Ma che fine ha fatto Remco Evenepoel? Lo avevamo lasciato dopo la terribile caduta al Giro di Lombardia, la conseguente frattura del bacino e il recupero. Un recupero che sembrava lampo.
Tanto che già prima di Natale parlammo di un Remco super pimpante e molto magro al primo ritiro della sua squadra in Spagna.
Le immagini di Evenepoel in seguito alla caduta nella discesa dal Sormano Le immagini di Evenepoel in seguito alla caduta nella discesa dal Sormano
Remco eremita
Poi però per lui nessuna corsa. In Deceuninck-Quick Step avevano dichiarato che il giovane fenomeno fosse pronto a gareggiare, ma anche che era lui a voler partire più tardi. Paure? Insicurezze? Tutt’altro, Remco ha in mente Olimpiadi e campionati del mondo (in casa), quindi vuole arrivare a fine stagione, con le batterie cariche. E per questo inizierà a gareggiare al Giro d’Italia.
A chiarire poi le cose ci ha pensato il general manager stesso della Deceuninck, Patrick Lefevere: «Remco sta bene. È tornato in Belgio qualche giorno fa. Sono anche andato a trovarlo a Tenerife, dove in pratica ha stazionato per quasi venti giorni. E’ stato come un’eremita. In quel posto dell’isola, sul monte c’era solo e soltanto il suo hotel. Sembrava fosse sulla Luna!».
Remco (e Alaphilppe) in ritiro a gennaio, il belga si è visto poco pubblicamenteRemco (e Alaphilppe) in ritiro a gennaio, il belga si è visto poco pubblicamente
Al Giro ma con calma
«Dopo una lunga base, Evenepoel sta iniziando a lavorare per essere competitivo al Giro – ha detto Lefevere – Ci andiamo con calma, non vogliamo sbagliare. Andrà in Italia con uno stato d’animo diverso rispetto all’anno scorso. Nel 2020 sarebbe andato alla corsa rosa per vincere, stavolta per fare bene ma non sappiamo dove potrà arrivare».
Magari si vuole gettare acqua sul fuoco o effettivamente Remco non è al 100%. Okay che, come abbiamo scritto in questi giorni, i giovani soprattutto quella ristretta cerchia di cui lui fa parte, sanno prepararsi al meglio e sono competitivi anche senza fare gare, ma certo iniziare a gareggiare a maggio con gli altri che hanno tre mesi di gare nelle gambe non è cosa scontata. Neanche se ti chiami Evenepoel.
Esperienza Evenepoel
Il suo allenatore, Koen Pelgrim, che lo ha seguito proprio sul Teide, ha detto di un Remco finalmente sereno. In effetti qualche piccolo fastidio era emerso dai primi ritiri spagnoli, specie in quello di gennaio in cui si cominciava a fare qualcosa in più. Adesso però il belga sembra definitivamente a posto.
«Quello che gli è successo quest’inverno – ha detto Pelgrim all’Het Nieuwsblad – è stata una lezione. Remco ha imparato che a volte è meglio stare un po’ più calmi. Sta anche facendo molti progressi allenandosi di meno. E’ ancora lontano dai suoi standard migliori ma grazie al suo talento può progredire più velocemente di altri».
In altura con Evevenpoel sono andati anche Fausto Masnada e Mikkel Frolich Honoré.In particolare il danese è diventato il suo uomo di fiducia. Remco sembra abbia “sbattuto i pugni sul tavolo” per averlo con sé anche lo scorso anno nei vari ritiri. Insomma, il ragazzo seppur giovane ha un bel carattere.
Remco Evenepoel e Mikkel Frolich Honoré in ritiro sul TeideEvenepoel e Honoré in ritiro sul Teide
A Tokyo per la doppietta
Ed Evenepoel cosa dice? Il campioncino fiammingo, come sempre non usa giri di parole, specie quando parla del Giro.
«Io sto bene – ha dichiarato anche lui all’Het Nieuwsblad – la preparazione è filata liscia. Certo, la caduta al Lombardia qualche conseguenza psicologica l’ha avuta. Sono andato da uno psicologo, per via di quel volo e perché ero andato un po’ nel panico in discesa già prima di cadere. Ma adesso va bene. Ho letto anche dei libri per essere più forte mentalmente.
