L’occasione mancata: Sciandri ripensa a Nairo sul Mottolino

11.12.2024
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Diciannove maggio 2024: Manerba del Garda-Livigno. Quella fu la giornata che Maximilian Sciandri, direttore sportivo della Movistar, ricorda con un misto di orgoglio e rammarico.

Sulle grandi montagne del  Giro d’Italia, Nairo Quintana tornò protagonista dopo un lungo stop. Peccato che sulla sua strada trovò un certo Tadej Pogacar che con un’impresa di potenza, gli strappò la vittoria di tappa ai 2.300 metri del Mottolino.

Max Sciandri (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della Movistar
Max Sciandri (classe 1967) è uno dei direttori sportivi della Movistar
Allora, Max, qual è stata la tua occasione mancata durante questa stagione?

La tappa del Mottolino al Giro. Nairo era in una fuga… una fugona! C’erano più di 30 corridori in avanscoperta. Noi avevamo dentro appunto Nairo, Pelayo Sanchez, che aveva già vinto una tappa e un altro che ora non ricordo. Ne avevamo tre in quella fuga.

Ci credevate insomma?

Moltissimo. Decidemmo subito di fare la corsa per Nairo. Lui rientrava dopo un anno di stop e doveva dosare bene le energie. Ma era in crescita e poi quelle salite e quelle quote erano il suo terreno. La tappa andò come previsto. La fuga prese un buon vantaggio, ma a ripensarci oggi…

A ripensarci oggi…

Beh, quel giorno si è discusso molto tra chi doveva tirare, chi no. Mi è stato detto che Nairo non contribuiva tanto e questo ha frenato un po’ il ritmo. So, per certo che a quel punto anche Alaphilippe, che sa il fatto suo, non ha tirato a tutta. Questo per me ha limitato un po’ il vantaggio che si poteva accumulare. Alla fine, Pogacar ha ripreso la fuga a un paio di chilometri dall’arrivo. Se ci fosse stato un gap maggiore, probabilmente Nairo avrebbe potuto vincere.

Fuga numerosa, Quintana (mentre beve) cerca di risparmiare. Se avesse spinto di più, le cose sarebbero cambiate?
Fuga numerosa, Quintana (mentre beve) cerca di risparmiare. Se avesse spinto di più, le cose sarebbero cambiate?
Ma se ci fosse stato un gap maggiore, non pensi che Pogacar sarebbe partito prima?

No, non credo, perché non c’era chi poteva impensierirlo per la classifica. Ma certo una volta avuta la fuga a tiro ci ha provato. Pogacar era talmente forte che ha ripreso tutti ad a una velocità impressionante.

Quando avete capito che non ce l’avrebbe fatta?

Quando Pogacar si è avvicinato ed era a 30-40 secondi. Anche se mancavano meno di 3 chilometri a quel punto era impossibile tenerlo. La vittoria era irraggiungibile.

Quel giorno avete provato a motivare Nairo di più? Gli avete detto qualcosa per radio?

Sì, ci abbiamo creduto fino alla fine. Gli altri corridori in fuga hanno dato tutto per tenere viva l’azione, Nairo come detto ha economizzato un po’ e infatti è andato più avanti di tutti. Io gli dicevo di crederci. Sul finale ha preso il microfono anche Eusebio (Unzue, il team manager, ndr). Era arrivato proprio quel giorno. Anche lui è stato molto carino. Sentirlo emozionarsi alla radio è stato speciale. Insomma è un dirigente, un proprietario di team esperto… eppure era lì con noi.

Meno di 3 km all’arrivo. Da dietro come un falco arriva Pogacar, Nairo è spacciato… Alla fine però sarà secondo
Meno di 3 km all’arrivo. Da dietro come un falco arriva Pogacar, Nairo è spacciato… Alla fine però sarà secondo
E dopo la tappa come è andata? Quella sera a cena, cosa avete detto a Quintana?

Quando ho fatto il “giro delle stanze” gli ho fatto una battuta che poi in qualche modo è girata per tutto l’anno nel nostro team. Gli ho chiesto: «Nairo, ma ti sei divertito?». Lui mi ha guardato un po’ sorpreso e ha risposto: «Non me l’aveva mai chiesto nessuno. Mi sono divertito tantissimo, Max».

Una risposta inaspettata per un campione come lui!

Sì, ma è importante ricordarsi che, oltre ai sacrifici, il ciclismo deve anche divertire. Alla fine come dico sempre tutti “facciamo i compiti a casa”: allenamento, ritiri, alimentazione in un certo modo, giorni lontani dalla famiglia… e serve anche vivere le corse con più spensieratezza, anche nei momento clou. Quella battuta, in qualche modo, ha fatto il giro della squadra e al termine delle riunioni sul bus, soprattutto Quintana concludeva con un: «Ragazzi, divertiamoci».

Pensi che quella tappa gli abbia dato fiducia per il futuro?

Sicuramente. Arrivare secondo dietro il più forte al mondo è un risultato importante. Gli ha dato conferme e la consapevolezza che può esserci ancora. L’anno scorso per lui era importante correre, quest’anno arriva alla nuova stagione con tutta un’altra testa, più convinto e più deciso rispetto al 2024.

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Moro: «Il 2024 come anno zero, ora voglio specializzarmi»

30.11.2024
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La prima stagione nel mondo del WorldTour, in maglia Movistar Team, per Manlio Moro non è stata facile. Il ventiduenne di Pordenone si è scontrato con il ciclismo dei grandi dopo le tre stagioni corse in maglia Zalf Euromobil. Un fisico imponente per il friulano, alto 190 centimetri e con peso di 81 chilogrammi. Numeri che lo inseriscono di diritto tra gli uomini dotati di grande potenza, ma che devono trovare il loro modo di correre. La giusta dimensione per poter performare al meglio. 

Moro dopo tre anni corsi in maglia Zalf è passato professionista con la Movistar
Moro dopo tre anni corsi in maglia Zalf è passato professionista con la Movistar

Subito nel mezzo

Il team spagnolo in Moro ha creduto fin da subito, nonostante fosse al suo primo anno nella massima categoria non gli è stata preclusa alcuna esperienza. Era partito dall’Australia, con Tour Down Under e Coppa del mondo su pista, per poi volare in Belgio e affrontare le pietre per la prima volta. Manlio Moro infatti ha anche le gambe e il fisico di uno che può fare bene su pista, lo ha dimostrato e Marco Villa punta molto su di lui. Nonostante i pochi giorni di gara messi insieme, appena 31, parlando con il friulano emerge che il 2024 non è stato un anno semplice. 

«Per ora mi sto godendo gli ultimi giorni a casa – racconta Moro – in compagnia della mia ragazza. E’ un periodo un po’ più tranquillo, nel quale ci alleniamo ma riusciamo anche a fare altro e stare insieme prima dell’inizio della stagione. Sono ormai due settimane che ho ripreso ad allenarmi, e pian piano ho iniziato ad aumentare i carichi di lavoro. Ripartire non è mai facile, anche fare due ore di uscita risulta faticoso (dice con una risata, ndr)».

