Il ciclismo dei giovani dell’ottantenne Massini

03.10.2023
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Nicolò Garibbo è l’ultimo talento sul quale Marcello Massini ha messo le mani e i suoi successi continuano a inorgoglirlo. Ufficialmente, passati gli 80 anni, Massini ha messo da parte l’ammiraglia, ma resta nello staff del Gragnano Sporting Club e continua a vivere di ciclismo, ma alla sua maniera. Quella imparata quando correva ai tempi di Gimondi e di Bitossi. Con l’amore di un artigiano del ciclismo.

E’ pur vero che, parlandoci, non sembra proprio di avere a che fare con un ultraottantenne perché lo spirito è più giovane di quello di tanta gente ben più giovane di lui. Nell’ambiente Massini è famoso proprio perché sa cavare il meglio dai corridori quando il tempo scorre e c’è il rischio che rimangano incompiuti, che non approdino sul palcoscenico principale.

Per Garibbo la speranza che tanti risultati portino anche attenzione da parte di qualche team pro’ (foto Federazione Kosovo)
Per Garibbo la speranza che tanti risultati portino anche attenzione da parte di qualche team pro’ (foto Federazione Kosovo)

«Con i giovani ho lavorato tanto – spiega il diesse toscano – ma il ciclismo è cambiato, oggi i grandi team vanno direttamente a cercare gli juniores e se li prendono, a noi che cosa resta? Abbiamo dovuto cercare una via alternativa e secondo me lavorare con ragazzi un po’ più grandi, ma che possono ancora dare tanto è una gratificazione ancora maggiore».

Chi sono questi ragazzi?

Corridori che nel corso della loro carriera giovanile hanno avuto problemi. Chi è maturato tardi, chi è rimasto per un periodo al palo magari per qualche infortunio, chi non ha trovato l’aggancio giusto per passare. In questo progetto però devo dire grazie a tutta la società, dal presidente Carlo Palandri ai diesse Alberto Conti e Andrea Marinai che supportano queste idee. Si prestano per venire incontro alle esigenze dei ragazzi, spesso mettendo da parte anche le legittime aspirazioni della società.

Il Gragnano Sporting Club ha ottenuto molti risultati quest’anno, non solo grazie a Garibbo
Il Gragnano Sporting Club ha ottenuto molti risultati quest’anno, non solo grazie a Garibbo
Garibbo ne è un esempio…

Ha avuto una stagione fantastica, senza mai un calo, sempre sul pezzo. Nella società ci sono tanti che possono avere una buona carriera, lui già adesso ha un valore intrinseco che ne fa un professionista fatto e definito, deve solo trovare chi creda in lui.

E’ più difficile lavorare con simile materiale, proprio in considerazione del ciclismo attuale che consuma tutto a grande velocità?

Sì, ma è anche più gratificante. Un esempio è Fiorelli: non aveva risultati, noi abbiamo sempre creduto in lui e nelle sue possibilità e in due anni è cresciuto esponenzialmente, ha trovato posto alla Green Project Bardiani CSF Faizané e sta avendo una buona carriera, addirittura con qualche estemporanea uscita in mountain bike (è stato terzo all’ultima Etna Marathon, ndr). Anche lui ha sofferto, anche lui quando ha superato la soglia U23 rischiava di rimanere a piedi, ma il lavoro ha pagato. Non sarà l’ultimo…

Massini insieme a Filippo Fiorelli, a lungo suo corridore poi approdato alla Green Project Badiani
Massini insieme a Filippo Fiorelli, a lungo suo corridore poi approdato alla Green Project Badiani
I team professionistici vi danno retta?

Con fatica, con tanta fatica. Si guarda ai giovani e li si vuole subito vincenti, basta che da junior vincono un paio di volte che ecco che trovano l’ingaggio. Ma la gavetta dov’è? Il problema è che noi dobbiamo trovare il modo di far risaltare i nostri.

E quindi vi trovate quasi costretti a fare anche attività all’estero…

Quando un corridore diventa Elite, scopre che non tutte le gare del calendario italiano sono open. Andare all’estero è quasi obbligatorio, ma devo dire che è anche utile. Noi siamo stati in Kosovo e lì abbiamo sviluppato contatti importanti per avere ulteriori inviti il prossimo anno. Le gare estere sono una vetrina essenziale, anche perché la concorrenza è molto più qualificata.

Quando Massini era sull’ammiraglia Magniflex, qui col compianto Riccardo Biagini
Quando Massini era sull’ammiraglia Magniflex, qui col compianto Riccardo Biagini
C’è un altro Garibbo all’orizzonte nel vostro team?

Abbiamo tanti giovani validi, ma che stanno maturando piano piano, per questo dico che Nicolò Garibbo invece è pronto, ha tutto per fare una buona carriera anche fra i professionisti.

Dall’alto della sua esperienza, era quindi più facile portare un corridore a essere professionista?

Prima sì. C’era più quantità, più scelta fra i corridori giovani, si aveva anche più pazienza nell’aspettare che maturavano. Nel 1986 alla Magniflex avevamo 10 ragazzi, di loro 8 sono passati pro’ e hanno avuto anche carriere importanti, come Tafi, Lelli, Baronti… Ora invece si cerca il Pogacar a tutti i costi dimenticando che magari vinci il Tour a 21 anni, ma chi ci dice che fra dieci anni sarà ancora lì e ancora a quei livelli?

Rinaldo Nocentini, in giallo al Tour 2009, uno dei tanti talenti scoperti dal tecnico toscano
Rinaldo Nocentini, in giallo al Tour 2009, uno dei tanti talenti scoperti dal tecnico toscano
Preferirebbe un ciclismo più tranquillo?

