Healy, l’irlandese naif che non sente ragioni

23.05.2023
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In un Giro d’Italia finora piuttosto scarno di storie belle, chi certamente non ha deluso le aspettative della vigilia è stato Ben Healy. L’irlandese è arrivato alla corsa rosa sull’onda delle due prestazioni nelle Classiche del Nord. Si capiva che i suoi piazzamenti all’Amstel dietro Pogacar e alla Liegi di Evenepoel non erano stati casuali. In Italia l’irlandese dell’EF Education EasyPost ha corso con autorità, da vero cacciatore di tappe senza sprecare un’oncia di energia, portando a casa una vittoria e un secondo posto che sa di occasione perduta. E potrebbe non essere finita qui.

Healy, irlandese dal 2016 ma precedentemente britannico, è la colonna sulla quale poggia il ciclismo dell’Isola, che nel corso della storia ha sempre avuto, pur a fronte di un movimento molto ridotto, grandi campioni, da Kelly a Roche per citarne qualcuno. Proprio il figlio di Stephen, quel Nicolas che per molti anni è stato protagonista nel circo delle due ruote, conosce bene Healy e può darne un ritratto inedito.

Rintracciamo Roche a Dallas, ennesima tappa di un autentico giro del mondo da novello Phileas Fogg, al seguito del massimo circuito mondiale del gravel che gli ha restituito la voglia di correre dopo il ritiro dello scorso anno e l’approdo al Trinity Racing, proprio dove ha conosciuto Healy.

Nicolas Roche, tecnico del Trinity Racing ma ancora in attività nel gravel
Nicolas Roche, tecnico del Trinity Racing ma ancora in attività nel gravel

«Effettivamente in Irlanda abbiamo avuto spesso corridori di spicco – afferma Roche – pur senza un grande movimento alle spalle. Non c’è solo Healy, non dimentichiamo Bennett che ha collezionato vittorie e sta tornando in auge. Oppure Dunbar, che reputo uno dei migliori per le corse a tappe. A dir la verità c’era stato un buco dai tempi di mio padre e Kelly, ma nel nuovo secolo siamo spesso riusciti a metterci in mostra».

Hai citato Bennett e Dunbar, rispetto a loro vedi differenze in Healy?

Il primo è un velocista, il secondo un corridore da classifica, Healy non è così facilmente inquadrabile. E’ un corridore moderno, di quelli che non ha paura e al Giro lo sta dimostrando. Per certi versi è un corridore un po’ atipico e dal carattere tutto particolare.

Healy ha un’ottima propensione per le crono. Lo scorso anno è stato 6° agli Europei
Healy ha un’ottima propensione per le crono. Lo scorso anno è stato 6° agli Europei
Quando lo hai conosciuto?

Al campionato irlandese del 2020. Al venerdì era in programma la prova a cronometro, lui gareggiava fra gli under 23 ma vinse con un tempo di 45” migliore del mio, utile per vincere fra gli elite. Quando lo vidi non mi capacitavo come facesse ad andare così forte: casco messo male in testa, i capelli lunghi che uscivano fuori da tutte le parti, un manubrio super stretto che non capivo come facesse a tenere la posizione. Due giorni dopo ci siamo trovati di fronte nella gara in linea, ma non c’è stata storia: è andato via dopo 30 chilometri e se n’è fatti 120 da solo. Dietro chiedevo aiuto per andarlo a prendere, ma nessuno tirava così ho chiuso secondo a 2’37”. Io venivo dal Tour, ero un po’ stanco, ma la verità è che aveva fatto un numero impressionante. E aveva appena compiuto vent’anni…

Poi lo hai rivisto?

L’anno dopo è approdato al Trinity Racing, con cui ero già in contatto. Vinse una tappa al Giro d’Italia di categoria, si vedeva che correva in maniera facile. Nell’ambiente dicevamo che era una vera bestia, per come tirava… Tutti parlano della sua esplosione di quest’anno, io certamente non ne sono rimasto stupito.

