Pino Toni, Bruno Reverberi, Roberto Reverberi partenza per Uzbekistan, 23 novembre 2025

Il viaggio di Reverberi in Uzbekistan: uno sponsor, due corridori

05.12.2025
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Da una parte c’era Reverberi, che cercava uno sponsor. Dall’altra Pino Toni, preparatore toscano, e il suo contratto quadriennale con la federazione dell’Uzbekistan. Come è stato che le due realtà si siano incontrate e abbiano portato a una sponsorizzazione e all’arrivo di due corridori lo abbiamo ricostruito dai loro racconti, partendo da una foto in aeroporto. Quella in apertura: era il 13 novembre.

La chiamata di Pino Toni

Toni è stato l’allenatore della squadra emiliana e qualche tempo fa ci aveva raccontato della sua collaborazione con la federazione ciclistica uzbeka. Roberto Reverberi lo ha letto e si era ripromesso di chiamarlo, poi però la cosa gli è passata di mente, fino a che a chiamarlo è stato proprio il toscano.

«Il gancio è stato lui – ammette Roberto Reverberi – perché a me ormai era passato di mente. Avevo anche visto che a capo della struttura delle nazionali c’è Volodymyr Starchyk, che ha un passato da corridore dell’Amore e Vita (e da U23 – aggiungiamo noi – corse nel Team Parolin di Mirko Rossato, oggi direttore sportivo alla Bardiani, ndr). E comunque, un mesetto dopo mi chiama Pino e mi dice che in Uzbekistan sarebbero interessati a fare qualcosa con una squadra professional, per far correre dei loro atleti. Mi chiede se siamo disposti ad andare su per parlarne. Io gli rispondo di sì e gli chiedo quando. E lui mi risponde, secco: “Dopodomani!”. Così siamo partiti.

«Abbiamo portato un progetto fatto da mio figlio Gabriele (responsabile dei rapporti con i media, ndr) in cui gli proponevamo le condizioni per essere primo nome, oppure secondo o terzo. E loro hanno accettato, a patto che prendessimo un paio di corridori, valutandone magari altri in stage la prossima estate».

Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov
Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov
Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov
Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov

Due corridori per l’Europa

L’accordo è di sponsorizzazione, ma visto che in Uzbekistan lo sponsor è vicino ai vertici del comitato olimpico, è scontato che si aspettassero una contropartita tecnica. Alle ultime Olimpiadi, il Paese è finito tredicesimo nel medagliere: l’obiettivo per Los Angeles è entrare fra i primi dieci, potenziando dei settori ancora piuttosto inesplorati. Il ciclismo è fra questi.

«Io ho firmato il contratto fino alle Olimpiadi – spiega Pino Toni – fino al 2028. Il mio ruolo va un po’ al di là del semplice allenare i corridori. Cerco di portargli più tecnologia possibile. In questo momento sto lavorando per avere la sponsorizzazione di una piattaforma di allenamento e poi ho creato questo contatto con Reverberi per permettere ad almeno a due ragazzi di fare una bella stagione, confrontandosi nelle corse vere. In Asia, hanno dimostrato entrambi di saper fare punti. Nikita Tsvetkov ha vent’anni, ha fatto qualche corsa come stagista alla Solution Tech ed è arrivato quarto nell’Asian Tour con 293 punti, pur correndo solo con la nazionale. E il punto è questo: gli manca il confronto.

«Si corre poco, per cui serve tanta grinta ad allenarsi e confrontarsi con avversari che vanno di meno. Per cui venire di qua è fondamentale per la sua crescita. Mentre l’altro è un russo arrivato da poco in Uzbekistan e va forte su pista. Si chiama Sergey Rostovtsev, ha 28 anni e nel 2021 arrivò terzo dietro Viviani e Leitao ai mondiali dell’eliminazione. Ci serve che vada bene nelle volate per raggiungere un buon livello su pista».

Umarov, il manager ciclista

L’incontro con Otabek Umarov è stato decisivo e fortunato. Il titolare di 7 Saber, che è anche vicepresidente del Consiglio Olimpico dell’Asia ed è sposato con la figlia del primo ministro uzbeko, ha accettato l’accordo. Inizialmente il marchio entrerà come terzo nome e potrebbe aggiungere la fornitura dell’abbigliamento da riposo.

«Nella foto del comunicato – racconta Roberto Reverberi – lui è quello con mio padre. E’ altissimo e da qualche anno è anche super praticante di ciclismo. Prima andava in moto, ma è caduto e si è fatto piuttosto male a un ginocchio. E così ha cominciato ad andare in bici, ha preso passione e adesso tutte le mattine parte di buon’ora e fa il suo giro. Per cui abbiamo fatto un accordo di sponsorizzazione che si sposa con i loro obiettivi federali.

«In realtà neanche si può dire che facciano solo abbigliamento, perché hanno una catena di centri commerciali in tutta la nazione e dentro ci sono diversi negozi con lo stesso nome. Uno che vende elettrodomestici, uno che vede i profumi, diciamo che hanno diversi rami di azienda e uno di questi produce abbigliamento da riposo. Mentre per quello tecnico, restiamo legati ad Alé, con cui abbiamo già tutto in ordine».

Il modello uzbeko

La presenza di Pino Toni in Uzbekistan (tre o quattro volte per stagione) punta alla creazione delle strutture necessarie affinché i corridori migliorino, avendo a disposizione tutto il necessario. Gli hanno dato le chiavi di un appartamento vicino alla pista, mentre tutto intorno sono sorti gli impianti necessari per la preparazione olimpica.

«Hanno costruito un nuovo campo da ghiaccio – spiega – da calcio e atletica e anche il nuovo velodromo, tutto nuovo fatto dai cinesi. Anche le auto elettriche nella Capitale vengono dalla Cina, anche perché non hanno i dazi, per cui i modelli che da noi costano 60 mila euro, in Uzbekistan li paghi 23 mila. Invece fuori città o nei centri più piccoli vedi girare le vecchie Chrysler. Il sistema della nazionale non è come da noi, diciamo che li hanno sempre in ritiro. Fra donne, U23 ed elite sono fra 40 e 45 atleti, che poi portano a correre.

«Qualcuno è tesserato per delle continental, Rostovtsev ad esempio nel 2025 era con lo Shenzen Kung Cycling Team in Cina. E l’attività la fanno quasi tutta in Asia. Però d’ora in avanti, Nikita verrà in Toscana, dalle mie parti: dobbiamo ancora vedere dove. Invece Sergey si stabilirà sul Lago d’Iseo. Lui parla bene italiano, perché mi ha spiegato che suo padre ha lavorato nella Katusha negli stessi anni in cui c’ero anche io».

Quello che verrà è tutto da vedere. Otabek Umarov ci mette i soldi con la sua azienda e intanto si assicura che i due corridori di punta del movimento facciano l’esperienza di cui hanno bisogno in corse più qualificate. La Bardiani per la sua parte ha trovato un nome per sostituire Faizanè che nel 2026 non sarà più a bordo. Il resto lo dirà la strada.

A destra Giuseppe Di Fresco e al suo fianco Riccardo Del Cucina, Team Casano Stabbia 2025

Di Fresco fa le valige e trasloca al CPS Professional Team

02.12.2025
4 min
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L’ultimo anno per Giuseppe Di Fresco è stato tutto tranne che facile. L’operazione dell’aorta dopo il malore avuto nell’estate del 2024 gli ha portato non poche complicazioni. Una delle ultime è una operazione da programmare nei prossimi mesi, sempre all’aorta. A dargli una mano in questo momento difficile ci hanno pensato in tanti, in prima battuta Pino Toni, amico e preparatore che ha preso in mano parte della gestione del Team Casano. La leggerezza e la voglia di fare dei suoi ragazzi gli ha permesso di godersi una bella annata, con tante soddisfazioni. A lasciare indietro qualcosa il diesse toscano proprio non ci pensa, il ciclismo farà ancora parte della sua routine, anche se in maniera diversa. 

