Le ambizioni della Tudor, con Trentin e Storer per crescere

16.08.2023
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In questo ciclomercato che da settimane riserva colpi ogni giorno, anche la Tudor ha fatto la sua parte. 7 nuove entrate nel team e neanche un’uscita e già questo è un segnale di rafforzamento che s’innesta in quel processo di crescita con obiettivo entrata nel WorldTour.

Parlando con Claudio Cozzi, uno dei diesse del team, si nota subito che è particolarmente soddisfatto della campagna acquisti svolta sino ad ora. Si parte dal concetto di quantità, per spiegare perché la bilancia pende completamente dalla parte degli acquisti.

Claudio Cozzi è al suo primo anno alla Tudor, ora sta guidando la squadra al PostNord Danmark Rundt
Claudio Cozzi è al suo primo anno alla Tudor, ora sta guidando la squadra al PostNord Danmark Rundt

«Nella scelta dobbiamo tenere conto che il nostro è un team che vuole crescere, che ha ambizioni, ma abbiamo visto quest’anno che con 20 effettivi non riesci a coprire il calendario come vorresti, basta un infortunio, un malessere e la coperta diventa corta. Abbiamo quindi fatto entrare nel team gente giovane e gente d’esperienza per alzare il tasso di qualità generale».

Con gli uomini che avete preso, pensi che anche gli inviti aumenteranno?

Il programma è già stato molto fitto in questo primo anno, chiaramente ci manca la partecipazione a un grande giro, ma considerando le due wild card già assegnate, i posti a disposizione sono pochissimi e privilegiano i team del posto. E’ chiaro però che se hai più cavalli nel motore anche gli organizzatori se ne accorgono e quindi qualche invito in più, da parte di gare prestigiose me lo aspetto.

Per Trentin un mondiale sfortunato. Alla Tudor avrà molte occasioni da leader
Per Trentin un mondiale sfortunato. Alla Tudor avrà molte occasioni da leader
Gli acquisti sono importanti e di nome, proprio il fatto di non avere grandi possibilità di entrare in un grande giro non rappresenta un handicap per squadre come la vostra?

Premesso che non sono io che sono andato a contattare gli atleti, c’è chi è deputato per questo, penso però che alla base della Tudor ci sia un progetto futuribile, ambizioni chiare, un’idea alla base tesa verso una crescita ai massimi livelli. Chi accetta sposa quest’idea per diventarne parte integrante, sapendo che guardiamo lontano e non solo all’immediato.

Partiamo allora nella disamina dei nomi principali partendo da Matteo Trentin

Può portare innanzitutto grande esperienza, parliamo di un ex campione europeo e argento mondiale, uomo che è emerso anche nelle classiche, che anche a Glasgow finché non è caduto era stato protagonista ed era molto promettente in quel che stava facendo. E’ un corridore di alto livello, che può farci fare anche più di uno step in avanti.

Storer vincitore del Tour de l’Ain, a conferma della sua propensione per le brevi corse a tappe
Storer vincitore del Tour de l’Ain, a conferma della sua propensione per le brevi corse a tappe
Ma lo ritieni ancora un vincente?

Io dico di sì, è uno che sa vincere, è un lottatore. Guardate quel che ha fatto al campionato italiano, su un percorso che certamente non era nelle sue caratteristiche ha lottato come un forsennato. Avrà le sue occasioni e lo appoggeremo per ottenere traguardi.

Colpisce l’ingaggio di Storer, uno dei corridori più apprezzati e vincenti nel panorama delle corse a tappe brevi, ma sorprende, tornando al discorso di prima, come abbia scelto un team con difficili prospettive di partecipazione a un grande giro…

Noi intanto siamo un team svizzero, quindi due partecipazioni importanti come al Romandia e al Giro di Svizzera sono assicurate, ma anche altre gare importanti come Tirreno-Adriatico e altre sono pressoché certe. Avrà un calendario adatto per mettersi in mostra, lui come altri ha sposato il progetto e se come tutti speriamo arriverà anche l’invito per un grande giro, si farà trovare pronto. D’altronde anche Michael ha ampi margini di miglioramento, io credo che per lui sia una grande opportunità.

Per Dainese due centri al Giro nel 2022 e ’23. Alla Tudor dividerà gli impegni con l’altro sprinter De Kleijn
Per Dainese due centri al Giro nel 2022 e ’23. Alla Tudor dividerà gli impegni con l’altro sprinter De Kleijn
Alberto Dainese rafforza il vostro comparto veloce…

Noi quest’anno abbiamo già avuto un velocista sugli scudi come Arvid De Kleijn, vincitore anche della Milano-Torino, con Dainese avremo più scelte, i due si potranno dividere, potremo coprire più eventi che è esattamente il nostro intento. Alberto è un ottimo velocista, si è ben visto al Giro 2022 e quest’anno, perché è resiliente, ossia sa emergere anche dopo due settimane di gara, anche il giorno dopo aver superato grandi montagne e non è cosa da tutti. Poi parliamo di un corridore di 25 anni, con tutta una carriera davanti.

Un altro nome da sottolineare è quello di Hannes Wilksch che viene promosso dal vostro team Development. Da molti è considerato uno dei migliori prospetti della sua generazione…

La penso anch’io così, ha fatto un grande Giro Next Gen e ora sarà al Tour de l’Avenir. E’ un ragazzo estremamente serio e molto adulto per la sua età, ho avuto modo di conoscerlo al training camp e l’ho guidato un paio di volte, sa quello che vuole.

Per Wilksch niente mondiali, per preparare al meglio il Tour de l’Avenir
Per Wilksch niente mondiali, per preparare al meglio il Tour de l’Avenir
Anche lui in prospettiva è un uomo da corse a tappe?

Io penso che ha fatto ottimi risultati ma dobbiamo metterlo nella condizione di maturare, come Storer e come tanti altri. Hannes deve anche continuare a formarsi fisicamente, dobbiamo dare tempo a lui come agli altri, senza fretta.

Voi siete ora al Giro di Danimarca, con che prospettive?

Abbiamo una squadra giovane e con un nocciolo locale, con Kamp e i fratelli Eriksson. Vogliamo guadagnarci il pane giorno dopo giorno, lo abbiamo fatto anche ieri in una tappa da tregenda, con una media di 7 forature a team. C’erano tratti dove siamo passati su un autentico pantano, soprattutto sui tratti in pavé sembrava che per terra ci fosse un lago. Tutto si deciderà nel weekend, come sempre succede. Noi forse non siamo della partita per la vittoria finale, ma certamente vogliamo farci notare.

Bettiol sfinito, ma alla fine gli ridevano gli occhi

06.08.2023
4 min
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GLASGOW – Bettiol così stanco non l’abbiamo mai visto. E anche gli altri che passano dopo l’arrivo sembrano superstiti di una tappa di montagna, con le facce nere e le gambe anche peggio, come i distacchi lasciano capire. Il mondiale si è consegnato a Mathieu Van der Poel, ma per una trentina di chilometri il toscano ci ha autorizzati a sperare che l’impossibile fosse a portata di mano.

Trema ancora, dopo essere stato buttato sull’asfalto per qualche minuto eterno. Eppure sotto il velo della fatica c’è incredibilmente un velo di divertimento. Meglio provare a vincere che aspettare, gli chiediamo appena arriva.

