con tutti i suoi componenti. Il sistema dei raggi è un incrocio di terza su entrambi i lati sia sulla ruota posteriore che su quella anteriore.

Il peso è contenuto: per quanto riguarda il profilo da 37 millimetri per la ruota anteriore la bilancia si ferma a 720 grammi, mentre la posteriore pesa 850 grammi. Si tratta dell’opzione più leggera proposta da Ursus. Per il profilo intermedio siamo sui 780 grammi all’anteriore e 890 grammi al posteriore. La misura più alta che è quella da 67 millimetri è di conseguenza la più pesante, con 850 grammi davanti e 970 grammi dietro.

Ursus

Just1 a tutta sulla strada! Ecco i caschi JHyper e JHero

12.09.2021
3 min
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Sono i caschi le novità presentate da Just1 all’Italian Bike Festival. Ma a sua volta Just1 è quasi una novità nel mondo del ciclismo e della strada in particolare. La casa toscana sia proposta “in punta dei piedi” qualche tempo fa con la Mtb, e subito aveva messo in chiaro il livello di qualità al quale avremmo assistito. Poco dopo hanno rilanciato anche nel mondo dei pro’ con il modello di occhiali Sniper. Modello che ha usato (ed usa) anche Lutsenko. Adesso ecco due gioielli: i caschi JHyper (in apertura) e JHero.

JHyper, aero e sicuro

A presentarceli è Tony Amoriello, general manager di J1: «Il JHyper è il è il nostro top di gamma. Questo casco è pensato e studiato per chi fa ciclismo a ad alto livello, quindi per i professionisti ma anche per gli sportivi che sono alla ricerca (e hanno la necessità) di avere un casco che consenta loro di ottenere le massime prestazioni.

«Come si può vedere la forma del JHyper è affusolata. Siamo andati in galleria del vento. Il coefficiente aerodinamico ha richiesto la sua buona parte di lavoro, ma anche la sicurezza non è da meno. La densità del polistirolo varia a seconda dei punti strategici. Ed è questo che fa innalzare l’asticella della sicurezza (e della qualità complessiva, ndr). Il JHyper è fornito della tecnologia Mips, che riduce i traumi da impatto impatto rotazionale».

Nonostante sia aero e abbia poche feritoie, appena 6, il JHyper stupisce per la sua areazione. La rotella posteriore consente di assestarselo al meglio sulla testa. Il suo perso? Circa 290 grammi. Sei le varianti di colore.

JHero, qualità per tutti

Poco più basso di gamma, ma ugualmente un prodotto di eccellenza, è il JHero, pensato per un pubblico appena meno esigente.

«Il JHero – continua Amoriello – è un prodotto ottimo ma ad un prezzo leggermente più basso. Il suo design è molto curato. Resta la struttura a densità variabile dei polistiroli, ma non c’è il Mips».

Anche in questo caso la rotellina posteriore consente ad ognuno di trovare la calzata perfetta. Le feritoie del JHero sono dieci, pertanto non ci sono problemi di areazione, ma al tempo stesso non si rinuncia ad un ottimo coefficiente aerodinamico. Rispetto al JHyper pesa circa 50 grammi in meno (quindi sui 240 grammi). E’ disponibile in cinque colorazioni, tra cui quella pink… davvero particolare e adatta anche ad un pubblico femminile.

Insomma, Just1 si presenta davvero alla grande anche nel ciclismo su strada e già corre veloce!

Just1

Favoino ci porta nel mondo Lapierre e della Pulsium SAT

12.09.2021
4 min
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Lapierre è sul viale centrale dell’Italian Bike Festival e nel mezzo del suo stand c’è la Pulsium Sat 5.0. E lì la nuova bici dall’anima endurance del brand francese domina la scena. A parlarcene, come vediamo anche nel video appena sotto, è Romano Favoino a capo di Lapierre Italia.

