Fusaz sui Milan: «Jonathan più velocista, Matteo più passista»

31.12.2021
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Allenare due fratelli non capita sempre. A volte può avere dei vantaggi, a volte degli svantaggi, ma una cosa è certa, un piccolo paragone è impossibile non farlo e infatti noi lo abbiamo fatto! Con Andrea Fusaz ci siamo “impicciati” dei fatti di Jonathan e Matteo Milan.

I friulani sono entrambi molto giovani. Il più “vecchio” è Jonathan, che è un classe 2000, mentre Matteo è un classe 2003 addirittura. Entrambi sono allenati dallo stesso Fusaz del CTF Lab.

I due non escono troppo spesso insieme, soprattutto d’inverno. Jonathan magari esce al mattino, mentre Matteo, che va ancora a scuola, esce il pomeriggio. Senza contare che il fratello maggiore è molto spesso fuori tra gare, pista, ritiri… Però d’estate le uscite insieme non mancano e a quanto pare sono anche divertenti. Lo stesso Jonathan ci ha detto che la volatina al cartello, o il forcing per il GPM non mancano e che gli piace molto uscire con Matteo.

Matteo (a sinistra) e Jonathan non escono spesso insieme, ma quando lo fanno si divertono anche
Matteo (a sinistra) e Jonathan non escono spesso insieme, ma quando lo fanno si divertono anche
Andrea, il papà di Milan, Flavio, ci ha detto che per certi aspetti Matteo è anche più scaltro di Jonathan… Tu cosa ne dici?

Dico che ha ragione Flavio! Jonathan quando è arrivato da noi era più acerbo, mentre Matteo è più maturo. Alla sua età sa già un po’ di più quel che vuole. Probabilmente anche perché il fratello gli ha aperto la strada e lui ha preso spunto. Come molti di noi sanno, Jonathan ha un po’ la testa fra le nuvole, complice il fatto che le cose gli vengono facili. Però qualsiasi cosa chiedi a questo ragazzo lui la fa e dà il massimo. Matteo invece mi sembra già più mentalizzato.

E invece a livello fisico, che differenze ci sono?

Sono entrambi abbastanza alti e potenti. Jonathan forse quando l’ho visto la prima volta era un po’ più magro. Però va detto che questo ragazzo in pratica è arrivato ai dilettanti come fosse un allievo, non si era mai allenato sostanzialmente. Matteo invece si vede che è stato già più seguito. Jonathan è un passista più veloce, Matteo invece è un passista più resistente e ha un po’ di massa da perdere.

Papà Flavio sostiene che Jonathan può tenere su salite fino a 4 chilometri…

Più o meno sì, però molto dipende anche dal tipo di salita. Quattro chilometri al 10% di pendenza non sono pochi. Se non sono troppo dure e durano fino ad un massimo di 8′-10′ un corridore come Jonathan può essere molto “fastidioso” e non facile da staccare.

E Matteo?

Ha molto margine, non solo per quanto riguarda la salita. Matteo va scoperto. In linea di massima è un passista ma bisogna vedere col peso come evolverà nel tempo e anche che spazio si ritaglierà all’interno della categoria under 23. Di sicuro lui è più resistente sulle salite anche un po’ più lunghe e dure, ma, ripeto, bisognerà vedere come si svilupperà la sua potenza.

Che rapporto hanno i due giovani Milan con il lavoro? Ce ne sono alcuni che patiscono di più?

Direi nessun problema particolare per entrambi, chiaramente anche loro hanno le giornate no nelle quali chiedono “pietà”. Però si affidano al 100% e semmai si parla dopo delle difficoltà nei vari esercizi.

E appunto quali possono essere queste difficoltà?

Beh, Jonathan è passato professionista in un momento molto delicato, in pieno covid e non è stato facile. Più che di lui per me a volte c’è un problema generazionale che riguarda i giovani ed è la motivazione. Non è che non si impegnino, ma non hanno la “linea d’arrivo stampata davanti agli occhi”. Bisogna sempre ricordargli le cose. Posto poi che se come Flavio hai due figli così lo devi incorniciare! Oltre che forti fisicamente, Jonathan e Matteo hanno una buona famiglia che li ha cresciuti con i giusti valori. E non è poco.

