Buon anno tricolore da Velasco che sogna il Tour

01.01.2024
6 min
Salva

ALTEA (Spagna) – La maglia tricolore non passa inosservata. E se correndo nella pista di Grenchen, Elia Viviani ha pubblicato un post su Instagram definendola la più bella del mondo, Simone Velasco non le è meno attaccato. Lui forse neppure se ne rende conto, ma rientrato dall’allenamento del mattino non faceva che passarci sopra il palmo della mano. Forse per saggiare la consistenza del nuovo tessuto Biemme, forse anche per avere la conferma di essere magro.

Con quella seconda pelle addosso, il campione italiano ha cambiato marcia o forse, volendo rovesciare la prospettiva, l’ha conquistata avendo raggiunto un livello superiore. Comunque sia, il quinto posto di Montreal, seguito dal secondo al Matteotti, il quinto al Pantani e le due top 10 ai mondiali e alla Serenissima Gravel dicono che il bolognese dell’Isola d’Elba sta diventando grande.

«L’anno scorso – conferma – ho fatto una grande seconda parte di stagione con questa maglia, quindi cercheremo intanto di ripartire da dove abbiamo lasciato. La maglia tricolore è sicuramente una spinta e non un peso, perché porti in giro per il mondo la storia e il nome di una Nazione. Ho visto anche io quel post di Viviani e poi io l’ho sognata per tanti anni, anche nelle categorie giovanili e in tante discipline e alla fine è arrivata, forse nel momento più bello».

La tua carriera va avanti per gradini, l’ultimo ti ha portato questa maglia. Quale sarà il prossimo?

Abbiamo visto che posso essere competitivo anche nelle corse vere, quelle dei big. Per cui adesso alziamo un po’ l’asticella per essere competitivi anche con loro. Ora so bene che arrivare alla vittoria con i grandi è sicuramente difficile, però comunque essere lì davanti a giocarsi le prime posizioni è senza dubbio lo step successivo che mi aspetto. E poi, se si vince un po’ di più, è sicuramente meglio.

Come si alza l’asticella? 

In ritiro abbiamo fatto tanto fondo, sfruttando anche l’occasione di essere al caldo, dato che a dicembre il sud della Spagna è appena più caldo di San Marino (sorride, ndr). E’ venuto fuori un bel blocco, un grande volume di lavoro. Poi a casa si recupera un po’ brindando al nuovo anno e sarà già ora di ripartire, perché a gennaio faremo altri due training camp. Uno dal 4 al 12 e il secondo dal 19 al 28. Rispetto ad altri anni, a gennaio saremo belli attivi, prima di tornare nuovamente a casa prima del debutto, che a me toccherà in Portogallo. Di solito all’inizio faccio sempre fatica, ma mi sono meravigliato di me stesso per la velocità con cui ho ritrovato la condizione.

L’Algarve è una di quelle corse piene di campioni…

E infatti sarà un bel un bel banco di prova, per questo voglio arrivarci a posto, pronto per dare tutto, stringere i denti a costo di mordere il manubrio e tirare fuori il carattere.

Simone Velasco è nato a Bologna il 2 dicembre 1995. Pro’ dal 2016, è alto 1,70 per 59 chili
Simone Velasco è nato a Bologna il 2 dicembre 1995. Pro’ dal 2016, è alto 1,70 per 59 chili
La maglia tricolore porta dritta al Giro d’Italia?

Vediamo, sarebbe bello. Però c’è anche il Tour che arriva a Bologna, nella mia città natale. Una tappa che mi piacerebbe correre, però al momento non è nel programma. Nei piani per ora c’è di fare il Giro, poi vedremo in base a come sarà la mia condizione e a quel punto un pensierino potrei anche farcelo.