La grande novità in vista del 2026 è l’uscita da parte di Di Fresco e del suo staff dal Team Casano, si sposteranno tutti al CPS Professional Team

«In estate, ad agosto – ci racconta Di Fresco – era stato portato avanti da me in prima persona grazie all’amicizia che mi lega al presidente del CPS Professional Team: Clemente Cavaliere. Volevamo unire le forze per allargare i nostri orizzonti e arrivare a fare una bella attività il prossimo anno».

Pino Toni, Team Casano Stabbia
Pino Toni, preparatore del Team Casano Stabbia nel 2025, seguirà Di Fresco nella sua nuova avventura al CPS Professional Team
Pino Toni, Team Casano Stabbia
Pino Toni, preparatore del Team Casano Stabbia nel 2025, seguirà Di Fresco nella sua nuova avventura al CPS Professional Team
Com’era stata pensata la collaborazione?

L’obiettivo era di fare una società con affiliazione plurima in Toscana e Campania, ma a livello economico i costi si sarebbero alzati di molto. Infatti per regolamento avremmo dovuto pagare tutti i punteggi per spostare i corridori da un Comitato Regionale all’altro. Di conseguenza ci siamo fermati e si era deciso che avremmo portato avanti il tutto ma con una squadra sola.

In che modo?

La formazione avrebbe preso il nome di CPS Team Casano, e questo ci avrebbe permesso di risparmiare qualcosa. Anche perché lo Stabbia, con il quale avevamo l’affiliazione plurima, ha deciso di chiudere. Poi tutto è saltato e dell’accordo non se n’è fatto più niente. Tutto lo staff, tra cui il sottoscritto, ed alcuni corridori, ci sposteremo al CPS Team. 

Riccardo Del Cucina, Toscana, Team Casano Stabbia
Con la chiusura del G.S. Stabbia il Casano ha cercato altre formazioni con cui fare un’affiliazione plurima, la scelta era ricaduta sul CPS
Riccardo Del Cucina, Toscana, Team Casano Stabbia
Con la chiusura del G.S. Stabbia il Casano ha cercato altre formazioni con cui fare un’affiliazione plurima, la scelta era ricaduta sul CPS
Il progetto era principalmente economico?

Quando due società decidono di mettere insieme le forze, di solito, è un modo per darsi una mano a vicenda. L’accordo con il CPS Team ci avrebbe permesso di ampliare un po’ i nostri orizzonti e di realizzare una doppia attività. Ne sarebbe nata una squadra unica composta da diciotto o diciannove ragazzi. Alla fine però la trattativa non è andata a buon fine e noi abbiamo deciso di spostarci al CPS Team. 

Come mai lasciare il Casano e non proseguire con loro?

Il Casano per me è una seconda famiglia e sono stato benissimo. Tuttavia in questo frangente sentivo che le cose non sarebbero potute andare avanti come prima. Verrà con me anche tutto lo staff che negli anni ho reclutato: Pino Toni, Alessandro Mansueto e anche il nutrizionista. Ci seguiranno anche alcuni dei ragazzi con cui abbiamo già lavorato nel 2025 (i primi anni, ndr) e anche quelli che avevo preso in estate dalla categoria allievi. 

All’interno del CPS Professional Team entrerà a far parte anche Francesco Casagrande
All’interno del CPS Professional Team entrerà a far parte anche Francesco Casagrande
Sembra di capire che la squadra sarà comunque con un numero elevato di corridori…

Avremo sempre tra i diciotto e i diciannove atleti, probabilmente prenderemo qualche ragazzo straniero. L’attività sarà comunque doppia, con un calendario internazionale. Grazie a Stefano Garzelli abbiamo ricevuto un invito per una corsa a tappe in Spagna. Probabilmente ne aggiungeremo un’altra. All’interno dello staff entrerà anche Francesco Casagrande, fino al 2025 era con gli allievi alla Iperfinish. Però visto che abbiamo preso con noi tre dei suoi ragazzi lo abbiamo coinvolto con noi. 

Tadej Pogacar e Remco Evenepoel, Europeo 2025

Come deve lavorare Remco per chiudere il gap su Pogacar?

14.10.2025
6 min
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«Non sono mai riuscito a tenere così a lungo un attacco di Pogacar». Così Remco Evenepoel dopo il Campionato Europeo. Quel giorno, sulla salita più lunga, il belga si era messo a ruota dello sloveno e poi, dopo un minuto o poco più, si è letteralmente spostato. L’altro giorno, al Giro di Lombardia, non ha neanche provato a rispondere all’affondo di Tadej Pogacar: «Il ritmo era già alto da troppo tempo», ha detto ancora Remco.

Allora viene da chiedersi come potrà fare Evenepoel a contrastare Pogacar. E su quali percorsi? Su che tipo di salite? Perché, se le cose stanno così, anche una Liegi-Bastogne-Liegi con côte lunghe come Rosier o Redoute, o al limite anche Roche-aux-Faucons, diventa un terreno proibitivo. Va bene una Sanremo? Una Freccia del Brabante? Ne abbiamo parlato con il preparatore Pino Toni.

Toni 2022
Il coach toscano, Pino Toni oggi lavora sia con i giovani che con i professionisti
Toni 2022
Il coach toscano, Pino Toni oggi lavora sia con i giovani che con i professionisti
Pino, partendo dalla frase tra il soddisfatto e il rassegnato di Remco sull’essere riuscito a tenere Pogacar tanto a lungo, dove lo può sfidare?

Remco è un “animale da gara” particolare, non è il solito campione. In quell’intervista, fatta a un giornale belga, ha detto anche di sentirsi vincente e lo è, anche di testa. Corre sempre per vincere, ma secondo me soffre un po’ Pogacar e soprattutto soffre molto di più la sconfitta rispetto a lui.

Chiaro…

Io sono convinto che Pogacar sia anche un pochino più forte di lui mentalmente. Tadej sa trasformare i momenti di difficoltà in stimolo, per lavorare ancora meglio.

Ma in cosa consiste lavorare meglio? Questo dovrebbe valere anche per Remco…

Lavorare meglio significa continuare a fare quello che fai se sei Pogacar, perché gli altri sono ancora un po’ lontani da lui. E lo sono a ogni livello. Riguardo a Remco, mi stupisce che cambiando squadra non abbia voluto cambiare anche lo staff.

Perché ti stupisce?

Perché un atleta non deve restare nella comfort zone. Deve sempre trovare nuovi stimoli. Se sei un vincente e sei intelligente, capisci che in questo momento, per vincere ancora, devi fare qualcosa di diverso. Per carità, ha fatto delle cronometro superbe, ma il suo lavoro non è solo quello. Dove, tra l’altro, è avvantaggiato da numeri aerodinamici molto migliori di Pogacar. Insomma, cambiando team avrei cambiato qualcosa di più. Mi sarei messo più in gioco.

Giro di Lombardia 2025, Remco Evenepoel, Ganda
Sul Ganda ritmo altissimo da oltre 5′, Remco sa già che non ne avrà per rispondere all’imminente attacco di Tadej
Giro di Lombardia 2025, Remco Evenepoel, Ganda
Sul Ganda ritmo altissimo da oltre 5′, Remco sa già che non ne avrà per rispondere all’imminente attacco di Tadej
Però attenzione: lo stesso Remco ha dichiarato che il fatto di staccarsi di fronte agli attacchi violenti di Pogacar è un problema del suo nuovo allenatore…

Okay, il coach è nuovo, ma tutto il resto no. Bici, materiali, meccanico, il direttore sportivo che lo conosce… Si è portato dietro “la corte”.

