L’occasione mancata: Sciandri ripensa a Nairo sul Mottolino

11.12.2024
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Diciannove maggio 2024: Manerba del Garda-Livigno. Quella fu la giornata che Maximilian Sciandri, direttore sportivo della Movistar, ricorda con un misto di orgoglio e rammarico.

Sulle grandi montagne del  Giro d’Italia, Nairo Quintana tornò protagonista dopo un lungo stop. Peccato che sulla sua strada trovò un certo Tadej Pogacar che con un’impresa di potenza, gli strappò la vittoria di tappa ai 2.300 metri del Mottolino.

Max Sciandri (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della Movistar
Max Sciandri (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della Movistar
Allora, Max, qual è stata la tua occasione mancata durante questa stagione?

La tappa del Mottolino al Giro. Nairo era in una fuga… una fugona! C’erano più di 30 corridori in avanscoperta. Noi avevamo dentro appunto Nairo, Pelayo Sanchez, che aveva già vinto una tappa e un altro che ora non ricordo. Ne avevamo tre in quella fuga.

Ci credevate insomma?

Moltissimo. Decidemmo subito di fare la corsa per Nairo. Lui rientrava dopo un anno di stop e doveva dosare bene le energie. Ma era in crescita e poi quelle salite e quelle quote erano il suo terreno. La tappa andò come previsto. La fuga prese un buon vantaggio, ma a ripensarci oggi…

A ripensarci oggi…

Beh, quel giorno si è discusso molto tra chi doveva tirare, chi no. Mi è stato detto che Nairo non contribuiva tanto e questo ha frenato un po’ il ritmo. So, per certo che a quel punto anche Alaphilippe, che sa il fatto suo, non ha tirato a tutta. Questo per me ha limitato un po’ il vantaggio che si poteva accumulare. Alla fine, Pogacar ha ripreso la fuga a un paio di chilometri dall’arrivo. Se ci fosse stato un gap maggiore, probabilmente Nairo avrebbe potuto vincere.

Fuga numerosa, Quintana (mentre beve) cerca di risparmiare. Se avesse spinto di più, le cose sarebbero cambiate?
Fuga numerosa, Quintana (mentre beve) cerca di risparmiare. Se avesse spinto di più, le cose sarebbero cambiate?
Ma se ci fosse stato un gap maggiore, non pensi che Pogacar sarebbe partito prima?

No, non credo, perché non c’era chi poteva impensierirlo per la classifica. Ma certo una volta avuta la fuga a tiro ci ha provato. Pogacar era talmente forte che ha ripreso tutti ad a una velocità impressionante.

Quando avete capito che non ce l’avrebbe fatta?

Quando Pogacar si è avvicinato ed era a 30-40 secondi. Anche se mancavano meno di 3 chilometri a quel punto era impossibile tenerlo. La vittoria era irraggiungibile.

Quel giorno avete provato a motivare Nairo di più? Gli avete detto qualcosa per radio?

Sì, ci abbiamo creduto fino alla fine. Gli altri corridori in fuga hanno dato tutto per tenere viva l’azione, Nairo come detto ha economizzato un po’ e infatti è andato più avanti di tutti. Io gli dicevo di crederci. Sul finale ha preso il microfono anche Eusebio (Unzue, il team manager, ndr). Era arrivato proprio quel giorno. Anche lui è stato molto carino. Sentirlo emozionarsi alla radio è stato speciale. Insomma è un dirigente, un proprietario di team esperto… eppure era lì con noi.

Meno di 3 km all’arrivo. Da dietro come un falco arriva Pogacar, Nairo è spacciato… Alla fine però sarà secondo
Meno di 3 km all’arrivo. Da dietro come un falco arriva Pogacar, Nairo è spacciato… Alla fine però sarà secondo
E dopo la tappa come è andata? Quella sera a cena, cosa avete detto a Quintana?

Quando ho fatto il “giro delle stanze” gli ho fatto una battuta che poi in qualche modo è girata per tutto l’anno nel nostro team. Gli ho chiesto: «Nairo, ma ti sei divertito?». Lui mi ha guardato un po’ sorpreso e ha risposto: «Non me l’aveva mai chiesto nessuno. Mi sono divertito tantissimo, Max».

Una risposta inaspettata per un campione come lui!

Sì, ma è importante ricordarsi che, oltre ai sacrifici, il ciclismo deve anche divertire. Alla fine come dico sempre tutti “facciamo i compiti a casa”: allenamento, ritiri, alimentazione in un certo modo, giorni lontani dalla famiglia… e serve anche vivere le corse con più spensieratezza, anche nei momento clou. Quella battuta, in qualche modo, ha fatto il giro della squadra e al termine delle riunioni sul bus, soprattutto Quintana concludeva con un: «Ragazzi, divertiamoci».

Pensi che quella tappa gli abbia dato fiducia per il futuro?

Sicuramente. Arrivare secondo dietro il più forte al mondo è un risultato importante. Gli ha dato conferme e la consapevolezza che può esserci ancora. L’anno scorso per lui era importante correre, quest’anno arriva alla nuova stagione con tutta un’altra testa, più convinto e più deciso rispetto al 2024.

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Tutto Pogacar, da mattina a sera, nel giorno dell’impresa

19.05.2024
7 min
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LIVIGNO – Quando un corridore del Team Polti arriva, solleva lo sguardo verso la vetta e si chiede sconsolato se non si potesse arrivare un po’ più in alto, la gente intorno ride, mentre Tadej Pogacar è già nel pieno del racconto. La tappa è finita come avevano pianificato, ma tra il dire e il fare c’erano di mezzo l’ultima salita e una scalata prodigiosa per riprendere tutti i fuggitivi e per ultimo il brillante Quintana.

Matxin ha seguito la tappa nel box dei giornalisti, 100 metri dopo il traguardo. Seduto su una sedia e senza farsi notare, inviava aggiornamenti nel gruppo whatsapp dei DS del UAE Team Emirates. Tempi e annotazioni. Poco prima che Tadej attaccasse, uno sguardo per anticiparci quanto stava per succedere. Poi, quando era ormai chiaro che lo sloveno fosse involato verso la vittoria, abbiamo messo da parte la scaramanzia, chiedendogli qualche lume. La conferma dal tecnico spagnolo arrivava puntuale. L’attacco è venuto nel punto desiderato, dove iniziava il vento a favore. E poi ammetteva di trovare insolito vivere le tappe da fermo e non in ammiraglia, ma a guidare la squadra oggi c’erano i diesse italiani: Baldato, Mori e Marcato.