Con il team spagnolo ha siglato un contratto triennale con scadenza nel 2026 (foto Instagram/GettyImages)
Con il team spagnolo ha siglato un contratto triennale con scadenza nel 2026 (foto Instagram/GettyImages)
Hai già avuto modo di parlare con il team?

Sì. Partirò dall’Australia, come fatto lo scorso anno, poi andrò a correre al UAE Tour e infine in Belgio, ma non so ancora bene quali corse farò lassù. Rispetto al 2024 mi è stata aggiunta la corsa a tappe emiratina, la squadra ha deciso così e va benissimo. Sarà un modo per aiutare i compagni e fare esperienza. 

Facciamo un salto indietro al 2024, che anno è stato?

Il salto nel WorldTour si è fatto sentire, è stato impegnativo. Direi che se devo fare un riassunto di questa stagione la etichetterei come un’annata in cui ho fatto esperienza. Mi è servita a capire come funziona il mondo del ciclismo professionistico. E’ stato comunque un anno ricco di appuntamenti, perché oltre alla strada c’erano le Olimpiadi di Parigi su pista. Uno dei miei obiettivi era partecipare e ci sono riuscito.

Al primo anno nel WT Moro ha messo insieme esperienze di alto livello, qui alla Omloop Het Nieuwsblad
Al primo anno nel WT Moro ha messo insieme esperienze di alto livello, qui alla Omloop Het Nieuwsblad
Com’è stato cercare l’equilibrio tra strada e pista al primo anno nel WorldTour?

Non facile. Parigi era un obiettivo molto grande, per raggiungerlo ho fatto diversi cambi di programma e in questo la squadra mi è stata di grande supporto. Ho saltato alcune gare per andare ad allenarmi su pista o fare qualche ritiro con la nazionale e loro non mi hanno mai detto nulla. 

Nelle esperienze che hai fatto su strada hai capito che corridore puoi diventare?

Non ancora in realtà. Il 2025 sarà il primo vero anno da professionista, nel quale riuscirò a concentrarmi al massimo sulla strada. Voglio andare alle corse e scoprire in quale parte del gruppo posso collocarmi. Questa stagione è servita per fare gare e fare esperienza. Dal prossimo anno vorrei specializzarmi. 

Non sono mancate nemmeno le Classiche Monumento, eccolo nella Foresta di Arenberg (foto Instragam/Team Movistar)
Non sono mancate nemmeno le Classiche Monumento, eccolo nella Foresta di Arenberg (foto Instragam/Team Movistar)
Hai però un’idea di cosa ti piace?

Le Classiche sicuramente. Poi per il mio fisico e le mie caratteristiche penso mi serva una stagione solida per costruire e fare un gradino in più. 

Passiamo alla pista, che effetto ha fatto andare a Parigi?

Bellissimo. Era il mio obiettivo e sono felice di averlo raggiunto. Ho dato tutto per arrivare al 100 per cento ed ero consapevole di essere al massimo del mio potenziale. Sono stato selezionato come riserva e non ho corso, ma posso dire con certezza che se fossi stato chiamato in causa sarei stato pronto. 

Moro al suo primo anno da professionista ha messo insieme 31 giorni di corsa, per il resto si è dedicato alla pista
Moro al suo primo anno da professionista ha messo insieme 31 giorni di corsa, per il resto si è dedicato alla pista
Come vedi il rapporto con la pista per il 2025?

Ci sono un po’ di cose da capire. Molta gente la lascerà da parte e anche io farò qualche gara in meno. Sicuramente non sarò agli europei, visto che cadono nello stesso periodo del UAE Tour. Nel prossimo anno voglio concentrarmi sulla strada, anche perché dal 2026 ci sarà da costruire l’appuntamento di Los Angeles 2028

Sembra lontano, ma non lo è affatto.

Non è un appuntamento che si prepara in un mese, ma come minimo in due anni, se non qualcosa in più. Devi abituare il fisico a un determinato sforzo. Quello che ho detto prima non significa che lascerò la pista, anzi. Continuerò comunque a curarla e ad allenarmi. Anche perché determinati lavori in strada non li può fare. Ci sarà da organizzare bene il tutto. 

Il friulano, classe 2002, è uno dei papabili uomini per il quartetto in vista di Los Angeles 2028
Il friulano, classe 2002, è uno dei papabili uomini per il quartetto in vista di Los Angeles 2028
Anche perché sei uno dei più papabili per il quartetto in vista di Los Angeles…

Da qui a quattro anni possono succedere tante cose, non è un periodo di tempo breve, ma passa in fretta. E’ presto per parlare della composizione del prossimo quartetto, è certo che io voglio provare a esserci. 

Intanto tra poco si parte per il primo ritiro, e la macchina ripartirà a girare.

L’8 dicembre andremo in Spagna, fino al 18. Poi si ritorna a casa, si passa il Natale in famiglia e sarà già tempo di volare in Australia. Penso di partire poco dopo il 25, ho degli zii che vivono lì e approfitterò dell’appoggio per andare e allenarmi. Servirà un po’ di tempo per abituarsi alle temperature australiane. 

A tu per tu con Cat Ferguson, pronta al grande salto

16.10.2024
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Ha iniziato l’anno con un argento mondiale nel ciclocross. Su pista ha conquistato l’oro nell’inseguimento a squadre e nell’omnium. Fino all’apoteosi di Zurigo, con i trionfi a cronometro e nella gara in linea, senza neanche contare tutti i successi intermedi, fra pista e strada, che fanno di Cat Ferguson una vera dominatrice della categoria. Qualcosa di abbastanza simile a quel che era al tempo Remco Evenepoel e infatti la britannica ha “varcato il Rubicone” anche prima del previsto, passando professionista con la Movistar già a inizio agosto. Ma l’appuntamento con le maglie iridate era troppo appetitoso per farselo scappare…

Nel ciclocross la Ferguson aveva colto l’argento ai mondiali, battuta dalla francese Gery
Nel ciclocross la Ferguson aveva colto l’argento ai mondiali, battuta dalla francese Gery

Un paio di vittorie anche nella massima serie dimostrano che la britannica è già matura per importanti traguardi anche tra le “grandi” e attende con impazienza la nuova stagione. Ma intanto è giusto dare uno sguardo a quanto avvenuto e capire da dove è scaturita questa supremazia. La ciclista di Skipton, finalmente libera da impegni, si è sottoposta volentieri alle domande scaturite da un’annata da ricordare.

Quest’anno hai dominato la categoria juniores: in che cosa sei cresciuta di più rispetto alla scorsa stagione e da che cosa nasce tanta differenza?