«Sì, mi sono divertito – risponde subito – sono emozionato dal lavoro dei miei compagni, della squadra, dei tecnici, dei massaggiatori, i meccanici. Sono fortunato a essere italiano, ci hanno messo nelle condizioni migliori. Io non avevo molte chance di vincere, ho provato a cogliere l’occasione sorprendendo i favoriti. Non bisognava stare nello stesso gruppo di Van Aert, Van der Poel e Pogacar, perciò ho provato ad anticiparli. Mi sono buttato dal burrone e sono caduto. Magari però una volta riusciamo a prendere il volo e a vincere una gara…».

Era questo il bagliore, il sogno che ancora non si è spento nello sguardo. Il senso di averli colti di sorpresa, andandosene anche se nessuno lo seguiva. Si è voltato una, due, tre volte: nessuno. Poi ha puntato il naso davanti, si è abbassato sulla bici ed è andato via da solo.

La caduta di Trentin ha rimescolato tutto?

Io sinceramente l’ho scoperto ora che è caduto, prima non sono riuscito a vedere niente. Guardavo solo avanti, cercavo di capire dove si poteva attaccare, perché comunque è stato un mondiale anomalo. A partire dalla protesta, che ci ha spezzato le gambe a tutti. Tante cadute, tanto stress, tanti rilanci, sono veramente stanco e sfinito.

Non ti abbiamo mai visto conciato così…

Ho veramente dato tutto. Oggi per me era il culmine di un intero anno. Io credevo in questo mondiale, non mi interessava se non era un mondiale adatto a me. Non mi interessava. Io volevo far bene, volevo ripagare il lavoro non solo dei miei compagni, ma di tutti. Di tutte le persone che ci sono dietro, che sono fantastiche e ci rendono orgogliosi. Secondo me abbiamo il miglior staff di tutte le nazionali e io… Io sono contento che vi siate divertiti.

Un salto dal burrone, bella metafora…

Sono molto provato. Avevo forse l’1-2 per cento di chance di riuscirci, ma ho preferito rischiare di vincere che provare a fare un piazzamento. Perché poi sinceramente, arrivare quinto, come pure decimo o undicesimo non mi interessava.

Che testa c’è voluta per continuare dopo che ti hanno preso?

A quel punto, non lo so. Non sapevo quanto avevo davanti, non sapevo quanto avevo dietro. Semplicemente mi son messo lì e ho provato a non pensare a dov’ero. Pensavo solo a finire questo mondiale, che è stato una roba assurda sotto tutti i punti di vista. Un mondiale così non era per me, però sono contento che vi siate divertiti. Ciao ragazzi.

Se ne va dondolando come un soldato ferito, un viandante stanco. Un guerriero, un sognatore che ci ha provato. E così adesso, aspettando Van der Poel subito prima di correre in pista per Ganna, ce ne andiamo anche noi con il senso che in qualche modo ce la siamo giocata. 

Mugello, ore 15. Nata la seconda nazionale di Bennati

02.08.2023
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SCARPERIA – Il sottofondo delle moto invita ad avvicinarsi alla vetrata sulla pista. Le Ducati hanno una voce roca e inconfondibile, ma adesso le parole che ci interessa sentire sono quelle di Bennati. La Federazione ha radunato il ciclismo italiano nella sala stampa del Mugello e il popolo del pedale ha risposto numeroso ed entusiasta. Si presentano nuovi sponsor e si ringraziano quelli che già ci sono, che il presidente Dagnoni omaggia con un rapido pensiero. Debuttano sulla maglia azzurra la Regione Puglia di Michele Emiliano e sull’abbigliamento da riposo Italiana Petroli di Ugo Braghetti.

Poi c’è Eugenio Giani, Governatore toscano, che declama l’amore della sua regione per il ciclismo, ne ricorda i rappresentanti più illustri da Nencini a Bartali, omaggia Martini e Ballerini (presenti le famiglie degli indimenticati cittì) e poi ricorda che da qui il prossimo anno partirà il Tour de France.

La conferenza si è svolta nella sala stampa dell’autodromo del Mugello a Scarperia
La conferenza si è svolta nella sala stampa dell’autodromo del Mugello a Scarperia

Bennati e Ballerini

Dagnoni fa gli onori di casa. Parla del bilancio della sua gestione, delle medaglie passate da 97 a 130 e della difficoltà che i numeri possano crescere ancora. Parla del lavoro silenzioso di Roberto Amadio, collegato da Glasgow, che mette i tecnici nelle condizioni di lavorare al meglio.

«Abbiamo un componente segreto – sorride il presidente federale – che è lo spirito di squadra. Siamo un riferimento. Le parole del governatore Giani mi ricordano che non conoscevo personalmente Bennati, a parte sapere chi fosse come atleta. Ma dopo averlo incontrato vidi in lui gli stessi tratti di tecnico moderno che erano di Ballerini e anche per questo lo abbiamo scelto».

Al Mugello c’era anche Nibali, testimonial di Zerosbatti, che offrirà assistenza legale ai tesserati FCI
Al Mugello c’era anche Nibali, testimonial di Zerosbatti, che offrirà assistenza legale ai tesserati FCI

Emozioni toscane

Quando poi è il momento di entrare nel vivo, la parola va a Bennati, che ha radunato qui in zona i suoi azzurri per costruire il gruppo e vivere in modo più consono l’avvicinamento, sbriciolato dalle tante gare e dal calendario nevrotico.

«Sto vivendo tante emozioni – dice il cittì azzurro – vedendo le famiglie di due figure come Alfredo e Franco che sono state importantissime per la mia carriera, ma soprattutto per la mia vita. Sono contento che abbiano accettato l’invito. Portare avanti quello che hanno fatto loro è una grande responsabilità e, da toscano, un’emozione».

Oss, Bettiol, Baroncini, Bagioli: tanta qualità e il debutto del giovane iridato nel 2021 a Leuven fra gli U23
Oss, Bettiol, Baroncini, Bagioli: tanta qualità e il debutto del giovane iridato nel 2021 a Leuven fra gli U23

I nove azzurri

Al tavolo c’è Marco Velo, in collegamento da Glasgow c’è Paolo Sangalli. Il momento di annunciare le squadre è arrivato. I nomi circolavano, Bennati li conferma.

Correranno nella gara su strada Trentin e Bettiol, Baroncini e Bagioli, Sbaragli e Pasqualon (assente, perché impegnato al Polonia), Oss, Velasco e Rota. Faranno la crono Ganna e Cattaneo. Gli altri nomi vengono diffusi in perfetta contemporanea tramite un comunicato della Federazione. La missione Glasgow può cominciare, allo stesso modo in cui iniziano le domande.

Velasco, Trentin, Rota e Sbaragli: manca Pasqualon, in corsa al Polonia
Velasco, Trentin, Rota e Sbaragli: manca Pasqualon, in corsa al Polonia

Nessuno è imbattibile

«L’obiettivo è vincere – dice Bennati, applaudito – perché siamo l’Italia. La gara dello scorso anno mi ha molto soddisfatto e vogliamo riportare la maglia iridata a casa. Non dobbiamo avere paura. L’anno scorso sapevamo che Evenepoel poteva anticipare e lo ha fatto. Non siamo i favoriti, ma sappiamo anche che nessuno è imbattibile. Non voglio dire che a Wollongong avremmo potuto vincere, forse sarei poco credibile, ma fino ai 500 metri finali eravamo lì per giocarci un argento e il bronzo».

