Patxi Vila, il ritorno alla Bora e il valore del diesse moderno

26.04.2024
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SALORNO – Gli ultimi dubbi sono stati sciolti e forse per la Bora-Hansgrohe la scelta della formazione che sarà al via del Giro d’Italia è stata ulteriormente obbligata. L’idea di chi portare alla Corsa Rosa era già abbastanza chiara da tempo, ma l’investimento di Lennard Kamna da parte di un automobilista ad inizio aprile mentre era a Tenerife per fare altura sul Teide – curiosamente proprio lo stesso giorno in cui Roglic cadeva violentemente al Giro del Paesi Baschi – ha rimescolato le carte per la generale.

Il 27enne tedesco, vincitore della tappa sull’Etna nel 2022, avrebbe dovuto dividere i gradi di capitano col colombiano Dani Martinez, che ora potrebbe avere Schachmann come vice, mentre per le volate si dovrebbe puntare su Welsford. Al Tour of the Alps, la Bora-Hansgrohe ha portato corridori più di sacrificio che prime punte, riuscendo a mettersi in mostra col secondo posto di Gamper nella seconda frazione vinta da De Marchi. A margine di tutto ciò abbiamo fatto una chiacchierata con Francisco Javier (per tutti “Patxi”) Vila, ritornato nel team tedesco dopo quattro stagioni alla Movistar. Abbiamo fatto un piccolo excusus sulla sua idea di essere direttore sportivo.

Kamna doveva essere il capitano per il Giro, ma l’incidente a Tenerife ha obbligato il team a rivedere i piani
Kamna doveva essere il capitano per il Giro, ma l’incidente a Tenerife ha obbligato il team a rivedere i piani

In ammiraglia

Per molti tecnici ci sono diversi modi di guidare una formazione. Il più diretto è quello in auto, da dentro la corsa. Patxi Vila è rientrato alla Bora e sembra che il tempo non sia passato.

«Quest’anno – racconta il 49enne diesse, nativo di Hondarribia – ho avuto la chiamata da Ralph (Denk il general manager, ndr) perché Rolf (Aldag il capo dei diesse, ndr) aveva bisogno di un direttore sportivo in più. Mi mancava essere di nuovo in ammiraglia. Faccio anche parte dello sviluppo delle cronometro. La squadra è molto buona, mi sto trovando molto bene e sono contento. D’altronde era un ambiente che conoscevo già».

Nuove indicazioni

Al Tour of the Alps gli uomini di classifica erano Higuita e Palzer, ma la trasferta tra Austria e Trentino-Alto Adige non ha espresso grandi risultati finali. E contestualmente la caduta di Roglic ai Paesi Baschi non ha creato nessun effetto domino in vista del Giro. I programmi di inizio anno per le grandi corse a tappe restano immutati, come ci aveva anticipato Gasparotto.

Per Patxi Vila (qui con Sagan nel 2017) la figura moderna del diesse deve avere competenze su tanti aspetti
Per Patxi Vila (qui con Sagan nel 2017) la figura moderna del diesse deve avere competenze su tanti aspetti

«Ultimamente siamo stati molto sfortunati», prosegue Vila. «Al TotA saremmo dovuti venire con Kamna in preparazione del Giro, ma considerando ciò che gli è occorso, abbiamo dovuto rivedere i nostri obiettivi e prendere altre decisioni. Infatti non c’era molta gente che farà il Giro (ad oggi solo Koch, ndr). Inoltre già alla prima tappa abbiamo perso Herzog, perché ha pagato una condizione calante ed un sovrannumero di gare. Certo che l’incidente a Lennard non ci voleva, in primis per lui. Si sta riprendendo bene e questa è la cosa più importante».

Tuttavia una gara come il TotA o il Romandia a ridosso del Giro può dare diverse indicazioni. «Dipende tanto – riprende – da cosa si intende per preparazione nelle varie squadre. C’è chi preferisce non correre troppo per arrivare più fresco, chi invece vuole fare un bel blocco di gare, magari con salite lunghe per capire meglio il proprio stato di forma. E’ come se usasse quelle gare come allenamento».