«Sarò al Giro per prepararmi. Se ci sarà occasione punterò a qualche tappa. Prima di tutto vengono i Giochi (a tal proposito il cittì belga, Sven Vanthourenhout lo ha convocato anche per la crono insieme a Van Aert, ndr) e poi il resto. Alla fine se ci si pensa il mio cammino sarà lo stesso di quello dello scorso anno, ma in più avrò il Giro nelle gambe».
Era possibile prevedere il bis iridato di Alaphilippe? Secondo Bramati che lo guida c'erano chiari segnali. E per come ha corso, è sembrato davvero Bettini
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Ne sono passati tanti, di campioni, attraverso le strade del Giro della Lunigiana. Ne abbiamo sentito parlare pochi giorni fa da Johnny Carera, come cartina al tornasole per corridori di sicuro avvenire (in apertura il podio 2019, con Piccolo davanti a Martinelli e Piras). La storia della più importante corsa a tappe italiana per juniores ha subìto lo scorso anno l’ultimo stop, naturalmente per Covid, ma nel corso della sua evoluzione non è stato un caso isolato. Basti pensare che dal 1950 la gara, che era nata nel 1929 per mano dell’Us Vezzanese, era stata cancellata dai calendari, per poi essere ripresa in mano dall’Us Casano nel 1975. Da allora si era andati avanti ininterrottamente fino al 2014, anno nel quale la corsa era saltata per problemi interni all’organizzazione, attraversando anche il grande passaggio dalla categoria dilettanti a quella junior, all’inizio degli anni Ottanta.
Corsa di casa
Renato Di Casale, direttore generale della corsa, è un po’ la memoria storica del Giro, sempre disegnato in questo territorio di confine fra Liguria e Toscana con tutte le tappe fra le province di La Spezia e Massa Carrara (anche se in qualche edizione si “sforò” nel Pistoiese con la tappa di Lamporecchio). «La cosa curiosa – dice – è che il Giro della Lunigiana rinacque per dare un terreno di battaglia fra due grandi rivali dell’epoca. Corrado Donadio, che quel Giro lo vinse, era sempre sfidato da un corridore di La Spezia, allora pensammo che una gara a tappe potesse essere l’ideale per dirimere la questione e così fu».
Si corre a cavallo fra le province di La Spezia e Massa Carrara: scenari bellissimi, rampe ripide (foto Giro della Lunigiana)Si corre a cavallo fra La Spezia e Massa Carrara (foto Giro della Lunigiana)
Paesi e regioni
Il passaggio alla categoria juniores comportò anche un regolamento particolare. «Il Giro doveva essere per rappresentative – dice – questo consentì l’adesione di nazionali estere. A cominciare dal 1979 con Cecoslovacchia e Polonia e la presenza delle squadre del Blocco dell’Est, rimase sempre una caratteristica della corsa, uno dei pochi punti d’incontro tra americani e sovietici sui pedali. Potevano partecipare le squadre nazionali e le rappresentative regionali, metà e metà, con qualche eccezione. Non potevamo non dare spazio anche alla società organizzatrice e alle formazioni di rappresentanza per le province interessate… Erano tempi molto particolari, ricordo ad esempio un anno nel quale la nazionale polacca non voleva rientrare in patria e qualche corridore scappò… Il Giro della Lunigiana divenne il corrispettivo autunnale e per junior del Giro delle Regioni, che si svolgeva in primavera ed era riservato ancora ai dilettanti».
Per Antonio Tiberi, nel 2019 piazzamenti e subito dopo l’oro al mondiale crono di Harrogate (foto Giro della Lunigiana)Per Tiberi piazzamenti, nel 2019 poi l’iride crono (foto Giro della Lunigiana)
Cunego e Nibali
Nel corso degli anni sono tantissimi i corridori passati attraverso il Giro della Lunigiana che poi hanno avuto una grande carriera professionistica. Qualcuno era ancora acerbo, come nel 1982, quando la nazionale italiana presentò gente come Gianni Bugno e Franco Ballerini, ma la corsa la vinse il sovietico Yuri Abramov (Bugno però era finito secondo l’anno prima). Sulle sue strade hanno pedalato anche campioni del mondo come Moreno Argentin, Maurizio Fondriest e Paolo Bettini, terzo nel ’92. «Io però – riprende Di Casale – ne ricordo due che già da junior erano vincenti: Damiano Cunego primo nel ’98 e Vincenzo Nibali nel 2002, si vedeva che ne avevano tanto di più degli altri, soprattutto il grande siciliano».
