Karel Vacek ha detto basta. E non cerca alibi…

14.02.2025
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Proprio nel giorno in cui Mathias Vacek esordiva nella stagione aggiudicandosi la prima tappa della Volta a la Comunitat Valenciana, suo fratello Karel annunciava il suo ritiro dalle scene ciclistiche a soli 24 anni. Un contrasto che stride, considerando come Karel, più vecchio di due anni, sia stato sempre una guida per il talentuoso corridore ceko della Lidl-Trek.

Karel Vacek è uno dei quei corridori rimasto sempre sul punto di esplodere, con buoni risultati che evidentemente non sono stati sufficienti a dargli quella sicurezza per potersi garantire un’esistenza permanente e tranquilla nell’ambiente e questo l’ha convinto a un passo indietro doloroso ma vissuto con consapevolezza.

Il terzo posto nella tappa dell’Iztulia Basque Country, vinta da Meintjes è il miglior risultato 2024
Il terzo posto nella tappa dell’Iztulia Basque Country, vinta da Meintjes è il miglior risultato 2024

«La decisione l’avevo già in animo a fine stagione, poi a Natale sono giunto alla conclusione che era la cosa giusta da fare. Che cosa mi ha portato a questo? Il vivere una carriera in continuo saliscendi, precaria, dovendo cambiare tutto a ogni fine anno. Le ultime due stagioni sono state positive, con molti buoni risultati, ma vedevo che non salivo di livello, che non tornavo a quel WorldTour che era il mio obiettivo. Alla Burgos potevo rimanere un altro anno ma non me la sono sentita».

Come hai vissuto una decisione così difficile?

In maniera consapevole e matura. Mi sono messo davanti alla realtà, mi sono accorto che il ciclismo non mi restituiva abbastanza per quanto ci ho investito sopra e mi sono trovato davanti a un bivio: continuare in questo logorante tira e molla oppure trovare la forza per girare pagina. La mia età mi consente di fare una scelta e cambiare mettendoci tutto me stesso in qualcosa di nuovo, cambiare strada era la scelta migliore in questo momento.

Sul Gran Sasso il grande giorno di Karel Vacek al Giro 2023, secondo dietro Davide Bais
Sul Gran Sasso il grande giorno di Karel Vacek al Giro 2023, secondo dietro Davide Bais
Se ti guardi indietro, che cosa ti ha impedito di diventare quel che speravi?

Difficile dirlo, ma su un concetto voglio essere ben chiaro: non posso dare la colpa a nessuno, le cose sono semplicemente andate così. Molti dicono che la mia generazione sia stata penalizzata dal Covid, da quelle due annate (2020-2021, ndr) stravolte nel loro calendario, ma rendiamoci conto che per molti versi è solo un alibi e che proprio quel periodo così diverso dal solito ha contribuito fortemente a cambiare il ciclismo, a renderlo quello che è ora, molto diverso da quello del decennio precedente.

C’era però meno spazio per emergere, meno opportunità per affrontare l’attività in maniera canonica…

Ripeto, secondo me è un alibi al quale non voglio fare ricorso. Ci si allenava comunque, si andava comunque alle corse. Il ciclismo è questo, non tutti arrivano a quella fatidica soglia, sono tanti i fattori che contribuiscono a cogliere l’opportunità o meno. Serve talento, serve fortuna. I momenti buoni ci sono stati anche per me, ma proprio allora le cose non hanno girato nella maniera giusta.

Alla Qhubeka Vacek aveva trovato la porta del WorldTour, ma il sogno è durato un solo anno
Alla Qhubeka Vacek aveva trovato la porta del WorldTour, ma il sogno è durato un solo anno
C’è un momento specifico che identifichi come decisivo nella tua carriera?

Probabilmente l’anno alla Qhubeka, il 2021: avevo in tasca un biennale, ero nel WorldTour e il primo anno era andato bene. Ero under 23 ma già svolgevo attività da professionista a tutti gli effetti. Poi però tutti sanno come sono andate le cose, la squadra si è sciolta e io mi sono ritrovato al Tirol KTM, un team continental. Era un passo indietro a tutti gli effetti, dovevo ricominciare tutto da capo. Ci ho provato, ma senza successo.

Il fatto di aver dovuto cambiare squadra ogni anno ti ha penalizzato?

Probabilmente non mi ha aiutato, non trovavo stabilità, ma non per questo posso lamentarmi, anzi era già tanto trovare sempre un team dove correre. Alla Burgos, l’ultimo team, stavo anche bene e il team mi aveva garantito la permanenza, ma sono io che non mi sentivo più di poter dare il 100 per cento. Soprattutto non mi vedevo più per quello che avrei potuto essere.

Un anno alla Tirol, tornando indietro dal WorldTour. Bisognava ripartire quasi da zero…
Un anno alla Tirol, tornando indietro dal WorldTour. Bisognava ripartire quasi da zero…
Che cosa ti aspettavi?