La caratteristica dell’irlandese è la voglia di attaccare, provando a sgretolare il gruppo
La caratteristica dell’irlandese è la voglia di attaccare, provando a sgretolare il gruppo
Secondo te che prospettive ha, corridore da classiche o da grandi giri?

Io penso che abbia davanti tutte le possibilità. E’ uno che a cronometro va forte e questo è un aspetto fondamentale se vuoi fare classifica. Bisogna vedere che cosa sa fare in alta montagna, ma non è questo Giro il test ideale, vista anche la classifica e soprattutto le sue scelte di queste due settimane. Infatti ha giustamente privilegiato la caccia alle fughe giuste per le tappe. Per il resto è uno molto bravo a limare e, come si è visto anche nelle classiche, è anche molto furbo il che non guasta. C’è però un aspetto da considerare…

Quale?

E’ diverso correre pensando alla classifica. Se ti poni obiettivi saltuari puoi puntare tutto per quelli, essere al 120 per cento nel giorno giusto. Se punti alla maglia devi essere sempre almeno al 99 per cento, non puoi permetterti errori, cedimenti. Devi essere sempre davanti, portarti addosso il peso della responsabilità che non è poco. La squadra a quel punto gira per te, non puoi tradirla. Io penso che su di lui si possa investire, ma deve farlo lui stesso, in questi 3-4 anni, per capire se può diventare un corridore da grandi giri.

Nelle classiche del Nord Healy ha colto il podio alla Freccia del Brabante e all’Amstel
Nelle classiche del Nord Healy ha colto il podio alla Freccia del Brabante e all’Amstel
Dicevi che il Giro attuale non è un test probante in tal senso…

A parte che ha speso molto, bisogna vedere se se la sente di spremersi per aiutare Carthy, se ne ha le forze fisiche ma soprattutto mentali. Io dico che la Vuelta potrebbe essere un banco di prova ideale in tal senso, una corsa dura ma con salite più corte. Potrebbe provare a vedere come va ampliando il raggio delle sue aspettative.

Caratterialmente che tipo è?

Non è uno che parla tanto, è molto discreto, fa un po’ di testa sua. Lo scorso anno agli europei ero stato chiamato come manager della nazionale. Ricordo che il giorno della cronometro pioveva, io lo seguivo ma non stava molto ad ascoltare. Si organizzava per conto suo, ha una maniera d’interpretare il mestiere un po’ naif, ma evidentemente funziona…

Il mondiale gravel, un cantiere aperto e un’opportunità

14.10.2022
4 min
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Il post mondiale gravel è difficile e complicato. Si tirano le somme, si valutano i diversi aspetti, cosa c’è di positivo e dove è necessario migliorare. E’ pur vero che una prima edizione, come la è stata questa rassegna iridata UCI Gravel sancisce l’inizio di un’era.

Si amplia ulteriormente il progetto UCI legato alla multidisciplinarietà? Il dibattito è aperto. Abbiamo avuto l’opportunità di fare due chiacchiere con Nathan Haas, grande interprete del gravel race e con Nicolas Roche.

Vicenza, sede di partenza
Vicenza, sede di partenza

Il primo mondiale della storia

Il primo Mondiale Gravel della storia si è svolto in Italia e anche questa è storia, come ha affermato Pozzato. Ha avuto luogo in una terra che mastica il ciclismo, ovvero il Veneto e grazie ad un’organizzazione che la bicicletta la conosce bene.

La nostra non vuole essere una disamina dell’evento. Non spetta a noi far luce sugli aspetti positivi e dove è fondamentale migliorare, a questo penseranno lo stesso gruppo organizzatore e anche l’UCI, che proprio qui ha messo il primo tassello per una nuova categoria di competizioni.