Le cose cambiano: di te si disse che fossi passato troppo presto, oggi saresti considerato vecchio…

Esatto (ride, ndr), al giorno d’oggi sarei uno che è passato tardi, dato che lo feci al secondo anno da U23. E magari se al tempo si fosse ragionato come oggi, sarei andato direttamente in una grande squadra. Se ripensiamo a quello che ero da junior e ai risultati che ottenevo, al pari di tanti miei compagni di squadra, magari il mio percorso nel professionismo sarebbe stato diverso. Io poi al primo anno da professionista ebbi la sfortuna di una ricaduta di mononucleosi, che mi portai dietro a lungo. E comunque anche allora, quando passi sapendo di essere uno degli U23 più forti a livello internazionale e ti accorgi che nei professionisti non sanno neanche chi sei, la mazzata arriva lo stesso. Però non ho mai mollato e ho continuato a lavorare e alla fine sono arrivati i risultati e ho vinto la prima corsa al primo anno da elite (il Trofeo Laigueglia del 2019, ndr). Il Covid non ha aiutato, ma nelle ultime tre stagioni ho trovato una discreta costanza. Forse siamo sulla buona strada.

La prima vittoria a 24 anni battendo Bagioli e Sobrero: un bello spot sul futuro, no?

Però ormai ero al quarto anno professionista. Il tanto anticipare di adesso magari a livello di risultati immediati può farti guadagnare tempo, poi bisognerà vedere sulla lunga distanza. Perché se fai girare il motore di una macchina giovane sempre a 15.000 giri, quanto può durare? Nel calcio c’è chi a 16 anni gioca in serie A e magari fa qualche partita in Champions League. Il ciclismo è uno sport un po’ diverso, però sembra che si stia andando in quella direzione. Si guarda un po’ meno alla persona e più ai risultati e ai vantaggi economici che può portare un atleta. Lo sport è fatto di cambiamenti e noi dobbiamo sempre essere pronti ad adattarci e tirare fuori il meglio in qualsiasi occasione.

Fra gli amori non sopiti di Velasco c’è il fuoristrada. Qui è 5° alla Serenissima Gravel, dopo il 7° posto ai mondiali
Fra gli amori non sopiti di Velasco c’è il fuoristrada. Qui è 5° alla Serenissima Gravel, dopo il 7° posto ai mondiali
Com’è correre con Cavendish e condividere questo suo sogno?

Il suo arrivo ha cambiato le cose. Mark è un uomo squadra, uno dei grandi campioni di tutti i tempi e quindi anche il fatto che non sia né italiano né kazako ci ha aiutato a legare molto di più. Anche a tavola e nei momenti di relax in cui siamo tutti assieme, si vede il mix giusto per fare grandi cose tutti insieme. Io Cav non lo conoscevo, se non per i suoi risultati. A livello personale mi ha sorpreso. Ho trovato una persona umilissima e pronta a porgere la mano a chi ha bisogno. Ti dà tanti consigli ed è pronto a fare gruppo e a creare il team. Per questo mi auguro che riesca a coronare il suo sogno. Anche se ormai non è più solo un suo sogno, ma il sogno di tutti noi.

Podenzana e ora Zana: i tre tricolori di Reverberi

11.07.2022
6 min
Salva

Trent’anni fa, poco meno. Massimo Podenzana aveva già 32 anni, perché lui – come dice spesso scherzando – è passato a 26 che era già vecchio. A Prato si correva il campionato italiano, in un giorno caldo come a fine giugno in Puglia. E come quest’anno, fu una fuga ad assegnare la maglia tricolore. E se Zana per vincere ha dovuto fare la volata, il “Pode” preferì arrivare da solo, come da solo sarebbe arrivato anche l’anno successivo, centrando una clamorosa doppietta nel 1994 a Cles. Sono i tre tricolori di Reverberi.

Alla corte di Reverberi

Tra le curiosità e le coincidenze, oltre a quelle ultime quattro lettere, il denominatore comune per entrambi è infatti Bruno Reverberi. Tanto che dopo la vittoria di Filippo, l’attuale direttore sportivo del Team Novo Nordisk, ha mandato un messaggio al reggiano, scherzando sul fatto che abbia impiegato trent’anni per rivincere l’italiano.

«A Prato – ricorda – non ero partito per vincere, ma di sicuro per dare battaglia. Ricordo che uscimmo dal circuito di Seano che mi avevano quasi preso. Vedevo dietro Lelli e Sciandri a 100 metri, ma dissi a me stesso che finché non mi avessero raggiunto avrei tenuto duro. Col caldo non ho mai avuto problemi. Salii fino a 1’30” e alla fine ne mantenni uno su Bugno in maglia iridata, Cassani e Faresin».

