Alla scoperta del miglior team Continental. E’ in Cechia…

Alla scoperta della miglior Continental. E’ in Repubblica Ceca

15.11.2025
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Finita la stagione è tempo di consuntivi e analizzando il ranking Uci emerge un’autentica sorpresa. Si parla sempre delle squadre del WorldTour, ma qual è la continental più in alta nella classifica? La vetta va all’ATT Investments, capace di chiudere al 32° posto, appena dietro alle nostre Professional VF Group Bardiani e Solution Tech-Vini Fantini e beffando gli italo-giapponesi del Team Ukyo a dispetto delle loro tante vittorie.

Otakar Fiala, a capo dello staff di direttori sportivi dell'ATT Investments
Otakar Fiala, a capo dello staff di direttori sportivi dell’ATT Investments
Otakar Fiala, a capo dello staff di direttori sportivi dell'ATT Investments
Otakar Fiala, a capo dello staff di direttori sportivi dell’ATT Investments

Un riferimento per l’Est europeo

Un successo che ha destato molta curiosità intorno al team di riferimento del ciclismo ceco, ma guardando il suo roster si scopre innanzitutto che la formazione fa un po’ da calamita per molti ciclisti di spessore di tutto l’Est europeo, quelli che per una ragione o per l’altra non sono riusciti a trovare spazio fra i professionisti o ne sono usciti. Un esempio? Barnabas Peak, l’ungherese che ha ritrovato l’attività nel finale di stagione grazie a loro e il prossimo anno rafforzerà la MBH Bank nel suo approdo fra le Professional.

Qual è la storia dell’ATT Investments? A raccontarla è il suo diesse Otakar Fiala: «La nostra squadra è stata fondata una decina di anni fa per supportare i giovani talenti della Repubblica Ceca e, nel tempo, anche dei Paesi limitrofi. A noi interessa riuscire a dare spazio ai giovani talenti per consentirgli di accumulare esperienza e approcciarsi nella maniera migliore alle categorie maggiori. Vogliamo lanciare la loro carriera, per questo li facciamo gareggiare in tutta Europa, per confrontarsi con quelli che un domani potranno essere i loro compagni di squadra».

La squadra boema ha iniziato la sua attività nel 2014 ed è Continental dal 2020
La squadra boema ha iniziato la sua attività nel 2014 ed è continental dal 2020
La squadra boema ha iniziato la sua attività nel 2014 ed è Continental dal 2020
La squadra boema ha iniziato la sua attività nel 2014 ed è continental dal 2020
Vi aspettavate di diventare la migliore squadra continental della stagione? Era questo il vostro obiettivo?

Il nostro obiettivo principale era vincere lo Europe Tour. Il fatto che siamo riusciti a concludere la stagione come prima squadra Continental in assoluto è un grande riconoscimento del nostro lavoro in prospettiva. Noi siamo approdati a questa categoria nel 2020, è stato un passo importante che conferma come sin dall’inizio abbiamo sempre lavorato con obiettivi a lungo termine. Per noi questo primato è la conferma che ci stiamo muovendo nella giusta direzione.

Il vostro roster è composto esclusivamente da corridori dell’Europa orientale: è stata una decisione intenzionale?

Sì, fa proprio parte del DNA del nostro team. I nostri corridori provengono in principal modo dalla Repubblica Ceca e dai Paesi limitrofi, dove nel corso degli anni abbiamo costruito una solida rete di contatti e una profonda conoscenza del contesto locale. E’ importante per noi, come spiegato, essere un trampolino versi i grandi team, possibilmente del WorldTour. Diciamo che possiamo essere una valida alternativa ai devo team, a maggior ragione ora con il prestigio derivante dai nostri risultati.

Alcuni ragazzi del team per il 2026 durante il primo raduno svolto la scorsa settimana con passeggiate nei boschi
Alcuni ragazzi del team per il 2026 durante il primo raduno svolto la scorsa settimana con passeggiate nei boschi
Alcuni ragazzi del team per il 2026 durante il primo raduno svolto la scorsa settimana
Alcuni ragazzi del team per il 2026 durante il primo raduno svolto la scorsa settimana con passeggiate nei boschi
Quanto è importante il vostro lavoro per lo sviluppo del ciclismo ceco e qual è il vostro rapporto con la federazione nazionale?