Noi vogliamo dare voce e riportare alcuni concetti interessanti espressi da Nathan Haas e Nicolas Roche. Il primo prosegue la sua carriera di atleta professionista elite, è uno dei più grandi interpreti del gravel race e anche per questo non è categorizzabile come ex pro’ su strada. “Nico” Roche è uomo esperto ed appassionato, particolarmente legato alle attività UCI in ambito gravel e delle attività ciclistiche nel Principato di Monaco (dove risiede), oltre ad essere direttore del programma di ciclismo su strada della Nazionale Irlandese.

Tra i più grandi interpreti del gravel, Lachlan Morton e Nathan Haas (a destra)
Tra i più grandi interpreti del gravel, Lachlan Morton e Nathan Haas (a destra)

Format non nuovo, ma diverso

Il format utilizzato per il primo mondiale gravel della storia è “paragonabile” a quello utilizzato nel competizioni Mtb marathon, dove professionisti e amatori sono allo stesso livello nelle fasi partenza. Non è un aspetto banale, perché obbliga a gestire in modo oculato tutte le fasi di controllo, partenza e gestione del percorso, ma al tempo stesso mette ogni tipologia di atleta sullo steso piano. L’UCI e le organizzazioni devono essere pronte a questo anche e soprattutto in ottica futura.

Alla partenza del mondiale gravel, Van Avermaet e accanto Nathan Haas
Alla partenza del mondiale gravel, Van Avermaet e accanto Nathan Haas

Parla Nathan Haas

«Da sempre il ciclismo è come un percorso di crescita – dice – e prevede un iter da seguire, così dovrebbe e deve essere anche nell’ambito del gravel race. Il primo mondiale gravel è una cosa molto buona, un aspetto davvero positivo per il movimento ed è anche per questo motivo che non capisco l’assenza di un ranking della categoria gravel. C’è nel settore road, nella mtb e nel ciclocross. E’ fondamentale creare una lista che si basa sui punteggi anche nel gravel, fondamentali per stilare le starting grid delle competizioni. Uno strumento utile anche per creare uno storico e capace di fare ordine.

«Questo non significa che lo stradista, il biker e/o il ciclocrossista devono passare in secondo piano – continua Haassiamo noi del gravel i primi a sapere e capire che questo mondo nasce adesso e ha bisogno di tutti. Ma è pur vero che in una competizione gravel, gli interpreti della disciplina devono avere la precedenza. Se io mi presento ad una gara su strada non mi fanno partire davanti ed è giusto così».

Per la cronaca, Nathan Haas è riuscito a partire a ridosso della prima fila e ha concluso la sua fatica in 16ª posizione a 6’23” da Vermeersch.

“Nico” Roche in gara a Vicenza con gli elite
“Nico” Roche in gara a Vicenza con gli elite

Parla Nicolas Roche

«L’UCI deve ascoltare anche i corridori che stanno correndo nelle competizioni gravel – dice – perché possono dare un grande aiuto e fornire dei feedback necessari alla crescita di questa categoria. Anche io mi sto spendendo a favore di un’evoluzione del movimento, ho voluto scrivere le mie considerazioni all’UCI e anche con la Federazione del Principato di Monaco c’è la volontà di far evolvere il movimento. Negli ultimi anni la federazione monegasca è sensibile allo sviluppo del ciclismo su diversi fronti.

«Restando nell’ambito gravel e gravel race, il primo mondiale segna la storia ed è chiaro che c’è molto da fare e costruire. Sappiamo benissimo che una prima edizione non può essere perfetta – continua Roche – e anche per questo motivo l’intervento degli atleti che contribuiscono a veicolare il messaggio gravel in giro per il mondo è fondamentale. Il gravel è una grossa opportunità per tutti. Le stanze dei bottoni sono necessarie, ma lo sono anche i corridori che vivono il ciclismo da dentro».

Nicolas Roche, classe 1984 ha chiuso il mondiale gravel 2022 alla posizione 47 della classifica assoluta a 19’38” dal vincitore.