Preferirei un ciclismo meno esasperato, che rispetti l’età di ragazzi di 19-20 anni che devono ancora maturare e non parlo solo dal punto di vista ciclistico, ma come uomini. Rischiamo così di avere atleti di 27-28 anni che sono spremuti, che hanno già dato tutto. Cresceranno o finiranno come Sagan? A 19 anni vinceva già, ma anche se ha un curriculum lunghissimo è da qualche anno che è sul viale del tramonto. Io ho un’altra idea di ciclismo, un po’ diversa…

Un caffè con Fiorelli. Fuori la Sicilia e volo di gabbiani

01.01.2022
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Il mare risciacqua di là dal muro. Nella piazza di Aspra poche persone passeggiano al rallentatore. Qualche gabbiano girovaga nell’aria, le nubi sulle montagne alle spalle del paese impediscono ai raggi di raggiungere le case. La Sicilia è calda e accigliata, in lontananza Palermo e Monte Pellegrino sono inondati di sole. L’appuntamento con Fiorelli è di buon mattino, perché poi dovrà andare in palestra. Ficarazzi in cui vive è poco distante. Prendiamo un caffè mentre il paese inizia a popolarsi e il discorso va sulla stagione che il siciliano si attende. Quando toglie la mascherina, il baffo biondo dipinge sul suo volto un piglio sbarazzino e insieme d’antica nobiltà.

«Ho fatto un passo in più – dice Fiorelli – con un altro anno di esperienza. Quello del Covid non lo considero nemmeno. Ho avuto problemi al ginocchio e poi tre mesi così intensi che non ho capito molto. Avere a disposizione un anno intero come il 2021 è stato diverso. Ho fatto esperienza con i tempi giusti e credo di essere cresciuto fisicamente. Ho corso due Giri d’Italia in sette mesi e questo mi ha dato tanto».

A proposito di Giro d’Italia, sei andato più vicino alla vittoria nella tappa meno adatta: quella di Sestola con l’arrivo in salita…

Faccio fatica a crederci anche io. Era una tappa importante, perché si partiva vicino alla sede della squadra. L’intenzione era arrivare il più avanti possibile. Sono stato l’ultimo a entrare e per fortuna Zoccarato mi ha aspettato. Nella fuga c’era anche Zana, che è molto più scalatore di me, ma quel giorno non era al meglio. Perciò l’idea era di arrivare il più avanti possibile, anche se ero con gente che in salita va più forte di me. Potevo seguire De Marchi? Forse sì, ma ci sarà stato un motivo se non l’ho fatto. Di sicuro però ho dei margini e anche in salita posso migliorare ancora.

C’è stato un giorno in cui ti sei sentito davvero forte?

Quando ho vinto in Croazia a inizio stagione. Mi sentivo proprio bene. Qualche giorno prima ero andato con Rossato a provare il finale dietro macchina. Simulammo il ritmo gara per vedere quanto a lungo sarei riuscito a reggere certi watt. Provammo la volata e fui capace di uscire dalla scia della macchina. Perciò andai da Rossato e gli dissi che poteva essere il giorno giusto. La squadra fu perfetta, inseguirono la fuga e io ho vinsi la volata. La vittoria fa bene al morale. Qualche giorno dopo feci terzo di tappa all’Istrian Spring Trophy e l’indomani avrei preso la maglia, perché sapevo che Fortin si sarebbe staccato in salita. Invece dopo 10 chilometri caddi, sbattendo la testa. Andai al traguardo, era il giorno in cui vinse Zana. Ma io riuscii a malapena ad arrivare in fondo.

Lo ha portato alla Bardiani Marcello Massini, grande direttore sportivo toscano
Lo ha portato fra i pro’ Massini, grande direttore toscano
Sei cresciuto alla scuola di Massini, cosa ti porti dietro?

Marcello mi ha fatto capire cosa sia il ciclismo e cosa sia la vita. Qualsiasi dubbio avessi, sapeva cosa dire. Come un secondo padre, direi anche come un nonno, ma poi si offende (ridiamo all’unisono, ndr). E’ importante avere figure così. Quando ha deciso di smettere, non sono stato contento, perché il ciclismo stava perdendo una persona ottima.

E’ vero che per te ha rimandato di un anno il momento della pensione?

Aveva promesso che mi avrebbe fatto passare professionista. E quando ha visto che non ci sarebbe riuscito alla fine del 2018, ha fatto la squadra per un anno ancora. E’ stato davvero un ottimo tecnico, non mi ha mai messo pressione, mi ha permesso di crescere passo dopo passo. Anzi, non glielo dico che domani devo fare 200 chilometri, sennò si arrabbia e mi dice che non serve a niente.

Distanza da solo o in compagnia?

Ho organizzato un bel gruppo, è l’ultima distanza del 2021 e la prima del nuovo anno, ma gliel’ho detto chiaro: non voglio tirare neanche un metro (ride, ndr).

Sei passato professionista a 25 anni, un’età in cui oggi tanti smettono…

Sapevo che ero vecchio. Passare al terzo anno da elite non è da tutti, anche se venivo da anni in crescita. Tolto il 2017 in cui non ho fatto cose clamorose, per il resto sono sempre migliorato. Mi ha salvato il fatto che ho cominciato tardi e Reverberi lo ha capito, perché ha visto i margini. E i numeri in effetti sono cresciuti. Devo prendere le misure su allenamenti e modo di correre…

Nel frattempo hai scoperto qual è la corsa dei sogni?

Dall’anno scorso ho il chiodo della Sanremo. Prima non mi piaceva, ma essendoci arrivato vicino… Non vicino nel senso che me la sono giocata, ma quando mi sono ritrovato nei primi 20 sulla Cipressa, per qualche minuto ho sognato di poterci provare. Poi sul Poggio sono rimasto indietro al rientro del gruppo. E quello è stato uno sbaglio di inesperienza. Sto lavorando per fare bene, per arrivare bene sul Poggio e provare a giocarmi il podio.