Ma Pino, è davvero un problema del suo nuovo allenatore o anche di limiti fisiologici? Pogacar parte da una soglia aerobica pazzesca: si dice che la sua Z2 sia la Z3 alta di molti altri…

Questo è vero e va preso in considerazione. Se fa la Z2 a 320-350 watt e quindi va a 40 all’ora in condizioni di totale normalità, diventa un problema per gli altri. Anche per questo dico che Evenepoel si è portato dietro troppe persone per poter cambiare davvero. Sapendo che è in rincorsa, cioè che deve chiudere un gap, avrebbe dovuto osare di più.

Anche a costo di andare più piano?

Sì, anche a costo di andare più piano. Se poi quella strada fosse stata sbagliata, almeno ci aveva provato. Lui, come ha detto, è un vincente. Ma una cosa è certa: se continua così, con Pogacar non vince. E se parliamo di Grandi Giri, ne ha almeno un altro davanti: Jonas Vingegaard.

Remco Evenepoel, Paul Seixas, Europei 2025
Europei 2025: dopo aver tentato di resistere all’attacco di Pogacar, Remco recupera e aspetta il gruppetto di Seixas
Remco Evenepoel, Paul Seixas, Europei 2025
Europei 2025: dopo aver tentato di resistere all’attacco di Pogacar, Remco recupera e aspetta il gruppetto di Seixas
Almeno?

Almeno, perché ci sono ragazzini che stanno crescendo forte. Il francesino Paul Seixas è ancora un po’ immaturo, ma è un fenomeno. Più fenomeno di tutti questi, a livello di precocità. E poi, uno come Joao Almeida, anche se ha valori inferiori, ha mostrato più solidità, mentre Remco ha ancora un modo di gestire la corsa un po’ particolare nei Grandi Giri: ha ancora dei vuoti di una giornata.

Pino, quale può essere attualmente un terreno di sfida, un punto di incontro tra i due? Quale tipologia di corsa?

Nelle gare di un giorno li vedo abbastanza alla pari un po’ in tutti i tipi di percorso. Consideriamo che non sono macchine, ci sono i giorni migliori e quelli peggiori. Poi certo, se ci sono salite lunghe…

Al Lombardia neanche ha risposto, all’Europeo invece si è proprio spostato, come se fosse scattato l’allarme rosso. Perché?

Perché aveva capito che poco dopo sarebbe saltato. Il problema di questi sforzi è che se eccedi di pochi secondi, recuperi in un determinato tempo. Se invece eccedi troppo, ti serve molto di più per recuperare. E alla fine, pur spostandosi, Remco e gli altri inseguitori dopo la salita non erano lontanissimi. Il fatto è che poi Pogacar si è regolato sul loro passo. Non era mica a tutta. Uno così, ragazzi, non si è mai visto.

Da preparatore, se tu fossi il coach di Evenepoel, lo faresti lavorare di più sul fuorigiri o prima alzeresti il VO2 Max?

Per dire come lavorare con una persona, la devi conoscere davvero bene. Devi avere i dati per capire quali sono i suoi limiti. Da quello che posso dire da fuori, lavorerei sull’intensità, sulla capacità massima di prestazione.

Potendo ingerire grandi quantità di carbo, in parte “viene meno” il concetto di endurance
Potendo ingerire grandi quantità di carbo, in parte “viene meno” il concetto di endurance
Perché?

Alla fine ciò che conta è la resistenza. Con i nuovi tipi di alimentazione puoi integrare fino a 120 grammi l’ora di carboidrati, qualcuno è arrivato anche a 140, e in questo modo il concetto di endurance cambia. Chiaramente stiamo parlando di atleti dotati, con valori fuori dal comune e molto economici nella loro azione. Proprio per questo motivo, se fossi il suo coach, lavorerei sulla capacità di massima prestazione, cercando di migliorare quegli sforzi intensi che lo mettono in difficoltà.

Chiaro…

Noi prendiamo come riferimento una particolarità: Pogacar stesso. Se andiamo a vedere bene, a Remco non manca nulla. E’ l’altro che ne ha di più. Però, per avvicinarsi, andrei proprio a migliorare i valori sui 5 minuti in particolare. Ma anche sul minuto e sui 20′. Insomma, come dicevo, sulla massima prestazione. Lì Pogacar è micidiale: esprime 7 watt per chilo… dopo 5 ore di corsa!

Ma anche di più. All’Europeo l’attacco in salita è durato oltre 16 minuti, nei quali ha espresso quasi 7,3 watt/chilo…

E ci sta tutto. Vi dico, fatte le debite proporzioni, che qualche giorno fa ero a una gara di juniores e hanno fatto 14 minuti a 6,3 watt/chilo… E sono arrivati in 20 allo sprint. Questo rafforza il discorso che ormai lavorare sulle ore serve fino a un certo punto: bisogna lavorare sulla qualità. E anche i giovani che lo fanno raggiungono presto queste prestazioni. Oltretutto, se li alimenti bene, mettono sempre “benzina” nei muscoli, non vanno in crisi di fame, non entrano in catabolismo. Uno come Seixas va già così forte perché oggi non deve prima diventare economico in bici, non deve abituare il corpo a certe distanze o stress. Non ne ha bisogno. Oggi non deve essere economico.

Toni in Uzbekistan, la sfida di costruire il ciclismo dal basso

29.07.2025
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E’ tornato per la seconda volta in Uzbekistan, stavolta per fare sul serio. Dopo un primo viaggio esplorativo questo inverno, Pino Toni, preparatore con un lungo curriculum tra professionisti e giovani promesse, è stato incaricato direttamente dal Comitato Olimpico Uzbeko di contribuire alla crescita del ciclismo nel Paese.

Non solo preparazione, ma una visione globale per cercare talenti, formare tecnici e creare le condizioni perché questo sport possa attecchire in una realtà dove finora hanno brillato soprattutto pugili e sollevatori. Una sfida stimolante in un Paese giovane, ambizioso e in trasformazione.

Pino Toni durante i test in Uzbekistan
Pino Toni durante i test in Uzbekistan

Ambizioni sportive

Il collegamento tra Toni e l’Uzbekistan passa da Vladimir Starchyk, ex corridore della Amore e Vita e oggi tecnico della nazionale uzbeka. E’ stato lui a coinvolgerlo per una consulenza mirata su un giovane atleta uzbeko, Nikita Tsvetkov, in vista dei mondiali e delle scorse Olimpiadi. Da lì è nato un confronto più ampio, culminato con l’incarico del Comitato Olimpico uzbeko per valutare e potenziare l’intero settore.

«Mi hanno chiesto se me la sentivo di dare una mano – racconta Toni – loro ragionano in termini di medaglie: campionati asiatici, mondiali, Olimpiadi. Serve concretezza. Ma sono ambiziosi: su 36 milioni di abitanti, alle ultime Olimpiadi sono arrivati tredicesimi nel medagliere. In discipline da palestra: pugilato, lotta, sollevamento pesi. Il ciclismo non è ancora nella loro cultura, ma hanno costruito impianti modernissimi, come il nuovo velodromo a Tashkent».

Il potenziale, secondo Toni, è enorme. Non solo per la struttura demografica del Paese, ma per l’energia che si respira, tipica delle società in crescita. «Sono nel boom, ci sono un milione di nuovi nati all’anno. E c’è fame di migliorare e di fare sport».