Sulla maglia azzurra compare da quest’anno il logo della Puglia
Sulla maglia azzurra compare da quest’anno il logo della Puglia

Una curva ogni 25 secondi

«Dal 2018, io sono invecchiato – dice Trentin parlando di sé, Van der Poel e Van Aert, fra le risate – mentre loro hanno vinto qualche corsa. Li avevo messi tra i favoriti anche quando a Glasgow vinsi gli europei cinque anni fa, anche se nessuno li conosceva. Venivano dal cross, ma Van der Poel era campione olandese e Van Aert aveva già vinto delle corse dure in Belgio. Restano due dei favoriti, ma se ci sarà pioggia verrà fuori una gara incerta. Ci sarà una curva ogni 25 secondi, non è come l’anno scorso in cui c’erano lunghi tratti per pedalare e in cui chi aveva più gambe poteva fare la differenza. Quest’anno bisogna essere più forti anche a livello tecnico e questo per noi è un vantaggio».

Il piccolo Davide, con la sua maglia intitolata a Gastone Nencini, aveva una domanda per Bettiol
Il piccolo Davide, con la sua maglia intitolata a Gastone Nencini, aveva una domanda per Bettiol

Un bimbo per Bettiol

Dal fondo della sala si alza Davide, uno dei tanti bambini invitati per assistere. Vuole fare una domanda a Bettiol. Cammina come un torello, col microfono in mano e spara secco: «Vorrei chiedere ad Alberto se il percorso gli piace e se intende andare in fuga».

Bettiol lo richiama mentre il bambino si allontana e poi risponde: «Anche se non avevo intenzione di andare in fuga, adesso certamente ci proverò. Non ho ancora visto il percorso, se non nei video di Bennati. Ci sono tante curve, tanti rilanci: servirà avere ritmo nelle gambe. E a me che ho fatto Giro e Tour, manca tutto meno che il ritmo. Bisognerà seguire l’istinto e correre da squadra. Dobbiamo essere sempre in superiorità numerica».

Sangalli, in collegamento da Glasgow, ha spiegato la squadra delle donne
Sangalli, in collegamento da Glasgow, ha spiegato la squadra delle donne

Senza la “Longo”

C’è una domanda per Paolo Sangalli. E’ appena arrivata la notizia che Elisa Longo Borghini non ci sarà, ferma ai box per un’infezione saltata fuori durante il Tour.

«L’assenza di Elisa pesa in modo notevole – dice il cittì da Glasgow – perché lei è un elemento imprescindibile. Abbiamo anteposto la sua salute, come era giusto che fosse. La tattica però non cambia di una virgola, abbiamo atlete capaci di fare bene su quel percorso, compresa Balsamo. Elisa è rientrata al Tour e la pista ci darà modo di valutarla bene».

Bennati al microfono di Stefano Rizzato: le prossime interviste si faranno a Glasgow
Bennati al microfono di Stefano Rizzato: le prossime interviste si faranno a Glasgow

Trentin capitano

La chiusura è per Bennati, prima di approfondire nei prossimi giorni le parole dei corridori. Gli chiedono chi sarà il capitano e l’aretino va dritto.

«Capitano significa tante cose – dice – il capitano sa essere cittì in corsa, un ruolo che nella mia carriera ho avuto diverse volte e che Matteo Trentin sa svolgere molto bene. Solo che rispetto a me sa dare anche la garanzia del risultato (Trentin lo guarda, certe parole lasciano il segno, ndr). Ho un’idea di corsa che condividerò con i ragazzi. Domani faranno l’ultima distanza, un allenamento davvero duro. Poi partiremo. Venerdì andremo a provare il percorso e nel frattempo avremo tutto il tempo per parlare di tattiche e strategie. Non voglio svelare nulla prima di averlo fatto con i miei ragazzi. E forse pure allora, scusate, la terrò per me…».

Per Pogacar e per il mondiale: parole chiare di Trentin

17.07.2023
4 min
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SAINT GERVAIS LES BAINS – Tanto lavoro si fa per qualche buon motivo. Prima chiaramente c’è da vincere il Tour con Pogacar, rinunciando alle proprie chance. Poi però c’è il mondiale di Glasgow, cui Matteo Trentin non può certo essere indifferente. I motivi sono due. Il primo è che l’ultima volta che ha corso da quelle parti, ha vinto il campionato europeo su Van der Poel e Van Aert. Il secondo è che l’ultimo mondiale nel Regno Unito lo aveva praticamente vinto, ma si fece infilare da Mads Pedersen. Detto adesso che il danese vince anche tappe al Tour, potrebbe non essere troppo strano, ma allora fu una bella beffa.

«Per adesso siamo qua – sorride il trentino – tutti molto tranquilli. Abbiamo passato secondo me il punto in cui magari eravamo più in difficoltà, vale a dire la prima settimana. Tadej veniva da un infortunio e adesso sicuramente, mano a mano che passa il tempo, starà sempre meglio. Quindi cos’altro dire? Siamo fiduciosi».

La caduta di San Sebastian lo ha fatto penare con il ginocchio destro
La caduta di San Sebastian lo ha fatto penare con il ginocchio destro

Come nel 2018

Sul ginocchio destro porta un bendaggio, la fisionomia è quella tipica del Tour de France che ti asciuga anche se non ne hai voglia. In questi giorni il lavoro di Trentin è chiaro: tirare in pianura e fino alle prime rampe delle salite, poi farsi da parte. In un modo o nell’altro, anche un buon percorso di preparazione.

«Nei primi giorni purtroppo sono caduto – dice – quindi ho dovuto soffrire molto a causa della botta al ginocchio. Adesso piano piano sta andando per il meglio e quindi anche le gambe iniziano a girare come Dio comanda. Il mondiale avrà un percorso tecnico, un po’ simile a quello su cui corremmo l’Europeo e su cui prima erano stati fatti i Commonwealth Games, anche perché in quella città c’è poco più di qualche curva. Semmai, un fattore molto determinante sarà la pioggia. Se non ci sarà, forse sarà un po’ più facile di quando ho vinto l’europeo, perché si faceva tutto in circuito. Questa volta invece, abbiamo 100 e passa chilometri di trasferimento da Edimburgo, anche se non sembrano troppo tecnici».

Van Aert e Van der Poel hanno lavorato per i compagni, ma si sono anche allenati
Van Aert e Van der Poel hanno lavorato per i compagni, ma si sono anche allenati

Occhio a Van Aert e Vdp

Il Tour è un obiettivo per molti, ma anche una palestra. E così, scorrendo avanti e indietro per il gruppo, Trentin si è accorto di non essere l’unico a pedalare con un secondo fine nella testa.

«Nel 2018 a Glasgow – appunta – mi lasciai dietro Van der Poel e Van Aert, un bel podio da avere nella foto. E credo che anche questa volta fra i protagonisti ci saranno quei due. Li ho visti pedalare molto bene, ognuno fa il suo. Van Aert lavora per Vingegaard, mentre Van der Poel finora ha fatto un grande lavoro per Philipsen. Ora vediamo cosa farà nella terza settimana, dove sicuramente avrà libertà e lo vedremo molto di più».

Ai mondiali di Wollongong 2022, Trentin era il regista in corsa e Bettiol una delle punte. Sarà ancora così?
Ai mondiali di Wollongong 2022, Trentin era il regista in corsa e Bettiol una delle punte. Sarà ancora così?

Getxo poi Barberino

Non resta che finire il Tour, insomma. Poi tirare un po’ il fiato e preparare la valigia per Glasgow, non prima di aver fatto una tappa in Spagna.

