Cataldo, gli ultimi passi di una carriera da gigante

17.05.2024
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FRANCAVILLA – «Vengo da Miglianico – dice Cataldo – neanche dieci chilometri da qui. Se fossi stato al Giro, questa sarebbe stata la tappa di casa».

E’ appena finita la tappa di Francavilla. Milan ha vinto la seconda volata del Giro e sul palco del Processo si celebra la sua prepotenza agonistica. A un estremo del tavolo degli ospiti, Dario Cataldo assiste alla conversazione e dà il suo contributo quando c’è da parlare della condotta di Pogacar. E poi quando arriva il momento, prende la parola e annuncia quello che era nell’aria da qualche mese: questa sarà la sua ultima stagione. Ha fatto in tempo a metabolizzare la scelta, ma quando gli viene chiesto che cosa gli mancherà, il groppo in gola non tarda a tornare.

Dario Cataldo è passato professionista nel 2007 dopo aver vinto il Giro d’Italia U23 dell’anno precedente. Classe 1985, ha corso con Liquigas, Quick Step, Team Sky, Astana, Movistar Team, Trek-Segafredo e Lidl-Trek. Gregario di alto profilo per Wiggins, Nibali e Aru, ha vinto una tappa al Giro e una alla Vuelta, oltre alla maglia tricolore della crono.

Cataldo ha saltato anche il Giro del 2023 a causa della caduta in Spagna
Cataldo ha saltato anche il Giro del 2023 a causa della caduta in Spagna

Il giorno dopo

Abbiamo aspettato una giornata. Abbiamo visto Alaphilippe realizzare un’impresa magnifica verso Fano. E poi, sul far della sera, siamo tornati da Cataldo per farci raccontare quello che ci aveva già anticipato e avevamo preso come il tentativo di esorcizzare il momento: non ci avevamo creduto. Alla fine dello scorso anno, il suo impegno a rimettersi in sesto dalla caduta del 2023 al Catalunya era massimale. Invece proprio quella caduta è stata la prima pietra di una decisione ormai annunciata.

«Non credo che la squadra mi terrebbe – dice – anche se non ne abbiamo parlato. Ho 40 anni, nel ciclismo di adesso non ci sarebbero squadre WorldTour disposte a prendermi e non mi va di fare un anno in una squadra più piccola. So che un passo per volta potrei tornare ad andare bene, ma dovrei comunque dimostrarlo e adesso non sto andando come vorrei e sto correndo anche poco. La mia presenza al Giro non era prevista, perché è impegnativo e perché sarei dovuto andare forte nelle gare prima. Ma avendo l’idea di andare con una squadra per Milan, è stato giusto puntare su altri atleti».

Con Felline al Tour of the Alps: sia pure per motivi diversi, nessuno dei due è al Giro
Con Felline al Tour of the Alps: sia pure per motivi diversi, nessuno dei due è al Giro
E’ stata una decisione cui sei arrivato gradualmente o un giorno ti sei svegliato e l’hai capito?

Ci sono arrivato gradualmente. Ovviamente l’incidente mi ha dato un’ulteriore spinta e mi fa lasciare più a cuor leggero. Ormai fai fatica ad andare alle corse senza essere al 100 per cento, non è più come una volta. Non puoi andare per allenarti. Adesso se non sei pronto, vai a soffrire come un cane. Il fatto di dover recuperare da un incidente e andare alle corse consapevole di aver perso la mia capacità di performance rende tutto più complicato. La gamba sinistra, quella in cui ho rotto il femore, non ha recuperato ancora del tutto. Sento di non essere al 100 per cento neppure con la respirazione. Sia per il pneumotorace, sia per le fratture delle costole, ho perso tantissima capacità polmonare. Anche nei test fatti in ritiro a dicembre, avevo un valore nettamente inferiore agli altri anni.

L’infortunio giustifica la scelta di smettere, ma non è il modo in cui saresti voluto uscire di scena…

No, certo, questo è poco ma sicuro. Avrei voluto fare un altro Giro d’Italia, fare un altro calendario. Avrei ambito a fare altre cose chiaramente, ma un incidente così non lo scegli. Bisogna prendere quello che viene, per cui mi godo questa stagione al meglio che posso. Bisogna essere realisti e vivere quello che viene, alla fine gli incidenti fanno parte di questo sport. Se devo vederla in un altro modo, una caduta può toglierti la carriera dall’oggi al domani, senza poter fare questo processo. A me è andata bene, in qualche modo. Ne ho parlato anche con Bennati.

All’Astana dal 2015 al 2019, Cataldo è stato uno degli uomini più importanti per Aru
All’Astana dal 2015 al 2019, Cataldo è stato uno degli uomini più importanti per Aru
Cosa c’entra il cittì?

A lui sono molto legato, siamo stati compagni di squadra e compagni di camera al Giro d’Italia. L’anno scorso mi ha proposto di fare una corsa con la nazionale, perché sa che cosa significa indossare la maglia azzurra e sapeva quanto ci tenessi. Mi ha portato al Matteotti, mi ha fatto un regalo. Mi ha detto che del suo fine carriera rimpiange di non aver potuto decidere quale sarebbe stata la sua ultima gara. Ci siamo confrontati sui nostri incidenti, il recupero e il resto. Daniele è caduto, ha provato a rimettersi in sella e tornare competitivo, ma non c’è riuscito. Non è mai più tornato a correre. E’ partito per la sua ultima corsa, senza sapere che sarebbe stata l’ultima. Per me è diverso. Da qui a fine stagione possono succedere mille cose, però sto correndo consapevole che sarà la mia ultima stagione. Faccio il mio percorso, faccio le mie ultime cose…

Non farai il tuo ultimo Giro d’Italia.

Mi sarebbe piaciuto, però è andata così. Conservo un ricordo dell’ultima volta, era il 2022, si chiudeva a Verona. Quando ho finito la cronometro, mi sono preso un attimo per me. Guardavo lo spettacolo dell’Arena tutta rosa e mi sono detto: «Cavolo però, che spettacolo è il Giro d’Italia!». E dentro di me ho detto: «Tutto questo mi mancherà». Pensavo che avrei fatto un altro Giro d’Italia, non avrei mai immaginato che fosse l’ultimo. Per cui è come se con il Giro mi fossi lasciato con un arrivederci. Come un amico, cui dici «ciao» e invece non lo vedrai mai più. Gli addii non sono mai belli, sono sempre tristi. Per cui un arrivederci da un certo punto di vista è anche più facile da accettare, più amichevole. Ti lasci a cuor leggero, quello col Giro è stato un arrivederci.

La bici del gigante, veloce e precisa come una freccia

16.05.2024
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Un metro e 93 come Ganna, un chilo di più: 84. Jonathan Milan è un gigante buono, salvo nelle occasioni in cui si lancia negli sprint. In quei casi si trasforma in un guerriero capace di sprigionare per circa 5 secondi punte di 1.940 watt con un valore medio durante la volata di poco superiore ai 1.600. A tutto questo spingere selvaggio di gambe, corrisponde il violento oscillare della bici. Johnny non è il velocista più composto del gruppo, ma quanto a forza fisica non teme confronti.

Tanta potenza passa però per il telaio, le ruote e il manubrio della sua Trek e questo accende i fari proprio sulla bici del friulano. Perciò, cogliendo l’occasione della seconda vittoria di tappa, la abbiamo sfilata dalle mani del meccanico Giuseppe Campanella per farcela raccontare più nei dettagli.