Zana tricolori 2022
Zana ad Alberobello fra il presidente Dagnoni e il cittì Bennati
Zana tricolori 2022
Zana ad Alberobello fra il presidente Dagnoni e il cittì Bennati

Un altro ciclismo

Trent’anni fa, poco meno. Una vita. Forse Zana non conosce nemmeno la storia del suo predecessore, essendo nato nel 1999 che per Podenzana e gli uomini della Mercatone Uno fu invece maledetto. Ma nel 1993, con Pantani al primo anno da professionista e lo spezzino vestito della maglia Navigare, quel che sarebbe accaduto non era neppure immaginabile. Era un altro ciclismo. Prima del Giro, la squadra di Reverberi partecipò alla Vuelta, perché prima del WorldTour si poteva.

Le stesse squadre, più o meno, ma un ciclismo molto diverso…

Oggi è difficile andare alle grandi corse, devi sperare nell’invito. Prima le facevi tutte. La Navigare era una di quelle squadre piccole, che aveva sempre dentro qualche buon corridore. Bruno puntava sui giovani e, come oggi, ne prendeve sei o sette all’anno, sperando di tirarne fuori qualcuno più forte. Non io, perché ero già vecchio. Ma quell’anno passò con noi Guerini, c’erano Shefer, Barbero e Davidenko, il mio attuale team manager.

Nel 1995, passato alla Brescialat, Podenzana corre con il tricolore all’Amstel
Nel 1995, passato alla Brescialat, Podenzana corre con il tricolore all’Amstel
La maglia tricolore non ha mai cambiato valore però…

Quello non cambia. Indossarla dà sensazioni e una responsabilità. Porti la bandiera del tuo Paese in giro per il mondo. Ricordo che io ero uscito bene dal Giro d’Italia, come anche Zana, che ha fatto bene anche alla Adriatica Ionica Race. Scoprirà anche lui che quando la avrà indosso, sarà spinto a dare il massimo.

Ricordi la tua prima uscita con il tricolore sulle spalle?

Il Trofeo Melinda, se non ricordo male, che vinse Della Santa su Gianetti e Belli. Si arrivava in salita a Fondo. Di certo, ricordo quanto fu strano prepararsi. Ero così poco convinto di vincere il tricolore, che mi ero organizzato una vacanza in Sardegna con la famiglia. Di solito avrei preso la bici davvero poco, quella volta pensai più ad allenarmi che alla vacanza. Il Melinda fu una corsa dura, ma per me fu un’emozione incredibile. E poco dopo andai a Camaiore e vinsi.

Al Giro d’Italia del 1988, al 2° anno da pro’, vince a Rodi Garganico e conquista la maglia rosa
Al Giro d’Italia del 1988, al 2° anno da pro’, vince a Rodi Garganico e conquista la maglia rosa
Oggi ci si stupisce per la pulizia della maglia, nel 1993 non si pensava a un tricolore alternativo…

Credo che il primo per cui si fece una maglia diversa dalla bandiera fu Pozzato, perché la Katusha volle cambiare. La mia era tricolore e basta.

L’anno dopo vincesti nuovamente l’italiano: dopo un po’ ti sei abituato a quel simbolo?

Ero fortunato, perché il tricolore cade in un periodo in cui io sono sempre andato bene. Feci bene alla Bicicleta Basca, vinta ancora da Della Santa. Poi feci bene al Giro, che chiusi al settimo posto. Ebbi anche una caduta, ma per evitare terapie che mi distraessero o mi condizionassero, corsi fino all’italiano senza andare dal dottore. Ci andai dopo e venne fuori un problemino di facile soluzione all’anca. A Cles, al campionato italiano del 1994, feci metà corsa in gruppo e poi me ne andai.

Nel 1993 è campione italiano e corre i mondiali di Oslo, vinti da Armstrong nel diluvio
Nel 1993 è campione italiano e corre i mondiali di Oslo, vinti da Armstrong nel diluvio
E l’anno dopo cambiasti squadra: il tricolore fa mercato?