«La settimana dopo il Tour – conferma Trentin – dovrei correre a Getxo e poi andare al mondiale, passando per il ritiro di Barberino del Mugello. Ma prima abbiamo ancora da fare qui, lasciatemi andare. Al Tour ci sono sempre un sacco di cose da mettere a posto».

Velasco campione italiano, per favore non svegliatelo

24.06.2023
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COMANO TERME – Le polemiche del dopo arrivo se ne sono andate come fili d’erba nell’acqua del Sarca che scroscia verso valle. Trentin si è allontanato dalla zona di arrivo preferendo non parlare, ma ha tagliato il traguardo fra varie maledizioni. Sbaragli ha parlato di scorrettezze in volata, ma riguardando lo sprint con cui ai 200 metri Simone Velasco ha vinto il campionato italiano, una deviazione c’è stata, ma non è stata la sua. Vittoria pulita, con lo sguardo incredulo fin dopo la riga. Ha dovuto arrivare a 27 anni perché tutti si accorgessero di lui e adesso non vorrebbe più scendere dal palco. I tifosi lo acclamano. Nadia e Diletta, la sua compagna e loro figlia (con lui sul podio, in apertura), lo mangiano con gli occhi

Maini commosso

Più commosso di lui è Orlando Maini, cui si rompe la voce e deve smettere di parlare. Bolognese come il fresco vincitore, lo ha visto crescere e negli ultimi due giorni lo ha osservato con attenzione.

«Questa vittoria – dice Maini, uno dei tecnici dell’Astana qui ai tricolori – è frutto anche di quanto è andato forte Battistella in un momento delicato della gara. L’altro giorno nella crono le qualità di Velasco mi avevano entusiasmato. Oggi è stato freddo. Simone ha il grande vantaggio che stanco contro stanco, lui diventa una bestia. Ha la forza interiore incredibile di un ragazzo che si è creato la sua piccola fortuna dal niente. E’ un bimbetto normale, un ragazzo qualsiasi che vedete lungo la strada durante la settimana. Uno cui piace stare con gli amici e con la famiglia, che lo segue con passione. Ma quando deve fare le cose sul serio, non sbaglia un colpo. Queste vittorie mi emozionano, perché io so cosa vuol dire soffrire».

Leonardo Basso ha tirato nei primi chilometri assieme a Mosca: lavoro invisibile, ma prezioso
Leonardo Basso ha tirato nei primi chilometri assieme a Mosca: lavoro invisibile, ma prezioso

Velasco arriva con gli occhi stralunati e la maglia tricolore che lo fascia stretto e lo fa sembrare anche più piccolo. Sorride. Ride. Ringrazia. Ha voglia di raccontare.

Sapevi di stare così bene?

Ero consapevole della buona forma e l’avevo visto nella crono di giovedì. Io non sono un cronoman, però venendo dalla mountain bike e dal ciclocross, sapevo che allenandomi un po’ potevo limitare i danni, ovviamente in una crono abbastanza adatta alle mie caratteristiche.

Dopo la crono infatti tutti parlavano di te…

Ma oggi era una pagina vuota, tutta da scrivere. Il percorso si addiceva abbastanza alle mie caratteristiche, andava bene per corridori di fondo, quindi ero fiducioso. Poi ovviamente il campionato italiano è un terno al lotto perché si corre in modo atipico rispetto alle altre corse. Tante volte mi è andata male nelle categorie giovanili. L’ho sognata mille e più volte e riuscire a vincerla da professionista davanti alla mia famiglia è un’emozione fortissima.

La squadra ti ha coperto benissimo, Battistella in fuga vi ha permesso di restare coperti.

Ci aspettavamo una fuga un po’ più numerosa in partenza. Abbiamo avuto da subito Basso che ha fatto come sempre un grandissimo lavoro e non è da sottovalutare, come tutti quei compagni che tante volte non vengono nominati per primi, ma che sono fondamentali. Dopo Basso, si è mosso bene Battistella e ci ha permesso di rimanere un po’ più sulle ruote. Io ho cercato di fare il finale, di non sprecare molte energie e farmi trovare pronto se c’era l’occasione. Ma non ero molto certo che li avremmo ripresi. Poi però ho deciso di osare, come c’è scritto nel mio tatuaggio: memento vivere semper…

Battistella in fuga con Rota e Magli ha permesso al resto dell’Astana dietro di restare al coperto fino alle fasi decisive
Battistella in fuga ha permesso al resto dell’Astana dietro di restare al coperto fino alle fasi decisive
Cosa ti ha detto Martinelli durante la corsa?

Martino non l’ho ancora visto, ma era sul percorso. E con il suo carattere sempre furente, a un certo punto mi ha detto: «Oh Velasco, adesso vai!». Io ci ho provato, magari più avanti di dove diceva lui. Sono stato più attendista del solito, però è andata bene.  

Dopo l’arrivo, Moscon ti ha dato un abbraccio lungo una vita.

Con Gianni siamo compagni e amici da anni, perché abbiamo corso insieme da under 23 alla Zalf Fior. Tante volte ci siamo ritrovati davanti nei finali di gara e abbiamo avuto appunto varie chance di giocarci le nostre carte. Abbiamo fatto il Giro insieme, quest’anno è uno dei corridori della squadra con cui ho corso di più ed è bello quando un compagno di squadra viene a dimostrarti la sua felicità. Sono veramente super contento di come i miei compagni mi hanno accolto e abbracciato all’arrivo. Abbiamo dimostrato di essere non solo compagni, ma anche amici.

Hai parlato del Giro, ma non è andato benissimo…

Purtroppo mi sono ammalato dopo la tappa di Viareggio, quindi è stata una guerra finirlo. Ho provato a dare un colpo di coda nella tappa di Bergamo, ma purtroppo sono arrivato sesto, non sono riuscito a fare di meglio. Per cui dopo il Giro ho dovuto recuperare un po’ e parlando con la squadra, abbiamo deciso di andare allo Svizzera per preparare l’italiano e poi staccare definitivamente.

L’abbraccio di Battistella è stato solo il primo: a breve arriveranno tutti i compagni
L’abbraccio di Battistella è stato solo il primo: a breve arriveranno tutti i compagni
E come è andata?

Negli ultimi due giorni, ho voltato la pagina. La condizione sembrava tornata più che decente, ho fatto un’ottima crono finale e da lì c’è venuta una mezza idea di fare la crono di giovedì. Quando non sei troppo stressato, le cose vengono meglio. Io sono venuto qua con zero stress e la cosa ha pagato.

Sai già quando vedremo per la prima volta questa maglia in gruppo?

Con la squadra e con Martinelli abbiamo parlato giusto dopo la crono. Io ora stacco e vado un po’ a rilassarmi all’Isola d’Elba. Un po’ di mare fa sempre bene. Dopo andrò in altura, una quindicina di giorni per rimettere su l’allenamento in vista della seconda parte di stagione. In primis avevamo pensato al Polonia, poi abbiamo pensato che le corse in Spagna sono più adatte a me. Se però Bennati vuole portarmi al mondiale, faccio anche quello. E poi faccio anche la Vuelta… (ride, ndr).

Pensavi di poter vincere così bene in volata?

Sulla carta, Trentin era senza dubbio il corridore più veloce. A me non ci pensano, ma anche io sono veloce. Le volate di gruppo non le faccio perché ho paura, però nei gruppetti ristretti posso dire la mia. Così mi sono detto di stare tranquillo e sono andato avanti senza paura. Ho guardato dove si posizionava Matteo e ho avuto la lucidità di vedere le cose 10 secondi prima che succedessero. Sono partito ai 200 metri e l’ho fatta tutta sulla destra, senza prendermi rischi e senza andare a infilarmi da nessuna parte. E alla fine è stata la scelta vincente.

