LERICI – Il primo giorno al Giro della Lunigiana è quello della presentazione dei vari team. La sera nella piazzetta di Lerici, affacciati sul mare, sfilano i ragazzi che si daranno battaglia sulle strade di Liguria e Toscana. Tra le tante nazionali invitate c’è anche quella della Colombia, l’unica formazione ad arrivare da così lontano (in apertura foto Duz Image / Michele Bertoloni). I ragazzi della formazione sudamericana si trovano in Europa da qualche mese, sono venuti fino a qui per imparare a correre in competizioni di primo livello. Il team manager della formazione è John Gutierrez, vive in Spagna e il ciclismo lo mastica da parecchio tempo. A lui la Federazione Colombiana ha affidato il compito di lavorare con i giovani e valorizzarli.
«Il Ministero dello sport – racconta John Gutierrez – mi ha chiamato dicendomi che voleva farmi manager del progetto, che coinvolge tre squadre nazionali: juniores, elite/under 23 e femminile. I grandi hanno fatto diverse esperienze in Spagna, Francia, Polonia e qui in Italia. Serviva una persona che conoscesse bene il mondo del ciclismo e quindi è toccato a me mettere insieme tutto. Ho corso fino a juniores, poi una volta smesso sono stato sponsor di diverse squadre giovanili, mi piace formare i ragazzi e insegnarli qualcosa».
Ambientarsi
Attraversare l’Oceano per venire a correre in Europa è un grande passo da fare, ma necessario. Il ciclismo si evolve e cresce velocemente, i ragazzi devono imparare presto quali sono le caratteristiche da apprendere per correre tra i grandi. Prima delle gare, però, c’è da ambientarsi e trovare i propri ritmi. Non è facile farlo a 17 o 18 anni, soprattutto dall’altra parte del mondo.
«E’ stato un cambiamento totale per i ragazzi – ammette il loro team manager – a partire dal fuso orario fino ad arrivare al cibo. Ci hanno messo un po’ per adattarsi, tra i 15 e i 20 giorni, ma ora stanno bene. La cosa “brutta” è che ora devono tornare a casa, iniziavano a stare bene qui in Europa (dice ridendo, ndr)».
I ragazzi come sono stati selezionati?
Abbiamo scelto i profili migliori del nostro Paese, anche perché il Giro della Lunigiana è il Tour de France degli juniores. Basta guardare ai nomi che hanno vinto anche solo una tappa su queste strade. C’è il top del ciclismo mondiale, stiamo parlando di Pogacar, Evenepoel, Mohoric, solo per dirne alcuni.
Che esperienza è stata per loro correre in Europa?
Meravigliosa, tutti i ragazzi che corrono in bici in Colombia vogliono arrivare in Europa. Qui il livello è il più alto al mondo. Il ministero dello sport ha fatto un investimento davvero importante per questi giovani. All’inizio è stato difficile, perché non conoscevano gli avversari e la competizione è alta, serve essere parecchio agguerriti per stare in testa. Finiremo la nostra esperienza qui con il Trofeo Buffoni e poi torneremo a casa con un bagaglio pieno di esperienze. Speriamo in questi ultimi giorni di portare a casa anche qualche risultato.
Venire qui da juniores è dettato anche dai tempi del ciclismo moderno?
Ormai non ha senso aspettare che siano under 23 o elite. E’ bene venire qui da giovani così imparano a fare tutto.
Cosa avete visto confrontandovi con i rivali europei?
C’è da migliorare e crescere, ma non solo i ragazzi, anche la Colombia stessa sia come staff che come strutture. Il nostro Paese ha perso un pochino il passo rispetto agli anni precedenti. Ci sono tanti corridori professionisti ma non perché si sta lavorando alla base, spiccano per loro qualità individuali.
Manca il lavoro di costruzione?
E’ quello che stiamo cercando di fare ora. Il primo passo è stato fatto e vedremo più avanti. L’obiettivo sarebbe quello di avere una struttura fissa in Europa, come si faceva un tempo.
L’investimento iniziale però c’è stato, immaginiamo che i costi siano stati elevati per venire qui diversi mesi.
Il Ministero ha fatto quel che ha potuto ed è tanto. Il volo, l’alloggio, il cibo, la logistica… Insomma, vivere due mesi qui non è gratis (ride, ndr). Non avendo una struttura fissa siamo stati in hotel ogni volta, spostandoci in base alle corse. Questo è il mio lavoro, occuparmi di tutto e dare il giusto supporto ai ragazzi. In passato non si è sempre lavorato in maniera così metodica, per questo abbiamo perso tempo e soldi. Ora abbiamo voglia di ricostruire.