Ovviamente sono più vecchia di un anno. Quindi con il tempo, l’età e più allenamento sono migliorata, ma non solo nelle prestazioni, penso di aver fatto un passo avanti in tutte le piccole cose che alla fine ti fanno fare il salto di qualità ed essere una ciclista migliore. Io dico sempre che molto conta dove vivo, la realtà intorno a me, che mi porta ad avere un atteggiamento sempre positivo e costruttivo in allenamento. Vivo nello Yorkshire e qui la cultura del ciclismo è molto profonda, condivisa. Da sempre, quando ci si allena in gruppo, presto diventa una gara. E questo alla lunga paga.

Con le compagne del Shibden Hopetech Apex con cui ha condiviso l’attività junior
Con le compagne del Shibden Hopetech Apex con cui ha condiviso l’attività junior
In quale maniera?

Mi ha permesso e mi ha insegnato a essere molto determinata e a non mollare mai. Uso questi principi in ogni cosa della vita, ma soprattutto nel mio allenamento. E penso che sia questo che mi ha portato a un certo successo.

Hai vinto sia corse d’un giorno che gare a tappe: dove ti trovi meglio?

Io preferisco le corse a tappe, soprattutto quelle che prevedono percorsi difficili, salite dure. Preferisco sempre fare selezione, avendo uno sprint buono ma nulla più, con molte atlete forse anche più dotate di me in questo. Certamente il tracciato di Zurigo era in questo senso l’ideale per me.

Ai mondiali su pista due medaglie d’oro dopo quella europea nella madison (foto X)
Ai mondiali su pista due medaglie d’oro dopo quella europea nella madison (foto X)
Quanto è stato importante il passaggio anticipato alla Movistar?

Era maggio quando il contatto si è concretizzato, penso che come team siano davvero disposti a fare tutto il meglio per ogni singolo appartenente alla squadra. E’ una cosa che mi ha colpito moltissimo, guardano sì alle esigenze del team, ma anche e soprattutto a quelle del singolo, mettono tutto a disposizione per farlo rendere al meglio. Capisco che hanno grande fiducia in me, in quel che potrò fare e mi hanno subito fatto fare esperienze fra le grandi. Per me è più una famiglia che una squadra. Tutti vanno così d’accordo e lo staff è incredibile. Ogni corsa la vivono come se stessero pedalando loro…

Al di là delle vittorie mondiali, è sembrato spesso che la categoria ormai fosse troppo limitante per te. Quanto ti è servito correre contro le professioniste pur avendo solo 18 anni?

Non mi aiuta molto. Penso che correre con la mia generazione mi abbia insegnato molto in termini di tattica, ma soprattutto come imparare dai molti errori che anch’io ho fatto. Cose come la mia alimentazione e l’atteggiamento mentale verso le gare, si sviluppano tutte nelle gare junior più brevi. Entrando nelle gare pro’ io spero si tratti solo di estendere il mio protocollo nutrizionale e piccole cose del genere, continuando a migliorare e a crescere.

A Zurigo dominio nella crono con 34″ sulla Chladonova (SVK) e 36″ sulla Wolff (GBR)
A Zurigo dominio nella crono con 34″ sulla Chladonova (SVK) e 36″ sulla Wolff (GBR)
Tu però hai già corso e vinto fra le grandi. Tra la vittoria ai mondiali e quella alla successiva corsa belga, la Binche-Chimay-Binche qual è stata più difficile?

Il mondiale, su questo non c’è alcun dubbio soprattutto considerando la posta che c’era in palio…

Continuerai a correre su pista e nel ciclocross?

La strada diventa ora il mio primo obiettivo, ma la pista resta nei miei programmi per tutti i benefici che dà e le prospettive che garantisce. Per il ciclocross vedremo, anche in base alla preparazione per la nuova stagione.

Nella prova in linea vittoria nello sprint ristretto, dopo l’argento dello scorso anno
Nella prova in linea vittoria nello sprint ristretto, dopo l’argento dello scorso anno
La Movistar ti ha inserito subito nel team principale, hai saltato completamente il devo team. Ti senti pronta per affrontare subito una stagione di WorldTour?

Non si può fare altrimenti. Non è come nel mondo maschile dove c’è una vera categoria U23, un calendario loro riservato, qui anche i devo team fanno attività di vertice. Quindi penso che sia giusto saltare direttamente il fosso e fare attività al massimo livello, anche se nel team sapranno come gestirmi. Io penso di essere pronta, ma continuerò a prenderla molto lentamente e serenamente, non farò le grandi gare in questo primo anno. Mi concentrerò ancora sul mio sviluppo anche se sono in una squadra del WorldTour, la mia priorità sarà migliorare e dare il mio apporto al team.

Quali sono le corse che pensi siano più adatte a te fra le grandi classiche e le corse a tappe?

Io credo che le classiche del Nord siano adatte ai miei mezzi, le esperienze che sto accumulando nelle prove belghe me lo confermano. Ma, ripeto, ci voglio arrivare per gradi, senza bruciare le tappe.

Volata d’autore alla Binche Chimay Binche. La Movistar ha trovato l’erede della Van Vleuten?
Volata d’autore alla Binche Chimay Binche. La Movistar ha trovato l’erede della Van Vleuten?
Molti ti indicano protagonista ai prossimi Giochi Olimpici di Los Angeles. Il sogno olimpico che cosa rappresenta per te?

E’ davvero speciale, quasi una motivazione a fare quello che faccio. Le ho guardate sin da quando ero piccola e sognavo di andarci. Quindi è sicuramente un mio grande obiettivo. Al tempo dicevo che volevo competere in qualsiasi sport, ora ho trovato quello giusto…

Manlio Moro, da Parigi a Copenaghen tra pista e strada

09.09.2024
5 min
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Dopo le Olimpiadi, il finale di stagione arriva più rapido di un battito di ciglia. Come per tanti atleti, quello a cinque cerchi per Manlio Moro è stato un importante crocevia, ma ora è tempo di guardare a ciò che il resto del calendario gli riserva.

Al friulano di Pordenone non sono mancati gli stimoli – e probabilmente nemmeno le difficoltà – per far combaciare tutto. Il primo anno da pro’ di Moro, per di più nel WorldTour con la Movistar, ha coinciso con quello olimpico. Due battesimi di lusso che si sono trasformati in due esperienze fondamentali per un ragazzo di 22 anni che sta crescendo dando sempre il proprio contributo. Prima di Parigi, Moro ha vinto l’oro agli europei U23 in pista nell’inseguimento a squadre, bissando quello del 2022. Dopo Parigi, è ritornato a correre su strada senza perdere di vista l’ultimo obiettivo in pista di ottobre.

Quest’anno Moro ha corso poco su strada per preparare gli appuntamenti in pista, però vuole trovare il ritmo gara in fretta
Quest’anno Moro ha corso poco su strada per preparare gli appuntamenti in pista, però vuole trovare il ritmo gara in fretta
Manlio come sta procedendo quest’ultimo periodo?