Dani Martinez dovrebbe curare la generale del Giro per la Bora, con Schachmann in seconda battuta
Dani Martinez dovrebbe curare la generale del Giro per la Bora, con Schachmann in seconda battuta

Il diesse moderno

Ogni diesse ha il proprio stile e Patxi Vila non sa come autodefinirsi, però le idee sono chiare. «Forse sono la persona meno indicata per farlo – continua – posso dire che la nostra figura sta cambiando, come tutto il ciclismo, e deve adattarsi. Adesso penso che ci vogliano direttori sportivi con attitudini che prima non avevano: bisogna essere più ricercati e tecnici. Per la verità va detto che ora nel ciclismo si è pianificato tutto, con ruoli ben definiti. Una volta c’era solo il massaggiatore, ora c’è anche il fisioterapista. Una volta i metodi di recupero lasciavano il tempo che trovavano. Adesso c’è il mental coach.

«Il diesse moderno – spiega Vila – deve saper fare una presentazione della tappa sul bus oppure interpretare i dati degli atleti. Deve avere competenze su tutte queste materie per andare incontro a tutte le esigenze del corridore. Personalmente mi trovo a mio agio, ma ho avuto la fortuna di sedermi su tutte le sedie, da corridore a capo preparazione come alla Movistar. E’ stato tutto utile per la mia formazione e lo sto mettendo in pratica».

La responsabilità delle volate al Giro dovrebbero ricadere su Sam Welsford, già tre successi in stagione
La responsabilità delle volate al Giro dovrebbero ricadere su Welsford, già tre successi in stagione

Tutto in pochi secondi

Colui che deve finalizzare tutto il lavoro della squadra è proprio il direttore sportivo, in gara di farlo in modo quasi istantaneo nonostante la pressione. L’errore ci può stare e non è un reato ammetterlo.

«Adesso – chiude Patxi Vila – ho la fortuna di lavorare con tutte queste figure, sentire l’opinione di tutti e poi prendere la decisione finale. Noi diesse abbiamo obblighi e responsabilità. Le gare hanno tante evoluzioni e non sempre vanno come avevi previsto. Basta avere l’umiltà di alzare la mano e dire che hai sbagliato. Si è squadra nel bene e nel male.

«E’ fondamentale la fiducia nei propri mezzi, ma anche nei mezzi dei tuoi corridori e dello staff di persone che hai intorno. Col senno di poi diventa facile per tutti ripensare a quali decisioni prendere, però in quei momenti abbiamo davvero pochi secondi. Noi la prendiamo sempre pensando che sia la migliore, poi le cose vanno come vanno».

Maturità, costanza, Tour: gli obiettivi 2023 di Mas

03.01.2023
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Ancora secondo alla Vuelta, al Giro di Lombardia e re indiscusso al Giro dell’Emilia. Enric Mas si è  consacrato tra i grandi. Lui è l’esempio dell’ottimo corridore, anzi del campione, che matura gradualmente e che si avvicina all’apice anno dopo anno. Peccato per lui che sia nell’era dei Pogacar, degli Evenepoel, dei Bernal e probabilmente anche degli Ayuso.

Ma lui c’è. Continua a battere il ferro. E fa bene. Non è detto che non possa crescere ancora e non è detto che i suoi rivali siano infallibili. Alla ruota di Evenepoel sulle salite della Spagna ha sviluppato dei wattaggi che mai aveva toccato in precedenza. Motivo di fiducia. Una fiducia che infatti aveva negli occhi sul San Luca poche settimane dopo.

Enric Mas e Tadej Pogacar nella lotta al Giro di Lombardia. Tadej non lo ha staccato in salita, ma lo ha battuto in volata
Enric Mas e Tadej Pogacar nella lotta al Giro di Lombardia. Tadej non lo ha staccato in salita, ma lo ha battuto in volata

Vila sponsorizza Mas

E uno dei suoi tecnici, Patxi Vila, sembra essere dello stesso parere. A 28 anni (li compirà fra quattro giorni), il corridore della Movistar è chiamato al definitivo salto di qualità. Più che la prestazione ciò che gli manca è forse la costanza.