Quand’ero junior tutti sanno che ero considerato il numero 2 al mondo, dietro Evenepoel e mi vedevo come protagonista nei Grandi Giri. Lì forse ho commesso qualche errore, il non avere un manager di peso mi può aver penalizzato, anche se poi l’ho trovato in Carera che mi ha aiutato molto. Sono arrivato in Italia e non potrò mai dire grazie abbastanza a Giorgi che mi aveva voluto con sé, portandomi in Italia dove ho imparato tanto. Ho continuato a crescere attraverso Hagens Berman Axeon e Colpack fino alla Qhubeka, poi lì le cose si sono fermate.

Lo snodo è stato lì?

Penso di sì perché poi alla Tirol, che pure è un ottimo team, sono sparito dai radar, scendendo di categoria e conseguentemente di calendario. Non trovavo più la strada giusta. Ne ho parlato a lungo con il manager e con mio fratello, volevo smettere non da sconosciuto e il fatto di chiudere dopo una stagione nel complesso positiva mi ha aiutato nella difficile decisione.

Karel intende restare nel mondo delle due ruote, attraverso un nuovo progetto
Karel intende restare nel mondo delle due ruote, attraverso un nuovo progetto
Se ti guardi indietro qual è il momento più bello?

Ne individuo tre: il primo quando sono arrivato in Italia. Non conoscevo la lingua, dovevo abbinare il ciclismo alla scuola, era tutto nuovo per me, ma è stato un periodo molto formativo anche dal punto di vista personale. Con Giorgi sono sempre rimasto in contatto, ogni anno mi sono trovato il tempo per andarlo a trovare. Il secondo è il Giro d’Italia 2023 alla Corratec: un’esperienza magica essere in quello che era il mio sogno, conquistando anche un podio e tanti buoni risultati. Il terzo nel 2022 quando mi sono ritrovato a correre il Tour de l’Avenir con mio fratello Mathias: non siamo mai riusciti a ritrovarci in un team, condividere una corsa è stato un momento molto particolare.

E ora?

Non lascio il mondo del ciclismo, questo è sicuro. Solo che voglio restarci in una maniera diversa, attraverso un progetto tutto nuovo che sta per vedere la luce e nel quale dedicherò tutto me stesso. Per ora posso dire solo una cosa: non vi libererete di me…

Ryder 2021

Ryder: «Vorrei tanto che Pozzovivo restasse in Qhubeka…»

07.01.2022
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Douglas Ryder non ha mai smesso di sognare. Chiusa la sua carriera decennale da corridore, ha pensato a un sistema per sviluppare il ciclismo nella sua Africa. Era convinto che un team proveniente da lì e in grado di arrivare al Tour de France sarebbe stato il veicolo migliore per promuovere il ciclismo. Nel 2015 il suo sogno è diventato realtà. La Dimension Data non solo ha partecipato alla Grande Boucle ma a tutte le grandi prove e da lì non ha mai smesso. Fino a quest’anno.

Il suo team, diventato Qhubeka NextHash dopo vari cambi di sponsor, ha perso la licenza WorldTour dopo grandi problemi economici riscontrati per oltre un anno. Ryder aveva dato con ampio anticipo facoltà ai suoi corridori di trovarsi nuove squadre, molti lo hanno fatto, alcuni continuano ad avere fiducia che possa ritrovare la strada per il successo. Anche perché quello di Ryder non è un progetto come gli altri: vive il suo impegno come una missione legata alla diffusione del ciclismo nel suo continente. Non per niente tramite la Qhubeka ha distribuito qualcosa come oltre 75 mila biciclette ai bambini africani. Se il prossimo anno i mondiali si svolgeranno in Rwanda, un po’ di merito è anche suo. Quando ha iniziato la sua avventura, un’idea del genere andava ben oltre l’utopia.

Il 51enne sudafricano non ha perso nulla del suo spirito pur in questi mesi così travagliati e non si nasconde nel raccontare le traversie vissute: «Abbiamo pagato il momento che viviamo. I costi di attività sono altissimi, abbiamo retto finché abbiamo potuto. Ci siamo impegnati per trovare nuovi sponsor attraverso una decina di agenzie di marketing e contattando un centinaio di aziende, ma senza risultato. Le difficoltà erano già sorte nel 2020, ma eravamo riusciti a risolvere la questione con il grande supporto della Qhubeka, ma i problemi sono andati aumentando».

La Qhubeka, con altri nomi, ha iniziato la sua storia nel 2008 e ha militato nel WorldTour dal 2016 al 2021
Qhubeka Nexthash 2021
La Qhubeka, con altri nomi, ha iniziato la sua storia nel 2008 e ha militato nel WorldTour dal 2016 al 2021
Hai qualche rimpianto, qualcosa che avresti potuto fare per evitare questa situazione?

Non sai quante volte ho pensato se i miei piani erano troppo ambiziosi… Credo che sicuramente a conti fatti si poteva fare di più, ma l’impegno che mi ero assunto era grande e gli sforzi sono stati totali. E’ chiaro che abbiamo subìto gli influssi di un periodo difficile, il Covid ha fortemente pesato sul mercato e trovare uno sponsor è stato arduo. Il tutto poi è diventato ancora più difficile con la diffusione di Omicron proprio dal mio Paese. Le aziende sono impaurite in questo momento e quelle poche che azzardano lo fanno soprattutto nel calcio per provare a ridurre al minimo le incertezze.