Attualmente sono a casa di Rachele (Barbieri, la sua fidanzata, ndr) per allenarmi recuperando da una caduta al Renewi Tour in Belgio. All’inizio della quarta tappa sono volato a terra procurandomi abrasioni ovunque. Subito avevo paura di essermi rotto il gomito, che aveva un taglio profondo e si era gonfiato in fretta. Fortunatamente non è stato così e ho rimediato tutto con qualche punto di sutura. Ho fatto qualche giorno fermo e qualche altro in bici senza forzare, ma adesso ho già ripreso a fare ore e dislivello con lavori più specifici.

Sono quei classici intoppi che danno più fastidio perché ti rallentano anziché per il dolore.

Ovviamente cadere e farsi male non piace a nessuno, ma in questo caso, visto che alla fine me la sono cavata con poco, è stato un vero peccato perché avevo voglia di correre. Quest’anno, per forza di cose, ho accumulato meno di trenta giorni di gara. La Movistar sapeva che la mia stagione su strada sarebbe stata condizionata dalla pista a Parigi. Comunque il programma non è finito.

Cosa prevede il tuo calendario?

Dovrei correre il GP Wallonie e il Super 8 Classic (18 e 21 settembre, ndr), poi farò il resto del calendario italiano anche se mi devono confermare tutto. Voglio farmi trovare pronto e sono molto motivato a farlo. Anche perché poi ci saranno i mondiali in pista a Copenaghen fra poco più di un mese (16-20 ottobre, ndr). Fra poco torneremo in pista ad allenarci perché è un altro nostro obiettivo importante. Vedremo se farò solo il quartetto o altre prove.

Riavvolgiamo il nastro per un attimo ritornando nel velodromo di Parigi. Cos’hai vissuto lassù?

Le Olimpiadi sono state un’esperienza incredibile. E’ stato bellissimo essere lì. Come dicevo prima, ho lavorato sodo per essere a disposizione del cittì Villa. Sapevo che non avrei corso, però sono contento di aver fatto parte della spedizione. Forse l’unica cosa che mi dispiace, che non è imputabile a noi, è non aver ricevuto la medaglia di bronzo, anche se io non ho mai gareggiato nelle qualifiche. Bisogna dire che questa situazione non è mai stata chiarita dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale, ndr). In ogni caso non ho rimpianti, penso alle prossime Olimpiadi.

Sei stabilmente nel gruppo azzurro del quartetto con cui hai vinto l’oro europeo 2023 e due argenti mondiali negli ultimi due anni. In tanti sostengono che se Ganna dovesse prendersi una pausa dalla nazionale, non ci sarebbero troppi problemi grazie alla tua presenza. Cosa ne pensi?

Eh (sorride e sospira, ndr) mi fa piacere essere considerato il sostituto di Pippo, ma non esageriamo. Certamente abbiamo caratteristiche fisiche simili ed io in questi anni ho imparato anche da lui come essere sempre di più un vagone importante per il quartetto. Non so e non credo se Ganna stia facendo questa riflessione, io penso solo a farmi trovare pronto. Questo deve essere il mio mantra.

Visto il cenno alle prossime Olimpiadi, prima di allora a cosa punta Manlio Moro?

Fino a Los Angeles vorrei fare un bel salto di qualità su strada, soprattutto nelle prossime due stagioni. Per il 2025 cercherò di lavorare in modo profondo in inverno per avere già una buona base per le prime gare. Naturalmente non voglio mollare la pista. Sono due attività compatibili, ma totalmente diverse. Bisogna pianificare bene gli allenamenti e i programmi. In Movistar (con cui ha il contratto fino al 2026, ndr) mi trovo molto bene e mi lasciano spazio per la pista.

Migliorare a crono è uno degli obiettivi di Moro nei prossimi anni. Un lavoro che può tornare utile per la pista
Migliorare a crono è uno degli obiettivi di Moro nei prossimi anni. Un lavoro che può tornare utile per la pista
Ritornando in strada, cosa ti ha detto finora questa tua prima stagione da pro’?

E’ stato un bel salto dagli U23. Il ritmo è completamente diverso. Non esistono più gare facili. Non esistono più gare in cui vai per “fare la gamba” in vista delle altre corse. Devi presentarti al via preparato bene. A margine di tutto, quest’anno avendo corso poco non sono mai riuscito a prendere il necessario ritmo gara. Era tutto legato alla preparazione per Parigi, ma sono soddisfatto lo stesso. Adesso ho voglia di fare un bel finale.

Anche Gaviria rivede la luce. Prima il Tour, poi Parigi (su pista)

01.07.2024
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TORINO – Gaviria arriva che tutti i compagni sono già sul pullman. Sorride. Non sorride. Dice che è contento. Dice di no. Arrivare secondo per un velocista di razza è difficile da accettare. Anche se a ben vedere è da tanto che Fernando non alza le braccia. L’ultima volta fu a Duitama, prima corsa di stagione, nel Giro del suo Paese. Poi tanti piazzamenti nei dieci, con il quarto posto nella tappa di Roma del Giro come miglior risultato di primavera e il secondo di oggi a Torino alle spalle di Biniam Girmay.

«Non è vero che è mancato poco – dice – non abbiamo dimostrato nulla. Se avessi avuto le gambe migliori, avrei vinto. Però ci abbiamo provato. La squadra ha fatto un lavoro molto buono, è un peccato non aver ottenuto la vittoria».

Una volta che Girmay ha preso la testa, per Gaviria non c’è stato margine di recupero
Una volta che Girmay ha preso la testa, per Gaviria non c’è stato margine di recupero

Scalatori contro giganti

Max Sciandri passa per un saluto. Stasera il toscano tornerà a casa e scherzando dice di aver avviato la squadra sulla strada giusta. Intanto attorno al corridore del Movistar Team arrivato secondo si concentrano anche le telecamere colombiane. Lui tiene gli occhiali e il casco giallo perché la Movistar è in testa alla classifica. Parla calmo e continua a spiegare.

«Sono soddisfatto di quello che abbiamo fatto – dice – la squadra mi ha aiutato molto. Vedere compagni come Nelson Oliveira e Alex Aranburu davanti a me, che mi sostenevano e mi stavano accanto, è stato importante. Perché alla fine qui ci sono corridori di 90 chili che ti toccano e scalatori che ne pesano 50, quindi il lavoro che hanno fatto per me è da ammirare. Eravamo così concentrati che nemmeno mi sono reso conto della caduta. Oggi volevo fare bene. Ho sentito che era successo qualcosa. Ho sentito che parlavano alla radio, ma ero in un altro mondo».