Dalla pista da ballo al gravel, la nuova vita di Nicolas Roche

28.06.2022
6 min
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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Nicolas Roche subito dopo la Nova Eroica, la “gravelfondo” organizzata a Buonconvento (Siena) dove l’ex pro’ irlandese (ha chiuso la carriera lo scorso anno dopo 17 stagioni) si è divertito non poco tra la polvere degli sterrati toscani.

Tempo di mandare giù una fetta di cocomero dopo l’arrivo e ci sediamo per chiedergli com’è andata.

«Proprio bella! Ho fatto tre-quattro Strade Bianche in carriera – risponde – ma devo dire che farle con le gravel che ora vanno di moda è una nuova sfida. E poi i quattro tratti cronometrati si fanno a tutta come se fossero quattro crono. Molto intensi».

Pensi che il gravel sia una moda?

In realtà no. E’ un nuovo piacere che sta aprendo nuove porte. Non c’è bisogno della tecnica della mtb e secondo me siamo solo all’inizio del mondo gravel.

Da quest’anno sei un ex professionista. Ti manca lo stare in gruppo o era arrivato il momento di dire basta?

Era arrivato il momento di dire basta, non rimpiango la mia decisione, ma se sei uno competitivo questa caratteristica ti rimane nell’anima. Ad esempio quest’inverno ho partecipato alla versione irlandese di Ballando con le Stelle e allenandomi sei-sette ore al giorno.

Da dove è saltata fuori questa opportunità di Dancing with the Stars?

Me lo hanno proposto loro lo scorso ottobre. Ho chiesto: Quando è? A gennaio. Gennaio? Non c’è nulla in gennaio, andiamo! Non sapevo a cosa andavo incontro. Senza saper ballare. Ma avevo bisogno di una sfida fuori dal ciclismo che rappresentasse uno stacco col passato, con l’abitudine di andare ogni giorno in bici, fare la dieta…

Ballando con le Stelle assieme a Karen Byrne è stata una scuola di disciplina e duro lavoro (foto Instagram)
Ballando con le Stelle assieme a Karen Byrne è stata una scuola di disciplina e duro lavoro (foto Instagram)
In qualche filmato si vede che avevi una coach tosta…

Sì, Karen è molto dura e spesso volevamo dare cazzotti al muro tutti e due o urlare dalla finestra. Si arrabbiava con me perché io alle sei di mattina cercavo di ritagliarmi un’ora di rulli, ma lei mi diceva che quest’esperienza era unica e che la bici avrei potuto riprenderla a marzo. Più di una volta mi ha mandato nella stanza accanto per cinque minuti a… farmi due passi. Però ho capito che aveva ragione e per un mese e mezzo non mi sono allenato con la bici. Un’ora al giorno non aveva senso e non volevo avere rimpianti di non allenarmi al top per il ballo.

Da quest’anno sei anche ct della nazionale irlandese. Come la vivi?

E’ una missione finalizzata ad europeo e mondiale. A differenza di quello che succede qui in Italia, noi non corriamo da altre parti.

L’anno scorso ha smesso anche Daniel Martin. Su quali corridori puntate?

Vediamo come va Sam (Bennet, ndr). Nel 2021 ha avuto un anno catastrofico e ora va al Tour sperando di ritrovare la gamba di due anni fa. Poi abbiamo Eddie Dunbar che ha vinto alla Coppi e Bartali e sta crescendo e Ben Healy della EF che è giovane e secondo me ha del talento.

Durante il Giro d’Italia, Nicolas Roche ha raccontato la corsa rosa in Giro Reflections con Bianchi
Nicolas Roche ha raccontato il Giro d’Italia in Giro Reflections con Bianchi
Poi c’è stata la mini serie “Giro Reflections” girata da Bianchi Media House durante l’ultimo Giro d’Italia. Quattro puntate tra Ungheria, Sicilia, Napoli e, infine, le Alpi fino a Verona. Tra gulasch ungherese, arancine siciliane e pizza napoletana cosa ti è piaciuto di più?