«Enric – ha detto Vila qualche giorno fa a Marca – è salito tre volte sul podio di un grande Giro. Credo che a 28 anni sia arrivato il suo momento. Alla fine è stato l’unico a lottare ancora con Pogacar a fine stagione».

Questo è vero: Mas a fine stagione stava lottando con Pogacar al Lombardia, peccato solo che nel frattempo Tadej avesse vinto altre quattro corse WorldTour (tappe escluse) e “fallito”, con due virgolette grosse così, il Tour de France. 

«Però adesso – continua Vila – Enric è maturo ed è il suo momento. Ha già dimostrato di poter stare con i migliori. E non è qualcosa che pensiamo possa succedere, ma è qualcosa che è già successo. Noi ne siamo certi».

Le parole di Vila cozzano, e neanche poco, con quelle che questa estate aveva detto Unzue. Il patron assoluto della Movistar aveva detto che Mas non era in grado di essere un leader dopo il ritiro dal Tour, per Covid, e l’ennesima caduta. 

Però dopo qualche giorno di riposo e dopo aver serrato i ranghi, Unzue e Mas si sono risollevati alla grande proprio con il podio della Vuelta. E lo hanno fatto in un periodo di massimo stress con la Movistar messa malissimo per quel che concerneva la classifica UCI. Segno che l’atleta c’è anche dal punto di vista psicologico. Ha ormai acquisito delle certezze, un suo equilibrio.

Enric Mas (classe 1995) durante la presentazione della Movistar lo scorso dicembre (foto Movistar – Instagram, come in apertura)
Mas (classe 1995) durante la presentazione della Movistar lo scorso dicembre (foto Movistar – Instagram, come in apertura)

Enric convinto

E questa certezza deve essere anche nella testa di Mas stesso. Qualche giorno fa, durante la presentazione del team ha ribadito la sua voglia di fare bene, di sentirsi maturo e pronto a cogliere l’eredità di Valverde, ben sapendo che la strada per eguagliare Alejandro è pressoché infinita.

«Valverde – ha detto Mas – è stato un grande campione. Anche al di fuori della bici. Si vedeva da come trattava le persone e dal modo in cui si comportava con gli altri. Io ho provato ad imparare il più possibile da lui e spero di crescere come lui».

E per essere sulle orme di Valverde, Enric ha anche prolungato il contratto con la Movistar a lungo “casa” di Alejandro, fino al 2025. Le basi sembrano esserci tutte.

Mas è caduto alla Tirreno, al Delfinato (in foto) e prima di fermarsi al Tour aveva vissuto di alti e bassi che avevano spazientito anche Unzue
Mas è caduto alla Tirreno, al Delfinato (in foto) e prima di fermarsi al Tour aveva vissuto di alti e bassi che avevano spazientito anche Unzue

Rotta sul Tour

Unzue, Vila e Mas hanno gettato dunque le basi per la prossima stagione, ma il calendario di Enric sarà molto, molto simile a quello della stagione appena conclusa. Il 2023 di Enric infatti passerà dal Tour de France e dalla Vuelta e in primavera dalla Tirreno-Adriatico e dalla Liegi. 

«Il Tour è la corsa più importante – ha detto Mas – e bisogna esserci, mentre la Vuelta magari sarà la volta buona per vincerla. Io lavorerò per questo». 

Infine, non è mancata una battuta sul Giro d’Italia, al quale Mas non ha mai preso parte: «Da fuori, mi sembra una corsa splendida. I corridori che ci sono andati ne parlano benissimo. Quando vedo le immagini, mi dico che un giorno dovrò esserci. Ma ho ancora molti anni davanti».

Movistar Team, parla Sciandri: «E’ un periodo di transizione»

22.02.2022
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Maximilian Sciandri è giusto di ritorno da un sopralluogo sul Monte Carpegna, che si scalerà due volte nel corso della sesta tappa della Tirreno-Adriatico. Il direttore sportivo ci parla della sua squadra, la Movistar Team. L’ha già guidata in gara in questa stagione, a partire dalla Valenciana.