Nel 2019 secondo Martinelli, qui con il Ct De Candido, che finirà sul podio dei mondiali di Harrogate (foto Giro della Lunigiana)Nel 2019, Martinelli fu 2° anche ai mondiali di Harrogate (foto Giro della Lunigiana)
Aspettando Brenner
Tanti altri che al Giro sono emersi non sono poi diventati campioni. Ripensandoci, a Di Casale viene però in mente un corridore dalla partecipazione molto recente e che ha ancora tutto il tempo per emergere. «E’ il tedesco Marco Brenner (quest’anno al suo esordio fra i pro’ nel Team Dsm, ndr), che nel 2019 vinse tre tappe, ma non finì neanche sul podio tutto italiano, con la vittoria di Andrea Piccolo. Ebbi forte la sensazione che gli avessero fatto la guerra in casa, nella sua nazionale, per questo perse, senza nulla togliere all’azzurro».
Effetto Remco
Parlando di campioni passati per il Lunigiana, il direttore di corsa Alessio Baudone non ha però dubbi nell’indicare chi l’ha più impressionato. «Remco Evenepoel, primo nel 2018 – dice – mai visto un corridore spaccare la corsa come lui, appena si partiva andava al doppio della velocità degli altri, un atleta potente e intelligente come nessuno. Un altro che andava davvero forte era lo sloveno Matej Mohoric, primo nel 2012, in discesa era veramente un funambolo già allora».
Nel 2019 tre tappe per il tedesco Brenner, oggi pro’ al Team Dsm (foto Giro della Lunigiana)Nel 2019 tre tappe per il tedesco Brenner (foto Giro della Lunigiana)
Il giallo Bettiol
C’è un episodio, risalente all’anno prima, che però ha segnato l’esperienza di Baudone alla guida della corsa ligure-toscana. «Nel 2011 l’ultima tappa nacque sotto una cattiva stella – racconta – con un diluvio che costrinse a togliere la classica salita di Fosdinovo, appuntamento topico ogni anno. Su una curva verso Marina di Carrara ci fu un ruzzolone generale e dovemmo fermare la corsa. Alberto Bettiol, che era al comando della classifica, venne verso di noi dicendo che gli faceva molto male la gamba: lo portammo di corsa all’Ospedale di Sarzana, ma i controlli furono negativi e la dottoressa gli diede il nullaosta per tornare in gara. I responsabili del team della Lombardia piantarono una polemica enorme, ma avevo applicato i regolamenti e l’Uci mi diede ragione, così Bettiol si aggiudicò la gara».
La Deceuninck-Quick Step prosegue nel cambiamento di pelle. E se da un lato si è assicurata la prosecuzione di Alaphilippe, con Evenepoel si sposta sui Giri
Digerita la Liegi, Evenepoel riparte dal Tour of Norway e riprende a vincere. Volata sullo strappo e arrivo in solitaria. Solita sicurezza e piedi per terra
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Quando parla Patrick Lefevere, raramente i concetti sono banali e per questo i corridori, da Julian Alaphilippe al giovane Evenepoel, lo guardano e ascoltano con devozione Per questo si tende a prestare estrema attenzione al grande capo della Deceuninck-Quick Step e così. è stato anche a margine del ritiro del team ad Altea, Spagna
«Speriamo di poter correre il prima possibile – ha detto – continua ad essere una situazione strana, ma proveremo a superare tutto, proprio come abbiamo fatto l’anno scorso, quando abbiamo affrontato una situazione completamente nuova. La scorsa stagione è stata molto imbarazzante e complicata, ma siamo comunque riusciti a fare la nostra parte. Abbiamo riprovato a vincere il più possibile e abbiamo ottenuto qualità e quantità. Speriamo di ripeterci nel 2021».
Per Cavendish è un sogno essere ancora qui (foto Wout Beel)Per Cavendish è un sogno essere ancora qui (foto Wout Beel)
Remco e il Giro
Uno dei primi a parlare nell’incontro con la stampa è stato Remco Evenepoel, che ha concluso prematuramente la sua stagione nel 2020 dopo essere caduto al Lombardia. Il belga ha annunciato che rinvierà il suo ritorno alle corse, poiché sta ancora provando un po’ di dolore a causa del suo infortunio.