Direi la pizza napoletana, ma sul Mortirolo è successo un fatto imcredibile. Abbiamo fatto la scalata in notturna (a parte il fatto che negli ultimi tre chilometri mi si è scaricata la luce e ho dovuto seguire a vista la luce del cameramen che mi precedeva in auto) ed abbiamo finito alle 22,30. Tutti i posti chiusi per mangiare. Alla fine ci siamo salvati chiamando un rifugio due chilometri dopo il valico e la signora ci ha preparato i pizzoccheri alle undici di sera.

E sull’Etna hai pedalato con l’e-bike. Che impressioni hai avuto?

Bellissimo, era la prima volta che la provavo ed ho capito perché sta avendo questo boom. La verità è che puoi scegliere il tuo grado di sofferenza.

Suo padre Stephen Roche vinse Giro, Tour e mondiale nello stesso 1987. Qui sono insieme nel 2020
Suo padre Stephen Roche vinse Giro, Tour e mondiale nello stesso 1987. Qui sono insieme nel 2020
Infine, a Verona hai preso in mano il trofeo del Giro indicando, tra i nomi dei vincitori incisi, quello di tuo papà nel 1987.

Sì, quel trofeo (la sua voce scende di un tono, più rispettosa, ndr) è a casa dei miei nonni in Irlanda ed ha un significato molto profondo per me, da quasi 35 anni. Non esistono nello sport tanti trofei così simbolici come quello. E’ come la Coppa del mondo di calcio. Nemmeno il trofeo del Tour è cosi iconico.

A proposito di Tour, fra pochi giorni si parte. Pogacar è davvero imbattibile?

Fisicamente è molto forte. Ma come si dice in gruppo, il Tour è il Tour, nel senso che è una corsa talmente intensa che ogni curva può rappresentare un pericolo o una sorpresa. Quindi non basta essere il più forte. E poi ci sono gli avversari, primo fra tutti metto Roglic che ha fatto vedere di avere forse la squadra migliore e di essere nella condizione di giocarsela.

Per concludere, progetti futuri?

Ho un’idea un po’ folle che mi gira in testa da un paio di settimane: l’anno prossimo potrei allenarmi un po’ di più e fare sei-sette gare della Coppa del mondo di gravel. Un po’ perché mi sono innamorato di questa disciplina, un po’ perché sono “addicted”, dipendente, dal viaggiare.

E un po’ perché, aggiungiamo noi, l’agonismo non sparisce dall’oggi al domani.

Bianchi lancia la serie video Giro Reflections con “Nico” Roche

12.05.2022
3 min
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Il marchio Bianchi ha un legame fortissimo con il Giro d’Italia. In sella ad una Bianchi hanno scritto pagine indimenticabili del nostro sport campioni del calibro di Fausto Coppi, Felice Gimondi e Marco Pantani.

Anche per quest’anno l’azienda ricopre il ruolo di Official Sponsor della Corsa Rosa. Per l’occasione ha anche realizzato una edizione speciale del modello Specialissima.

In concomitanza con l’edizione 2022 del Giro d’Italia, Bianchi Media House ha presentato “Giro Reflections”, un road movie a episodi che vuole raccontare storie di persone, luoghi e biciclette tra Ungheria e Italia. Narratore e protagonista del nuovo format video è Nicholas Roche, da poco sceso di sella e subito pronto a vestire i panni del narratore (in apertura foto Giro Reflections).

Nicolas Roche sarà narratore e protagonista della serie “Giro Reflections” (foto Giro Reflections)
Nicolas Roche sarà narratore e protagonista della serie “Giro Reflections” (foto Giro Reflections)

Non solo innovazione

In questi ultimi anni Bianchi si è confermata come un’azienda di riferimento, capace di anticipare le tendenze future con scelte strategiche mirate. Basti solo pensare al nuovo progetto di sviluppo della storica sede di Treviglio che in pochi anni porterà ad un significativo incremento della capacità produttiva dell’azienda.