Siamo un importante ponte tra le categorie juniores ed élite. Un punto focale della nostra attività è dare ai giovani ciclisti l’opportunità di continuare a crescere rimanendo nel loro ambiente di origine pur uscendo dalla loro “comfort zone” attraverso un’attività internazionale di alto livello. Collaboriamo con la Federazione Ciclistica Ceca principalmente attraverso progetti per le squadre nazionali.

Quali sono stati i momenti salienti della vostra stagione?

E’ stata una stagione esaltante, nella quale abbiamo portato a casa qualcosa come 26 vittorie nel calendario UCI, non solo nell’Est europeo visto che abbiamo avuto due successi di Marcin Budzinsky in Grecia e due di Marceli Boguslawski al Tour du Loir et Cher. In generale il fiore all’occhiello è stato però il successo nello Europe Tour e la conquista del Campionato Nazionale Ceco nella gara a cronometro con Jan Bittner, erano due obiettivi che ci eravamo posti a inizio stagione.

Il polacco Marceli Boguslawski, vincitore della Course Cycliste de Solidarnosc nel suo Paese
Il polacco Marceli Boguslawski, vincitore della Course Cycliste de Solidarnosc nel suo Paese
Il polacco Marceli Boguslawski, vincitore della Course Cycliste de Solidarnosc nel suo Paese
Il polacco Marceli Boguslawski, vincitore della Course Cycliste de Solidarnosc nel suo Paese
Avete un team junior o di sviluppo a cui siete collegati?

Non ancora. Tuttavia, non escludiamo di crearne uno in futuro: un passo del genere però comporta dei cambiamenti e dei profondi investimenti. Noi lavoriamo sul lungo periodo, una scelta del genere dipenderebbe naturalmente da un potenziale passaggio del nostro team alla categoria Professional.

Quali dei vostri corridori ha il potenziale per raggiungere livelli più alti?

Abbiamo diversi corridori con i parametri giusti per raggiungere il livello superiore e mi tengo basso non citando il WT, ma bisogna sempre considerare che lo sviluppo di ogni atleta è individuale. Non vorrei nominare qualcuno in particolare. In generale, se un corridore lavora con sistematicità, il successo arriverà prima o poi, e qualcuno se ne accorgerà, questa è sempre stata una nostra convinzione.

Marcin Budzinski ha raccolto successi in Grecia, Slovenia (il GP Brda-Collio) e Austria
Marcin Budzinsky ha raccolto successi in Grecia, Slovenia e Austria. Nel 2026 sarà all’MBH Bank
Marcin Budzinski ha raccolto successi in Grecia, Slovenia (il GP Brda-Collio) e Austria
Marcin Budzinsky ha raccolto successi in Grecia, Slovenia e Austria. Nel 2026 sarà all’MBH Bank
State pianificando di salire di categoria con i vostri sponsor?

La possibilità di passare alla categoria ProTeam rimane aperta per il futuro, ma devono essere soddisfatte alcune condizioni, principalmente la stabilità finanziaria e un livello di qualità sportiva sufficiente tra i nostri corridori. Noi intanto ci strutturiamo per essere pronti, abbiamo uno staff con 4 diesse al mio fianco fra cui anche Juraj Sagan, che ha una grande esperienza diretta nel WorldTour, personale e tramite il fratello.

Quali obiettivi vi siete prefissati per il 2026?

A questo punto non possiamo tirarci indietro: confermarsi è sempre più difficile della prima volta, quindi vogliamo difendere il nostro titolo di miglior squadra Continental e vincere nuovamente il campionato nazionale ceco, magari nella corsa su strada. Ma vedere qualche nostro atleta approdare in un grande team sarebbe anch’esso una grande vittoria.

La crescita dell’Academy di Kreuziger. Un esempio da considerare

24.08.2025
6 min
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Non solo il suo impegno alla Bahrain Victorious. Roman Kreuziger non può far altro che avere sempre un occhio, anche se lontano, alla sua Cycling Academy. La sua squadra juniores, giunta al quarto anno di vita che pur avendo numeri molto ristretti si sta rivelando come uno dei team che più si stanno mettendo in luce. All’Aubel Thimister Stavelot, la prova a tappe belga della quale si è già avuto modo di parlare per il dominio del Team Grenke e la presenza italiana, la squadra ceka si è messa in bella evidenza, con Marek Stiblik quinto in classifica finale.