Tu hai cercato di essere molto corretto con i tuoi corridori dando loro anticipata libertà di trovare un nuovo team, che cosa pensi però di persone come Pozzovivo che sono rimasti legati al tuo team fino all’ultimo?

Domenico è una persona meravigliosa, meravigliosa (lo ripete più volte, ndr). Trovo incredibile come si sia ripreso dopo il suo incidente e il suo apporto, il suo credere nel nostro progetto ci ha dato grande forza. Non lo nascondo, vorrei tanto trovare uno sponsor tale da poter continuare la nostra esperienza in comune. Ma come Domenico devo dire grazie anche ad altri corridori, come Antonio Puppio che non hanno mancato di farci sentire il loro sostegno a dispetto delle obiettive difficoltà che hanno vissuto e vivono.

Pozzovivo Qhubeka 2021
Domenico Pozzovivo è ancora legato alla Qhubeka. Ryder spera in una sua permanenza
Pozzovivo Qhubeka 2021
Domenico Pozzovivo è ancora legato alla Qhubeka. Ryder spera in una sua permanenza
Quali sono ora i tuoi progetti?

L’obiettivo è di andare avanti con il nostro team continental, trovando i fondi per seguire l’attività e dare spazio a un team di categoria inferiore ma che conserva grandi qualità. Con noi correranno Luca Coati, Kevin Bonaldo, Mattia Guasco, Nicolò Parisini che arriva dalla Beltrami TSA-Tre Colli, Jacopo Menegotto dalla General Store Essegibi F.lli Curia e Raffaele Mosca. Avremo molti corridori italiani e seguiremo la stagione nel vostro Paese, per il resto ci saranno corridori africani, prevalentemente da Etiopia, Eritrea e Sud Africa.

Pensi che senza un team nel WorldTour, l’evoluzione del ciclismo africano subirà un arresto?

Spero proprio di no, perché ci sono molti talenti che sanno emergendo, anche più che resto del mondo. La situazione che stiamo vivendo rappresenta un grande ostacolo, un freno alla crescita, questo è indubbio. Guardate però quel che avviene nelle rassegne iridate: avere al via 20-25 atleti africani credo sia lo specchio della crescita del movimento sparsa per il continente.

Ryder Hagen 2018
Ryder con Edvard Boasson Hagen, uno dei tanti campioni passati per il suo team (foto Getty Images)
Ryder Hagen 2018
Ryder con Edvard Boasson Hagen, uno dei tanti campioni passati per il suo team (foto Getty Images)
Dopo una carriera lunga 10 anni, come si sta evolvendo il tuo lavoro di team manager?

Questa è una bella domanda… Il ciclismo è cambiato molto da quando correvo, le esperienze sono utili ma bisogna essere al passo con i tempi. Essere un team manager significa essere pronto a ogni tipo di opportunità, guardare il mondo del ciclismo nel suo insieme considerando in primis la nostra realtà africana e le differenze che comporta. Bisogna considerare i rapporti con i media, le ore di trasmissione ciclistica in Tv e tutto deve tramutarsi in opportunità per vendere i nostri marchi, quelli di chi ci sostiene. Per me è particolarmente gratificante quando tutto ciò permette a un giovane corridore di affermarsi e trovare la sua strada. E’ difficile ma per me è importante anche perché il mio non è un lavoro come gli altri diesse, il nostro impegno è teso verso la promozione delle charities a favore dei nostro progetti benefici.

Sei ottimista per il futuro?

Certo! Il team è grande con un importante brand e un grande supporto. Abbiamo dalla nostra grandi ambassador non solo per il team in se stesso, ma per quello che rappresenta e in questo senso non posso dimenticare l’impegno di Fabio Aru che ci ha dato un incredibile supporto, come anche l‘esempio di Pozzovivo. Noi vogliamo continuare a supportare le giovani generazioni e, se tutto va bene, poter riallacciare la storia riportando nel 2023 il team nel WorldTour. Magari con uno sponsor italiano…

Pozzovivo ancora senza squadra ma con stimoli d’acciaio

30.11.2021
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Tra i campioni, non corridori badate bene, che ancora non hanno un contratto per il 2022 figura anche il nome di Domenico Pozzovivo. Un po’ come lo scorso anno, il lucano si ritrova a vivere una situazione di grande incertezza con la sua Qhubeka-NextHash che non si sa se andrà avanti.

Il team di Douglas Ryder però lo scorso anno di questi tempi aveva dato l’okay a continuare. Stavolta invece siamo alle soglie di dicembre e la fumata bianca ancora non arriva. In teoria bisognava presentare le liste all’UCI entro il 15 novembre. Alcuni sponsor che danno supporto tecnico-logistico hanno confermato la loro presenza come Bmc e Mercedes, ma chiaramente non basta.