Terzo a Sestola e vittorie in volata: che corridore sei?

Sono sempre stato veloce. Nel 2018 e 2019 vincevo anche in salita. Arrivavo da solo, ma erano salite nelle corse dei dilettanti, quattro o cinque chilometri. Qua il livello è più alto, ma so che se faccio le cose per bene, non mi stacco tanto facilmente.

Fiorelli aprirà la stagione in Spagna: l’idea è di partire subito forte
Fiorelli aprirà la stagione in Spagna: l’idea è di partire subito forte
Sei cresciuto guardando Giovanni Visconti e oggi Sciortino cresce guardando te…

Finché posso, gli do qualche consiglio. Usciamo spesso insieme. Io non ho tanta esperienza da trasmettere, ho cominciato da poco. Il solo consiglio di cui mi sento sicuro e che gli do spesso è di non bruciare le tappe. A me è andata bene, ma si vede in giro gente che vuole strafare. Ti alleni un gocciolino in più e fai la differenza. Poi da dilettante incontri gente che lo fa di mestiere o più grande di te e la paghi cara, soprattutto moralmente. La testa è tutto. Ricordo quando Massini parlava con un mio compagno del suo fratellino. E gli diceva che se si impegnava per vincere 10 corse da allievo, poi gliene avrebbero chieste 15 da junior. Quindi è meglio vincere meno da piccoli e crescere nel modo giusto.

Parli già da vecchio saggio. Quando ricominci a correre?

A gennaio andiamo in ritiro in Spagna, il 23 gennaio dovrei correre la Classica Comunitat Valenciana e poi proseguo con il programma spagnolo. Quindi un passaggio in Francia e l’Oman. Un bel programma, ormai manca davvero poco. Buon anno a tutti!

Sciortino chiede, Fiorelli risponde. E fuori il sole di Palermo…

Giada Gambino
28.11.2021
4 min
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In un bar di Palermo sta succedendo qualcosa di particolare. Seduto in un tavolino il giovane ciclista siciliano Carlo Sciortino, che prossimamente correrà in Liguria con Di Fresco, sta intervistando Filippo Fiorelli corridore della Bardiani-Csf-Faizané, mosso dalle tante curiosità che solo un professionista che parla la sua stessa lingua e vive nella sua stessa terra può suscitargli. Noi ci sediamo accanto a loro ed ascoltiamo…

I due palermitani si sono ritrovati in un bar e Sciortino ha dato fondo alla sue curiosità
I due palermitani si sono ritrovati in un bar e Sciortino ha dato fondo alla sue curiosità
SCIORTINO: Qual è la differenza tra gli allenamenti da U23 e da professionista?

FIORELLI: Sicuramente le distanze e le ore, l’intensità. Da dilettanti le corse sono massimo di 170 chilometri, da professionisti si parte da una base di 200, sino ad arrivare anche a 300 chilometri come la Milano-Sanremo. Quindi, immancabilmente, l’allenamento deve essere diverso.

SCIORTINO: Cosa pensi dei ciclisti che passano direttamente professionisti saltando la categoria U23?

FIORELLI: Beh, io ho saltato tutta la categoria giovanile (ride, ndr)  quindi per me è una domanda un po’ particolare. Sicuramente, e lo dico anche per darti un consiglio, non bisogna bruciare le tappe perché il tempo c’è. Non stare dietro quelle persone che vogliono diventare subito professionisti. Fatti tutte le categorie e non pensare di saltare gli U23 passando direttamente professionista, perché poi ritorni indietro come hanno fatto tante persone. Vedo in te tanta grinta, quando ci alleniamo insieme stai a ruota mia o qualche volta provi anche a staccarmi. I fatti parlano!

SCIORTINO: Una delle corse Monumento che vorresti vincere per dedicarla ai tuoi genitori…

FIORELLI: Sicuramente la Milano-Sanremo, la gara che più mi ha emozionato, su cui già quest’anno andrò a puntare. Non sono un corridore da corse a tappe, ma voglio diventare un buon corridore da corse di più giorni e classiche Monumento.

SCIORTINO: La sconfitta che più ti ha motivato?

FIORELLI: Nel 2018, quando non sono riuscito a passare professionista dopo aver vinto un paio di gare… E’ stata questa sconfitta a darmi la motivazione per andare in cerca del riscatto. Infatti, nel 2019 ho vinto sette corse e il mio sogno di diventare un professionista è iniziato a concretizzarsi, viceversa avrei lasciato.

SCIORTINO: Quanto è stato difficile guadagnare la fiducia del direttore sportivo? 

FIORELLI: Il rapporto con il mio direttore sportivo dei dilettanti Marcello Massini è molto particolare. Ancora oggi continua a darmi consigli preziosi. Ha saputo tirare fuori da me il meglio dal punto di vista ciclistico, ha sin da subito creduto in me e nelle mie potenzialità

Per Fiorelli, correre sull’isola è un’emozione speciale. Qui al Giro di Sicilia 2021
Per Fiorelli, correre sull’isola è un’emozione speciale. Qui al Giro di Sicilia 2021
SCIORTINO: Da quando hai iniziato a pedalare cosa pensi sia cambiato?

FIORELLI: Poco (ride, ndr) considerando che ho iniziato a fare ciclismo appena sette anni fa. A parte le bici… non è cambiato nulla.

SCIORTINO: Giusto, perché tu hai iniziato a correre tra gli amatori e poi sei passato professionista…

FIORELLI: C’è un abisso tra i due mondi, sono due modi di fare ciclismo totalmente diversi e imparagonabili

SCIORTINO: Cosa si prova ad essere compagno di Visconti ? 

FIORELLI: La prima volta che ho corso con lui è stato quando sono stato convocato in nazionale nel 2016, ero ancora piccolo, è stata un’emozione unica. Quest’anno me lo sono ritrovato come compagno di squadra… Prima lo vedi in televisione, poi te lo ritrovi accanto. Puoi immaginare cosa significhi. 