Giuseppe Campanella è uno dei meccanici italiani della Lidl-Trek
Giuseppe Campanella è uno dei meccanici italiani della Lidl-Trek
Con che bici corre Milan?

Una Trek Madone SLR. Telaio alto 60 e lungo 58. Arretramento sella di 8,7 e reggisella XL studiato per le persone di altezza superiore a 1,85. Altezza di sella di 84 e attacco manubrio da 120 mm con inclinazione di 7 gradi. Usa pedivelle da 175. Per la sua altezza e il peso, quando fa le volate tende a oscillare parecchio.

Una volta per un atleta di questa taglia sarebbe stata fatta una bici su misura.

Jonathan usa lo stesso telaio degli altri corridori. Forse in casa madre Trek, per quel genere di telaio utilizzano una composizione leggermente differente di carbonio, però normalmente sono quelli che si trovano in commercio. La Madone è la più rigida di tutte. E’ paragonabile a una freccia e quindi mantiene molto la traiettoria. Ne abbiamo due versioni, anche una più leggera che ad esempio usa spesso Mads Pedersen. Alcuni la prediligono quando durante la tappa ci sono delle salite o l’arrivo è leggermente in salita.

Avete in dotazione lo Sram Red, ora anche quello nuovo. Che rapporti usa Milan in volata?

I pacchi pignoni che monta, in base alle tappe, sono 10-33 oppure 10-36. Le volate le fa col 10 davanti e il 54 o 56 dietro a seconda del percorso. In ogni caso, usa il misuratore di potenza AXS di Sram. Per le volate, Jonathan utilizza i pulsantini per cambiare, mentre altri li usano per gestire il computerino. Vengono chiamati “sprinter” e sono dei comandi aggiuntivi posti sotto la leva freno, che facilitano la cambiata in fase di volata.

C’è stata qualche scelta di componenti su cui ha brigato oppure trova subito quel che cerca?

E’ molto esigente, gli piace che la sua bici vada sempre bene. In compenso non ha particolari esigenze. Ha trovato la posizione al training camp di dicembre e nel secondo di gennaio abbiamo fatto solo minimi aggiustamenti. Ha provato un paio di selle diverse, prima da 135 e poi 145 di larghezza, però in linea di massima le misure sono rimaste le stesse. L’arretramento di sella è elevato perché comunque il telaio è grande. Quando è in salita, Milan tende a spingere da dietro e non di punta.

Nonostante sia così grande, Milan ha il manubrio da 42: non è piccolo?

E’ una scelta aerodinamica e per comprimersi meglio durante la fase della volata. E sempre sul manubrio e per l’aerodinamica, si può dire che tiene le leve dei freni al limite del regolamento dell’UCI, quindi girate verso l’interno.

Con quali ruote corre Milan?

Dipende dal percorso, ovviamente. Nelle tappe pianeggianti predilige una ruota 62, quindi molto rigida, che è la più alta che abbiamo. Nelle tappe che invece presentano qualche salita le sceglie invece da 51, sempre con pneumatici tubeless da 28. Se poi vogliamo parlare delle pressioni, visto che è un corridore abbastanza pesante, il gonfiaggio per lui oscilla tra i 5,4 e 5,6 fra anteriore e posteriore. Ha fatto dei test a inizio anno, anche in galleria del vento, e ha determinato una serie di pressioni. Quelle ottimali per lui in base alla statura e alla potenza che esprime sui pedali. Solo per il Nord ha cambiato qualcosa, riducendo un po’ la pressione, quindi 5 all’anteriore e 5,2 al posteriore. In ogni caso, resta differenza fra le due ruote.

Il telaio e la forcella della Madone di Milan sono costruiti con il carbonio OCLV800, ultimo sviluppo della fibra di Trek. Attacco e manubrio sono di nuova generazione, più stretto sopra e con una sorta di svasatura che lo porta ad essere largo nella sezione bassa. La bici non punta sui vantaggi del sistema IsoSpeed, al contrario la bici sfrutta la rigidità del nodo di sella, del piantone e dei foderi obliqui per aumentare l’efficienza aerodinamica, sacrificando il comfort, ma non la stabilità. A giudicare dall’accelerazione e dalla volata di Milan ieri a Francavilla, il sistema dà ottimi frutti…

Doppietta Milan e l’analisi di Baffi, ds velocista della Lidl-Trek

15.05.2024
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I corridori sopraggiungono alla spicciolata dopo l’arrivo. La vittoria di Milan è venuta a capo della tappa più veloce nella storia del Giro e, mentre parla, Adriano Baffi si guarda intorno aspettando che arrivino gli altri. L’evacuazione è nel pieno, la Lidl-Trek deve raggiungere Montesilvano, a circa 30 chilometri dal traguardo di Francavilla: i corridori andranno con le ammiraglie, più agili del pullman nel traffico dell’Adriatica.

Il direttore sportivo cremasco non è uno che parli molto, ma fra quelli della squadra americana sa meglio di tutti che cosa significhi vincere una tappa in volata al Giro oppure lottare contro i giganti. Il suo bottino parla infatti di cinque tappe al Giro e una maglia a punti. Ma è giusto indicare anche i dodici podi messi insieme in 17 anni di carriera. E più di una volta a batterlo fu Mario Cipollini, uno cui per fisicità è facilmente collegabile il gigante Milan.

«Le emozioni di quando si fa una volata – ammette Baffi sorridendo – sono le stesse di quando vincevo io. Mi sembra sempre di essere lì anche io, invece sono sulla macchina. Per fortuna abbiamo la televisione, così sono riuscito a vedere la vittoria di Jonathan».

Adriano Baffi, classe 1962, è entrato nel gruppo Trek sin dalla nascita nel 2011
Adriano Baffi, classe 1962, è entrato nel gruppo Trek sin dalla nascita nel 2011

Tributo ai compagni

Come dopo la vittoria di Andora, Milan ha appena finito di ringraziare la squadra, in un finale che è stato convulso e velocissimo. Merlier, già primo a Fossano, è stato retrocesso per aver chiuso Molano alle transenne, così al terzo posto è salito Lonardi.

«Non è solo questo sprint che mi fa felice – ha detto Milan in zona mista – ma anche tutto il lavoro che i miei compagni hanno fatto per me. Oggi mi hanno supportato, mi hanno portato in una posizione cruciale per la gara e questo mi ha fatto felice. Hanno creduto in me e devo dire grazie per questo dal fondo del mio cuore. Il finale è sempre difficile da immaginare, cerchiamo di gestirlo il più possibile. E’ stato difficile, ma ho trovato la mia posizione. Merlier è partito molto forte, io ho cercato di fare il mio ed è andata bene».

Baffi ascolta quello che gli riferiamo e annuisce: le cose stanno esattamente così. E per lui che è stato velocista e ne ha ancora lo sguardo, ogni tassello va al posto giusto.

Milan ha abbracciato tutti i compagni e lo staff dopo l’arrivo e li ha ringraziati
Milan ha abbracciato tutti i compagni e lo staff dopo l’arrivo e li ha ringraziati
Il finale è stato un po’ confuso, senza treni o grandi riferimenti…

Ormai diventa difficile parlare di treno, quando ci sono 7-8 velocisti che nel finale vogliono fare le stesse cose. Nessuno ha più il potenziale per fare 2 chilometri davanti, tenendo il gruppo dietro. Oggi sapevamo di dover portare Johnny davanti ai 400 metri. Era un rischio, perché col vento contro puoi piantarti, ma Stuyven ha fatto quello che doveva e poi si è trattato di gestire la volata con tutte le incognite che può avere. E Milan è stato bravo a non farsi chiudere.