Accanto all’innovazione, in Bianchi ricopre un ruolo altrettanto importante la capacità di ispirare, di creare community e di farsi portatrice di uno stile di vita. E’ su queste basi che Bianchi Media House ha deciso di lanciare il progetto-film “Giro Reflections”. Si tratta di un road movie in quattro episodi che racconterà storie inedite e il dietro le quinte della Corsa Rosa, allargandosi a nuovi ed interessanti riflessioni: persone, luoghi noti o sconosciuti, culture, cibi ed emozioni sportive. 

Il campione irlandese con il telaio della Bianchi Specialissima dedicata al Giro d’Italia (foto Giro Reflections)
Il campione irlandese con il telaio della Bianchi Specialissima dedicata al Giro d’Italia (foto Giro Reflections)

Roche racconta

Come dicevamo all’inizio come volto, voce, ma anche gambe, è stato scelto Nicolas Roche. L’ex professionista irlandese vivrà il suo viaggio a contatto con l’esperienza del Giro d’Italia e la cultura dei luoghi attraversati, attraverso un’angolazione del tutto personale. Lo farà in sella a differenti modelli Bianchi. Roche potrà infatti scegliere tra i modelli Oltre XR4, Specialissima, Impulso Pro fino alle e-Bike della gamma e-Omnia.

I quattro episodi saranno visibili su Youtube e sulla piattaforma social e digital di Bianchi. Al termine del Giro d’Italia, “Giro Reflections” sarà invece disponibile come short movie in versione integrale.

Si tratta di un documentario che racconta le storie di territori, persone e biciclette tra Ungheria e Italia (foto Giro Reflections)
Si tratta di un documentario che racconta le storie di territori, persone e biciclette tra Ungheria e Italia (foto Giro Reflections)

Arriva TikTok

Contemporaneamente al lancio del progetto “Giro Reflections”, è stato inaugurato il canale ufficiale TikTok. Insieme all’intera piattaforma digital Bianchi, il nuovo canale racconterà con pillole veloci e filmati inediti il viaggio di Roche. Il profilo TikTok del brand, già attivo sulla piattaforma social, ha cominciato la sua pubblicazione nei giorni scorsi ed accompagnerà gli appassionati lungo tutto il Giro d’Italia e oltre.

Bianchi sarà presente al Giro con il Bianchi Experience Center, l’esclusivo motorhome che viaggerà al seguito della Carovana Rosa e sarà presente in tutte le sedi di partenza. Gli appassionati del brand, e non solo loro, avranno la possibilità di toccare con mano le ultime novità Bianchi e chiedere consigli sui modelli esposti allo staff dell’azienda di Treviglio presente in carovana.

Bianchi

Romain Bardet ruote nuove Shimano

Le ruote misteriose di Romain Bardet al Giro d’Italia

05.06.2021
4 min
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In una nostra recente intervista a Nicolas Roche, il corridore irlandese ci aveva rivelato che invidiava le ruote che il suo compagno di squadra Romain Bardet stava utilizzando al Giro d’Italia. Partendo da questa affermazione abbiamo cercato di capirne qualcosa in più.

Ruote eccezionali

Il Team DSM è molto legato a Shimano, tanto da montare gruppi, ruote, scarpe e caschi Lazer che sono sempre del marchio giapponese. Lo stesso Nicolas Roche ha parlato di ruote Shimano dalle prestazioni eccezionali, tanto da essere contate e riservate a capitan Bardet in occasione della Corsa Rosa. Sempre il corridore irlandese ci ha parlato di Shimano 650 con un profilo intermedio.