Tadej appare un po’ stanco, ma di certo quelli che continuano ad arrivare dopo di lui (lo faranno ancora per un’ora e 58 minuti) sono conciati decisamente peggio. La crono ha presentato il conto ai suoi sfidanti, ma è ragionevole pensare che per vincere oggi qua in cima anche lui abbia dovuto fare i conti con la fatica. Però quando ha attaccato sembrava che volasse. Agile e potente, con quel 55 spinto senza apparente fatica, ma la fatica c’è stata. Il suo umore tuttavia è decisamente migliore rispetto alla prima settimana e lo si capisce quando con le risposte salta da un tema all’altro con leggerezza e la voglia di sorridere.

Ricordi quando sei stato a Livigno per la prima volta?

Sono stato qui molte volte, la prima al primo anno da junior. Eravamo stati a Sankt Moritz per dieci giorni in una casa in ritiro con la nazionale, quello che potevamo permetterci. E così venimmo a Livigno con un furgone mezzo rotto per fare benzina, perché costa meno e per comprare del cibo. Quella è stata la prima volta, un bellissimo ricordo. Da lì ci sono tornato quasi ogni anno e qui ho anche uno dei ricordi più belli della mia vita. Questa vittoria si avvicina alla cima della lista, ma è ancora molto lontano dal numero uno. Sono super felice di essere di nuovo qui e di aver vinto la tappa regina.

Adesso però dovrai dire qual è il ricordo più bello della tua vita…

Forse posso dirlo, che diavolo! E’ stato quando ho iniziato a uscire davvero con la mia ragazza, la mia fidanzata Urska. A Livigno ci fu il primo appuntamento, un bellissimo momento della mia vita.

Veniamo alla tappa, è durata più di sei ore, come era stato il risveglio? Puoi dirci qualcosa della tua colazione oppure è segreta?

No, non è segreto (ride, ndr). Mi sono svegliato alle 7,20, per fare colazione alle 7,30. Ho mangiato porridge di riso, insomma del riso dolce. Si sposa bene con le fragole e i mirtilli. Poi il pane, quello fatto in casa a lievitazione naturale dal nostro chef, con una piccola omelette. Poi i waffle, sempre fatti dal nostro chef, con marmellata di pesche e anche di lamponi. Insomma, una colazione abbondante e siamo rimasti a tavola per circa 40 minuti. E alle 8,30 siamo partiti dall’hotel per andare alla partenza.

Da adesso in poi, forse comincia un nuovo Giro, dato che i distacchi sono così ampi. Pensi di correre in modo accorto o proverai a vincere ancora per fare la storia della corsa?

Non so cosa dire cosa serva per essere una leggenda o per fare la storia del Giro. Di sicuro però ogni Giro ha la sua storia e le sue storie. In ogni grande corsa avviene qualcosa che poi finirà nei libri. Perciò ora penso più al giorno di riposo qui a Livigno, che per me è uno dei posti più belli d’Italia. E poi vedremo cosa porterà la prossima settimana. Per ora posso dire che sono felice del vantaggio, dei risultati e della mia squadra, il resto lo vedremo giorno per giorno. Mancano ancora sei tappe, speriamo di arrivare a Roma allo stesso modo.

Riprendere Quintana per Pogacar è stato rivivere i ricordi di quando da ragazzo guardava il Tour in tv
Riprendere Quintana per Pogacar è stato rivivere i ricordi di quando da ragazzo guardava il Tour in tv
Matxin ha detto che avete eseguito il piano alla perfezione: avere Quintana là davanti lo ha reso più faticoso?

Sì, il piano era esattamente questo. Quando ho sentito il divario da Steinhauser, ho pensato: “Sì, facciamolo. Proviamo ad aumentare il divario con gli avversari in classifica generale”. Quando abbiamo alzato il ritmo con Majka, non avevo molto chiara la strada, però sapevo che c’era il vento a favore e che mi avrebbe favorito. Mi piace il vento a favore. Poi ho sentito che Steinhauser si stava spegnendo lentamente e che Quintana lo aveva scavalcato. Però non mi sono mai preoccupato davvero. Anche se non avessi vinto la tappa, sarebbe stata comunque una giornata fantastica.

Hai qualche ricordo di Quintana, di quando lottava per i Tour?

Guardavo sempre il Tour quando Froome e Quintana si attaccavano a vicenda ed ero sempre arrabbiato con Nairo. Mi chiedevo perché non provasse ad attaccare prima, a scattare a dieci chilometri dall’arrivo. Invece aspettava sempre gli ultimi tre chilometri. Sono questi i miei ricordi ed era bello comunque da vedere in televisione e ragionare su come avrei voluto fare io. Oggi è andato forte, quelli dalla fuga sono andati tutti.

Il calore deitifosi si è fatto sentire: Pogacar ha sostenitori davvero in ogni angolo d’Italia
Il calore deitifosi si è fatto sentire: Pogacar ha sostenitori davvero in ogni angolo d’Italia
Attila Valter ha provato a seguirti, ma ha detto che era folle rendersi conto della facilità con cui andavi oltre i 400 watt. Ti sorprende che i rivali della classifica non abbiano provato a seguirti?

Non ho guardato indietro quando Majka ha accelerato. Sapevo cosa dovevamo fare, so come corre Rafal e anche cosa mi aspettava. Non mi sono voltato. Ho semplicemente guardato avanti e ho cercato di impostare il mio ritmo. Ho sentito che Martinez ha provato a seguirmi, ha fatto davvero un buon lavoro. Dopo aver preso vantaggio, sapevo che se fossi riuscito a respirare, poi avrei trovato un ritmo davvero buono e così è stato. Quando sono rientrato nel gruppo di Attila Valter, ho dato subito un po’ più di gas. Si fa quando riprendi una fuga, perché qualcuno prova sempre a seguirti. Così è il ciclismo…

Ti manca il fatto di non avere uno sfidante come Vingegaard?

So che quella sfida arriverà a luglio. Per ora posso dire che in questo Giro mi sto divertendo, e d’ora in avanti mi permetterà di fare le mie cose. Non vedo l’ora che arrivi luglio per incontrare Jonas, Remco, Primoz e forse qualcun altro. Perciò, cerchiamo di sopravvivere a questa settimana e poi concentriamoci su luglio.

Ieri hai dimostrato di aver fatto dei grandi passi avanti anche nella crono: una buona notizia proprio pensando a luglio?