Il lucano passò pro’ nel 2005 nella fila dell’allora Ceramica Panaria di Reverberi. Ha sempre corso ad alti livelli
Il lucano passò pro’ nel 2005 nella fila dell’allora Ceramica Panaria di Reverberi. Ha sempre corso ad alti livelli
Domenico, allora? Cosa ci dici, com’è la situazione della tua squadra?

Ne so quanto voi. La situazione è del tutto aperta. L’idea è di restare con il gruppo Qhubeka.

E se non dovessero farla?

Eh, non sarebbe una bella cosa. Non saprei, non ho un piano B e c’è il rischio che possa smettere.

L’altro giorno parlavamo con Nieri della Qhubeka continental che invece prosegue: hai mai pensato ad una situazione di questo tipo? Un qualcosa di diverso a contatto coi giovani?

No – risponde deciso Pozzovivo – per continuare il gioco deve valere la candela e se non ho la possibilità di fare un calendario di alto livello ne risentono anche gli stimoli. E questo vale sia per una squadra di giovani che non.

E se dovesse arrivare una chiamata da una professional, una Bardiani, una Drone Hopper o anche una straniera, tipo una Alpecin che magari non ha uno scalatore del tuo tipo in organico?

Magari una Alpecin! Quella è una WorldTour mascherata…  Il problema è che ci si è dilungati un po’ troppo e non sarà facile trovare posto. Adesso i team sono fatti, quasi già stanno in ritiro e non è facile inserire un altro corridore.

Domenico Pozzovivo in azione all’ultimo Giro di Lombardia
Domenico Pozzovivo in azione all’ultimo Giro di Lombardia
Però ci sembri, almeno in apparenza, “sereno”, tranquillo…

La sensazione è che alla fine una soluzione la trovo. Magari la risposta arriva oggi… così mi faccio un bel regalo di compleanno!

Evidentemente Ryder deve averti dato qualche rassicurazione…

Quello sì. Ho parlato con lui, ma poi la realtà è che il tempo passa. Sarebbe stato meglio avere una “deadline”, almeno avrei avuto una data certa, una scadenza. Mi avrebbe tolto dell’ansia. Magari altri non avrebbero ragionato in questo modo, ma almeno così mi focalizzo e non mi faccio distrarre da altro.

Però smettere così, un corridore del tuo calibro, non sarebbe una bella cosa…

Lo so. Nella mia carriera ho affrontato cose peggiori, ma certo non sarebbe il modo ideale di chiudere. Anche perché ogni anno prima di riprendere ti poni delle domande sulle tue capacità, sulle tue motivazioni e sulla voglia di fare sacrifici e quella c’è. E’ intatta e questa non sarebbe la stagione in cui smettere da quel punto di vista.

E se dovessi smettere? Ci avevi detto che ti sarebbe piaciuto fare il preparatore…

Esatto. Ho un altro esame a breve (Domenico si sta laureando in Scienze Motorie, ndr) e me ne restano due. Vorrà dire che accelererò per la tesi e dopo mi guarderò intorno se qualcuno dovesse aver bisogno di un mio contributo.

Quindi tu già ti alleni da solo?

Sì, è così da qualche anno. Poi la squadra chiaramente vede i miei files, sono pronto a confrontarmi e semmai a cambiare qualcosa, ma l’architettura della preparazione la creo io.

Hai ripreso ad allenarti?

Sì, già da un po’. Nei giorni scorsi sono stato a casa. In questo periodo viaggio sempre con due bici al seguito…

Sei uscito in mtb!

Sì! Belle uscite. Domenica scorsa ero a Matera. Siamo usciti con un gruppo di una trentina di biker. L’uscita l’aveva organizzata mio fratello Maurizio e il percorso un signore sui 60 anni che fa gare amatoriali da non so quanto tempo, forse 35 anni. Guidava benissimo! Avremo fatto 25 chilometri di single track, bellissimi tutti molto filanti. Poi a fine uscita, sono rientrato, ho cambiato scarpe e bici e ho fatto un’altra ora e un quarto su strada. E l’ho fatta in tenuta primaverile. Non c’è il clima che ho trovato qui a Lugano al rientro.

Diteci voi se un “ragazzino” di 39 anni con questa grinta può smettere? Sembra abbastanza chiaro che Pozzovivo punta sull’ennesima rinascita della Qhubeka. Che dire: forza “Pozzo”. E tanti auguri.

Nizzolo riparte: contratto a posto e un treno da inventare

04.11.2021
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Cimolai esce, Nizzolo entra. Come alla Cofidis Viviani ha lasciato il suo posto al friulano, la partenza di quest’ultimo dalla Israel Start-Up Nation ha spalancato la porta per il milanese in uscita dalla Qhubeka-Nexthash. Le squadre si rinforzano, cercano di coprire tutti i ruoli e specialmente sul fronte dei velocisti il mercato 2021 ha visto un discreto andirivieni. Ma la situazione di Nizzolo si era parecchio ingarbugliata. Nel suo contratto infatti era stata inserita una di quelle clausole da cui di solito si sta alla larga, che permetteva alla Qhubeka di pareggiare l’eventuale offerta ricevuta e tenere così bloccato il corridore. Perciò Giacomo, che già lo scorso anno restando aveva salvato la squadra sudafricana, si è ritrovato fino a ottobre senza sapere che cosa avrebbe fatto nel 2022.