SCIORTINO: Si è messo anche a tua disposizione per aiutarti in qualche volata…

FIORELLI: Quest’anno Giovanni non è stato come negli scorsi anni, pertanto si è subito messo a disposizione della squadra e non vedo l’ora di poter ricambiare questo favore. 

Dopo un anno con il Team Pantani, dal 2022 Sciortino correrà con il Casano di Di Fresco (foto Sportwebsicilia)
Dopo un anno con il Team Pantani, dal 2022 Sciortino correrà con il Casano di Di Fresco (foto Sportwebsicilia)
SCIORTINO: Hai corso il Giro di Sicilia quest’anno, cosa si prova a gareggiare nella nostra terra? 

FIORELLI: Lo scorso anno è stata la prima volta con il Giro d’Italia, sicuramente un’emozione doppia, anzi tripla. Quest’anno una delle tappe del Giro di Sicilia è passata proprio da casa, sono cose che non si possono spiegare.

SCIORTINO: Hai raggiunto in gara, adesso, la sicurezza che serve? 

FIORELLI: Devo ancora prendere quella giusta confidenza in questa categoria. Negli ultimi due anni da dilettante mi conoscevo bene rispetto alle tipologie di gare ed ero abbastanza sicuro. Adesso… Devo prendere le giuste misure!

Filippo e Carlo abitano dalla stessa parte dell’isola, entrambi stanno in provincia di Palermo, nella zona di Bagheria, e condividono quando possibile qualche allenamento. Diversi per certi aspetti, simili per altri. Sicuramente entrambi hanno ancora tanto tempo a disposizione per lasciare un’impronta nel mondo del ciclismo. Il 17enne, parlando con Fiorelli, ha gli occhi colmi di speranza, di voglia di fare, di sogni… che vede concretizzati nel professionista-amico. 

Un paio d’ore con Daniele, parlando di Bennati

27.11.2021
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La casa di Bennati è in una via senza uscita ai piedi dell’Alpe di Poti, che lanciò Brambilla verso Arezzo al Giro del 2016. I dintorni sono verdi e placidi, in una giornata di sole che invita a stare fuori. Francesco fa la terza media ed è tornato un po’ tardi da scuola, per cui Chiara è ancora dentro che sistema e dispensa battute con il suo spettacolare accento toscano. Daniele ha il sorriso dei giorni belli, offre il caffè, tiene a bada i cagnolini e racconta. Saremo probabilmente condizionati dal ricordo, ma in certi momenti è come parlare con Ballerini. Stile che somiglia, la battuta sorniona a bassa voce e lo sguardo fisso.

In queste settimane c’è la coda per venirlo a trovare e farsi svelare in anteprima cose che non può ancora dire. L’elenco dei nomi cui sta lavorando è lungo e ce lo fa vedere, ma non avrebbe neanche senso parlarne se prima la stagione non sarà cominciata. Ci mostra invece un regalo senza prezzo ricevuto da parte delle figlie di Martini. E’ la stilografica del grande Alfredo (foto di apertura). Restiamo per un attimo in silenzio: davanti a una storia così grande che si tramanda non servono parole.

Siamo qui per Daniele

Siamo qui per Daniele, prima ancora che per Bennati. Dopo averlo seguito sin da junior, la curiosità è sapere di lui. Di quello che i chilometri e la strada hanno costruito. Anche per capire cosa potremo aspettarci quando sarà chiamato a guidare gli azzurri sulle strade del mondo.

«Ho sempre creduto in quello che facevo – dice – e che volevo fare. Essere un ciclista professionista. Mio babbo era tifoso di Argentin e ho in testa la Sanremo del 1992 in cui Moreno fu battuto da Kelly. Ho in testa Bugno, Pantani e Cipollini. Ci ho sempre creduto e il merito della mia famiglia è stato di non aver mai influito sulle mie scelte. L’altro giorno mi hanno dato un premio a Castiglion Fiorentino e a sorpresa hanno invitato Marcello Massini e Lido Francini, i miei tecnici nei dilettanti e negli allievi. La fortuna della mia carriera è stata proprio aver incontrato persone intelligenti e capaci. Non è così scontato che accada».

Si impara da tutti.

Massini ci diceva che prima di saper vincere, bisognava aiutare gli altri a farlo. Io tiravo le volate a Crescenzo D’Amore e Branchi e arrivavo subito dietro. E’ stato un insegnamento che mi sono portato dietro e mi permise di passare professionista.

Racconta.

Mauro Battaglini aveva capito che sarei stato importante per Cipollini e così a Cerreto Guidi nel 2001, dopo la gara del martedì, firmai con Santoni, alla Domina Vacanze. Non era scontato che riuscissi a inserirmi in quel treno. Mi misero a lavorare da lontano, ma mi rendevo conto che mi avvicinavo sempre di più. Nel 2002 mi ruppi il braccio a La Panne e saltai il Giro. Ad agosto al Regio Tour tiravo le volate a Lombardi, ultimo uomo di Mario. Fu lui a rendersi conto che andavo forte e nell’ultima tappa invertimmo i ruoli e io vinsi. Così chiamò la squadra e propose che andassi alla Vuelta, dove io fui penultimo uomo e Mario vinse tre tappe, prima di ritirarsi e vincere il mondiale.

Massini, Battaglini, Ballerini: uomini di poche parole. Somigli un po’ anche a loro…

Non do molta confidenza. Prima di avere fiducia in qualcuno, lo devo conoscere bene. L’amicizia con Franco la dice lunga ed è vero che un po’ mi rivedo in lui. Mauro invece (Battaglini, ndr) è sempre rimasto al mio fianco. Una persona di riferimento, con cui alla fine prevaleva l’amicizia sul rapporto di lavoro. Non vi nascondo che mi è mancato molto nel periodo in cui ho iniziato ad avvicinarmi alla Federazione. Mi avrebbe certo consigliato, ma sono certo che ora sarebbe contento.