Al Giro assieme a Consonni, suo buon amico: Gaviria arriva così sul Brocon
Al Giro assieme a Consonni, suo buon amico: Gaviria arriva così sul Brocon

Tra il dire e il fare…

Questa prima tappa, che si pensava sarebbe stata il terreno del primo assalto di Cavendish si è trasformata nel ritorno di Girmay, che a sua volta non vinceva dalla fine di gennaio. Non è più il Tour di una volta che nelle prime settimane proponeva volate su volate. Dopo le prime due tappe piene di dislivello, domani il Galibier sarà un alto ostacolo da scavalcare per poter puntare ad altre volate successive.

«Speriamo di vincerne una – risponde laconico – non so se lo sapete, ma noi corridori vinciamo tante tappe in anticipo e poi alla fine dobbiamo fare i conti con la realtà. Difficile dire se oggi io abbia capito di poter vincere. E’ difficile, perché ogni giorno lo sprint è diverso. Oggi puoi finire secondo, la prossima volta magari avrai le gambe migliori e ugualmente finisci ventesimo. E’ molto difficile sapere come andrà a finire ogni tappa, ma alla fine cercherò di fare ogni giorno del mio meglio».

L’ultima apparizione olimpica di Gaviria in pista fu a Rio 2016, quarto nell’Omnium
L’ultima apparizione olimpica di Gaviria in pista fu a Rio 2016, quarto nell’Omnium

Da Nizza a Parigi

La sua strada porta a Nizza attraverso le montagne e le volate. Poi però da Nizza porterà a Parigi. Nonostante le polemiche, Gaviria correrà infatti le Olimpiadi dell’omnium in pista, tornando a sfidare Viviani davanti cui si inchinò nel 2016 a Rio.

«Però adesso la priorità è il Tour de France – dice – come per tutti i corridori. E’ una delle corse più importanti del mondo ed è una priorità. Più tardi penseremo ai Giochi Olimpici. Forse la preparazione che ho fatto è più adatta a quell’obiettivo, ma in questo momento sono concentrato sul Tour, cercando di fare il meglio che posso. Quando mi hanno detto che sarei andato a Parigi, le sensazioni sono state molto buone.

«Alla fine dello scorso anno ero tornato ad allenarmi in pista e ho fatto il campionato Panamericano. Quest’anno ho ricominciato ad allenarmi in velodromo e nell’ultimo mese ho fatto ancora di più. Quindi mi sento abbastanza bene e motivato da questi nuovi obiettivi che ci siamo prefissati, sia con la squadra che con il Comitato Olimpico. Hanno preso questa decisione e sono contento di rappresentare nuovamente il Paese ai Giochi Olimpici. Perciò innanzitutto speriamo di non superare il tempo massimo di domani sul Galibier. E poi avremo il tempo per pensare a cosa verrà dopo…».

Rubio, colombiano di Benevento: 21 tappe in mezzo ai grandi

31.05.2024
5 min
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In certi casi i piazzamenti hanno un valore particolare. Quello di Einer Rubio al Giro d’Italia, concluso in settima posizione è preziosissimo perché certifica l’ingresso del ventiseienne colombiano di Chìquiza tra i corridori che hanno un valore assodato nei grandi Giri e nel ciclismo odierno non è cosa da poco. Non lo è neanche nell’economia del suo team, la Movistar, che con lui trova una valida alternativa a Enric Mas, orientato sul Tour.

Pochi sanno però che c’è tanto d’Italia in Rubio, che da ormai sette anni vive e si allena in Campania: «Arrivai da junior – racconta – trovando uno spazio all’Aran Cucine Vejus, società di Benevento. Anche allora il ciclismo giovanile italiano era visto come un’ottima strada per fare esperienza e affermarsi. Mai avrei pensato però che il mio legame sarebbe andato oltre e che lì avrei trovato l’amore. Il presidente del team è diventato anche mio suocero, a Pago Veiano mi ci sono stabilito e mi sento davvero a casa».

Gli inizi di Rubio all’Aran Cucine Vejus, dove il colombiano ha davvero trovato casa
Gli inizi di Rubio all’Aran Cucine Vejus, dove il colombiano ha davvero trovato casa
E’ stato un bel salto per te che venivi da oltreoceano…

Mi sono trovato subito bene, io poi sono nato e ho vissuto in campagna e la piccola dimensione del paese di provincia è ideale per me. Oltretutto le strade qui sono poco trafficate, ideali per potersi allenare anche come altimetria, ci sono begli strappi.

Con il Giro d’Italia hai un bel legame. Lo scorso anno avevi sfiorato la Top 10 vincendo la tappa di Crans Montana, quest’anno hai centrato un piazzamento di maggior prestigio ma senza successi parziali. Che cosa è meglio?

Onestamente sono più contento quest’anno. L’11° posto della passata stagione era stato frutto soprattutto di una lunga fuga, questa volta invece sono rimasto quasi sempre nel vivo dell’azione, a contatto dei più forti (salvo uno, naturalmente…). Puntavo al piazzamento in classifica, anche perché conquistare una tappa così è più difficile: lo scorso anno era molto più facile entrare in fuga, questa volta ero “marcato stretto”…

Rubio al fianco di O’Connor. Per tutto il Giro è stato con i migliori, segno di un salto di qualità
Rubio al fianco di O’Connor. Per tutto il Giro èè stato con i migliori, segno di un salto di qualità
Tu l’anno scorso c’eri, ma non c’era Pogacar, quanto ha cambiato la sua presenza, al di là della vittoria?

Tantissimo nell’economia della corsa. C’era un padrone assoluto, lui e il suo team e non si muoveva foglia che non fosse deciso da loro. La fuga aveva senso solo se loro davano il benestare, non inseguivano. Questo ha reso la corsa più irregimentata, lo scorso anno poteva davvero capitare di tutto. Ma lo sloveno è davvero di un’altra categoria.

Prima del Giro come andavano le cose?

Abbastanza bene, ho seguito praticamente lo stesso schema dello scorso anno in modo da arrivare alla partenza già in buona forma. Le corse a tappe come Volta Valenciana (che di fatto sostituiva la trasferta sudamericana dello scorso anno), Uae Tour e Catalunya sono state ideali per affinare la preparazione, poi sono tornato in Colombia per fare il necessario periodo di altura e sono tornato giusto per la partenza di Venaria reale. Ha funzionato tutto.

Il pubblico campano lo sente ormai come un corridore di casa. Rubio risiede a Pago Vejano (BN)
Il pubblico campano lo sente ormai come un corridore di casa. Rubio risiede a Pago Vejano (BN)
Il tuo risultato dà anche un po’ di respiro al ciclismo colombiano, che ultimamente ha messo in mostra meno talenti rispetto al passato. Pensi che quanto successo a Bernal abbia avuto un contraccolpo?