Avevamo migliorato la posizione già prima dei campionati del mondo dell’anno scorso, ma era un po’ troppo aggressiva e mi ha rovinato i glutei e anche la testa. Quella con cui ho corso al Giro è un po’ meno aggressiva e nel frattempo sto lavorando sul mio fisico per spingere e adattarmi meglio alla posizione. Ogni allenamento che faccio è migliore, sono davvero soddisfatto della direzione e del miglioramento del mio corpo, della mia posizione, delle mie gambe, della mia motivazione. Dobbiamo concentrarci finché non arriviamo a curare ogni dettaglio.

Tiberi ha pagato la fatica della crono arrivando a 3’59”. E’ 5° nella generale
Tiberi ha pagato la fatica della crono arrivando a 3’59”. E’ 5° nella generale
Dopo queste prestazioni così esaltanti, pensi di essere ancora un atleta con dei margini?

Di sicuro sì. Posso migliorare soprattutto nella crono, perché penso che il mondo del ciclismo ci porterà nei prossimi anni a sfide ancora superiori. E io penso di poter crescere molto. Quindi andiamo per gradi, ma sono davvero felice del punto in cui sono. Le bici per il Tour de France dovranno essere perfette.

Qualcuno dice che il Giro è finito.

No, il Giro finisce sul Monte Grappa, a Bassano. E’ l’ultima dura tappa di montagna, una giornata davvero brutale. Per questo ho continuato a guadagnare vantaggio. Meglio farlo quando si può. Oggi è stato un bel giorno.

Applausi per Quintana: «Adesso sono fiducioso»

19.05.2024
5 min
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LIVIGNO – La faccia non è di quelle tristi di chi ha perso una tappa. Anche da dietro gli occhiali, si capisce che Nairo Quintana sorride. A parte il terrore per la curva pendente, stretta e in sterrato, in pratica un baratro, dopo l’arrivo, poi il volto del colombiano si distende.

Asciugamano attorno al collo. Diversi colpi di tosse. Ma anche il tifo dei suoi connazionali. Il rumore fastidioso dell’ennesimo elicottero porta-vip e finalmente il corridore della Movistar inizia a raccontare. La gentilezza è rimasta quella di un tempo.

Nairo Quintana (classe 1990) dopo l’arrivo ai 2.385 metri del Mottolino, secondo a 29“ da Pogacar
Nairo Quintana (classe 1990) dopo l’arrivo ai 2.385 metri del Mottolino, secondo a 29“ da Pogacar

Nairo risorge

Tra i prati innevati del Mottolino per rubare un pezzetto di scena all’azione bellissima di Tadej Pogacar, serviva lui. Serviva un campione importante. A spingere Nairo erano in tanti. Rivederlo ai vertici ha fatto piacere a tanta gente. E la ressa per intervistarlo dopo il traguardo la dice lunga.

«Era una tappa che mi piaceva – spiega Quintana – era molto difficile, c’era molto dislivello. Ci pensavo da quando era iniziato il Giro d’Italia. Peccato essere arrivato al Giro in una condizione non facile. Ma aver tenuto duro è stato importante. E questa tappa è stata emozionante, molto significativa per me».

Nella testa dello scalatore scattano tante cose. Oggi Quintana è tornato ad assaporare, come lui stesso ha detto, le sensazioni di una volta. E probabilmente è per questo motivo che sorride. «La strada – aggiunge – è quella giusta».

Questa frazione misurava 222 km e 14 erano oltre i 2.000 metri: quote che piacciono molto a Nairo
Questa frazione misurava 222 km e 14 erano oltre i 2.000 metri: quote che piacciono molto a Nairo

Mai abbattersi

E’ vero: Pogacar se lo è divorato. Una volta era lui a fare così, ma gli anni passano, la concorrenza oggi più che mai è spietata e i problemi non si può dire non ci siano stati per Nairo. Ma essere ancora qui a lottare è stato significativo.

«Pogacar – riprende Quintana – è stato molto forte. E’ solido e può vincere tutto quello che vuole. Dalla macchina mi dicevano che Tadej era uscito e che dovevo accelerare. Così ho fatto. Il mio è stato un passo importante, ma quando mi ha ripreso sapevo che tenerlo sarebbe stato molto difficile. A quel punto mi sono gestito, cercando di non andare fuori giri e di salire regolare nel finale. Pogacar voleva vincere… c’era poco da fare».

Durante le partenze delle tappe al mattino si parla. E tra le varie chiacchiere Max Sciandri, il suo direttore sportivo, ci aveva detto che Quintana sicuramente sarebbe venuto fuori col passare dei giorni. «Uno col suo motore – aveva detto il tecnico toscano – prima o poi emerge. Anche se non è al top. Gli altri caleranno di più». E così è andata.

Vedere Nairo in piedi è una rarità, ma sapendo dell’attacco di Pogacar stava spingendo a tutta
Vedere Nairo in piedi è una rarità, ma sapendo dell’attacco di Pogacar stava spingendo a tutta

Non finisce qui

Se poi ci si mette anche l’esperienza il gioco è fatto. O almeno sarebbe stato fatto se non ci fosse stato Pogacar. Quintana è stato nella fuga. Dapprima con qualche compagno, poi da solo. Ha contribuito all’attacco, ma sempre senza esporsi troppo. 

Il colombiano è uscito allo scoperto quando era il momento giusto. Quando bisognava dare tutto. Quando ci si avvicinava alle sue quote, quelle del Foscagno, valico over 2.000 metri. E lo ha fatto col suo tipico intercedere: rapporto lungo, spalle fisse verso l’anteriore e nessuna espressione. Sembrava andasse piano. Sembrava…

«Io ero convinto oggi – riprende Quintana – ho spinto forte, ma come ho detto Pogacar voleva vincere. Il Monte Grappa? Eh, lo conosco, lo conosco… lì ho bei ricordi (ci vinse al Giro 2014, ndr). Aspettiamo dai. Il Giro non è finito e adesso sono più fiducioso».

Contador intervista Quintana, tra i due un gesto d’intesa prima di congedarsi
Contador intervista Quintana, tra i due un gesto d’intesa prima di congedarsi

Intesa tra scalatori

Poco prima che lo staff lo caricasse sull’ovovia per tornare a valle, arriva Alberto Contador, inviato di Eurosport. Lui e Nairo parlano in spagnolo. Alberto gli pone più o meno le stesse domande, salvo che Quintana aggiunge che merito di questo suo miglioramento è anche del buon clima che si respira in squadra. «C’è armonia. Ci aiutiamo e le cose vanno bene. Ringrazio la squadra per avermi riportato alle competizioni».