In Uzbekistan non solo il velodromo, sta nascendo un villaggio olimpico per i Giochi Asiatici
In Uzbekistan non solo il velodromo, sta nascendo un villaggio olimpico per i Giochi Asiatici

Lo sport in Uzbekistan

In Uzbekistan lo sport è uno strumento di orgoglio nazionale, interamente finanziato dallo Stato, apsetto tipico degli stati ex sovietici. Sponsorizzazioni private e club privati sono rari, per non dire unici. Tutto passa per i comitati olimpici e le federazioni, che selezionano e sostengono i giovani con criteri precisi, ma anche con forti incentivi. «Il concetto di sponsorizzazione non esiste – dice Toni – tutto è pubblico. Chi entra nel sistema riceve aiuti concreti. I ragazzi della nazionale hanno un rimborso che vale quanto mezzo stipendio di operaio. E per molti è già un grande passo, ma serve di più se si vuole allargare la base».

Allargare la base, prima ancora che un progetto è una sfida. Le famiglie non sostengono uno sportivo se non ci sono prospettive concrete, economiche o sociali. «A 19 anni un ragazzo o una ragazzi sono spinti a mettere su famiglia, magari persino a sposarsi. Se non si vede un futuro nello sport, lo si fa smettere. Per questo insisto sul creare prospettive e i corpi militari anche nel ciclismo sono una soluzione. L’alternativa sarebbe fare quel che ha fatto il Kazakistan con l’Astana: una squadre stabile con un percorso chiaro».

Le discipline preferite sono quelle in cui l’impatto economico è minore e i risultati più immediati, vedi la lotta libera, quella greco-romana, il sollevamento pesi…. Ma qualcosa sta cambiando. Il comitato olimpico ha stanziato risorse anche per il ciclismo, considerato ora disciplina strategica, in vista anche dei grandi eventi giovanili, come le Olimpiadi asiatiche under 18 che si terranno nel 2026.

Il clima (molto freddo d’inverno e molto caldo d’estate) non ha aiutato la crescita del ciclismo. Ma le cose stanno cambiando
Il clima (molto freddo d’inverno e molto caldo d’estate) non ha aiutato la crescita del ciclismo. Ma le cose stanno cambiando

Una base da costruire

Il ciclismo in Uzbekistan è ancora ai margini. La nazionale ha buone dotazioni, bici Aurum, gruppi di alto livello, ottime ruote, ma la base resta debole. «Una famiglia normale non può permettersi una bici da corsa – spiega Toni – quindi molti usano mezzi datati, magari con telai di vent’anni fa. Però la federazione funziona bene, c’è entusiasmo e da lì bisogna partire».

Gli impianti stanno arrivando. Oltre al velodromo di Tashkent, Toni sta insistendo anche sul far costruire nuove piste BMX e centri di selezione giovanile. Il problema è la continuità: da allievi agli elite sopravvive solo il 10 per cento dei ragazzi. I motivi sono economici e culturali, come quanto detto prima, ma anche strutturali.

«Quando sono andato lì – racconta Toni – ho trovato 70 ragazzi a un ritiro nazionale: quasi tutti in pratica. Ma tanti c’erano, perché facevano questo sport. Tuttavia il livello dei ragazzi, specie degli allievi, è buono, direi quasi più alto dei nostri. Ho fatto test su 25-30 giovani e ho visto valori sorprendenti. Anche tra le donne. Ma senza continuità non si cresce».

Al momento, gare su strada e mountain bike sono poche. Si punta molto sulla pista e sulla BMX, anche per la loro dimensione urbana e la possibilità di selezionare atleti da altri sport. E questo è un passaggio cruciale.

Yanina Kuskova è attualmente la miglior ciclista uzbeka (anche rispetto agli uomini). Prende l’eredità di una grande: Olga Zabelinskaya
Yanina Kuskova è attualmente la miglior ciclista uzbeka (anche rispetto agli uomini). Prende l’eredità di una grande: Olga Zabelinskaya

Il lavoro di Pino Toni

Il ruolo di Toni va ben oltre quello del preparatore: è un supervisore tecnico incaricato dal Comitato Olimpico. Il suo compito è mettere in piedi un sistema: scouting, test, selezione, formazione di tecnici e atleti.

«Gli ho insegnato a fare test sui rulli normali – spiega – per iniziare a scremare i ragazzi e capire chi ha potenziale. Stiamo creando strutture BMX e preparando un percorso per la pista, dove c’è anche un tecnico tedesco. L’idea è coinvolgere altri sport, cercare ragazzi esplosivi da atletica o arti marziali. Bisogna andare sul territorio a scovarli».

Una delle grandi sfide è proprio questa: pescare talento fuori dal ciclismo. Toni lavora con scuole di atletica, di lotta, di pesistica, per individuare profili atletici trasferibili. «Chi ha potenza e motivazione può diventare un ciclista di BMX o su pista. Un mezzofondista dell’atletica potrebbe essere un buono stradista. Ma serve un sistema ed è quello che sto cercando di fare. E soprattutto serve dare speranza: se a un ragazzo prometti un futuro, resta. Altrimenti molla».

Il lavoro è iniziato dagli allievi, ma tocca tutte le categorie, uomini e donne. L’obiettivo è arrivare a creare un vero movimento, con una base solida, un percorso formativo e, magari, una squadra che raccolga il meglio del Paese.

Nikita Tsvetkov mentre fa dietro motore con Pino Toni in Toscana
Nikita Tsvetkov mentre fa dietro motore con Pino Toni in Toscana

Obiettivi sportivi e strategici

L’obiettivo immediato è arrivare pronti alle Olimpiadi Giovanili Asiatiche 2026, tappa fondamentale per il movimento. Nikita Tsvetkov, classe 2005, è il simbolo di questa scommessa: terzo nel ranking Asia Tour pur correndo praticamente solo con la nazionale. Toni lo sta seguendo anche in Italia, per offrirgli un contesto più competitivo.

Nel medio termine, si punta a partecipare con più continuità a Campionati Asiatici e Mondiali, ma anche a costruire una struttura interna stabile: squadre, centri tecnici, una filiera di crescita.

«Serve un modello tipo Astana – dice Toni – oppure l’inserimento nei corpi militari. Il ciclismo può attecchire se ha una funzione sociale. E il Paese ha risorse: gas, cotone, oro, industrie. Se decidono di investire, lo fanno sul serio come di fatto stanno facendo con le strutture a Tashkent».

Il futuro passa anche dalla creazione di una cultura sportiva condivisa. «Molti non sanno cos’è il ciclismo – conclude Toni – ma quando ne capiscono il valore, si appassionano. Il mio compito è seminare. I frutti verranno col tempo».

Calendari fittissimi: ma quando si allenano i corridori?

12.05.2025
5 min
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Quando si parla di preparazione uno dei nostri cardini è senza dubbio Pino Toni. Stavolta al tecnico toscano abbiamo sottoposto un argomento che è sì di preparazione, di allenamento, ma forse è anche “politico”, se vogliamo. In pratica, facendo un po’ i conti e parlando con diversi corridori, ci siamo resi conto di quanto i corridori abbiano già messo nel sacco… e tante altre gare li aspettano.

Alla luce di tutto questo ci siamo posti una domanda: ma quando si allenano? Oggi, si vede quanto fare programmi, alternare fasi intense e di recupero sia importante. Lavorare sulla forza o fare l’altura. Giovanni Carboni è uno di quelli che ha già oltre 30 giorni di corse nelle gambe e tantissime altre ne ha in lista. Alex Aranburu, Thibault Guernalec che supera i 35, e Jorge Arcas che addirittura guida questa classifica con 40 giorni. Lo scorso anno Damiano Caruso finì la stagione con 82 giorni di gara e fu il primo. Ad inizio anni 2000-2010 superare i 100 giorni era cosa consueta. Adesso non più e quei 30 e passa giorni di gara fanno riflettere.