Qual è stata la sua bravura?

Nel momento in cui è rimasto solo ai 400 metri, senza un uomo che gli tirasse la volata, si è fatto strada da solo. Ha saputo tenere la posizione, lasciandosi sempre una via d’uscita. E’ stato bravo ad attaccarsi alla ruota di Merlier, la scelta giusta. La squadra gli ha permesso di non prendere un filo d’aria fino agli ultimi 500 metri. Il fatto che li abbia ringraziati significa che si è reso conto che fino a quel punto non ha dovuto spendere nulla più del necessario.

A lungo in fuga Affini e Van Dijke della Visma (che ha perso Uitdebroeks) e Champion
A lungo in fuga Affini e Van Dijke della Visma (che ha perso Uitdebroeks) e Champion
Secondo te nel prendere posizione ha sfruttato l’esperienza della pista?

Chiaro che la pista gli abbia dato un bagaglio tecnico che altri non hanno. Anche se non fa spesso prove di gruppo, ha delle abilità non comuni. Ma sa anche lui che puoi avere tutto il bagaglio tecnico che vuoi, ma si vince o si perde per un solo secondo di esitazione. Tutti possono sbagliare, non tutti possono vincere.

Credi che a Napoli abbia sbagliato qualcosa?

Le volate non sono tutte uguali e il percorso di Napoli era più complicato rispetto a quello di oggi. E poi credo che aver avuto Narvaez davanti lo abbia distratto fino al momento di partire. Non sai mai sino in fondo se il gruppo potrà prenderlo e quando poi ha lanciato la volata, aveva a ruota Kooij che quel giorno è stato più forte. Puoi essere il migliore, ma trovi sempre uno che ti batte.

Da Baffi velocista a Milan velocista, lo guardi e cosa pensi?

Ha le carte in regola per continuare e crescere. Non si possono fare paragoni importanti, perché ancora deve dimostrare molto, però quando arriva ai 300 metri ha l’esplosività e la capacità di tenere che furono anche di Cipollini e Petacchi. Ha tenuta, questo fa la differenza rispetto ad altri velocisti.

Di certo, per essere uno che è appena arrivato in squadra, sembra aver trovato presto le misure…

Dare un giudizio dopo quattro mesi è difficile, ma di certo ha trovato un ambiente che gli dà fiducia e non è poco. In tutto il 2023 aveva vinto tre corse, quest’anno siamo già a quota cinque. Diciamo che sta ricambiando la fiducia che gli viene data.

Quanto è diverso il mondo della volata rispetto a quando le facevi tu?

La volata è sempre uno sforzo di esplosività e resistenza. Andavamo veloci anche noi, ma c’era meno nervosismo di adesso. Credo che nelle condizioni attuali, anche Petacchi e Cipollini farebbero fatica ad avere un treno che possa emergere sugli altri. Loro avevano i migliori nel ruolo ed erano gli unici a farlo. Oggi vediamo volate disordinate perché tutti hanno la capacità di fare quel che prima facevano in pochi.

Prossima volata a Cento?

L’appetito vien mangiando, ma soprattutto vincere fa crescere la fiducia. Sapere di poterlo fare aiuta a farlo ancora. Domani verso Fano è facile immaginare che arrivi la fuga, ma nel ciclismo di oggi, così scientifico, non è mai facile azzeccare le previsioni. Approfittiamo delle occasioni, non ci montiamo la testa più di tanto. Abbiamo un bel gruppo.

Accanto a Baffi è seduto Bagioli, domani potrebbe essere il suo giorno. Il valtellinese, che ieri è arrivato quarto a Cusano Mutri, sta ritrovando lo smalto e la tappa dei muri marchigiani (non quelli della Tirreno, ma pur sempre begli strappi) potrebbe fare al caso suo. Lui sorride con scaramanzia, ma dal bagliore in fondo allo sguardo si capisce che l’idea non gli spiacerebbe affatto.

Pirelli P ZERO Race, l’evoluzione della specie vista al Giro

14.05.2024
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POMPEI – Erano in bella vista dall’inizio del Giro, ma era vietato parlarne. Da oggi i nuovi tubeless Pirelli P Zero Race TLR RS (Racing Speed) in uso alla Lidl-Trek sono ufficiali e possono essere raccontati.

E’ una gomma completamente nuova rispetto al P Zero precedente, ma si muove nello stesso target. Quindi una gomma ad alta prestazione con la vera novità che è un prodotto made in Italy. Nasce infatti dalla fabbrica Pirelli di Bollate, che nonostante si occupi di chimica, ha emissioni zero. Fra le novità più ghiotte c’è che a livello di ricerca e sviluppo ci si è avvalsi della collaborazione del reparto motorsport dell’azienda e dei tecnici della squadra americana. Parliamo di un lavoro avviato da più di un anno, tanto che a inizio stagione è stato possibile riconoscere dei prototipi sulle Trek in gara.

Viene prodotto solo in versione tubeless. La mescola deriva da uno studio dei tecnici Pirelli per essere più rapida di un 16 per cento al test del rotolamento. E’ leggermente più leggero (-8% rispetto al P ZERO RACE TLR), ugualmente la sovrapposizione di strati di carcassa sotto il battistrada garantisce comunque una buona protezione dalle forature. Inoltre il comfort e il grip percepito aumentano sensibilmente, sia sull’asciutto che sul bagnato.

Per uncino o hookless

La mescola utilizzata per la produzione dei nuovi P Zero è la SmartEVO2, nuova rispetto alla SmartEVO, di cui è un’evoluzione incrementale. Contiene una parte dalla stessa base di componenti chimici, ma ha qualche componente in più e nuovo, che ne migliora grip e rolling. Essa deriva da una miscela di polimeri trattati chimicamente per offrire al pneumatico aderenza e velocità.

La tecnologia SpeedCORE™ in uso per la realizzazione della carcassa migra verso una versione alleggerita. Lo strato di gomma più sottile consente una migliore maneggevolezza, mentre le fibre aramidiche annegate nella mescola forniscono la necessaria resistenza meccanica.

Inoltre lo pneumatico è dotato di un nuovo tallone, la cui geometria e struttura interna, realizzate con differente disposizione dei filamenti di Kevlar, sono state re-ingegnerizzate per favorire il miglior accoppiamento con i cerchi di ultima generazione, siano essi con uncino oppure hookless.

Il battistrada non è molto scolpito, ma l’aderenza e la trazione sono di eccellenza
Il battistrada non è molto scolpito, ma l’aderenza e la trazione sono di eccellenza

Il consumo del battistrada

Al Giro d’Italia, si è proceduto al cambio gomme in occasione del giorno di riposo, anche se è difficile parlare di durata visto il notevole numero di coppie di ruote che si alternano sulle bici in rapporto al tipo di percorso. Si tratta comunque di una gomma da gara e non di un prodotto da endurance. La verifica da parte dei meccanici del team avviene visivamente per riscontrare l’usura del battistrada o la presenza di eventuali tagli. La tappa di Napoli, caratterizzata da un manto stradale piuttosto deteriorato, ha prodotto una sola foratura in casa Lidl-Trek.