Velasco ha ammesso di amare la maglia tricolore nella sua veste tradizionale: all’Astana lo accontenteranno?
Velasco ha ammesso di amare la maglia tricolore nella sua veste tradizionale: all’Astana lo accontenteranno?
La tua maglia sarà tricolore da cima a fondo?

Di come sarà disegnata la maglia parleremo con la squadra. Senza dubbio a me piace tanto e me la vorrei cucire addosso. Mi piacerebbe averla così, tradizionale. Poi non so, dobbiamo sempre un po’ battagliare, fra gli sponsor e le varie esigenze. Vedremo come sarà fatta.

Il solito dilemma: sei di Bologna o dell’Isola d’Elba?

Io sono di Bologna, perché alla fine Bologna mi ha dato i natali. Mia mamma è bolognese, però il mio cuore è da sempre sulla mia Isola, dove ho vissuto l’infanzia. E’ ovvio che ho un legame particolare con l’Isola d’Elba, ho tanti tifosi, sostenitori e amici. Ma allo stesso tempo non dimentico Bologna, dove sono nato e dove ho fatto il Tecnico Aeronautico. Diciamo che son un elbano di Bologna.

Hai pianto più oggi o quando è nata tua figlia?

Quando è nata mia figlia, ho pianto tanto, tanto, tanto. Però oggi è stato ugualmente toccante, perché era presente anche lei e quindi le ho fatto un bel regalo. Ma la nascita di una figlia forse è la cosa più bella che sia capitata in vita mia.

Non se ne va prima di aver ricordato il suo amico Giulio, scomparso da poco. Il suo massaggiatore Umberto Inselvini, che si prendeva cura dei suoi muscoli e del suo spirito. E anche Gino Mader, che non conosceva di persona, ma ha lasciato il vuoto di quando se ne va uno di loro. Poi arriva Martinelli. Si abbracciano. Il tecnico bresciano gli sussurra qualcosa e Velasco gli dice che aveva ragione. La serata più bella è appena cominciata, fuori le montagne, il verde e il fiume lo renderanno poetico come un bel quadro.

Pogacar-Vingegaard, antipasto del Tour alla Parigi-Nizza

18.06.2023
5 min
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Archiviato il Delfinato e da stasera anche il Tour de Suisse, non resta che attendere il Tour de France. Tra i grandi appuntamenti è il prossimo della lista e vedrà il grande duello fra Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard.

Duello che quest’anno abbiamo visto solamente sulle strade di Francia, alla Parigi-Nizza. Uno ha saltato la Liegi e l’altro sempre alla Doyenne si è infortunato. Uno era ai Paesi Baschi e l’altro alle classiche del Nord. 

Dodici pari 

E quando dovevano incontrarsi, giusto al Delfinato, il corridore della UAE Emirates ha dovuto alzare bandiera bianca proprio a causa dell’incidente alla Liegi. Quindi sfida rimandata alla Grande Boucle.

Ma alla mano la sfida è già in essere se vogliamo. Ogni volta che Pogacar e Vingegaard hanno corso, in questa stagione, hanno sempre vinto o lottato per la vittoria. Impressionanti i rispettivi ruolini di marcia nelle prime gare. Tre vittorie in altrettanti giorni di gara disputati ad inizio 2023. E per entrambi. Dodici vittorie per Pogacar e dodici vittorie anche per Vingegaard. Nell’unico testa a testa a vincere è stato però lo sloveno. Tadej ha battuto Jonas alla Parigi-Nizza.

E allora Edoardo Affini, compagno di Vingegaard, e Matteo Trentin, compagno di Pogacar ci raccontano come hanno visto i loro capitani in quella corsa. Il marcamento a uomo. Il rapporto tra di loro…

Trentin scorta Pogacar alla Parigi-Nizza. Matteo non seguirà lo sloveno al Tour
Trentin scorta Pogacar alla Parigi-Nizza. Matteo non seguirà lo sloveno al Tour

Parla Trentin

Iniziamo da Pogacar, che la Parigi-Nizza l’ha vinta. E quindi parola a Matteo Trentin, che Tadej lo conosce bene e spesso gli è stato vicino.

Matteo, una grande sfida alla “corsa del sole”: come li hai visti?

Ah, quando loro due erano davanti io ero abbastanza indietro quindi ho visto poco! Sicuramente erano i due fari della corsa e lo hanno dimostrato in tutte le tappe di salita. Quella volta è stato Tadej, ma tra i due c’era un grande rispetto, nel senso che non sapevi mai come andava l’altro.

In gruppo cosa hai notato: Tadej aveva un occhio in corsa,verso Jonas? Lo studiava?

Non particolarmente direi. Semmai, ho visto che faceva parecchia attenzione magari ai traguardi volanti, altrimenti ognuno si faceva gli affari suoi.

Perché i traguardi volanti?

Più che altro nelle prime tappe, perché c’era la crono  a squadre, nella quale loro erano favoriti. Allora Pogacar voleva mettere da parte qualche secondo. Quindi se non c’era la fuga, o se c’era ancora un abbuono disponibile cercava di prenderlo. Voleva accumulare un piccolo tesoretto, anche se poi è andata meglio del previsto. Se ricordate era uno cronosquadre particolare: loro sono arrivati in tre, noi da soli e solamente con Tadej.

Invece fuori corsa? Pogacar faceva domande su Vingegaard, magari qualche tattica particolare in riunione…

No, molto tranquillo come sempre. Ovvio, prima del giorno della tappa in salita si parlava anche di Vingegaard e della Jumbo-Visma e penso che lo stesso discorso facevano dall’altra parte. Poi ad inizio stagione, la prima vera salita, si fa anche fatica a capire davvero i valori. Poi a noi è andata bene. Perché sulla prima salita ha attaccato per primo Vingegaard che poi è andato in difficoltà.

E ti è sembrato più concentrato del solito Tadej? In qualche modo c’era il conto aperto dal Tour scorso…

Fin lì entrambi avevano sempre vinto le corse fatte e questo già dice quanto entrambi fossero concentrati. Quel che ho notato io è che all’inizio, prima della tappa di montagna, Tadej ha corso più al risparmio. Voleva stare alla finestra, tastare il polso a Vingegaard. Anche nella prima tappa di salita: ha lasciato che facesse tutto lui… fino a che non si è accorto che poteva staccarlo. Ecco quel giorno sì ha giocato d’astuzia.

Cioè?

Lo ha guardato. Ha aspettato che Vingegaard fosse dall’altra parte della strada e a quel punto ha affondato il colpo… da furbastro. E’ stato un momento importante. Poi dopo quel giorno Tadej ha capito che forse era più forte e ha vinto ancora. Ha stravinto a Nizza. Comunque sia, quando si andava forte restavano loro due. Un po’ di più Tadej, ma  anche Jonas andava forte.

Affini in testa per Vingegaard alla Parigi-Nizza. anche lui non sarà al Tour
Affini in testa per Vingegaard alla Parigi-Nizza. anche lui non sarà al Tour

Parla Affini

E da Trentin ci spostiamo in casa Jumbo-Visma con Edoardo Affini. Il guardiano dei guardiani con la sua prestanza fisica e i suoi tantissimi watt. Il mantovano ci racconta la Parigi-Nizza di Vingegaard.

Edoardo, tu cosa ci dici?