Roman Kreuziger, 39 anni, ha chiuso con le gare nel 2021. Oggi è diesse alla Bahrain Victorious
Roman Kreuziger, 39 anni, ha chiuso con le gare nel 2021. Oggi è diesse alla Bahrain Victorious

Kreuziger, per i suoi impegni professionistici, ha dovuto delegare a uno staff molto qualificato ma chiaramente è sempre molto attento allo sviluppo dell’attività del team che porta il suo nome: «E’ vero che si è cominciato nel 2022, ma è dall’anno scorso che stiamo svolgendo un’attività piena e internazionale. Avevamo anche un elemento molto valido come Pavel Sumpik che infatti è entrato nel devo team della Picnic Post-NL. Quest’anno continuiamo, anche se non abbiamo ancora un ragazzo a quel livello. Ma abbiamo ragazzi molto volenterosi e in crescita, tra velocisti, scalatori e corridori da classifica».

Voi lavorate un po’ su tutto da questo punto di vista?

All’inizio l’idea era avere ragazzi della mia regione, ma poi abbiamo visto che è difficile farne una squadra compiuta e abbiamo provato a cercare in tutto il Paese. Quest’anno abbiamo anche uno slovacco e per il futuro si sta pensando di prendere anche qualche altro straniero, proprio come fa la Grenke. Ma per farlo il problema è che bisogna avere un budget un po’ più sostanzioso, considerando che ci sono i voli da pagare per far gareggiare i ragazzi provenienti da altri Paesi. Ci serve un partner un po’ più grosso per coprire tutti i ritiri necessari e le spese per i materiali, o magari entrare nell’orbita di un team WT, ma non è cosa facile che realizzi dall’oggi al domani.

La Roman Kreuziger Cycling Academy è in attività dal 2022. Quest’anno ha 7 ragazzi in organico
La Roman Kreuziger Cycling Academy è in attività dal 2022. Quest’anno ha 7 ragazzi in organico
Voi fate attività a livello internazionale, anche con le gare più importanti?

Sì perché è quello l’ambito che più insegna, più aiuta a crescere. A gestire il team c’è Petr Kubias che fino allo scorso anno era anche cittì della nazionale di categoria. Noi abbiamo un rapporto stretto con la federazione nazionale, diciamo che fra loro e noi possiamo garantire ai ragazzi un’attività internazionale quasi completa. Perché l’obiettivo principale, condiviso, è fare crescere i ragazzi della Repubblica Ceka.

Tu quanto riesci a dedicarti al team, visti i tuoi impegni col WorldTour?

Molto poco, purtroppo. Io di solito faccio il primo briefing con i ragazzi, se riesco vengo in qualche ritiro, magari faccio qualche uscita con loro.  Di solito andavo anche ai campionati nazionali, ma negli ultimi due anni con il Tour de France non riesco più, quindi mi affido in toto allo staff che è molto qualificato. Chiaramente mi riferiscono come vanno i ragazzi, soprattutto che comportamento hanno cosa che per me è fondamentale, perché io ci metto il nome.

A tal proposito, i ragazzi che arrivano al team ti conoscono, hanno visto le tue gare, quelle che hai vinto?

Giusto qualcuno sì e mi sorprende perché non è così tanto tempo che ho smesso. Tanti sono anche molto timidi perché la differenza di età comincia a essere già abbastanza grande. Però diciamo che non hanno un contatto continuo con me. Vedo però che con i miei colleghi che la gestiscono sono molto più aperti e hanno una bella relazione. Sicuramente sanno che portano un nome importante e che abbiamo le regole chiare. E’ bello dargli tutto, divise, bici, tutto il materiale che vogliono. Però ci sono anche delle regole da rispettare e capire i ruoli, perché non tutti possono essere campioni. E noi gli stiamo insegnando che anche uno che lavora per gli altri e diventa bravo in questo, può avere una bella carriera.

Tu il ciclismo italiano lo conosci molto bene, nel caso la tua squadra diventasse multinazionale, prenderesti anche ragazzi italiani?