Un altro commissario tecnico toscano…

Sono rimasto nello scoprire che sono solo il 19°. Sono pochi. Vengo dopo Magni, Martini, Ballerini e Bettini. La Toscana ha una grandissima tradizione, ma forse adesso siamo in ribasso, dato che quest’anno non ci passa neanche il Giro d’Italia (sorride con arguzia e garbo, ndr).

Cosa serve per avere la fiducia dei corridori?

Devi essere deciso, non farti vedere insicuro su decisioni e idee. Devi essere convinto di quel che vuoi raggiungere. Ho smesso da due anni, sarà utile. 

Sai che cosa significhi essere un corridore oggi?

Me ne sto rendendo conto più ora che ho smesso, di prima che ero nel frullatore. Ho fatto due chiacchiere con Ganna. Ti rendi conto che la loro normalità per chi è fuori è bestiale. Io facevo solo strada, avevo il mio periodo di stacco. Forse però quest’anno Pippo si è reso conto che sarà meglio mollare qualcosa. E’ determinante programmare un obiettivo e prendersi dei periodi in cui staccare. Sennò fai tre anni e poi salti. Quanti esempi abbiamo avuto? Sono sempre a tutta…

Dovrai muoverti sulle punte, insomma…

Il mio ruolo non è organizzare ritiri, sono già abbastanza stressati. Avrò contatti telefonici e incontri alle gare. Rispetterò i programmi dei team, darò semmai qualche consiglio, ma senza interferire. Se Ganna farà il Tour, avrà un modo di preparare il mondiale. Sennò sceglierà un altro avvicinamento.

A cosa serve aver corso fino a poco tempo fa?

Influirà tanto. Tosatto e Pellizotti sono passati subito in ammiraglia e hanno un modo speciale nel parlare con i corridori. Io guiderò la squadra nelle gare del calendario italiano, arriverò al mondiale con 20 corse nel programma. Esserci stato fino a ieri è utile perché il ciclismo cambia tanto di anno in anno, dalle dinamiche di corsa agli impegni dei corridori.

Il nuovo ruolo rende meno penoso aver smesso per infortunio?

Avrei fatto un anno in più, riattaccato il numero dopo l’incidente. Avrei voluto una bella festa, che era già pronta con un circuito a Castiglion Fiorentino. Questo mi dispiace più di tutto, non aver salutato i tifosi, ma non è la fine del mondo. E poi mio babbo è contento. Quando smisi mi chiese: «E ora che faccio?». Gli ho dato un altro motivo per vedere le corse (ride, ndr).

Cipollini vinse a Zolder e Ballerini disse di aver visto la sera prima il film della corsa.

Quello di Zolder è un film che era facile da vedere prima. La grandezza di Franco fu aver visto il film di altri tre mondiali ben più difficili da decifrare. Per il poco tempo che c’è stato, ne ha vinti quattro. E’ il tecnico più vincente che abbiamo avuto.

In quei fogli davanti a Bennati, il lungo elenco di nomi suddivisi in base ai percorsi di europei e mondiali
In quei fogli davanti a lui, il lungo elenco di nomi suddivisi in base ai percorsi di europei e mondiali
Chi sarà il tuo Bennati in corsa?

Trentin ha una visione di corsa importante e sa anche vincere. E’ stato campione europeo ed è arrivato secondo al mondiale. E’ intelligente, sa mettersi a disposizione. E per come sono disegnati i prossimi percorsi, potrebbe anche essere leader. Come Paolini, che vinceva e aveva una visione eccezionale. Per essere regista in corsa, serve essere corridori di altissimo livello.

Martini metteva in guardia dalla tentazione di guardare indietro per spiegare il presente…

La qualità più sconvolgente di Alfredo era proprio quella. Uno che è stato pioniere, che ha corso con Coppi e Bartali e poi ha fatto il cittì, sebbene fosse molto anziano, non solo stava al passo coi tempi, ma era già nel futuro. Il ciclismo è così.

Così come?

Bisogna starci. Le regole sono sempre quelle. Poi subentrano dettagli come lo psicologo, il nutrizionista, il mental coach. Ma le basi sono sempre quelle e con i ritmi di oggi sono ancora più importanti. Se non le rispetti, non vai da nessuna parte.

Il corridore comincia dai denti: vi spieghiamo perché

04.09.2021
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Una frase buttata lì da Magrini durante una diretta della Vuelta. «C’è un direttore sportivo toscano, uno che ha tirato fuori Bettini e Nocentini, che si chiama Massini e la prima cosa che faceva con un nuovo corridore era vedere se avesse i denti a posto». Il tema è interessante, merita approfondimento.

La bocca è il fulcro del nostro apparato muscolare ed il centro nevralgico dell’equilibrio, agisce in modo inconscio manda dei chiari messaggi al nostro corpo. Nel ciclismo non è raro vedere atleti con i denti sistemati o rifatti, nell’ultimo ventennio il bite è diventato quasi un salvagente per i corridori.

Parliamo dunque con Marcello Massini e con il dottor Luigi Mineo, il suo dentista di fiducia, anche lui ormai con un’esperienza sconfinata. I due sono toscani e si conoscono da molto tempo e da altrettanto collaborano. Il primo è stato un grande diesse per i dilettanti, tra i molti nomi passati sotto il suo occhio vigile c’è appunto quello del pluricampione del mondo Paolo Bettini. Il secondo è un dentista, il quale grazie al continuo lavoro e alle specializzazioni è diventato un vate in campo sportivo. Sotto i fuori ferri e le sue mani sapienti sono passati atleti di ogni sport e categoria.

Massini, quando ha capito che i denti sono una parte fondamentale per capire le problematiche di un corridore?