«Non sappiamo ancora quando e dove potrò ricominciare – ha detto – voglio dare a me stesso e al mio corpo il tempo necessario per arrivare al 100 per cento prima di tornare in bici. Non sono nel panico, poiché l’obiettivo è di essere a posto per fine febbraio. Quest’anno punterò ancora una volta al Giro d’Italia. La straordinaria prova della squadra nel 2020 mi ha motivato e voglio essere al via per scoprire la corsa e i suoi fantastici tifosi, ma per il momento il mio obiettivo più grande è recuperare completamente».
Jakobsen c’è
Un altro corridore in via di guarigione dopo la caduta dello scorso agosto è Fabio Jakobsen. L’ex campione olandese, vincitore di 18 gare tra i professionisti, ha parlato del suo recupero e di quanto sia importante per lui tornare con la squadra.
«In questo momento – ha detto – sono di nuovo in sella alla mia bici, facendo allenamenti con i ragazzi. Le sensazioni sono okay e per ora sto procedendo lentamente ma costantemente per sentirmi di nuovo un professionista. Tutti mi hanno supportato e gliene sono grato. Essere ora al fianco di Bennett e Cavendish, del miglior velocista del Tour dello scorso anno e del più grande velocista nella storia della gara, mi dà una grande motivazione. Non so ancora quando tornerò a correre, perché a febbraio ho in programma un altro intervento, ma la cosa più importante è che sono qui con i ragazzi. Non riesco a dirvi che cosa significhi per me dopo la peggiore esperienza della mia vita. Questa squadra è come una famiglia, passiamo del tempo insieme, ci prendiamo cura l’uno dell’altro e sono semplicemente felice di stare con loro».
Julian ha confermato che non correrà il Tour per la classifica (foto Wout Beel)
Un belga non dice mai di no a una birra, vero Devenyns? (foto Wout Beel)
Sole e caldo, la Spagna non ha tradito lo squadrone (foto Wout Beel)
Tante ore di sella e un ottimo lavoro, a detta dei tecnici (foto Wout Beel)
Remco Evenepoel ha bisogno di altro tempo per recuperare (foto Wout Beel)
Trenta corridori agli ordini di Peeters e Bramati (foto Wout Beel)
Confermate le ammiraglie Bmw (foto Wout Beel)
Per Alaphilippe un bel gruppo di guerrieri (foto Wout Beel)
Che gusto c’è se in salita non si gioca un po’? (foto Wout Beel)
Un caffè per Julian durante l’incontro virtuale con la stampa (foto Wout Beel)
Cambio di guarnitura, in ritiro si fanno anche le prove (foto Wout Beel)
E Stybar a sorpresa annuncia che farà il mondiale di cross (foto Wout Beel)
Si mettono a punto le bici da crono (foto Wout Beel)
Le nuove Ares di Specialized, oggetto del desiderio (foto Wout Beel)
Il lavoro sulla posizione è da sempre un must di Specialized (foto Wout Beel)
Dal raffronto dei watt, la scelta dei materiali e dell’assetto (foto Wout Beel)
Test in pista nel velodromo di Valencia (foto Wout Beel)
Julian non correrà il Tour per la classifica (foto Wout Beel)
Un belga non dice mai di no, vero Devenyns? (foto Wout Beel)
Sole e caldo, la Spagna non ha tradite (foto Wout Beel)
Tante ore di sella e un ottimo lavoro, a detta dei tecnici (foto Wout Beel)
Evenepoel ha bisogno di altro tempo (foto Wout Beel)
Trenta corridori per Peeters e Bramati (foto Wout Beel)
Confermate le ammiraglie Bmw (foto Wout Beel)
Per Julian un gruppo di guerrieri (foto Wout Beel)
Che gusto c’è se non si gioca un po’? (foto Wout Beel)
Un caffè durante la pausa (foto Wout Beel)
Cambio di guarnitura, si fanno le prove (foto Wout Beel)
E Stybar farà il mondiale di cross (foto Wout Beel)
Si mettono a punto le bici da crono (foto Wout Beel)
Le nuove Ares, oggetto del desiderio (foto Wout Beel)
Il lavoro sulla posizione con Specialized (foto Wout Beel)
Test in pista nel velodromo di Valencia (foto Wout Beel)
Il re di Francia
Alaphilippe nella sua bolla iridata ha passato parecchio tempo a sviare le attenzioni da un progetto di classifica al Tour, lasciando intravedere semmai la chance per il 2022.