Lo storico gruppo di Eusebio Unzue sta vivendo un momento di transizione. In autunno parlammo dell’addio di uno dei suoi direttori sportivi storici, Arrieta, e degli altri cambi nella dirigenza tecnica. Senza contare il viavai di campioni nel corso di questi ultimi anni. Sono andati via Nairo Quintana, Miguel Angel Lopez e Mikel Landa ed arrivato Enric Mas. Mentre il punto fermo resta Alejandro Valverde.

La schiera di giovani però non manca. Su 29 atleti, 16 hanno meno di 27 anni e in cinque potrebbero ancora correre con gli under 23.

Maximilian Sciandri (classe 1967) è alla Movistar dal 2019
Maximilian Sciandri (classe 1967) è alla Movistar dal 2019
Max, che ci facevi sul Carpegna?

Alla Tirreno ci sarà Mas e vuole fare bene. Io il Carpegna non lo ricordavo bene. Lo avevo fatto ad un GiroBio e ad una Coppi e Bartali e così sono partito da casa per andarlo a ripassare. 

Che era sta vivendo la Movistar?

É un momento di cambiamento. Noi crediamo molto in Enric Mas e quest’anno stiamo pensando ad un approccio diverso ai grandi Giri. Un modo di correre meno attendista e più d’attacco, cosa che non ha mai fatto. Cercherà di proporsi un po’ di più, ma dirlo è una cosa, farlo è un’altra. E poi c’è il mitico Valverde, che tra l’altro ha già vinto, che smetterà a fine stagione.

Eterno Alejandro…

Oltre a Mas e Valverde, c’è poi una lunga schiera di giovani, guidati da Ivan Cortina, Alex Aranburu e Ivan Ramiro Sosa: tutti loro hanno potenzialità che per un motivo o per un altro non sono riusciti ad esprimere. Ma il nostro periodo di passaggio passa anche per l’arrivo di Patxi Vila e per la sua figura di performance manager. Lui ha portato tre preparatori e un nutrizionista con la sua “etichetta” e questo per noi è un qualcosa di nuovo. 

Annemiek Van Vleuten vittoriosa alla Comunitat Valenciana Feminas
Annemiek Van Vleuten vittoriosa alla Comunitat Valenciana Feminas
Un qualcosa ormai d’imprescindibile nel ciclismo moderno…

Sì, e poi abbiamo anche la squadra femminile. Una squadra molto importante e che ha già vinto. Una squadra in cui milita la Van Vleuten e questo la dice lunga sul fatto di voler investire da parte del team.

Squadra rimaneggiata, per certi aspetti nuova, ma come si trovano gli stimoli quando in gruppo non ci sono Mas o Valverde?

Ogni diesse ha la sua storia, il suo modo di fare e a me piace essere realista. Se al via di una Sanremo ci sono Alaphilippe, un Sagan in forma e un Van der Poel, non vi dico che siamo limitati, ma è molto probabile che lotteremo per un piazzamento… e neanche troppo alto. E allora si cerca qualcosa di diverso. Si cerca una fuga. So che è poco e questo non vuol dire che ci accontentiamo, però senza il leader di punta ti devi arrangiare e trovare stimoli in altri modi.

Domanda che abbiamo fatto più volte anche ad altri tuoi colleghi con corridori simili: ma un Mas, che tra l’altro è spagnolo, perché non punta forte sul Giro che può vincere e poi alla Vuelta? Tolti i tre tenori, che poi dopo l’incidente di Bernal quest’anno sono due, ci sono lui e Carapaz appena dietro…

Vero, Mas tiene molto bene alla distanza e con la defaillance di un corridore potrebbe cogliere un podio importante e andare un po’ oltre le aspettative. Però il Tour è il primo obiettivo. In passato, con altri sponsor, la Movistar lo ha anche vinto e resta centrale. La Vuelta invece è il secondo essendo un team spagnolo. Al Giro ci verremo con Valverde. Lui si divertirà…

Alejandro Valverde (a sinistra) ed Enric Mas sono i leader della Movistar
Alejandro Valverde (a sinistra) ed Enric Mas sono i leader della Movistar
Valverde che si diverte ci crediamo poco!