Jonathan Milan
Jonathan Milan in allenamento sulle strade di casa con la maglia del CTF, dove quest’anno è approdato Matteo
Jonathan Milan
Jonathan Milan in allenamento sulle strade di casa con la maglia del CTF, dove quest’anno è approdato Matteo
È vero, la sensazione è che i ragazzi, anzi i ragazzini, di oggi facciano fatica ad individuare le loro mete… Anche se però, per certi aspetti, l’essere così distaccato di Jonathan è un punto di forza. Lui stesso ci dice chiaramente: «La preparazione non è un mio pensiero. C’è chi ci pensa per me e chi lo fa ne sa più di me. Io mi affido al loro». 

Infatti Jonathan non mi da problemi. Se gli dico cosa deve fare lui lo fa. Raramente obietta. Una volta gli dissi che doveva fare un allenamento con la “catena sempre in tiro”. Un allenamento abbastanza corto ai 280 watt medi, che per lui non è un granché. E mi ribattè: Andrea, ma come faccio? Gli dissi che bastava si mettesse a 35 all’ora per un’ora e mezza e avrebbe fatto l’allenamento richiesto. Ebbene, mi mandò il file della seduta e fece un’ora e 20 minuti a 310 watt medi. Mi disse che non sentiva niente e così aveva ritenuto di aumentare un po’.

Che bei “problemi” ha Jonathan! E Matteo invece?

Matteo sinceramente è molto poco che lo alleniamo. A sensazione soffre un po’ di più gli sforzi più brevi e intensi, le ripetute secche da pistard, tipo le serie da 4×1′ a tutta. Però come ho già detto mi sembra più avanti di Jonathan alla sua età anche perché con la squadra da juniores ha lavorato sicuramente di più del fratello.

Quel Milan corridore prima di Jonathan e Matteo

28.12.2021
6 min
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La prima volta che incontrammo Jonathan Milan era alla fine del 2019 e il gigante di Buja si era recato con suo nonno presso la sede del CTF Lab per mettere a punto la posizione. Villa lo aveva notato in pista e lo aveva convocato per un ritiro. Solo dopo qualche ora, parlando con il diesse Renzo Boscolo, facemmo il collegamento tra quel cognome e un corridore friulano classe 1969 che quasi trent’anni prima avevamo visto passare professionista con l’Amore e Vita. Era l’estate del 1992 e scaduto il blocco olimpico quasi 40 dilettanti italiani si riversarono tra i professionisti.

«Solo una decina di loro tenne banco – racconta Flavio Milan – i più, fra cui anche io, smisero nel giro di un paio di stagioni. In quegli anni era così, non eravamo poi così maturi per passare. E io in casa non avevo nessuno per consigliarmi, a parte mio padre che aveva imparato da sé. Per i miei figli è stato diverso. Avere in famiglia uno che ha corso fa una bella differenza».

Flavio Milan passò professionista nell’estate del 1992 (foto Amore & Vita)
Flavio Milan passò professionista nell’estate del 1992 (foto Amore & Vita)

Flavio Milan, classe 1969

Flavio Milan è il padre di Jonathan e Matteo, figlio di quel nonno che tre anni fa accompagnò l’altissimo nipote biondo. Da dilettante in tre anni, Flavio vinse le internazionali più belle. Il Buffoni e il Belvedere, il Trofeo Zssdi e l’Astico-Brenta, il Trofeo Del Rosso e una tappa del Val d’Aosta, una tappa alla Settimana Bergamasca e il Trofeo De Gasperi. Se non avesse avuto davanti nomi come Bartoli e Casagrande, Pantani, Casartelli e Belli, probabilmente avrebbe meritato spazio in una squadra più grande.

I figli hanno seguito le sue orme – uno già professionista al Team Bahrain Victorious e campione olimpico e mondiale, l’altro U23 di primo anno al CT Friuli – anche se all’inizio lui fece di tutto perché provassero altro.