«La Israel – racconta – mi aveva cercato già a luglio, però Qhubeka ha pareggiato l’offerta e non potevo muovermi. Intanto uscivano notizie sulla difficoltà nel trovare lo sponsor e così ogni due per tre ho iniziato a chiedere come andassero le cose e quali garanzie potessero darmi. Finché a un certo punto mi hanno detto che avrei potuto prendere la mia strada».

Nella Qhubeka-Nexthash si era creato un bel gruppo, peccato per le difficoltà finanziarie
Nella Qhubeka-Nexthash si era creato un bel gruppo, peccato per le difficoltà finanziarie

Un treno per lui

La prossima sarà la quarta maglia in dieci anni di professionismo. La sensazione è che a Nizzolo non piaccia cambiare. Infatti è rimasto legato anche alla Qhubeka appena lasciata, al punto da fare il tifo affinché trovi uno sponsor che permetta al gruppo di andare avanti.

«Se lo meritano – dice – sono tutti delle brave persone. Ma Israel ha trovato argomenti molto interessanti. Fra coloro che mi hanno cercato, sono stati i più chiari nel dire che ci sarà il modo di creare un bel gruppo attorno a me, affinché io possa giocarmi le mie carte in volata e nelle classiche. Dei programmi parleremo in Israele, nel primo ritiro dal 5 al 13 dicembre. Ma siccome l’idea è di andare al Giro o al Tour con il mio treno, bisognerà vedere quali saranno i piani degli uomini di classifica per non pestarci i piedi».

Giro meglio del Tour

Le classiche prima, poi la logica imporrebbe un periodo di scarico, per tornare a prepararsi per il Tour. Ma il Giro gli ha lasciato in bocca il buon sapore della vittoria, finalmente arrivata a Verona e starne fuori è un’ipotesi difficile da contemplare.

«Parlo a sentimento – sorride – proprio perché ancora non si sono fatti i programmi, ma il Giro mi ha lasciato addosso la bella tranquillità di aver finalmente vinto e la possibilità di tornare a rivivere quella sensazione è qualcosa che mi alletta parecchio. Essere in corsa senza l’ansia di dover vincere, perché finalmente mi sono sbloccato».

A Verona, 13ª tappa del Giro d’Italia 2021, è finalmente arrivata la prima vittoria di tappa nella corsa rosa
A Verona, 13ª tappa del Giro d’Italia 2021, è finalmente arrivata la prima vittoria di tappa nella corsa rosa

Un progetto enorme

Il resto è tutto da scoprire. Nei giorni scorsi in Israele è stato inaugurato il futuristico velodromo Sylvan Adams, nel nome dell’eccentrico ma non meno appassionato milionario che ha creato la squadra e il progetto di sviluppo del ciclismo in Israele. La struttura ospiterà i mondiali juniores del 2022 e l’11 dicembre una tappa della Track Champions League dell’Uci. E dato che nel centro ciclistico hanno sede la federazione israeliana e anche la squadra, c’è da scommettere che in occasione del primo ritiro, i corridori metteranno le ruote sulla pista.

«Me lo auguro – commenta Nizzolo – è una squadra che si porta dietro proprio questa immagine di netta crescita. Si vede che investono, anche quello che stanno facendo per sviluppare la bici non passa inosservato. Ho fatto delle belle chiacchierate con Verbrugge e Carlstrom (direttore sportivo e team manager, ndr) e con Sylvan Adams in persona. Al mondiale avevo parlato con De Marchi, per dirgli che dal prossimo anno saremo compagni di squadra ed è stato contento. Correre con lui a Leuven è stato una bella esperienza. Perciò ora ricomincerò a pedalare. Un po’ ho staccato. Mi sono dedicato a qualche hobby. Ma in attesa di avere il nuovo materiale, è tempo di riprendere la mia Bmc. Non voglio arrivare giù troppo indietro…».

Scicon, un anno di occhiali dalla principessa a Pogacar

27.10.2021
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Conosciamo tutti Scicon come specialisti nella produzione di borse da viaggio per trasportare in tutta comodità le bici. Claudio Fantin (in apertura con i corridori della UAE), dopo trent’anni in questo mondo e dopo aver fatto diventare Scicon una delle aziende leader in questo campo, ha deciso di spostarsi sulla produzione di occhiali. Una scelta coraggiosa avvenuta nel 2018 e che dopo un paio d’anni di progresso e sviluppo, sempre sotto il suo controllo attento, è approdata nel WorldTour. Scicon, nel 2020, ha iniziato a fornire occhiali a tre team: Ntt Pro Cycling Team (ora Qhubeka Next Hash), Israel Start-Up Nation e UAE Tam Emirates.

