Coach Malori e il piano B che sta andando alla grande

25.11.2023
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BASILICANOVA – Parma dista una ventina di minuti, dietro le colline là in fondo c’è una valle incantata in cui vengono prodotti i prosciutti migliori. Lo studio di 58×11 di Malori lo riconosciamo dalla vetrina e difficilmente lo dimenticheremo, dato che prima di ripartire un vigile ha pensato bene di regalarci una multa per il verso sbagliato nell’uscire dal parcheggio. Colpevoli, bisogna ammetterlo, ma lui è stato inflessibile.

Dopo la solita raffica di battute, Malori fa da guida (in apertura con Fabrizio Pasolini e Nicola Percivaldi, i titolari di Regola Bikes, di cui Malori è testimonial). L’ambiente è dominato da alcune sue foto da corridore. Lo capisci da ogni parola che il discorso interrotto da quell’incidente del 2016 in Argentina continui a galleggiare nell’aria. La sua seconda vita richiede ugualmente abnegazione e impegno e in breve il campione del mondo 2008 della crono U23 si è costruito una posizione. Preparatore per gli amatori, ma anche per gli juniores della Nial Nizzoli, perché un piede nel ciclismo agonistico continua a tenerlo, in prospettiva che magari qualche squadra più grande un giorno venga a bussare alla sua porta. Intanto la sua esperienza la… sfruttiamo noi, con i tanti e bellissimi approfondimenti su quel che succede nel gruppo.

«Sono partito a fare questo mestiere – racconta – nel settembre 2017. Prima lo facevo da un meccanico poi nel 2018 mi sono messo in proprio. E dopo un periodo in un altro centro, mi sono trasferito qui. Non ci avrei mai pensato, senza quell’incidente. Finché ho corso, anche per l’ultima gara, non ho mai voluto considerare un piano B. Volevo soltanto tornare a correre. Invece il giorno che ho smesso, eravamo a Ponferrada, sotto strada c’era un bar. Ho bevuto un paio di birre e ho chiamato Zabala, il mio allenatore di allora alla Movistar».

Nello studio di 58×11 si riconoscono le maglie delle società con cui collabora, ma anche tante delle sue
Nello studio di 58×11 si riconoscono le maglie delle società con cui collabora, ma anche tante delle sue
Cosa dovevi dirgli?

Poche parole. Gli ho detto: «Insegnami a fare il preparatore, perché è l’unico modo per non disperdere il mio background». Mi venne in mente che fosse il modo migliore per passare agli altri il bagaglio tecnico che non avevo potuto sfruttare a causa dell’incidente.

Il fatto di chiamarsi Malori funziona come richiamo?

Sicuramente sì. All’inizio molti venivano chiaramente attratti dal nome. Adesso viene gente anche da fuori, perché hanno sentito parlare di come lavoro. E questo lo trovo molto gratificante.

Hai abbandonato la biomeccanica, spostandoti sulla preparazione?

Continuo a fare entrambe, ma il training è la parte dove sono più forte: quando alleno un ragazzo, mi immedesimo in lui e cerco di immaginare i lavori che gli do, come se dovessi farli io. Come mi sento. Le sensazioni in base al freddo e al caldo. I percorsi su cui andrà a lavorare, perché il mio lavoro mi ha dato la fortuna di conoscere i percorsi in tutta Italia. Quindi posso dare indicazioni a un cliente dal Trentino al Piemonte, l’Umbria, la Sicilia, la Puglia. Dovunque il ciclismo mi abbia portato.

Sua moglie Giorgia e la piccola Elettra: così la vita è ripartita alla grande e col cuore caldo
Sua moglie Giorgia e la piccola Elettra: così la vita è ripartita alla grande e col cuore caldo
Quando si apre un centro come questo, si lavora con i corridori, ma anche con gli amatori. Cosa cambia?

Infatti alleno per la maggior parte degli amatori. Poi ho un buon bagaglio di under 23, di juniores e qualche ragazza che corre in squadre continental. L’importante è avere ben chiare le differenze, che ci sono e sono consistenti. Non tanto sui lavori singoli, ma certo cambia tanto il recupero. Se un ragazzo di una continental è capace di fare un lavoro di intensità per tre giorni di fila, un amatore riesce a farlo una sola volta e poi ha bisogno di recupero. La capacità del preparatore sta nell’essere bravo a calibrare tutto.