Un panino durante l’allenamento e poi si riparte: a sinistra Matteo, a destra Jonathan
Un panino durante l’allenamento e poi si riparte: a sinistra Matteo, a destra Jonathan
Li mettesti tu in bicicletta?

Le ho provate tutte perché si dedicassero ad altro. Jonathan ha fatto tennis, nuoto, judo e basket, però si vedeva che non fosse contento. Idem suo fratello Matteo. Finché ci trovammo con un amico, Marco Zontone con cui correvo fra gli amatori, e fondammo la Jam’s Bike Team Buja, smettendo a nostra volta di far gare. Iniziò tutto così. Jonathan cominciò a 5 anni con la mountain bike. Ci tenevo che all’inizio fosse per gioco, sviluppando le abilità alla guida.

Che effetto fa ora pensare che quel bambino è un campione olimpico?

Un bell’effetto, ma anche strano. Non pensavo che sarebbe arrivato così rapidamente a certi risultati, così come che passasse così presto tra i professionisti. Per i nonni e per la mamma è una grandissima emozione. Per me che ho corso è diverso. Da ex corridore, avrei voluto correrle le Olimpiadi. Sono il sogno di tutti, ci vedo un po’ i miei sogni. Avevo vinto i mondiali militari 1988 nella Cento Chilometri, ma non sono riuscito ad andare ai Giochi.

La Jam’s Bike Team Buja, creata anche dal padre, è stata la squadra d’esordio per Jonathan e Matteo (foto Facebook)
La Jam’s Bike Team Buja è stata la squadra d’esordio per entrambi (foto Facebook)
Che idea ti sei fatto dei tuoi figli come corridori?

Jonathan è un passista veloce, che però riuscirà a buttarsi anche nelle volate. Ha quel pizzico di follia che serve per farlo. E poi, avendo tutta questa resistenza sui 4 chilometri, potrà fare anche volate più lunghe.

Invece Matteo?

Matteo è tutto da capire, perché è giovane. Tiene bene sulle salite medie ed è veloce. Al confronto con Jonathan, lui somiglia a me, perché è più piccolino. Jonathan è più pesante, le salite di 4 chilometri sono il suo limite.

Sono due ragazzi molto educati.

Gli abbiamo dato i valori di una famiglia normale, in cui più che con le parole si insegna con l’esempio. Insegnamenti che imprimi quotidianamente.

I ragazzi sembrano molto legati fra loro.

Jonathan non lo dà a vedere, ma si preoccupa per Matteo. Lo controlla tramite i suoi compagni di squadra, i tecnici e lo stesso Andrea Fusaz del CTF Lab, che li prepara entrambi.

Le due vittorie di Matteo non hanno aiutato nella ricerca di un team U23 (foto Scanferla)
Le due vittorie di Matteo non hanno aiutato nella ricerca di un team U23 (foto Scanferla)
Si è un po’ discusso lo scorso anno sull’età di Jonathan e sul suo passaggio…

Ha visto l’opportunità di passare e si è detto che magari il treno non sarebbe ripassato e che poteva succedergli qualcosa per cui non lo avrebbero più voluto e non si sarebbe riconfermato. Adesso non si passa più a 25 anni, adesso a 25 anni si smette. Per cui o si mettono delle regole, oppure si continua così.

Così come?

Tutti parlano di tenerli calmi, ma intanto iniziano a prepararli da esordienti. Io li ho fatti crescere entrambi tranquilli, ma col senno di poi, avrei potuto aumentare del 10 per cento i carichi ai 12-13 anni. Forse con qualche risultato di più, avrei avuto meno difficoltà a trovare una squadra per Matteo. Dicono di tenerli calmi da juniores e poi però vanno a vedere i risultati delle categorie precedenti. Secondo me è tutto sbagliato, ma succede perché i pro’ li cercano a 19 anni. Bisognerebbe che restassero per tre anni fra gli under 23.

Credi che Jonathan sia passato presto?