Il coach toscano Pino Toni
Il coach toscano Pino Toni
Toni, molti corridori, specie di team non di primissimo piano, “non si allenano” più. Nel senso che sono sempre impegnati a correre…

E’ così. I big hanno la preparazione studiata nei dettagli, ma gli altri seguono il calendario, punto. Le squadre oggi fanno troppe corse, troppe. E con il sistema a punti attuale vanno a fare anche le gare 2.2 per cercare di accumulare qualcosa. Quindi si incastrano le corse brevi di uno o due giorni, le brevi gare a tappe, e quando uno corre tutte le settimane, ti ritrovi che l’allenamento lo fai… in gara.

E come si fa in questi casi?

Devi calibrare bene la gara e quei giorni tra una competizione e l’altra. Non puoi caricare l’atleta in settimana e allora lo porti alla corsa nella miglior condizione possibile e la corsa diventa il giorno di carico. Ma non è semplice. Non puoi più permetterti di “andare a fare la corsa per arrivare”, perché poi rischi pure il contratto, oltre che fai una fatica bestiale. Oggi i ragazzi sembrano quasi carne da macello e mi dispiace dirlo.

Quindi è una questione più “politica”, se vogliamo, che tecnica?

E’ chiaro. Un corridore non va in gara perché c’è un fine tecnico, ma perché la squadra ha bisogno di punti. Se non sei nei primi 30 del ranking, non fai i Grandi Giri. Specie le squadre Professional (ma anche qualche WorldTour aggiungiamo noi, ndr), mandano i corridori ovunque. Il ragazzo ti chiede di fare l’altura ma non ha tempo, corre ogni settimana. Fa tre giorni a casa, poi è di nuovo su un aereo. Ed è così per tantissimi. A tanti team interessa solo che abbiano avuto punti l’anno prima, li prendono al minimo salariale e li fanno correre.

Le professional e le WT più piccole pagano a più caro prezzo questa rincorsa ai punti e a risentirne sono soprattutto i corridori
Le professional e le WT più piccole pagano a più caro prezzo questa rincorsa ai punti e a risentirne sono soprattutto i corridori
Come gestite la preparazione in questi casi?

Si parte dal capire quanto recupera. Se recupera bene, gli metti qualcosa tra una corsa e l’altra. Altrimenti, lo tieni “a galla”: mantieni il peso, l’alimentazione, gli fai fare un po’ di ritmo dietro moto, ma niente carichi. Le 5 ore insomma non le fai più.

E la palestra, la forza per dire, che è ormai un cardine anche nel pieno della stagione è praticamente impossibile inserirla?

Non è detto, magari puoi sostituire un paio di uscite con della forza leggera, ma è complicato. Come ripeto, va calibrato bene con il recupero e le tempistiche tra una gara e l’altra.

Oggi si usa anche la tenda ipossica, che ora è stata sdoganata anche in Italia, ha senso farla? Il problema di questi ragazzi è che spesso non possono inserirci l’altura ideale per costruire e rigenerarsi…

Non è l’altura certo, ma è utile se fatta in blocchi di 3-4 giorni, può dare uno stimolo. Non serve starci settimane come per l’altura. In tenda sei in ipossia senza fare fatica. Alla fine l’allenamento è una forma di ipossia e vai in debito di ossigeno se sei in quota o se spingi forte in allenamento. Il principio è quello.

A livello psicologico non è pesante per i corridori? Vent’anni fa, per dire, quando arrivavano le corse di primavera ed estate in qualche modo si era più tranquilli. Si correva al mercoledì (o al martedì), il sabato e la domenica…

Ma quello è il ragionamento dei dilettanti… di un tempo. A livello psicologico per un professionista attuale è tosta, ma lì entrano in gioco il preparatore e l’ambiente. Se il corridore si convince che “non vado forte perché non ho fatto l’altura”, è finita. Allora devi fargli capire che si può fare bene anche così.. Il coach deve aiutare il corridore a capire che non è tutto perduto, che c’è un modo per salvare la stagione anche senza i blocchi di allenamento perfetti.

Zabel per nove volte è stato il corridore con più giorni di corsa in stagione. Otto volte ha superato quota 100, il record nel 2000: con 114 giorni
Zabel per nove volte è stato il corridore con più giorni di corsa in stagione. Otto volte ha superato quota 100, il record nel 2000: con 114 giorni
Insomma è il sistema dei punti che ha inciso su questa situazione?

E’ il problema principale. Una volta facevi un calendario logico, ora togliendo da questo discorso i big e gli squadroni, devi rincorrere i punti. E quindi corri le 1.1, le 2.2 in Asia, in Africa. Pensate che alcuni team faranno più punti in una corsa in Giappone che c’è in questi giorni che al Giro d’Italia, se non si arriva nei primi o non si vince una tappa.

E questo colpisce soprattutto le professional che hanno strutture importanti, ma non hanno 30 corridori più il devo team…

Ma colpisce anche le WorldTour che hanno 30 corridori, c’è chi in classifica annuale è dietro pur essendo WorldTour. Le Professional devono coprire ogni corsa per sperare di guadagnare qualche punto, e al Giro se devono andare in fuga dove li fanno i punti? E’ dura, e finché resta così, i corridori “di manovalanza” faranno più gare che allenamenti.

Dietro moto sul pavè. Tadej alla ricerca del feeling con la velocità

10.04.2025
6 min
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E’ stato visto sul pavé come se fosse casa sua, dietro moto, lanciato a tutta: Tadej Pogacar ha messo nel mirino la Parigi-Roubaix. Il campione sloveno, dopo aver superato le iniziali reticenze del team, ha deciso di affrontare questa sfida con tutto se stesso. Per lui non c’è corsa senza ambizione di vittoria e l’Inferno del Nord non fa eccezione (in apertura foto Instagram).

La UAE Emirates si è allineata alla sua visione e l’ha supportato con un sopralluogo tecnico ad altissima velocità (qui il video sul profilo X di Philippe Gilbert). Ne abbiamo parlato con Pino Toni, uno dei nostri riferimenti consueti, quando di mezzo ci sono test, preparazione, tecnica…

Le pietre della Roubaix sono diverse da tutte le altre e l’alta velocità ne amplifica la difficoltà
Le pietre della Roubaix sono diverse da tutte le altre e l’alta velocità ne amplifica la difficoltà
Pino, Pogacar ha fatto sul serio. Perché provare il pavé dietro motore?

Perché non va mai alle corse per vedere come sono. Tadej va per vincerle tutte. Non avendo esperienza diretta della Roubaix, la velocità è un aspetto chiave per questa gara. Cambia la reazione della bici, cambiano le sollecitazioni, cambia tutto. Prendere una pietra a 35 o a 50 all’ora non è la stessa cosa. Le forze in gioco aumentano in modo esponenziale e vanno considerate sotto tutti gli aspetti, compresa la scelta del materiale.

In che modo la squadra ha affrontato questa sfida?

E’ tutto nuovo anche per loro. Parliamo di un test importante per l’uomo, ma anche per la bicicletta. La Colnago non ha ancora una storia consolidata alla Roubaix, al contrario di Specialized o Trek, che sono bici sviluppate per questo tipo di corsa. Il test serviva (anche) a capire le risposte del mezzo e a trovare i margini di adattamento, perché qui non si tratta solo di portare il corridore giusto: serve anche l’attrezzatura giusta.

Pino, da preparatore quale sei quando al termine di un test simile l’atleta ti dà il computerino, cosa vai a vedere?