Tra i fattori che in ogni caso incidono sul consumo, oltre alla qualità dell’asfalto, va inserito il peso dell’atleta. La differenziazione e il fine tuning si fanno sulle pressioni: già è percepibile una differenza di 0.1 bar, se si sale a 0.2 bar, la risposta nella guida è nettamente diversa. Si stima che una gomma montata nel giorno di riposo di ieri a Napoli potrebbe finire il Giro.

La collaborazione fra Lidl-Trek e Pirelli per questo prodotto è durata circa sei mesi, dai ritiri di fine 2023
La collaborazione fra Lidl-Trek e Pirelli per questo prodotto è durata circa sei mesi, dai ritiri di fine 2023

Fra la Sicilia e il Nord

Lo sviluppo ha richiesto meno di sei mesi di progettazione. I prototipi sono stati testati e approvati in laboratorio, ricorrendo ai modelli di sviluppo e progettazione virtuale, sia nella pista di prova Pirelli in Sicilia, come pure nella Foresta di Arenberg.

Il dato è singolare. Questa gomma, che ha già ottenuto 27 vittorie e 71 podi da inizio stagione, ha avuto fasi di verifica nei due ritiri di dicembre e gennaio a Calpe, mentre il momento più singolare si è vissuto a cavallo della Roubaix. La settimana prima dell’Inferno del Nord, un team Pirelli era ad Arenberg. Contemporaneamente nella pista di Giarre in Sicilia, dove Pirelli fa l’outdoor testing, c’erano altre due persone della squadra con un altro team di Pirelli. Un tecnico e un corridore che hanno fatto dei test sulla pista bagnata, dato che il circuito di Giarre permette di ricreare varie situazioni di guida.

Alle 10 del mattino in Sicilia sono state validate due opzioni di mescola, alle 11 le stesse sono state provate ad Arenberg da Tim Teutenberg che ha vinto la Roubaix degli U23. I risultati coincidevano. Al Giro d’Italia, la squadra sta utilizzando pneumatici da 28, alla Roubaix hanno corso con il 32.

Da oggi nei negozi di ciclismo ed online, il pneumatico P ZERO RACE TLR RS è disponibile nelle misure 26-622, 28-622, 30-622 e 32-622. Nel manuale predisposto da Pirelli, a ciascun peso dell’atleta corrisponde la miglior pressione di esercizio. Fra i consigli che spiccano, c’è quello di abbassare di 0,3 bar la ruota anteriore in caso di bagnato e di temperatura sotto i 7°C.

Pirelli

La passione, la fatica, i dubbi e la iella nel lungo viaggio di Felline

11.05.2024
7 min
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Il progetto Giro d’Italia di Felline è durato quanto quello di Ciccone. Quando a causa della nota cisti e il relativo intervento ai primi di febbraio l’abruzzese ha dovuto rinunciare al grande obiettivo, la Lidl-Trek ha rimodulato la squadra e del gruppo costruito attorno a Giulio è rimasto ben poco. Il piemontese ha avuto tutto il tempo per farsene una ragione: l’annuncio è arrivato il 14 marzo e da allora il suo calendario è stato riscritto.

Fabio non è mai stato un corridore banale e probabilmente vale più di quanto sia riuscito a ottenere, che è comunque tanto. In questi giorni è al Giro d’Ungheria e la vittoria di Nys nella tappa di ieri vedrà probabilmente la squadra in difesa della maglia di leader. Perché Felline alla Lidl-Trek c’è arrivato per lavorare, mettendo in un angolo le velleità personali.

Il Giro da fuori

Quando la squadra americana si è ritrovata con i bimbi del Motovelodromo della sua città, Fabio si è fermato dietro le quinte della manifestazione che aveva contribuito a organizzare. Chi c’era lo ha visto un po’ malinconico, come è facile intuire se il Giro d’Italia parte da casa tua e tu non ne fai parte.

«Dispiace – dice – certo che dispiace, ma non ho problemi a riconoscere un limite fisico. L’anno scorso il Giro d’Italia dovevo farlo, ma non andavo, era un periodo no, quindi alla fine sono stato anche contento di saltarlo. Diciamo però che quando la scelta non si basa su un discorso di watt o di forza, ma su ragionamenti tattici che non dipendono dal corridore, bisogna accettarli in maniera professionale. E’ stata una scelta, semmai ora potrei sperare di entrare nella rosa della Vuelta. Ma la mia non era la delusione di uno che è stato fatto fuori, sapevo da tempo che avrei cambiato programmi. Tutte le gare che ho fatto da marzo a oggi non erano finalizzate al Giro. L’idea del Motovelodromo è nata quando ero ancora nel gruppo del Giro. Ho dato il mio contributo, ma era un progetto talmente nobile, importante e bello che era giusto farlo a prescindere dalla mia presenza».

Le gare di primavera di Felline sono cambiate quando è sparito l’obiettivo Giro
Le gare di primavera di Felline sono cambiate quando è sparito l’obiettivo Giro
Come sta andando il ritorno in Lidl-Trek?

Mi trovo da Dio, qui mi sono sempre sentito a casa. E’ stata la mia prima grande squadra, poi sono andato in Astana, ma sul piano affettivo non è scattata la scintilla. Ci siamo lasciati bene, solo che dopo i primi due anni la squadra ha cambiato pelle e obiettivi. Sono spariti uno ad uno i leader per il Giri e io mi sono ritrovato senza riferimenti che prima valorizzavano il mio lavoro. Sono arrivato che c’erano Vlasov e Fuglsang, poi è venuto Nibali e mi sono trovato benissimo, poi la squadra ha cambiato obiettivi.

Cosa prevede ora il tuo programma?

Avevo valutato se staccare, anche perché non rientro nel gruppo del Tour. Però abbiamo deciso di tenere duro fino all’italiano, facendo Norvegia e Belgio. Questo vuol dire che correrò fino a giugno e poi il vero stacco lo farò dopo i tricolori.

Coppa Bernocchi 2023, Felline ha già firmato con la Lidl-Trek: aiuterà Giulio Ciccone al Giro…
Coppa Bernocchi 2023, Felline ha già firmato con la Lidl-Trek: aiuterà Giulio Ciccone al Giro…
In Ungheria si lavora per qualcuno in particolare?

Onestamente siamo partiti abbastanza liberi. L’altro giorno abbiamo provato a fare la volata e siamo arrivati quarti con Vacek. Io le volate di gruppo non le faccio più, per cui mi sono spostato all’ultimo chilometro e mezzo dopo aver tenuto davanti i miei compagni. Ieri c’era un arrivo in salita in cui ero libero di tenere duro. Ha vinto Nys, che aveva già vinto al Romandia. Il nostro obiettivo qui non era fare la classifica, vediamo adesso cosa cambierà.

Dopo 14 anni da professionista, ti sei dato un termine o si va avanti?