Nel senso che vedremo come andrà, come cercherà di dare caccia alle tappe o a quel che vorrà. Correrà in modo spensierato. No, no… so bene che Alejandro va alle corse per vincere. “Killer” come lui ce ne sono pochi. Ho lavorato con Gilbert che è simile e averli in squadra è una lezione di vita.

Avete preso il tedesco Max Kanter per le volate, bravo ma non uno sprinter di primissimo ordine… Non c’è proprio l’idea del velocista in questo gruppo?

No! Non appartiene a questo gruppo. Non c’è nella testa, nelle radici. Io credo che Eusebio (Unzue, ndr) non sacrificherebbe mai una classifica a squadre per un velocista. Poi magari mi sbaglio…

Intendi proprio la classifica a squadre nei grandi Giri, quella per tempi?

Sì quella. Ci tiene particolarmente.

Eppure con le nuove regole del WorldTour quest’anno quasi tutti i team si sono rinforzati col velocista…

In tanti lo hanno preso. Sono bricioline, ma alla fine anche quelle vanno bene per fare punti. Ma Eusebio ci tiene troppo a fare classifica nei grandi Giri.

Aranburu alla prese con i test pre-stagionali (da Instagram – Photogomezsport)
Aranburu alla prese con i test pre-stagionali (da Instagram – Photogomezsport)
Max, prima hai citato Sosa: che programmi avete per lui?

Nel dettaglio non ricordo, ma i suoi appuntamenti più importanti sono la Tirreno-Adriatico e il Giro d’Italia. E più in là, la Vuelta. Sosa è un ragazzo davvero interessante. Lui magari alla Ineos-Grenadiers aveva le ali un po’ tarpate, aveva voglia di cambiare.

E poi ci sono Gorka Izaguirre e Alex Aranburu: con loro si può pensare anche alle classiche del Nord?

Izaguirre è già stato in questo team. E’ un uomo di esperienza, di fondo. Puoi farlo tirare in salita e poi ritrovartelo nel fondovalle successivo. E’ scaltro. Insomma lo puoi utilizzare in un sacco di modi. E Aranburu è un buon corridore. E’ veloce negli arrivi ristretti. Per crescere dovrebbe approfittare della vicinanza con Valverde, magari è uno stimolo in più per lui. E lo stesso discorso vale per Ivan Cortina.

Perché?

Perché anche Ivan doveva fare di più, ha un buon potenziale e ancora non si espresso al massimo. Insieme ad Aranburu potrebbe avere degli stimoli in più. Per quel che riguarda le classiche del Nord che dire: io manco da lassù dai tempi della Bmc e in 3-4 anni non ho la progressione del gruppo sottomano per valutare davvero le possibilità di questi nostri corridori. Insomma avere il polso della situazione, perché abbiamo visto che progressioni ci sono ogni anno, che incrementi di prestazioni. Si è visto come affrontano i grandi Giri, ma anche le piccole corse a tappe ormai. Per ora, quel che posso dire è che spero che Aranburu possa fare bene.

Movistar dà il benservito ad Arrieta e volta decisamente pagina

27.10.2021
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Alla Movistar qualcosa non va più come una volta e la scelta di non confermare Arrieta sull’ammiraglia lascia intravedere qualche crepa. Oppure, più semplicemente, quel clima da famiglia felice che si era creato negli anni di Echavarri e Indurain, col tempo si è disgregato. Attorno a Unzue e Valverde sono via via arrivati e ripartiti corridori con una rapidità sorprendente, da Landa a Lopez passando per Carapaz, mentre le immagini della serie Netflix dedicata al team hanno svelato un clima interno che appare tutto fuorché sereno. 