Nel 2021 la partnership si è allargata anche alla Israel Start-Up Nation e De Marchi ha portato a Scicon anche la maglia rosa
Nel 2021 la partnership si è allargata anche alla Israel Start-Up Nation e De Marchi ha portato a Scicon anche la maglia rosa
Claudio, quando è nato il primo occhiale Scicon?

A Montecarlo, quando la principessa Charlene mi chiese di fare un’occhiale per un evento water bike che da Nizza avrebbe portato i partecipanti fino al Principato. Così un po’ casualmente nacque l’idea di un primo occhiale e sull’onda dell’entusiasmo ci siamo lanciati in questo mondo.

Come avete fatto a fornire fin da subito team così importanti?

Con il team UAE grazie alla fiducia ricevuta da Giannetti, mentre avevamo già una collaborazione con NTT e Israel ad inizio 2020. Con NTT abbiamo vinto europeo e campionato italiano con Nizzolo, la nostra stagione era già iniziata alla grande…

Poi il Tour con Pogacar

Quello non me lo aspettavo, è stato tutto perfetto. Ad inizio Tour alla squadra fornivamo solo tre pezzi del nostro nuovo modello, Aeroshade e li avevamo dati a Kristoff, Formolo e Pogacar. Poi a Nizza, Kristoff ha vinto la volata e si è preso la maglia gialla… Lì mi sono detto: «Basta, posso chiudere l’album delle fotografie». Invece Tadej ci ha regalato il trionfo finale. Devo ammettere di essermi commosso in quel caso, è stato un tripudio di emozioni.

Come partite per lo sviluppo di un modello?

Ti faccio l’esempio più recente: l’occhiale con cui Pogacar ha vinto il Lombardia è il prototipo di un nuovo modello. Si parte dal farlo provare al corridore in un momento di incontro, non per forza programmato, in quel caso fu a Trento per glil europei. Tadej ci ha dato dei primi feedback e abbiamo lavorato su quelli. Poi ci siamo rivisti a Leuven, ai mondiali, e abbiamo fatto la stessa cosa. Così infine al Lombardia ci ha potuto correre la prima volta.

Quante prove su strada si fanno prima di andare in corsa?

I corridori sono persone molto curiose e l’allenamento lo prendono come un momento in cui testare dei nuovi prodotti. Già dalle prime uscite prendono le misure e ci danno spunti su cui lavorare. La gara però è il banco di prova finale, se un corridore vince vuol dire che hai lavorato bene, perché tutti i dettagli contribuiscono alla vittoria finale.

Insomma, si parte da lontano

Si parte da lontano e dall’estetica. Il modo in cui il corridore si vede con quegli occhiali addosso è molto importante, quasi quanto la tecnica. Per noi i feedback fondamentali non sono quelli presi singolarmente, ma quelli durante i momenti conviviali. Mentre i corridori parlano tra di loro, magari davanti ad una pizza, dicono delle cose che tu devi essere bravo a captare.

Non tutti i corridori però hanno le stesse esigenze.

No, sono molto diversi. Per esempio Froome è uno molto tecnico ed attento al dettaglio. Per lui si fanno modifiche dettagliate. Si parla di ultra-racing, ovvero modifiche che non si commercializzano. I corridori hanno fisionomie differenti e in questo caso si cerca di rendere il prodotto “elastico”, cioè indossabile da tutti. Ascoltando le esigenze di un corridore soltanto, si renderebbe indossabile l’occhiale per uno, sta a noi creare un modello polivalente.

I “rifornimenti” come si organizzano?

Andiamo ai training camp ad inizio stagione e facciamo delle visite oculistiche a tutta la squadra ed allo staff perché forniamo occhiali a tutti. In un team si contano 120 persone compresi i corridori. Siamo soliti portare un ottico a questi incontri per fare visite e capire quante montature da vista servono o come lavorare con gli occhiali da corsa.

Chris Froome è uno dei corridori più esigenti e meticolosi in gruppo, con lui Scicon lavora molto per gli sviluppi tecnici
Chris Froome è uno dei corridori più esigenti e meticolosi in gruppo
Tanto lavoro…

Siamo sempre a mille all’ora ma funziona così se vuoi restare ai massimi livelli.

Quali sono i corridori più “complicati”?

Quelli che sono obbligati ad indossare lenti a contatto in corsa hanno delle esigenze diverse. Tendenzialmente un corridore cerca di non indossarle, ma non sempre è possibile e in quel caso interveniamo noi. Il vero problema di chi indossa le lenti da vista è che dopo 6-7 ore si seccano. In quel caso si fanno delle lenti racing più grandi ma si alza il rischio di appannarle e così si mettono delle aperture sulle bacchette…

Nizzolo, il 2022 tra incertezza e idee chiare

10.10.2021
4 min
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Con il secondo posto al Gran Piemonte dietro Matthew Walls (foto di apertura) olimpionico nell’omnium a Tokyo, Giacomo Nizzolo ha chiuso la sua stagione. Si sarebbe portati a pensare che, avendola iniziata con ben due maglie addosso (quella tricolore e soprattutto quella continentale), il suo giudizio finale sia negativo. Non è così, perché caratteristica del corridore milanese è saper vedere sempre il bicchiere mezzo pieno.