L’anno scorso, onestamente, ho pensato di smettere. Ho saputo a luglio che sarei venuto alla Lidl-Trek e ho rivisto la luce, ma prima ero abbastanza giù. Ho fatto 15 anni di professionismo e penso anche di aver fatto grandi cose. Magari non tutto quello che la gente si aspettava e questo l’ho sempre sofferto. Il fatto è che mi hanno sempre additato per quello che non ho fatto, piuttosto che applaudito per quello che sono riuscito a fare. Ho vinto 14 corse. Ho fatto 9 volte podio nelle tappe dei Grandi Giri, ma nessuno lo sa. Quando sono passato si aspettavano che vincessi il mondiale, la Liegi, questo e quest’altro. Non so se non ci sono riuscito perché non avevo abbastanza qualità, ma non sono uno che si piange addosso. Non sono uno che si sfoga sui social, sbandierando le sventure passate. Eppure, quando mi fermo a raccontare la mia vita d’atleta e metto in fila tutti gli infortuni e le coincidenze sfortunate, è veramente una barzelletta.

Felline passò pro’ nel 2010 a vent’anni e debuttò subito al Tour
Felline passò pro’ nel 2010 a vent’anni e debuttò subito al Tour
Qual è stato il momento in cui hai scelto di diventare un gregario?

Quando all’Astana ho capito che davo più garanzie aiutando un capitano, che cercando il risultato per me. In più c’è stato un ricambio generazionale ed è oggettivo che ci sono dei giovani che vanno fortissimo e che hanno cambiato il ciclismo. Forse il mio più grosso rammarico è stato aver perso i primi 7-8 anni in cui ero più rampante e forse avrei avuto la possibilità di svoltare.

Sei passato a vent’anni e sei subito andato al Tour: super giovane anche tu?

Non lo so, ma so che l’anno dopo la squadra è fallita e io ho avuto paura di andare nuovamente in una grande squadra. Sarei potuto andare alla Liquigas, ma pensai di non avere la solidità necessaria e andai all’Androni. A Savio devo un grazie grande così, ma se non avessi avuto quel blocco psicologico, magari la mia crescita sarebbe iniziata a 22 anni e non a 25 quando sono arrivato alla Trek. Quindi per tornare alla domanda di partenza…

Ti sei dato una scadenza?

So che la squadra è contenta, io sono stato chiaro sulle mie intenzioni. Ho detto che il mio lavoro penso di poterlo fare ancora un paio d’anni: mi piacerebbe e spero di rientrare ancora nei loro progetti. Non voglio diventare un corridore che si trascina o che la gente guarda chiedendosi perché non abbia ancora smesso. Mi piacerebbe uscire dal ciclismo a testa alta, dicendo che fino all’ultimo sono stato utile a qualcosa. In questo momento però non ho nulla di certo in nessun senso, magari se ci risentiamo fra un mese avrò le idee più chiare…

Al Tour of the Alps, per Felline un buon 6° posto nella tappa gelata di Stans
Al Tour of the Alps, per Felline un buon 6° posto nella tappa gelata di Stans
E’ frustrante lavorare se poi alla fine non si vince?

No, perché so che vincere è durissimo. Per cui non ce l’hai con chi non vince, mentre è frustrante per quelli che ti valutano. Il valore di un atleta e quello che può fare dovrebbe essere riferito alla tipologia di squadra. Chiaro che il rendimento atletico tu debba garantirlo, ma se sei sempre dove serve e aiuti bene la squadra, allora hai fatto la tua parte. Sono contento di come sto andando. E alla fine sarò soddisfatto se potrò continuare a fare il mio lavoro come lo sto facendo ora.

Dopo così tanti anni, quanto c’è ancora di passione?

Ti rendi conto che a volte odi il ciclismo, se si può dire così. Succede quando fai tanta fatica e non viene ripagata dalle soddisfazioni. Poi però, appena ritrovi il filo conduttore, la passione ritorna. Sfido chiunque ad avere passione se semina, semina e semina ancora e alla fine non nasce nulla. Dopo un po’ diventa dura, in qualsiasi ambito lavori. Sono fasi che vengono e vanno via. Adesso quello che sto facendo mi piace davvero molto…

Longo Borghini tira il fiato: primavera superba e l’estate che bussa

09.05.2024
7 min
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Tre giorni senza bici dopo la Vuelta, Elisa Longo Borghini ha avvertito la voglia di ripartire. La sua primavera è stata un inno all’alto rendimento. Il terzo posto alla Omloop Het Nieuwsblad, il secondo alla Strade Bianche e poi le vittorie del Trofeo Oro in Euro, del Fiandre, della Freccia del Brabante. A seguire ci sono stati il terzo posto alla Freccia Vallone e il secondo della Liegi. Fra i tanti sorrisi delle ultime settimane, quello è stato il più tirato. Vissuto e convinto sul momento, con tanto di complimenti a Grace Brown. Ma pesante come un pranzo indigesto nei giorni successivi.

«Ogni tanto viene su – ammette Elisa con un sorriso rassegnato – però più ci penso e più credo che Grace Brown quel giorno non potesse che vincere. Se uno fa dieci volte quella rotonda come l’ha fatta lei, cade undici. Lei invece è rimasta in piedi e quello è stato il segno che avrebbe vinto. E poi è sempre un cliente scomodo nelle volate, perché è forte…».

Nessun problema a farsene una ragione se fossi stata la Elisa di due anni fa, che perdeva volate in serie. Ma da quando hai pure imparato a vincerle…

E non ditelo a me! Io ci ho creduto fino a 25 metri dall’arrivo, poi mi ha passato a doppia velocità e quando l’ho vista ho detto: «No! Ma che vuole questa? No!». Sai quando resti male perché ti cade il gelato o la fetta biscottata dalla parte della marmellata? E’ stato uguale…

Lo sprint della Liegi, Grace Brown non lascia scampo: seconda Longo Borghini e terza Vollering
Lo sprint della Liegi, Grace Brown non lascia scampo: seconda Longo Borghini e terza Vollering
Torniamo alla Vuelta: era un obiettivo o il modo per chiudere la primavera?

Era in programma dall’inizio. Solo che ci sono arrivata con la condizione probabilmente già al limite. L’ho finita un po’ stanca. Alle Ardenne andavo veramente tanto forte, ma il clima non ci ha aiutato. Io sono una che non soffre troppo il freddo, invece l’ho sentito e quelle ghiacciate ti rimangono addosso. Con Slongo avevamo messo in conto che sarei arrivata alla Vuelta un pelo stanca, quasi al limite e alla fine non è andata così male. Mi è solo dispiaciuto che Gaia si sia dovuta ritirare, quella caduta non ci voleva (Gaia Realini si è ritirata per una caduta, dopo essere stata anche leader, ndr). Siamo partite entrambe leader, ma lei aveva seguito un diverso avvicinamento.

Hai capito subito che non fosse una Vuelta da dare fastidio a Vollering?

Vollering secondo me era alla portata, non è imbattibile o non ha lo stradominio dell’anno scorso. Piuttosto ero io in fase calante, ero abbastanza stanca e quindi non sono riuscita a tenerle tanto testa. Ma alla fine sul primo arrivo in salita mi sono mancati gli ultimi 700 metri e lei nella penultima tappa è stata battuta dalla Muzic, quindi non era irraggiungibile.

Gaia Realini è caduta nella quinta tappa e l’indomani si è preferito non farla ripartire:
Gaia Realini è caduta nella quinta tappa e l’indomani si è preferito non farla ripartire:
Resta il fatto che gli obiettivi di primavera erano le classiche e ora verrà il Giro, giusto?

Sì, adesso come primo obiettivo c’è il Giro d’Italia. Al Tour de France andrò veramente più in appoggio e per fare le tappe, con un approccio mentale diverso. Invece al Giro sarebbe bello poter fare classifica sul serio.