I tuoi juniores invece di cosa hanno bisogno?

Di poche parole e soprattutto chiare. Oltre all’aspetto atletico, cerco di tenerli sulla corda a livello motivazionale. Vorrei che corressero senza subire la corsa, pensando piuttosto a come mettere in difficoltà gli avversari.

Malori va ancora in bicicletta: un paio d’ore per volta e sempre a tutta
Malori va ancora in bicicletta: un paio d’ore per volta e sempre a tutta
Hai parlato del tuo background e infatti sei testimonial di un’azienda di bici, un’altra di plantari, casco, occhiali. Diciamo che la tua esperienza è apprezzata, no?

E questo mi fa molto piacere. Essere considerato nell’ambiente, nonostante siano quasi 10 anni che ho smesso. Per il resto continuo ad andare in bici, un paio d’ore per volta e sempre a tutta. Non mi piace passeggiare, nonostante tutto, sulla bici ho sempre amato andare veloce. Volevo diventare il corridore più forte del mondo, mi sono fermato prima di poterci provare davvero.

Da Parma parte la nuova mobilità sostenibile di Decathlon

18.09.2023
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PARMA – Il 2023 di Decathlon Italia si sta rivelando davvero speciale. Recentemente la filiale del brand transalpino ha festeggiato i suoi “primi” 30 anni di presenza in Italia. Si è trattato di un traguardo importante celebrato con un incontro avvenuto a maggio a Milano con i media e una piccola, ma importante, rappresentanza degli oltre 8.000 collaboratori che attualmente lavorano per Decathlon in Italia. L’incontro ha permesso all’azienda di raccontare quanto fatto in questi primi 30 anni di attività nel nostro Paese. 

Nei giorni scorsi in un altro incontro, questa volta dedicato alla sola stampa, Decathlon ha presentato a Parma il suo primo Mobility Store, inaugurato lo scorso 1° settembre. Un nuovo concetto di negozio Decathlon all’insegna della mobilità sostenibile. Ad accompagnare i giornalisti alla scoperta del nuovo store sono stati Cecilia Miraglia, Store Manager Decathlon Parma e Mobility Manager, Dorothee Monsigny, Circular Economy Manager Italia e Mauro Simone, Area Manager.

Quello di Parma è un negozio Decathlon nuovo, dedicato alla mobilità sostenibile
Quello di Parma è un negozio Decathlon nuovo, dedicato alla mobilità sostenibile

Parma location perfetta

Il nuovo Mobility Store di Decathlon si trova all’interno del parco commerciale La Galleria, a soli 5 minuti dal centro di Parma, e rappresenta un ulteriore passo nell’impegno di Decathlon per promuovere uno stile di vita attivo, sostenibile e accessibile a tutti. 

La scelta di Parma come location è tutt’altro che casuale. Stiamo infatti parlando di una città dove fitness e mobilità dolce sono assoluti protagonisti. Secondo i dati dell’Osservatorio Città Sostenibile Italia, Parma è la quinta città più “eco-mobile” d’Italia ed è al 10° posto per la presenza di piste ciclabili. Tutto ciò conferma un interesse sempre maggiore da parte dei cittadini di Parma per soluzioni di mobilità alternative.

Da sinistra Cecilia Miraglia, Dorothee Monsigny, Mauro Simone
Da sinistra Cecilia Miraglia e Dorothee Monsigny

Un Decathlon “diverso”

Insegna, colori e arredamento sono quelli tipici di un negozio tradizionale Decathlon. Entrando si nota però subito una differenza importante rispetto agli altri punti vendita del marchio francese. Non ci troviamo infatti in un negozio dedicato a tutte le discipline sportive, ma in uno store, anzi in un Mobility Store, dedicato esclusivamente alla mobilità sostenibile.

All’interno dei suoi 300 metri quadri troviamo prodotti e accessori per bici e monopattini, tra cui abbigliamento, caschi, guanti, oggetti di segnalazione, idratazione e molto altro. Il tutto per garantire sicurezza e comfort durante l’attività sportiva. 

A proposito di biciclette, nel nuovo Mobility Store sono disponibili fisicamente alcune biciclette ideali per viaggiare non presenti negli altri store Decathlon, ma che qui si possono vedere dal vivo.