Da Matteo a me! Sapete che lo chiamo ancora “capitano”? Quando sono passato pro’ era uno dei leader della Mitchelton-Scottt. Cosa dire? Anche io li ho visti poco perché o ero davanti a tirare in pianura oppure ero staccato dietro! Soprattutto nelle prime tappe, quando c’era più nervosismo, cercavamo di stare davanti e di fare la nostra corsa. Ma se li vedevamo muoversi, salire, anche noi cercavamo di fare la stessa cosa. Come loro nei nostri confronti.

Come ti è sembrato Vingegaard in gara?

In generale rilassato. Io sapevo come stava Jonas, ma non come stesse Tadej. Sapevamo che il nostro capitano non era al massimo. Nonostante il buon inizio aveva avuto qualche problemino prima della Parigi-Nizza e quindi non era proprio al 100 per cento. In ogni caso è stata una bella sfida ed entrambi sono stati fortissimi.

In corsa si parlavano mai?

Onestamente non ci ho fatto caso, ma non si ignoravano.

Vingegaard gli dava un occhio di riguardo?

Sì, ma non in maniera maniacale. Guardava anche gli altri avversari della classifica generale. La tappa che ha attaccato e poi è calato è servita anche per capire davvero a che livello fosse e per trovare dei punti di riferimento. Poi sì, in riunione lo guardavamo, anche nella tappe precedenti. Magari vedevamo come attaccava: magari faceva “X” secondi a tutta e poi recuperava un minuto. Uno studio dell’avversario anche per non farsi prendere dal panico nel momento in cui ci si sarebbe ritrovato.

E in generale come lo hai visto?

E’ chiaro che aveva un avversario più forte in quel momento e cercava di attaccarlo senza mettere poi in difficoltà me stesso… ma non era facile. Ma in generale, dopo la vittoria del Tour, come è normale che fosse, ho visto un Vingagaard più sicuro di sé. E più chiaro anche con noi gregari. Sapeva cosa voleva e come lo voleva. Per esempio in alcuni momenti di stress si è mosso più da leader. Si è fatto portare più avanti, proteggere… Più personalità.

Con Bennati, curva dopo curva, sul percorso di Glasgow

07.04.2023
6 min
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Dopo aver letto il comunicato con cui la Federciclismo raccontava il sopralluogo dei tecnici azzurri sul percorso dei mondiali di Glasgow (foto FCI in apertura), abbiamo bussato alla porta di Daniele Bennati per approfondire il discorso. Mancano due giorni a Pasqua. E mentre in Francia sta per andare in scena la Parigi-Roubaix, il cittì azzurro si cura qualche malanno di stagione e si gode la famiglia.

Buongiorno Daniele, come è stato pedalare in maglia azzurra su quelle strade?

Sono andato piano, perché comunque c’era il traffico aperto. Ho fatto 20 di media e pure sotto l’acqua. Stavo guarendo dall’influenza, invece mi sono ammalato di nuovo (sorride, ndr).

Il via del mondiale sarà dato da Edimburgo e dopo il tratto in linea si arriva a Glasgow, sede del circuito
Il via del mondiale sarà dato da Edimburgo e dopo il tratto in linea si arriva a Glasgow, sede del circuito
Ci fai un riepilogo?

Si parte da Edimburgo e si fanno questi 128-129 chilometri in linea. Non c’è granché da segnalare, se non una salitella, dopo un centinaio di chilometri. Le strade sono prevalentemente belle, in alcuni tratti si trova qualche tratto leggermente più stretto alternato a stradoni più grandi. Il tratto è vallonato, l’unica insidia potrebbe essere il vento. Magari ad agosto non dovrebbe tirare in maniera esagerata, però sono zone aperte. Arrivati a Glasgow, si entra nel circuito.

Come è fatto?

Si fanno 10 giri da 14 chilometri. E’ prettamente cittadino, un susseguirsi di 42 curve. Si attraversano due parchi, per cui nell’arco di questi 14 chilometri, ci sono alcuni passaggi un po’ più stretti, soprattutto uno, quando si va ad affrontare lo strappetto più impegnativo.

Come sono fatti questi strappi?

Sono tutti molto brevi. Nel più lungo si fa fatica ad arrivare a un minuto di sforzo. La corsa sarà lunga 271 chilometri e l’organizzazione indica 3.500-3.600 metri di dislivello. Dai calcoli e dalle tracce che abbiamo registrato noi, dovremmo essere sui 3.300. Alla fine è sempre un mondiale, quindi anche se il percorso personalmente non mi fa impazzire, ci sarà da faticare.

Il Bennati corridore come si sarebbe trovato?

Penso bene. E’ un percorso che diventa esigente. Si torna sempre lì. Van Aert e Van der Poel ci vanno a nozze. Hanno la capacità di cambiare ritmo continuamente, di fare queste fiammate quando sono già a tutta, dando qualcosa in più rispetto agli altri. E’ gente abituata dal ciclocross a cambiare continuamente ritmo. E’ un mondiale strano, molto veloce, ma non si può dire che sia duro.

Difficile da interpretare?

Premesso che non sono veramente allenato, appena mi alzavo sui pedali ero già in cima ai vari strappi. A livello di sforzo, non è un mondiale duro. Però poi, ragionandoci bene, non è nemmeno scontato che si arrivi in volata con un gruppo molto numeroso. Anzi, la corsa potrebbe dinventare quasi incontrollabile.

Perché?

Perché è un percorso difficile da interpretare. Il rettilineo più lungo che ho misurato è di 850 metri, quindi qualsiasi tipo di azione prenda 30-40 secondi, non la vedi più. Se tiri con più uomini, forse fai meno fatica rispetto a chi sta dietro e andrà molto a strappi. Puoi sfruttare la squadra meglio che a Wollongong, dove c’erano stradoni larghi e quindi a ruota si stava bene. Però è anche vero che…

Il 12 agosto del 2018, proprio a Glasgow, Trentin diventa campione europeo. Dietro esulta anche Cimolai
Il 12 agosto del 2018, proprio a Glasgow, Trentin diventa campione europeo. Dietro esulta anche Cimolai
Che cosa?

Un corridore come Van der Poel potrebbe stare lì tutta la corsa e sull’ultimo strappetto ti dà una botta come alla Sanremo e non lo vedi più. Si parla di un minuto di sforzo e dalla cima mancano 2,8-3 chilometri all’arrivo, con altre 5-6 curve. Quindi uno che fa un’azione violenta, rischia veramente di arrivare. Se poi si nasconde bene, con tutte quelle curve non lo vedi più.

Il percorso ha qualcosa a che vedere con quello su cui Trentin batté proprio Van der Poel e Van Aert nel 2018?

Credo che si passi dal parco dove lui ha vinto l’europeo, dove c’era l’arrivo. Il traguardo ad agosto sarà in centro, però fondamentalmente le strade sono quelle. Inoltre all’arrivo la strada scende un po’ prima dei 400-500 metri all’arrivo.

Le 42 curve si faranno veloci o ci sarà da rilanciare tanto?

Molto dipenderà da quanto restringeranno la carreggiata e dalla velocità di crociera. Però è chiaro che in un mondiale con 170-180 corridori, i primi 20 non frenano, a tutti gli altri toccherà rilanciare.