La Pulsium SAT…

La sigla Sat sta per Shock Absorption Technology. Questa tecnologia caratterizza la bici e il suo elemento chiave, vale a dire il supporto in polimeri tra piantone e orizzontale che smorza le vibrazioni (Lapierre stima una comodità ulteriore dell’11%). E poi geometrie meno aggressive rispetto alle specialissime votate all’agonismo e una fibra di carbonio specifica (unidirezionale 24T) fanno il resto. C’è anche le versione senza SAT più economica ma altrettanto valida, che è disponibile anche con freni tradizionali e non a disco.

Ma guai a pensare ad una bici lenta. La Pulsium resta performante. Tanto che c’è da chiedersi se Demare e compagni la useranno nella prossima Roubaix. «No – ride Favoino – per le pietre delle Roubaix abbiamo la Xelius che, nonostante sia una bici per scalatori, si adatta molto bene alle sconnessioni del pavè».

Lapierre e i pro’

E quest’ultima frase è emblematica per comprendere meglio le bici e Lapierre stessa. Questo brand è da tempo legato ai professionisti e ha un sistema produttivo particolare.

«Vero – afferma Favoino – quello tra Lapierre e, nel caso della strada, la Groupama-Fdj è un rapporto anomalo nel panorama del nostro settore, perché ormai il sodalizio vanta 20 anni di storia. Non è più solo un rapporto tra fornitore e squadra, ma è diventata una vera e propria sinergia.

«Ci capita spesso, quando andiamo nella sede centrale a Digione, di trovare il reparto tecnico della squadra insieme ai product manager dell’azienda per sviluppare le nuove biciclette. E’ un grosso vantaggio perché è chiaro che quando si ha un rapporto di così lungo periodo la squadra ha la possibilità di avere delle bici quanto più prestazionali possibili. Dalla sua, l’azienda ha la possibilità di usufruire di tutta l’esperienza nello sviluppo dei prodotti e di giovarsi della visibilità di una squadra professionistica di alto livello. Questo forse è il motivo per cui le nostre bici si differenziano rispetto alle altre. Hanno questi carri con foderi obliqui che vanno ad innestarsi direttamente sul piantone e rendono le bici più confortevoli e divertenti da guidare. Oppure sono super aerodinamiche con ore ed ore in galleria del vento con i corridori».

Quella volta con Guarnieri

Favoino ha parlato di sviluppo fatto a braccetto con i corridori. Jacopo Guarnieri in occasione della presentazione della Xelius ci disse Lapierre forniva loro tre prototipi prima di arrivare al modello definitivo con i loro tanti feedback.

«Una volta – racconta Favoino – Jacopo è venuto a trovarci nella nostra sede di Finale Ligure io gli ho chiesto in amicizia, e non come fornitore, un parere sincero da atleta. Gli ho chiesto come si fosse trovato con le nostre bici. Mi ha risposto: guarda Romano per la prima volta mi hanno chiesto come voglio la bici. E questo un po’ mi ha spiazzato. Un pro’ deve avere una bici per vincere. Poi non è facile riuscirci, ma noi vogliamo mettere i nostri atleti nelle migliori condizioni per poter esprimersi al massimo».

Ma Lapierre spesso ha stupito anche per alcuni suoi allestimenti. L’esempio dell’Aircode Drs è emblematico: una vera top di gamma, super veloce, con una tecnologia pazzesca, ma nel lancio è stata proposta senza il più alto gruppo, per esempio lo Shimano Ultegra al posto del Dura-Ace. Perché?

«Per il 2022 la Xelius, e non solo, sarà montata con il Dura-Ace. Ma quella del gruppo top di gamma è una richiesta strettamente legata al mercato italiano. All’estero già un Ultegra meccanico viene considerato di altissimo livello.I grossi numeri si fanno con l’Ultegra Di2. Anche perché bisogna ragionare in termini di rapporto tra peso e prestazioni con il prezzo. Conosciamo questa differenza e oggettivamente non sempre è giustificata. Fino ad una certa cifra la vendita è razionale, oltre è emozionale. Il che ci sta, perché devi comunque comprare una cosa che ti piace».

Lapierre