All’interno del negozio ci sono delle aree adibite alla manutenzione, riparazione e noleggio delle bici
All’interno del negozio ci sono delle aree adibite alla manutenzione, riparazione e noleggio delle bici

Formazione ad hoc

Uno dei punti di forza del Mobility Store di Parma è sicuramente rappresentato dall’officina che offre diversi servizi improntati a prolungare il ciclo di vita delle biciclette: dalla regolazione del cambio alla sostituzione della camera d’aria, alla manutenzione dei freni e tanto altro ancora. 

Il personale dell’officina e più in generale quello operativo nello store ha ricevuto una formazione aggiuntiva rispetto a quella destinata agli addetti di un normale store Decathlon. L’obiettivo che si è voluto raggiungere è stato quello di formare personale in grado di rispondere in maniera ancor più approfondita a qualsiasi tipo di domanda possa essere posta dal cliente.

Da novembre inizieranno anche dei corsi gratuiti per insegnare ai clienti come prendersi cura della propria bicicletta. In questo modo il nuovo store si propone di diventare anche un punto di incontro “vivo” per tutta la città di Parma

Fra le tante opportunità offerte dal Mobility Store di Parma segnaliamo un comodo servizio di noleggio e la possibilità di assicurare la bicicletta appena acquistata. 

Tramite il Decathlon Mobility Store è inoltre possibile ordinare qualsiasi articolo non disponibile in negozio, garantendo la consegna a domicilio o in un punto di ritiro in tempi rapidi. 

Chiudiamo con le parole di Cecilia Miraglia, Store Manager Decathlon Parma e Mobility Manager rilasciate in occasione dell’inaugurazione del Mobility Store:  «Questa apertura – ha dichiarato – rappresenta un passo importante nella strategia di Decathlon: attraverso la nostra offerta vogliamo attivare tutti alle meraviglie dello sport, accompagnando allo stesso tempo gli sportivi e le sportive verso l’adozione di buone pratiche quotidiane che limitino l’impatto sull’ambiente». 

Decathlon

Gravel Gourmet: dove i pedali incontrano il gusto

09.03.2022
3 min
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La bici come un’esperienza da godersi a tutto tondo, questo è l’obiettivo alla base del progetto Gravel Gourmet. Un’avventura con alla base i pedali e il piacere di godersi la natura ed i paesaggi che solo la cornice delle valli parmensi può offrire. Un evento organizzato da Happy Trail MTB: si tratta della prima edizione e si svolgerà il 21 ed il 22 maggio.

Due giorni di gravel all’insegna della scoperta di nuovi percorsi
Due giorni di gravel all’insegna della scoperta di nuovi percorsi

Accessibile a tutti

Un ciclismo accessibile a tutti, nella disciplina che più di tutte unisce natura, pedali ed il piacere della scoperta. A tutto ciò si unisce anche il piacere della degustazione di prodotti tipici delle valli parmensi. Prodotti di pregio firmati da chef, produttori e ristoratori, il tutto all’insegna dell’autenticità. 

«Il territorio delle valli di Parma – afferma la Vicepresidente dell’Unione Pedemontana Parmense con delega al turismo, Maristella Galli – è conosciuto come un’eccellenza dal punto di vista culinario, ma c’è tanto altro da scoprire. Con Gravel Gourmet vogliamo raccontare anche le bellezze paesaggistiche e architettoniche di quest’area, perle ancora inesplorate da tanti, che si uniscono a percorsi gravel stupendi, natura incontaminata, buona cucina e la tipica ospitalità dell’Emilia-Romagna, che saprà offrire comfort, sicurezza e servizi per un’esperienza indimenticabile».

Non mancheranno anche le pause per assaporare i prodotti del territorio parmense
Non mancheranno anche le pause per assaporare i prodotti del territorio parmense

Pedalare in libertà

Nella due giorni, Gravel Gourmet proporrà diversi percorsi pensati per atleti di qualsiasi livello, si passerà con nonchalance da sterrato ad asfalto e viceversa. Sabato 21 maggio verranno proposti due percorsi ad anello: il primo, da 52 km con partenza da Traversetolo ed arrivo a Guardasone, presso l’azienda vitivinicola Oinoe, la città del vino. Per i più volenterosi si potranno aggiungere altri 30 km per un percorso da 82 km totali. 