Una volta loro due se le davano di santa ragione, adesso le loro strade sono separate. Ma finita l’intervista tra i due campioni scatta come un gesto d’intesa. Un’intesa tra scalatori. Alberto gli dice all’orecchio, probabilmente gli sospira un: «Bravo». Poi appoggia la sua spalla a quella di Nairo, che contraccambia e ribatte. «Es bueno, es bueno…».

E la fiducia o quel “es bueno”, non sono solo di facciata o di sensazioni. Negli ultimi 15 chilometri, cioè da quando è scattato Pogacar, Nairo è stato il terzo più veloce. Ha incassato 2’58”, una decina di secondi in più di Bardet, che però non era stato in fuga tutto il giorno, ma aveva sempre viaggiato coperto a ruota.

Ha ragione Sciandri: il motore, quando c’è, prima o poi viene fuori.

Abus al Giro d’Italia? E’ in corsa con tre team

13.05.2024
3 min
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Il (primo) centenario dalla fondazione di Abus rappresenta un’occasione celebrativa straordinaria. Quale cosa migliore se non metterla in evidenza anche attraverso uno degli eventi ciclistici più iconici come il Giro d’Italia 2024? 

«Con grande soddisfazione – ha dichiarato Charlie Hancock, Category Manager Mobile Security di Abus Italia – quest’anno Abus corre il Giro con ben tre squadre: il Team Movistar di Nairo Quintana, il Team Tudor con Alberto Dainese e Matteo Trentin, e il Team Alpecin Deceuninck con Nicola Conci, alla quarta partecipazione alla corsa rosa. Per Abus è un vero e proprio traguardo storico, la prima grande corsa a tappe nel corso della quale così tante squadre si affidano ai nostri prodotti. Ma cosa rende questo momento così significativo?

«La risposta è nel fatto che i nostri caschi alto di gamma, utilizzati da Tudor e Movistar, sono Made in Italy: una tangibile testimonianza del nostro impegno finalizzato all’eccellenza artigianale e alla qualità. E’ un’emozione vedere i nostri caschi e i nostri accessori in azione al Giro, sapendo che sono stati concepiti e realizzati con grande dedizione in Italia. Con il Team Alpecin Deceuninck siamo invece partner per quanto riguarda la sicurezza».

100 anni di storia

Quest’anno Abus ha presentato la seconda generazione del celebre casco GameChanger, un vero e proprio concentrato di tecnologia e innovazione. Ogni dettaglio di questo casco aerodinamico è stato progettato con un solo scopo: garantire prestazioni di altissimo livello. Collaborando con atleti professionisti e producendo in Italia, i tecnici Abus hanno potuto mettere a punto un prodotto che soddisfa esigenze estremamente elevate.

Le esperienze acquisite nel ciclismo professionistico, frutto di collaborazioni strette con importanti realtà agonistiche e straordinari atleti, svolgono un ruolo cruciale nello sviluppo e nell’innovazione dei caschi per il ciclismo. Attraverso sinergie con aziende leader nel settore, Abus ha canalizzato una vasta gamma di conoscenze, di abilità e di tecnologie avanzate per creare prodotti di serie di alta qualità. L’evoluzione del casco per il ciclismo non è solo una questione di protezione, ma anche di prestazioni ottimali e comfort. Grazie alla esperienza nel campo del ciclismo professionistico, Abus ha compreso le impegnative sfide e le esigenze degli atleti di livello mondiale. E questa consapevolezza ha consentito di progettare e produrre caschi che non solo rispettano gli standard di sicurezza più rigorosi, ma offrono anche un’elevata aerodinamicità, leggerezza e ventilazione.

Abus in occasione della corsa rosa festeggia i 100 anni di attività
Abus in occasione della corsa rosa festeggia i 100 anni di attività

I feedback dei pro’

«Ogni singola fase del processo di sviluppo del prodotto – prosegue Hancock – è guidata da una ricerca approfondita e da un costante impegno verso l’eccellenza. Collaboriamo con esperti del settore, ingegneri e atleti professionisti per testare e perfezionare ogni singolo dettaglio del casco. A partire dalla forma del guscio esterno alla disposizione dei canali di ventilazione interni. Questo approccio orientato alla qualità ci consente di garantire che ogni casco sia un prodotto di serie di alta qualità, pronto a offrire prestazioni superiori.

«Inoltre, la nostra stretta collaborazione con atleti professionisti ci consente di mantenere un vantaggio competitivo nel settore. Osservando da vicino le esigenze degli atleti e raccogliendo feedback dettagliati sul campo, siamo in grado di identificare rapidamente le tendenze emergenti, adattando i nostri prodotti di conseguenza».

Abus

Quintana: 10 anni fa vinceva il Giro, ora spera in una tappa

29.04.2024
4 min
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Ormai ci siamo: è tempo di Giro d’Italia. Tra i suoi protagonisti ce n’è uno che figura dietro le quinte, ma che è stato un nome importante della corsa rosa, tanto da vincerla nel 2014. Avrete capito che stiamo parlando di Nairo Quintana.

L’asso colombiano dopo le controverse vicissitudini di doping è tornato quest’inverno alla corte di Eusebio Unzue, alla Movistar dunque. La squadra che lo lanciò nei pro’ ormai una dozzina di anni fa.

Nairo durante la presentazione della sua GF che si terrà a Quindío il 28-30 giugno prossimi. Eccolo col governatore di Quindio, Juan Miguel Galvis
Nairo durante la presentazione della sua GF che si terrà a Quindío il 28-30 giugno prossimi

Danni e dolori

Nairo non è più, almeno per ora, quello di un tempo. Vuoi per l’età, vuoi perché i giovani avanzano e vuoi per una caduta che lo ha fortemente rallentato in primavera, tanto da fargli saltare anche il Giro dei Paesi Baschi. Poche settimane prima infatti, al Catalunya, Quintana è finito in terra due volte, risultato: lesione di un tendine dello sterno e lussazione di una clavicola.

Danni che hanno messo in dubbio la stessa partecipazione al Giro d’Italia, specie dopo aver detto di no anche al Tour of the Alps. Anche perché come ha detto lui stesso oltre al dolore c’era l’incertezza. L’incertezza di un infortunio particolare, del quale non si conoscevano a fondo le tempistiche del recupero.

Quintana, in accordo col team, è così volato in Colombia. Lì almeno, pur stando a casa, poteva sfruttare l’effetto della quota e sempre lì si è potuto curare. Lo ha fatto con un medico della federciclismo colombiana presso la sede del club di calcio di “casa” a Tunja, il Boyacá Chicó, che milita nella prima divisione.