Difficilmente cambiavo squadra. Passai all’Atala, poi con Reverberi, la Brescialat, Carrera e Mercatone Uno. La Brescialat era la novità, creata da Giupponi, Leali e Bordonali. Il 1995 andò bene, al secondo anno si divisero. Io avevo il contratto con Leali e Giupponi e rischiai di smettere, perché nel 1996 la squadra che nel frattempo era diventata San Marco Group, chiuse. Poteva davvero finire la carriera, ma Boifava mi salvò.

Cosa fece?

A maggio mi aprì le porte della Carrera. Mi portò al Giro di Svizzera e poi al Tour, dove vinsi una tappa e mi sistemai per il futuro. A Boifava devo tanto, voglio ringraziarlo. Fu lui che nel alla fine di quell’anno mi portò da Luciano Pezzi e mi fece firmare con la Mercatone Uno di Marco Pantani, nonostante lui stesse facendo la Asics con Chiappucci.

Podenzana, 2° da destra, nella Mercatone che vinse il Giro del 1998 con Pantani
Podenzana, 2° da destra, nella Mercatone che vinse il Giro del 1998 con Pantani
Due anni da campione italiano cambiano la vita?

Sono sempre stato uno che non si montava la testa. Sapevo dove potevo arrivare, che poi è il consiglio che mi sento di dare a Zana. Ho vinto poco, ma corse importanti. La tappa al Tour, una al Giro. Il Toscana. Ho portato la maglia rosa e quella azzurra. Sono tutte in un armadio, anche le due tricolori, ma quelle originali.

Ti capita mai di aprire quell’armadio?

E’ successo proprio nei giorni scorsi. Ho preso il Covid e mi sono isolato su in mansarda. E così mi sono messo a riguardare le vecchie foto e le maglie, perché sennò le giornate sarebbero state lunghe. Ho aperto i cassetti e ho rivisto la maglia rosa e la gialla con la dedica e l’autografo del Panta. Bei ricordi. Mia figlia non capiva cosa stessi facendo. Non guardavo la televisione, in compenso ho rivisto la mia storia.

Visconti, il ciclismo, il tricolore: una storia d’amore

Giada Gambino
12.12.2021
6 min
Salva

Sono pochi, ormai, i corridori che salgono in sella alla propria bici ogni giorno quasi con la stessa emozione del primo. Sono pochi i corridori che non smettono di lottare dopo tante avversità, tante sconfitte, tante rinunce. Sono pochissimi i corridori che, dopo più di trent’anni nel praticare questo sport, hanno ancora la forza, la voglia e la passione che li muovono a riscattarsi. Difatti di Giovanni Visconti, al mondo, ce n’è uno solo… 

«Mi voglio mettere in gioco ed è quello che sto facendo!», afferma con decisione. «Sto sudando davvero tanto per ritornare alla pari degli altri. Dopo la scorsa stagione che non è andata come speravo sono partito da sotto terra, ma sto lavorando sodo ottenendo dei risultati discreti e voglio essere fiducioso. Sarà davvero difficile! Una vittoria? Ho quasi 39 anni, non mi sento di dire che sono convinto di poter vincere, sono sempre stato abituato a rimanere con i piedi per terra… Prima di tutto voglio far bene, poi per pensare ad una vittoria c’è tempo e non è fondamentale».

Ha vinto il primo tricolore nel 2007, ecco Visconti con Tonti e Boonen sul percorso di Varese 2008
Primo tricolore nel 2007, qui con Tonti e Boonen sul percorso di Varese 2008

Un altro palermitano

Impossibile non riporre fiducia in un compagno come Giovanni: pronto a dare sostegno, il buon esempio e sempre con la voglia di far crescere i giovani al meglio. Un perfetto uomo squadra, che cerca di creare il giusto clima in tutti i modi possibili. 

«Lo scorso anno non mi sento di essere stato davvero utile per la mia squadra – dice – né tantomeno per Fiorelli. Non sono mai riuscito a dargli una mano e mi dispiace, soprattutto per lui. Voglio dare un vero contributo alla mia squadra, non come “figura” perché nel team mi vogliono bene e mi hanno voluto tenere. Voglio essere utile per i risultati sia miei che, soprattutto, dei miei compagni. Posso e voglio fare molto per Fiorelli in primis. Sono contento che dopo di me ci sia un altro palermitano nel ciclismo ad alti livelli».