Certamente. Come uno spagnolo o un belga o un norvegese, sono i Paesi di riferimento. So qual è il livello dei giovani italiani, magari penso che con meno squadre WT o Professional sembri che ci sono meno ragazzi, ma è solo una questione di visibilità. Io sono convinto che sono tanti i ragazzi che vanno bene e che meriterebbero, ma non hanno la possibilità di fare con continuità gare internazionali all’estero e mettersi in luce. Noi non siamo ancora al livello di avere scouting per andare a vedere le corse giovanili in giro per l’Europa, ma credo che se ciclismo va avanti come sta andando adesso, prima o poi anche le squadre juniores non potranno affidarsi agli agenti, dovranno avere gente che fa scouting, che va a vedere le gare delle categorie giovanili e prendere gli elementi da lì.

Il team ceko è un riferimento per la federazione nazionale, ma potrebbe ora allargare i suoi confini
Il team ceko è un riferimento per la federazione nazionale, ma potrebbe ora allargare i suoi confini
La tua squadra è una tra le migliori, ma c’è il Team Grenke che domina, un po’ come la UAE a livello di World Tour. Secondo te una squadra così forte, così superiore, schiaccia gli altri?

Ma io non penso che schiacci il movimento – risponde sicuro Kreuziger – E’ chiaro che avendo un budget superiore a tutti, può richiamare più attenzione e riempirsi di talenti. Entrare in una filiera è importantissimo, ormai tutte le grandi squadre WT si stanno allargando anche alle formazioni juniores. Quel che conta è dare il tempo ai ragazzi di crescere. Uno come Finn che è primo anno under 23, sicuramente su certe gare paga ancora dazio verso chi è più grande, ma ci sono anche gare dove lui ha la possibilità di emergere. Ognuno può trovare spazio.

I responsabili del tuo team ti hanno già indicato qualcuno dei ragazzi che è molto promettente?

Quest’anno c’è questo ragazzo emerso in Belgio, Stiblik, del quale ho parlato con diversi agenti che mi hanno chiamato, ma mi hanno chiesto anche dei campioni nazionali Kubena e Pastva e del campione slovacco Patras. Vedono che stiamo lavorando bene con loro e gli piace prenderli. Noi come Bahrain abbiamo già la ex CTF che adesso è la nostra devo ufficiale e abbiamo anche una squadra juniores che è il Cannibal Team. A me piacerebbe molto inserire il team in una filiera, ma devo anche dire che non dovrebbe essere tutto spinto al massimo già nella categoria. Se fanno un po’ di gavetta partendo da dietro, se ne gioveranno in seguito…

Hirt lava la beffa del 2019: questa volta Aprica si inchina

24.05.2022
7 min
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La prima volta che mise il naso in Italia, Jan Hirt aveva 19 anni. Un tale dalla Repubblica Ceca aveva chiamato Angelo Baldini, direttore sportivo all’epoca della MG K-Vis polacca. Era il 2010. La squadra era strapiena di polacchi forti, tra cui Gawronski, che a luglio avrebbe vinto il campionato europeo ad Ankara, e Wisniowski che corre alla Ef-Easy Post. Sono passati 12 anni da quando il ragazzino della Repubblica Ceca entrò nel ritiro di Marinella di Sarzana e oggi che ha vinto la tappa di Aprica del Giro, per certi versi la tappa regina, il suo italiano fluente è una sorpresa inattesa.

«Mi piace l’Italia – dice – quando ero dilettante ho corso per due anni in squadre italiane. Avevo 19 anni. Mi piacciono la cultura italiana, il cibo. La natura. Mi piace il Giro, che mi si addice anche molto. Mi piacciono i suoi percorsi, le Dolomiti e le Alpi».

Uccellino uscito dal nido

Angelo Baldini segue il Giro con RCS Sport e il finale della tappa l’ha visto dai 300 metri all’arrivo, prima di rimettersi in macchina verso Lavarone. Lui è quello che lo accolse e tutto sommato lo inorgoglisce che qualcuno se ne sia ricordato.