Nizzolo Piemonte 2021
Nizzolo ha chiuso la sua 11esima stagione da pro’: 71 gare, 3 vittorie, 12 podi in tutto
Nizzolo Piemonte 2021
Nizzolo ha chiuso la sua 11esima stagione da pro’: 71 gare, 3 vittorie, 12 podi in tutto

Prima di fare le valigie per le meritatissime vacanze e il tempo da dedicare finalmente a se stesso, il corridore della Qhubeka fa il suo bilancio: «E’ una stagione positiva: ho corso per ben 71 giorni che non sono davvero pochi. Ho vinto 3 gare (Clasica de Almeria e Circuito di Gexto ma soprattutto la tappa di Verona al Giro, ndr), ma per 26 volte sono stato nella Top 10, significa che le prestazioni sono state nel complesso buone e che soprattutto sono stato costante nel rendimento. Certo, qualche successo in più…».

La vittoria più importante?

Quella di Verona, non c’è neanche da dirlo. Ho sfatato un tabù, al trionfo nella corsa rosa ci tenevo tantissimo e l’ho inseguito per una carriera. Ho chiuso una casella importante.

Qhubeka 2021
Foto di gruppo in casa Qhubeka: il futuro del team africano è tutto da decifrare
Qhubeka 2021
Foto di gruppo in casa Qhubeka: il futuro del team africano è tutto da decifrare
La sconfitta nel Gran Piemonte ti ha fatto arrabbiare?

Quando arrivi secondo sei sempre un po’ rammaricato, pensi a che cosa è mancato per fare quel piccolo salto, ma in fin dei conti conferma quel rendimento positivo di cui parlavo prima. Il Gran Piemonte è una corsa che si sposa perfettamente con le mie caratteristiche, anche se l’ho disputato solo due volte: una volta vincitore e una secondo, non è male…

Resterai in Qhubeka?

E’ una bella domanda alla quale in questo momento non posso rispondere, diciamo che come tutti gli altri sono in attesa dell’evoluzione della situazione (il team africano, in arretrato con i pagamenti, ha lasciato liberi i propri corridori di cercare un nuovo ingaggio per il 2022. Nel caso di Nizzolo si parla di Israel-Start Up Nation, ndr).

Il 2021 è stato invece l’ultima stagione per Matteo Pelucchi, arrivato in squadra come ultimo uomo di Nizzolo
Il 2021 è stato invece l’ultima stagione per Matteo Pelucchi, arrivato in squadra come ultimo uomo di Nizzolo
Visto che siamo in sede di bilanci, la tua esperienza con il team africano com’è stata?

Finora molto positiva, è la perfetta espressione di quel che è il ciclismo odierno, forse lo sport più globalizzato che c’è. Rispetto alle altre squadre è forse quella più internazionale perché ci sono atleti di tantissime nazioni. Anche se ha affiliazione africana, non è diverso dagli altri team, ha una forte influenza anglosassone e base in Belgio, come praticamente tutti.

A prescindere da dove correrai, ti sei già fatto un’idea di quel che vuoi dal 2022?

La stagione che si è appena conclusa mi ha detto che posso avere qualche carta da giocare nelle Classiche e voglio farlo con convinzione. Sarà decisivo l’inverno, il lavoro da fare, infatti dopo queste tre settimane di stacco assoluto riprenderò subito per farmi trovare pronto per i primi ritiri. Il lavoro di preparazione andrà fatto con grande concentrazione.

Nizzolo Almeria 2021
Un’immagine beneaugurante per il 2022: la vittoria ottenuta dal milanese alla Clasica de Almeria
Nizzolo Almeria 2021
Un’immagine beneaugurante per il 2022: la vittoria ottenuta dal milanese alla Clasica de Almeria
Quali sono le classiche alle quali guardi con maggiore attenzione?

La Milano-Sanremo naturalmente per un corridore come me non può non essere un obiettivo, ma anche quelle del Nord, come la Gand-Wevelgem dove sono arrivato secondo quest’anno. Lo stesso Giro delle Fiandre forse è un po’ troppo duro, ma vorrei comunque provarci. Fra le 5 corse fatte in Belgio quest’anno, è stata l’unica che non ho finito, ma sono convinto che posso ottenere qualcosa anche lì.

E’ un peccato che hai chiuso con il Gran Piemonte, visto che la Parigi-Tours era a un tiro di schioppo…

Se ne parlerà l’anno prossimo, mentalmente sono troppo stanco, appena tagliato il traguardo vedevo solo le vacanze…

Santiago de Compostela, i sorrisi diversi di Roglic e Aru

05.09.2021
4 min
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Primoz Roglic ha conquistato la terza Vuelta, dopo aver vinto il prologo di Burgos e altre tre vittorie di tappa, compresa la diciassettesima a Lagos de Covadonga e la crono finale a Santiago de Compostela.