«Vincere a Imola – ha detto Julian – è stato per me il momento più bello dell’anno scorso e indossare la maglia iridata per dodici mesi mi dà un grande orgoglio. Non vedo l’ora di mostrarla nel maggior numero di gare possibile in questa stagione. Sto ancora recuperando dopo l’infortunio del Fiandre, ma da allora ho fatto dei passi importanti e sono fiducioso che andrà meglio nelle prossime settimane.
«Sono entusiasta di debuttare in Francia – ha aggiunto Julian – dovrebbe essere una bella esperienza. Ho partecipato al Tour de la Provence alcuni anni fa e sono contento di tornarci. Mi piacciono i percorsi, ma ci andrò senza obiettivi precisi. La cosa più importante sarà ricostruire la forma e spero che la Provenza mi aiuti a fare proprio questo prima dei miei appuntamenti primaverili, quando punterò a risultati importanti».
Test a Valencia
Infine i test nel velodromo di Valencia, voluti dal team e ancora di più dalla Specialized per avere il miglior fitting degli atleti sulle bici e provare i materiali, fra cui anche le nuove scarpe.
«Teniamo queste sessioni da diversi anni ormai – ha spiegato Leo Menville – in cui facciamo test aerodinamici. Ai corridori viene fornito un fit Retul prima di arrivare al velodromo, dove cerchiamo di dare loro un buon adattamento sulla bici, oltre a fare dei test di efficienza metabolica per darci una base su cui lavorare. Usiamo queste informazioni per ottimizzare la posizione di ognuno sulla bici, concentrandoci questa volta principalmente sulle loro Shiv da crono. Utilizziamo lo stesso protocollo ogni volta. Il corridore percorre un numero di giri di pista alle velocità impostate. I dati vengono verificati, indicando quali modifiche si possono fare alla posizione del corridore e così a oltranza fino ad avere il miglior risultato».
Si cerca il giusto mix tra velocità e comfort (foto Wout Beel)Si cerca il giusto mix tra velocità e comfort (foto Wout Beel)
Comodi e veloci
Le regolazioni riguardano il manubrio, più alto o più basso, più lontano o più vicino, appoggi diversi per le braccia e modifiche alla sella. Lo scopo è trovare la posizione aerodinamicamente più efficiente per il corridore durante una crono.
«Quindi accoppiamo questi dati con i test metabolici – ancora Menville – perché a volte si può avere la posizione più aerodinamica e ugualmente il corridore produce meno watt. Quindi, esaminiamo tutte le informazioni e troviamo qual è la posizione perfetta per ciascuno».
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Proprio oggi riparte la stagione della Deceuninck-Quick Step e di Remco Evenepoel. Il giovane asso belga lo avevamo lasciato in quella curva verso sinistra al Giro di Lombardia, quando volò giù da un ponte. La sua stagione fin lì era stata costellata solo di vittorie: San Juan, Algarve, Polonia (foto in apertura), Burgos.
Remco riportò la frattura del bacino e fu costretto a chiudere quel giorno la sua seconda stagione da professionista. Ieri è arrivato in quel di Calpe. Maniche corte (si notava già il segno dell’abbronzatura), cuffie al collo, capellino, zaino in spalla e due bottigliette d’acqua tra le mani. Più che un corridore sembrava un adolescente che sta per entrare in classe!
L’arrivo di Remco (21 anni a gennaio prossimo) ieri a CalpeL’arrivo di Remco (21 anni a gennaio prossimo) ieri a Calpe
Quanti esercizi a secco
Da quella caduta al Lombardia, l’annus horribilis della Deceuninck continuava, dopo Jakobsen e Cattaneo anche Remco incappava in un grande infortunio (e non sarebbe finita lì, mancava Alaphilippe). E soprattutto la corazzata di Bramati perdeva il suo faro del Giro.