«Non sono uno che fa il tifo per i corridori – sorride – ma quando mi è passato accanto, ho fatto un urlo così forte che mi è andata via la voce. Ha fatto davvero una bella vittoria. Era un ragazzino interessante, si vide subito che aveva qualità. La sua sfortuna fu di ritrovarsi con quel gruppo di polacchi che escludevano gli altri. Veniva da un paesino in Repubblica Ceca, sembrava un uccellino uscito dal nido. Faticava a inserirsi, ma frequentava spesso casa mia, anche per quello parla così bene l’italiano. Il guaio però è che non andava d’accordo coi polacchi, per cui a fine stagione decise di andare via e non mi sentii di trattenerlo. Mi pare che passò alla Italifine. Oggi ho avuto davvero la pelle d’oca».

Battuto da Ciccone

Hirt non è più un ragazzino, ha compiuto 31 anni alla fine di gennaio. Forse non tutti ricordano che è l’atleta dell’Astana battuto da Ciccone quando nel 2019 conquistò il traguardo di Ponte di Legno. Ancora una volta dopo il Mortirolo, che oggi gli ha reso giustizia. E quando certe salite le conosci, impari a correrci sopra. Un’esperienza che Kamna e Arensman non avevano e hanno pagato cari gli scatti violenti sul Santa Cristina.

Il forcing dell’Astana sul Mortirolo ha infiammato i tifosi di Nibali, che ha provato, pur non essendo in giornata super
Il forcing dell’Astana sul Mortirolo ha infiammato i tifosi di Nibali, che ha provato, pur non essendo in giornata super

«Il Mortirolo mi piace – dice – è una salita della storia del Giro. L’ho fatto tante volte in corsa e mi ha motivato molto. Mi piace quando le salite sono più ripide del 10 per cento. Non fa niente se sei un po’ indietro, si può recuperare. 

«Non conoscevo invece il Santa Cristina – sorride – mai fatta. Sapevo però che era più ripida nella seconda parte. Con Valverde e Carthy all’inizio abbiamo collaborato. Poi quando ha attaccato anche Arensman mi sono ho detto che non potevo aspettare oltre e sono partito cercando di rientrare».

Una stagione inattesa

E così l’Intermarché-Wanty-Gobert porta a casa un’altra vittoria dal Giro d’Italia che si somma alle altre 8 di una stagione inattesa, ma non certo insperata.

Hindley, Carapaz e Landa, in fondo si vede Almeida, terzo in classifica
Hindley, Carapaz e Landa, in fondo si vede Almeida, terzo in classifica

«Abbiamo un’ottima atmosfera in squadra – spiega Hirt – potrei dire che siamo amici. E quando hai un gruppo di persone con cui ti piace anche passare il tempo, puoi arrivare a bei successi. Credo che questa sia la cosa più importante. Di sicuro è la più grande vittoria della vita. Prima ero un corridore al servizio di grandi leader sulle montagne (Hirt ha corso per due anni con l’Astana, lavorando per Lopez e Fuglsang, ndr). Al Giro ho sempre avuto una possibilità di andare in fuga e ho sempre cercato di sfruttarla. Quest’anno sono più libero, sono anche ben preparato. Ho vinto il Tour of Oman a inizio stagione e mi fa piacere per una volta pensare a me stesso».

Un mese in Colombia

Non ci sono segreti, insomma. Quanto alla preparazione, viene fuori alla fine di questa chiacchierata che Hirt ha trascorso quasi un mese prima del Giro in Colombia, a Boyaca: la regione di Quintana e Lopez.

«Nella seconda parte del Catalunya – dice – mi sono ammalato. Ho avuto la febbre a 40, sono rimasto a casa per una settimana e quando ho ricominciato, è stato come riprendere dopo la sosta invernale. Ero certo che in altura avrei ritrovato la forma e così è stato. Non credo di sapere come si vince. Sono solo ben allenato e ho perso un po’ di peso. Penso di avere una buona forma e ho voluto approfittarne. Il segreto in questi casi è non arrendersi e continuare a provarci. Più volte ci provi e più aumentano le chance di vincere.

«Quando ho iniziato a pensare pensare che la tappa fosse persa, ho detto a me stesso: “Pensa a pedalare. Non ti capita così tante volte di entrare nella fuga giusta, cerca di fare il tuo meglio!”. Non ho cambiato nulla, sono piuttosto conservatore. Cambio poche cose, non mi piacciono i grandi cambiamenti».