Per quel poco che si è visto sin qui la stagione di Quintana non è stata esaltante, ma al Giro potrà riscattarsi
Per quel poco che si è visto sin qui la stagione di Quintana non è stata esaltante, ma al Giro potrà riscattarsi

Anche in mtb?

Quintana non è nuovo al prepararsi da solo a casa, poi venire in Europa, correre e fare bene, ma a 34 anni è tutto più complicato, specie appunto dopo un infortunio. In più sembra che nei primi giorni dopo la caduta non potesse pedalare sulla bici da strada e abbia sfruttato una mtb, che gli consentiva una posizione del braccio più idonea per il suo problema. Non è il cammino ideale insomma.

Nairo è atteso in Italia pochi giorni prima della grande partenza da Torino. Lui stesso ha dichiarato di aver sofferto molto. «È stata dura – ha detto a Ciclismo a Fondo – arriverò al Giro d’Italia non come volevo o nelle migliori condizioni, ma correrò bene e sicuramente alla fine dell’ultima settimana starò molto meglio che all’inizio» .

Che potrà andare in crescendo ne siamo quasi certi anche noi. Nairo non è comunque un corridore banale. Il talento c’è e il motore resta di quelli potenti, anche se non è più pronto per la lotta per la classifica generale. 

Bisogna poi considerare altri due aspetti: nel 2023 non ha gareggiato e questo conta. E tra il Covid a fine febbraio e la caduta al Catalunya, ha messo nel sacco appena 15 giorni di corsa.

Nel 2014 Quintana vinse il Giro d’Italia su Uran e Aru
Nel 2014 Quintana vinse il Giro d’Italia su Uran e Aru

Per le tappe

Ma quindi cosa potrà combinare Quintana nella corsa rosa? «Punterò alle tappe», questa la summa del suo intervento in occasione della presentazione della sua Granfondo che si terrà a fine giugno.

Rispetto alla tradizione, la Movistar presenta una squadra non solo per la salita, ma anche per le volate, grazie alla presenza di un altro colombiano d’eccezione, Fernando Gaviria. Poi per le montagne ci saranno appunto Quintana e Rubio, senza dimentica Pelayo Sanchez.

«Io ed Einer Rubio andiamo al Giro d’Italia per cercare la vittoria nelle tappe di montagna – ha detto – daremo il massimo per farlo. Le due volte che sono venuto al Giro è andata bene. Se guardo dietro non mi sembra possibile che siano già passati dieci anni da quando ho vinto il Giro. Però ricordarlo oggi mi emoziona molto». Tra l’altro, curiosità, visto che Nairo ha parlato di condizione in crescendo per il finale, alla penultima tappa il Giro propone il Monte Grappa, dove vinse proprio dieci anni fa.

Mentre è storia recentissima che Quintana sia stato visto, e ripreso, durante una sessione di allenamento sulle salite della sua zona. Stava pedalando veramente bene, spingendo forte e alzandosi persino sui pedali, segno che anche la trazione con braccio, clavicola e sterno è a posto.

Il Tour Colombia dalla macchina fotografica di Ilario Biondi

15.02.2024
6 min
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«Per me andare in Colombia è stato come fare un tuffo nel passato. C’ero stato nel 1995 per i mondiali di Duitama, mondiali ai quali sono legatissimo. Per Pantani, per i campioni che emersero in quella gara, per il calore incredibile della gente. Ma era tutto diverso. Era la Colombia di Escobar. Ci dissero di stare attenti, che c’erano rischi e tensioni. Invece fu esattamente il contrario. Ci fu un’accoglienza unica. Quel calore non è cambiato». A raccontare tutto questo è Ilario Biondi, fotografo dell’agenzia Sprint Cycling, inviato all’ultimo Tour Colombia.

Da oltre 40 anni, Biondi fotografa il ciclismo in tutto il mondo. Dalle pellicole in bianco a nero alle più moderne camere digitali. Da Moser a Pogacar, dal più piccolo dei gregari al campione affermato… persino juniores e dilettanti sono finiti nel suo obiettivo. Ilario ci racconta quindi il suo Tour Colombia visto e vissuto dalla macchina fotografica.

Che tifo

Sei tappe nel cuore della Nazione andina. Sei tappe che hanno toccato le località simbolo del ciclismo e dei corridori colombiani. Duitama, appunto. Zipaquirà, casa di Bernal. Tunja quella di Quintana… La corsa mancava dal 2020, poi il Covid ci ha messo lo zampino. Ma senza più la gara in Argentina, San Juan, ecco che il Tour Colombia è divenuto il grande appuntamento del ciclismo sudamericano.

«Ho ritrovato un amore sconfinato per il ciclismo – racconta Biondi – specie nella zona di Boyaca. Lì, in tanti, ma veramente in tanti, vanno in bici… Magari alcune non sono super bici perché la situazione economica non è facile per tutti, ma la quantità di ciclisti che ho visto è qualcosa che mi ha colpito. Così come mi ha colpito il tifo: mi sento di dire che è ai livelli del calcio per calore ed intensità. E quanta gente a bordo strada: spesso sembrava di essere ad un tappone del Giro d’Italia o del Tour de France».

L’abbraccio della folla è sempre stato potente verso tutti, ma chiaramente gli idoli di casa erano i più osannati. E per questa gente, che certo non naviga nell’oro, dedicare delle ore al ciclismo, magari incide nella loro economia spicciola più che altrove. Ma si sa, alla passione non si comanda.

«Se dovessi stilare una classifica di popolarità – dice Biondi – il più acclamato mi è sembrato Nairo Quintana, poi Rigoberto Uran ed Egan Bernal. Anche Esteban Chaves aveva il suo bel seguito. Ma il fatto che Nairo fosse così sostenuto, nonostante la sua recente vicenda e non abbia corso nell’ultimo anno, non me lo aspettavo proprio. E’ considerato un Dio».

Caos e colori

Un bel caos dunque. E tanti colori. Sveglia all’alba per dirigersi alla corsa. Start verso le 10 e arrivi per le 13,30-14. Il tutto con un’organizzazione mossa e spinta da un grande entusiasmo.

«Per andare alle tappe – prosegue Biondi – c’era un bel traffico. La sveglia spesso era alle 6,30 e tra il fuso orario e anche la quota, visto che eravamo quasi sempre sul filo dei 2.500-2.600 metri, non era così facile. Non si riposava benissimo a 2.500 metri e qualche mal di testa da montagna non è mancato a noi europei. Un giorno ci siamo ritrovati a 3.100 metri e ammetto che muoversi a quelle quote con l’attrezzatura fotografica sulle spalle si faceva sentire».