Nicolas Roche al Giro d'Italia con le ruote Dura Ace di serie
Nicolas Roche al Giro d’Italia con i cerchi Dura Ace di serie
Nicolas Roche al Giro d'Italia con le ruote Dura Ace di serie
Nicolas Roche al Giro d’Italia con i cerchi Dura Ace di serie che si trovano in commercio

Ruote nere senza scritte per Bardet

Non è un mistero che quest’anno Shimano è pronta per presentare i nuovi gruppi, Dura Ace su tutti, ma probabilmente ci sarà anche il nuovo Ultegra. Su questo non ci sbilanciamo, ma certamente è un indizio che ci porta a collegare le nuove ruote viste al Giro d’Italia al nuovo Dura Ace. Infatti, come da buona tradizione Shimano, insieme al gruppo vengono presentate anche le nuove ruote.
Per capirci qualcosa di più abbiamo analizzato le foto di Romain Bardet e del Team DSM all’ultimo Giro d’Italia. Dalle immagini che abbiamo visto si possono tranquillamente notare le ruote tutte nere, senza scritte usate dal campione francese.

Jai Hindley ruote Shimano nuove
Jai Hindley al Giro d’Italia con le nuove ruote Shimano
Jai Hindley al Giro d'Italia con le nuove ruote Shimano
Jai Hindley al Giro d’Italia con le nuove ruote Shimano. Si nota la differenza con il compagno di squadra con le Dura Ace di serie

Le aveva anche Hindley

Dalla nostra analisi abbiamo visto che anche Jay Hindley, finché è rimasto in corsa, era equipaggiato con le stesse ruote, mentre gli altri corridori della squadra olandese montavano ruote Dura Ace attualmente in commercio con tanto di scritte in evidenza.

Michael Storer nella tappa dell'alpe di Motta con Romain Bardet e le sue stesse ruote
Michael Storer nella tappa dell’Alpe di Motta con Romain Bardet e le sue stesse ruote
Michael Storer nella tappa dell'alpe di Motta con Romain Bardet e le sue stesse ruote
Michael Storer nella tappa dell’Alpe di Motta con Romain Bardet e le sue stesse ruote

E nell’attacco finale…

Questo però è vero fino a un certo punto, perché nella tappa con arrivo all’Alpe di Motta, quella in cui il Team DSM ha attaccato in discesa dal San Bernardino, c’era anche un altro corridore con le stesse ruote di Bardet, vale a dire il compagno di squadra Michael Storer. Si tratta del compagno che è rimasto più vicino al capitano della DSM, tirando sia in discesa che in salita. Sempre Nicolas Roche ci aveva detto che c’erano solo due coppie disponibili di queste ruote. Evidentemente il Team DSM ha optato per equipaggiare anche Storer con quelle ruote in modo che in caso di incidente meccanico o foratura di Bardet ci fosse un compagno pronto a dargli lo stesso tipo di ruota. Oppure un’altra ipotesi è che dopo il ritiro di Hindley si sia “liberato” un paio di ruote in più. Su questo non abbiamo certezza, ma le foto ci confermano che nella penultima tappa del Giro anche il corridore australiano aveva le nuove ruote.

Romain Bardet Giro d'Italia ruote nuove Shimano
Si nota come la gomma lavora bene in ampiezza
Romain Bardet Giro d'Italia ruote nuove Shimano
Dalla visuale frontale si nota come il pneumatico sia parallelo al cerchio, segno di un canale interno molto largo

Larghe e con profilo da 50 millimetri

Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche non possiamo dire molto al momento, in quanto non c’è stata ancora nessuna comunicazione da parte di Shimano. Da quel che si vede dalle foto, sembrano ruote con un profilo da 50 millimetri, che in effetti è molto usato dai corridori anche in salita. Guardandole frontalmente si nota che il penumatico da 25 millimetri lavora nella sua massima ampiezza, senza fare l’effetto mongolfiera che di solito è indice di un cerchio stretto. Questo ci fa presupporre che la larghezza del canale del cerchio sia ampia da 21 o addirittura da 23 millimetri interni.
Per quanto riguarda il tipo di tipo di pneumatico Vittoria montato da Bardet, possiamo dire che si tratta di un tubolare visto il colore Para tipico di questo tipo di copertura.
A questo punto non ci resta che aspettare qualche settimana per vedere cosa presenterà Shimano e se le nostre supposizioni sono state corrette!