Come si concilia la generale del Giro che finisce il 14 luglio con la prospettiva, in caso di convocazione, di andare alle Olimpiadi che si corrono il 4 agosto?

Diciamo che adesso sto affrontando un periodo di stacco dopo la Vuelta. Poi avrò due settimane in cui ricomincerò ad allenarmi qui a casa, prima del training camp a San Pellegrino dal 27 maggio all’11 di giugno. Poi farò lo Svizzera e il campionato italiano, quindi avrò tempo di essere fresca sia fisicamente sia mentalmente, prima di affrontare un blocco di corse importanti come Giro d’Italia, Olimpiadi e Tour. Ho di fronte a me praticamente una quarantina di giorni per poter riprendere fiato, recuperare energie mentali e fisiche e poi ributtarmi nella stagione.

Come funziona il riposo a casa di Elisa Longo Borghini?

Ho fatto tre giorni senza andare in bici. Finché ha piovuto, ho detto: «Vabbè dai, riposa perché sta piovendo». Poi il tempo è migliorato e mi girano già un po’ le scatole a star ferma. Dopo la Vuelta ho sentito la necessità di stare ferma. Mi è venuto mal di gola, ho sentito un po’ di stanchezza, tutte le cose che ti vengono quando sei cotta. Quando Vollering mi ha staccato negli ultimi 700 metri della prima tappa che ha vinto (ad Alto del Fuerte Rapitàn, quinta tappa, ndr) ho capito che ero in calando.

Da cosa lo hai capito?

Già a inizio salita avevo iniziato a sentire che mi facevano troppo male le gambe. E poi quando sono esplosa e lei ha vinto, mi sono resa conto che a cose normali avrei tenuto quei wattaggi senza problemi e ho capito che stavo raschiando il fondo del barile. Sono sintomi che ormai conosco bene, tipici di quando sono al lumicino. Non riesco più a riposare bene e inizio a capire che il mio corpo sta dicendo basta.

Quinta tappa, Longo Borghini cede negli ultimi 700 metri e arriva terza. E’ il giorno che dà la svolta alla sua Vuelta
Quinta tappa, Longo Borghini cede negli ultimi 700 metri e arriva terza. E’ il giorno che dà la svolta alla sua Vuelta
E se queste sono le sensazioni di sfinimento, come va quando si riparte dopo tre giorni?

Inizio a pensare di non essere sulla mia bicicletta. Sono talmente abituata ad uscire tutti i giorni, che anche dopo tre giorni, penso che il manubrio sia strano e l’altezza sella diversa. Un motore ingolfato, come quando cerchi di accendere la Vespa dopo tutto l’inverno che è stata in garage. Come dopo le ferie, insomma. Se invece stacchi due giorni dopo aver fatto il ritiro di gennaio, è tutto diverso. Il ritiro è stressante anche a livello di testa, perché ci sono centomila impegni. E se fai due giorni tranquilla dove mangi e riposi bene, quando risali in bici sembra che non hai neanche staccato.

Qual è stato il giorno dell’anno in cui ti sei sentita più forte?

Quello del Fiandre, avrei potuto fare ancora 20 chilometri. Stavo veramente bene. Di solito scendo dall’altura e alla terza corsa vado forte. Avevo fatto la Gand e la Dwars door Vlaanderen come gare di rodaggio e al Fiandre mi sentivo veramente bene e mentalizzata. Non era l’obiettivo stagionale e nessuno ne aveva parlato, neppure in squadra. Ci eravamo solo dette di arrivare al Koppenberg, perché lì si capisce sempre tutto. E quando ci siamo arrivate è stato come se, senza essercelo dette, tutte volessimo fare qualcosa di grande. E lo abbiamo fatto.

Eppure non era un tuo obiettivo, come le prime gare in cui sei andata forte: sarà che ormai hai raggiunto una base di forza che ti permette di essere competitiva anche quando non sei al top?

Forse in un certo senso è vero, però questo livello di base ho dovuto recuperarlo quest’inverno. Credo che aver lavorato tanto a bassa intensità mi abbia dato le fondamenta della forma. Quindi da questa base posso avere dei buoni picchi, ma non dei down incredibili. Poi magari mi smentirò tra qualche mese o tra qualche settimana, però ho visto che la mia condizione media va bene, basta anche per essere vincenti. Magari non in tutte le corse, ma ci si va vicino. In fondo alla Vuelta ero in fase calante, però mi sono difesa e alla fine sono salita sul podio.

Milan: potenza, velocità, urlo. Il racconto del capolavoro

07.05.2024
5 min
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«Domani ci riproveremo»: sono parole che Simone Consonni ci ha detto ieri dopo l’arrivo di Fossano. A distanza di 24 ore e 190 chilometri il verdetto, anzi i verdetti, si sono invertiti. Primo Jonathan Milan. E colui che ieri era il più affranto oggi è il più felice. Ed è proprio Simone.

Al Giro d’Italia numero 107 arriva dunque la prima vittoria italiana. Se non è una liberazione poco ci manca. Però concedeteci un appunto.

Ieri dopo quell’arrivo, mentre i ragazzi della Lidl-Trek si radunavano e c’era quel pizzico di dispiacere, Milan era il più tranquillo, il più sereno. Oggi eravamo quasi certi che avrebbe vinto. Il friulano aveva l’espressione di chi ha tutto sotto controllo. Di chi ha capito cosa ha sbagliato e soprattutto di conoscere il proprio potenziale. 

Dopo la pioggia, in Riviera c’è il sole. Colori splendidi… e gruppo allungatissimo
Dopo la pioggia, in Riviera c’è il sole. Colori splendidi… e gruppo allungatissimo

Passo indietro

C’è una scena che ci è rimasta impressa. I ragazzi si radunano. Consonni spiega concitato cosa non ha funzionato e Johnny che lo guarda e con una calma serafica gli fa un cenno come a dirgli: “Tranquillo amico, domani ci rifacciamo”.

La volata è praticamente perfetta. Il treno della Lidl-Trek potrebbe giocarsela con un Frecciarossa. Piomba da Capo Mele a velocità folle. Consonni esce agli 800 metri e Milan lo francobolla. Aspetta ma non esce, in quanto le velocità di Simone è altissima. Quando con la coda dell’occhio vede gli altri sprinter partire, lo fa anche lui. Giochi finiti e braccia al cielo.

La potenza di Milan. Il friulano montava il 56×10, ma nello sprint aveva il 11 (mentre Consonni si è lanciato col 56×10). Secondo Groves e terzo Bauhaus
La potenza di Milan. Il friulano montava il 56×10, ma nello sprint aveva il 11 (mentre Consonni si è lanciato col 56×10). Secondo Groves e terzo Bauhaus

Quell’urlo spaventoso 

Le finestre di Andora avranno tremato per l’urlo di Milan. In quel frangente ci sono forza, adrenalina, gioia. Ma anche sicurezza, come detto. Sicurezza in se stesso e nella squadra.

«Ai 900 metri – ha detto Milan – siamo riusciti a riprendere Pippo (Ganna, ndr). In un certo senso ci ha anche aiutato in quanto ha fatto da punto di riferimento e ha alzato la velocità. Poi è toccato a Simone ed è stato un fantastico lead-out.

«Per quel che mi riguarda sono partito un po’ lungo forse, ma è andata bene lo stesso. Provo grande emozione. Ho detto fin dall’inizio che volevo vincere qui e tutti nella squadra hanno fatto perfettamente il loro lavoro. E’ una bella sensazione tornare sul gradino più alto. I compagni oggi hanno creduto in me».