Io ho iniziato molti anni fa a portare i miei corridori dal dentista per fare un controllo completo, li portavo dal dottor Mineo. Con lui si facevano prima dei controlli posturali con un osteopata o un chiropratico e poi si guardavano le varie problematiche a livello dei denti.

Quali potevano essere?

Ai miei tempi, si parla di metà anni Ottanta, lo studio dei denti e di conseguenza della postura, era molto scarso, capitava di trovare corridori senza denti o con delle chiusure completamente sballate. 

Si ricorda qualche esempio?

Nel 1987, mi ricordo Massimiliano Lelli. Aveva tolto dei denti da bambino e aveva dei problemi nella pedalata, non era efficace diciamo. Così lo portai dal dentista e lo facemmo controllare. Si facevano prove con del cotone che andava a tappare il buco lasciato dal dente. Si studiavano i movimenti ed i progressi dell’atleta, successivamente, se questi test avessero portato a risultati positivi si sarebbe inserito il dente nuovo.

Si svolgevano anche interventi meno invasivi?

Alberto Destro (velocista fortissimo fra i dilettanti, ndr) aveva un problema posturale in bici, non spingeva bene con entrambe le gambe, aveva uno scompenso muscolare. Lo si è portato dal dentista e con un piccolo intervento di correzione si è sistemata la postura ed ha corso per molti anni senza più problemi.

Il discorso è affascinante. Il dottor Mineo risponde e completa il discorso di Massini.

Dottore, in che modo, dal punto di vista medico, si trovano dei problemi ai denti e quanto è importante intervenire?

Per gli atleti, di qualsiasi sport, è fondamentale capire se ci sono delle problematiche a livello di occlusione, problemi che ci si porta dietro sin da bambini. Le occlusioni si dividono in tre classi, dalla meno evidente alla più complicata. E i metodi per intervenire sono due: il bite, oppure una piccola operazione. Ci tengo a precisare che parliamo di atleti, in questo caso di ciclisti. Le operazioni per sistemare eventuali problematiche vengono fatte per il miglioramento delle prestazioni atletiche e non a fini estetici.

Cambia molto?

Cambia tutto. Gli atleti portano il loro fisico all’estremo, un problema di denti e di conseguenza di postura, non permette loro di esprimere il massimo sforzo, perché il corpo lavora per compensare questi difetti.

Quindi le differenze sono minime, ma fondamentali. Nel ciclismo ha visto qualche episodio?

Giuseppe Di Grande (vincitore del Giro d’Italia dilettanti nel 1995), cadde e si spaccò gli incisivi. Quando glieli ho rifatti, ho badato a rimetterlo in sesto per poter praticare ciclismo, curando maggiormente l’occlusione ed il contatto con gli incisivi inferiori.

Il bite dentale è fra i principalòi rimedi contro un palato da correggere (foto Sudi Lama)
Il bite dentale è fra i principalòi rimedi contro un palato da correggere (foto Sudi Lama)
Quali esperienze ha avuto invece con il bite?

Nel ciclismo si tende ad utilizzarlo poco per i problemi nella masticazione. Un corridore che ho trattato e che non ne voleva sapere di utilizzarlo è Mark Cavendish (nella foto in apertura al secondo anno da pro’, ndr). Aveva un problema di occlusione, è venuto da me e gli abbiamo dato un bite di prova, ma il suo carattere effervescente non gli permetteva di utilizzarlo in maniera serena. Non voleva avere qualcosa in bocca mentre pedalava.

Come mai?

Non voleva toglierlo e rimetterlo quando era il momento di mangiare, non voleva compiere troppe azioni togliendo le mani dal manubrio.

E quindi cosa avete fatto?

Nel suo caso, è bastata una semplicissima operazione. Abbiamo sistemato alcuni denti per permettergli di superare il problema. E le cose sono andate a posto.

Massini, maestro di ciclismo e vita: cosa dice di Fiorelli?

09.04.2021
4 min
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Massini è del ’42, ma se vuoi parlare davvero di ciclismo e corridori, personaggi come il tecnico toscano dovrebbero essere il punto di partenza. Anche per chi li gestisce oggi spesso non distingue fra l’uomo e l’atleta. Noi con Marcello vogliamo parlare di Filippo Fiorelli, l’ultimo corridore di un certo peso che ha portato al professionismo, dopo averlo fatto con ragazzini come Paolo Bettini, Rinaldo Nocentini, Michele Bartoli, Riccardo Biagini, Gabriele Balducci, Dario Pieri

Per Fiorelli, Massini ha dovuto metterci la faccia più che per gli altri. Per due motivi.

«Il primo – dice – è che ormai nelle squadre non c’è più nessuno che va a vedere le corse dei giovani. Si fanno bastare gli ordini di arrivo. Il secondo è che lo vedevano vincere a 23-24 anni e si chiedevano come mai non avesse vinto prima. Ma se ha cominciato a correre a 20 anni, come faceva ad aver vinto prima? E lo sapete quanto è difficile vincere se cominci così tardi?».

Milano-Rapallo 2019, una delle ultime vittorie da dilettante di Fiorelli (foto Instagram)
Milano-Rapallo 2019, una delle ultime da dilettante (foto Instagram)

La guida migliore

Qui dove il ciclismo ha la cittadinanza onoraria, Massini è la guida migliore per dare la terza dimensione al corridore palermitano della Bardiani Csf.

«Ero quasi sicuro che avrebbe fatto qualcosa anche fra i professionisti – dice – perché in due anni con me non l’ho mai sentito dire che era stanco, che avesse mal di gambe, mai ritirato a una corsa. Ne ho visti tanti. Alcuni andavano piano da dilettanti e poi hanno fatto belle carriere, ma lui ha tutto quello che serve per andare forte. In più è un bravo ragazzo, una persona onesta».