Tanti tracciati alla portata di tutti, e per chi lo desidera ci sarà anche un po’ di sana competizione
Tanti tracciati alla portata di tutti, e per chi lo desidera ci sarà anche un po’ di sana competizione

Il secondo giorno, domenica 22 maggio, i percorsi a disposizione degli appassionati saranno tre. Il più corto misura 50 km con un dislivello di 800 metri, il secondo da 80 km e 1200 metri di dislivello ed il terzo da 125 km e 2480 metri di dislivello. In quest’ultimo percorso ci saranno dei tratti cronometrati per “accendere” una sana competizione tra compagni di avventura.

Gravel Gourmet

Pinazzi, voglia di vincere e zero voli pindarici

07.02.2022
5 min
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La pressione lui l’ha sempre gestita bene. Mattia Pinazzi – ventuno anni il prossimo 4 aprile – è uno di quelli che se sta per cadere il mondo, fa un passo di lato per non farsi colpire. Non si è mai fatto troppo influenzare dalle sue prestazioni. Né quando vinceva tanto nelle categorie giovanili, né quando faceva fatica a trovare i risultati negli ultimi anni. 

Maglia Arvedi

Il velocista della Arvedi Cycling, la stessa squadra di Moro e Lamon, vuole fare un personale upgrade ed affrontare il 2022 da protagonista. Lo farà con un rinnovato ottimismo grazie ai sigilli ottenuti nella parte finale della scorsa stagione. Dal 20 agosto, giorno in cui ha conquistato la medaglia di bronzo agli europei su pista U23 in Olanda, al 16 ottobre, data del successo a Saronno in una corsa U23.

A ottobre la seconda vittoria 2021, a Saronno, su Fiaschi (foto Instagram)
A ottobre la seconda vittoria 2021, a Saronno, su Fiaschi (foto Instagram)

Due mesi di fuoco nei quali il parmense, una volta risolti i problemi al ginocchio destro, ha vinto a metà settembre nell’arco di tre giorni anche la Targa Libero Ferrario su strada e il tricolore elite su pista nello scratch a Dalmine.

Per capire i suoi programmi, abbiamo sentito Pinazzi al termine del suo allenamento giornaliero (quattro ore pedalate sulle prime colline fuori Parma) e alla vigilia del collegiale azzurro su strada e pista (di cui farà parte) voluto da Marco Villa in programma da domani 8 febbraio fino al 12 a Peschiera del Garda.

Mattia, come sta andando la preparazione?

Sto bene rispetto all’anno scorso nello stesso periodo. Ho iniziato prima ad allenarmi, a novembre, dopo una breve vacanza. Durante l’inverno ho corso la Sei Giorni di Gand e a Grenchen. Sono state corse utili per trovare subito il giusto colpo di pedale. E ne ho sentito il beneficio durante il mini-ritiro della squadra (dal 31 gennaio al 4 febbraio, ndr).

Il tuo esordio su strada ed il resto del calendario sono già stati pianificati?

Sì, il debutto sarà sabato 26 febbraio alla San Geo. Il giorno successivo sarò a Misano per la 100 Chilometri che si corre all’interno del circuito motociclistico. Il resto della stagione è più o meno delineato per fare più gare possibili su strada per un preciso obiettivo.

Quale?

L’intenzione e la priorità sono quelle di andare al mondiale in Australia. Ne ho già parlato col cittì Marino Amadori. Sono nella sua lista di papabili azzurri, lui crede in me. Ed io voglio ricambiarlo. Il percorso è adatto alle mie caratteristiche. Non pare durissimo, ma ha alcune salitelle che, seppur non sembrino impossibili, non vanno assolutamente sottovalutate. Dovrò cercare di andare forte fin dalle prime corse perché il primo step sarebbe conquistarsi la convocazione per alcune gare al Nord da fare con la nazionale.

Con la nazionale, Pinazzi ha messo il naso fra i pro’: qui al Giro del Veneto (a destra) assieme a Raimondi, entrambi parmensi
Con la nazionale al Giro del Veneto (a destra) assieme a Raimondi, entrambi parmensi
E con la pista come farai?

Non voglio trascurarla. Lo sa Marino, tant’è che ne ha già parlato con Marco (Villa, cittì della pista, ndr). Anche Marco a sua volta ha compreso la situazione, come immaginavo. Ho un buon rapporto con entrambi, mi confronterò con loro durante la stagione.