Con questo successo, il suo secondo al Giro, Milan balza in testa alla classifica per la maglia ciclamino
Con questo successo, il suo secondo al Giro, Milan balza in testa alla classifica per la maglia ciclamino

Capotreno perfetto

E poi c’è lui, simone Consonni, il “capotreno” come lo abbiamo definito anche ieri. E’ lui che gestisce la situazione. Ha tenuto d’occhio strada e compagni. Doti per pochi.

«Volevamo questa vittoria – ha detto Simone – siamo qui in blocco per Jonathan. Il secondo posto di ieri bruciava un po’, nel finale ci eravamo scomposti, oggi invece siamo rimasti compatti. Come si è visto ci siamo messi bene, ma per tutta la tappa non solo nel finale. E’ stata una vittoria di squadra. Ghebreigzabhier ha fatto un lavoro enorme, come tira quel ragazzo! Ma anche “Bagio”, Hoole… e poi nel finale eravamo in quattro e i meccanismi hanno funzionato.

«Io e Theuns tra Valencia e Tirreno ormai abbiamo un bel feeling. Si è aggiunto Jasper Styuven, ma lui è uno dei fuoriclasse del gruppo. E oltre ad essersi integrato, ci dà qualcosa in più, specie per prendere le posizioni in vista dell’ultimo chilometro. Uno come lui è in grado di allungare il gruppo anche quando si va forte».

L’abbraccio tra Milan e Consonni. Johnny ha “stritolato” anche gli altri compagni
L’abbraccio tra Milan e Consonni. Johnny ha “stritolato” anche gli altri compagni

Caos e ritmi alti

Simone poi rimarca la sorta di rivincita di Fossano. Dal fatto che erano un po’ disuniti alla compattezza di oggi, ma sottolinea anche come la volata sia stata caotica più di quello che possa sembrare.

«Gli ultimi 40 chilometri sono stati incredibili – prosegue l’atleta della Lidl-Trek – si andava fortissimo, un nervosismo elevato. Spesso ci sono state manovre al limite se non oltre. Ma ormai le volate sono così.

«Con questi strappetti nel finale sono ancora peggio. In questi due giorni penso di aver fatto i due sprint più caotici da quando corro, anche peggio di quelli del UAE Tour, che sono rinomati per il caos. Però è bello. E’ bello perché con un Jonathan così è (quasi) tutto facile».

Consonni spiega che all’imbocco di Capo Mele era rimasto un po’ indietro. Ma non si è lasciato prendere dal panico. Proprio in cima era in testa. Nel posto in cui doveva essere a ruota di Stuyven.

«Non dico sia facile – prosegue Simone – ma alla fine anche se ci sono tutti, manca solo Philipsen, vedendoci in quattro e sapendo che Milan è il velocista di riferimento, in qualche modo ci lasciano spazio. Alla fine impostano la volata su di noi».

L’ultima battuta che strappiamo a Consonni riguarda l’abbraccio, a dir poco forte che gli ha riservato Milan.

«Sì, sì forte – conclude Simone – ma in quei momento subito dopo l’arrivo puoi prendere anche due sberle che non le senti tante sono la gioia e l’adrenalina. Ma è andata peggio ad Houle. Quando Johnny è salito sul bus gli ha dato due pacche sul casco che è rimasto rimbambito un quarto d’ora. Quando ha l’adrenalina addosso ti apre in due!».

L’attacco di Ganna su Capo Mele
L’attacco di Ganna su Capo Mele

Chapeau Pippo

Distanza  Potenza. Velocità. Tattica. I tre elementi cardine del finale di Andora. La velocità di Jonathan Milan, la potenza di Filippo Ganna, l’acume tattico di Simone Consonni. Ma se dei primi due abbiamo parlato, merita un grande plauso anche l’attacco di Pippo.

Attacco che ha reso ancora più epica questa volata. Fintanto da metterla in pericolo in prossimità dello scollinamento di Capo Mele. Ganna parte ai 4 chilometri. Esattamente come nell’inseguimento su pista. Sarà che ai suoi fianchi c’erano proprio Milan e Consonni, forse si era confuso.

Azione splendida, forse un filo anticipata. Al termine Pippo è orgoglioso, ma anche dispiaciuto. Forse pensava davvero al colpaccio.

Fossano, primo sprint: chiacchiere da velocisti con Consonni

06.05.2024
4 min
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NOVARA – Oropa alle spalle, la vittoria di Pogacar conferma che il Giro ha trovato il padrone che tutti ci aspettavamo e ora starà agli attaccanti e ai cronoman cercare di metterlo in difficoltà. Nell’attesa delle tappe che più si prestano allo scopo, oggi sul traguardo di Fossano andrà in scena il primo confronto/scontro tra i velocisti. E quest’anno in corsa, tolto Philipsen, ci sono proprio tutti.

Jonathan Milan e Simone Consonni sono arrivati al Santuario di Biella rispettivamente con 24’34” e 25’09” di ritardo da Pogacar, al pari di tutti gli altri velocisti. In certi casi si salva la gamba, pensando alla sfida che li attende. Il solo problema per i due della Lidl-Trek è non aver avuto tante occasioni per fare volate insieme. Per cui la prima sarà un grande test, in attese delle successive. Consonni è tranquillo, ha fatto quel che doveva e adesso non resta che scoprire le carte degli avversari. Da Novara a Fossano ci sono 166 chilometri, con un paio di strappetti e il finale che tende a salire.

Consonni e Milan hanno vinto due volate alla Tirreno-Adriatico: la loro intesa dà buoni frutti
Consonni e Milan hanno vinto due volate alla Tirreno-Adriatico: la loro intesa dà buoni frutti
Quante volte hai fatto un treno con Jonathan?

Diciamo cinque, più o meno. Però l’ho portato a ruota parecchio anche in pista. In realtà quando sei nel velodromo non puoi provare i meccanismi della volata, perché le variabili sono troppe. La strada, le rotonde, le mosse degli avversari. I meccanismi veri e propri si trovano con il feeling e col tempo. Però sicuramente il fatto che negli ultimi quartetti mi è sempre stato a ruota, può dargli una fiducia in più. Visivamente potrebbe sentire, passatemi il termine, di sentirsi a casa, in un posto più “familiare”. Se poi parliamo del livello di gestione degli arrivi, è tutto un fatto di feeling. Si fa una tattica prima di ogni sprint, però poi penso che solo il 5 per cento delle volte va come si pianifica.

Impossibile dimenticare il tuo urlo di fine Tirreno, quando Johnny stava per partire troppo presto. Si parla mai delle volate fatte?

Lo ricordo anche io. Sicuramente si guardano gli sbagli e anche le cose che si è fatto bene. E’ tanto importante la comunicazione durante la corsa, poche cose. Dirsi okay se il velocista c’è, ad esempio. Ogni treno trova il suo meccanismo, le sue parole chiave, però è molto questione di fiducia l’uno dell’altro.

Ieri verso Oropa, Consonni ha mollato finendo a 25’09”, Trentin ha tenuto arrivando a 12’45”
Ieri verso Oropa, Consonni ha mollato finendo a 25’09”, Trentin ha tenuto arrivando a 12’45”
Il velocista farà la volata su altri velocisti, l’ultimo uomo quali riferimenti sceglie?