Ne sono certo e gli mancano le corse a tappe. Al secondo anno da U23 ha fatto il Giro d’Italia, spero che ora possa farne in modo graduale. Non si può buttarli nei primi anni a fare i grandi Giri.

Quando ti sei accorto che avessero qualcosa di speciale?

Jonathan prendeva la bici come gioco anche una volta passato su strada, forse perché veniva dalla MTB. Non ci metteva la grinta necessaria. Se faceva una salita con il nonno, a metà si stancava di stringere i denti e si metteva a fare le impennate, con mio padre che si infuriava fuori misura. La prima volta in cui si è impegnato fu ai regionali su pista al primo anno da junior.

Jonathan Milan è passato dopo due anni da U23: qui nel 2019 (foto Scanferla)
Jonathan Milan è passato dopo due anni da U23: qui nel 2019 (foto Scanferla)
Cosa successe?

Si trovò in finale contro Amadio. Jonathan partiva più forte, l’altro veniva fuori alla distanza. La pista gli piaceva forse perché le gare duravano solo 4 minuti. Così partì a tutta e poi tenne, con Floreani, il direttore sportivo del Team Danieli, che si stupì per il suo rendimento. La pista ce l’ha nel sangue…

Invece Matteo?

A lui la pista non piace, la trova stressante, fra rulli, gare e il pubblico addosso. A Matteo piace la strada e vuole migliorare in salita, ma credo che 2-3 anni da under 23 per lui saranno necessari. Con Fusaz che è molto bravo a leggere i dati.

Un ciclismo diverso dal tuo…

Qualcosa posso ancora spiegargli a livello di tattica. Per il resto ognuno si allena da solo, mentre noi uscivamo in gruppetti. Non è facile allenarsi sempre da soli, devi essere molto motivato. Quanto ad altri consigli… Dico loro di ascoltare tutti, anche il vecchietto che prima della partenza li avvisa di un passaggio particolare. Ascoltare tutti e poi farsi la propria opinione. E’ importante ragionare con la propria testa. Anche se il consiglio gli arriva dal padre…

Jonathan e Matteo: botta e risposta tra i fratelli Milan

12.12.2021
7 min
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I fratelli Sagan. Gli Yates e i Bessega, addirittura gemelli. I fratelli Bais e i due Consonni. Le sorelle Fidanza, per un po’ i Frapporti e tutti quelli che abbiamo sicuramente dimenticato. Quando il ciclismo diventa un affare di famiglia, è curioso andare a vedere in che modo condizioni le vite e il modo di pensare

Così questa volta mettiamo nel mirino i fratelli Milan: Jonathan, classe 2000, campione olimpico e del mondo nell’inseguimento a squadre che corre al Team Bahrain Victorious; Matteo, classe 2003, due vittorie nel 2021 fra gli juniores, in procinto di passare al CT Friuli da cui è sbocciato anche suo fratello. Il papà, Flavio Milan classe 1968, fece una bella carriera da dilettante, vincendo corse come il De Gasperi, il Trofeo Zssdi e il Del Rosso.

Con un po’ di fortuna e se Matteo continuerà a crescere come i tecnici pensano possa fare, i due potrebbero ritrovarsi a correre assieme tra i professionisti, dato che la continental friulana ha un rapporto di collaborazione tecnica con il team WorldTour del Bahrein.

Difficilmente i fratelli si somigliano in tutto, persino i gemelli Yates sono completamente diversi. Perciò proviamo a leggere i due ragazzi di Buja attraverso le risposte che daranno alle stesse domande.

Quando hai iniziato a correre in bici?

MATTEO: «Ho iniziato a correre in bici all’età di quattro anni, alla Jam’s Bike Team Buja».

JONATHAN: «Ho iniziato a correre da giovanissimo, avevo quattro anni».

Hai subito pensato che saresti diventato un corridore?

MATTEO: «Per me correre è sempre stato un divertimento e la passione è cresciuta piano piano, nel tempo».

JONATHAN: «All’inizio era molto un divertimento, ho iniziato con la mountain bike. Poi in età più avanzata sono passato alla strada e lentamente sono riuscito a scoprire le mie doti. Da lì piano piano ho iniziato a sognare di diventare un corridore forte e riuscire a passare professionista. E’ stata una cosa graduale».