Un po’ sì. I corridori forti ci sono, c’è tanta qualità. Il problema è strutturale e Bernal con i suoi successi copriva un po’ tutto. Per i giovani è difficile trovare sbocchi, perché significa dover andare via, per gareggiare bisogna pagare dalle nostre parti e la mancanza di un team di riferimento si sente. Per me è stato importante non solo venire in Italia, ma trovare poi un team come la Movistar, ideale per me, una vera famiglia dove c’è anche lo stesso mio idioma. E’ la miglior squadra che potessi desiderare.

Hai vissuto momenti difficili al Giro?

Sicuramente in occasione delle due cadute, con la pioggia e con il terreno sconnesso sulle strade bianche. Ho dovuto inseguire e avevo tanta paura di veder vanificati tutti i miei tentativi, soprattutto l’opportunità che avevi di stare con i migliori.

Insieme a Kuss alla Volta a Catalunya. Le medie corse a tappe sono state la sua preparazione
Insieme a Kuss alla Volta a Catalunya. Le medie corse a tappe sono state la sua preparazione
Dove ti rivedremo?

Le vacanze post corsa rosa stanno già finendo, mi aspetta il Giro di Svizzera dove correrò per la classifica puntando a sfruttare la condizione maturata nelle tre settimane. Poi bisognerà decidere che cosa fare per la seconda parte di stagione.

Tornerai alla Vuelta come lo scorso anno?

Il programma dovrebbe essere questo, ma io vorrei testarmi nelle classiche d’un giorno. Quando sono arrivato in Italia vedevo che il calendario era fatto quasi esclusivamente di corse di quel tipo e mi trovavo abbastanza bene, credo che in certe gare potrei dire la mia, diciamo che ci vorrei provare.

Rubio è nato a Chiquiza (COL) il 22 febbraio 1998. E’ in Italia dal 2017
Rubio è nato a Chiquiza (COL) il 22 febbraio 1998. E’ in Italia dal 2017
Ma visto il percorso di Zurigo, un pensierino al mondiale lo fai?

Più di un pensierino… Ne parlerò con il cittì, se mi vorrà allora preparerò la corsa con grande attenzione. Vestire la maglia della nazionale è un grandissimo onore e su quel percorso non andrei certo per fare la comparsa…

Gaviria sta per tornare, ma intanto Cimolai si gode la libertà

16.03.2024
4 min
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PAVIA – Piazza della Vittoria mormora di approvazione e a tratti esplode per il passaggio di questo o quel beniamino. Vigilia della Sanremo, le squadre hanno iniziato a sfilare sul palco dalle 16,30 con una serie di ritardi dovuti al traffico per raggiungere la città. Forse non avendo studiato troppo le carte, alcuni team sono finiti alle porte di Varese, per cui fra andare e venire hanno dovuto sobbarcarsi un viaggio. La Movistar alloggia a San Vittore Olona, 72 chilometri da qui. Per cui quando Cimolai arriva per la chiacchierata che ci eravamo fissati, ci assale un lieve senso di colpa per i compagni che aspettano soltanto lui.

Il team che serviva

La Sanremo magari non è alla sua portata, però il terzo posto all’ultima tappa della Tirreno e gli altri piazzamenti in attesa che Gaviria rientri dalla Colombia dicono che il corridore friulano è in forma e va forte. E se si fosse ritirato come aveva già deciso alla fine della scorsa stagione, avrebbe fatto una sciocchezza.

«A livello di ambiente – dice – questa squadra è quello di cui avevo bisogno per rinascere e fare gli ultimi anni come volevo, valutando anche di chiudere con loro la carriera. Mi hanno detto tutti che avrei fatto una cavolata a smettere, ma il problema è che a livello mentale quello che ho sofferto negli ultimi mesi era troppo. Abbastanza perché prendessi questa decisione. Quello che dispiaceva, soprattutto per le persone che mi stavano vicino, era il fatto che fisicamente fossi ancora competitivo e così mi pare che sia davvero».

Pubblico numeroso a Pavia. Sul palco la Visma-Lease a Bike, orfana di Van Aert
Pubblico numeroso a Pavia. Sul palco la Visma-Lease a Bike, orfana di Van Aert

Ci sono (quasi) tutti

Quando in fondo alla piazza arriva Van der Poel, il boato sale effettivamente di livello. Il campione del mondo si è fermato da una parte a parlare con Philipsen, mentre a pochi metri c’è Jonathan Milan che ha già sfilato sul palco e chiacchiera con Mohoric e gli ex compagni della Bahrain Victorious.

«Ci sono davvero tutti – dice Moreno Moser – mancano soltanto Roglic, Vingegaard e Van Aert e fosse per me, li costringerei a correrle tutte. Farebbero la loro parte e per la gente sarebbe meglio. Bisognerebbe studiare un sistema legato ai punti. Magari per noi che li conosciamo non è un problema, ma la gente si merita di averli tutti».

Il tempo di dargli ragione e torniamo da Cimolai, che ha ancora sul volto il sorriso entusiasta di dicembre al primo raduno della Movistar quando inaspettatamente sentì di essere arrivato a casa sua.

Terzo a San Benedetto, Cimolai battuto da Milan e Kristoff, ma ha fatto meglio di Philipsen
Terzo a San Benedetto, Cimolai battuto da Milan e Kristoff, ma ha fatto meglio di Philipsen
Dovevi lavorare per Gaviria, intanto sei arrivato terzo nella volata più ambita della Tirreno, dietro milan e Kristoff, ma prima di Philipsen…

Ovvio che sono venuto alla Movistar per Gaviria, però mi hanno sempre detto che in sua assenza avrei potuto giocarmi le mie possibilità. E’ stato così fin dall’inizio, anche se onestamente la Tirreno era iniziata male. Fatte le prime due-tre tappe volevo tornare a casa, perché dopo il UAE Tour mi sono ammalato e in quei primi giorni ero davvero in difficoltà. Invece la squadra mi ha tranquillizzato, mi ha detto di vedere come andasse giorno per giorno e alla fine è andata bene.

Il tipico stile Movistar…

Sì, non mi hanno criticato perché non andassi. Però ci tenevano che fossi presente nelle volate nella prima corsa WorldTour e io ho fatto il mio meglio.

Gaviria quando torna?

Fernando è andato a casa dopo il UAE Tour per la nascita del bimbo, ma lo ritroverò già mercoledì a De Panne. Ha risolto tutti i suoi problemi. Ha avuto tante conseguenze nel recupero dalla clavicola rotta. Ha avuto un’infezione, gli antibiotici l’hanno buttato giù a livello di difese immunitarie e quindi ogni tre per due era malato.

Van der Poel è super acclamato: vincitore uscente e grande personaggio
Van der Poel è super acclamato: vincitore uscente e grande personaggio
Quando non c’è Fernando, com’è a livello psicologico la possibilità di fare le tue volate?

Metà è responsabilità e metà una goduria. Ho la mia esperienza e so che quando devo farle, devo gestire la pressione. Quando invece devo tirarle, so che posso anche non essere al top, ma il lavoro riesco a farlo comunque.