Personalmente, mi fido più di me stesso senza guardare troppo gli altri. Cerco di prendere alcuni riferimenti a livello visivo, mandando a memoria la curva ai 500 metri e il rettilineo ai 3 chilometri, come sarà oggi.

Già ieri nel giorno di Oropa, sapendo di doverlo passare indenni, si pensava a Fossano?

Sì, sicuramente ci pensiamo da un po’. Siamo anche andati a fare una ricognizione. Non è semplice, perché è la prima volata di un grande Giro, perché ci sono tanti lead-out e tanti velocisti e il finale sarà impegnativo.

Quanta tensione c’è alla vigilia della prima volata?

Si cerca di vivere il Giro giorno per giorno, l’adrenalina è una cosa che verrà poi di conseguenza. Resta il fatto che il solo finale che abbiamo visto è quello di Fossano. Alla fine ormai, con tutta questa tecnologia, puoi sederti davanti a un computer e pensare di essere sul posto. Puoi farti un’idea e alla fine scopri che le cose sono andate come avevi pensato. Sul momento non mi ricordo mai nulla di quanto succede ai 3-4 chilometri dall’arrivo. Poi, rivedendo la volata, mi torna tutto in mente.

Da Novara a Fossano ci sono 166 chilometri. Ultimi 1.300 metri diritti con strada larga 9 metri
Da Novara a Fossano ci sono 166 chilometri. Ultimi 1.300 metri diritti con strada larga 9 metri
Perché lo sprint di Fossano è complicato?

Perché vincere è sempre complicato. Dai meno 4,5 ai meno 3, la strada tira. Prima c’è una discesina che sicuramente metterà il gruppo in fila. E siccome siamo al Giro, tutti vorranno stare davanti, quelli di classifica e i velocisti, per cui la discesa sarà dura come la salita.

A Oropa era indispensabile salvarsi?

Prima della salita finale, abbiamo lavorato per dare una mano a “Juanpe” Lopez, poi abbiamo cercato di limitare i danni. Basta aspettare poche ore per capire se sarà bastato.

Il gigante Milan a Torino e l’assalto dei 400 bambini

03.05.2024
4 min
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TORINO – «Sarebbe bello se diventasse il Sinner del ciclismo». Di sicuro, la disponibilità e la gentilezza con i suoi piccoli tifosi, oltre alla classe sopraffina, sono doti che il gigante friulano classe 2000 del pedale e l’asso altoatesino del tennis (nato un anno più tardi) hanno in comune. Milan e Sinner: due fenomeni che quest’estate a Parigi cullano il sogno olimpico nei rispettivi sport e che sono destinati a far sognare la platea italiana per tanti anni.

Il paragone scherzoso degli organizzatori, al termine del riuscitissimo evento organizzato dal Motovelodromo Torino con Lidl-Trek, ben tratteggia i lineamenti del campione. Seppur meno popolare del collega tennista, Milan ha tanti in punti in comune e vanta già un palmares di tutto rispetto tra la gemma a cinque cerchi di Tokyo e i titoli europei e mondiali in pista. A questi si aggiunge la splendida maglia ciclamino conquistata lo scorso anno all’esordio al Giro.

Quattrocento bambini e bambine delle scuole torinesi erano in visibilio per Johnny, a sua volta preoccupato che non si bagnassero troppo e pronto ad accoglierli tutti per la foto ricordo al termine della simpatica chiacchierata. Un campione si vede anche in questo e si leggeva dai suoi occhi che il bagno di folla l’ha caricato ancor di più in vista di quel sogno matto a tinte rosa che spera diventi realtà di fronte alla Gran Madre sabato pomeriggio.

Abbiamo incontrato Milan ieri mattina al Motovelodromo di Torino
Abbiamo incontrato Milan ieri mattina al Motovelodromo di Torino
Jonathan, ti aspettavi un’accoglienza così?

E’ stato veramente bellissimo incontrarli tutti, parlare un po’ con loro e vedere quanto fossero contenti di esserci, di tifarci e di conoscerci. E’ stata una mattinata splendida, peccato soltanto per il tempo.

Sabato però il meteo dovrebbe essere clemente: che inizio di Giro d’Italia sarà?

Vediamo, perché la salita è bella dura. Sei-sette chilometri di ascesa molto insidiosi, a una ventina di chilometri dal traguardo: sono curioso di vedere che corsa verrà fuori. Sarà imprevedibile.

Dopo l’esordio trionfale in maglia ciclamino e il cambio di squadra, come approcci la tua seconda Corsa Rosa in carriera?

Sono qui con un bel team, pronto a supportarmi nelle volate e per la classifica con Juanpe (Lopez, ndr). Quest’anno le sensazioni sono buone, un po’ come quelle dello scorso, e proprio in quest’ottica cercherò di vivere alla giornata. E’ una strategia che ha funzionato nell’ultimo Giro, per cui cercherò di godermela e di dare il mio massimo anche stavolta.

Autografi e risposte ai bimbi. Peccato a un tratto per la pioggia
Autografi e risposte ai bimbi. Peccato a un tratto per la pioggia
Hai già segnato qualche tappa col circoletto rosso?

Come dicevo, pur essendo molto impegnativo, il percorso della prima tappa mi piace. Essendo l’inizio, tutti saranno belli freschi e si andrà a mille. Vedremo chi si muoverà, però senza dubbio si farà tanta fatica. Non nascondo però che, come tutti sapete, essendo la prima, si può arrivare a raggiungere una certa maglia, mentre dal secondo giorno sarà già impossibile.

Già, perché domenica il Santuario di Oropa, nel nome di Pantani, farà selezione. Che ricordi hai del Pirata?

Dico la verità, non tantissimi vista la mia età, però l’eredità che ci ha lasciato è qualcosa di unico.

Lo scorso anno ti eri presentato al via un po’ a fari spenti, mentre stavolta le aspettative nei tuoi confronti sono alte: ti pesa o ti senti pronto?

Quest’anno ci sono tantissimi ragazzi che sono forti in volata e riconfermarsi è sempre difficile. Però, il mio piano è di prendere una giornata dopo l’altra, divertirmi, fare un bel lavoro per la squadra e, ovviamente, vincere. I conti li faremo a Roma.

Chi sono i velocisti che temi di più?

Olav Kooij è uno che ha delle buone potenzialità per tenere anche in salita, mentre per le tappe completamente pianeggianti c’è Tim Merlier. Loro due sono i velocisti che temo di più, poi ce ne sono molti altri insidiosi.

Ieri sera, alla presentazione delle squadre, Milan accolto con grande calore
Ieri sera, alla presentazione delle squadre, Milan accolto con grande calore
Pogacar è da temere anche allo sprint?

Magari ci farà qualche sorpresa (sorride, ndr). Comunque, è bellissimo averlo al Giro, anche se ci metterà in difficoltà nelle salite e sicuramente non sarò davanti lì con lui in quel contesto.

Come vedi la cronometro di Desenzano per le tue caratteristiche?

E’ una cronometro vera, bella lunga. E’ un bel punto di domanda, anche perché mi sono preparato bene per le volate e per arrivarci il più fresco possibile, anche in caso di tappe ondulate. Con il tempo mi sono ripromesso di migliorare anche nelle cronometro, quindi, piano piano facciamo tutto.

Un portafortuna in valigia?

Quello c’è sempre, ma non posso dire qual è.