Il rettilineo di arrivo si trova nel centro di Glasgow: la sede stradale non è ampia (foto Daniele Bennati)
Il rettilineo di arrivo si trova nel centro di Glasgow: la sede stradale non è ampia (foto Daniele Bennati)
Si fa fatica a capire quale tattica impostare…

E’ difficile da interpretare. Se entri nel circuito e vanno via 15 corridori che prendono un minuto, fai veramente fatica per andare a chiudere. Non li vedi mai, non hai un rettilineo in cui fare velocità vera. E’ sempre su e giù, destra e sinistra. Se poi dovesse piovere, concedere un vantaggio a qualcuno diventerebbe veramente pericoloso. L’asfalto comunque è abbastanza buono, mi sembra che tenga abbastanza. Quando ha vinto Matteo, la selezione c’è stata e il percorso non era impossibile. Quindi c’è tutta la possibilità per fare selezione. Spesso e volentieri non è l’altimetria, ma proprio il modo di correre.

Chi può vincerlo?

Per assurdo, un Philipsen o anche Evenepoel. Credo che Remco, essendo campione del mondo, sicuramente vorrà partecipare e fa parte a pieno titolo di questa tipologia di corridori imprevedibili. Sa limare e guida bene la bici e magari, in un percorso come quello, se va via da solo negli ultimi due giri, con le tante curve che ci sono, non lo vedi più.

E noi?

Ci sarà da vedere. Ragionando in termini di squadra, Trentin è una garanzia e sai che alla fine può fare il lavoro e anche il risultato. Sarebbe un percorso molto adatto anche a Ballerini. Poi c’è Affini che lavora per Van Aert e sa come ci si muove. Sto facendo dei nomi per dare l’idea, ovviamente è ancora presto. Sarebbe un percorso molto interessante anche per Nizzolo e Viviani che fossero al livello di un paio di anni fa. Un altro che può fare bene è Dainese, ma bisognerà vedere che calendario farà.

Il toscano ha provato in bici il circuito finale di Glasgow, gli strappi e le 42 curve (foto Daniele Bennati)
Il toscano ha provato in bici il circuito finale di Glasgow, gli strappi e le 42 curve (foto Daniele Bennati)
Il Tour sarà un passaggio obbligato?

Sta cambiando. Fino a qualche anno fa, quasi tutti volevano passare attraverso un grande Giro. Oggi la tendenza è contraria ed è legata al modo in cui si corre. Una volta potevi partecipare al Tour o alla Vuelta avendo l’obiettivo del mondiale. Oggi si va così forte ogni giorno, che se anche volessi fare una tappa tirando i remi in barca, non potresti. Non tutti hanno un motore così grande e rischiano di uscire dai grandi Giri addirittura peggiorati. Invece c’è quello che ha bisogno di fare tanta fatica per arrivare in condizione e perdere i due chili che mancano.

Domenica a Roubaix rientra Moscon.

Glasgow non è proprio il percorso per lui, però sarebbe veramente importante recuperarlo. Lui è uno che sa limare e al mondiale, quando è stato convocato, ha sempre corso bene. Sto già lavorando alla lista, non ho mai smesso di farlo.

EDITORIALE / Troppe cadute o va bene così?

03.04.2023
5 min
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«Adesso nelle radio – ha detto Sagan alla vigilia del Fiandre, a proposito di sicurezza e cadute – parlano ogni 100 metri. Parlano tanto, ma dicono cose che a volte non servono e fanno solo casino. Puoi anche non dargli peso, ma ci sono i più giovani che non capiscono niente, non conoscono le strade e sono alle prime gare in Belgio, ma hanno grinta e lottano tutto il giorno per la posizione. A volte sto prendendo la posizione e mi sto concentrando, quando cominciano a parlarti in radio e la concentrazione si interrompe. Prima non c’era tutto questo stress».

«Andiamo sempre più veloci – ha detto Trentin dopo la corsa – ogni gara è importante, ogni curva diventa importante e sai che in realtà non lo è. Siamo in uno stato d’animo in cui tutto è importante, ma a volte ti dimentichi che a volte è necessario frenare. Siamo in un loop dove ogni mezza posizione conta. C’è stress. Entrambe le cadute che ho visto oggi sono state causate da mosse stupide. Quindi credo che a volte convenga frenare e sopravvivere un giorno di più, piuttosto che ammazzare 25 corridori». 

Due cadute per Ballerini: prima con Mohoric e l’ultima nel finale con Teuns
Due cadute per Ballerini: prima con Mohoric e l’ultima nel finale con Teuns

La mossa di Maciejuk

Chissà se Filip Maciejuk aveva nelle orecchie la raccomandazione a stare davanti quando ha deciso di superare il gruppo sulla sinistra passando nella banchina (immagine televisiva in apertura). Oppure se ha deciso di farlo per un suo impeto sconsiderato. Di sicuro è giovane: 23 anni. Di sicuro, come diceva Sagan non conosce le strade e ha tanta grinta. E di sicuro ha capito di aver fatto una cavolata quando per uscire dal fango si è catapultato nel gruppo, abbattendo Wellens e altri 30 corridori. E’ stato squalificato, ma pare che l’UCI stia valutando una sanzione disciplinare.

«Mi sento davvero una merda – ha detto il giovane polacco dopo la corsa parlando con i giornalisti anche contro il parere della squadra (fonte Het Nieuwsblad) – volevo spostarmi a sinistra per arrivare ai miei compagni. E improvvisamente ho visto l’erba. Non riuscivo a fermarmi, sono rimasto bloccato nel fango e ho perso il controllo del manubrio. Devo davvero scusarmi. Spero solo che stiano tutti bene. Sono triste, ci penserò molto nei prossimi giorni. Ma cosa posso fare ora? Niente».

Nella caduta Wellens si è rotto la clavicola, Sagan si è ritirato, Alaphilippe ha compromesso la sua corsa: il tutto per una mossa stupida, di quelle indicate da Trentin. Se non c’è spazio, si frena.

A chi giova la radio?

La posta in gioco è sempre più alta. I corridori vanno più forte e sulle ammiraglie c’è parecchia tecnologia più di prima: come per ogni strumento, dipende dall’uso che se ne fa.

Racconta Roberto Damiani, che da domani sarà in corsa al Circuit de La Sarthe, che alla Strade Bianche si era riproposto di dare ai corridori della Cofidis la distanza fra un settore di sterrato e il successivo. Solo che dopo la corsa, uno dei suoi è andato a dirgli che non gli bastava sapere che mancassero 5 chilometri, voleva il conto alla rovescia. E il direttore sportivo lombardo ha obiettato che nel computerino hanno l’indicazione delle curve, della pendenza e delle distanze: per fare il professionista serve essere autonomi, non aspettarsi sempre le indicazioni dalla macchina. Lo stesso Damiani racconta che per non turbare la concentrazione degli atleti, non parla lungo le discese. Insomma, i corridori lamentano l’eccesso di informazioni, i direttori sportivi dicono di esaudire le loro richieste. Chi ha ragione?

«E’ anche possibile – prosegue Damiani – che qualcuno in radio continui a dire allo sfinimento di stare davanti, stare davanti e stare davanti. Ma da una parte non credo che ieri al ragazzo polacco qualcuno abbia detto di superare il gruppo nell’erba a quel modo. Dall’altra, se ti dicono di andare davanti, servono anche le gambe per farlo. Perché se alla Sanremo dopo i Capi, quindi dopo 250 chilometri, ti dico di stare davanti, devi avere la forza e la lucidità per farlo. Altrimenti sembra davvero di giocare con il joystick».