Per il suo Paese

Il finale è un pensiero per il suo Paese. La Repubblica Ceca non ha più tanti corridori in gruppo, tolti Barta, Stybar, Cerny e pochi altri.

«Non sono certo io – dice Hirt – il ciclista più famoso del mio Paese. Ma sono felice di aver potuto vincere anche per la mia gente. Da noi il ciclismo è molto popolare, spero che questa vittoria motivi i ragazzi e li spinga a correre in bicicletta».

Azzurrini alla Corsa della Pace: le scelte di Salvoldi

03.05.2022
4 min
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Dal 5 maggio la nazionale italiana juniores sarà al via della Corsa della Pace, gara di quattro giorni in Repubblica Ceca, vinta negli ultimi anni da corridori di nome Hagenes (in apertura secondo dopo la prima tappa 2021), Evenepoel, McNulty e Pedersen. Al momento di scegliere i nomi dei nostri e visto il livello di percorso e avversari, il cittì Salvoldi è partito dai corridori di secondo anno.

Dino Salvoldi da quest’anno è tecnico degli juniores. Sullo sfondo Amadori, che guida gli U23
Dino Salvoldi da quest’anno è tecnico degli juniores. Sullo sfondo Amadori, che guida gli U23

«L’idea – spiega – è dovuta al fatto che in Italia la stagione è cominciata da poco. E anche se si sta evidenziando qualche primo anno di valore, le distanze e l’alto livello della corsa rendono più indicati atleti leggermente più maturi. E tra i secondi anni che ho scelto, alcuni hanno ottime prospettive nel quartetto dell’inseguimento. A loro ho aggiunto Bozzola e Arrighetti, che negli ultimi tempi hanno vinto delle belle corse».

Sei azzurri

In attesa di capire bene l’elenco dei partenti e quindi gli avversari dei nostri atleti, la selezione azzurra è degna di considerazione. Ci sono Belletta e Tommaso Bessega. Delle Vedove e Savino. Più il vincitore del Gp Liberazione (Bozzola) e Arrighetti, che di vittorie ne ha messe insieme già tre.

La Corsa della Pace dura quattro giorni, anche se il secondo giorno propone due semitappe. E se i nostri non avranno probabilmente grosse chance di classifica, potranno dire qualcosa sul fronte dei traguardi di giornata.

Non andiamo per fare classifica?

Credo di no, se non altro perché ancora non si è segnalato un italiano con caratteristiche di scalatore. E’ ancora presto, sono certo che nei prossimi mesi sarà diverso. Perciò andremo per fare esperienza e puntare magari a qualche traguardo di giornata. L’albo d’oro è pieno di corridori forti, non è una corsa di poco conto.

La Corsa della Pace si svolge nella Repubblica Ceca, con qualche sconfinamento nella vicina Germania (foto Facebook)
La Corsa della Pace si svolge nella Repubblica Ceca, con qualche sconfinamento nella vicina Germania (foto Facebook)
Andiamo con i secondi anni, però si dice che il 2005 sia un’ottima annata. Ti risulta?

Direi proprio di sì e mi è stato detto anche da chi lo scorso anno gestiva questi ragazzi negli allievi. Il 2005 è una buona annata, con ragazzi forti anche in pista. Per valutarli su strada serviranno ancora tempo e corse più impegnative.

Il fatto di andare a una corsa così importante ha richiesto che i ragazzi si preparassero in modo diverso?

Sono tutti consapevoli dell’importanza della Corsa della Pace, ma non abbiamo intensificato la preparazione. Ci servirà come confronto e per continuare il processo di preparazione. E visto che i punti di Coppa delle Nazioni sono importanti, qualcosa combineremo di certo.

Nel 2021 Uitdebroeks (oggi alla Bora) vince la crono di Trebenice e si piazza terzo nel ranking finale (foto Facebook)
Nel 2021 Uitdebroeks (oggi alla Bora) vince la crono di Trebenice e si piazza terzo nel ranking finale (foto Facebook)
Sembri fiducioso per l’attività su strada e consapevole del lavoro che serve in pista…

E’ chiaro che il quartetto, per i tempi di adattamento, abbia bisogno di processi più lunghi. C’è da lavorare. In più, mettiamoci il fatto scuola e la logistica di Montichiari che non è comoda per chi non vive nei dintorni. Per questo l’Italia è diversa da tanti Paesi del resto del mondo, da noi la scuola conta di più.