Lo stop però non ha scalfito troppo le certezze del belga. Dopo il riposo forzato durato una ventina di giorni, Remco ha ripreso a lavorare. E lo ha fatto con una determinazione tale che lo stesso Bramati durante il Giro ci diceva tra le ammiraglie in quel di Catania: «Questo è proprio forte, anche di testa. Sta lavorando come un matto».
In effetti sembrava proprio che facesse gli esercizi di riabilitazione con una facilità disarmante. Merito dell’incoscienza dei 20 anni? Forse, ma il risultato non cambia. Evenepoel camminava dopo pochi giorni e dopo tre settimane era già nel pieno del lavoro. Ha eseguito (ed esegue tutt’ora) tantissimi lavori di “core”: stabilità, equilibrio, isometria… L’imperativo era far chiudere la frattura e rinforzare le fasce (muscolari e tendinee) che lo circondano. Soprattutto la parte alta della gamba destra, quella che ha subito il maggior danno.
Ripartire dal caldo
«Sono venuto poi in Spagna a Calpe – ha detto Remco alcuni giorni fa all’Het Nieuwsblad – perché qui è più caldo e questo mi aiuta. Posso allenarmi bene. Queste salite, queste strade e soprattutto la bici sono il mio habitat naturale e da quando sono qui il recupero va meglio del previsto».
E così lo abbiamo visto pedalare. Dapprima da solo, poi in compagnia di amici e da oggi del team. Le prime impressioni parlano di un Remco in piena efficienza. In Belgio le prime sgambate e dopo una settimana in Spagna già ben oltre 700 chilometri, pedalando per quasi 4 ore al giorno. La macchina da guerra si è riaccesa.
Il Remco-pensiero è già rivolto al 2021. L’obiettivo principale sembra essere la crono olimpica: «Io volevo ripartire subito. Speravo di farlo già dall’Australia, ma il Down Under è saltato. Magari lo farò alla Valenciana, ma quel che più vorrei è debuttare in un grande Giro».
La caduta nel dirupo all’ultimo LombardiaLa caduta nel dirupo all’ultimo Lombardia
E’ già Evenepoel-Ganna
E la crono di Tokyo 2021? Per tutti, tecnici e corridori, sembra già esserci un testa a testa tra Ganna e lo stesso Remco, ma occhio anche al connazionale Van Aert.
«Dicono sia una cronometro molto dura – ha dichiarato Evenepoel – in realtà chi ha visto il percorso dice che è un po’ più filante di quel che sembra su carta. Una cosa è certa, più c’è salita e meglio è per me che sono più leggero».
In Argentina, alla Vuelta San Juan, abbiamo visto dal vivo sia Ganna che Evenepoel a cronometro. La prima parte di questa gara contro il tempo era abbastanza piatta, gli ultimi 5 chilometri invece tendevano a salire. Ebbene il folletto belga le aveva suonate a Pippo anche nel tratto in piana. Vero, differenze non grandi fino a lì, però di fatto il duello lo aveva vinto lui. E lo stesso era accaduto due giorni dopo nella frazione in salita. Ganna in primis lo aveva attaccato nel vento, ma quando la strada aveva iniziato a salire Evenepoel gliele aveva rese con gli interessi. Insomma è un duello che infiamma non poco. Ganna è cresciuto molto nel frattempo, la crono di Valdobbiadene e la tappa di Camigliatello ne sono la prova, e su Remco pendono dei punti interrogativi.
Il podio della Vuelta San Juan: primo Evenepoel, secondo GannaIl podio della Vuelta San Juan: primo Evenepoel, secondo Ganna
Meno chili, ma stessi watt?
Dalla Spagna arrivano notizie più che confortanti. Evenepoel come ha detto anche il Brama è un mastino. Durante il suo stop è persino dimagrito, scendendo sotto la soglia dei 60 chili pur non perdendo troppa massa muscolare. Remco stesso ammette di non sapere che limiti e che wattaggi potrà toccare adesso. Quando è stato fermo è stato un sergente di ferro con la testa. Forse troppo? Si parla di un’attenzione maniacale sul fronte dell’alimentazione, tanto che Remco stesso ha assicurato sempre all’Het Nieuwsbladche non fosse diventato anoressico, ma che semplicemente aveva capito l’importanza dell’alimentazione e del peso nel ciclismo moderno.