Che cosa può fare questo Cimolai alla Sanremo?

Evitare di sognare ed essere onesto. Per come vanno le cose, ci sono 5-6 corridori un gradino sopra. Se tutte le cose vanno bene, mi piacerebbe essere presente nel gruppettino dietro di loro. Quei 20 corridori che si giocano il piazzamento. Fra loro penso che potrei arrivarci.

Movistar: dopo Van Vleuten, largo a Lippert, Norsgaard e Baril

02.03.2024
4 min
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Mentre Annemiek Van Vleuten, loro ex leader, spadroneggiava nella Transcordilleras, rally gravel in Colombia, le ragazze del Movistar Team si sono guardate in faccia per darsi una forma e una direzione, che consenta loro di non far rimpiangere l’olandese d’acciaio. Un po’ come già successo agli uomini nella stagione precedente, quando ad appendere la bici fu Valverde.

La squadra è un affare di famiglia. E se il Movistar Team degli uomini è ancora feudo di Eusebio Unzue, con le donne cresce suo figlio Sebastian detto “Sebas”. I due hanno sperimentato vari attriti, per cui la separazione delle gestioni è parsa la via migliore per portare avanti l’azienda.

La WorldTour femminile non ha nomi stellari e ha visto andar via Sarah Gigante. In compenso ha già vinto con Olivia Baril ad Almeria (foto di apertura) e nei campionati nazionali colombiani con Paula Patino, altro nuovo acquisto. Fra le novità di maggior interesse, c’è lo stage già programmato dal primo agosto per Cat Ferguson, lei sì fenomeno fra le juniores, che lo scorso anno ha vinto il Piccolo Trofeo Binda, come pure il Fiandre, varie tappe qua e là e svariati appuntamenti nel cross.

Liegi 2022, una delle perle di Van Vleuten (per lei 30 vittorie in 3 anni) sul podio con Unzue e Gravalos (CEO di Movistar)
Liegi 2022, una delle perle di Van Vleuten (per lei 30 vittorie in 3 anni) sul podio con Unzue e Gravalos (CEO di Movistar)

Ricostruire dalla base

Come si conviene, tuttavia, abbiamo tirato in ballo il padrone di casa, perché ci guidi nella sua squadra che oggi è al via della Strade Bianche con Jorge Sanz sull’ammiraglia.

«Penso che la rosa sia migliorata – dice Unzue – e il primo aspetto in cui abbiamo fatto un passo avanti è stato l’arrivo di atlete che hanno innalzato il valore della squadra. Altro aspetto significativo è che l’età media si è abbassata e questo parla di ragazze che hanno la possibilità di continuare a progredire e crescere. E se tutto ciò accadrà, sono convinto che i risultati verranno. Saremo super competitivi e ci toglieremo parecchie soddisfazioni. Non dobbiamo avere paura, quanto apprezzare l’opportunità per le ragazze che da anni chiedevano spazio e responsabilità. Annemiek ci ha lasciato dopo tre stagioni incredibili, ma proprio nell’andamento del Tour de France, dove lei è arrivata quarta, abbiamo intravisto un pezzo di futuro».

Lippert batte Kopecky con una volata di forza a Mauriac, 2ª tappa del Tour Femmes
Lippert batte Kopecky con una volata di forza a Mauriac, 2ª tappa del Tour Femmes

Binari paralleli

Il riferimento è al comportamento delle altre atlete del team, che sono riuscite a conquistare due tappe nella grande corsa francese. Liane Lippert ha vinto la seconda, Emma Norsgaard si è portata a casa la sesta. Van Vleuten intanto, marciando sul suo binario parallelo, lottava contro gli anni e lo strapotere della Sd Worx dopo essersi portata comunque a casa la Vuelta, il Giro d’Italia e il Tour of Scandinavia. Una così mancherà per forza.

«Penso che il futuro della squadra – ha dichiarato Unzue allo spagnolo Marca – ruoterà attorno a Liane ed Emma (Lippert e Norsgaard, ndr) e sono convinto che saremo competitivi. So che Annemiek ci mancherà, ma non credo che in gara ci sentiremo inferiori, come non lo siamo stati neppure negli anni scorsi. Dovremo essere bravi a cogliere le opportunità più inaspettate. La sensazione dopo i ritiri e le prime gare è che il blocco a nostra disposizione sia molto interessante e forte».

Tour Femmes, altra vittoria per il Movistar Team: ecco Emma Norsgaard a Blagnac: 6ª tappa
Tour Femmes, altra vittoria per il Movistar Team: ecco Emma Norsgaard a Blagnac: 6ª tappa

Sorpresa Baril

Il parallelo con la squadra maschile torna calzante. La presenza di Valverde teneva a freno le ambizioni di ragazzi che nel frattempo sono cresciuti e che ora, protetti da Mas e dal ritorno di Quintana, potranno dire la loro. Unzue fa l’esempio di Milesi, ma anche di Lazkano che lo scorso anno arrivò secondo alla Dwars door Vlaanderen senza essere conosciuto e quest’anno ha vinto la Clasica Jaen ed è arrivato terzo a Kuurne.

«Con le ragazze – dice – succederà la stessa cosa. Abbiamo vissuto tre anni in cui tutto era definito e per certi versi limitato, a causa del fatto di avere un leader chiaro come Annemiek. Quello che abbiamo fatto nel frattempo è stato progettare, pensando a come sarebbe stato quando lei non ci fosse più stata. Per questo l’anno scorso è arrivata Liane Lippert, che ora non sarà la leader unica, ma certo una delle più importanti della squadra. Non mi piace scaricare tutte le responsabilità sulle spalle di una sola atleta, perché penso che non sia giusto: né per lei né per il resto delle compagne. Penso che ci siano ragazze con sufficiente qualità per assumersela in più di un’occasione.

«Fra loro metto Olivia Baril, il cui arrivo mi esalta. Corre da pochissimo tempo, ma nonostante questo, abbiamo visto dai dettagli che si tratta di un’atleta di alta qualità. Il primo contatto e la conoscenza reciproca sono stati super positivi. E’ molto motivata e ci sorprenderà più di una volta. Ad Almeria ha già cominciato a farlo».

Quintana, la caduta all’inferno e la lenta risalita

15.02.2024
6 min
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ZIPAQUIRA (Colombia) – A prima vista, nulla è cambiato. Indossa nuovamente gli stessi colori, quelli azzurri della Movistar, la bicicletta è la stessa che lo ha portato ai suoi più grandi trionfi: la Vuelta del 2016, il Giro d’Italia di due anni prima, i tre podi del Tour de France. Ma quando guardi Nairo Quintana direttamente negli occhi, è tutto diverso. C’è qualcos’altro nello sguardo: la felicità.