Gli chiederei delle sensazioni prima di tutto, più che i watt. Dopo un test così non vai a guardare i watt appunto, o i numeri ma dove ti fa male. La Roubaix non è una corsa che si valuta con il cronometro. Le mani insanguinate post Roubaix non sono una leggenda. E poi le spalle, la schiena… lì si sente il dolore. Le sensazioni diventano dati. E’ un tipo di stress che ti rimane addosso per giorni. Ti segna. E Tadej questo lo sa e lo sta affrontando con la sua solita serietà. Poi è chiaro che si studiano anche i numeri, per carità…

Un frame del video che ritrae Pogacar in azione dietro motore sui settori della Roubaix. In tre di questi ha stabilito il KOM
Un frame del video che ritrae Pogacar in azione dietro motore sui settori della Roubaix. In tre di questi ha stabilito il KOM
Che tipo di intensità si raggiunge in un test del genere dietro moto?

Si lavora su velocità alte. Con il dietro motore sul pavé sei a 50 all’ora e più. Quindi secondo me siamo su Z4, Z3 alto. E’ un’intensità importante, soprattutto per un fondo pianeggiante come quello della Roubaix. Non si tratta di muri, dove magari lavori su Z5. Ma anche sul piano, a quella velocità e su quel fondo, i muscoli e il sistema nervoso sono messi a dura prova.

Che poi fare la recon a tutta è un po’ il marchio di fabbrica di Pogacar e della UAE Emirates, prima del Fiandre hanno affrontato dei muri con i compagni che tiravano a tutta, si spostavano e lui partiva…

E’ il loro metodo, giustamente provano ai ritmi gara. L’hanno fatto il giovedì, giorno di solito riservato all’uscita lunga con intensità. Quattro ore buone con dentro queste prove sui settori. E’ un approccio molto mirato. Non si tratta di fare mille giri: lui e i suoi compagni sono usciti, hanno affrontato i muri a tutta e hanno chiuso il test. Metodo, determinazione e qualità.

In passato c’era stato qualcosa di simile, dietro motore sul pavé?

Sì, ricordo nel 2014 quando c’era il pavé al Tour de France ed io ero nella fila della Tinkoff-Saxo. All’epoca, durante l’inverno si provarono delle tappe, compresa quella sul pavé facendo appunto dietro motore. Io non ero presente, ma ricordo Contador e Bennati che svolsero questo lavoro. Anche in quel caso, non fu semplice fin da subito. Servono più passaggi per prendere le misure. E’ un lavoro che serve più all’atleta, nel caso di Contador che puntava alla classifica, che al mezzo, ma è chiaro che si testano anche soluzioni tecniche. Un po’ il contrario di Pogacar in questo momento.

Riprendiamo ancora una volta le immagini di Pogacar della Lille-Wallers Arenberg del Tour 2022. Quel giorno fu 7°
Riprendiamo ancora una volta le immagini di Pogacar della Lille-Wallers Arenberg del Tour 2022. Quel giorno fu 7°
In concreto, cosa viene valutato nei materiali?

Il comfort. Quando hai un corridore che non solo vuole esserci, ma vuole fare la gara e soprattutto vincerla, allora serve il massimo adattamento. La scelta della bici, del telaio, della sella… tutto deve ridurre lo stress: il comfort alla Roubaix è fondamentale, specie per un atleta poco esperto (in questa corsa) come Pogacar. Non è come mandare uno che deve fare il gregario: qui hai un leader e la bici deve diventare un’estensione del suo corpo.

Pogacar però ha poco supporto in squadra in termini di esperienza per questa corsa. Anche se in ammiraglia c’è chi diverse volte l’ha finita nei dieci e una volta addirittura secondo, il diesse Fabio Baldato…

E’ vero. Se si guardano i suoi compagni ci sono specialisti della Roubaix. Politt, Wellens, Vermeersch… ma non hanno una storia da protagonisti assoluti per vincerla. Forse Baldato ha più esperienza di tutti, il problema per Tadej è che lui non corre più! E’ una corsa nuova anche come mentalità per la UAE Emirates. Hanno sempre corso in un altro modo e ora devono adattarsi all’idea di fare la Roubaix per vincerla, non solo per esserci. Ma non sono sprovveduti… per niente. Certo, i rischi ci sono. E sono tanti…

Chiaro. E anche la componente della fortuna non è da meno quando si parla di Roubaix…

E’ una corsa che ha un coefficiente di rischio altissimo. La caduta, la foratura, una buca… tutto può cambiarti la gara in un attimo. E’ una gara che incide sulla stagione. Consideriamo che il Tour “è vicino” e ogni incidente ha un costo. Gianetti lo sa e infatti non ne era entusiasta… Però quando hai un leader così, devi anche fidarti del suo istinto.

Sull’Oude Kwaremont Tadej ha preso il largo nel tratto “pianeggiante” in pavè, ma veniva dopo un muro e, come detto, le pietre della Roubaix sono diverse
Sull’Oude Kwaremont Tadej ha preso il largo nel tratto “pianeggiante” in pavè, ma veniva dopo un muro e, come detto, le pietre della Roubaix sono diverse
E’ la gara giusta per uno come lui?

Dipende. Se la vince, ha fatto la storia. Se perde, si dirà che ha sbagliato. E’ una corsa che può trasformarsi in leggenda, ma non è la corsa che ti consacra per forza. La fortuna pesa tanto, come ripeto. E loro, secondo me, sperano che non gli piaccia tanto. Così la fa una volta sola e basta. Il problema è che se gli piace, la rifà!

Dal punto di vista fisico come vedi l’approccio di Pogacar alla Roubaix?

E’ molto più leggero degli altri. Parliamo di almeno 10 chili in meno rispetto a Ganna, Van Aert, Pedersen. Questo fa una differenza enorme sul pavé. Ma attenzione, è vero che ha meno potenza e forse (occhio ai materiali) rimbalza un po’ di più, ma è anche vero che il suo minor peso farà sì che lo stress su bici e corpo sarà minore. Una pietra presa da uno di 80 chili ti può spaccare la ruota: il dietro motore gli ha dato molte nozioni in tal senso. Tadej ha molta più leggerezza e agilità, rischia meno anche sulle forature. Non è poco, alla Roubaix. Potrebbe arrivare un po’ più fresco nel finale.

Insomma Pino, credi che possa giocarsela davvero?

Secondo me, se Pogacar deve staccare qualcuno lo fa sui muri. E alla Roubaix i muri non ci sono. Lì vince chi resiste, chi sa stare davanti, chi ha fortuna. Se arriva in volata perde. Con Van Der Poel, Ganna, Pedersen non può arrivare allo sprint. Deve inventarsi qualcosa prima. E lì Tadej dovrà cercare un colpo dei suoi, da lontano, da campione assoluto. Per me resta una corsa in cui il rischio, anche per lui, è altissimo.

Jebel Hafeet: l’attacco di Pogacar ai raggi X. L’analisi di Toni

27.02.2025
5 min
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UAE Tour, 7,8 chilometri all’arrivo di Jebel Hafeet. Rune Herregodts si sposta e Tadej Pogacar parte (qui il video). Inizia lo show. Provano a tenerlo Oscar Onley e Giulio Ciccone. Ma resistono per meno di 400 metri, vale a dire 30 secondi. Trenta secondi terribili per gli altri, di progressione micidiale per Pogacar. Alla fine lo sloveno vincerà con 33″ di vantaggio sull’Abruzzese, ma mollando nel chilometro finale.

E noi quei 30 secondi (e non solo) li andiamo ad analizzare con Pino Toni. Con il coach toscano facciamo dell’asso della UAE Emirates un’analisi esattamente come avevamo fatto qualche giorno fa per lo sprint di Milan. Lo spunto tecnico e l’occhio del preparatore ci dicono qualcosa di più del “semplice” show di Pogacar e di quanto si stato forte per l’ennesima volta.

Pogacar domina Jebel Hafeet: secondo i dati di Velon ha fatto un picco di 920 watt sull’attacco e 491 watt nei 5’31” successivi allo scatto
Pogacar domina Jebel Hafeet: secondo i dati di Velon ha fatto un picco di 920 watt sull’attacco e 491 watt nei 5’31” successivi allo scatto
Pino, partiamo dall’attacco di Pogacar: cosa ha visto il tuo occhio esperto?