Le strade sono strette e sono le stesse da anni: la frenesia dello stare davanti crea frequenti cadute
Le strade sono strette e sono le stesse da anni: la frenesia dello stare davanti crea frequenti cadute

La giusta misura

Questo editoriale non vuole puntare il dito nei confronti di nessuno, eppure lo punta su tutti. E’ fisiologico che a denunciare l’eccesso di stress siano stati due corridori maturi, che hanno conosciuto un ciclismo meno asfissiante e non per questo meno duro. I ragazzini cresciuti con auricolare e VeloViewer ne sono tuttavia dipendenti e, se nessuno si propone di educarli dando una misura, finisce come nella vita di tutti i giorni, in cui non si leggono più libri e si vive con lo smartphone impiantato nel cervello.

Le cadute ci sono sempre state, anche quando non c’era la diretta integrale e non c’erano i social a ingigantire ogni cosa. Ma questa non può essere una scusante per continuare a spingere sul gas senza insegnare che ci si può far male e non è mezza posizione guadagnata a 120 chilometri dall’arrivo a cambiare il corso della storia.

Nella diretta di ieri di procyclingstats.com la parola crash ricorre per 14 volte: forse un po’ troppe. Prima di arrivare a invocare nuovamente divieti anacronistici e miopi, sarebbe utile che ciascuno in casa propria trovasse il modo più redditizio e sicuro per andare avanti.

«A volte – chiudiamo con un’altra frase di Trentin – tirare i freni e magari perdere una posizione ti permette di non rischiare la pelle e non farla rischiare a 100 persone dietro di te».

Trentin, la corsa perfetta e le mosse stupide

03.04.2023
5 min
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«Quando il gruppo si divide e torna indietro – ha sorriso Trentin – si divide e torna indietro, si divide e torna indietro… Ovviamente capisci che sarà una giornata molto dura!».

Matteo ci ha raggiunto allo spazio delle interviste quasi svuotato di giornalisti. Ieri la macchina organizzativa del Fiandre non è stata impeccabile: gli unici a mostrare tratti di efficienza infallibile sono stati gli steward, che in fiammingo stretto, impedivano alla stampa di arrivare alla zona di arrivo. Perciò si è fatto tutti un grande esercizio di pazienza, aspettando che i corridori arrivassero da noi.

Il trentino è entrato nella fuga che, con più di tre minuti, a un tratto ha anche preoccupato i favoriti, Van der Poel su tutti. C’erano corridori forti. Oltre al nostro, Pedersen, Van Hooydonck. Powless, Vermeersch, Wright, Narvaez e il vincitore 2021 Asgreen davano al tentativo una consistenza interessante. E anche se era scritto che sulla testa della corsa sarebbero rientrati “quei tre” e davanti non hanno mai collaborato alla morte, a un certo punto il susseguirsi delle cadute e la Jumbo-Visma non troppo in forma al pari del suo leader, hanno dato ossigeno al tentativo.

Decimo al traguardo, Trentin ha corso il miglior Fiandre della sua carriera
Decimo al traguardo, Trentin ha corso il miglior Fiandre della sua carriera
Matteo, qual era il piano?

Il piano era di avere almeno un uomo davanti quando lui (Pogacar, ndr) fosse arrivato con i favoriti, in questo caso Van der Poel e Van Aert. In realtà è andata così, più o meno. E quando è arrivato, il mio compito è stato tirare sul Qwaremont, per far soffrire tutti gli altri prima che lui lanciasse il suo attacco e ha funzionato abbastanza bene anche questo. Direi una corsa perfetta.

Eri tu quello preposto a entrare nella prima fuga?

Io o Wellens. Poi sul Molenberg ho visto che il gruppo era già spezzettato e valeva la pena andare. Abbiamo guadagnato addirittura molto più di quello che pensavamo. A un certo punto sembrava addirittura che dietro nessuno volesse tirare, ma alla fine abbiamo messo la Alpecin e la Jumbo nella condizione di dover inseguire.

Il piano è scattato nella ricognizione di venerdì: Pogacar aveva individuato il Qwaremont come luogo per l’attacco
Il piano è scattato nella ricognizione di venerdì: Pogacar aveva individuato il Qwaremont come luogo per l’attacco
Stando così le cose, non avete mai pensato di andare all’arrivo?

C’era collaborazione il giusto, non troppo almeno. Tutti quanti erano veramente a tutta. Se pensate che io ho tirato un chilometro e mezzo o due prima di entrare sul Qwaremont, è partito lui con Van der Poel e poi alla fine sono rientrato davanti e ho scollinato veramente per un pelo sul Paterberg. Mi è mancato un soffio e ho dovuto farmi addirittura 12 chilometri da solo, che bello…

Sapevi dalla radio che Pogacar stava arrivando?

No, ho tolto la radio perché stavo soffrendo a sufficienza. Ero stufo di sentire gente che parlava. E’ stata veramente una corsa tosta. Penso che di tutti i Fiandre che ho fatto, è stato il più duro e forse anche per questo ne sono uscito molto bene. Perché comunque a un certo punto si è smesso di limare. Vedevi che la gente non aveva le gambe per continuare a tener duro, tener duro, tener duro.

E alla fine Tadej ha vinto nel modo che aveva indicato alla vigilia: arrivando da solo.

Pensavamo tutti che potesse riuscirci. Però è ovvio che dovessimo preparare la gara in maniera perfetta e lo abbiamo fatto. E’ stato un peccato aver perso Tim Wellens nella prima caduta, però penso che abbiamo fatto una bella gara.

Nella fuga non c’è mai stata troppa collaborazione, ma ha costretto Alpecin e Jumbo a tirare
Nella fuga non c’è mai stata troppa collaborazione, ma ha costretto Alpecin e Jumbo a tirare
Che cosa hai visto di quella caduta?

Noi eravamo davanti quando è successo. Sono stato davvero vicino alla caduta e neppure sapevo che fosse stata causata da quel corridore che è saltato sulla strada. E’ impossibile transennare tutto il percorso, ma dobbiamo essere noi in grado di evitare alcune mosse stupide. Perché entrambe le cadute che ho visto oggi sono state causate da mosse stupide. Quindi credo che a volte convenga frenare e sopravvivere un giorno di più, piuttosto che… ammazzare 25 corridori. 

Perché questi gesti stupidi?

Andiamo sempre più veloci. Ogni gara è importante, ogni curva diventa importante e sai che in realtà non lo è. Siamo in uno stato d’animo in cui tutto è importante e ti dimentichi che a volte è necessario frenare.

A fine corsa, Gianetti ha portato al pullman la bici di Pogacar e ha raccontato il suo stupore per la vittoria
A fine corsa, Gianetti ha portato al pullman la bici di Pogacar e ha raccontato il suo stupore per la vittoria
Le stesse parole con cui ieri Sagan ha descritto le dinamiche del gruppo.

Sono cose che si continuano a dire. Purtroppo siamo in un loop dove ogni mezza posizione conta. C’è stress. Anche la scelta di determinati approcci andrebbe ripensata, sapendo che si va così, perché tutti vanno forte. Poi dall’altra parte, come ho detto prima, a volte tirare i freni e magari perdere una posizione ti permette di non rischiare la pelle e non farla rischiare a 100 persone dietro di te.

E’ stato uno dei Fiandre in cui sei andato più forte?

Sono arrivato decimo, il miglior piazzamento su undici volte che l’ho fatto. Penso sia quello dove sono andato più forte in assoluto. Sono giovane (ride, ndr), quindi dai… Quasi quasi potrei puntare nei prossimi anni a diventare un corridore da classiche!