«E’ stata un’altra bella giornata e sono state tre settimane bellissime – ha detto – sono molto felice per me stesso e per i ragazzi intorno a me. Questo è stato davvero un lavoro di squadra. E’ stata un’ultima crono difficile. Tuttavia mi hanno aiutato molto il pubblico e il supporto lungo la strada».

A fondo nel dolore

Con la bici nera e oro di campione olimpico, il leader della Jumbo-Visma ha trovato la testa e le gambe per replicare alla grande crono di Magnus Cort, che ormai sperava di avercela fatta.

«Ho solo cercato di concentrarmi sulla tappa – ha detto Roglic – e di fare del mio meglio. Sono andato veramente a fondo dentro me stesso, nel mio dolore. E’ incredibile, pazzesco. A volte si vince con una grande differenza, a volte con molta meno. Ma ogni modo di vincere è fantastico. L’abbiamo vissuta giorno per giorno. Ho fatto del mio meglio e mi sono divertito. E sono onorato di aver vinto per la terza volta».

Amore per la Spagna

Al di là della lotta per il podio e con la caparbia difesa di Jack Haig dall’attacco di Adam Yates, l’ultima crono a Santiago de Compostela è stata anche l’ultima gara di Fabio Aru. Un tema che nello stesso giorno abbiamo affrontato anche con Dario Cataldo e Giuseppe Martinelli.

«Gli ultimi 3 anni sono stati molto difficili per me – ha raccontato Fabio – ma proprio alla fine ho ritrovato un buon feeling con la bici. Mi mancava essere capace di attaccare e guidare con la libertà che provi quando puoi effettivamente fare la gara

«Nel 2014 ho vinto la mia prima gara da professionista al Giro d’Italia, è stato speciale. Quella vittoria ha cambiato la mia vita e ha fatto sì che le persone iniziassero a sapere chi sono. Ma quell’anno ho anche avuto modo di scoprire questo bellissimo Paese, la Spagna. E agli spagnoli piace il modo in cui corro. Ho sempre amato correre su queste strade e sulle grandi salite in giro per la Spagna, conservano tanti dei miei ricordi più belli».

«Di sicuro, felice…»

Il suo annuncio ha colpito, poi Fabio si è tuffato nella gara come ha sempre fatto nella sua carriera: a testa alta e stringendo i denti.

«Ho attraversato un periodo molto difficile in questa gara – ha detto – un grande ringraziamento va alla squadra per avermi aiutato, è stata di per sé una piccola vittoria. In questi ultimi giorni mi sono davvero divertito a dare il massimo. Essere davanti con la forza nelle gambe. Il supporto è stato speciale, ho ricevuto tante belle parole e vi ringrazio tutti. Certamente, avrò bisogno di alcuni giorni per capire completamente le mie sensazioni. Quindi è difficile dire in questo momento come mi sento. Ma di sicuro sono felice».

Assos presenta la Replica Jersey del team Qhubeka-NextHash

03.09.2021
3 min
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Assos è sinonimo di qualità e stile, da sempre. La realtà ticinese storicamente coinvolta con il grande mondo del ciclismo professionistico, anche quest’anno sponsor e partner tecnico del team WorldTour Qhubeka-NextHash, propone a beneficio di tutti gli appassionati la Replica Jersey della squadra di Nizzolo, Pozzovivo e Fabio Aru: una maglia concepita tecnicamente sulla base del modello estivo di casa Assos Mille SS.

Così Fabio Aru a una partenza di tappa della Vuelta con la maglia Qhubeka-NextHash
Così Fabio Aru a una partenza di tappa della Vuelta con la maglia Qhubeka-NextHash

Filati leggeri

Il capo in questione offre davvero uno standard elevatissimo in termini di comfort e di mix di materiali e tessuti tecnici utilizzati per poterlo confezionare, raggiungendo livelli top sia per quanto riguarda la traspirabilità che la leggerezza. Il poliestere, l’elastane e la poliammide – i filati super leggeri ed altamente traspiranti con i quali la Qhubeka-NextHash Replica Jersey è realizzata – garantiscono inoltre una vestibilità eccezionale. La comodità della maglia indossata è esaltata dal classico taglio RegularFit che conferisce la migliore elasticità per adattarsi perfettamente all’anatomia del ciclista. Ma non è tutto, anche le maniche cucite a taglio vivo fanno la loro parte in termini di comodità. Queste ultime sono caratterizzate dal design privo della tradizionale cucitura nella zona delle spalle, che invece prosegue fino al collo per offrire maggior libertà di movimento.

Prezzi e misure

Nella parte posteriore di questa maglia Assos sono state previste tre ampie e comode tasche nelle quali è possibile posizionare piccoli oggetti e rifornimenti. La maglia è disponibile nelle misure XS, S, M, L, XL, XXL e tripla XL, mentre il prezzo consigliato al pubblico è di 140 Euro (ricordiamo che il 10% del ricavato dalla vendita di ciascuna maglia sarà direttamente devoluto da Assos al programma di donazione di biciclette predisposto da Qhubeka).

assos.com