Le stesse quote però secondo il fotografo romano incidevano anche sulle foto vere e proprie. Aspetti tecnici che solo un occhio esperto può cogliere a fondo.

«In effetti c’era un’altra luce e questo è fondamentale per i colori. Immagino dipendesse dall’alta quota. L’aria era più pulita e rarefatta, il cielo era limpido, di un azzurro intensissimo. Tutto ciò accendeva i colori. Ed emergevano forti: il giallo, il blu, il rosso della bandiera colombiana. Colori davvero brillanti».

«Non essendo un fotografo colombiano non cercavo per forza, o solo, la cronaca della corsa. Cercavo quelle cose caratterizzanti, che raccontassero di più. La faccia particolare, la frutta a bordo strada, gli indios».

Carapaz brillante

Ma con 40 e passa anni di esperienza e tante, tante corse vissute da dentro, Biondi ha affinato anche un certo occhio tecnico-sportivo. Il fotografo, che spesso è in corsa sulla moto, a volte conosce i corridori meglio dei giornalisti. Tra loro si stabilisce un rapporto di fiducia, che verosimilmente parte dalla condivisione della strada o di un temporale strada facendo. 

«In generale – spiega Biondi – ho visto bene i corridori colombiani, sia perché era la loro corsa, sia perché molti sono più avanti nella preparazione (specie quelli locali che non sono negli squadroni del WorldTour e sfruttano questa vetrina mondiale per mettersi in mostra, ndr). E infatti ha vinto Rodrigo Contreras della Nu Colombia».

«Tra i big ho visto bene Carapaz. Tra l’altro il suo attacco sull’Alto del Vino è stato anche un bel momento da dietro la macchina fotografica: questo scatto tra due ali di folla. Un grande tifo e gran baccano».

«Ho visto un buon Bernal. Egan ha provato ad attaccare, specie quando si passava nelle sue terre. Una sua vittoria sarebbe stata una bella storia: il ritorno dopo l’incidente. Così come lo è stata quella di Mark Cavendish. L’ex iridato che torna al successo dopo l’addio è stata una bella vetrina per il Tour Colombia stesso».

Quintana, la caduta all’inferno e la lenta risalita

15.02.2024
6 min
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ZIPAQUIRA (Colombia) – A prima vista, nulla è cambiato. Indossa nuovamente gli stessi colori, quelli azzurri della Movistar, la bicicletta è la stessa che lo ha portato ai suoi più grandi trionfi: la Vuelta del 2016, il Giro d’Italia di due anni prima, i tre podi del Tour de France. Ma quando guardi Nairo Quintana direttamente negli occhi, è tutto diverso. C’è qualcos’altro nello sguardo: la felicità.

Un anno fermo a causa del tramadol che lo ha fatto uscire dall’Arkea e dal ciclismo per la porta di servizio, tanto lavoro al buio e nel silenzio. Allenamenti faticosi, come quelli di un ciclista professionista in attività, ma senza alcuna gara segnata sul calendario. Con mille dubbi su cosa avrebbe portato il futuro. Con tanto per cui combattere, una battaglia di cui non ha visto a lungo la fine, finché è arrivato di nuovo qui, a casa sua, nella Movistar che lo ha riaccolto e gli ha fatto tornare il sorriso.

Fu nella conferenza stampa del 25 gennaio 2023, successiva alla squalifica, che Nairo annunciò la voglia di non ritirarsi
Fu nella conferenza stampa del 25 gennaio 2023, successiva alla squalifica, che Nairo annunciò la voglia di non ritirarsi

Scalatore nato

Se c’è qualcosa nell’indole di Nairo, è la lotta costante. Non arrendersi mai. C’è una ragione se è uno scalatore nato. Andare in salita fa parte di lui, come vincere le gare. Ma dopo aver raggiunto la cima della montagna, Nairo Quintana si è ritrovato a precipitare negli inferi nel 2022, risultato positivo al tramadol che lo ha condannato all’ostracismo. All’oscurità. Ora, fedele ai suoi geni di escarabajo colombiano, torna a salire verso la luce.

«E’ vero che sono felice, ho fatto un lavoro instancabile. Nessuno sa quanto sacrificio c’è voluto per starmi accanto. Avevo bisogno di questa pausa dopo tanti anni di gare, che mi hanno aiutato a rafforzarmi e acquisire maturità, oltre a trascorrere del tempo con la mia famiglia».

Alla presentazione del Movistar Team a Madrid a dicembre: per Quintana, le domande di Delgado
Alla presentazione del Movistar Team a Madrid a dicembre: per Quintana, le domande di Delgado

Idolo per la sua gente

Compie 34 anni nel bel mezzo della presentazione delle squadre del Tour Colombia, la corsa con cui inizia per lui una nuova era.

«Non mi sento vecchio, ma è vero che ho già qualche capello grigio», scherza e sorride. Non smette di farlo. Nella sua Tunja viene accolto come un eroe, il Tour Colombia gli ha riservato una mezza dozzina di guardie del corpo. I tifosi gli avvicinano i figli solo perché Nairo li tocchi. Affinché li benedica. Quintana è l’idolo ciclistico del suo Paese, in una corsa che vede al via anche Bernal, Uran, Chaves e Carapaz, ecuadoriano, ma amato qui come se fosse del posto, visto che è cresciuto come ciclista in Colombia.

«La sua storia umile, il fatto che provenga da una famiglia di agricoltori e tutto ciò che fa per la gente della campagna ha avuto un grande impatto sulle persone», concordano molti fan e giornalisti colombiani quando gli viene chiesto.

La voglia di tornare è tanta, per ora Quintana deve solo ritrovare il ritmo gara
La voglia di tornare è tanta, per ora Quintana deve solo ritrovare il ritmo gara

L’affetto della gente è straripante. Rappresento questa terra da più di un decennio e le persone provano gratitudine e simpatia. E’ stato il suo punto di partenza per ricostruirsi come corridore. Ma Nairo è molto più di un ciclista: «Ho due figli, ho aziende in cui sono sempre molto presente per prendere decisioni e non voglio invecchiare in bicicletta». Lo ha ben chiaro. Anche per questo ha firmato per un solo anno con il Movistar Team.