Si diventa forti con le gambe o con la testa?

MATTEO: «Si diventa forte con entrambe, una cosa aiuta l’altra».

JONATHAN: «Avendo sia gambe che testa. Ci vuole molta testa per allenarsi e di conseguenza arriveranno anche le gambe».

Una cosa che hai imparato da tuo padre?

MATTEO: «Da mio padre la precisione nei dettagli e a dare sempre il massimo. Invece da mia madre ha imparato a cucinare».

JONATHAN: «La determinazione, cioè che comunque non bisogna mai aver paura di faticare, di rimboccarsi le maniche».

Due aggettivi per descrivere tuo fratello corridore?

MATTEO: «Io descriverei mio fratello come un grande passista veloce».

JONATHAN: «Determinato. Penso che determinato comprenda molte altre sue caratteristiche, quindi lo descriverei con una parola soltanto».

Sin da bambino la corsa dei sogni qual era?

MATTEO: «Sin da bambino la mia corsa dei sogni è sempre stata la Tirreno-Adriatico».

JONATHAN: «E’ sempre stata la Roubaix, ma adesso sinceramente sono molte. Però la Roubaix è una di quelle».

La prima volta che ti sei sentito orgoglioso di tuo fratello?

MATTEO: «Quando ha vinto il regionale in pista da juniores».

JONATHAN: «Ho sempre avuto orgoglio per mio fratello, qualsiasi obiettivo lui riuscisse a raggiungere. Quando si fissa una cosa e riesce a ottenerla con determinazione e impegno, questo è un orgoglio, perché vuol dire che ci sta mettendo del suo».

Siete sempre andati d’accordo?

MATTEO: «Tra noi c’è stata sempre una bella complicità. Ogni tanto è normale che litighiamo per stupidaggini, ma niente di che…».

JONATHAN: «Il nostro è un normalissimo rapporto fra fratelli. Ci sono volte in cui si discute, però mai discussioni accese. Magari i fraintendimenti ci stanno, ma abbiamo un bellissimo rapporto e sono contento di averlo».

Che cosa ti piace di Buja?

MATTEO: «Mi piace la posizione geografica, perché mi permette di passare da percorsi collinari a pianeggianti con facilità. E per quanto riguarda la popolazione, è molto presente sia quando si tratta di aiutare nel momento del bisogno, che quando c’è da festeggiare».

JONATHAN: «Mi piace la gente e mi piace soprattutto la città tranquilla. Ci si conosce più o meno tutti e mi piacciono le sue radici, la sua storia… Mi piace tutto di Buja, ecco!».

Che cosa è per te la fatica?

MATTEO: «Per me la fatica è uno stimolo a fare sempre meglio».

JONATHAN: «La fatica per me è quella soglia in cui iniziamo ad avvicinarci ai nostri limiti, che sono soprattutto mentali. Per me la fatica è questo».

Che cosa è per te la salita?

MATTEO: «La salita non è una discesa…».

JONATHAN: «La salita per me è fatica, in pratica avevo già risposto nella domanda precedente».

Che cos’è per te la cronometro?

MATTEO: «Per me la cronometro è una disciplina che… la lascio a mio fratello!».

JONATHAN: «In primis una gara contro te stesso. Poi ovvio, devi basarti su un tempo e sul tempo che ha fatto l’altro. E’ anche una gara contro gli altri, però in primis contro se stessi. Spingerti contro gli ostacoli mentali e fisici, quindi si torna al concetto di fatica».

Ti sei emozionato mai per una vittoria di tuo fratello?

MATTEO: «Sicuramente la vittoria che mi ha emozionato di più è stata quella alle Olimpiadi che finora è stata anche la più grande».

JONATHAN: «Mi emoziono un po’ quasi tutte le volte, però non glielo dico. E’ un segreto fra di noi…».