Arrieta è stato diesse della Movistar negli ultimi dieci anni
Arrieta è stato diesse della Movistar negli ultimi dieci anni

Addio Arrieta

L’ultima spallata su cui in Spagna ci si interroga è l’allontanamento dai quadri del tecnico di San Sebastian, storico gregario di Indurain e direttore sportivo degli ultimi dieci anni.

«Per me personalmente – ha commentato Unzue – è stata una decisione molto dura, ma che abbiamo dovuto prendere per il bene della squadra».

Tuttavia, proprio andando a rivedere gli episodi di quella serie, si intuisce come alcune decisioni dell’ammiraglia nel tempo abbiano esposto la squadra a figuracce facili da evitare semplicemente usando la testa. Come aver rincorso Carapaz alla Vuelta del 2020 per il semplice gusto della ripicca, favorendo altri e non portando a casa nulla.

Continuo chiaroscuro

I diretti interessati non parlano, ma la Spagna del ciclismo è rimasta colpita dalla scelta, dato che con Arrieta se ne va una bella fetta di quella radice navarra su cui la Banesto e la sua discendenza avevano costruito la loro immagine. Questo non significa, tuttavia, che si sia trattato di un arbitrio. Proprio perché nel team refrattario ai colpi di testa, l’allontanamento di una figura così chiave fa pensare che in qualche modo la misura fosse colma.

Arrieta non ha seguito la squadra alla Vuelta e già questo poteva far pensare che il suo futuro non passasse più per quei colori, anche se l’esito della corsa spagnola è stato un continuo chiaroscuro, con il secondo posto di Mas e il ritiro di Lopez che in qualche modo ha oscurato il risultato del compagno.

Una minicamera Netflix in ammiraglia ha raccontato le decisioni più controverse di Arrieta, qui con Unzue
Una minicamera Netflix in ammiraglia ha raccontato le decisioni più controverse di Arrieta, qui con Unzue

Proprio nei giorni scorsi, il colombiano ha detto di essere tornato all’Astana perché non aveva la sensazione di essere gradito nella squadra spagnola, mentre un altro pezzo da novanta come Soler ha preso la direzione del UAE Team Emirates. Nella Movistar di cui si diceva sempre un gran bene, non si riesce più a mettere radici…

Da Vila a Piepoli

Di certo l’ultima è stata la peggior stagione della squadra da molti anni a questa parte. Nel frattempo, passaggio che forse ha portato in evidenza le eventuali responsabilità di Arrieta o i suoi limiti, in squadra lo scorso anno è arrivato Patxi Vila come capo dei preparatori. E se inizialmente il suo era un ruolo dietro le quinte, per estrazione e capacità, la sua traiettoria si è incrociata sempre più di frequente con quella del direttore sportivo. Ugualmente su Netflix, le osservazioni del basco sulla seconda ammiraglia in occasione di alcune scelte tattiche parlano ora più di mille parole. Perciò il Team Movistar va avanti con lui, con Garcia Acosta, Pablo Lastras, Max Sciandri e José Luis Jaimereña. Mentre si può finalmente dire che sul fronte della preparazione, nel team spagnolo lavora già da un paio di stagioni Leonardo Piepoli. Il pugliese, che ha da tempo fatto pace e ammenda per il passato e allena fior di corridori, proprio in questi giorni ha partecipato al primo ritiro della squadra.

Facce nuove

Fra i nuovi arrivi, si segnalano quello di Aranburu dall’Astana e di Ivan Sosa dalla Ineos. Torna dopo vent’anni il “dottorino” Josè Ibarguen finora alla Deceuninck-Quick Step, mentre ancora dall’Astana arriva Ivan Velasco, esperto di meccanica, biomeccanica e sviluppo dell’aerodinamica.

Una svolta decisa che parla di equilibrio da ritrovare e della necessità di mettersi al passo con i team concorrenti che da anni hanno puntato sullo sviluppo tecnologico e la continua ricerca della prestazione. A fronte di una Movistar che per anni e anni si è aggrappata alle prestazioni di Valverde e alle classifiche a squadre di grandi Giri: obiettivo certo di prestigio, ma che poco infiamma il pubblico.