Un anno fermo a causa del tramadol che lo ha fatto uscire dall’Arkea e dal ciclismo per la porta di servizio, tanto lavoro al buio e nel silenzio. Allenamenti faticosi, come quelli di un ciclista professionista in attività, ma senza alcuna gara segnata sul calendario. Con mille dubbi su cosa avrebbe portato il futuro. Con tanto per cui combattere, una battaglia di cui non ha visto a lungo la fine, finché è arrivato di nuovo qui, a casa sua, nella Movistar che lo ha riaccolto e gli ha fatto tornare il sorriso.

Fu nella conferenza stampa del 25 gennaio 2023, successiva alla squalifica, che Nairo annunciò la voglia di non ritirarsi
Fu nella conferenza stampa del 25 gennaio 2023, successiva alla squalifica, che Nairo annunciò la voglia di non ritirarsi

Scalatore nato

Se c’è qualcosa nell’indole di Nairo, è la lotta costante. Non arrendersi mai. C’è una ragione se è uno scalatore nato. Andare in salita fa parte di lui, come vincere le gare. Ma dopo aver raggiunto la cima della montagna, Nairo Quintana si è ritrovato a precipitare negli inferi nel 2022, risultato positivo al tramadol che lo ha condannato all’ostracismo. All’oscurità. Ora, fedele ai suoi geni di escarabajo colombiano, torna a salire verso la luce.

«E’ vero che sono felice, ho fatto un lavoro instancabile. Nessuno sa quanto sacrificio c’è voluto per starmi accanto. Avevo bisogno di questa pausa dopo tanti anni di gare, che mi hanno aiutato a rafforzarmi e acquisire maturità, oltre a trascorrere del tempo con la mia famiglia».

Alla presentazione del Movistar Team a Madrid a dicembre: per Quintana, le domande di Delgado
Alla presentazione del Movistar Team a Madrid a dicembre: per Quintana, le domande di Delgado

Idolo per la sua gente

Compie 34 anni nel bel mezzo della presentazione delle squadre del Tour Colombia, la corsa con cui inizia per lui una nuova era.

«Non mi sento vecchio, ma è vero che ho già qualche capello grigio», scherza e sorride. Non smette di farlo. Nella sua Tunja viene accolto come un eroe, il Tour Colombia gli ha riservato una mezza dozzina di guardie del corpo. I tifosi gli avvicinano i figli solo perché Nairo li tocchi. Affinché li benedica. Quintana è l’idolo ciclistico del suo Paese, in una corsa che vede al via anche Bernal, Uran, Chaves e Carapaz, ecuadoriano, ma amato qui come se fosse del posto, visto che è cresciuto come ciclista in Colombia.

«La sua storia umile, il fatto che provenga da una famiglia di agricoltori e tutto ciò che fa per la gente della campagna ha avuto un grande impatto sulle persone», concordano molti fan e giornalisti colombiani quando gli viene chiesto.

La voglia di tornare è tanta, per ora Quintana deve solo ritrovare il ritmo gara
La voglia di tornare è tanta, per ora Quintana deve solo ritrovare il ritmo gara

L’affetto della gente è straripante. Rappresento questa terra da più di un decennio e le persone provano gratitudine e simpatia. E’ stato il suo punto di partenza per ricostruirsi come corridore. Ma Nairo è molto più di un ciclista: «Ho due figli, ho aziende in cui sono sempre molto presente per prendere decisioni e non voglio invecchiare in bicicletta». Lo ha ben chiaro. Anche per questo ha firmato per un solo anno con il Movistar Team.

L’incontro di Andorra

Tutto è stato definito ad Andorra, alla partenza della quarta tappa della Vuelta a España, lo scorso anno. Quel giorno Quintana incontrò Eusebio Unzue e gli lanciò una richiesta di aiuto. Nessuna squadra voleva che tornasse ad essere un ciclista.

«Avevamo parlato a lungo già in precedenza, ma quel giorno c’è stato un vero e proprio riavvicinamento», ha spiegato. La forma e la base del ciclista, che gli hanno permesso di raggiungere i livelli più alti, non sono mai andate perdute neppure in questo anno di stop e punizioni, «che ritengo siano state eccessive». Ecco perché ora dà molto più valore alle cose, sorride più che mai. «Sono di nuovo come un bambino, come quando sono arrivato per la prima volta alla Movistar più di dieci anni fa».

Il ritorno in gara dopo un anno di punizione e lo sguardo incuriosito di Cavendish che ascolta
Il ritorno in gara dopo un anno di punizione e lo sguardo incuriosito di Cavendish che ascolta

Grandi troppo in fretta

Il ciclismo in cui ritorna Nairo Quintana è uno sport pieno di giovani stelle cresciute molto in fretta, ritmi diabolici e pretese estreme. «E’ un problema piuttosto serio. Non lasciamo che i bambini siano bambini, li professionalizziamo ancora molto giovani», afferma. «Non stanno godendo del ciclismo come dovrebbero, motivo per cui così tanti giovani lo abbandonano. Io passai professionista a 21 anni – ragiona – mentre oggi a quell’età la sfida è vincere il Tour de France».

Intanto però assicura di avere «buoni numeri». Anche se nella tappa regina del Tour Colombia, la prima prova del fuoco, ha concesso più di 6 minuti ai migliori all’arrivo dell’Alto del Vino, quando si è staccato a più di 20 chilometri dal traguardo, proprio all’inizio dell’ultima salita. «So che per raggiungere il miglior punto di forma mi ci vorranno un paio di gare», dice per tranquillizzarsi.

Il suo volto è indurito come una maschera precolombiana, che racconta mille avventure
Il suo volto è indurito come una maschera precolombiana, che racconta mille avventure

Ritorno in Europa

Il suo percorso, iniziato nella sua terra natale, proseguirà la prossima settimana nel Gran Camiño, dove si misurerà con Jonas Vingegaard, la Volta a Catalunya e il Paesi Baschi prima del Giro d’Italia, suo grande obiettivo dell’anno insieme alla Vuelta a España, nella quale condividerà i gradi con Enric Mas.

«Sono tornato alla Movistar per divertirmi e completare la squadra. Per aiutare Enric Mas e perché insieme possiamo fare un ottimo lavoro». Ma tutto, per ora, rappresenta una grande incognita nel percorso di ricostruzione di Nairo. Lungo la salita verso la luce dopo la discesa agli inferi. «Spero di essere paziente e che la gente capisca che è difficile ritrovare il ritmo della gara, anche se in allenamento ho dei buoni numeri. Ho lavorato al massimo nei mesi scorsi – afferma – e spero di tornare presto con i migliori».

Chiede solo una cosa a questo 2024: «La felicità». Semplice. «Voglio divertirmi sulla bicicletta. Sarò contento di vincere qualche gara. Sarò contento nello stare con i migliori. E questo mi rende felice. Ecco perché sono tornato ed è quello che voglio fare. A prescindere dal fatto che ci siano o meno le vittorie, la felicità è essere nuovamente lì, in buona posizione».