Tra i due fratelli ci sono tre anni di differenza e caratteristiche tecniche diverse (foto Instagram)
Tra i due fratelli ci sono tre anni di differenza e caratteristiche tecniche diverse (foto Instagram)
Una dote tecnica che lui ha e tu vorresti avere?

MATTEO: «Sicuramente la digestione veloce e boh… scherzo! La dote vera che vorrei avere la sua lucidità negli sprint».

JONATHAN: «E’ un ragazzo veloce, ma tiene molto bene anche sulle salite. In più sta iniziando a essere anche un bel passistone. A me piacerebbe tenere come lui nelle salite medio lunghe di 5/6 chilometri. Almeno fino a quest’anno è stato così, adesso farà il salto di categoria e si dovrà rivedere tutto, ma per me diventerà un ottimo corridore da classiche».

Una tua qualità che gli vorresti regalare?

MATTEO: «Saper cucinare!».

JONATHAN: «Non lo so, sinceramente è una domanda molto grande. Non lo so se ne ho… Sinceramente lo sprint un po’ più forte, ecco».

Piatto preferito?

MATTEO: «La pizza mozzarella di bufala e prosciutto».

JONATHAN: «Ce n’è più di uno. Il primo sono le lasagne e poi mettiamo dentro anche il tiramisù, sono veramente matto per questi due piatti!».

Salita preferita?

MATTEO: «La mia salita preferita è Porzus, vicino ad Attimis».

JONATHAN: «Attimis, ci vado spesso. Una salita famosa dove si allenano anche Fabbro e De Marchi, quindi molto frequentata dalle mie parti. Ma di solito (fra virgolette e fra parentesi) non ne faccio molta di salita, essendo un passistone…».

Sognate in giorno di correre insieme?

MATTEO: «Sicuramente correre assieme è uno dei nostri sogni e, perché no, anche tirargli una volata qualche volta».

JONATHAN: «Mi piacerebbe un sacco correre insieme nella stessa squadra e quindi, dai, è un sogno che spero si realizzerà».

C’è un altro Milan che va forte. Si chiama Matteo…

10.05.2021
5 min
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Vincere una corsa con un attacco nel finale, ma al tempo stesso lontano dal traguardo. Farlo come un vero campione anche se sei uno juniores, scattando da solo, controllando e avendo tutto il tempo di alzare le braccia al cielo sull’arrivo. E’ quel che ha fatto il 2 maggio scorso Matteo Milan.

Quando ci risponde al telefono il friulano è a scuola. O meglio, è in Dad, la famosa didattica a distanza che tanto ha fatto impazzire i genitori degli alunni più piccoli. Per fortuna Matteo è sì giovane, ma non è così piccolo! 

«Ho un’ora di buco, possiamo sentirci adesso», ci dice. Matteo è nipote, figlio e fratello d’arte. Suo nonno Eligio andava in bici e per un paio di anni ha anche corso, suo papà Flavio fu professionista per qualche stagione negli anni ’90 e suo fratello Jonathan che conosciamo bene in quanto pro’ della Bahrain Victorious e uno dei vagoni del quartetto delle meraviglie di Marco Villa.

Matteo (a destra) con il fratello Jonathan, ancora in maglia CTF
Matteo (a destra) con il fratello Jonathan, ancora in maglia CTF
Matteo, “sei a scuola” dunque, cosa studi?

Vado allo Stringher di Udine e studio enogastronomia. Ho da sempre la passione per la cucina e volevo specializzarmi in questo ambito.

Cucina e ciclismo possono non andare d’accordo o al contrario legare moltissimo se si sa come fare…

Saper cucinare aiuta, so quello che serve, ma non sempre ho tempo per mettermi ai fornelli. A volte dò qualche dritta a mia mamma per qualche abbinamento e magari le dico cosa cucinare prima di questo allenamento o di quella gara. Le dico le dosi tra carboidrati, proteine… e lei si regola di conseguenza.

Ma a tavola chi è più serio, tu o tuo fratello?

Io! Jonathan mangia di tutto, io sto più attento. Non che lui si alimenti male, ma diciamo che io sono più sensibile a quello che mangio.