Ha cominciato tardi, ma ha alle spalle una storia dura…

Aveva vent’anni, prima aveva fatto qualche garetta da amatore. In realtà aveva cominciato a 16 anni, ma smise quando suo papà ebbe un brutto incidente che lo mise sulla sedia a rotelle. Prima venne in Toscana, poi andò in Lombardia. Mi chiese lui di correre con me, perché aveva corso con Delle Foglie, un mio corridore. Io non lo conoscevo, lo vidi a una corsa che aveva 4-5 chili di troppo. Lo proposi al presidente, che inizialmente nicchiò. Poi lo prendemmo e lui si mise a disposizione. Fu bravo. Perse peso e cominciò ad andare forte.

Marcello Massini
Marcello Massini è stato direttore sportivo di campioni da Bettini a Bartoli (foto Scanferla)
Marcello Massini (foto Scanferla)
Massini, toscano di infinita esperienza (foto Scanferla)
Che corridore pensi possa diventare?

Non un velocista, ma è veloce per gruppi ristretti. Se si trova un arrivo che un po’ tira, lui è vincente. Bisogna valutarlo nelle corse di un giorno, perché indubbiamente ha corso poco. Si allena tanto, ma deve confrontarsi con quelli più forti. Il suo sistema di corsa è al risparmio e finora gli basta. Ma se va nelle corse dure ed è costretto ad aumentare la fatica, allora può migliorare ancora. E’ uno tenace. L’anno scorso ha finito il Giro col male al ginocchio e non mollò solo perché ha carattere.

Vi sentite ancora, oppure è diventato grande ed è partito?

Ci sentiamo ancora (ride, ndr), di recente è stato anche 4-5 giorni a casa mia. E poi è con Alberati, ci sentiamo spesso per la preparazione. Non abbiamo mai avuto discussioni.

Sentite Alberati

Una battuta con Paolo Alberati ci stava ed è stata da piegarsi dal ridere.

«E’ bello decidere un programma di allenamento – dice – pensarlo, chiamare Marcello e farselo smontare completamente, perché lui con delicatezza te lo dice, per non offenderti. E poi proporlo a Filippo, come sintesi del lavoro fatto da una quasi 50enne e un quasi 80enne. L’importante è che il ragazzo sia tranquillo. E Marcello è un grande…».

La prima vittoria al Trofej Porec in Croazia per Fiorelli (foto Instagram)
La prima vittoria al Trofej Porec per Fiorelli (foto Instagram)
Perché, Marcello, non volevano farlo passare?

Soprattutto per il discorso dell’età. Lo avevamo proposto subito a Reverberi, ma al primo assalto disse di no. Poi Alberati lo propose a Savio, facemmo tutti i test da Bartoli, ma alla fine prese uno scalatore. Tanto che a un certo punto Filippo aveva anche pensato di mollare. Gli dissi che avrebbe fatto sempre in tempo ad andare a lavorare e si convinse a riprovarci. L’anno dopo vinse sette corse. E con la squadra che avevo io, in cui si ritrovava sempre da solo, per vincere dovevi andare molto forte.

Che cosa fa adesso Marcello Massini?

Ho fatto il vaccino e da due anni sono in pensione. Seguo qualche corridore, ma niente in modo serio. Balducci abita vicino a me e mi racconta di qualche episodio della Mastromarco. Io ascolto e penso che se fossi lì diventerei una bestia. I ragazzi pensano di sapere tutto. Si informano su internet e prendono per oro colato le teorie di preparatori che non sanno niente di ciclismo. Non credo che ci sarebbe più il posto per me.

Come sta quel giovane Nieri di cui ci ha parlato proprio Balducci?

Ha cominciato tardi anche lui, ma in salita ha dei numeri. Balducci finora l’ha fatto crescere piano piano, ora c’è da vedere se ha sviluppato atleticamente, per inquadrare i possibili obiettivi. Spero solo che tolgano tutte queste restrizioni e si possa ricominciare a girare. Sono in pensione, ma alle corse voglio andarci lo stesso.

Roberto Reverberi

Reverberi, ma chi è questo Fiorelli?

Giada Gambino
29.09.2020
3 min
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Roberto Reverberi, uno dei direttori sportivi con tanta esperienza e tra i più stimati in Italia, è a capo della squadra professional Bardiani CSF Faizanè. Tra i corridori della sua formazione, per il Giro d’Italia, ha selezionato il neoprofessionista siciliano Filippo Fiorelli spiegandone, così, il motivo… 

In che modo Fiorelli è arrivato a casa Reverberi? 

Un giorno Marcello Massini, il suo direttore sportivo, mi chiamò. «Lo sai che rompo poche volte – disse – e se lo faccio c’è un motivo! Ho un corridore che ha delle forti doti. Ha iniziato tardi e per questo non ha neanche avuto modo di mettersi molto in mostra». Non ce lo siamo fatti ripetere due volte. Nonostante non avesse un passato ciclistico alle spalle, lo abbiamo preso, fidandoci della grande competenza di Massini. E non ce ne siamo minimamente pentiti. 

Filippo Fiorelli
Filippo Fiorelli, per lui buon debutto al Giro d’Italia
Filippo Fiorelli
Filippo Fiorelli, siciliano, per lui buon debutto al Giro d’Italia
In questa prima fase che sensazioni vi ha dato? 

Filippo ci ha subito dato delle piccole soddisfazioni. Le corse cui ha partecipato, essendo le prime dopo la quarantena, hanno avuto come protagonisti corridori di un certo livello e tante squadre WorldTour. Tutti affamati di risultati, con tanta voglia di gareggiare. E’ al primo anno da professionista, ciclisticamente è molto giovane. Eppure è uno dei ragazzi che ha fatto più piazzamenti e questo bisogna apprezzarlo ed evidenziarlo.