La maglia tricolore

Questa sarà, forse, l’ultima stagione di un’immensa carriera che ha visto la crescita e la maturazione di un corridore che partendo dalla Sicilia ha pian piano scalato l’Italia indossando diverse maglie, ma quella più importante rimarrà sempre…

«La maglia tricolore! La prima – ricorda – è stata quella che ha dato il La alla mia carriera: l’arrivo a Genova, l’urlo della gente, mio padre, mia moglie che all’epoca non lo era ancora. Ne ho vinte anche di più belle, ma questa per tutto il clima che c’era, per il fatto che sentivo come se fosse predestinata ad essere mia, è quella che probabilmente ricorderò per sempre».

Per i suoi tifosi

La passione e l’amore che si nutre per il proprio lavoro si vede proprio quando, arrivati verso la fine, non si vuole mollare subito tutto. E consapevoli di ciò che potrebbe succedere, si cerca di guardare tutto con una chiave positiva. 

«Al 99 per cento sarà l’ultimo anno – spiega – ma magari può succedere che andrà bene, che la squadra mi vorrà, che mi divertirò così tanto da pensare di continuare. La vedo difficile però! In questo momento sono più stanco di testa che di gambe, il ciclismo è cambiato. Ci penserò quando capirò che sta finendo tutto. Al momento mi sto allenando, sto facendo un inverno come gli altri. Voglio correre, essere vivo nella corsa e non correre per fare numero. Non ambisco per forza ad una vittoria, ma voglio competere per essa. Voglio far felice i miei tifosi, che sono tanti. Se ciò non succederà, forse non finirei nemmeno l’anno, ma non voglio nemmeno pensare a questa possibilità». 

L’umanità smarrita

Il ciclismo è cambiato. E’ più tecnico, pieno di numeri e poca passione. Si è persa la gioia, la felicità e il vero amore per questo sport. La maggior parte dei direttori sportivi pensa al corridore come un robot e non un essere umano. 

«Cosa non mi piace di questo ciclismo? Il ciclismo (fa una risata un po’ amara, ndr )! Si può dire che ho visto l’evoluzione di tre generazioni di questo sport e questa è nettamente diversa dalla prima, in cui era più grezzo, più “ignorante”, con meno numeri. I ragazzi adesso crescono con questa idea, non sanno cosa si perdono, non sanno cosa significhi divertirsi facendo questo lavoro. E probabilmente non gli interessa nemmeno andare oltre i dieci anni di carriera, non gli interessa vivere di ciclismo finché il corpo regge. Naturalmente il ciclismo di oggi è nettamente migliore sotto tanti altri punti di vista, ma l’umanità si è proprio persa».

La mental coach

Il ciclismo è uno sport di testa. Bisogna crederci, bisogna essere tranquilli, non bisogna lasciarsi sopraffare da tutto ciò che, di negativo, ci circonda. 

«Quest’anno mi sono preso una mental coach – dice confermando le parole di Paolo Alberati – e un preparatore che avevo abbandonato da un paio di anni. In questo ciclismo da solo non puoi andare da nessuna parte, hai bisogno di una figura per ogni aspetto. Negli anni passati si viveva con più serenità. La figura di una mental coach adesso è fondamentale».

Al Giro d’Italia del 2008, Visconti ha indossato per otto giorni la maglia rosa
Al Giro d’Italia del 2008, Visconti ha indossato per otto giorni la maglia rosa

In bici con Katy

Per ripartire, a volte, oltre a diversi accorgimenti serve qualcosa di più, qualcosa che tutti cercano nella vita e che, per tutti è fondamentale: l’amore. Ed è proprio grazie a sua moglie che Giovanni ha ripreso gli allenamenti per ritrovarsi e riprendere la forma… 

«Faceva la ciclista prima – sorride – quando ho ripreso gli allenamenti qualche mese fa ho condiviso con lei diverse uscite in bici. E’ stato molto bello, con l’unico problema che è davvero forte e competitiva al massimo (sorride, ndr)».