Per me non è stato uno scatto secco, non uno scatto di quelli che deve fare al Tour de France, tipo quello con cui ha attaccato Vingegaard. E’ stata più una progressione. E’ chiaro che aumenta la velocità in modo netto e va subito su wattaggi altissimi, ma è una progressione fatta con la sicurezza di non avere avversari al suo livello o lì vicino.

Cosa ti fa dire questo?

Che secondo me non era al massimo. Non è uscito dal gruppo con lo scatto più potente che avrebbe potuto fare per prendere quei due metri di vantaggio. Perché attenzione, gli altri hanno provato a seguirlo, ma alla sua ruota non sono mai arrivati. Non sono mai stati attaccati del tutto. Se qualcuno si fosse avvicinato davvero, avrebbe potuto dare ancora di più la mazzata. Per questo dico che non era uno scatto secco, ma in controllo.

Se avesse dovuto dare ancora di più, quando poi si è seduto, non avrebbe fatto il vuoto forse… Mentre lui ha iniziato a guadagnare.

Forse non avrebbe fatto la differenza in modo così netto. Quando si siede, continua a guadagnare. E’ un segnale chiaro che non ha raggiunto il suo limite massimo. Almeno giudicando da fuori senza avere accesso ai suoi dati diretti. Pogacar è uno che va forte in ogni condizione e gestisce perfettamente il proprio sforzo. Ora che ci penso, forse l’unica volta che ha avuto le gambe in croce è stato proprio nello sprint iniziale di questo UAE Tour.

Tadej con la nuova Colnago Colnago Y1Rs sembra essere ancora più corto e raccolto di posizione
Tadej con la nuova Colnago Colnago Y1Rs sembra essere ancora più corto e raccolto di posizione
E lo sprint rispetto alle sue qualità è quella meno forte…

Esatto, fra le sue caratteristiche lo sprint è quello che gli viene meno bene. Tanto più se sprinti contro i velocisti puri, c’è una differenza di almeno 15 chili. Ma parliamo di un corridore che può fare tutto e migliorare in ogni ambito.

Ecco, parliamo di questi miglioramenti. Dagli Emirati sono giunte voci attendibili circa il fatto che sia ancora più corto con la posizione.

Di certo Pogacar è uno che sperimenta molto. E chi sperimenta è destinato a crescere.

Quanto margine ha ancora Pogacar? Il suo preparatore a dicembre disse che ne aveva ancora…

Io anche credo che non sia ancora arrivato al suo limite assoluto. Vedete, ci sono due limiti: quello giornaliero, legato alla condizione del giorno, e quello generale, ovvero la miglior prestazione possibile. Non vediamo mai Pogacar brutto in faccia, scomposto o davvero in difficoltà? Questo è un indizio importante sul fatto che può ancora migliorare.

La voglia di sperimentare lo aiuta a crescere?

Sì, come ho detto: chi sperimenta cresce. Se non sperimenti, resti indietro. Ci sono stati campioni fortissimi che non hanno seguito le innovazioni e non sono più cresciuti. O almeno non lo hanno fatto quanto potevano. E uno l’ho vissuto da vicino quando iniziarono ad arrivare le prime vere innovazioni su alimentazione, ketogenesi, alcuni allenamenti. Pogacar non è uno di questi. Basti vedere le sue pedivelle da 165 millimetri, la sua posizione molto avanzata, l’attenzione ai dettagli aerodinamici. E’ sempre alla ricerca di qualcosa che possa fargli fare un altro passo avanti. Poi magari può sbagliare e non migliorare, ma ci ha provato e di sicuro non ha perso terreno.

Nella 5ª frazione Pogacar ha attaccato. E’ opinione di molti, tra cui Toni, che lo sloveno lo abbia fatto per allenarsi
Nella 5ª frazione Pogacar ha attaccato. E’ opinione di molti, tra cui Toni, che lo sloveno lo abbia fatto per allenarsi
Invece Pino, un’altra considerazione molto interessante che serpeggia direttamente dagli Emirati è che la sua azione nel deserto, l’attacco in pianura a 110 chilometri dall’arrivo, non era solo per spettacolo ma anche per allenarsi. Tu che ne pensi?

Ed è vero. Lì c’è molta pianura e la corsa scorre tranquilla, specie se c’è la fuga. Se in una corsa come quella si resta nel gruppo a 38-40 all’ora, atleti normali girano a battiti bassi, uno come lui ancora di più e non fa niente. In queste condizioni, se un corridore di una continental arriva a fare 0,76 di intensity factor, Pogacar in 4 ore forse arriva a 0,65, cioè non si allena.

E qual è un limite per considerare l’uscita come allenante?

Diciamo che 0,75 di intensity factor corrisponde ad una giornata di carico normale. Attaccare gli ha permesso di mantenere un’intensità adeguata per non perdere la condizione. E presentarsi bene al giorno della salita. Se lo metti nel gruppo a fare tappe di pianura, non cresce. E lui deve crescere.

Incredibile…

Che poi alla fine la cosa che più mi colpisce di questo atleta non è tanto la prestazione in sé, ma la capacità di recuperare rapidamente e di adattarsi agli sforzi successivi. Un corridore normale, dopo un grande sforzo, ha bisogno di due giorni per recuperare. Pogacar, nel giro di 14 ore, è già a posto. Questa è la sua arma segreta: gestisce il proprio acido lattico e indirettamente quello degli altri (che in corsa sono costretti ad inseguire). Se volesse, potrebbe schiantare tutti in ogni tappa.

Prima volata di Milan al UAE Tour: «Uno sprint da pistard»

18.02.2025
4 min
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Il suo collo stantuffava (come ci ha abituato) veloce quanto le sue gambe. Giusto ieri, Jonathan Milan si è aggiudicato la prima tappa del UAE Tour, dominando il complicato arrivo di Liwa Palace. Gli ultimi 1.300 metri erano un crescendo di pendenza, con gli ultimi 250 al 6,9 per cento. Roba da acido lattico solo a sentirne parlare! «E con l’acido lattico Milan ci sa fare», dice subito ficcante Pino Toni, il preparatore con cui commentiamo lo sprint emiratino.

Uno sprint che ha visto protagonista addirittura Tadej Pogacar. Anzi, lo sloveno è stato importantissimo nell’economia dello sprint stesso. Il corridore della Lidl-Trek ha duellato con Jasper Philipsen, la ruota veloce più forte del momento. Lo scontro tanto atteso è arrivato al dunque. Poi il belga è stato declassato per uno scarto sulla linea d’arrivo, ma poco cambia. Jonny lo aveva sverniciato.

Tappa “tranquilla” nella prima parte in pieno deserto
Tappa “tranquilla” nella prima parte in pieno deserto
Pino: 1.580 watt massimi nello sprint, 1.070 watt medi nei 45” finali e 45,4 chilometri orari. Questi i dati Velon. A te un commento a braccio libero.

Che dire: è andato forte! Molto bravo. Io credo che Milan abbia azzeccato molto bene il rapporto, oltre ad avere un’ottima gamba, questo è ovvio. Ha sfruttato l’agilità.

Quell’agilità che l’anno scorso in qualche occasione gli è stata vicina…

Nonostante fosse salita, aveva davvero un’ottima cadenza. Io credo fosse anche al di sopra delle 100 rpm. E poi ha avuto una grande resistenza. Una resistenza all’acido lattico, tipica di chi va in pista. Ha saputo mantenere a lungo lo sforzo massimale.

Una volata da pistard dunque: che rapporto ha usato Milan?