Da un punto di vista caratteriale come lo descriveresti? 

Fiorelli è un ragazzo tranquillo. Per quel poco che ho potuto osservare, visti i vari problemi dettati dal coronavirus, mi è sembrato anche molto modesto e con tanta voglia di imparare. Questo è un ulteriore fattore positivo, da non trascurare per il potenziale che potrà esprimere. 

Facendo invece un’analisi tecnica?

È un ciclista abbastanza completo: si difende in salita ed è veloce. I percorsi veloci che ci sono oggi, che per la maggior parte non sono per velocisti puri, possono essere adatti a lui. Sapendosi gestire in salita, rispetto a molti sprinter, in una volata con una ventina di corridori potrebbe avere la meglio. Potrei paragonarlo a Ulissi

Cosa porterà a casa dal Giro d’Italia? 

Tanta esperienza. Se dovesse portare a casa qualche buon risultato… tanto meglio, ma il suo principale obiettivo sarà quello di correre, imparare e crescere. Lo abbiamo voluto portare al Giro perché se lo merita e perché, a differenza di altri suoi compagni, ha una buona condizione dovuta forse ad un migliore allenamento.

Cosa rappresenta il Giro per la Bardiani?

La vetrina principale. La corsa in cui mettersi in mostra entrando nelle fughe di giornata. Come è già successo in passato… una vittoria di tappa non dispiacerebbe.

Ritornando a Fiorelli, cosa si aspetta da lui Roberto Reverberi? 

Non escludo niente. È un buon corridore. Il fatto che non abbia una storia ciclistica alle spalle, come stiamo vedendo recentemente con molti giovani che vengono da altri sport, non è un rilevante. Anche se non ha fatto il classico percorso, iniziando con le categorie giovanili, ci potremmo anche aspettare delle belle sorprese. Ha solo margini di miglioramento. Nel giro di due anni potrebbe diventare un grande corridore

Filippo Fiorelli, Giro d'Italia 2020

Fiorelli, il primo Giro a casa sua

Giada Gambino
29.09.2020
3 min
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Tra i corridori che prenderanno il via al Giro d’Italia ce n’è uno che, al primo anno da professionista, avrà la fortuna di partire proprio dalle strade di casa: Filippo Fiorelli

Il corridore siciliano della Bardiani CSF Faizanè ha un passato ciclistico molto particolare. Ha iniziato a correre a 18 anni tra gli amatori palermitani per poi, solo due anni più tardi, trasferirsi in Toscana e iniziare il suo percorso tra i dilettanti. Solo da quest’anno è approdato infine alla corte dei Reverberi.

Questa prima stagione da professionista è stata abbastanza particolare. La quarantena quanto ha inciso sulla tua preparazione ?

Quando ho firmato il contratto e sono diventato professionista volevo subito fare del mio meglio. Purtroppo, però, a inizio stagione ho avuto dei problemi al ginocchio che non mi hanno consentito di correre immediatamente. Poi, una volta guarito, c’è stata la quarantena. Ho cercato di non lasciarmi abbattere. Ho continuato ad allenarmi in strada finché era consentito. Poi sono passato sui rulli. Non è stato sicuramente un momento bello e la ripartenza post lockdown è stata abbastanza impegnativa.

Filippo Fiorelli_Giro2020
Fiorelli ha corso da dilettante alla scuola di Marcello Massini, in Toscana
Filippo Fiorelli_Giro2020
Fiorelli ha corso da dilettante alla scuola di Marcello Massini, in Toscana
Dopo la quarantena hai subito iniziato con gare di un certo livello e hai avuto dei buoni risultati.

La prima corsa da professionista è stata il Sibiu Cycling Tour in Romania. Sono arrivato sempre tra i primi nelle varie tappe e ho concluso la corsa con un decimo posto finale. La top 10 mi ha sicuramente soddisfatto e mi ha dato forza maggiore per affrontare le gare successive nelle quali, in molti casi, sono riuscito a fare una buona corsa.

Qual è la differenza tra una gara dilettantistica e una professionistica ?

C’è un abisso. Anche tra i dilettanti si pedala, ma è totalmente diverso lo svolgimento. Tra i professionisti la corsa è più studiata. Posso dire che, invece, i dilettanti corrono più “alla garibaldina“. 

Come ti trovi alla Bardiani?

La squadra crede molto in me, questo mi dà sicuramente tanta motivazione e morale, in futuro, nei momenti più difficili. Mi trovo bene con tutti i miei compagni, ma con Francesco Romano che è siciliano come me ho legato particolarmente e spesso ci alleniamo insieme

Cosa hai pensato quando ti hanno detto che avresti fatto il Giro?

Non ci credevo, pensavo di stare sognando e, sicuramente, non volevo essere svegliato. Il Giro alla fine servirà soprattutto per crescere e per conoscermi meglio. E’ un’esperienza unica e mai fatta prima. All’emozione generale si è aggiunto anche il fatto che la Corsa Rosa è partita da casa mia. Non avevo più gareggiato in Sicilia da quando ero amatore. Correre nelle strade dove ho messo le basi, con il tifo della mia famiglia e dei miei amici non ha avuto prezzo. 

Con quali aspettative sei partito?

Non sapevo nemmeno io cosa aspettarmi. Sto dando il massimo e non mi sono mai tirato indietro. Partecipare al Giro d’Italia al primo anno di professionismo è qualcosa di incredibile e cercherò di dare il meglio di me anche per la mia squadra. 

Questo anno è stato insolito, ma ne avrai altri per correre in modo regolare. Quale futuro prevedi?

Non sarò sicuramente un corridore da grandi Giri, ma in un giro a tappe corto senza salite troppo lunghe potrò dire la mia. In salita reggo e ho uno spunto abbastanza veloce, molte gare rientrano nelle mie caratteristiche. Sono solo all’inizio, potrà succedere di tutto!