Eravamo curiosi di vederlo prima, figuriamoci adesso…
Jai Hindley, 24 anni. Joao Almeida 22 anni. Tao Geoghegan Hart, 25 anni. Tadej Pogacar, 22 anni. Remco Evenepoel, 20 anni. Egan Bernal, 23 anni. Questi i nomi più in vista: sono i ragazzini che a vario titolo hanno monopolizzato il ciclismo mondiale negli ultimi due anni e che al Giro d’Italia e prima al Tour de France hanno scavato un solco rispetto alla vecchia guardia. Intendiamoci, la vecchia guardia non era al top, ma certo vedere la disinvoltura e la maturità con cui i giovani hanno gestito le situazioni più spinose ha sollevato il più banale degli interrogativi: dove sono i nostri?
Le teorie sono molteplici. Le società juniores hanno bisogno di essere ascoltate. E probabilmente il lavoro che oggi dovrebbe impostare la Federazione è proprio quello di raccoglierne le istanze per venire a capo della situazione. Noi un parere lo abbiamo chiesto a Michele Bartoli, che con i giovani spesso lavora.
E’ possibile che i talenti nascano soltanto all’estero?
Non credo che dipenda dalle mamme italiane, no. Invece dipende dal lavoro di base, che forse qui non viene fatto bene. Anche perché non sempre si parla di Paesi con più praticanti. A parte Hindley e l’Australia, intendo. Non so dire come lavorino nel dettaglio, ma dai contatti che ho è evidente che non si cerchi il risultato come da noi. Qua ogni categoria è un punto di arrivo, non c’è una visione d’insieme.
Tadej Pogacar, l’ultima crono del Tour senza strumenti… a bordoPogacar, l’ultima crono senza strumenti
Spiega meglio.
Un atleta ha il suo patrimonio fisico e psicologico. Se ogni anno lo spremi perché vinca e perché dimostri qualcosa, è come se in un bicchiere di vino cominciassi a mettere acqua. Alla fine, avrai più acqua che vino. Lo annacqui.
Corrono troppo?
Non è l’attività che fa male. Perché la fatica ti rovini, dovresti fare tre Giri d’Italia consecutivi. Il fisico se è stanco va in autoprotezione e recupera. Quella che fa male è l’iperattività mentale, che fa cambiare la percezione della fatica. Se cominci a vivere sotto stress a 16 anni, il cervello perde la percezione della fatica e di conseguenza perdi anche la capacità di fare la prestazione. E questo spiega anche un altro punto.
Quale?
Che questi fenomeni, tutti o quasi, sono arrivati al ciclismo tardi o da altri sport. Senza la trafila giovanile che logora. E’ lo stress che ti consuma. Almeida è arrivato al Giro senza pressione, Jai Hindley ci si è trovato, Geoghegan Hart lo stesso. Sono stati tranquilli e al momento giusto hanno lottato alla morte. La maglia non si regala, al momento giusto si combatte. Ma se fossero arrivati al Giro con l’obiettivo di vincere, non sarebbe andata allo stesso modo. Ha ragione Gilbert.
Su cosa?
Sul fatto che i giovani vanno forte perché imparano meglio e prima. Alcuni strumenti come il misuratore di potenza riducono i tempi, permettono di imparare prima. Da bambini le addizioni le fai con le dita, il misuratore è la penna con cui annotare il risultato.
Non è la calcolatrice con cui disimpari a far di conto?
Quella sarebbe semmai la bici elettrica, che toglie la fatica. Ma se impari a conoscerti a 16-17 anni, quando sei grande il misuratore non ti serve neanche più. Infatti Pogacar nell’ultima crono del Tour non aveva strumenti.
Quindi per te i nostri sono già logori mentalmente quando arrivano tra i pro’?
Io temo di sì, la testa guida tutto. Se ogni categoria è un punto di arrivo, l’eccesso di attività inizia a logorare già da bambini. Nel calcio dei bimbi ormai neanche guardano più il risultato, perché va bene che lo sport prevede il risultato e che per quello si lotti, ma da giovani lo si deve vivere con cautela.
Quindi escludi la teoria, di cui si parlava al Giro, per cui questi giovani dureranno meno?
E perché dovrebbero? Durano meno se perdono la testa, ma se continuano a stare con i piedi per terra e a lavorare nel modo giusto, vanno avanti finché vogliono.