Ci sono anche altri appuntamenti con la nazionale…

Sì, ci saranno anche europei e Giochi del Mediterraneo. Ma non ne abbiamo parlato in modo approfondito. Poi ad aprile inizieranno le prove di Nation’s Cup su pista. Europei e mondiali su pista invece sono un altro obiettivo. Voglio guadagnarmi la convocazione e farli bene anche se li ho già fatti e quindi, rispetto a quelli su strada, non sono una novità.

Queste gare riusciranno a metterti un po’ più di pressione?

In realtà un po’ ce l’ho sempre ma la maschero bene (ride, ndr). E’ giusto e fa bene avercela. Come dice sempre Elia (Viviani, ndr), le gare si vincono e si perdono però l’importante è sapere di aver fatto e dato il massimo per farle al meglio.

Fai parte del gruppo azzurro della pista da qualche anno. Sei pronto al passaggio di consegne che ci sarà? All’orizzonte c’è Parigi 2024 e potresti essere una pedina importante…

Me lo hanno già fatto in tanti questo discorso. Andare alle prossime Olimpiadi è uno dei miei obiettivi, ma ci sarà da vedere cosa faranno i professionisti. E di conseguenza cosa starò facendo io. Di elite ce ne sono tanti per la pista ed entrare in un nuovo quartetto, dopo quello che hanno vinto loro nelle ultime competizioni, sarà molto difficile. In queste annate ho sempre lavorato con loro ma per un motivo o l’altro arrivavo agli appuntamenti internazionali giù di forma. In ogni caso deciderà Villa, io continuerò ad essere a disposizione.

Nel 2021 Pinazzi ha vinto il tricolore dello scratch su Moro e Scartezzini (foto Aivlis/Silvia Colombo)
Nel 2021 Pinazzi ha vinto il tricolore dello scratch su Moro e Scartezzini (foto Aivlis/Silvia Colombo)
Hai finito la scorsa stagione in crescendo. Cosa ti ha sbloccato mentalmente?

Credo sia stata la medaglia di bronzo agli europei in pista. Già da junior la vedevo sempre lì senza mai prenderla. Sembrava un miraggio. Fino ad allora, per tornare al top, in pratica usavo le gare come allenamento. In corsa facevo di tutto. Tiravo tutto il giorno per i miei compagni dall’inizio alla fine. Dopo quel terzo posto è stato tutto più facile.

Mattia, a proposito, un’ultima domanda prima di chiudere. Un tuo futuro tra i pro’ quando potrebbe esserci?

E’ presto per pensarci. Anche se non ho il procuratore c’è stata qualche chiacchiera in estate con qualche team professional e WorldTour, ma non vi dico chi erano. Ho avuto una proposta anche dalle Fiamme Azzurre, ma non ho ancora deciso. Anche perché devo avere determinati requisiti. Adesso penso solo a questo 2022, in cui voglio migliorare i piazzamenti dell’anno scorso. E cercare di vincere, vincere e vincere.

Adriano Malori, figlia Elettra 2020

La storia di Adriano è una lezione di vita

25.12.2020
8 min
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«Dalla mia storia – dice Adriano Malori – ho imparato che la base della vita sono le motivazioni. Una settimana ero in Brasile a provare il percorso delle Olimpiadi, quella dopo ero steso in un letto d’ospedale più morto che vivo. Eppure quando ero lì e mi imboccavano, pensavo alla bici. Poi al lavoro e costruirmi una vita. I problemi, i pensieri e i dolori faranno sempre parte di me come l’aspetto fisico. Ma per come si era messa, le cose vanno oltre ogni più rosea aspettativa».

Sorriso e potenza

Un metro e 82, 68 chili. Salute, sorriso e potenza. Il mondiale crono da under 23 e l’argento a Richmond fra i grandi, negli anni in cui i commissari tecnici non sapevano dove metter mano e si affidavano (e si affidano ancora) a Marco Velo.

«Un giorno Bettini – Malori sorride – ebbe l’umiltà di entrare nella stanza che dividevo con Pinotti e chiese consiglio proprio a Marco, nominandolo scherzando tecnico federale sul campo. Ci chiese che cosa dovesse fare e lo raccontò anche ai giornali. Paolo era l’uomo giusto per la nazionale. Non aveva problemi ad ammettere pubblicamente che non sapeva molto di certe cose».