Quando partite?

Oggi pomeriggio. Fino a domani ci si ambienta. E poi si comincia.

Roman Kreuziger, moglie Michaela, piccola Anna, grande Viktoria, Natale 2020

Kreuziger, vita da monaco per il rilancio

02.01.2021
5 min
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Per il prossimo mese, Kreuziger starà a casa davvero poco. Lo aspettano nuovamente le Canarie, da cui è tornato appena prima di Natale, poi il ritiro a Mallorca con la Gazprom-Rusvelo, perché Roman questo fatto del cambio generazionale obbligato fa fatica a masticarlo, figuriamoci a mandarlo giù. Lo cogliamo in un inizio di stagione che resta comunque cruciale. L’idea di cambiar squadra non l’aveva presa in considerazione. Alla Ntt Pro Cycling si era trovato bene, ma l’attesa che la Qhubeka-Assos nascesse e gli facesse una proposta a un certo punto si è fatta troppo lunga. Così ha accettato l’offerta della squadra russa che, come ci ha già spiegato Paolo Rosola, ne farà uno dei riferimenti per le corse importanti e una guida per i giovani.

Roman Kreuziger, Ivan Basso, VIncenzo Nibali, Franco Pellizotti, Liquigas, passo San Pellegrino 2009
Kreuziger, a sinistra, con Basso, Nibali e Pellizotti nel ritiro Liquigas a passo San Pellegrino nel 2009
Roman Kreuziger, Ivan Basso, VIncenzo Nibali, Franco Pellizotti, Liquigas, passo San Pellegrino 2009
Kreuziger, Basso, Nibali, passo San Pellegrino nel 2009

«Potevo aspettare altri 15 giorni – dice Kreuziger – ma sarebbe stato un rischio, perché di qua c’erano 5 corridori per un posto. Conosco bene Dima (Dimitri Konychev, direttore sportivo della Gazprom, ndr), quando sono sul Garda abitiamo a 10 chilometri e mi alleno spesso con suo figlio. Mi ha fatto parlare con Renat Kamidhuline, il manager della squadra, e penso abbia capito che ho ancora voglia di fare sacrifici. Tanti possono pensare che sia vecchio, perché sono in gruppo da una vita. La verità è che posso essere un riferimento per Zakarin e posso passare la mia esperienza ai più giovani. Se solo la vorranno ascoltare…».

Zakarin significa corse a tappe…

Non sarò l’ultimo uomo in salita, ma in un Giro servono i corridori di esperienza. E poi spero di avere spazio e che ci invitino nelle gare di un giorno, magari nelle Ardenne, perché ultimamente mi ci trovo bene.

Roman Kreuziger, Gazprom, Colnago
Così Roman con la nuova maglia e la nuova Colnago
Roman Kreuziger, Gazprom, Colnago
Con la nuova maglia e la nuova Colnago
Dal WorldTour a una professional: che effetto fa?

Dopo 15 anni al top, può sembrare che sia sceso. Ma col mercato che c’era e la famiglia a casa, ho trovato l’accordo e sono contento. Come organizzazione, non vedo grosse differenze. Ho cominciato a correre su una Colnago e mi fa piacere tornare a usarla. In più abbiamo Campagnolo, che di questi tempi è anche meglio, visto che Shimano ha difficoltà a consegnare i gruppi e tanti colleghi sono ancora senza la bici nuova. Io sono motivato. Farò la mia stagione. Preparerò le Olimpiadi e anche il mondiale. E alla fine deciderò se continuare o fermarmi. Ma voglio deciderlo io.

Roman Kreuziger, Rein Taaramae, Vladimir Karpets, Giro di Romandia 2009
Vince il Giro di Romandia 2009 davanti a Taaramae e Karpets
Roman Kreuziger, Rein Taaramae, Vladimir Karpets, Giro di Romandia 2009
Vince il Romandia 2009 su Taaramae e Karpets
Dunque sei arrivato a questo bivio?