Come abbiamo accennato, la tua è una famiglia di ciclisti. Per te è stato naturale salire in bici o ti ci hanno messo i tuoi?

Ho seguito le orme di papà. Prima però avevo provato a fare anche altri sport, judo, tennis. Però il ciclismo mi appassionava di più. Riusciva a tirarmi fuori quella grinta che avevo dentro come nessun altro sport. In casa è stato nonno Eligio a portare il ciclismo. Io ho iniziato da G0, con le garette a Buja e in zona. Avevo sei anni, quindi sono già 12 anni che corro. 

Che cosa ricordi della prima gara?

Non è un ricordo della prima gara, ma mi piaceva il tifo del pubblico. Correvo ancora in Mtb e quando si passava davanti alla gente che ci incitava io spingevo di più.

Matteo (18 anni) è alto 1,84 metri. Da allievo è stato campione regionale
Matteo (18 anni) è alto 1,84 metri. Da allievo è stato campione regionale
Uscite mai insieme tu e tuo fratello?

Non tante volte, perché lui è spesso fuori e ha i suoi lavori da fare. Ma soprattutto perché ha proprio altri ritmi e fa più ore. Però se fa la sgambata ci vado. Anzi è lui che me lo chiede.

Beh, andare dietro a Jonathan non deve essere facile però sai che allenamenti… E’ come fare dietro motore!

Eh sì, magari se fa allenamenti lunghi faccio il finale con lui, ma se fa dei lavori sono “brutte esperienze”! Quando spinge forte fai fatica a stargli a ruota. E’ capitato anche di fare 3 ore a 40 all’ora. E io non ho questo passo.

Corri tra gli juniores (Matteo veste la maglia del Danieli 1914 Cycling Team, ndr): i tuoi compagni e avversari ti avranno di certo fatto qualche battuta sul fatto che sei “avvantaggiato” perché ti alleni con tuo fratello, un professionista del WorldTour…

Sì, è capitato qualche volta, ma io rispondo che ognuno si allena per conto suo. Le trenate di Jonathan servono per la valutare la condizione. Se fa una ripetuta forte e io riesco a stare a ruota allora significa che sto bene.

A casa parlate di mai di ciclismo?

Quando siamo in preparazione sì. E lo stesso se c’è una gara da fare. Jonathan mi dà qualche consiglio sulla tattica, sul percorso soprattutto se sono corse che ha fatto anche lui. Poi però capita anche che in gara le cose vadano diversamente o che non abbia la gamba per mettere in pratica quei consigli.

Matteo Milan con il suo diesse, Marco Floreani, dopo la vittoria di Reda (foto Instagram)
Milan con il suo diesse, Marco Floreani, dopo la vittoria di Reda (foto Instagram)
Qualche giorno fa hai vinto a Reda, ci racconti come è andata?

Mi sentivo molto bene già in partenza. Durante la gara sono rimasto tranquillo perché c’era un nostro compagno in fuga, quindi non avevamo la preoccupazione di dover recuperare. Così ho aspettato fino all’ultimo. Quando la fuga è stata ripresa, sono partito in discesa. C’erano da fare 8 giri e sono scattato al penultimo, quando mancavano 25 chilometri.

Beh, una bella distanza per stare fuori da soli. E come ti sei gestito? Hai controllato anche i nervi?

Sull’ultima salita credevo mi riprendessero e invece non è stato così. Mi davano il distacco e avevo ancora margine. Io ho cercato di mantenere sempre un ritmo alto, ma al tempo stesso di risparmiare qualcosina pensando alla volata nel caso mi avessero ripreso. Poi invece è subentrata l’adrenalina. Agli ultimi cinque chilometri mi hanno detto che avevo 35” di vantaggio e a quel punto ho detto: provo ad andare all’arrivo e ho spinto più che potevo. Era tutta pianura.

Che caratteristiche hai?

Non credo di essere un passistone come mio fratello. Sono alto un metro e 84 centimetri, quindi 10 centimetri più basso di lui. Tengo sulle salite corte e sono abbastanza veloce in volata. Ma sinceramente devo ancora scoprirmi.