San Luis, il 22 gennaio

Ci sono storie che ti restano addosso più di altre. Quella di Adriano Malori è una ferita che ci portiamo dentro dal giorno di San Luis, quando ci ritrovammo in pochi fuori dal piccolo ospedale. Senza dire una parola.

Una buca, tutto stava per finire a causa di una stupida buca.

«Fu per colpa mia – dice – si vede che era arrivato il mio momento. Il destino. Con mia moglie siamo appassionati di motociclismo e parlavamo proprio di questo. Avete visto cosa è successo ad agosto nel Gp d’Austria, quando Morbidelli si è toccato con Zarco e la sua moto è volata davanti a Rossi? Non lo ha preso per pochi centimetri. Si vede che non era il suo giorno…».

Il suo venne invece il 22 gennaio del 2016, nel corso della quinta tappa del Tour de San Luis, da Renca a Juana Koslay. Una buca. Le mani non troppo salde sul manubrio. La caduta. E il coma. Ma come tutti i corridori, Adriano Malori da Traversetolo – Parma – trovò il modo di rialzarsi e ripartire. Prima da atleta e poi da uomo.

Adriano Malori, Natale 2020
Uscita in bici alla vigilia di Natale, regalo provvidenziale (foto Instagram)
Adriano Malori, Natale 2020
Uscita in bici alla vigilia di Natale (foto Instagram)

Due birre e stop

Il discorso va avanti a strappi, come succede quando non ci si sente da tempo e ogni frase diventa l’aggancio per domande spesso scollegate, che colmano buchi e sciolgono nodi. La sua piattaforma di preparazione 58×11 e il suo centro di Basilicanova sono diventati un riferimento nell’affollato mondo dei preparatori.

«Ero alla Vuelta Castilla y Leon – racconta Malori – dopo la prima tappa che non riuscii a finire. Mi sedetti a Ponferrada, bevvi un paio di birre e presi la decisione. Avrei smesso. Ero già stato un kamikaze a tornare. Il neurologo che mi aveva in cura a Pamplona disse che se fossi caduto ancora e avessi battuto la testa, probabilmente non mi sarei più ripreso. Chiamai Zabala, che ai tempi era il preparatori della Movistar e mi era già stato tanto vicino. Gli chiesi di insegnarmi il mestiere e grazie a lui andai a un congresso di preparatori a Dusseldorf. Poi lo raggiunsi per tre settimane ad Alicante per imparare l’aspetto pratico del lavoro. E decisi che avrei intrapreso quel tipo di percorso».

Grazie Movistar

A volte la realtà è più dura. La Federazione dichiarò che si sarebbe presa a cuore questo suo figlio sfortunato che aveva conquistato l’argento nella crono ai mondiali 2015, come non succedeva dal 1994. Qualcuno propose di coinvolgerlo nella struttura tecnica per seguire le crono e non sciupare l’enorme esperienza. Ma esaurita la fase dei riflettori, come spesso accade, la proposta si sgonfiò.

«In tutta questa storia – dice – devo essere grato soprattutto alla Movistar, che mi è stata accanto sino all’ultimo senza pretendere neppure un titolo di giornale. Quando si trattò di riportarmi in Italia dall’Argentina, noleggiando un aereo medico, la squadra chiese un aiuto al Coni e alla Federazione. Costano caro quegli aerei. E solo quando capirono che dall’Italia non avrebbero ricevuto supporto, si mosse in prima persona lo sponsor Movistar, che sborsò 180 mila euro e diede l’ordine: “Riportiamo a casa quel ragazzo!”».

Silenzio azzurro

Per questo non si è più avvicinato all’ambiente e su certi argomenti fa fatica a restare obiettivo

«Ci fu un solo ritiro e le cose andarono così male – taglia corto Malori – che alla fine mi sentii in dovere di ringraziare i ragazzi, chiamare la Federazione e dire che io a quel modo non avrei voluto lavorare. La mia idea di nazionale sarebbe passata per coinvolgere Pinotti nel preparare una crono e magari Petacchi per un mondiale che finisce in volata, ma è un parco chiuso e l’ho capito. Sto alla larga dalle corse, non dagli amici. L’anno scorso sono stato al tricolore crono con De Marchi, Bettiol e Ganna. Sento spesso i ragazzi della Movistar, Bennati e Cataldo. E alla presentazione del mio libro sono venuti anche Capecchi, Bennati e Corioni».