Visconti, dopo il suo ritiro in Sicilia, partirà a fine gennaio per l’Argentina per riprendere il ritmo e tornare pronto per competere in Italia in gare come il Laigueglia. La corsa dedicata ad Alfredo Martini è quella a cui il siciliano punta e a cui tiene particolarmente da un punto di vista affettivo. L’ultima (forse) stagione del portacolori della Bardiani-CSF-Faizanè sta per iniziare… 

Due giorni per il tricolore: stavolta la volata l’ha vinta Alè

24.06.2021
4 min
Salva

Era il primo maggio quando Alè Cycling subentrò fra gli sponsor tecnici del Team Bahrain Victorious. Chissà se nella sede di Bonferraro di Sorgà (Verona), avrebbero immaginato che di lì a 50 giorni gli sarebbe toccato una volata per cucire la… bandiera del ciclismo professionistico italiano. La maglia tricolore conquistata da Sonny Colbrelli a Imola.

Il tessuto è appena stato stampato nella parte anteriore: la volata è iniziata
Il tessuto è appena stato stampato nella parte anteriore: la volata è iniziata

Le parole di Sonny

Ci era venuto spontaneo fare a Colbrelli la domanda mentre firmava autografi al termine della conferenza stampa per la vittoria. «Glielo dico di sicuro – aveva risposto – voglio che la maglia sia tricolore come merita, senza stranezze». E mentre ieri si parlava della sua posizione in bicicletta che tanto ci aveva incuriosito, il discorso era caduto nuovamente sulla maglia.

Com’è? «Bella, bella», aveva risposto.

La maglia viene realizzata elemento dopo elemento
La maglia viene realizzata elemento dopo elemento

Un tour de force

Alessia Piccolo non sta nella pelle. Commentando la vittoria in volata di Colbrelli, dice di essere consapevole di avere una bella dose di fortuna, ma non pensava così tanto.

«Ho seguito tutti i campionati nazionali – racconta – e già domenica sera sapevamo quanti kit avremmo dovuto preparare, soprattutto tenendo conto dei corridori che sarebbero partiti per il Tour de France. Di fatto da lunedì mattina ho fermato 100 persone e le ho messe a lavorare sui campioni nazionali. Sapevamo che Colbrelli voleva una maglia pulita, ma per scaramanzia non avevamo preparato nulla.

«Al Team Bahrain sono stato rapidissimi nel prendere la decisione. E martedì sono andata di persona da Sonny per portargli la maglia. Quella è stata la prima dotazione, perché poi è andato in produzione tutto il resto. Praticamente tutti i campioni nazionali, fatti salvi i capi neutri, come gli antipioggia, hanno ricevuto un nuovo corredo».

La maglia viene cucita: la volata è completa, Colbrelli può partire per il Tour
La maglia viene cucita: la volata è completa, Colbrelli può partire per il Tour

Tricolore leggerissimo

E allora eccola qua, la versione tricolore del modello Bridge, parte della linea PR.S di Alè Cycling, che veste i corridori del team.

Il tessuto è leggero e traspirante e, come si vede dalla foto, la maglia è realizzata praticamente su misura, grazie al Body Mapping che permette di individuare i punti chiave nell’anatomia dell’atleta e assecondarli per avere la miglior vestibilità. Chiaramente si tratta di una maglia da gara, non sono ammessi svolazzi né troppe pieghe. Ragione per cui si ricorre al taglio vivo J Stability System e ad un elastico siliconato sul fondo, che impedisce alla maglia si sollevarsi o spostarsi creando fastidio al corridore.

E’ Alessia Piccolo in persona a consegnare la maglia tricolore al campione italiano
E’ Alessia Piccolo in persona a consegnare la maglia tricolore al campione italiano

Pronti per il Tour

La maglia di Colbrelli è realizzata al 90 per cento da polyestere e 10 per cento da elastane. I due tessuti sono distribuiti poi in percentuali variabili nelle varie sezioni che compongono la maglia. Questo perché i due tessuti hanno proprietà ben precise e permettono di favorire di volta in volta l’elasticità e la traspirabilità del capo

La presentazione ufficiale del tricolore si svolgerà stasera e coinvolgerà in prima persona il principe del Bahrain. Poi toccherà a Colbrelli portare il simbolo tricolore sulle strade francesi.