L’incontro di Andorra

Tutto è stato definito ad Andorra, alla partenza della quarta tappa della Vuelta a España, lo scorso anno. Quel giorno Quintana incontrò Eusebio Unzue e gli lanciò una richiesta di aiuto. Nessuna squadra voleva che tornasse ad essere un ciclista.

«Avevamo parlato a lungo già in precedenza, ma quel giorno c’è stato un vero e proprio riavvicinamento», ha spiegato. La forma e la base del ciclista, che gli hanno permesso di raggiungere i livelli più alti, non sono mai andate perdute neppure in questo anno di stop e punizioni, «che ritengo siano state eccessive». Ecco perché ora dà molto più valore alle cose, sorride più che mai. «Sono di nuovo come un bambino, come quando sono arrivato per la prima volta alla Movistar più di dieci anni fa».

Il ritorno in gara dopo un anno di punizione e lo sguardo incuriosito di Cavendish che ascolta
Il ritorno in gara dopo un anno di punizione e lo sguardo incuriosito di Cavendish che ascolta

Grandi troppo in fretta

Il ciclismo in cui ritorna Nairo Quintana è uno sport pieno di giovani stelle cresciute molto in fretta, ritmi diabolici e pretese estreme. «E’ un problema piuttosto serio. Non lasciamo che i bambini siano bambini, li professionalizziamo ancora molto giovani», afferma. «Non stanno godendo del ciclismo come dovrebbero, motivo per cui così tanti giovani lo abbandonano. Io passai professionista a 21 anni – ragiona – mentre oggi a quell’età la sfida è vincere il Tour de France».

Intanto però assicura di avere «buoni numeri». Anche se nella tappa regina del Tour Colombia, la prima prova del fuoco, ha concesso più di 6 minuti ai migliori all’arrivo dell’Alto del Vino, quando si è staccato a più di 20 chilometri dal traguardo, proprio all’inizio dell’ultima salita. «So che per raggiungere il miglior punto di forma mi ci vorranno un paio di gare», dice per tranquillizzarsi.

Il suo volto è indurito come una maschera precolombiana, che racconta mille avventure
Il suo volto è indurito come una maschera precolombiana, che racconta mille avventure

Ritorno in Europa

Il suo percorso, iniziato nella sua terra natale, proseguirà la prossima settimana nel Gran Camiño, dove si misurerà con Jonas Vingegaard, la Volta a Catalunya e il Paesi Baschi prima del Giro d’Italia, suo grande obiettivo dell’anno insieme alla Vuelta a España, nella quale condividerà i gradi con Enric Mas.

«Sono tornato alla Movistar per divertirmi e completare la squadra. Per aiutare Enric Mas e perché insieme possiamo fare un ottimo lavoro». Ma tutto, per ora, rappresenta una grande incognita nel percorso di ricostruzione di Nairo. Lungo la salita verso la luce dopo la discesa agli inferi. «Spero di essere paziente e che la gente capisca che è difficile ritrovare il ritmo della gara, anche se in allenamento ho dei buoni numeri. Ho lavorato al massimo nei mesi scorsi – afferma – e spero di tornare presto con i migliori».

Chiede solo una cosa a questo 2024: «La felicità». Semplice. «Voglio divertirmi sulla bicicletta. Sarò contento di vincere qualche gara. Sarò contento nello stare con i migliori. E questo mi rende felice. Ecco perché sono tornato ed è quello che voglio fare. A prescindere dal fatto che ci siano o meno le vittorie, la felicità è essere nuovamente lì, in buona posizione».

Quintana alla Movistar? Il segreto di Pulcinella…

29.10.2023
6 min
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Avevamo ascoltato per l’ultima volta le parole di Nairo Quintana durante la conferenza stampa in cui ribadì la sua voglia di tornare ad essere un corridore. La squalifica dal Tour de France del 2022 per l’uso del Tramadol aveva portato alla rottura del contratto (appena rinnovato) da parte dell’Arkea-Samsic alla vigilia della Vuelta e sul colombiano si era abbattuta la maledizione dell’UCI: nessun team lo avrebbe più preso.

Il Tramadol è un analgesico oppioide piuttosto diffuso, vietato nelle competizioni dal 2019. Nairo ha sempre detto di averlo assunto per combattere i postumi della caduta in avvio di Tour. La sanzione, in caso di positività, è la squalifica dalla corsa, ma nulla di più. Il colombiano avrebbe potuto correre la Vuelta e andare avanti, ma la squadra lo fermò e il Tas non se la sentì di sconfessare l’UCI.

«Voglio tornare a gareggiare – aveva ugualmente detto Nairo – mettere il numero, sentire l’esigenza di rispondere a una squadra, il dolore alle gambe per la fatica, ma anche la soddisfazione della vittoria o di aver dato il massimo fino al traguardo, voglio questo. Ne ho bisogno perché la competizione è in me, ma ho anche bisogno di un ambiente migliore per poter essere calmo e concentrato su di essa».

Nel 2022, Quintana ha chiuso il Tour al sesto posto, ma il risultato è stato cancellato a causa del Tramadol
Nel 2022, Quintana ha chiuso il Tour al sesto posto, ma il risultato è stato cancellato a causa del Tramadol

Atleta e imprenditore

E’ passata una stagione e si è verificato quello che è sembrato a lungo una sorta di segreto di Pulcinella. Dopo varie ipotesi fra cui l’Astana, Quintana torna al Movistar Team, la squadra in cui divenne professionista e in cui ha scritto le più belle pagine della sua storia sportiva: contratto di un anno. Nel frattempo però, Nairo non è stato con le mani in mano. E se la quotidianità degli allenamenti in solitudine è stata particolarmente pesante, altrettanto fervida è stata la sua attività imprenditoriale.

Sul sito nairo.com.co si possono acquistare capi di abbigliamento specializzati per il ciclismo e per il tempo libero. C’è poi la Granfondo Nairo Quintana, che si svolgerà dal 24 al 26 novembre a Santander (Colombia) mentre proprio in questi giorni si sta correndo l’edizione messicana. E poi ci si sposta sul fronte della ristorazione, con il Cafè 9.3 Concept Store, situato in una delle zone più esclusive di Bogotà, in cui si mostra la magia della Colombia attraverso gusto, moda e immagini. 

Infine El Parche de Nairo, una delle iniziative più recenti: un ristorante a tema che si trova a Bogota, a Muebles Guaymaral. Al suo interno, i ciclisti e gli altri avventori potranno trovare cibo tipico colombiano, un’officina per biciclette, parcheggio per auto e biciclette, ma anche abbigliamento sportivo e accessori per biciclette.