Devo capire se il 2020 è andato male per colpa del Covid. Sono convinto che se il 2021 parte e si svolge normalmente, quelli della mia generazione faranno vedere che ci sono ancora. Perciò, più che un bivio è mettere le mani avanti. Mi sento giovane e in grado di andar forte. Mi sto godendo il tempo che mi resta da correre. I più giovani rischiano di sprecarlo sapendo di averne ancora tanto.

Hai cominciato a vincere tanto da junior e fisicamente eri già definito come un pro’…

So dove volete arrivare, ma credo che la Liquigas mi abbia lasciato tanto. Il dottor Corsetti magari era un rompiscatole, ma ci ha insegnato come comportarci da professionisti e come gestirci. Ho vissuto ogni anno da professionista, mai uno strappo. E questo adesso mi torna indietro.

Roman Kreuziger, Amstel Gold Race 2013
Nel 2013 in maglia Saxo Bank vince da solo l’Amstel Gold Race
Roman Kreuziger, Amstel Gold Race 2013
Nel 2013 vince l’Amstel Gold Race
Quindi i giovani non devono credere di aver già archiviato la pratica?

L’ambiente è cambiato tanto. Il ciclismo è molto più esplosivo. Loro non hanno avuto problemi a cambiare programmi, mentre noi con più di 30 anni abbiano avuto un buon livello, però mai eccezionale. Loro sono stati super, però vediamo se saranno in grado di confermarci. Faccio il paragone con Nibali…

Riguardo cosa?

E’ lì davanti da 15 anni e vince da 15 anni. Altri ci riusciranno? Oppure faranno 5 stagioni a tutta e poi smetteranno? Io credo che alcuni non saranno capaci di ripetersi.

Non li vedi capitani di domani?

Cancellara e Contador sono stati capitani che hanno sempre preteso tanto dagli altri, perché pretendevano tanto da se stessi. Oggi non ci sono più questi riferimenti e nel gruppo c’è l’anarchia.

Romam Kreuziger, Alberto Contador, Nairo Quintana, Tirreno-Adriatico 2014
Scorta Contador (dietro c’è Nairo Quintana) alla vittoria della Tirreno-Adriatico 2014
Romam Kreuziger, Alberto Contador, Nairo Quintana, Tirreno-Adriatico 2014
Scorta Contador alla vittoria della Tirreno 2014
Questi sono discorsi da nostalgico…

Ma basati su dati certi. Non ci sono più campioni con il carisma per tenere ordine in gruppo. Per questo ci sono tante cadute. Ti passano a un filo e se ti lamenti, ti urlano dietro: «Sei vecchio, stai a casa!». Magari certe cose le dicevo anche io, poi però venivano Garzelli, Noè oppure Pelizotti e mi rimettevano al mio posto. Mi piace quasi più allenarmi che andare in corsa, dove non c’è più rispetto.

Hai vinto l’Amstel, il Giro di Svizzera e il Romandia. Un mondiale da junior, cosa manca alla tua carriera?

Il podio in un grande Giro, ma per come vanno ormai faccio fatica. Un podio alla Liegi e magari alle Olimpiadi. Nel ciclismo non saranno popolari come il mondiale, ma quella medaglia potrebbe dare un senso a tutta la storia. Io credo che a Tokyo ci andremo. Magari con le mascherine. Magari senza il Villaggio Olimpico, ma ci andremo.

Roman Kreuziger, piccola Anna, grande Viktoria, Natale 2020
Kreuziger con le figlie Anna (a destra) e Viktoria (a sinistra) nei giorni di Natale (foto Instagram)
Roman Kreuziger, piccola Anna, grande Viktoria, Natale 2020
Kreuziger con le figlie Anna e Viktoria (foto Instagram)
E quando arriverà il momento, cosa farai?

Ci ho pensato a novembre, quando sembrava che non avrei trovato squadra. Vedo Lombardi, vedo Quinziato e mi immagino nell’ambiente come talent scout o come responsabile della performance in una squadra. Ho firmato per un anno, secondo Konychev e Renat non avrò problemi a rinnovare. Io farò il possibile. Per questo mi sono allenato anche in mountain bike. Per questo starò tutto gennaio via da casa. E poi vedremo se è stato il Covid o se a 33 anni sarò già vecchietto…