Adriano Malori, conferenza di addio Tour 2017, Eusebio Unzue, Andrei Amador
Il 10 luglio 2017, l’addio nel primo riposo del Tour. La commozione di Andrei Amador…
Adriano Malori, conferenza di addio Tour 2017, Eusebio Unzue, Andrei Amador
Il 10 luglio 2017 l’addio alle corse

E’ nata Elettra

Elettra è nata il 10 novembre, accompagnata dalla dedica di Adriano a sua moglie Giorgia: «Le gioie più grandi e importanti della mia vita me le hai regalate tu… Ma stavolta amore mio ti sei superata!».

Adesso la piccola è in sottofondo che piange, in una di quelle fasi dei primi mesi in cui non capisci se abbia fame oppure un dolorino e la guardi e non sa dirtelo. Benvenuto nel club dei papà…

«Siamo tutti giù di testa – sorride – ma tenerla in braccio mi fa stare bene. Il problema è che se non dormo, anche fisicamente non miglioro. Per quella caduta dovrò allenarmi per ogni giorno della mia vita. Non andrà mai a posto. Ho un danno permanente che migliora sempre più lentamente. Prima ero una Ferrari con un danno, adesso posso essere una Golf».

La sveglia alle 6

L’ematoma era molto esteso, spiega, e ha distrutto un numero altissimo di neuroni, che non si riformano.

«Per farla semplice – spiega Malori – se una persona sana ha 1.000 neuroni, io posso usarne 400. Qualsiasi funzione ne richieda troppi manda in crisi le altre. E per questo devo allenarmi. Un giorno braccia. Quello dopo gli addominali. Il terzo le gambe, con bici e rulli. La bici va bene anche per la ciclicità della pedalata che riporta l’equilibrio. Metto la sveglia alle 6, faccio gli esercizi e vado al lavoro. Gli esercizi un po’ aiutano. Dipende dalla forza delle braccia, più sono allenato e meglio è. Mia moglie scherza dicendo che anche a 50 anni avrà il marito con la tartaruga, ma non è facile. Adesso che è nata Elettra poi ho quasi paura ad andare in bici, per cui scelgo solo stradine secondarie».

Adriano Malori visita a tricolore crono 2019: Alberto Bettiol., Filippo Ganna, Alessandro De Marchi
Nel 2019, Adriano Malori in visita al tricolore crono, con Bettiol, Ganna e De Marchi
Adriano Malori visita a tricolore crono 2019: Alberto Bettiol., Filippo Ganna, Alessandro De Marchi
Nel 2019 visita al tricolore crono, con Bettiol e Ganna

Le cose belle

Le ferite peggiori sono quelle che hai dentro. E ad ascoltare i racconti, anche quelli che è meglio non scrivere per il poco che da essi traspare, senti crescere la rabbia e ti chiedi come Adriano riesca a farci quotidianamente i conti.

«Penso alle cose belle – dice anticipando la domanda – il rammarico di come è finita ci sarà sempre. E’ chiaro anche che la mia vita precedente e quella attuale si staccheranno sempre di più, ma a tenerle unite ci sarà sempre una bicicletta. Il ciclismo mi ha dato l’opportunità di vivere esperienze bellissime, conoscere persone importanti che sono state di ispirazione, girare il mondo. Quello che ho me l’ha dato la bici. Anche in questo periodo del Covid. Temevamo tutti la crisi nel lavoro, ma è andata benissimo. Prima del lockdown, la gente continuava a venire. Poi abbiamo lavorato solo su appuntamento e questo mi ha permesso anche di risparmiare sui costi. Infine, da luglio in avanti, ho avuto l’assalto. La parte online del lavoro tira tantissimo. Seguo ragazzi in Puglia, in Francia, dalla Spagna e dalla Slovenia. All’inizio venivano per il nome, avevo un’immagine forte. Non ho smesso perché ero senza squadra. Io ho fatto secondo al mondiale e poi ho avuto un incidente. Ora invece vengono perché si trovano bene. Se passate, fate uno squillo, così ci mangiamo insieme un piatto di tagliatelle e vi faccio vedere. Quanto ad Adriano, all’uomo che sono… Ho una donna bellissima con cui sto da Dio e una figlia. Volete che vi dica una cosa? La mia vita prima era da 4, adesso è da 9 e mezzo!».