Secondo me l’ha fatta con un 17 dietro, più o meno. Quindi aveva anche la catena abbastanza allineata, dritta. Un altro piccolo vantaggio: meno attriti, più scorrevolezza. Anzi, è buono che non l’abbia rotta!

Guardate quanto tirava il rettilineo finale. Si è trattato davvero di uno sprint di forza
Guardate quanto tirava il rettilineo finale. Si è trattato davvero di uno sprint di forza
Scherzi…

No, no, davvero… Una volta, quando facevano gli sprint certi “bestioni” o le partenze da fermo, le corone grandi si “sfogliavano”, si aprivano verso l’esterno. La scelta del monocorona ci sta, la condivido.

Milan aveva perso un uomo, si è guardato attorno, poi ecco l’attacco di Pogacar…

Di fatto gli ha tirato la volata. Milan aveva perso il suo uomo e senza Tadej si sarebbe trovato avanti troppo presto. Almeno un centinaio di metri Tadej glieli ha coperti. Milan gli si è messo a ruota e poi gli altri hanno fatto lo sprint dietro di lui. Tutto perfetto.

Quando Pogacar si siede, Milan quasi si ferma e “riparte”…

Tadej si vedeva che non è uno sprinter, era compostissimo ancora. Vero, Milan riparte e credo che il picco di quei 1.580 watt li abbia fatti in quel momento: in quelle 4-5 pedalate e 3”. Ha spinto forte, forte. Nulla da dire.

Persino Pogacar è arrivato con la lingua di fuori. Da ieri Tadej sa che per la Sanremo avrà un rivale in più
Persino Pogacar è arrivato con la lingua di fuori. Da ieri Tadej sa che per la Sanremo avrà un rivale in più
Ieri arrivo che tira forte e Milan che vince lo sprint. Qualche giorno fa in Spagna, alla Valenciana, aveva fatto secondo in cima ad una salita di oltre 2 chilometri, basta ricordare che aveva vinto Buitrago. Cosa significa tutto questo?

Che è in forma. Ma una bella forma, non un picco di pochi giorni: Milan ha una condizione generale molto buona. E questo gli consente di recuperare molto bene questi sforzi.

E questa condizione si può portare fino alla Sanremo?

Dunque alla Sanremo manca circa un mese, se fa le gare giuste io credo proprio di sì.

Il suo calendario dice che dopo UAE Tour farà la Kuurne-Bruxelles-Kuurne, la Tirreno e quindi la Sanremo…

Tutte intervallate di una settimana l’una dall’altra. Direi che è un avvicinamento perfetto. Alla Tirreno deve fare tre volate: prima, seconda e ultima tappa, e poi può gestire gli sforzi. Potrà fare davvero bene. Jonny sta bene… e si vede.

Pino Toni: «Un “nuovo” Casano: tutti uniti per Di Fresco»

27.01.2025
4 min
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Il malore e la corsa in ospedale di Giuseppe Di Fresco hanno portato tutti a stringersi intorno alla sua realtà: il Team Casano. Un post sui social di Pino Toni, che mostra il tesserino da diesse, senza troppi giri di parole racconta di una nuova avventura nata per dare un mano a un amico. Rinvigorita però, così si legge, da un gruppo di ragazzi volenterosi. Gli episodi della vita, spesso mutevoli e incontrollabili, hanno portato a una nuova fase il Team Casano. Rimessi in ordine i pezzi si è pensato subito a come far continuare questa realtà. 

«Lavoravo come preparatore – dice Pino Toni dal suo laboratorio – con il Team Casano dalla scorsa stagione, ruolo che svolgevo anche per altre squadre juniores. Da quando Giuseppe (Di Fresco, ndr) è stato male ho deciso di rimboccarmi le maniche e dare una mano. Lo conosco da più di vent’anni, quando era alla Berti e io ho iniziato a lavorare con lui. Erano i tempi di Damiano Caruso, per intenderci. Abbiamo proseguito insieme anche alla Mastromarco, quando era passato a occuparsi dei dilettanti».

Toni 2022
Pino Toni ha voluto dare una mano a Di Fresco e dal 2025 sarà diesse del Casano
Toni 2022
Pino Toni ha voluto dare una mano a Di Fresco e dal 2025 sarà diesse del Casano

Amicizia e passione

Nel 2024 Pino Toni aveva come ruolo quello del preparatore, ora ha voluto fare un passo in più. Di certo lo ha spinto un sentimento di amicizia, ma non c’è solo questo.

«Del Team Casano – continua – se ne occupava Di Fresco, in toto. Era ed è ancora il faro di questa squadra. E’ andato in giro a cercare sponsor e squadre con cui avviare delle collaborazioni, l’ultima con lo Stabbia. Questa storica società fiorentina rischiava di chiudere, così Di Fresco è andato a parlare con il loro presidente, Benvenuti, e hanno trovato un modo di continuare. Una cosa molto bella, anche perché lo Stabbia farà 50 anni nel 2025. Di Fresco avrebbe portato avanti i compiti di tecnico e manager e aveva messo insieme uno staff di alto livello».

Giueseppe Di Fresco è comunque stato presente al primo ritiro collegiale del Casano
Giueseppe Di Fresco è comunque stato presente al primo ritiro collegiale del Casano
C’è da prendere le redini di una squadra ben formata, come si fa?

Non sarò da solo. Con me ci saranno altri due diesse: Michele Corradini e Alessandro Mansueto. Quest’ultimo è un formatore della Federazione, è siciliano e segue i nostri due ragazzi che vivono lì. Michele Corradini, invece, sta terminando il corso di formazione di terzo livello. 

E’ una squadra ben organizzata?

Assolutamente. Da questo inverno è entrato nello staff un nutrizionista, Matteo Michelotti. Una figura nuova di cui parlavamo Di Fresco e io e che lui ha avuto la prontezza di inserire. 

Durante l’incontro di inizio stagione una prima infarinatura di come funzionerà la squadra nel 2025
Durante l’incontro di inizio stagione una prima infarinatura di come funzionerà la squadra nel 2025
Come sta Di Fresco?

Bene, deve fare attenzione a non caricarsi di lavoro e stress. Ha bisogno di riposare il più possibile e ci vorrà un po’ di tempo. Non è facile nemmeno per noi. Dopo lo smarrimento iniziale si era un po’ persa la bussola. C’è voluto un pochino di tempo per riequilibrare il tutto. Siamo riusciti ad alleggerire la pressione da Di Fresco e distribuirla su tutti. 

Tu cosa farai in più?

Sarò presente con i ragazzi, darò una mano a Corradini nella gestione degli allenamenti e dei dati. Poi ci sarà da curare anche la parte delle corse: prepararle, essere in ammiraglia e curare la strategia. Piano piano capiremo come fare e instaureremo un modo di lavorare, cosa che in parte è già stata fatta. 

Nel 2024 i ragazzi del Casano si sono messi in mostra in diverse gare (foto Fruzzetti)
Nel 2024 i ragazzi del Casano si sono messi in mostra in diverse gare (foto Fruzzetti)
In che modo?

Ho portato il modello che conosco io, quello di una squadra professionistica. Una realtà dove tutti gli impegni sono divisi tra i vari membri dello staff. Sarà difficile, ma vedremo di portare a termine tutti i compiti. Credo che se c’è un posto nel quale provare a fare un progetto in grande sia proprio il Team Casano. 

Si tratta di inserire un modello che sarà poi quello del futuro, anche una volta che Di Fresco sarà tornato.

Certo! Vogliamo far crescere la squadra e renderla professionale, per fare in modo che sia di supporto ai giovani e alla loro crescita. 

Cosa vuol dire professionale?

Che possano nascere delle collaborazioni e che siano continuative. Avere delle risorse per fare investimenti nello staff e nei mezzi