Ritorno a casa

Quintana ha 33 anni e ha vestito la maglia della Movistar dal 2012 al 2019. Impossibile dimenticare i suoi scatti davanti a sua maestà Chris Froome nel Tour del debutto (2013), come pure la vittoria al Giro d’Italia 2014 (foto di apertura), la Vuelta 2016 e i tre podi del Tour (2013, 2015, 2016).

«Sono entusiasta di tornare a casa – ha dichiarato quando ha potuto finalmente raccontare tutto – è stato un anno difficile. Notti senza dormire, tanti giorni di enormi sacrifici, salendo sulla bici e provando ad andare avanti, con la pioggia o con il sole. Però ne è valsa la pena. Non perderò l’occasione. Conosco i valori della squadra, i valori di questo sport. Darò il massimo per fare bene e voglio contribuire perché la Movistar ottenga i risultati migliori».

Durante il 2023, Quintana ha continuato ad allenarsi da solo o nelle gran fondo, ma anche ad Andorra (foto Instagram)
Durante il 2023, Quintana ha continuato ad allenarsi da solo o nelle gran fondo, ma anche ad Andorra (foto Instagram)

La sfinge Unzue

Eusebio Unzue è un dirigente vecchio stampo e se finora aveva tenuto la bocca chiusa deve aver avuto le sue valide ragioni. Non ultima, viene da pensare, l’aver fatto le verifiche necessarie con i piani alti dell’UCI che contro il ritorno di Nairo si erano implicitamente espressi. Forse un anno di purgatorio, come un anno di squalifica, è stato ritenuto sufficiente.

«Devo dire che Nairo – ha spiegato Unzue – è un grande rinforzo. Ha solo 33 anni ed è in forma. Lo so bene, perché non ha mai smesso di allenarsi ad Andorra, dove vive con tutta la sua famiglia e mantiene un ottimo rapporto con Enric Mas, il leader della squadra. Ovviamente lavorerà proprio per lui nei grandi Giri, ma avrà l’opportunità di dimostrare che è ancora un vincente in altre gare».

Per la Movistar, che non è riuscita a prendere Carlos Rodriguez e lavora perché Enric Mas possa arrivare al livello di Vingegaard e Pogacar, l’arrivo di Quintana non è soltanto un’operazione di immagine

La sfida del Ventoux con Froome lanciò Quintana al grande pubblico nel Tour del 2013
La sfida del Ventoux con Froome lanciò Quintana al grande pubblico nel Tour del 2013

L’intesa con Mas

Nairo è un uomo mite, dal fisico esile e il carattere d’acciaio. Negli anni passati non fu facile per gli altri leader convivere con lui, tanto che alla fine la convivenza con Landa non portò i buoni frutti sperati (singolare che entrambi siano passati a fare i gregari!). Ora che avrà per forza più miti pretese e visto che lo stesso Mas non sembra un tipo particolarmente focoso, forse l’unione farà davvero la forza.

«Ringrazio Movistar, Telefónica e il team – ha salutato Quintana – per questa grande opportunità, che aspettavo da tanto tempo. Con il cuore e con le gambe darò tutto, per loro e per i tifosi. Spero che questo ciclo porterà molti successi».

Mixino Evo Mips: storia, tecnologia e continua evoluzione

27.03.2023
3 min
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Catlike, con il suo casco Mixino Evo Mips, ha una tradizione di lunga data nel ciclismo. Solo per restare ad un recente passato, hanno gareggiato con i caschi Catlike gli atleti del Movistar Team ed in particolare campioni del calibro di Nairo Quintana, Alejandro Valverde. Negli anni le collaborazioni si sono susseguite in maniera continua ed ognuna di queste ha donato qualcosa al marchio Catlike. Dal punto dell’estetica e della tecnologia, ma anche e soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo. Nel 2023 la collaborazione si è spostata in America, Catlike, affianca infatti gli atleti del Team Novo Nordisk.

Catlike, con il suo casco Mixino Evo Mips, è accanto al team statunitense Novo Nordisk
Catlike, con il suo casco Mixino Evo Mips, è accanto al team statunitense Novo Nordisk

Un prodotto sempre nuovo

Negli anni i ritocchi e i miglioramenti tecnici sono stati molti, ma la base di partenza del Mixino Evo Mips è sempre stata solida. Si tratta di un casco leggero, con un’ottima ventilazione, confortevole e che garantisce una grande sicurezza. 

Il Mixino Evo Mips è costruito con ben 39 fori e con più del 40% della parte frontale aperta,  sono proprio questi numeri a fornire la miglior ventilazione possibile. Caratteristica rafforzata anche dalla tecnologia Dual Flow, che permette di mantenere l’interno del casco sempre fresco: la posizione dei fori è infatti progettata per creare un flusso aerodinamico che porta l’aria calda dalla parte frontale fino a quella posteriore, espellendola. 

I supporti imbottiti sulla parte frontale permettono di bloccare la discesa del sudore quando ci si trova in posizione bassa.
I supporti imbottiti sulla parte frontale permettono di bloccare la discesa del sudore quando ci si trova in posizione bassa.

Regolabile e comodo

La comodità è una di quelle qualità fondamentali nel momento in cui si passano tante ore in sella. Le imbottiture interne del Mixino Evo Mips sono morbide e non stringono eccessivamente la testa. La fascia di ritenzione posteriore è regolabile in tutte le direzioni tramite un rotore. 

Le regolazioni sono millimetriche e asimmetriche, il lato destro e quello sinistro sono infatti liberi di essere sistemati in maniera indipendente. Nella parte occipitale si trovano due supporti imbottiti, regolabili longitudinalmente, che permettono di trovare il fit corretto. Due soluzioni che alzano ancora di più il livello di comodità di questo casco. 

Sicurezza

La sicurezza, soprattutto quando si va in bici, è un argomento fondamentale e Catlike lo sa. Il casco Mixino Evo Mips non fa eccezione, grazie anche alle sue grandi qualità tecniche. Tutti i 39 fori sono progettati con tecnologia Hexagon, ovvero disegnati con forma ad alveare, così da avere sempre due parti strutturali solide in caso di impatto. 

L’interno della calotta vede l’inserimento di una rete in kevlar, lo stesso materiale utilizzato dai giubbotti antiproiettile. Come suggerisce anche il nome questo casco vede l’utilizzo della tecnologia Mips nella sua nuova versione: la Mips Air Node

Il Mixino Evo Mips è in vendita al prezzo di 200 euro, la versione senza Mips costa invece 163 euro.

Catlike

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